Appunti di anatomia patologica

Appunti di anatomia patologica

 

 

 

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Appunti di anatomia patologica

Cardiopatia ischemica

 

 

Termine generico utilizzato per indicare una serie di sindromi derivanti da un’ischemia miocardica.

 

Con il nome ischemia non si considera solamente l’insufficienza di ossigeno, cioè l’ipossiemia, ma anche una ridotta disponibilità di substrati nutritivi ed un’indeguata rimozione di metaboliti.

Dunque con il nome ischemia si considera la riduzione della perfusione rispetto alle richieste nutritive del miocardio medesimo.

 

Le cardiopatie ischemiche sono la prima causa di morte nei paesi evoluti, costituendo la causa di 1/3 dei decessi.

Le manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica possono essere divise in quattro sindromi

  • angina pectoris: l’ischemia non è in grado di provocare la necrosi del muscolo cardiaco
  • infarto miocardico: la durata e la gravità dell’ischemia sono in grado di provocare la morte del muscolo cardiaco
  • cardiopatia ischemica cronica
  • morte cardiaca improvvisa

 

Di queste l’infarto miocardico acuto, l’angina pectoris di tipo instabile e la morte cardiaca improvvisa sono dette sindromi coronariche acute.

CAUSE DELLE CARDIOPATIE ISCHEMICHE

Aterosclerosi delle coronarie

 

La principale causa delle cardiopatie ischemiche è la riduzione del flusso ematico coronarico dovuta ad aterosclerosi arteriosa coronarica.

 

L’aterosclerosi, venendo ad essere un ostruzione al flusso sanguigno, costituisce di per sé una causa di ischemia miocardica, che però nelle fasi iniziali è generalmente compensata da meccanismi fisiologici.

Il passaggio ad un processo non più compensato e dunque evidente clinicamente, può avvenire attraverso diversi meccanismi.

    • Restringimento aterosclerotico fisso di dimensioni tali da provocare stenosi permanente delle arterie coronariche (più del 75% del lume ostruito).
    • Modificazioni acute della morfologia della placca, che passa da una condizione di stabilità ad una di instabilità. La placca può andare incontro a:
  • emorragia interna dell’ateroma: conseguente crescita di dimensioni della placca che può dunque provocare stenosi permanente erosione/ulcerazione della placca: vengono esposti i componenti della mbr basale endoteliale con conseguente

attivazione di un processo di cicatrizzazione ed aumento delle probabilità di formazione di un trombo.

  • Fissurazione: emorragie che espongono le strutture connettivali dell’endotelio, con conseguente cicatrizzazione ed aumento delle probabilità di formazione del trombo.
  • Rottura: esposizione delle strutture connettivali dell’endotelio, con conseguente cicatrizzazione ed aumento delle probabilità di formazione del trombo.

 

Dunque queste modificazioni acute della morfologia della placca si traducono in tutti i casi in un processo trombotico che comporta ostruzione del lume e dunque stenosi coronarica.

 

La trombosi intraluminale che sovrasta la placca aterosclerotica rotta o ulcerata può dare anche esiti di embolizzazione del trombo.

    • aggregazione piastrinica
    • vasospasmo

 

Normalmente questi quattro meccanismi interagiscono fra loro e concorrono reciprocamente a causare un processo aterosclerotico.

Processo infiammatorio persistente

 

Un processo infiammatorio persistente e dunque cronico comporta una lesione endoteliale a cui deve conseguire un processo continuo di riparazione.

 

Secondo una moderna teoria la lesione infiammatoria vedrebbe riparazione attraverso la migrazione delle cellule muscolari lisce dello strato subendoteliale verso gli strati superficiali dell’endotelio.

 

Queste cellule mimano le normali cellule muscolari, ma si differenziano in modo tale da avere nel citoplasma una minore quota contrattile ed una maggiore possibilità di sintesi del connettivo e del collagene.

 

Sono denominate miofibroblasti: una volta giunte negli strati superficiali riparano la lesione producendo grandi quantità di collagene di tipo I che è più fibroso del normale collagene di tipo III prodotto dai fibroblasti e normalmente presente a livello endoteliale.

 

La secrezione di collagene di tipo III si traduce dunque in un processo di fibrosi cronica che comporta sclerosi della parete del vaso: la maggiore quantità di collagene fibroso porta infatti ad una diminuzione dell’elasticità della parete vasale.

 

Nel momento di insorge di una contrazione muscolare della parete vasale, dunque di un vasospasmo, la perdita di elasticità provoca un ritorno elastico più lento della parete vasale e dunque uno stato di costrizione più prolungato.

 

Oltre a queste cause primarie di cardiopatia ischemica vi sono condizioni che concorrono ad aumentare l’ischemia:

  • aumento della richiesta energetica cardiaca (ipertrofia, esercizio fisico, emozioni, stress)

  • diminuzione della disponibilità di sangue ed ossigeno, per diminuzione della pressione arteriosa sistemica (shock)
  • ipossia
  • aumento della frequenza cardiaca che:
    • aumenta la richiesta energetica cardiaca (maggior numero di contrazioni al minuto)
    • riduce l’apporto di sangue (diminuzione della durata relativa della diastole)
Restringimento aterosclerotico fisso

 

La placca aterosclerotica può provocare progressiva ostruzione del lume che porta a stenosi.

 

Le occlusioni che si sviluppano lentamente nel tempo possono stimolare lo sviluppo di circoli collaterali che proteggono dall’ischemia miocardica distale.

 

L’aterosclerosi coinvolge spesso tutti e tre i rami principali coronarici: discendente anteriore sinistra, circonflessa sinistra, coronarica destra.

Talvolta sono anche interessate le principali diramazioni epicardiche secondarie.. Non vi è solitamente aterosclerosid ei rami intramurali.

 

Lesione ostruttiva del 75% o maggiore: ischemia sintomatica indotta dallo sforzo. L’aumento del flusso coronarico fornito da meccanismi di vasodilatazione compensatoria non è sufficiente a fronteggiare anche modesti aumenti di richiesta del miocardio

Lesione ostruttiva del 90%: ischemia sintomatica anche a riposo.

Modificazioni acute della placca

 

Le modificazioni acute della placca sono l’evento scatenante di quasi tutte le sindromi coronariche acute.

 

La placca, precedentemente stabile, diviene una lesione aterotrombosica potenzialmente pericolosa per la vita a causa di:

  • emorragia intramurale
  • erosione superficiale
  • ulcerazione
  • fissurazione
  • rottura della placca aterosclerotica.

 

Stabilità della placca:

 

Le placche che:

  • contengono grandi quantità di necrosi, di cellule schiumose e lipidi extracellulari nel loro nucleo centrale
  • sono provviste di un cappuccio fibroso molto sottile o con poche cellule muscolari liscie

  • presentano ammassi di cellule infiammatorie nel nucleo centrale sono più predisposte alla rottura e dunque sono dette placche vulnerabili.

Influenze intrinseche sulla stabilità della placca: Infiammazione:

la formazione di una placca aterosclerotica richiede comunque la presenza di un lesione iniziale o comunque un’alterazione dell’endotelio che provoca aumento della sua permeabilità, aumento dell’espressione di molecole di adesione endoteliale, che facilitano l’interazione con cellule dell’infiammazione circolanti, aumento del rilascio di chemochine.

Di conseguenza nel momento di creazione della placca aterosclerotica, si ha:

  • - Interazione cellule endoteliali-leucociti circolanti.
  • - Accumulo di cellule T e macrofagi nella parete dell’arteria
  • - Fagocitosi di lipidi da parte dei macrofagi e trasformazione in cellule schiumose
  • - Danno tissutale mediato da fattori rilasciati dalle cellule infiammatorie e comparsa di aree di necrosi.

 

Il cappuccio fibroso della placca si forma ad opera dei miofibroblasti, migrati nell’intima endoteliale dallo strato muscolare liscio dell’endotelio stesso. Esso è il principae responsabile della stabilità della placca.

 

Il cappuccio fibroso è però in continuo rimodellamento: è continuamente prodotto dalle cellule muscolari lisce e degradato ad opera di metallo proteasi secrete dai macrofagi. Una destabilizzazione della placca può facilitare il rilascio di metallo proteasi ad opera dei macrofagi e di conseguenza spostare l’equilibrio verso la distruzione del cappuccio fibroso medesimo facilitando ulteriormente la rottura della placca.

 

Inoltre la presenza di forte infiammazione provoca aumento delle aree necrotiche nel nucleo centrale della placca, ceh dunque diviene meno consistente e più fragile agli stimoli meccanici.

 

Un’infiammazione persistente provoca infine fibrosi e dunque sclerosi della placca, con tardivo rilasciamento successivamente ad un vasospasmo.

 

Influenze estrinseche sulla stabilità della placca Statine

Le statine sono farmaci con effetto ipolipemizzante e anti-infiammatorio. Per queste due caratteristiche contribuiscono a stabilizzare la placca

Stimolazione adrenergica

Può aumentare lo stress meccanico sulla placca attraverso vasospasmo ed induzione di ipertensione.


Trombosi

 

L’effetto delle modificazioni acute della placca è in tutti i casi ( tranne emorragia intraluminale) l’esposizione delle componenti interne dell’endotelio, con conseguente esiti cicatriziali trombotici nella maggior parte dei casi.

Il trombo che si sovrappone alla placca rotta, prima solo parzialmente stenotica può provocare:

  • occlusione completa ® trombo transmurale
  • occlusione incompleta ® trombo murale che può anche andare incontro ad aumento o riduzioni nel tempo.

 

Il trombo murale può andare incontro ad embolizzazione.

 

Il trombo è inoltre potente attivatore di molti segnali che inducono proliferazione delle cellule muscolari lisce, che possono contribuire alla crescita delle lesioni aterosclerotiche.

Aggregazione piastrinica

 

Sempre presente in seguito a ulcerazione, fissurazione o rottura della placca, poiché queste modificazioni comportano la necessità di un processo cicatriziale.

 

Le piastrine attivate producono fattori pro-infiammatori e fattori che inducono vasospasmo, dunque che contribuiscono alla destabilizzazione della placca e ad una sotanziale ischemia cardiaca.

Vasospasmo

 

Fattori che stimolano un vasospasmo:

  • Agonisti adrenergici circolanti
  • Fattori rilasciati localmente in seguito all’aggregazione piastrinica.
  • Alterato rapporto nella secrezione endoteliale di fattori vasocostrittori rispetto a quelli vasodilatanti, dovuta alle disfunzioni endoteliali associate alla formazione dell’ateroma.
  • Mediatori rilasciati dalle cellule infiammatorie

 

La vasocostrizione contribuisce al processo ischemico:

  • riducendo le dimensioni del lume
  • aumentando le forze meccaniche locali sulla placca e facilitandone la rottura.

Angina pectoris

 

Sindrome clinica caratterizzata da attacchi parossistici e recidivanti di dolore toracico retrosternale o precordiale (descritto come oppressivo, costrittivo, soffocante o


trafittivo) causati da ischemia miocardica transitoria (15 secondi-15 minuti) che dura troppo poco per indurre necrosi del miocardio.

L’angina pectoris si divide in: Angina stabile

    • è la forma più comune anche detta angina pectoris tipica
    • è provocata dalla riduzione della perfusione cardiaca ad un livello critico a causa di aterosclerosi coronarica stenosante cronica e fissa
    • il cuore è vulnerabile a qualsiasi aumentata richiesta energetica
    • è una forma alleviata dal riposo o dalla nitroglicerina, potente vasodilatatore.

 

Angina variante di Prinzmetal

    • è una forma rara
    • è provocata da vasospasmo coronarico e si verifica a riposo
    • i soggetti affetti possono avere aterosclerosi coronarica ma ciò non è determinante; è dimostrato dal fatto che il dolore non è influenzato da attività fisica, frequenza cardiaca, pressione arteriosa
    • è alleviata dalla nitroglicerina a cui risponde prontamente

 

Angina instabile o ingravescete

    • è una forma che presenta frequenza e durata progressivamente crescenti ed è scatenata da sforzi progressivamente minori.
    • è indotta da rottura della placca a cui si sovrappone trombosi e successiva embolizzazione e/o vasospasmo.
    • è un’ischemia molto vicina ad indurre infarto acuto di cui spesso rappresenta il prodomo tanto da essere anche definita angina preinfartuale.
Infarto miocardico

 

Necrosi di un’area del muscolo cardiaco causata da ischemia locale. Le dimensioni dell’area necrotica perché si possa parlare di infarto devono essere maggiori di 3 cm. Le lesioni minori di 3 cm. infatti non sono necessariamente dovute ad ischemia, ma possono riconoscere altre causa

Incidenza e fattori di rischio

 

Si tratta della forma più importante di cardiopatia ischemica essendo da sola la principale causa di morte negli USA e nei paesi industrializzati.

I fattori di rischio coincidono con quelli dell’aterosclerosi: ipertensione, diabete mellito, ipercolesterolemia, iperlipoproteinemia, fumo.

Il rischio dunque cresce progressivamente con l’età.

I maschi sono più colpiti delle femmine, le quali sono protette durante l’età fertile, ma il cui rischio aumenta molto durante la menopausa per il calo dei livelli estrogenici.


Interessamento della parete cardiaca

 

Gli infarti miocardici possono suddividersi in: Infarti transmurali:

  • sono la prevalenza
  • la necrosi interessa l’intero spessore della parete ventricolare
  • solitamente l’area necrotica corrisponde al territorio di irrorazione di una singola arteria coronaria
  • sono correlati all’aterosclerosi coronarica, con rottura della placca e successiva sovrapposizione trombotica.

 

Infarti subendocardici (non transmurali):

  • sono più rari
  • l’area di necrosi è limitata al terzo più interno della parete ventricolare
  • frequentemente l’area necrotica si estende lateralmente rispetto al territorio di irrorazione di un singola coronaria
  • la regione subendocardica è la prima ad essere colpita da ischemia perché sviluppa meno facilmente circoli collaterali e perché durante la sistole si ha compressione delle strutture vascolari al suo interno con conseguente riduzione della perfusione
  • le cause che possono determinare infarto subendocardico sono:
    • rottura della placca aterosclerotica e formazione di un trombo che va però incontro a lisi prima che la necrosi si sia estesa a tutto lo spessore della parete ventricolare.
    • stato ipotensivo importante e prolungato (shock) che causa ridotta perfusione complessiva ed un infarto subendocardico tendenzialmente circonferenziale

 

Eziologia

 

Le cause dell’infarto sono paincipalmente:

 

occlusione delle coronarie (85%) tromboembolia (10%)

vasospasmo (5%) inspiegati

Occlusione delle coronarie

 

  • Formazione della placca aterosclerotica.
  • Modificazione acuta della placca che implica esposizione del collagene subendoteliale e del suo contenuto interno.
  • Adesione delle piastrine, con formazione di un monostrato e loro attivazione con rilascio di potenti fattori aggreganti (TXA2).
  • Aggregazione piastrinica con rilascio di mediatori che inducono:
    • vasospasmo: riduzione del lume endoteliale
    • attivazione della via estrinseca della coagulazione: cicatrizzazione

e formazione del trombo.

  • In pochi minuti il trombo diviene occludente. Tromboembolia

Per rottura di un frammento del trombo e formazione di un embolo

Vasospasmo

 

Isolato, intenso, relativamente prolungato, può essere in associazione o meno con aterosclerosi coronarica.

Spesso associato all’uso di cocaina ed a fattori rilasciati dall’aggregazione piastrinica.

Inspiegati

Sono infarti senza riscontro di aterosclerosi o trombosi, che possono essere causati per esempio da malattie dei piccoli vasi coronarici intramurali.

Localizzazione del danno ischemico

 

Frequenza delle stenosi critiche e trombosi di ognuno dei tre tronchi coronarici principali e corrispondenti aree di necrosi miocardica:

 

  • coronaria discendente anteriore sinistra (40-50%): parete anteriore del ventricolo sx ed apice; porzione anteriore del setto interventricolare.
  • Coronaria destra (30-40%): parete inferiore/posteriore del ventricolo sx (base); porzione posteriore del setto interventricolare
  • Coronaria circonflessa sinistra (15-20%) parete laterale del ventricolo sx, senza apice.

Risposta del miocardio

Generale

 

L’occlusione di un’arteria coronarica principale determina ischemia e potenzialmente necrosi nell’area interessata dalla sua irrorazione.

Le lesioni ischemiche hanno inizio a livello subendocardico e mano a mano la necrosi avanza come un fronte d’onda coinvolgendo progressivamente uno spessore più ampio.


Approssimativamente la risposta del miocardio può essere così schematizzata:

 

tempo

Modificazioni chiave

secondi

Cessazione della glicolisi aerobia

Innesco della glicolisi anaerobia, con mancata produzione di ATP ed accumulo di prodotti tossici, come l’acido lattico.

< 2 minuti

Perdita di contrattilità del miocardio, che a volte può provocare comparsa di insufficienza cardiaca acuta prima dell’insorgenza della ncrosi miocardica

10 minuti

Diminuzione dell’ATP fino al 50%  del normale

Alterazioni ultrastrutturali del danno reversibile (deplezione di glicogeno, rigonfiamneto cellulare e mitocondriale…)

40 minuti

Diminuzione dell’ATP fino al 10% del normale

Alterazioni ultrastrutturali del danno reversibile (deplezione di glicogeno, rigonfiamneto cellulare e mitocondriale…)

20-40

minuti

Comparsa di danno cellulare irreversibile (principalmente difetti strutturali del sarcolemma)

Necrosi coagulativa dei miociti (in minore misura anche apoptosi

> 1 ora

Danno microvascolare

Dunque in sintesi si ha che

Y La necrosi coagulativa con morte dei miociti si verifica dopo 30 minuti dall’inizio dell’infarto.

Y L’infarto miocardico che presenta una necrosi estesa, si verifica in seguito ad un’ischemia severa prolungata, per almeno 2-4 ore.

Y La necrosi porta a perdita permanente della funzionalità della regione interessata.

 

In alcuni casi questa perdita di funzionalità si può accompaganare anche a presenza di aritmie.

 

In studi sperimentali in 6 ore si ha la necrosi dell’intera regione irrorata dall’arteria coronarica occlusa.

 

In alcuni pazienti invece la necrosi completa insorge in tempi molto più lunghi (10-12 ore o più), perché la presenzadi stenosi parziale ed aterosclerosi ha indotto lo sviluppo di circoli collaterali.

Modificazioni macroscopiche

 

Le modificazioni macroscopiche dovute a infarto miocardico sono così schematizzabili:

 

tempo

Modificazioni macroscopiche

1-4 ore

Nulla

4-12 ore

Occasionalmente si ha marmorizzazione scura: comparsa sui prelievi fissati di chiazza rosso-bluastre, dovute alla presenza di sangue stagnante o intrappolato

12-24 ore

Evidente marmorizzazione scura.

Presenza di aree anemiche, pallide del mocardio


1-3 giorni

Comparsa di aree centrali di rammollimento necrotico, giallo-brunastre

3-7 giorni

Estensione delle aree centrali di rammollimento necrotico, giallo- brunastro

Comparsa di un bordo iperemico rosso, che delimita la zona necrotica, costituito da abbondante tessuto di granulazione molto vascolarizzato. Questo è un momento pericoloso in quanto l’area necrotica richiama abbondante infiltrato infiammatorio.

Una situazione di infiammazione si accompagna dunque ad un rammollimento della struttura ed alla mancanza di strutture resistenti. Qui si rischia la rottura.

7-21 giorni

Massima estensione dell’area necrotica giallo-bruna delimitata da bordi iperemici depressi soffici colore rosso scuro

2-8

settimane

Cicatrice grigio-biancastra che progredisce dalla periferia verso il centro dell’infarto.

All’infiammazione segue dunque la riparazione in quanto non vi è la possibilità di sostituire i miociti, che sono cellule perenni

> 2 mesi

Cicatrice completa

Una volta guarita la lesione non è più databile.

Modificazioni al microscopio ottico

 

Le modificazioni microscopiche visibili al microscopio ottico sono così schematizzabili:

 

tempo

Modificazioni microscopiche (m.o.)

1-4 ore

Comparsa ai margini di fibrocellule ondulate, per l’effetto delle fibre vive hanno sulle fibre morte.

Le fibre morte non sono contrattili.

Le fibre vitali adiacenti alle fibre morte, stirano le stesse nella sistole producendo effetto ondulato.

Miocitolisi: degenerazione vacuolare reversibile, con comparsa di vacuoli entro le cellule.

È più frequente nella zona di miociti vitali subendocardici

4-12 ore

Necrosi coagulativa iniziale evidente, con comparsa delle prime alterazioni della colorazione

12-24 ore

Estensione necrosi coagulativa ( nuclei picnotici e citoplasma eosinofilo). Comparsa della necrosi a bande di contrazione: le bande di contrazione sono bende trasversali, eosinofile, composte da pacchetti di sarcomeri ipercontratti.

Sono probabilmente dovute all’alterazione della permeabilità della membrana che provoca esposizione delle cellule morenti ad elevate concentrazioni di calcio, con conseguente ipercontrazione.

Iniziale infiltrato neutrofilo

1-3 giorni

Necrosi coagulativa con perdita dei nuclei e delle striature trasversali. Infiltrato neutrofilo

3-7 giorni

Disintegrazione dei miociti e dei neutrofili morti. Fagocitosi macrofagica delle cellule morte.

Formazione di tessuto di granulazione

7-21 giorni

Tessuto di granulazione ben sviluppato con abbondante vascolarizzazione e depositi di collagene


2-8

settimane

Aumento dei depositi di collagene con riduzione della cellularità

> 2 mesi

Cicatrice densa collagene

 

Modificazioni l microscopio elettronico

 

Le modificazioni microscopiche visibili al microscopio elettronico sono così schematizzabili:

 

Fase reversibile: perdita di glicogeno, rigonfiamento cellulare e mitocondriale, rilassamento delle miofibrille.

Fase iireversibile: rottura del sarcolemma

Riperfusione del miocardio

 

La perfusione del tessuto in corso di ischemia cardiaca consente di limitare al massimo il danno prodotto dall’infarto.

 

Tecniche per ripristinare il flusso:

Y Trombolisi: dissoluzione del trombo per azione della streptochinasi o dell’attivatore tissutale del plasminogeno, che consentono attivazione del sistema fibrinolitico.

Y Angioplastica con il palloncino (percutaneous transluminal coronary angioplastic o PTCA): consente non solo di eliminare il trombo, ma anche la placca sottostante.

Y   Bypass aorto-coronarico: consente di ristabilire il flusso a valle.

Poiché ad un determinato momento dall’inizio dell’infarto non tutto il miocardio è ugualmente ischemico (regione subendoteliale, colpit per prima, avrà ischemia più avanzata etc..) gli esiti della riperfusione varieranno a seconda della rapidità con cui il cuore viene riperfuso ed a seconda della regione miocardica.

Riperfusione miocardica entro 15-20 minuti:

 

Prevenzione della necrosi in tutto lo spessore della parete cardiaca.

 

Nelle aree più danneggiate alla riperfusione segue stordimento miocardico o

disfunzione ventricolare prolungata post-ischemica.

 

Questo consiste nella persistenza di alterazioni biochimiche e funzionali dei miociti salvati dalla riperfusione che si possono tradurre in uno stato di scompenso cardiaco reversibile.

 

La situazione può essere superata mediante temporanea assistenza cardiologica.


Riperfusione miocardica entro 3-6 ore:

 

Salvataggio del tessuto ischemico ma ancora vitale, che però rimane stordito. Le aree necrotiche non sono salvabili e tali rimangono anche dopo riperfusione Riperfusione miocardica dopo 6 ore:

Non riduce apprezzabilmente le dimensioni dell’infarto.

 

Può tuttavia avere un effetto benefico limitando l’estensione dell’infarto.

Danni causati da riperfusione

 

Y Stravaso emorragico dell’infarto incompleto: alcuni vasi colpiti dall’ischemia hanno alterate condizioni di permeabilità

Y  Accelerazione della morte dei miociti già danneggiati

Y Aumento della necrosi a bande di contrazione nei miociti già danneggiati: per l’eumentata esposizione al calcio dovuta alla maggiore presenza di sangue.

Y Lesione di una certa quantità di cellule ex-novo, per la maggiore produzione di radicali liberi da parte dell’infiltrato leucocitario trasportato dal sangue: si parla in questo caso di danno da riperfusione.

Y Riginfiamento endoteliale con occlusione dei capillari ed ostacolo alla riperusione medesima (miocardio non perfuso, no-reflow.

Diagnosi

La diagnosi si fa in base a tre parametri:

  • Caratteristiche cliniche
  • ECG
  • Esami di laboratorio

Caratteristiche cliniche

 

Quelle tipiche di ogni infarto sono:

  • polso debole e rapido
  • profusa sudorazione
  • dispnea

 

ECG

 

Comparsa di nuove onde Q

Esami di laboratorio


Misurazione dei livelli plasmatici di alcune macromolecole plasmatiche che fuoriescono dalle cellule danneggiate dall’ischemia. In partcolare si utilizzano:

 

TroponinaI e troponinaT

Sono i marker di danno cardiaco più utilizzati in quanto altamente sensibili (non sono normalmente dosabili in circolo) e specifici (sono assolutamente cardio-specifici).

Dopo infarto miocardico i loro livelli aumentano entro 2-4 ore raggiungendo il picco in 24-48 ore.

I livelli rimangono elevati nei 7-10 giorni dopo l’evento acuto.

 

Frazione MB della creatina chinasi

Questo isoenzima è presente nel miocardio, ma anche in quantità variabili nel muscolo scheletrico.

Il suo dosaggio dunque è sensibile, ma non specifico (i livelli di CK-MB sono elevati alche in condizioni di lesione del muscolo scheletrico).

Dopo infarto miocardico i loro livelli aumentano entro 2-4 ore raggiungendo il picco in 24 ore.

I livelli tornano normali dopo circa 72 ore.

 

In assenza di aumento dei livelli sierici delle CK-MB nei primi due giorni di dolore toracico e delle troponine nei giorni seguenti si può escludere la diagnosi di infarto.

Conseguenze e complicanze dell’infarto

Disfunzione contrattile: alterazioni della funzionalità ventricolare sx proporzionali alle dimensioni della necrosi. Si può giungere a scompenso cardiaco sx (ipotensione, congestione ed edema polmonare) o addirittura nel 10% dei casi ad una grave insufficienza di pompa, generalmente associata ad infarti di grandi dimensioni.

Aritmie: disturbi della conduzione o dell’eccitabilità miocardica dovuti a squilibri elettrolitici, all’uso di farmaci o all’aumento della tensione del muscolo cardiaco. Le aritmie possono tradursi in fibrillazione

Rottura del miocardio: avviene generalmente a 3-7 giorni dall’inizio dell’infarto, quando si ha necrosi ed infiammazione che rammoliscono il tessuto e non si ha alcun processo riparativo completo. Può avvenire:

nella parete libera del ventricolo: si ha emopericardio (versamento di sangue nello spazio compreso fra pericardio e muscolo, spesso fatale).

nel setto interventricolare: shunt sx-dx.

nel muscolo papillare: insufficienza mitralica acuta, di grado severo a cui fanno seguito rigurgiti.

Pericardite: negli infarti transmurali dopo 2-3 giorni sviluppo di una pericardite che costituisce l’epifenomeno della infiammazione evocata dal sottostante infarto miocardico.

Estensione dell’infarto: nuove necrosi nelle aree adiacenti a quelle del precedente infarto che infine confluiscono.

Re-infarto: dovuto ad una situazione di eccitabilità e di conduzione elettrica alterata.

Trombosi murale: la combinazione di anormale contrattilità miocardica regionale che provoca stasi di sangue, con un danno endocardico, che crea una superficie trombogenica porta alla creazione di un trombo murale che può embolizzare.


Cardiomiopatia ostruttiva: è una complicanza tardiva che si può verificare se le cicatrici fibrotiche sono molte o molto estese. I miociti cercano di compensare la mancanza di tessuto cardiaco funzionante andando incontro ad ipertrofizzazione, con conseguente diminuzione delle dimensioni delle camere cardiache e possibile ostruzione delle medesime.

Insufficienza cardiaca congestizia: è una complicanza tardauva dovuta alla coesistenza di fenomeni fibrotici e di ipertrofia (non ostruttiva), i quali provocano alterazioni del rientro o diminuzione della compliance cardiaca, con conseguente aumento della pressione polmonare ed eventualmente congestione ed edema polmonare.

Aneurisma ventricolare: dilatazione patologica circoscritta a carico della parete del ventricolo, delimitata da miocardio cicatrizzato. Può realizzarsi in due modi:

  • protrusione della parete ventricolare in corrispondenza dell’area dell’infarto® l’aneurisma produce irregolarità del profilo della parete e può essere occupato da un trombo murale.
  • Mancanza di protrusione e dunque di irregolarità del profilo della parete, che rimane abbastanza omogenea. Presenza però di fibroblastosi e dunque inspessimento della parete senza trombosi murale associata.
Cardiopatia ischemica cronica

 

È la condizione dei pazienti, prevalentemente anziani, che sviluppano insufficienza cardiaca progressiva, come conseguenza di danno miocardico da ischemia severa.

Nella maggior parte dei casi si tratta di pazienti che sono andati incontro a grave infarto pregresso, coinvolgente tutte le branche principali delle coronarie, con conseguente inadeguato apporto sanguigno e perdita di miociti a livello dell’intero miocardio, fibrosi cicatriziale diffusa e diminuzione progressiva ed omogenea della compliance cardiaca.

 

La reazione post-infartuale del cuore è dunque quella di tentare un ipertrofia compensatoria.

L’esaurimento funzionale dell’ipertrofia compensatoria comporta scompenso cardiaco, conseguente cardiomiopatia dilatativa e dunque infine insufficienza cardiaca.

 

Il cuore di questi pazienti infatti si presenta sempre ingrossato e pesante (ipertrofia) ed enormemente aumentato di dimensioni (dilatazione).

C’è sempre aterosclerosi stenosante grave, associata alle maggiori richieste energetiche del cuore ipertrofico.

Solitamente sono presenti le cicatrici dei pregressi infarti.

Morte cardiaca improvvisa

 

Si tratta della morte inattesa per cause cardiache, che si verifica immediatamente dopo la comparsa dei sintomi (entro 1 ora) o anche senza l’insorgenza degli stessi.

 

Cause

Principalmente è dovuta ad un ischemia cardiaca cronica che comporta come complicanza la comparsa di aritmie letali, come asistolia o fibrillazione ventricolare.


La prognosi di questi pazienti è migliorata dall’impianto di un defibrillatore elettrico. Altre cause che si fanno via via più frequenti con il decrescere dell’età possono essere:

  • malattie delle coronarie (malformazioni congenite, vasculiti, embolia…)
  • stenosi valvolare aortica
  • alterazioni ereditarie o acquisite del sistema di conduzione
  • altre malattie specifiche del miocardio (miocarditi, cardiomiopatie ipertrofiche o dilatative)
  • malattie valvolari (insufficienza valvolare, prolasso della mitrale)
  • ipertensione polmonare

Valvulopatie

 

Sono le patologie a carico delle valvole cardiache.

 

Possono determinare:

  • stenosi: impossibilità della valvola di aprirsi completamente, ostacolando il flusso anterogrado.
  • Insufficienza: incapacità della valvola di chiudersi completamente determinando flusso retrogrado.

Le anomalie delle valvole cardiache possono essere:

  • pure: se è presente solamente la stenosi o l’insufficienza
  • miste: se insufficienza e stenosi coesistono nella medesima valvola, con prevalenza eventuale di uno dei due difetti sull’altro.

La patologia può essere:

  • isolata: se viene colpita una sola valvola
  • combinata: se siano colpite più valvole contemporaneamente (compromissione plurivalvolare).

La patologia può essere dovuta a :

  • anomalia primitiva delle valvole: quasi sempre nella stenosi
  • anomalia delle strutture di sostegno senza correlata anomalia delle valvole: può succedere nell’insufficienza cardiaca. Il flusso retrogrado infatti può essere causato anche da
    • Dilatazione della camera ventricolare con spostamento associato dei muscoli papillari verso il basso e verso l’esterno, impedendo l’accollamento dei lembi valvolari→ insufficienza atrio-ventricolare
    • Dilatazione dell’aorta o dell’arteria polmonare con conseguente allontanamento delle commessure valvolari→ insufficienza aortica o polmonare
    • Alterazioni nelle corde tendinee e nei muscoli papillari.

·    ……

 

La patologia può essere:

  • congenita
  • acquisita

 

Le alterazioni del flusso sono speso riscontrabili per la produzione di rumori cardiaci detti soffi.

 

Le più frequenti valvulopatie in assoluto sono:

  • stenosi acquisita della valvola aortica: per calcificazione di una valvola aortica normale o congenitamente bicuspide
  • insufficienza aortica: per diltazione dell’aorta ascendente conseguente all’ipertensione arteriosa ed all’età.
  • Stenosi mitralica: conseguente a malattia reumatica
  • Insufficienza mitralica: conseguente a degenerazione mixomatosi o prolasso mitralico.

Degenerazione valvolare conseguente a calcificazione

Le valvole sono sottoposte a notevoli stress meccanici ripetitivi a causa di:

  • > 40 milioni di cicli cardiaci/ anno
  • deformazione tissutale meccanica ad ogni ciclo
  • gradiente presso rio transvalvolare presente nella fase di chiusura.

Le valvole dunque soffrono di danno meccanico cumulativo, che viene ad esplicarsi spesso in una calcificazione senile.

 

Stenosi aortica calcifica

 

Stenosi aortica acquisita conseguente al processo di “usura e lacerazione” progressivo e conseguente l’invecchiamento, con conseguente calcificazione della valvola  aortica.

 

La valvola aortica interessata da stenosi calcifica può essere:

  • Normale: nella maggior parte dei casi. La stenosi aortica diviene evidente intorno ai 70-80 anni.
  • Congenitamente bicuspide:
    • presente nell’1,4% dei nati vivi.
    • Formata solamente da 2 cuspidi, solitamente asimmetriche; la cuspide di dimensioni > presenta spesso un rafe mediano, residuo dell’incompleta separazione delle cuspidi durante lo sviluppo.
    • Il rafe rappresenta la sede più frequente di calcificazioni e predispone la valvola congenitamente bicuspide ad una calcificazione più precoce, che si manifesta dunque intorno ai 60-70 anni.
    • Necessaria differenziazione con le valvole bicuspidi acquisite (divengono bicuspidi in seguito a lesioni infiammatorie, a cui segue la fusione cicatriziale), che presentano una cuspide di dimensioni dopie rispetto all’altra, con commessura fusa nel suo centro.

 

Morfologia

 

Presenza di masserelle calcifichi soprattutto alla base delle cuspidi, con protrusione all’interno dei Seni di Valsala, impedendo così l’apertura delle cuspidi.

 

Perché si parli di stenosi aortica l’area valvolare funzionale si deve ridurre al punto di costituire evidente ostacolo all’efflusso, con progressivo sovraccarico del ventricolo sx.

 

Diagnosi differenziale con la stenosi aortica conseguente al malattia reumatica rispetto alla quale la stenosi calcifica senile vede:

  • mancanza di fusione delle commessure
  • assenza di anomalie strutturali a carico della mitrale.

Clinica

 

  • Ostacolo all’efflusso del ventricolo sx.
  • Sovraccarico presso rio del ventricolo sx.
  • Sviluppo compensatorio di ipertrofia concentrica per mantenere costante la gittata cardiaca.
  • Ipertrofia che predispone il miocardio all’ischemia → angina pectoris e deficit miocardio.
  • Insufficienza cardiaca cronica.
  • Scompenso cardiaco.

 

In questo caso la presenza o l’assenza di una sintomatologia evidente è un fattore predittivo fondamentale della prognosi:

 

    • presenza di sintomatologia evidente: l’inizio della presentazione dei sintomi preannuncia l’esaurimento delle capacià compensatorie del cuore. Prognosi sfavorevole, a meno di non intervenire chirurgicamente mediante sostituzione valvolare.
    • Assenza di sintomatologia evidente: prognosi favorevole.
Calcificazione anulus mitralico

 

Depositi calcifici degenerativi nell’anello fibroso della valvola mitrale.

 

Più comune:

  • nelle donne, di età > 60 anni
  • nei pazienti con prolasso mitralico (degenerazione mixomatosa)
  • nei pz con elevata pressione interventricolare sx.

 

Morfologia: noduli di 2-5 mm. irregolari, duri, localizzati dietro ai lembi valvolari. In genere non compromette la funzione valvolare.

Raramente provoca:

  • stenosi: riduzione dell’aperture dei lembi
  • reflusso retrogrado: interferenza con la contrazione sistolica dell’anello valvolare
  • aritmie
  • morte improvvisa: molto rara, solo se i depositi di calcio sono così profondi da ledere il sistema di conduzione atrio-ventricolare.

 

I pz con calcificazione dell’anello mitralico sono a maggiore rischio di:

  • ictus: i noduli calcifici sono sede di apposizione trombotica con possibilità di embolizzazione
  • endocardite infettiva

Degenerazione mixomatosa (prolasso) della valvola mitrale

 

Processo patologico molto diffuso che è denominato:

  • prolasso mitralico: punto di vista clinico
  • degenerazione mixomatosi: punto di vista anatomo-patologico.

È caratterizzato dal fatto che uno o entrambi i lembi mitralici sono di consistenza molle (“floppy”) e prolassano, sporgendo come un palloncino nell’atrio sx, durante la sistole ventricolare.-

Morfologia Caratteristiche primarie:

  • lembi colpiti che si presentano slargati, ridondanti ( a cappuccio), ispessiti.
  • Corde tendinee allungata, assottigliate, occasionalmente si rompono.
  • Anello valvolare allargato
  • Non vi è fusione delle commessure (caratteristica della valvulopatia conseguente a malattia reumatica)

Caratteristiche secondarie:

  • ispessimento fibroso dei lembi valvolari, soprattutto nei punti di sfregamento ed attrito reciproco
  • ispessimento fibroso dell’endocardio a livello del ventricolo sx, dove schioccano le corde tendinee enormemente allungate
  • ispessimento fibroso dell’endocardio a livello dell’atrio sx, per lo sfregamento dei lembi che prolassano
  • formazione di trombi nella spf atriale dei trombi

 

Eziologia

Associata a:

  • disturbi ereditari del tessuto connettivo
  • alterazione primitiva emodinamica, cellulare o metabolica che induce danneggiamento e/o rimodellamento del tessuto valvolare mitralico

 

Clinica

La maggior parte dei pz si presenta asintomatica. A volte insufficienza mitralica:

    • auscultabile come soffio sistolico telesistolico
    • sintomatologia: dispnea, dolore simil-anginoso, affaticabilità, sintomi psichiatrici

 

Nel 3% dei casi si sviluppa una di queste complicanze gravi

    • Aritmie
    • Ictus: per embolizzazione aprtire dai trombi valvolari
    • Endocardite infettiva
    • Insufficienza mitralica grave, chirurgica:
      • ad inizio lento: deformazione delle cuspidi, dilatazione dell’anello, allungamento delle corde
      • ad esordio improvviso e brusco: rottura delle corde

Febbre reumatica e cardiopatia reumatica

 

La febbre reumatica è una malattia infiammatoria acuta, immunomediata, multiorgano, che segue di alcune settiamne un episodio di faringite da streptococco di gruppo A.

 

Si manifesta generalmente nei bambini tra i 5 ed i 15 anni, con un 20% degli episodi che si verifica in età adulta.

 

Clinica

 

È una malattia che colpisce molti organi e che dunque è caratterizzata da molti elementi.

 

Manifestazioni maggiori (sintomatologia specifica):

  • poliartrite migrante delle grandi articolazioni: una grande articolazione dopo l’altra diviene dolorante e gonfia per alcuni giorni, per poi guarire spontaneamente senza limitazioni funzionali residue.
  • Cardite acuta: infiammazione acuta che colpisce pericardio, miocardio ed endocardio, da cui la comune denominazione di pancardite. Caratterizzata da sfregamenti pericardici., rumori cardiaci deboli, aritmie. In alcuni casi la miocardite acuta può essere causa di dilatazione cardiaca, che può evolvere in scompenso cardiaco.
  • Noduli sottocutanei
  • Eritema migrante della cute
  • Corea di Sydenham: anche detto Ballo di S. Vito, è un disordine neurologico caratterizzato da movimenti involontari, rapidi e non finalizzati.

 

Manifestazioni minori (sintomatologia non specifica):

  • febbre
  • artralgia
  • livelli plasmatici elevati, per quanto riguarda le proteine della fase acuta.

 

La febbre reumatica acuta, si sviluppa pincpalmente dopo 10 giorni, 6 settimane, dopo l’episodio di faringite acuta da streptococco di tipo A.

Si ritiene che essa sia una reazione di ipersensibilità indotta dagli streptococchi di tipo A.

Gli anticorpi diretti contro la proteia M streptococcica, cross-reagiscono con anitigeni self del cuore, delle articolazioni e degli altri tessuti.

Si tratterebbe dunque di una reazione auto-immune.

 

Dopo il primo episodio acuto la vulnerabilità dell’organismo alla riattivazione della malattia è notevolmente aumentata e si verificano episodi ricorrenti.

Nel corso di questi episodi si può avere una progressione da una cardite reumatica acuta ad un quadro di cardiopatia reumatica cronica.

Questo è generalmente asintomatcio, pur provocando valvulopatia fibrosa deformante, che provoca in particolare stenosi mitralica, che può comportare a distanza di decenni problemi cardiaci severi e talora fatali.

Diagnosi

Si basa sui criteri di Jones:


Storia di una precedente infezione da streptococchi di gruppo A associata a 2 manifestazioni maggiori o 1 manifestazione maggiore + 2 manifestazioni minori.

 

Morfologia

Cardite reumatica acuta:

Presenza a livello di endocardio, miocardio e pericardio (pancardite) di un quadro infiammatorio acuto.

 

Le lesioni infiammatorie hanno morfologia caratteristica e vengono dunque denominate corpi di Aschoff.

I corpi di Aschoff sono lesioni granulomatose, caratterizzate da focolai di collageno, circondati da linfociti T, rare plasmacellule e macrofagi gonfi, patognomici di FR (cellule di Anitschow), che talora divengono multinucleati diventando le cosiddette cellule giganti di Aschoff.

 

Nel pericardio→ essudato fibrinoso o siero-fibrinoso (pericardite a “pane e burro”) che generalmente si risove senza organizzazione e senza sequele.

 

Nel miocardio→ abbondanzadi corpi di Aschoff, soprattutto nel connettivo interstiziale perivascolare.

 

Nell’endocardio→ lesioni subendocardiche nell’atrio sx, continuamente sollecitate dal reflusso che danno luogo ad ispessimenti (placche di MacCallum).

Cardiopatia reumatica cronica:

Conseguente all’organizzazione dell’essudato fibrinoso, con conseguente fibrosi e deformazione permanente.

 

Caratterizzato da:

  • lembi valvolari ispessiti e retratti
  • fusione delle commessure → stenosi a bocca di pesce o ad asola.
  • accorciamento, inspessimento ed avolte fusione delle corde tendinee.
  • Cicatrizzazione fibrotica dei corpi di Aschoff.

 

Nel 65% dei casi vi è interessamento della sola valvola mitrale (che è sempre deformata), nel 25% dei casi anche di quella aortica, a volte clinicamente più significativa.

 

Endocardite infettiva

 

Dovuta a colonizzazione o invasione delle valvole cardiache o dell’endocardio parietale da pare di microbi, con formazione di vegetazioni voluminose e friabili, formate da fibrina, cellule infiammatorie e ricche di microbi, spesso associate alla distruzione dei sottostanti tessuti.

 

Le endocarditi sono divise in :


Endocarditi acute:

    • infezione a carattere tumultuoso e distruttivo sostenuta da microrganismi molto virulenti
    • colpisce generalmente valvole cardiache normali
    • porta a morte più del 50% dei pz in giorni/settimane nonostante terapia antibiotica o chirurgica.
Determina la formazione di lesioni necrotizzanti e ulcerative, difficili da trattare con gli antibiotici e che dunque richiedono la chirurgia. Un esempio è rappresentato da un erosione a carico del sottostante miocardio, con creazione di una cavità ascessuale (ascesso anulare).

Endocardite subacuta:

    • infezione a decorso insidioso che può essere protratto per settimane o mesi sostenuta da microrganismi meno virulenti
    • colpisce generalmente cuori già affetti da lesioni, come deformità valvolari
    • il trattamento con antibiotici è utile e spesso le lesioni guariscono anche spontaneamente
    • causa minore distruzione valvolare dell’endocardite acuta

Eziologia

 

Fattori predisponesti:

  • diverse alterazioni cardiache: cardiopatia reumatica, prolasso mitrale, stenosi calcifica aortica
  • neutropenia, immunodeficienza
  • diabete mellito
  • abuso di alcolici o di droghe intravenose
  • depositi sterili di fibrina e piastrine che si formano nelle sedi di lesione da urto del flusso

 

Nella maggior parte dei casi nel’eziologia delle endocarditi infettive sono implicati i batteri:

 

  • Streptococcus aureus:
    • colpisce valvole danneggiate, così come valvole sane
    • è responsabile del 10-20% di tutte le endocarditi infettive

 

  • Streptococcus viridans

o Colpisce valvole danneggiate precedentemente (endocardite subacuta principalmente)

 

  • Batteri del gruppo HACEK (Haemophilus, Actinobacillus, Cardiobacterium, Eikenella, Kingella)
    • Caratterizzati dall’essere commensali del cavo orale.

 

  • stafilococchi coagulasi negativi
    • endocardite su protesi valvolari

Clinica

 

Sintomatologia generale:

  • febbre
  • astenia, perdita di peso, sindrome simil-influenzale
  • soffi: nel 90% dei pz

Vegetazioni non infettive

Sono caratterizzate dalla assenza di microrganismi a livello delle lesioni valvolari.

 

Endocardite trombotica non batterica (ETNB)

Caratterizzata dalla deposizione di piccole (1-5 mm.) masserelle composte da materiale trombotico (fibrina, piastrina ed altre componenti del sangue), singolarmente o a gruppi lungo il margine di chiusura dei lembi delle valvole cardiache.

Le vegetazioni dell’ETNB non contengono microrganismi e non sono accompagnate da reazione infiammatoria.

 

Eziologia e patogenesi

 

L’ETNB è spesso associato a trombosi venosa o ad embolie polmonari e questo suggerisce che la sua causa sia uno stato di ipercoagulabilità, come può essere la CID, con conseguente attivazione sistemica della coagulazione anche a livello del cuore.

Per questo motivo l’ETNB si riscontra spesso in pz debilitati da:

  • neoplasie:
    • adenomi mucinosi: in relazione con l’effetto procoagulante della mucina circolante
    • leucemia promielocitica acuta

 

  • stati di sepsi: danneggiamento dell’endotelio→ liberazione fattore tissutale in grandi quantità→ ipercoagulabilità
  • ustioni estese: danneggiamento dell’endotelio→ liberazione fattore tissutale in grandi quantità→ ipercoagulabilità.

 

Endocardite in corso di lupus eritematoso sistemico (morbo di Libman-sacks)

 

In corso di LES a volte si verifica una valvolite mitralica e tricuspidalica con piccole vegetazioni sterili, detta endocardite di Libman-Sacks.

 

Morfologia

 

Lesioni singole o multiple di piccole dimensioni (1-4mm.)


Lesioni sterili ( no microrganismi) a spf granulosa e di colore rosa

 

Localizzazione: spf ventricolare delle valvole atrioventricolari e corde tendinee.

 

Può essere associata un’intensa valvulite, con necrosi fibrinoide del tessuto valvolare adiacente le vegetazioni.

 

Diagnosi differenziale con endocardite infettiva ed endocardite trombotica non batterica.

 

Talora gli esiti cicatriziali e la deformazione valvolare possono creare un problema di diagnostica differenziale con la cardiopatia reumatica cronica.

 

Eziologia

Di tipo autoimmunitario.

 

Complicanze delle valvole artificiali

 

Tipi di protesi

 

  • protesi meccaniche: sono composte da biomateriali non fisiologici, come palline ingabbiate in un anello, dischi inclinabili, lembi semicircolari incardinati nell’anello valvolare. Utilizzano sistemi di chiusura rigidi e mobili.
  • bioprotesi: lembi valvolari animali trattati chimicamente ( valvola aortica porcina, conservata in soluzione diluita di gliceraldeide e poi montata su supporto meccanico.

 

Complicanze

 

Sviluppate dal 60% di portatori di protesi entro 10 anni daal’intervento sostitutivo.

  • Complicanze troboembolitiche:
    • ostruzione trombotica della valvola o tromboembolizzazione a distanza
    • problema principale delle valvole meccaniche
    • necessitano di terapia anticoagulante a lungo termine che a sua volta può creare problemi emorragici.

 

  • Endocardite infettiva:
    • complicanza infrequente ma grave
    • infezione a livello dell’interfaccia protesi-tessuto, con formazione di ascessi anulari ed eventuale perforazione della valvola con reflusso di sangue. A volte vegetazioni anche sulle cuspidi proteiche.
    • Provocata principalmente da stafilococchi della cute (S. aureus, S. epidermidis), streptococchi, funghi.

 

  • Deterioramento strutturale:
    • principale causa di fallimento della bioprotesi: calcificazioni o rottura responsabili di rigurgito.
    • Raramente nelle protesi meccaniche

Malattie primitive del miocardio

Miocarditi

 

Sotto questo processo sono raggruppati quei processi infiammatori a carico del miocardio, che inducono danno ai miociti cardiaci.

 

Bisogna però sottolineare che la presenza isolata di uno stato infiammatorio non è diagnostica di miocardite: lo stato infiammatorio può infatti essere la risposta e non la causa di un danno al miocardio.

 

Nelle miocarditi l’elemento caratteristico è che il processo infiammatorio è la causa del danno miocardico.

 

Il processo infiammatorio che interessa il miocardio nelle miocarditi è caratterizzato da:

  • infiltrato infiammatorio interstiziale leucocitario, costituito nelle forme più comuni prevalentemente da linfociti
  • necrosi focale dei miociti adiacenti alle cellule infiammatorie.

 

Le miocarditi possono colpire qualsiasi fascia di età, in quanto molto spesso costituiscono conseguenze di una malattia infettiva che viene a dare complicanze.

Sintomatologia:

La sintomatologia associata alla miocardite è estremamente ampia.

Se da un lato la malattia può essere completamente asintomatica, dall’altro può vedere rapida insorgenza di insufficienza cardiaca con conseguente morte improvvisa.

 

Tra i due estremi si colloca una sintomatologia generalmente caratterizzata da:

  • febbre
  • dolore toracico pericardico
  • segni di scompenso cardiaco: sincopi e palpitazioni
  • aritmie severe

Le caratteristiche cliniche della miocardite richiedono dunque diagnosi differenziale con lo scompenso cardiaco di altra natura, dovuto a differenti cause.

Frequentemente la diagnosi differenziale è fatta in base a queste caratteristiche distintive delle miocarditi:

  • insorgenza in età giovane
  • frequenza di eiezione minore del 4,5%
  • esclusione della presenza di malattie coronariche o valvulopatie

Clinicamente le miocarditi possono essere classificate in :

  • miocarditi fulminanti
  • miocarditi acute

  • miocarditi subacute
  • miocarditi croniche o ricorrenti

Generalmente le miocarditi vanno frequentemente incontro a guarigione completa.

 

A volte sono presenti esiti cicatriziali, per la formazione di una cicatrice fibrosa che provoca alterazioni del meccanismo di pompa con rientri del sangue e dunque aritmie.

 

Se la miocardite va incontro a cronicizzazione si ha un continuo crearsi e ricrearsi di aree di necrosi che vanno incontro a cicatrizzazione fibrotica.

 

Viene ad essere così perso progressivamente tessuto contrattile con conseguente ipertrofia compensatoria delle aree non fibrotiche.

 

Questa reazione ipertrofica può comportare un insufficiente nutrimento della parete cardiaca, ispessita con conseguente generazione dello scompenso cardiaco.

 

Il sovraccarico cardiaco non più compensato genera dilatazione cardiaca, con assottigliamento delle pareti e passaggio ad una cardiomiopatia dilatativa inequivocabile.

Eziologia

 

Le miocarditi possono essere suddivise in: Miocarditi ad eziologia nota:

Y infettive:

  • da batteri (Staphylococcus aureus, corynebacterium diphtariae, neisseriae meningitidis, borrelia9
  • virali: sono le più frequenti (coxsackievirus, echovirus, adenovirus, citomegalovirus, HIV)
  • da parassiti (toxoplasma, tripanosoma –malattia di Chagas-)
  • da funghi (candida)

 

Y tossiche:

  • da increzione di catecolamine
  • da antracicline
  • sali di litio: nei pz psicotici
  • interferone a
  • cocaina nei tossico dipendenti

 

da ipersensibilità:

  • a farmaci: penicilline, sulfamidici, streptomicina, isoniazide, tetracicline

da agenti fisici

  • ipotermia
  • radiazioni
  • colpo di calore

Miocarditi idiomatiche:

Hanno causa sconosciuta e dunque sono identificate in base al tipo di infiltrato ad esse associato.

Da sottolineare il fatto che anche le miocarditi ad eziologia nota danno infiltrato differente a seconda dell’agente eziologico.

 

  • infiltrato linfocitario:
  • infiltrato neutrofilo: importanti effetti tossici dei polimorfonucleati sul miocardio
  • infiltrato eosinofilo
  • infiltrato a cellule giganti:
  • di origine miogena
  • di origine macrofagica

Diagnosi

 

La diagnosi di miocardite attualmente si basa sui criteri di Dallas, in accordo ai quali la miocardite “attiva” viene definita come infiltrazione di cellule infiammatorie del miocardio con associata necrosi e degenerazione dei miociti adiacenti, senza che si realizzi il quadro tipico della lesione ischemica da malattia coronaria.

 

Secondo i criteri di Dallas l’infiltrato deve trovarsi all’interno delle cellule contrattili. La conseguenza è la presenza di vacuolizzazione dei miociti, presenza di margini cellulari irregolari, nuclei presenti.

 

Vi è inoltre necrosi per disintegrazione dei miociti, con presenza di linfociti e macrofagi

dentro le cellule miocardiche.

La diagnosi viene sempre fatta mediante biopsia cardiaca.

Alla prima biopsia a seconda che la miocardite sviluppi o meno i criteri di Dallas si può avere:

  • - Certezza di miocardite (con o senza fibrosi)
  • - Miocardite border-line: vede assenza di degenerazione dei miociti, con infiltrato infiammatorio moderato con linfociti scarsi. In questo caso può essere necessario ulteriore prelievo bioptico
  • - No miocardite

 

Alle successive biopsia si può avere un quadro di:

  • - Miocardite persistente: quadro simile alla prima biopsia con o senza fibrosi
  • - Miocardite in via di risoluzione: con o senza fibrosi.
  • - Miocardite guarita: con o senza fibrosi.

Tutti i quadri di miocardite possono essere accompagnati da fibrosi, dunque presenza di tessuto di connettivo che viene gradualmente a sostituire il tessuto necrotizzato, formando focolai fibrotici confluenti.

Secondo i criteri di Dallas nel quadro istologico della miocardite abbiamo:

-

 

Infiltrato infiammatorio

 

Composizione prevalente:

  • linfociti ( prevalentemente linfociti T)
  • granulociti neutrofili (PMN)
  • granulociti eosinofili e plasmacellule e macrofagi.

 

Intensità

  • Lieve
  • Moderato
  • Severo

 

Estensione

  • Focale
  • Confluente
  • Diffuso

 

Si può avere una progressione attraverso i tre stadi: inizialmente si hanno piccoli infiltrati focali che confluiscono l’uno con l’altro dando un quadro di infiltrato diffuso.

 

La diagnosi differenziale con un infiltrato di tipo ischemico può essere fatta sulla base di due caratteristiche istologiche delle miocarditi:

  • presenza di depositi di emosiderina
  • i miociti subendocardici, dunque quelli che sono rivolti verso la cavità, sono risparmiati.

Necrosi

 

    • a singoli elementi miocitari
    • a gruppi

Fibrosi

 

Dipende dalla durata della malattia. Può essere:

    • endocardica
    • sostitutiva
    • interstiziale

Grading delle modificazioni ultrastrutturali

 

0

Ultrastruttura normale

1

Alterazione di miociti isolati < 5%

Dilatazione reticolo sarcoplasmatico ed iniziale lisi miofibrillare

1,5

Alterazione di miociti isolati 6-15%

Dilatazione reticolo sarcoplasmatico ed iniziale lisi miofibrillare

2

Alterazione di aggregati di miociti 6-15% Lisi miofibrillare, vacuolizzazione

2,5

Alterazione di numerosi miociti 26-35% Lisi miofibrillare, vacuolizzazione Necessaria dose aggiuntiva di farmco

3

Alterazione di miociti >35% Danno severo

No dose aggiuntiva di farmaco

Diagnosi differenziale in associazione al tipo di infiltrato infiammatorio

 

Infiltrato linfocitario

  • Miocardite idiopatica ad infiltrato linfocitario
  • Miocardite provocata da virus
  • Miocardite provocata da sarcoidosi: si tratta di un granuloma del muscolo cardiaco
  • Miocardite tossica, da svariati tipi di farmaci
  • Linfoma con metastasi al miocardio

 

Infiltrato neutrofilo

    • Miocardite idiopatica ad infiltrato neutrofilo
    • Miocardite provocata da batteri
    • Miocardite ischemica
    • Miocardite provocata da virus nella sua fase iniziale. Inizialmente la miocardite virale vede un infiltrato formato da neutrofili e soltanto in un secondo momento subentrano i linfociti.

 

Infiltrato eosinofilo

Y   Miocardite idiopatica ad infiltrato eosinofilo

Y Miocardite da parassiti

Y   Sindrome ipereosinofila che colpisce più organi compreso il miocardio

Y Miocardite da ipersensibilità

 

Miocardite a cellule giganti

  • Miocardite idiopatica a cellule giganti
  • Miocardite da funghi
  • Malattia reumatica
  • Tubercolosi
  • Sarcoidosi: in questo caso le cellule giganti si ritrovano in associazione ai linfociti

Trattamento e prognosi

La miocardite si tratta pricipalmente con agenti immunosoppressivi essendo la sua eziologia legata all’infiammazione.

A volte una miocardite fulminante può presentare prognosi migliore a lungo termine e migliore risposta ai farmaci rispetto ad una miocardite acuta che frequentemente evolve in cardiomiopatia dilatativa.

Miocarditi virali

 

Le infezioni virali sono fra le cause più comuni di miocardite, in particolare negli Stati Uniti.

 

I maggiori virus responsabili sono:

  • Coxsackievirus A e B ed altri enterovirus
  • Adenovirus
  • Herpes Simplex Virus
  • Citomegalovirus (CMV) che provoca uno stato di immunosoppressione e meggiore sensibilità ad ulteriori infezioni virali
  • HIV che provoca uno stato di immunosoppressione e maggiore sensibilità ad ulteriori infezioni virali
  • Virus influenzali
  • Agenti virali di malattie esantematiche dell’infanzia

Il meccanismo mediante il quale i virus provocano la miocardite non è ancora chiaro. Le ipotesi sono due:

  • risposta auto-immune virus indotta contro le cellule miocardiche
  • infezione miocardica diretta virale: nel modello murino un trattamento con interferon g inibisce la miocardite, dunque è il virus medesimo, infettando le cellule miocardiche a provocare l’infiltrato infiammatorio.

 

Miocardite a cellule giganti

 

Può essere:

  • idiopatica (miocardite isolata di Fredor)
  • secondaria a malattie sistemiche a patogenesi auto immune Età: colpisce prevalentemente giovani o adulti (età media: 43 anni). Prognosi: rapidamente fatale.

Istopatologia: esteso infiltrato infiammatorio cronico (cellule giganti multinucleate frammiste a linfociti citotossici, eosinofili, plasmacellule, macrofagi), associato a necrosi frequentemente estese.

 

Le cellule giganti si trovano nelle zone marginali della necrosi e possono avere origine:

  • dai macrofagi: cellule giganti istiocitarie.

  • dai miociti: cellule giganti miogene

 

Bisogna fare diagnosi differenziale con:

  • malattia reumatica: nella quale le cellule giganti, o di Aschoff, si ritrovano al centro del focolaio e vi è sarcoidosi, fibrosi, presenza di granulomi e mancanza di eosinofili
  • granuloma da funghi
  • granuloma da micobatteri
  • granuloma da corpo estraneo

 

Miocardite tossica da catecolamine

 

Le catecolamine hanno un effetto tossico diretto nei confronti dei cardiomiociti.

 

Questo tipo di miocardite è riscontrabile nei pazienti affetti da feocromocitoma, a causa delle catecolamine secrete dalla neoplasia e nei tossicodipendenti che fanno uso di cocaina, che induce ipersecrezione di catecolamine.

Miocardite tossica da antracicline

 

Gli agenti chemioterapici della famiglia delle antracicline sono causa riconosciuta di danno tossico, potenzialmente causa di cardiomiopatia dilatativa.

 

L’effetto tossico è dose-dipendente ed è attribuito soprattutto alla perossidazione lipidica del sarcolemma miocitario, poiché le antracicline, come farmaci anti- neoplastici provocano la liberazione di radicali liberi.

 

Questo tipo di miocardite colpisce prevalentemente soggetti di età maggiore di 70 anni, che siano stati sottoposti a cicli multipli di chemioterapia.

 

È necessaria la diagnosi differenziale con la controparte da ipersensibilità, che si può fare per la frequente presenza di vasculite necrotizzante in questo tipo di miocardite.

 

Un altro farmaco chemioterapico dotato di cardiotossicità è la ciclofosfamide che non produce però tossicità diretta ai miociti, bensì ha un effetto tossico sul sistema vascolare, determinando emorragia miocardica.

Miocardite da ipersensibilità

 

È correlata a reazioni allergiche nei confronti di un particolare farmaco, dunque è dose-indipendente e caratterizzata da alta percentuale di eosinofili nell’infiltrato infiammatorio.

 

Nell’infiltrato infiammatorio vi possono anche essere granulomi


Miocardite eosinofila idiopatica

 

Frequentemente conseguenza dell’ipereosinofilia idiopatica (malattia di Loeffler), che provoca ipereosinofilia periferica in diversi distretti dell’organismo.

 

Da un punto di vista istopatologico, vi è necrosi tossica dei miociti, provocata da proteine contenute nei granuli liberati dagli eosinofili, che agiscono su sarcolemma e mitocondri.

Vi è la presenza di trombi eosinofili delle arterie coronariche miocardiche.

Miocardite neutrofila idiopatica

 

Può rappresentare la fase inizialae di una miocardite massiva idiopatica, dato che i granuli all’interno dei neutrofili inducono un danno molto abbondante oltre la normale necrosi, che richiama molte cellule dell’infiltrato infiammatorio.

 

È necessaria la diagnosi differenziale con la malattia reumatica nella sua variante a decorso fulminante.

Miocardiopatie

Nella maggior parte dei casi le disfunzioni del miocardio insorgono secondariamente ad altre patologie cardiache.

Con il termine cardiomiopatia si intende invece una cardiopatia derivante da un’alterazione primitiva del miocardio, dunque una malattia che coinvolge primitivamente il miocardio.

Le cardiomiopatie si distinguono in tre profili clinici funzionali e patologici:

  • cardiomiopatia dilatativa
  • cardiomiopatia ipertrofica
  • cardiomiopatia restrittiva

La diagnosi delle cardiomiopatie viene fatta attraverso le biopsie endomiocardiche: inserimento transvenoso di uno strumento detto biotomo, sino al cuore destro e prelievo con le pinze di piccoli frammenti di miocardio settale, che dunque vengono analizzati dal patologo.

Cardiomiopatia dilatativa (CMPD)

 

È la forma più comune di cardiomiopatia costituendo il 90% dei casi.


È caratterizzata da progressiva dilatazione cardiaca e disfunzione della contrattilità sistolica, solitamente associata ad ipertrofia.

Si può verificare ad ogni età, ma colpisce più frequentemente soggetti tra i 20 ed i 50 anni.

Morfologia

 

Cuore voluminoso (ampia dilatazione), con peso aumentato di 2-3 volte (ipertrofia e dilatazione), flaccido (disfunzione della contrattilità sistolica).

Poiché l’ipertrofia si associa alla dilatazione lo spessore delle pareti può essere maggiore, uguale o minore.

I trombi murali sono frequenti e possono dare origine a embolia.

Le arterie coronarie sono generalmente libere da stenosi significative.

Eziologia

 

Y Miocarditi: è dimostrata una possibile progressione da miocardite a CMPD. Frequentemente nei reperti bioptici delle cardiomiopatie dilatative sono stati trovati reperti bioptici di coksackievirus B o di altri enterovirus.

Y  Alcool: l’abuso di alcool è fortemente associato a CMPD (anamnesi di etilismo nel 10-20% dei pz). I metaboliti dell’alcool hanno effetto tossico sul miocardio ed inoltre l’abuso di alcool può causare uno squilibrio nutrizionale a cui consegue cardiomiopatia dilatativa.

Y Altre sostanze tossiche: per esempio agenti chemioterapici, come l’adriamicina che contribuiscono alla patogenesi delle miocarditi e dunque della CMPD.

Y  Peripartum: frequentemente si verificano cardiomiopatie nelle fasi tardive della

gravidanza o dopo settimane o mesi dal parto, a causa di un insieme di condizioni favorenti come ipertensione, sovraccarico di volume, carenze nutrizionali, disordini metabolici o eventi immunologici non ancora chiariti molto bene.

Y Fattori genetici: costituiscono il 25-35% dei casi. Si tratta nella maggior parte dei casi di patologie a trasmissione autosomica dominante e di casi più rari di forme X-linked. Solitamente le alterazioni geniche sono correlate a difetti nelle proteine del citoscheletro. La CMPD x-linked è la forma meglio caratterizzata ed è associata al gene che codifica per la distrofina, colpendo tipicamente gli adolescenti.

Y Idiopatica: causa sconosciuta.

Clinica

 

  • insufficienza cardiaca congestizia a lento sviluppo inizialmente compensata ma comunque con sintomi evidenti: respiro corto, facile affaticabilità, capacità fisica ridotta.
  • Passaggio in tempi brevi ad uno stato di scompenso.

  • Riduzione della frazione di eiezione a causa della ridotta contrattilità sistolica fino ad una frazione di eiezione < 25% (dove quella normale è del 50-60%)
  • A volte presenza di insufficienza mitralica secondaria, aritmie ed embolie a partenza dai trombi intracardiaci.
Cardiomiopatia ipertrofica (CMPI)

 

Presenta ipertrofia miocardica, con conseguenti alterazioni del riempimento diastolico e circa in un terzo dei casi ostruzione intermittente del tratto di efflusso ventricolare sinistro.

La disfunzione è diastolica, mentre solitamente la funzione sistolica è conservata Richiede DD con amiloidosi e cardiopatia ipertensiva.

 

Morfologia

Cuore con ipertrofia massiva, ma non dilatato.

Ipertrofia settale asimmetrica: inspessimento del setto interventricolare sproporzionato rispetto a quello della parete ventricolare sx libera, localizzato prevalentemente nella regione sub-aortica.

Sezione trasversa: ventricolo sx che non ha più la normale forma globosa, ma assume forma a banana per la protrusione del setto interventricolare inspessito nel lume ventricolare.

Frequenti inspessimenti dell’endocardio o vere e proprie placche fibrose nel tratto di efflusso del ventricolo sx, con associato inspessimento del lembo anteriore della mitrale: ciò è dovuto al frequente contatto, durante la sistole del lembo mitralico anteriore con il setto® ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo in un terzo dei casi.

 

Eziologia

 

La CMPI è sempre dovuta ad una mutazione di uno dei qualsiasi geni che codificano per le proteine strutturali dei sarcomeri, dunque è sempre una malattia genetica

 

Clinica

  • riduzione del volume cavitario
  • scarsa compliance parietale
  • diminuzione della gittata sistolica dovuta all’alterato riempimento diastolico, per la massiccia ipertrofia ventricolare sx
  • ostruzione funzionale del tratto di efflusso ventricolare sx nel 25% dei casi® aspro soffio sistolico da eiezione all’auscultazione.
  • Aumento secondario della pressione venosa polmonare (per la diminuzione della gittata sistolica sx) con consgeuente dispnea da sforzo.
  • Ischemia miocardica focale, dovuta a massiccia ipertrofia (aumentate richieste), aumento della pressione nella camera ventricolare sx, possibili anomalie a carico delle arterie intraluminali. Conseguente dolore anginoso.
  • Complicanze: fibrillazione atriale, trombi murali con embolizzazione, insufficienza cardiaca intrattabile, morte improvvisa.

Terapia

Terapia medica che facilita il rilasciamento ventricolare.

Resezione chirurgica riduttiva della massa muscolare del setto ventricolare, effettuata solo in alcuni casi.

 

Cardiomiopatia restrittiva

 

Riduzione primitiva della compliance ventricolare con alterato riempimento ventricolare nella diastole, mentre la funzione sistolica è generalmente mantenuta.

 

Morfologia

I ventricoli hanno dimensioni normali, le cavità non sono dilatate ed il miocardio ha maggiore consistenza.

Frequentemente dilatazione di entrambi gli atri.

 

Eziologia

Può essere idiopatica (cause sconosciute) o presentarsi in associazione con altre malattie che colpiscono il miocardio.


Scompenso cardiaco

 

È un risultato finale estremamente comune di molte patologie cardiache.

 

Scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca congestizia:

 

  • situazione di sovraccarico cardiaco non compensato.
  • il cuore non è più in grado di pompare sangue in quantità commisurata alle richieste metaboliche dei tessuti periferici o lo può fare solo con elevate pressioni di riempimento.

 

Il cuore possiede diversi meccanismi fisiologici di mantenimento della pressione arteriosa e della perfusione periferica in condizioni di sovraccarico:

 

  • meccanismo di Frank-Starling
  • aumento della massa muscolare cardiaca
  • attivazione di sistemi neurormonali (rilascio di noradrenalina, attivazione sistema renina-angiotensina, rilascio del peptide natriuretico atriale).

 

Tuttavia se il cuore è sottoposto troppo a lungo o in modo troppo intenso ad un sovraccarico funzionale questi meccanismi di compensazione possono non bastare.

 

Si può avere dunque

  • un progressivo deterioramento della funzione di contrazione cardiaca ®

disfunzione sistolica

  • un’incapacità crescente delle camere cardiache ad espandersi e riempirsi sufficientemente nella diastole® disfunzione diastolica

È a questo punto che soppraggiunge una situazione di scompenso cardiaco.

 

Qualunque ne sia la causa lo scompenso cardiaco viene però ad essere cartterizzato da:

  • diminuita gittata cardiaca (insufficienza anterograda) o da;
  • ristagno di sangue nella circolazione venosa (insufficienza retrograda) o da;
  • entrambe le situazioni

Dunque lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica che viene ad avere i suoi maggiori risvolti soprattutto al di fuori del sistema cardiovascolare, sia in senso anterogrado (scarsa perfusione d’organ), sia in senso retrogrado (dispnea, edema periferico).

 

Avviene in molte situazioni patologiche che lo scompenso cardiaco sia preceduto da ipertrofia cardiaca, essendo questa una delle risposte compensatorie principe del cuore in una situazione di sovraccarico cardiaco.

Ipertrofia cardiaca: progressione fino allo scompenso

 

Il miocita cardiaco è una cellula a differenziazione terminale, che non si può dividere.


Di conseguenza in risposta ad un aumento del carico meccanico sul cuore i miociti non possono rispondere con iperplasia, ma solo con ipertrofia, dunque aumento delle dimensioni cellulari.

Grado dell’ipertrofia

 

Viene a variare in base alle patologie che sono alla base dell’ipertrofia medesima. Il peso normale del cuore è di 250-300g. nella donna, 300-350g. nell’uomo.

 

Grado di ipertrofia (peso del cuore)

Patologie alla base dell’ipertrofia

350-600g (fino a 2 volte il peso del cuore)

Ipertensione polmonare Cardiopatia ischemica

400-800g. (fino a 2-3 volte il peso del cuore)

Ipertensione sistemica Stenosi aortica Insufficienza mitralica Cardiomiopatia dilatativa

600-100g. (3 o più volte il peso del cuore)

Insufficienza aortica Cardiomiopatia ipertrofica

Tipo di ipertrofia

 

Viene a riflettere la natura dello stimolo.

 

  • Stimolo pressorio:

Se lo stimolo è un sovraccarico di pressione si ha sviluppo dell’ipertrofia da sovraccarico pressorio o ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro.

Questa è caratterizzata da aumento della superficie trasversale dei miociti, senza aumento della lunghezza cellulare.

Dunque si ha aumento dello spessore parietale del ventricolo sx che può anche comportare riduzione del diametro della cavità

 

  • Stimolo volumetrico:

Se lo stimolo è un sovraccarico di volume si ha sviluppo dell’ipertrofia da sovraccarico di volume.

Questa è caratterizzata da un aumento della lunghezza dei miociti per deposizione di nuovi sarcomeri, senza aumento delle dimensioni degli stessi.

Dunque si ha aumento del diametro del ventricolo sx: lo spessore parietale sarebbe aumentato in proporzione al diametro della camera, ma data la dilatazione esso può risultare normale o inferiore alla norma.

 

Alterazioni che accompagnano l’ipertrofia

 

Le alterazioni che accompagnano l’ipertrofia sono le seguenti:

 

  • Alterazioni trascrizionali:
    • aumento della sintesi proteica con produzione di proteine anomale
    • attivazione dei geni precoci

  • attivazione del programma genico tipico dello sviluppo cardiaco fetale

 

  • Alterazioni morfologiche: sono dovuta all’aumento delle dimensioni dei miociti che provoca
  • Riduzione della densità capillare
  • Aumento della distanza intercapillare
  • Deposito di tessuto fibroso

 

Una dunque ridotta perfusione cardiaca si accompagna ad un maggiore consumo di ossigeno del cuore dovuto a:

  • aumento della massa muscolare
  • aumento della tensione parietale
  • aumento della frequenza cardiaca
  • aumento della contrattilità

L’ipertrofia cardiaca dunque viene a costituire un meccanismo di adattamento fisiologico al limite con una situazione potenzialmente patologica.

La formazione di nuovi sarcomeri o l’aumento delle dimensioni dei miociti rientrano nell’adattamento fisiologico.

 

Il ridotto apporto capillari-miociti, l’aumento del tessuto fibroso e le sintesi proteiche alterate sono meccanismi potenzialmente dannosi.

 

L’ipertrofia protratta dunque può evolvere nello scompenso cardiaco, perché vi sono una serie di alterazioni che inizialmente mediano l’aumento della funzione, ma che possono col tempo contribuire allo scompenso.

 

Si possono verificare indipendentemente uno scompenso destro ed uno sinistro anche se generalmente, poiché il sistema cardiovascolare è un circuito chiuso, l’insufficienza di una sezione (in particolare sx) comporta eccessivo carico sull’altra e conseguente scompenso cardiaco globale.

Scompenso cardiaco sinistro

 

Cause

  • Cardiopatia ischemica
  • Ipertensione
  • Valvulopatie aortiche e mitraliche
  • Miocardiopatie non ischemiche

Effetti

Derivano principalmente da:

  • progressivo ristagno di sangue nel circolo polmonare ( il cuore sx non è più in grado di raccogliere sangue dal circolo polmonare)
  • riduzione del flusso e della pressione sanguigna sistemica in periferia.

Polmone

    • patogenesi:
      • progressivo aumento della pressione nelle vene polmonari
      • trasmissione dell’aumento pressorio per via retrograda a capillari ed arterie
      • congestione polmonare ed edema

 

    • sintomatologia:
      • dispnea: esagerazione del noramle affanno dopo lo sforzo. È il primo sintomo a comparire
      • ortopnea: dispnea che insorge quando ci si sdraia e trova giovamento da sdraiati o da seduti. Insorge quando vi è peggioramento ulteriore.
      • dispnea parossistica notturna: estensione dell’ortopnea che consiste in attacchi di dispnea notturna che arrivano quasi al soffocamento.

La tosse è frequente sintomo

 

Reni Patogenesi:

riduzione della gittata cardiaca riduzione della perfusione renale

attivazione sistema renina-angiotensina-aldosterone ritenzione di sale ed acqua

espansione del volume ematico peggioramento dell’edema polmonare

Questa reazione è controbilanciata dal rilascio di ANP

 

Cervello

Solo nello scompenso molto avanzato l’ipossia cerebrale può causare encefalopatia ipossica

Scompenso cardiaco destro

 

Cause

Generalmente secondario ad uno scompenso cardiaco sinistro per aumento del carico sulle sezioni destre del cuore ad esso conseguente.

Primitivo tipicamente nel caso di ipertensione polmonare cronica per sovraccarico della pressione sul cuore destro dovuto ad aumento delle resistenze polmonari.

Effetti

Generalmente vi è una congestione polmonare minima, mentre la congestione è marcata a livello di altri tessuti.

Fegato

  • Aumento edematoso di dimensioni e peso® eptomegalia congestizia
  • Necrosi delle regioni più distanti dalla vena centrolobulare che appaiono giallastre.
  • Nei casi più gravi necrosi centrolobulare

Sistema Portale

Vi è elevata pressione nella vena porta e nei suoi rami tributari che comporta:

  • aumento edematoso di dimensioni e peso della milza®splenomegalia cronica
  • edema cronico della parete intestinale, che può influenzare l’assorbimento di nutrienti
  • accumulo di trasudato nella cavità peritoneale

 

Reni

La congestione dei reni è marcata

 

Cervello

Vedi scompenso cardiaco sx

 

Spazi pleurici e pericardici

Si può avere accumulo di liquido nello spazio pleurico ( in maggiore misura in quello destro) e nello spazio pericardico (effusioni).

 

Tessuti sottocutanei

Tipici è edema delle porzioni declivi del corpo, soprattutto delle caviglie e degli spazi pre-tibiali.

Si può avere poi edema massivo e generalizzato del tessuto sottocutaneo (anasarca).


 

Fonte: http://www.appuntimedicina.it/tp-downloads/Anatomia_Patologica_il_matt.pdf

Sito web da visitare: http://www.appuntimedicina.it/

Autore del testo: G. Mazzanti e C.A. Mazzoli

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