Anatomia della fascia dispensa

Anatomia della fascia dispensa

 

 

 

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Anatomia della fascia dispensa

PRINCIPALI  SISTEMI FASCIALI:

 FASCIA SUPERFICIALIS

 APONEUROSI  SUPERFICIALE

 APONEUROSI INTERNE

 CATENA FASCIALE INTRATORACICA E INTRADDOMINALE

 MEMBRANE MENINGEE


PRINCIPALI  SISTEMI FASCIALI:

 FASCIA SUPERFICIALIS

 APONEUROSI  SUPERFICIALE

 APONEUROSI INTERNE

 CATENA FASCIALE INTRATORACICA E INTRADDOMINALE

 MEMBRANE MENINGEE


L’ingresso di questo canale è detto anello inguinale profondo e si trova 15 mm sopra al punto medio del legamento inguinale; corrisponde al punto in cui il peritoneo e la fascia trasversalis si invaginano per accompagnare la discesa del testicolo nello scroto e si presenta come una fessura verticale alta 10-15 mm con un margine laterale piatto ed un margine mediale rilevato costituito dal legamento interfoveolare, un inspessimento dell’ap. del trasverso dell’addome: tra questo e la falce inguinale si trova la fossetta inguinale mediale, punto debole della parete posteriore del canale.

L’uscita del canale inguinale è detta anello inguinale superficiale, si trova supero-lateralmente al tubercolo pubico ed è formato dall’aponeurosi dell’obliquo esterno; le fibre di questa aponeurosi costituiscono i due pilastri dell’anello: quello mediale si inserisce sulla faccia anteriore della sinfisi pubica dove attraversa la linea mediana per raggiungere le fibre del pilastro mediale controlaterale; il pilastro laterale è costituito da fibre dell’ap. dell’obliquo esterno che vanno dalla SIAS al tubercolo pubico.


I due pilastri sono uniti inferiormente da fibre provenienti dall’ap. dell’obliquo esterno controlaterale che formano il legamento inguinale riflesso che si inserisce inferiormente sulla faccia superiore della sinfisi pubica e, con il suo margine superiore concavo, sostiene il funicolo spermatico.

Il contenuto del canale inguinale varia in base al sesso: nell’uomo questo canale contiene molte più strutture perché contiene il cordone o funicolo spermatico che costituisce il peduncolo vascolonervoso del testicolo, mentre nella donna il canale inguinale contiene il legamento rotondo dell’utero che è il residuo embrionale del gubernaculum cioè la struttura che regola la discesa delle gonadi per poi dare origine al dotto deferente nel maschio e degenerare in legamento rotondo nella femmina.

Nell’uomo    quindi    il    contenuto    del    canale    inguinale è

rappresentato dal cordone spermatico che contiene:

 CANALE DEFERENTE che collega il testicolo al dotto eiaculatorio in posizione eccentrica all’indietro accompagnato da arteria, vena e plesso nervoso deferenziale;

  ARTERIA  TESTICOLARE;

 VENE  TESTICOLARI  che  formano  il  plesso  pampiniforme;

 ARTERIA SPERMATICA ESTERNA ramo dell’espigastrica inferiore che irrora gli involucri del   funicolo;

 VASI LINFATICI che drenano il testicolo confluendo nei linfonodi pre e para   aortici;

  LEGAMENTO  VAGINALE  residuo  embrionale  del  condotto     peritoneo-vaginale;


  MUSCOLO CREMASTERE;

 RAMI GENITALI DEI NERVI ILEOIPOGASTRICO, ILEOINGUINALE, GENITOFEMORALE.

Tutte queste strutture    sono    avvolte dall’esterno    verso l’interno da:

 FASCIA CREMASTERICA che deriva dall’ap. dell’obliquo esterno;

 MUSCOLO CREMASTERE che  deriva  dalle  fibre  di  obliquo  interno  e  trasverso   dell’addome;

 TONACA VAGINALE COMUNE che deriva dalla fascia trasversalis.

Il contenuto del canale inguinale nella donna è  più   esiguo:

 LEGAMENTO ROTONDO DELL’UTERO che si perde nel tessuto sottocutaneo delle grandi labbra, accompagnato dalla sua arteria e dalla sua   vena;

   MUSCOLO  CREMASTERE  rudimentale;

 RAMI GEITALI DEI NERVI ILEOIPOGASTRICO, ILEOINGUINALE   E   GENITOFEMORALE.

Il   tutto    è   avvolto    in   una    guaina   proveniente   dalla fascia trasversalis.


APONEUROSI DEL DORSO E ADDOMINALI   POST.

Questo distretto anatomico è costituito principalmente da strutture muscolari disposte su vari strati per cui l’aponeurosi superficiale in questa zona rivestirà tutti i muscoli presenti creando diverse logge muscolari.

Superiormente troviamo il muscolo trapezio la cui aponeurosi fa parte della fascia superficialis e si connette distalmente con l’aponeurosi toracolombare di pertinenza dell’aponeurosi superficiale; profondamente al trapezio troviamo l’elevatore della scapola e i due romboidi le cui aponeurosi (ap. Superficiale) si connettono con quelle dei muscoli della cuffia dei rotatori in modo da articolarsi con le aponeurosi della spalla e dell’arto superiore e con quella del gran dentato per comunicare con la parete anteriore del torace.

Andando in profondità troviamo le aponeurosi dei due dentati, poi quelle dei muscoli più profondi delle docce paravertebrali. Nella parte  inferiore  del dorso troviamo  la fascia toracolombare che si sdoppia varie  volte  per  accogliere  il  gran       dorsale, creare le logge    dei  muscoli profondi della colonna e per avvolgere il quadrato dei   lombi.

La fascia toracolombare si sdoppia in tre foglietti: quello anteriore riveste la faccia anteriore del quadrato dei lombi  per poi connettersi con il foglietto medio che riveste la faccia posteriore del quadrato die lombi e si inserisce sulla dodicesima costa, sul labbro interno della cresta iliaca, sulle trasverse delle prime quattro vertebre lombari, mentre lateralmente si unisce al foglietto anteriore e posteriore che poi si continuano con le aponeurosi dei muscoli obliqui e del trasverso dell’addome.


Il foglietto posteriore della fascia toracolombare fa seguito al legamento nucale e all’aponeurosi del dentato postero- superiore portandosi in basso per inguainare il dentato postero-inferiore, i muscoli profondi della colonna (erettore e trasverso spinali) ed il gran dorsale; esso si inserisce sulle spinose e sui legamenti sovraspinosi delle vertebre toraciche e lombari, sulla cresta sacrale media, sul terzo posteriore del labbro esterno della cresta iliaca e lateralmente si fissa agli angoli costali e si continua con gli altri due foglietti.

Osservando le strutture di cui abbiamo parlato in una sezione trasversale notiamo che la fascia toracolombare dà origine a tre logge muscolari:

 SUPERFICIALE     per    trapezio, gran    dorsale e dentato anteriore;

 MEDIA per l’erettore della colonna (spinale, lunghissimo    e  ileocostale);

 PROFONDA per i trasverso-spinali (rotatori, multifido e semispinale).

Inferiormente la fascia toracolombare si inspessisce per formare i legamenti ileo-lombari e sacro-ischiatici e si continua nelle aponeurosi dei glutei, mentre anteriormente è in continuità con le aponeurosi dei muscoli addominali e ventralmente è a contatto con la fascia  iliaca.

Nella parete posteriore dell’addome esistono dei punti deboli attraverso cui i visceri potrebbero erniare; si tratta di piccole aperture tra alcuni muscoli posteriori dell’addome: il quadrilatero del Grynfeltt e quello di Petit.

Il    quadrilatero    lombocostoaddominale    del    Grynfeltt è

delimitato  medialmente  dall’erettore  della  colonna,   infero-


lateralmente dalle fibre più mediali dell’obliquo interno e superiormente dal dentato postero-inferiore e dalla dodicesima costa; il triangolo di Petit è  delimitato inferiormente dalla cresta iliaca, lateralmente dalle fibre più mediali dell’obliquo esterno e medialmente dal margine laterale del gran dorsale.

Più in profondità la parete posteriore dell’addome è costituita dalla fascia di rivestimento del quadrato dei lombi e dalla fascia iliaca che accoglie il muscolo  ileopsoas.

La fascia del quadrato dei lombi è costituita dai foglietti anteriore e medio della fascia toracolombare: si pone in continuità lateralmente con le aponeurosi degli obliqui e del trasverso dell’addome, medialmente si inserisce sulla faccia anteriore delle trasverse delle prime quattro vertebre lombari, inferiormente si fissa al labbro interno della cresta iliaca ponendosi in continuità con la fascia iliaca e superiormente si inserisce sulla dodicesima costa creando un inspessimento che va dalla trasversa di L2 a K12: il legamento arcuato laterale che crea una continuità con il diaframma.

Ventralmente alla fascia del quadrato dei lombi si trova il tessuto adiposo pararenale, poi troviamo la fascia trasversalis (ap. Interne) che crea la loggia renale e medialmente si continua con la fascia dello psoas.

La fascia iliaca, come succedeva per la fascia cervicale profonda, può essere considerata una struttura “di confine” tra aponeurosi superficiale ed aponeurosi interne perché avvolge una struttura muscolare ma è intracavitaria e  si  fonde lateralmente con la fascia trasversalis che appartiene al sistema delle aponeurosi interne; essa inguaina il  muscolo


ileopsoas e diventa più spessa man mano che scende nella fossa iliaca.

La fascia iliaca si inserisce medialmente sulle vertebre lombari formando una seria di arcate tra una vertebra  e  l’altra per dare passaggio a vasi e nervi lombari, sulla base del sacro e sullo stretto superiore del bacino dove crea una bandelletta che mantiene i vasi iliaci esterni sul bordo interno dello psoas; lateralmente si inserisce sull’ap. del quadrato dei lombi lungo il bordo esterno dello psoas, sui legamenti ileolombari e sul labbro interno della cresta iliaca.

Superiormente si inspessisce per formare il legamento arcuato mediale che dà inserzione al diaframma ponendo queste due strutture in continuità; inferiormente la  fascia iliaca aderisce al legamento inguinale e dà origine all’arco o bandelletta ileopettinea che separa la lacuna dei muscoli da quella dei vasi, per poi proseguire fino al piccolo trocantere.

A livello della fossa iliaca questa fascia divide lo spazio tra peritoneo parietale e muscolo iliaco in due logge contenenti tessuto adiposo: la loggia soprafasciale (o sottoperitoneale) che termina in corrispondenza del legamento inguinale e la loggia sottofasciale che prosegue fino al piccolo trocantere; uno sdoppiamento posteriore della fascia iliaca contiene e sostiene il plesso lombare.


APONEUROSI  DEI GLUTEI

In questa zona l’aponeurosi superficiale crea la fascia glutea che avvolge questi muscoli ponendosi in continuità con la fascia toracolombare e con la fascia  lata.

Questa fascia si divide in tre foglietti: superficiale, medio e profondo; il foglietto profondo origina anteriormente dai due foglietti della fascia lata che avvolgono il  tensore  della fascia lata e superiormente dal labbro esterno della cresta iliaca per poi ricoprire la faccia esterna del piccolo gluteo, avvolgere il medio gluteo, il piramidale, i gemelli ed il quadrato del femore; questo foglietto si interrompe sopra al piriforme per il passaggio dei vasi e nervi glutei superiori e sotto al piriforme per il passaggio dei vasi e del nervo sciatico.

Il foglietto intermedio della fascia glutea riveste la faccia profonda del grande gluteo fino al suo margine inferiore dove si riflette nel foglietto superficiale della fascia glutea che riveste la faccia superficiale del grande gluteo per  poi inserirsi sulla cresta sacrale, coccige e legamento sacrotuberoso ponendosi così in continuità con la fascia toracolombare.


APONEUROSI  DEL PERINEO

Nel perineo l’aponeurosi superficiale avvolge e sostiene i tre piani muscolari del pavimento pelvico quindi si divide in aponeurosi perineale superficiale, media e profonda.

APONEUROSI PERINEALE SUPERFICIALE

Detta anche fascia di Colles, si trova solo nel trigono anteriore del perineo; si inserisce lateralmente sulle branche ischiopubiche, anteriormente continua con la guaina fibrosa del pene nell’uomo e con la fascia del clitoride nella donna, posteriormente si estende tra le due tuberosità ischiatiche segnando il confine tra trigono anteriore e posteriore.

Il bordo posteriore di questa aponeurosi riveste il margine posteriore del muscolo trasverso superficiale del perineo e si riflette in avanti per fondersi con l’aponeurosi perineale media; la faccia profonda dell’ap. perineale superficiale emette delle espansioni che rivestono anche i muscoli ischiocavernoso e bulbocavernoso per poi fissarsi all’ap. perineale media; questa fascia, come tutte le fasce del perineo, invia espansioni al nucleo fibroso del perineo.


APONEUROSI PERINEALE MEDIA

Anch’essa ha una forma triangolare ed occupa solo il trigono anteriore del perineo; è chiamata diaframma urogenitale dagli anatomisti tedeschi e presenta un foglietto superficiale e uno profondo.

Il foglietto superficiale dell’aponeurosi perineale media, chiamato anche fascia di Gallaudet si inserisce lateralemtne sulle brache ischiopubiche, il suo bordo posteriore si riflette inferiormente collegandosi all’aponeurosi perineale superficiale e superiormente collegandosi al foglietto profondo dell’aponeurosi perineale media dopo aver rivestito il bordo posteriore del muscolo trasverso profondo del perineo.

Procedendo verso l’avanti il foglietto superficiale dell’ap. perineale media riveste la faccia inferiore  dello sfintere striato dell’uretra sulla linea mediana e dei vasi e nervi del pene o del clitoride che decorrono lungo i margini laterali del trigono anteriore; ancora più anteriormente i due foglietti di questa aponeurosi si fondono per formare sotto alla sinfisi pubica il legamento trasverso del perineo (o preuretrale), separato dal legamento arcuato del pube da una fessura attraversata dalla vena dorsale del pene o del clitoride.

Il foglietto profondo dell’aponeurosi perineale media deriva dal bordo di riflessione posteriore del foglietto superficiale, ricopre la faccia profonda del muscolo trasverso profondo  del perineo e dello sfintere striato dell’uretra, anteriormente si fonde con il foglietto superficiale e lateralmente si inserisce alla branche ischiopubiche inviando un’espansione alla fascia


dell’otturatore interno; anche questa aponeurosi invia con i suoi due foglietti espansioni al nucleo fibroso del perineo.

L’aponeurosi dell’otturatore interno si sdoppia nella parte profonda per formare un condotto fibroso che dà  passaggio ai vasi ed al nervo pudendo interni: il canale di Alcook; esso origina sotto la spina ischiatica e decorre verso l’avanti fino   al pube; l’aponeurosi dell’otturatore interno posteriormente si continua con il legamento sacro-tuberoso ponendosi in continuità con la fascia toracolombare e glutea, mentre si pone in continuità con l’ap. dell’otturatore esterno attraverso la membrana otturatoria.

Il canale di Alcook decorre all’interno della fossa ischiorettale, uno spazio a sezione frontale triangolare con base inferiore contenente tessuto adiposo; essa è delimitata inferiormente dalla pelle, supero-medialmente dalla faccia superficiale dell’aponeurosi perineale profonda che crea il rivestimento superficiale dell’elevatore dell’ano e lateralmente dalla fascia otturatoria; in avanti questo spazio si restringe formando un recesso anteriore che termina in corrispondenza del pube e posteriormente la fossa ischiorettale si continua con lo spazio compreso tra elevatore dell’ano e grande gluteo.

Nella sua parte posteriore l’aponeurosi perineale media emette una lamina ascendente che si dispone  davanti  al retto e dietro alla vescica ed alla prostata nell’uomo ed alla vagina nella donna: questa è l’aponeurosi di Denonvilliers che si aggancia al cavo di Douglas connettendosi così con il peritoneo (approfondimenti in seguito).

APONEUROSI PERINEALE PROFONDA

Essa è molto più estesa delle precedenti infatti occupa entrambi i trigoni pelvici e nella sua parte profonda supera i limiti della zona perineale risalendo lungo le pareti laterali del bacino e raggiungendo alcune zone del distretto superiore; crea le aponeurosi degli elevatori dell’ano, ischiococcigei, otturatori e piramidali assumendo la configurazione di un imbuto.

La sua faccia esterna si inserisce anteriormente sulla faccia posteriore della sinfisi pubica e della branca ileopubica ponendosi in continuità con la fascia trasversalis; lateralmente sulla fascia dell’otturatore interno creando l’arco tendineo dell’elevatore dell’ano che scende dal contorno antero-superiore del forame otturatorio a quello postero- inferiore.

Posteriormente essa risale per inserirsi alla linea innominata fondendosi con la fascia iliaca, per poi scendere verso la grande incisura ischiatica seguendo il bordo superiore del piriforme e inserirsi nei fori sacrali fondendosi con l’aponeurosi  Presacrale.

La sua faccia inferiore crea il rivestimento superficiale dei muscoli profondi del perineo, mentre la faccia superiore dell’aponeurosi perineale profonda viene a contatto con i visceri pelvici ma resta separata dal peritoneo soprastante  da uno spazio chiamato pelvico-viscerale contenente uretra, dotti deferenti (nell’uomo) e vasi e nervi dei visceri pelvici.

L’aponeurosi perineale profonda è perforata sulla linea mediana in senso postero-anteriore da retto, vagina nella donna ed uretra sostenendo queste strutture; essa si  articola


profondamente con le fasce viscerali, contribuisce a creale il nucleo fibroso del perineo e, attraverso la fascia del piramidale, costituisce il sostegno del plesso sacrale.

Una struttura fasciale perineale importante è il nucleo fibroso (o centro tendineo) del perineo: si trova tra l’ano e la radice dello scroto nell’uomo oppure la radice delle grandi labbra nella donna; rappresenta il punto più basso del perineo ed è formato da tutte le fasce perineali e da tutti i  muscoli perineali eccetto gli ischiocavernosi ed ischiococcigei.


APONEUROSI DEGLI ARTI INFERIORI

Come succedeva negli arti superiori anche in quelli inferiori l’aponeurosi superficiale avvolge tutti i muscoli, crea setti e  logge muscolari e guaine per i fasci vascolonervosi; anche nell’arto inferiore quindi la fascia più profonda che possiamo trovare  sono  le ossa.

APONEUROSI  DELLA COSCIA

L’aponeurosi superficiale nella coscia dà origine  all’aponeurosi femorale o fascia lata che lateralmente  si pone in continuità con la fascia glutea, inferiormente con la fascia crurale (della gamba) e superiormente con le fasce  dei muscoli addominali, trasversalis ed iliaca.

Superiormente l’aponeurosi femorale si inserisce sulla SIAS tramite l’inserzione prossimale del tensore della fascia lata, sul legamento inguinale, pube e branca ischiopubica; inferiormente si inserisce sulla rotula, sugli epicondili femorali, sulla tuberosità tibiale e sulla testa del perone per poi diventare fascia crurale.

Nella parte superiore della coscia la fascia lata ricopre il triangolo femorale di Scarpa prendendo (in questa sede) il nome di fascia cribrosa perché attraversata da numerosi vasi di cui il più importante è  la vena grande safena che compie un arco attraversando lo iato safeno per sboccare nella vena femorale; questo iato si trova circa 4 cm infero-lateralmente al tubercolo pubico, ed è costituito da fibre della fascia cribrosa  che  gli  conferiscono  un  margine   supero-mediale


liscio ed un margine infero-laterale rilevato detto margine (o legamento) falciforme.

Il triangolo femorale è delimitato superiormente dal legamento inguinale, infero-lateralmente dal sartorio ed infero-medialmente dall’adduttore lungo; superficialmente alla fascia cribrosa che lo riveste troviamo molti linfonodi inguinali superficiali da cui originano molti vasi linfatici che attraversano questa fascia per sboccare nei linfonodi  inguinali profondi posti al di sotto di essa insieme ai vasi femorali in uno spazio piramidale con base corrispondente alla lacuna dei vasi e apice al canale dei vasi femorali; il pavimento di questo spazio è formato lat. dall’ileopsoas e  med. dal pettineo.

La fascia cribrosa essendo molto lassa permette di effettuare movimenti come l’abduzione o la rotazione esterna senza creare una tensione eccessiva sulla fascia ed  evitando quindi lo strozzamento delle strutture vascolonervose che la attraversano; la sua faccia  superficiale si sdoppia per avvolgere il tensore della fascia lata ed il sartorio.

Lateralmente la fascia lata presenta un robusto inspessimento detto tratto ileotibiale sul quale prendono inserzione il tensore della fascia lata ed il grande gluteo; esso prosegue verso il basso fino al tubercolo del Gerdy.

Dalla faccia profonda della fascia femorale si distaccano dei prolungamenti che circondano tutti i muscoli della coscia ed i due setti intermuscolari (mediale e laterale) che creano una loggia muscolare anteriore e una posteriore.


Il setto intermuscolare mediale si inserisce sul piccolo trocantere e sul labbro mediale della linea aspra fino al condilo mediale del femore; la sua faccia anteriore è a contatto con il vasto mediale e quella posteriore con gli adduttori; ad esso si associa un setto più sottile che contiene gli adduttori ed il gracile, separandoli dagli IPT; il setto mediale inoltre contribuisce a formare l’anello del grande adduttore che dà passaggio all’arteria femorale che si continua nell’arteria poplitea.

Il setto intermuscolare laterale deriva dal tratto ileotibiale, si inserisce sul grande trocantere e sul labbro esterno della linea aspra fine al condilo laterale del femore; esso separa il vasto laterale dal bicipite femorale.

Nella coscia si vengono così a creare una loggia muscolare anteriore per il quadricipite, una loggia posteriore per gli ischio-peroneo-tibiali e per il nervo sciatico, ed una piccola loggia postero-mediale per gli adduttori ed il gracile contenente anche la guaina dei vasi femorali.

La guaina dei vasi femorali, costituita dalla fascia femorale,   si estende dalla lacuna dei vasi (anello crurale) all’anello del grande adduttore e prende il nome di canale femorale; esso, in sezione, ha la forma di un prisma triangolare torto sul suo asse di modo che sua faccia anteriore diventi antero-interna in basso; questa configurazione serve per evitare qualsiasi compressione o stiramento a carico delle strutture che lo attraversano durante i movimenti, soprattutto di RE-ABD.

APONEUROSI DELLA GAMBA

L’aponeurosi principale della gamba è detta fascia crurale e fa seguito alla fascia femorale; posteriormente riveste la fossa poplitea prendendo il nome di fascia poplitea e distalmente si continua con le aponeurosi del piede.

L’aponeurosi crurale si inserisce sulla rotula, sulla tuberosità tibiale e sulla testa del perone; posteriormente riveste la  fossa poplitea, regione delimitata supero-lateralemente dal bicipite femorale, supero-medialmente da semitendinoso e semimembranoso ed inferiormente dai capi mediali e laterali del gastrocnemio; essa contiene tessuto adiposo, linfonodi, vasi poplitei e la suddivisione del nervo sciatico nei suoi rami terminali tibiale e peroniero comune; il pavimento si questa zona è formato dalla faccia post. della capsula articolare del ginocchio e dal muscolo popliteo.

Antero-medialmente la fascia crurale aderisce fortemente al periosteo della tibia e dalla sua faccia profonda si distaccano diverse lamine che costituiscono le guaine dei muscoli della gamba e due setti intermuscolari uno anteriore e uno esterno.

Il setto intermuscolare esterno si inserisce al marine laterale del perone separando il peronieri dai muscoli posteriori della gamba; il setto anteriore invece si inserisce al margine anteriore del perone separando i peronieri dai muscoli anteriori della gamba come il tibiale anteriore e gli estensori dell’alluce e delle dita; la membrana interossea contribuisce a separare i muscoli anteriori da quelli posteriori come il tibiale posteriore ed i flessori dell’alluce e delle dita.

In questo modo si vengono a creare tre logge muscolari: quella anteriore per tibiale anteriore, estensori, vasi tibiali anteriori e nervo peroniero profondo; la loggia laterale per i peronieri ed il nervo peroniero superficiale; la loggia posteriore composta da una parte profonda per il tibiale posteriore, i flessori, i vasi tibiali posteriori con il nervo tibiale ed i vasi peroneali, mentre la parte più superficiale accoglie il tricipite surale.

Distalmente la fascia crurale si inspessisce per formare i retinacoli degli estensori anteroirmente, dei peronieri, lateralmente e dei flessori medialmente; i retinacoli degli estensori si distinguono in superiore e inferiore: il primo si inserisce al margine anteriore  della  tibia  ed  al  margine laterale del perone, il secondo dalla faccia  laterale  del calcagno si sdoppia in due fasci che vanno uno al malleolo tibiale e l’altro a scafoide e primo  cuneiforme.

Anche il retinacolo dei peronieri è distinto in superiore ed inferiore, entrambi tesi dal malleolo peroneale alla faccia laterale del calcagno, mentre il retinacolo dei flessori si inserisce sul malleolo tibiale e sulla faccia mediale del calcagno; tutti i retinacoli si continuano con le aponeurosi del piede.


APONEUROSI DEL PIEDE

Fanno seguito alla fascia crurale e, come succedeva nella  mano, si distinguono in dorsali e   plantari.

Le aponeurosi dorsali del piede si distinguono in superficiale e profonda: la superficiale fa seguito al retinacolo inferiore degli estensori, riveste i tendini degli estensori e si fissa lateralmente e medialmente alle ossa del piede; la fascia dorsale profonda riveste gli interossei dorsali e le ossa del piede; le due aponeurosi lateralmente e medialmente si pongono in continuità con le aponeurosi plantari.

Le aponeurosi plantari  si  distinguono  anch’esse  in  superficiale e profonda: la prima è separata dalla pelle da un abbondante strato di tessuto adiposo ed è divisa in tre parti media,  laterale  e mediale.

L’aponeurosi plantare superficiale media è una lamina molto resistente che contribuisce al mantenimento della volta plantare; ha forma triangolare con apice posteriore corrispondente alla sua inserzione sulla tuberosità del calcagno, mentre anteriormente termina sulle articolazioni metatarso-falangee; è composta da fibre longitudinali e trasversali che distalmente formano il legamento trasverso superficiale; lateralmente e medialmente essa si confonde con le ap. laterale e mediale.

L’aponeurosi plantare superficiale mediale è più sottile e si estende dal processo mediale della tuberosità  calcaneare fino alla radice dell’alluce, confondendosi medialmente con le aponeurosi dorsali e lateralmente con quella plantare media; l’aponeurosi plantare superficiale laterale si fissa sul processo  laterale  della  tuberosità  calcaneare  ed  alla base


del   quinto   metatarso,    confondendosi   lateralmente con le aponeurosi dorsali e medialmente con quella plantare media. Dalla faccia profonda dell’aponeurosi plantare superficiale si distaccano i due setti plantari: quello laterale si inserisce al quinto metatarso, quello mediale al primo metatarso, al primo cuneiforme   ed allo   scafoide; si    creano    così    tre   logge muscolari:   quella mediale   accoglie    i   muscoli   abduttore   e flessore breve dell’alluce, i vasi ed il nervo plantare mediali;  la   loggia   intermedia   contiene   i   flessori   delle   dita   breve  e lungo, il flessore lungo dell’alluce, il quadrato della pianta, i lombricali,    i   vasi   ed   il   nervo   plantare  laterali; la  loggia laterale contiene l’abduttore ed il flessore breve del mignolo.

L’aponeurosi plantare profonda nasce posteriormente dagli elementi fibrosi del tarso e si confonde in avanti con il legamento trasverso profondo; essa ricopre i muscoli interossei e le ossa del piede.

APONEUROSI INTERNE

 

Questo sistema fasciale è costituito dalle fasce di rivestimento della faccia interna della cavità toracica, addominale ed in parte del piccolo bacino; le aponeurosi interne sono strutture più profonde rispetto all’aponeurosi superficiale ma più superficiali rispetto alle fasce viscerali, infatti separano e mettono in comunicazione le strutture osteomuscolari e le fasce viscerali.

Fanno parte del sistema delle aponeurosi interne:

   FASCIA ENDOTORACICA;

  FASCIA TRASVERSALIS;

  APONEUROSI ANNESSE DEL  PERINEO.

 

FASCIA ENDOTORACICA

Riveste la faccia interna della cavità toracica profondamente a tutti i muscoli della parete toracica ed alle coste alle quali    è unita da ancoraggi fibrosi e superficialmente rispetto alla pleura parietale a cui aderisce intimamente.

Posteriormente questa fascia è più spessa ed aderisce alla colonna; superiormente ricopre la cupola pleurica, aderisce al periosteo della prima costa ed alla guaina dell’arteria succlavia collegandosi all’aponeurosi cervicale media, inoltre in questa zona si inspessisce molto formando insieme alla pleura parietale il diaframma cervico-toracico di Bourgerey  su cui si inseriscono i legamenti sospensori della cupola pleurica.


Inferiormente ricopre la faccia superiore del diaframma aderendo strettamente alla sua aponeurosi propria  che mette in comunicazione la fascia endotoracia con la fascia trasversalis la quale è unita strettamente alla faccia inferiore dell’aponeurosi diaframmatica; nella zona del mediastino la fascia endotoracica si presenta spessa e molle e costituisce il tessuto connettivo lasso che collega e sostiene tutte le strutture presenti nel mediastino.

FASCIA TRASVERSALIS

Rivesta la faccia interna della cavità addominale profondamente ai muscoli della parete addominale e superficialmente al peritoneo parietale al quale è fortemente adesa.

Superiormente essa si fissa fortemente alla faccia inferiore dell’aponeurosi di rivestimento del diaframma articolandosi così con la fascia endotoracica; anteriormente contribuisce alla formazione della guaina dei retti dell’addome, della linea alba e nella parte inferiore partecipa alla costituzione del legamento inguinale; tra questo e la branca ileopubica la fascia trasversalis chiude la comunicazione tra cavità addominale e lacuna dei vasi formando il setto femorale.

Subito sopra al legamento inguinale la fascia trasversalis delimita l’anello inguinale profondo formando il legamento interfoveolare che ne costituisce il margine mediale, poi entra nel canale inguinale costituendo la tonaca vaginale comune; in corrispondenza dell’ombelico la fascia trasversalis si connette alla fascia prevescicale, poi inspessisce e prende il nome di fascia ombelicale che si fissa sulla sinfisi pubica;


inferiormente la fascia trasversalis riposa sugli organi del piccolo bacino confusa con il peritoneo parietale e fondendosi con l’avventizia dei vasi iliaci esterni.

Posteriormente, in corrispondenza del margine laterale del rene, la fascia trasversalis si sdoppia per formare la fascia renale che costituisce la loggia renale: essa è  formata da due foglietti, la fascia prerenale e retrorenale.

La fascia prerenale riveste la faccia anteriore del rene, del peduncolo renale, della colonna e dei grandi vasi continuandosi con la fascia prerenale controlaterale; lateralmente e superiormente essa si fonde con il foglietto retrorenale per proseguire come fascia  trasversalis  (lat)  e per inserirsi al diaframma (sup); inferiormente i due foglietti non sono in continuità quindi la loggia renale resta aperta in basso (ptosi) ed il foglietto anteriore di perde nel connettivo sottoperitoneale.

Ventralmente alla fascia prerenale troviamo in corrispondenza del colon una spessa lamina connettivale detta fascia di Toldt che fissa la faccia posteriore del colon ascendente e discendente alla parete addominale posteriore; medialmente troviamo la fascia di Treitz che fissa la faccia posteriore di duodeno e pancreas alla parete addominale posteriore in corrispondenza della colonna e dei grandi vasi; ancora più ventralmente il peritoneo parietale posteriore ricopre queste stutture.

La fascia retrorenale, più spessa, decorre dietro al rene aderendo alla fascia del quadrato dei lombi e dello psoas  (alcuni autori dicono che si fonde  con  la  fascia  iliaca,  altri  che la riveste ventralmente, in ogni caso le due strutture sono


intimamente legate); medialmente si inserisce sui corpi vertebrali lombari e sui dischi, superiormente e lateralmente si fonde con la fascia prerenale e inferiormente  si  perde nella fascia iliaca.

Dorsalmente  alla  fascia  retrorenale  si  trova  il  tessuto adiposa pararenale interposto tra loggia renale e fascia del quadrato dei lombi; questo tessuto adiposo contribuisce a formare la capsula adiposa del rene (principale  mezzo  di  fissità) insieme al tessuto adiposo perirenale che si trova all’interno della loggia renale; il rene inoltre è dotato di una capsula fibrosa che riveste  il  parenchima  renale  dando  origine a prolungamenti che vi si   addentrano.

Quindi in ultima analisi la fascia trasversalis si articola: superiormente con la fascia endotoracica tramite la fascia  del diaframma, posteriormente con la fascia iliaca a livello della fascia renale, anteriormente con le aponeurosi dei muscoli addominali, a livello del legamento inguinale con la fascia iliaca, dei muscoli dell’addome e con quella femorale, in corrispondenza dell’ombelico con la fascia prevescicale, inferiormente con le aponeurosi del piccolo bacino, ponendo tutte queste strutture in continuità con il peritoneo parietale al quale è fortemente adesa.


APONEUROSI ANNESSE DEL PERINEO

Si tratta di una serie di fasce che sostengono, rivestono e collegano gli organi del piccolo bacino; alcuni autori le classificano come appartenenti all’aponeurosi perineale profonda, altri come vere e proprie fasce viscerali, altri ancora nominano queste strutture come “fascia endopelvica sottoperitoneale”.

In ogni caso stiamo parlando di strutture che sono effettivamente addensamenti del tessuto connettivo sottoperitoneale formati da collagene, fibre elastiche ed in alcuni punti da fibre muscolari lisce; queste aponeurosi si trovano al si sotto del peritoneo e più in profondità rispetto all’aponeurosi perineale profonda da cui in alcuni punti prendono origine; esse formano l’impalcatura di sostegno dei visceri pelvici ancorandoli saldamente alle pareti ossee e danno passaggio a tutti i vasi e nervi diretti ai visceri pelvici.

 

Fanno parte delle aponeurosi annesse del perineo le fasce:

  PREVESCICALE

  VESCICO-VAGINALE

  RETTO-VAGINALE

  PRESACRALE

  LAMINE  SACRO-RETTO-GENITO-PUBICHE

 

FASCIA PREVESCICALE

E’ una lamina fibrosa interposta tra la parete addominale anteriore e la faccia anteriore della vescica; corrisponde alla tenda vascolare delle arterie ombelico-vescicali (che nell’adulto si obliterano) e medialmente aderisce all’uraco.


La fascia prevescicale ha forma triangolare con apice corrispondente all’ombelico e base al pavimento pelvico, inoltre si presenta fortemente concava all’indietro per abbracciare la vescica; essa si inserisce in alto all’ombelico, aderendo alla faccia anteriore dell’uraco si porta in basso  fino all’apice della vescica per abbracciarne la faccia anteriore e le due facce laterali e poi proseguire in basso  fino al pavimento pelvico terminando in corrispondenza del muscolo trasverso profondo del perineo (ap. perineale media).

Durante questo tragitto la sua faccia anteriore si fonde con i legamenti pubovescicali e lateralmente, dopo aver inguainato i legamenti ombelicali laterali (residuo delle arterie ombelicali) che delimitano i confini laterali di questa fascia, essa si confonde con l’ap. perineale profonda fino ad inserirsi sui bordi anteriori delle grandi incisure ischiatiche; in questa zona la fascia prevescicale aderisce all’aponeurosi dell’otturatore interno.

La faccia posteriore della fascia prevescicale aderisce al peritoneo parietale anteriore che la riveste, mentre quella anteriore è separata dalla fascia trasversalis da uno spazio contenente tessuto connettivo lasso e cellule adipose detto spazio prevescicale del Retzius.

Esso è più sottile vicino all’ombelico (dove la fascia prevescicale aderisce alla fascia trasversalis) e si slarga in basso e lateralmente acquistando il massimo volume dietro alla sinfisi pubica (spazio retropubico) e lateralmente prendendo il nome di spazio perivescicale esistente tra le facce laterali della vescica e le pareti delle pelvi; in basso e


posteriormente lo spazio del Retzius è chiuso dal muscolo trasverso profondo del perineo.

 

FASCIA VESCICO-VAGINALE

Detta anche fascia di Halban essa è costituita da un addensamento di tessuto connettivo sottoperitoneale che forma un setto posto su un piano parafrontale che separa la base della vescica dalla parete anteriore della vagina.

Questa fascia applica la porzione sopravaginale del collo uterino, il fornice vaginale anteriore e la parete  anteriore della vagina alla base della vescica ed alla faccia posteriore dell’uretra; essa è più sottile nella sua parte superiore, dove vi si insinuano gli ureteri per raggiungere la vescica e si inspessisce in senso cranio caudale fino a raggiungere lo spessore di 1 cm in corrispondenza dell’uretra in modo da determinare quasi una fusione tra parete vaginale ed uretrale.

La fascia vescico-vaginale invia espansioni al legamento largo dell’utero e lateralmente termina in corrispondenza delle lamine sacro-retto-genito-pubiche che delimitano da ogni lato le logge viscerali del piccolo bacino; la fascia di Halban ha un ruolo di sostengo molto importante infatti ha la funzione di evitare il cistocele cioè il prolasso di vescica in vagina.


FASCIA DI DENONVILLIERS

Con questo nome si indicano la fascia retto-vescicale (o retto-prostatica) nell’uomo oppure la fascia retto-vaginale nella donna; in entrambi i casi questa fascia si trova davanti alla parete anteriore del retto e delimita lo spazio prerettale contenente tessuto fibroadiposo; questa fascia ha uno spessore di 2-3 mm e contiene anche fibre muscolari lisce.

Nell’uomo la fascia di Denonvilliers è costituita da una lamina connettivale posta su un piano parafrontale  che  separa vescica, prostata, vescichette seminali e canali deferenti dal retto; essa origina inferiormente dalla parte posteriore del foglietto profondo dell’aponeurosi perineale media e si dirige verso l’alto per fissarsi alla faccia inferiore del peritoneo che costituisce il cavo di   Douglas.

La faccia anteriore di questa fascia si sdoppia per avvolgere la prostata formando la loggia prostatica dalla cui faccia profonda originano setti che si addentrano nel suo parenchima, mentre la faccia posteriore delimita lo spazio prerettale; lateralmente la fascia di Deonovilliers termina in corrispondenza delle lamine sacro-retto-genito-pubiche.

Nella donna la fascia di Denonviliiers o retto-vaginale separa la faccia posteriore della vagina dalla faccia anteriore del retto; come succede nell’uomo essa origina dal foglietto profondo dell’ap. perineale media e si inserisce alla faccia inferiore del peritoneo che costituisce il cavo retto-uterino di Douglas, mentre lateralmente è delimitata dalla lamine sacro- retto-genito-pubiche; essa ha la funzione di evitare il rettocele cioè il prolasso del retto in vagina.


Nella donna vagina e retto divergono in senso cranio- caudale, infatti la vagina si dirige obliquamente in avanti ed il retto indietro, quindi la fascia retto-vaginale si espande assumendo nella sua parte inferiore una forma triangolare costituendo il trigono retto-vaginale con base corrispondente al perineo.

 

FASCIA PRESACRALE

Questa fascia riveste la faccia anteriore del sacro e del coccige inserendosi nei fori sacrali anteriori e supportando i plessi sacrale e pudendo ed il ganglio impari; insieme alla fascia propria del retto la fascia presacrale  delimita  lo spazio retrorettale contenente tessuto fibroadiposo.

La fascia presacrale discende dalla parete posteriore dell’addome insieme all’arteria sacrale media rivestendo la faccia ventrale del sacro; inferiormente e lateralmente essa si fonde con l’aponeurosi perineale profonda, mentre la sua faccia anteriore delimita posteriormente lo spazio retrorettale diviso in due compartimenti dalla fascia retto- sacrale.

Essa collega la fascia propria del retto con la fascia presacrale estendendosi su un piano obliquo indietro ed in alto, in questo modo lo spazio retrorettale viene diviso in comparto superiore e inferiore: il primo termina in corrispondenza della linea di riflessione del peritoneo sulle pareti laterali della pelvi dopo aver rivestito la parte superiore del retto; il secondo termina in corrispondenza del muscolo elevatore dell’ano dove la fascia presacrale e la fascia propria del retto si fondono.


LAMINE S-R-G-P

Tutte le fasce di cui abbiamo parlato finora sono poste su piani parafrontali che si susseguono in senso antero- posteriore delimitando le logge degli organi pelvici; le lamine due sacro-retto-genito-pubiche invece si sviluppano su un piano sagittale unendo la sinfisi pubica al sacro e delimitando lateralmente le logge viscerali.

Esse corrispondono alla tenda vascolare delle arterie ipogastriche e sulla loro faccia interna sono sdoppiate per sostenere il plesso nervoso ipogastrico; si estendono dalla faccia posteriore della sinfisi pubica alla faccia anteriore del sacro inserendosi all’interno dei fori sacrali e costeggiando i fianchi dei visceri pelvici ai quali lasciano alcune fibre; queste lamine sono costituite da tessuto connettivo e da molte fibre muscolari lisce.

Le lamine SRGP sono costituite in senso antero-posteriore da diversi legamenti:

   PUBOVESCICALI-  PUBOPROSTATICI

   RETTOVESCICALI  (solo  nel  maschio)

   VESCICOUTERINI

  UTERO-RETTALI

 UTERO-SACRALI

  RETTALI LATERALI

 

LEGAMENTI PUBOVESCICALI

Sono importanti mezzi di fissità per la vescica rappresentati da fascetti fibrosi ricchi di miocellule che collegano la faccia posteriore della sinfisi pubica alla base della vescica e nell’uomo anche alla prostata (leg. Puboprostatici).


 

LEGAMENTI  RETTOVESCICALI

Creano un collegamento fibromuscolare che va dalla base della vescica e dalla prostata fino alle pareti laterali del retto; anteriormente si continuano con i legamenti pubovescicali, posteriormente con i legamenti rettali laterali; essi sono presenti solo nel maschio.

 

LEGAMENTI VESCICOUTERINI

Essi sono costituiti prevalentemente da tessuto connettivo ed uniscono la base della vescica al collo dell’utero ponendosi in continuità anteriormente con i legamenti pubovescicali e posteriormente con i legamenti utero-rettali e utero-sacrali.

 

LEGAMENTI UTERO-RETTALI

Questi legamenti sono talmente ricchi di fibre muscolari da essere nominati a volte come muscoli utero-rettali; essi collegano la parte sopravaginale del collo uterino alle pareti laterali del retto; anteriormente sono in continutà con i leg. Vescicouterini e posteriormente con il connettivo perirettale che si addensa per formare i legamenti rettali laterali.

 

LEGAMENTI UTERO-SACRALI

Anch’essi sono molto ricchi di fibre muscolari lisce e collegano la parte sopravaginale del collo uterino alla faccia anteriore del sacro a livello di S2 ed S3 aprendosi posteriormente a ventaglio;i legamenti dei due lati si collegano sulla linea mediana abbracciando posteriormente il


collo dell’utero ed anteriormente sono in continuità con i leg. Vescicouterini.

 

LEGAMENTI RETTALI LATERALI

Essi originano dalla pareti laterali del retto derivando dalla fascia propria del retto per arrivare alla fascia presacrale; anteriormente sono in continuità con i legamenti utero-rettali nella donna e con i legamenti rettovescicali nell’uomo.

 

Tutte queste strutture muscolo-legamentose ponendosi in continuità in senso antero-posteriore creano sul piano sagittale appunto, le lamine sacro-retto-genito-pubiche che hanno un ruolo molto importante sia nel sostegno dei visceri pelvici, sia per quanto riguarda la loro vascolarizzazione ed innervazione.


CATENA FASCIALE INTRATORACICA E

INTRADDOMINALE

 

Fanno parte di questo complesso sistema fasciale tutte le fasce di tutti i visceri della cavità addominale, di quella toracica, ma anche del collo; gli unici visceri che non fanno parte direttamente di questa catena (ma che vi sono strettamente collegati) sono quelli del piccolo bacino le cui fasce si articolano con questo sistema caudalmente, ed il sistema nervoso centrale, la cui fascia si articola a questo sistema cranialmente e caudalmente.

Esiste un sistema di sospensione e collegamento che connette la catena fasciale intratoracica e intraddominale all base cranica: l’ASSE APONEUROTICO CENTRALE; è proprio grazie a questo insieme di strutture fasciali diverse ma in continuità tra loro che possiamo affermare di sentire una disfunzione viscerale ascoltando il cranio; per questa ragione prima di descrivere la fasce viscerali ci dedicheremo a questa importante struttura.


ASSE APONEUROTICO CENTRALE

 

Esso è costituito in alcuni punti da strutture che originano da fasce viscerali, mentre in altre zone le strutture che lo compongono sono esse stesse fasce viscerali.

Le strutture che compongono l’asse aponeurotico centrale, in senso cranio-caudale sono:

 APONEUROSI INTERPTERIGOIDEA, PTERIGOTEMPOROMASCELLARE    E   PALATINA;

  FASCIA  FARINGEA,  PERIFARINGEA  ED ESOFAGEA;

 PERICARDIO;

 DIAFRAMMA.

 

APONEUROSI  INTERPTERIGOIDEA

Questa   fascia,   insieme   alle   aponeurosi pterigotemporomascellare e palatina, costituisce un prolungamento della fascia perifaringea; questa fascia  è  detta interpterigoidea perché si colloca tra i muscoli pterigoideo interno ed esterno; essa collega la base cranica alla mandibola per poi continuare nella fascia perifaringea.

La fascia interpterigoidea si inserisce sul versante esocranico della base cranica a partire dalla scissura di Glaser, cioè la scissura che attraversa la cavità glenoidea del temporale dividendola in un versante anteriore che si articola con il condilo mandibolare e in un versante posteriore non articolare; prosegue poi sulla spina sello sfenoide e sulla sutura sfenopetrosa fino al foro ovale dello sfenoide.


Inferiormente la fascia interpterigoidea si inserisce sulla faccia interna della mandibola in corrispondenza dell’inserzione del muscolo pterigoideo interno e sulla lingula mandibolare o spina di Spix; il bordo posteriore di questa fascia si inspessisce per formare il legamento sfeno- mandibolare che si estende dalla spina dello sfenoide alla lingula mandibolare ed all’estremità posteriore della linea miloioidea assumendo la forma di una ipsilon rovesciata.

Il bordo anteriore della fascia interpterigoidea, invece  si inserisce sul bordo posteriore dell’ala esterna delle apofisi pterigoidee dello sfenoide, mentre più in basso si  si  dirige  verso la faccia laterale della lingua dove si unisce alla fascia perifaringea; in questa zona la fascia interpterigoidea è attraversata dal rafe pterigo-mandibolare, un cordone fibroso teso dall’uncino dell’ala interna dell’apofisi  pterigoidea  alla  parte posteriore della linea milioidea sulla faccia interna della mandibola; esso dà origine alla fascia buccinatoria e perifaringea.

 

APONEUROSI  PTERIGO-TEMPORO-MASCELLARE

Si tratta di un prolungamento dell’aponeurosi interpterigoidea; superiormente essa si inserisce sulla faccia esocranica della grande ala dello sfenoide fino al foro ovale, per poi proseguire sulla sutura sfeno-petrosa fino alla radice dell’ala interna delle apofisi pterigoidee, mentre inferiormente si continua con l’aponeurosi interpterigoidea.


APONEUROSI PALATINA

Essa deriva dalle fibre tendinee del muscolo tensore del velo palatino e forma lo scheletro fibroso del palato molle che dà origine a tutti gli elementi che ne costituiscono l’apparato muscolare.

L’aponeurosi palatina si inserisce al bordo posteriore del palato duro, lateralmente agli uncini delle ali mediali delle apofisi pterigoidee dello sfenoide, mentre il bordo posteriore termina con il palato molle che si continua con gli archi glossopalatino e farinogopalatino.

L’ap. palatina si pone in continuità con molte strutture attraverso i muscoli a cui dà origine:

  1. il muscolo tensore del velo palatino origina dalla faccia esocranica della grande ala e della spina dello sfenoide e dalla fossa scafoidea del processo pterigoideo per poi costituire l’ap. palatina;
  2. l’elevatore del velo palatino collega l’ap. palatina alla faccia inferiore della rocca petrosa del  temporale  ed  alla cartilagine della tuba uditiva.
  3. Il muscolo glossopalatino prende origine dalla faccia anteriore  dell’ap.   palatina   e raggiunge posteriormente il margine laterale della lingua dove i suoi fasci si uniscono alla muscolatura propria linguale; in questo modo il muscolo costituisce  l’arco glossopalatino che delimita l’apertura anteriore dell’istmo delle fauci.
  4. Il muscolo faringopalatino origina dalla  faccia  posteriore dell’ap. palatina, dall’uncino   pterigoideo  e dalla cartilagine      della tuba uditiva per poi dirigersi,  con

un decorso simile al precedente alla parete laterale della faringe dove le sue fibre sfioccano in fasci laterali che si inseriscono sul margine posteriore della  cartilagine tiroidea della laringe e fasci mediali sul rafe mediano della faccia  posteriore della faringe.

Questo muscolo costituisce l’arco faringopalatino che delimita l’apertura posteriore dell’istmo delle fauci; tra i due archi si trovano le tonsille palatine.

Infine i due muscoli azigos, originando dalla faccia posteriore dell’ap. palatina costituiscono l’ugola; vediamo quindi  che  grazie all’apparato muscolare del palato molle, l’aponeurosi palatina  è  connessa con:

 SFENOIDE

  TEMPORALE

 LINGUA

 FARINGE

 LARINGE

 

LINGUA

Essa non fa parte direttamente dell’asse aponeurotico centrale ma è una sua appendice che lo mette in relazione con strutture anatomiche molto importanti come l’osso ioide   e la mandibola.

Nella lingua si distinguono un corpo ed una radice attraverso cui si mette in rapporto con le sue inserzioni ossee; la base del corpo della lingua la mette in rapporto con l’epiglottide attraverso la piega glossoepiglottica mediana, costituita dal legamento glossoepiglottico rivestito di mucosa, e le pieghe glossoepiglottiche laterali che sono  semplicemente


ripiegamenti della mucosa; lateralmente il dorso della base linguale prosegue negli archi palatini e nella fossa tonsillare.

La radice della lingua invece risulta costituita solo da tessuto connettivo, con vasi e nervi, e da muscoli che originano dalla mandibola e dallo ioide; questi muscoli sono detti muscoli estrinseci della lingua e sono:

  1. genioglosso, una vasta lamina triangolare orientata sagittalmente che origina dalla    spina    mentale, sulla faccia interna della mandibola,    per poi   espandersi a ventaglio  raggiungendo  apice e dorso      della lingua   e margine superiore del  corpo  dello ioide;
  1. Ioglosso che origina dalla parte  laterale del  margine superiore del   corpo e dal grande corno dello       ioide, raggiunge il margine laterale della lingua    per poi irradiarsi  all’interno di essa;
  2. Condroglosso che origina dal piccolo     corno dello ioide e raggiunge la parte posteriore del margine linguale laterale per addentrarsi  nella lingua;
  3. Stiloglosso che origina dall’apice del     processo stiloideo del temporale e       dalla     parte      alta del legamento stilo-     mandibolare   (che arriva      alla parte posteriore di gonion e del ramo ascendente        della mandibola), raggiunge   il   muscolo      ioglosso   per dividersi in un     fascio esterno e in   uno  interno che    si inseriscono allo scheletro fibroso della       lingua;
  4. Amigdaloglosso che origina dalla fascia faringea a  livello della tonsilla palatina e raggiunge la base della lingua.

I muscoli intrinseci della lingua invece costituiscono il corpo dell’organo prendendo inserzione sul suo scheletro fibroso e sulla lamina propria della tonaca mucosa; essi sono i muscoli longitudinale superiore, inferiore, muscolo verticale e trasverso; quest’ultimo in corrispondenze della base linguale si collega con i muscoli glossopalatino, faringopalatino e costrittore medio della faringe.

Lo scheletro fibroso della lingua è formato da due lamine: la membrana ioglossa ed il setto linguale; la prima è una lamina fibrosa che si trova alla base della lingua disposta su  un piano parafrontale; essa origina dal margine superiore del corpo dello ioide e termina libera in altro tra i fasci muscolari della radice linguale; la sua faccia anteriore dà origine, sulla linea mediana, al setto linguale che si porta in avanti orientato su un piano sagittale, fino all’apice della  lingua; esso ha la forma di una falce a base posteriore poste tra i due muscoli genioglossi.

Da tutte queste informazioni emerge che la lingua  costituisce un’importante e solido collegamento tra le  strutture craniali che fanno parte dell’asse aponeurotico centrale come fascia faringea ed aponeurosi palatina e mandibola, osso ioide e temporale, le inserzioni ossee della lingua.


FASCE DELLA FARINGE

Le fasce faringee sono due: la fascia perifaringea e la fascia faringea propriamente detta o fascia faringo-basilare; la prima avvolge esternamente la muscolatura faringea, mentre la seconda ne riveste la faccia interna; per comprendere meglio le relazioni anatomiche di queste strutture descriveremo anche i muscoli faringei.

La faringe risulta costituita dall’esterno verso l’interno da una tonaca avventizia o fascia perifaringea, da una tonaca muscolare, una tonaca fibroelastica o fascia faringea e da una tonaca mucosa; la fascia perifaringea inferiormente, a livello di C6, si continua con la tonaca avventizia dell’esofago o fascia esofagea ed antero-lateralmente avvolge la laringe   e contribuisce a formare la fascia tiroidea; questa fascia avvolge esternamente i muscoli faringei.

Posteriormente alla fascia perifaringea troviamo lo spazio retrofaringeo che inferiormente prosegue nel mediastino come spazio retroesofageo e contiene tessuto connettivo lasso; questo spazio è attraversato da sue lamine sagittali che collegano l’aponeurosi perifaringea alla fascia cervicale profonda e, attraverso essa, ai tubercoli anteriori delle apofisi trasverse delle vertebre cervicali.

Lateralmente alla fascia perifaringea troviamo gli spazi faringomandibolari che sono delimitati esternamente dal ramo ascendente della mandibola ricoperto dal muscolo pterigoideo interno; in questi spazi decorrono il fascio vascolonervoso del collo e la catena dell’ortosimpatico cervicale.


Superiormente al muscolo  costrittore  superiore  della  faringe  la fascia perifaringea aderisce alla fascia  faringea,  quindi  le due aponeurosi accollate si inseriscono sul  versante  esocranico  della  base  cranica  descrivendo  una  linea concava anteriormente che passa per: tubercolo faringeo dell’occipite, spine dello sfenoide, base delle  apofisi  pterigoidee, lamina fibrosa che ostruisce il  foro  lacero  anteriore, suture sfeno-petrose, rocche petrose  e  foro  carotideo del temporale, cartilagine delle tube uditiva,  legamento  pterigo-mandibolare.

Scendendo la fascia perifaringea avvolge in un unico manicotto fibroso tutti i visceri del collo, infatti quando raggiunge il bordo posteriore della tiroide si divide in due foglietti: il foglietto profondo avvolge laringe e trachea e riveste posteriormente la tiroide e le paratiroidi formando il foglietto profondo della guaina tiroidea; il foglietto  superficiale riveste la faccia anteriore della tiroide unendosi al foglietto profondo per completare la guaina tiroidea che anteriormente è  ricoperta dalla fascia cervicale media con cui si articola.

I foglietti superficiale e profondo dell’aponeurosi perifaringea avvolgendo la tiroide costituiscono la guaina peritiroidea all’interno della quale è contenuta la tiroide rivestita completamente dalla propria capsula connettivale che risulta separata dalla guaina peritiroidea da un sottile spazio detto spazio peritiroideo pericoloso che dà  passaggio a tutti i vasi   e nervi diretti alla tiroide; in questo spazio sono contenute  anche  la  quattro paratiroidi.


Dalla faccia posteriore della guaina peritiroidea si dipartono i legamenti che fungono da mezzi di fissità per la tiroide: il legamento sospensore o mediano la collega alla cartilagine tiroide della laringe, i legamenti laterali interni la collegano alla cartilagine cricoide ed ai primi anelli tracheali ed i legamenti laterali esterni la collegano alla guaina fibrosa dei fasci vascolonervosi del collo.

La fascia perifaringea riveste anche trachea e laringe; tra la faccia posteriore della laringe e la faccia anteriore della faringe si trova uno strato di tessuto connettivo lasso che unisce le due strutture e garantisce uno scivolamento reciproco; i principali mezzi di fissità della laringe sono la continuità con la trachea e con la faringe e le strutture che la fissano allo ioide ed al torace.

Antero-lateralmente troviamo la membrana tiroioidea che origina dal margine superiore del corpo e delle grandi corna dello ioide e si inserisce al margine superiore ed ai corni superiori della cartilagine tiroide; essa si inspessisce sulla linea mediana per formare il legamento tiroioideo mediano e sui lati formando i legamenti tiroioidei laterali; superiormente il legamento ioepiglottico collega il corpo dello ioide alla faccia anteriore della cartilagine epiglottide favorendone il ritorno dopo la deglutizione.

Sulla linea mediana il legamento glossoepiglottico fissa l’epiglottide alla lingua sollevando la piega glossoepiglottica mediana; lateralmente i legamenti faringoepiglottici fissano i margini laterali dell’epiglottide alle pareti laterali della faringe; inferiormente il legamento cricotracheale collega il  margine


inferiore della cartilagine cricoide al margine superiore del primo anello tracheale.

Gli elementi muscolari che fungono da mezzi di fissità per la laringe sono: il muscolo sternotiroideo che collega la faccia posteriore del manubrio sternale alla linea obliqua della cartilagine tiroide; il muscolo tiroioideo, continuazione verso l’alto del precedente, che dalla linea obliqua della cartilagine tiroide raggiunge il margine inferiore del corpo dello ioide; infine i muscoli stilofaringeo, faringopalatino e costrittore inferiore della faringe già descritti.

La fascia perifaringea dopo aver costituito la guaina tiroidea dà origine anche alla loggia fasciale che accoglie il timo che nell’adulto degenera in corpo adiposo retrosternale; dal bordo inferiore della guaina tiroidea si distacca infatti un prolungamento, proveniente dalla faccia anteriore della guaina, che accompagna le vene tiroidee, circonda il tronco venoso brachiocefalico sinistro e scende fino a raggiungere il pericardio: esso prende il nome di lamina tiro-pericardica.

La lamina tiro-pericardica limita posteriormente la loggia timica che risulta delimitata anteriormente dal foglietto profondo dell’aponeurosi cervicale media che, accollata alla faccia posteriore del manubrio sternale, diventa fascia endotoracica, mentre antero-inferiormente la loggia timica è delimitata dal legamento sterno-pericardico superiore.

Vediamo quindi che la fascia perifaringea crea una continuità importante tra:

    BASE CRANICA, MANDIBOLA,  IOIDE;

 VISCERI DEL COLLO (faringe, laringe, trachea, tiroide, esofago);


   STERNO E PERICARDIO;

in questo modo prende forma la parte craniale dell’asse aponeurotico centrale.

Di tutte queste strutture l’osso ioide assume una notevole importanza perché costituisce un punto di articolazione tra sistemi fasciali molto diversi fra loro che vengono così posti in continuità; sull’osso ioide infatti si inseriscono:

       FASCIA  SUPERFICIALIS  (ap.  cervicale superficiale);

      APONEUROSI  SUPERFICIALE  (ap.  cervicale media);

     ASSE APONEUROTICO CENTRALE (fascia perifaringea). La fascia perifaringea rivestendo i muscoli  della  faringe  si  fissa anche a tutte le inserzioni ossee di questi muscoli, che verranno quindi illustrati di  seguito.

La tonaca muscolare della faringe è composta da cinque muscoli di cui tre sono costrittori (superiore, medio e inferiore) e due sono elevatori; il costrittore superiore della faringe origina dalla faccia interna e dal margine  dorsale della lamina pterigoidea mediale, dal rafe pterigo- mandibolare, dall’estremità posteriore della linea miloioidea della mandibola e da alcuni fasci del muscolo genioglosso che provengono dalle parti laterali della radice linguale: questi fasci costituiscono il muscolo faringoglosso.

I diversi fasci muscolari che costituiscono il costrittore superiore si uniscono a formare una lamina quadrilatera che si dirige verso la parte posteriore della faringe per trovare inserzione sul rafe fibroso mediano della faringe; il costrittore medio della faringe ha forma triangolare con la base corrispondente al rafe faringeo e l’apice che si inserisce su


grande e piccolo corno dell’osso ioide; esso si allarga a ventaglio sovrapponendosi in parte al costrittore superiore.

Il costrittore inferiore della faringe è il più esteso dei tre ed ha una forma trapezoidale con base minore corrispondente alla laringe e base maggiore corrispondente al rafe faringeo; origina dalla linea obliqua della cartilagine tiroide e si inserisce posteriormente sul rafe faringeo; inferiormente il costrittore inferiore della faringe si pone in continuità con la tonaca muscolare dell’esofago a livello della giunzione faringo-esofagea.

I due muscoli elevatori della faringe sono il muscolo faringopalatino ed il muscolo stilofaringeo: esso origina dalla base del processo stiliodeo del temporale e raggiunge la parete laterale della faringe dove si rapporta con il costrittori superiore e medio; alcuni suoi fasci inoltre al margine laterale dell’epiglottide ed alla parte posteriore del margine superiore delle cartilagini tiroide e cricoide.

I muscoli e le fasce della faringe costituiscono quindi una doccia concava anteriormente, in quanto la parete anteriore della faringe esiste solo a partire dall’apertura superiore della laringe fino alla giunzione faringo-esofagea; più in alto infatti l’orofaringe corrisponde alla cavità orale e la rinofaringe alle cavità nasali; la faringe quindi mette in comunicazione  la base cranica con mandibola, ioide, laringe ed esofago.

La fascia faringea propriamente detta è posta  all’interno  della tonaca muscolare faringea, entro la quale invia sepimenti; cranialmente al muscolo costrittore superiore della faringe, essa si unisce con la fascia perifaringea per inserirsi sulla base cranica  come già  descritto e inferiormente i suoi


rapporti con i muscoli faringei si fanno meno serrati; essa nella parte inferiore della faringe comincia a trasformarsi in tonaca sottomucosa, infatti dopo la giunzione faringo- esofagea proseguirà come tonaca sottomucosa dell’esofago. Vediamo quindi che inferiormente la fascia perifaringea si continua con la tonaca avventizia dell’esofago posterirmente e con il pericardio anteriormente (lamina tiro-pericardica), mentre la fascia faringea diventa la tonaca sottomuscosa dell’esofago.

 

FASCIA ESOFAGEA

E' chiamata fascia esofagea la tonaca avventizia dell'esofago; essa è in continuità superiormente con la fascia perifaringea ed inferiormente con il tessuto sottomesoteliale (connettivo denso come l'avventizia esofagea), che si trova al di sotto della tonaca sierosa dello stomaco; esso infatti essendo rivestito dal peritoneo non presenta tonaca avventizia.

La fascia perifaringea diventa fascia esofagea in corrispondenza della giunzione faringo-esofagea formata dalla fibre del muscolo cricoesofageo; questa struttura si  trova a livello del corpo di C6; da qui la tonaca avventizia dell'esofago discende mettendosi in rapporto con diverse strutture.

Nella parte cervicale dell'esofago la sua tonaca avventizia si pone in rapporto anteriormente con la parete posteriore, membranosa, della trachea a cui è strettamente unita  da fasci connettivali densi e muscolari che costituiscono il muscolo tracheoesofageo; la fascia esofagea   anteriormente


è in rapporto anche con il lobo sinistro della tiroide e con i muscoli sternotiroideo e sternoioideo.

Posteriormente la fascia esofagea è in contatto con la fascia cervicale profonda da cui resta separata dal sottile spazio retroesofageo che prosegue in altro nello spazio retrofaringeo; questo spazio è comunque attraversato da sue lamine sagittali già descritte che creano un'articolazione tra fascia perifaringea e fascia cervicale profonda; lateralmente invece, nella sua parte cervicale la fascia esofagea entra in rapporto con i lobi tiroidei, le arterie tiroidee inferiori, le carotidi comuni e con i nervi ricorrenti.

Nella parte mediastinica l'esofago si incrocia con il bronco sinistro che gli passa davanti,  per  cui  vengono  denominati  due tratti  dell'esofago:  epibronchiale  e  ipobronchiale;  nel tratto epibronchiale  la  faccia  anteriore  della  fascia  esofagea è in rapporto con la parete membranosa di trachea e bronco sinistro alle quali è unita dal muscolo tracheoesofageo e broncoesofageo (presente solo nel  bronco  sinistro),  mentre  nel tratto ipobronchiale essa è in rapporto con la faccia  posteriore del pericardio a cui è unita grazie ai legamenti viscero-pericardici.

La faccia posteriore della fascia esofagea nel tratto epibronchiale decorre in stretto rapporto con la colonna (rivestita dalla fascia endotoracica) fino alla biforcazione tracheale, cioè a livello di D4 per poi separarsene spostandosi in avanti; nel tratto ipobronchiale la fascia esofagea è in rapporto posteriormente con le vene azigos ed emiazigos, dotto toracico e tratto toracico dell'aorta discendente.


Le facce laterali della fascia esofagea sono in rapporto entrambe con la pleura mediastinica che a destra forma un brodo di riflessione che si interpone tra vena azigos ed esofago costituendo il seno interazigosesofageo; la fascia esofagea, infatti, a destra si rapporta con la vena azigos che a livello di D4 descrive un arco anteriore che passa sopra al bronco sinistro per sboccare nella cava superiore.

A sinistra la faccia laterale della tonaca avventizia esofagea si rapporta, oltre che con la pleura mediastinica, con l'arco aortico e con il tratto iniziale dell'aorta discendente; in questa zona la pleura mediastinica sinistra costituisce un altro bordo di riflessione che si interpone tra esofago e aorta discendente formando il seno interaorticoesofageo.

Sotto alla biforcazione tracheale i nervi vaghi si mettono in rapporto con le pareti laterali della tonaca avventizia  esofagea per dividersi, ciascuno, in un ramo anteriore e posteriore che si anastomizzano creando il tronco comune anteriore sulla faccia anteriore della fascia esofagea ed il tronco comune posteriore sulla sua faccia posteriore.

Nonostante entrambi i tronchi siano formati da fibre di entrambi i nervi vaghi, quello anteriore risulta costituito principalmente da fibre provenienti dal vago di destra, quello posteriore da fibre del vago di sinistra; inferiormente questi trochi nervosi anastomotici proseguono sulla parete anteriore e posteriore dello stomaco dopo aver attraversato lo iato esofageo del diaframma accollati all'avventizia  esofagea.


PERICARDIO

E’ un sacco fibrosieroso che contiene il cuore ed il suo peduncolo vascolare; esso è costituito da uno strato esterno detto pericardio fibroso e da uno strato interno, pericardio sieroso, costituito a sua volta da due foglietti (parietale e viscerale) posti in continuità a livello dei grandi vasi cardiaci.

Il pericardio fibroso è una robusta membrana di aspetto madreperlaceo formata da fibre curvilinee che si intrecciano in tutti i sensi; la sua base poggia sul diaframma in corrispondenza della fogliola anteriore e parte della sinistra del centro frenico, ponendosi in continuità con la fascia diaframmatica.

La faccia anteriore del pericardio fibroso si rapporta lateralmente con le due pleure mediastiniche che gli si sovrappongono anteriormente aderendogli, per poi riflettersi diventando pleure costali; tra pleura mediastinica e pericardio fibroso decorrono da ciascun lato i due nervi frenici; nella parte mediana la faccia anteriore del pericardio fibroso si rapporta con lo sterno, rivestito dalla fascia endotoracica, tramite l’interposizione del corpo adiposo retrosternale.

L’apice tronco del pericardio fibroso abbraccia il peduncolo vascolare del cuore: anteriormente risale sul tronco polmonare fino alla sua biforcazione e sull’aorta ascendente quasi fino all’origine del tronco brachiocefalico; posteriormente si confonde con la parete delle vene polmonari e della vena cava superiore; il pericardio fibroso prende così inserzione sulla tonaca avventizia dei grossi vasi cardiaci, fondendosi in questo modo con essa.


Posteriormente il pericardio fibroso si rapporta con esofago, aorta discendente, vena azigos e dotto toracico; il pericardio fibroso risulta così un sacco chiuso ermeticamente che contiene cuore e grossi vasi.

Dalla sua faccia superficiale originano vari legamenti:

    FRENO-PERICARDICI;

     STERNO-PERICARDICI;

     VERTEBRO-PERICARDICI;

     CERVICO-PERICARDICI;

     VISCERO-PERICARDICI.

 

LEGAMENTI FRENO-PERICARDICI

Si tratta di tre legamenti che uniscono il pericardio fibroso al centro frenico del diaframma; essi sono i legmenti freno- pericardici: anteriore che termina sulla fogliola anteriore del centro frenico, destro che termina sul centro frenico a destra della vena cava inferiore e sinistro che si inserisce a sinistra della vena cava inferiore.

 

LEGAMENTI STERNO-PERICARDICI

Sono due legamenti che uniscono il pericardio allo sterno: il legamento sterno-pericardico inferiore si estende dalla  faccia interna della base del processo xifoideo alla parte inferiore del pericardio; quello superiore unisce la parte superiore del pericardio alla faccia posteriore del manubrio sternale.

Il legamento sterno-pericardico superiore contribuisce a delimitare la loggia timica costituendone il confine antero- inferiore: in questo modo si pone in continuità, sulla faccia


posteriore del manubrio sternale, con la fascia endotoracica e con il foglietto profondo dell’aponeurosi cervicale media che termina anch’esso sulla faccia posteriore del manubrio sternale.

 

LEGAMENTI VERTEBRO-PERICARDICI

Questi legamenti sono la prosecuzione verso il basso dei due setti sagittali che connettono la fascia perifaringea  alla fascia cervicale profonda (prevertebrale); essi giunti a livello di C6 si prolungano in basso fino a D4-D5 per poi irradiarsi sulle guaine fibrose dei grossi vasi del collo e sul pericardio fibroso.

I legamenti vertebro-pericardici costituiscono un’importante articolazione fasciale tra pericardio, fascia cervicale  profonda e fascia perifaringea; ciò dimostra ancora una volta l’assenza di soluzione di continuità nell’asse aponeurotico centrale e la connessione di quest’ultimo con sistemi fasciali importanti come la fascia cervicale profonda (aponeurosi superficiale).

 

LEGAMENTI CERVICO-PERICARDICI

Essi costituiscono la lamina tiro-pericardica che delimita posteriormente la loggia timica; essa origina dalla faccia antero-suepriore del pericardio fibroso, si porta in dietro e in alto avvolge il tronco venoso brachicefalico sinistro, le vene tiroidee e si fonde alla faccia anteriore della guaina tiroidea (fascia perifaringea) che si articola a sua volta con l’aponeurosi cervicale media.


LEGAMENTI VISCERO-PERICARDICI

Sono tre strutture fibrose che collegano la parte posteriore del pericardio all’esofago, alla biforcazione tracheale ed ai bronchi: si tratta dei legamenti esofago-pericardici, tracheo- pericardici e bronco-pericardici.

Riassumendo  quindi il pericardio  fibroso  si articola con:

      DIAFRAMMA  (leg. freno-pericardici);

       FASCIA  ENDOTORACICA  (leg.  sterno-pericardici);

    FASCIA  CERVICALE  PROFONDA  e    PERIFARINGEA  (leg.

vertebro-pericardici);

    FASCIA   CERVICALE   MEDIA   e   GUIANA   TIROIDEA (leg.

cervico-pericardici);

    FASCIA    DI    ESOFAGO,    TRACHEA    e    BRONCHI   (leg.

Viscero-pericardici);

   PLEURE MEDIASTINICHE.

 

PERICARDIO SIEROSO

Si trova all’interno del pericardio fibroso tappezzandone la faccia interna con il suo foglietto parietale; esso, in corrispondenza dei grandi vasi cardiaci, si riflette nel foglietto viscerale, l’epicardio, che forma la parte più esterna della parete cardiaca rivestendo il miocardio: tra epicardio e miocardio decorrono i vasi ed i nervi cardiaci.

Tra i due foglietti del pericardio sieroso (viscerale e parietale) si trova una cavità virtuale detta cavità pericardica che contiene un sottile velo di liquido pericardico per garantire lo scivolamento dei due foglietti uno sull’altro; la linea  di  riflessione  dei  due  foglietti  in  corrispondenza   dei


grandi vasi è  irregolare e determina la formazione di recessi  e guaine.

Anteriormente il foglietto viscerale del pericardio sieroso forma due guaine distinte: una anteriore contenente aorta e tronco polmonare ed una posteriore contenente gli atrii e le rispettive vene; tra queste due guaine si trova un recesso detto seno trasverso del pericardio.

Il seno trasverso del pericardio si trova quindi anteriormente agli atrii e posteriormente ad aorta e tronco polmonare: il suo tetto è costituito dalle due arterie polmonari e dalla superficie inferiore dell’aorta ascendente ed il suo pavimento dagli atrii; la guaina che avvolge aorta e tronco polmonare si spinge in alto fino all’origine del tronco brachiocefalico sull’aorta e sul tronco polmonare arriva fino alla sua biforcazione: qui si riflette nel foglietto parietale del pericardio  sieroso.

Posteriormente il foglietto viscerale del pericardio sieroso riveste la faccia posteriore degli atrii creando nuovamente due guaine: una contenente atrio destro, vene cave superiore ed inferiore e vene polmonari destre, l’altra contenente atrio sinistro e vene polmonari sinistre; tra queste due guaine, sulla faccia posteriore dell’atrio sinistro si viene a creare un recesso detto diverticolo di Haller.

Dopo aver rivestito tutte queste strutture il foglietto viscerale del pericardio sieroso si riflette diventando foglietto parietale che resta adeso alla faccia profonda del pericardio  fibroso.

Andando più in profondità notiamo che esistono altre strutture connettivali all’interno del cuore: al di sotto dell’epicardio troviamo uno strato di tessuto connettivale detto strato sottoepicardico  che  è  connesso  direttamente  al connettivo


interstiziale della muscolatura cardiaca; questo connettivo interstiziale a livello della faccia interna del miocardio si continua nello strato sottoendocardico, uno strato di tessuto connettivo che continua direttamente nell’endocardio.

L’endocardio è una membrana biancastra e liscia che riveste le cavità cardiache adattandosi a tutte  le  irregolarità  della loro superficie creando, in corrispondenza degli orifizi atrio- ventricolari e arteriosi, delle pieghe che costituiscono i lembi delle valvole cardiache; l’endocardio è in continuità con l’endotelio dei grossi vasi che arrivano o che partono dal cuore ed al di sotto di esso (strato sottoendocardico) decorrono vasi e nervi, in particolare le ramificazioni terminali del sistema di conduzione del cuore (cellule del Purkinje).

Vediamo quindi che il pericardio fibroso si pone in continuità con l’avventizia dei grandi vasi cardiaci, mentre l’endocardio si pone in continuità con l’endotelio degli stessi vasi.

Riassumendo in una sezione della parete cardiaca comprendente anche il pericardio, dall’esterno all’interno, troveremo:

   PERICARDIO FIBROSO

     FOGLIETTO  PARIETALE  PERICARDIO SIEROSO

    CAVITA’ PERICARDICA

     FOGLIETTO  VISCERALE  PERICARDIO SIEROSO

      STRATO SOTTOEPICARDICO

      CONNETIVO  INTERSTIZIALE  DEL MIOCARDIO

      STRATO SOTTOENDOCARDICO

   ENDOCARDIO

Tutte le strutture connettivali elencate sono in continuità  tra di loro; ciò evidenzia il concetto che la continuità della   fascia


non si realizza solo a livello macroscopico ma anche a livello microscopico.

 

SCHELETRO  FIBROSO  DEL CUORE

Si tratta di un’altra importante struttura connettivale posta all’interno del cuore; esso è formato da un insieme di robuste strutture connettivali che danno inserzione ai fasci muscolari che costituiscono la parete degli atri e dei ventricoli e supportano l’apparato valvolare del cuore.

Fanno parte dello scheletro fibroso del cuore gli anelli fibrosi posti in corrispondenza degli orifizi atrioventricolari che sono affiancati, l’anello fibroso dell’orifizio aortico che gli si trova davanti in posizione centrale e l’anello fibroso dell’orifizio polmonare che si trova davanti al precedente; oltre a queste strutture, fanno parte dello scheletro fibroso del cuore anche   i trigoni fibrosi destro e sinistro e la parte membranosa del setto interventricolare.

I trigoni fibrosi sono delle masse connettivali che si interpongono tra gli anelli fibrosi mantenendo la coesione tra loro: il trigono fibroso destro, o corpo fibroso centrale, connette gli orifizi atrioventricolari e l’antistante orifizio aortico; esso si prolunga inferiormente dando origine alla parte membranosa del setto interventricolare ed è  attraversato dal fascio atrioventricolare del sistema di conduzione del cuore.

Il trigono fibroso sinistro, più piccolo, si trova tra l’orifizio atrioventricolare sinistro e quello aortico; esso medialmente è in continuità con il trigono fibroso destro; gli orifizi aortico e


polmonare sono collegati da una striscetta fibrosa detta tendine del cono.

Dalla faccia interna di tutti gli anelli fibrosi si dipartono delle lamine connettivali che penetrano nelle cuspidi e nelle semilune delle valvole cardiache fornendo notevole sostegno a queste strutture.

Rispetto alle strutture descritte in precedenza, possiamo notare che gli anelli fibrosi dello scheletro fibroso del cuore oltre a dare origine alla muscolatura cardiaca, corrispondono all’origine dell’aorta e del tronco polmonare; in questi punti quindi possiamo notare una comunicazione tra anelli fibrosi, endocardio e pericardio fibroso: questo perché il primo si fonde con l’endotelio di aorta e tronco polmonare ed il secondo si fonde con l’avventizia degli stessi vasi.


DIAFRAMMA  TORACICO

Esso può essere considerato  come  l’ultima  struttura  anatomica facente parte dell’asse aponeurotico centrale; nonostante ciò, la continuità della fascia è ben lontana dall’interrompersi infatti il diaframma ha la  funzione  di  collegare tutte le strutture sovrastanti ai  visceri  addominali,  alla  colonna ed alle  pareti addominali anteriore  e  posteriore.

nn

APONEUROSI

SUPERFICIALE

 

nn

APONEUROSI

INTERNE

 

 

nn

CATENA

FASCIALE

INTRATORACICA

E

 

 Il diaframma toracico pertanto è colui che assicura la connessione e la continuità tra tutte le strutture che sono craniali rispetto ad esso e tutte quelle che sono caudali; il diaframma permette l’articolazione fasciale tra alcuni dei più importanti sistemi fasciali del corpo, cioè:

 

INTRADDOMINALE

La cupola diaframmatica si spinge all’interno della cavità toracica fino a livello della quarta costa, a destra, e  del  quarto spazio intercostale a sinistra, abbassandosi di circa due spazi intercostali in inspirazione forzata; il diaframma è interamente rivestito dalla sua fascia propria, la fascia diaframmatica, che superiormente è ricoperta dalla fascia endotoracica che aderisce strettamente alle pleure ed al pericardio fibroso.

Inferiormente invece, la fascia diaframmatica, è rivestita dalla fascia trasversalis intimamente accollata al peritoneo parietale; tramite queste strutture la faccia inferiore del diaframma si rapporta con fegato, stomaco, milza, pancreas, angoli  colici,  reni  e  ghiandole  surrenali; anatomicamente


descriveremo il centro frenico e le tre parti muscolari che compongono il diaframma: lombare, costale e sternale.

La parte sternale del diaframma è costituita da due  sottili fasci muscolari che originano dalla faccia posteriore del processo xifoideo, in prossimità dell’apice; tra questi due  fasci è presente una piccola fessura chiusa dalla fascia diaframmatica, mentre lateralmente a questi fasci, tra  la parte sternale e quella costale del diaframma, sono presenti due interstizi triangolari detti trigoni sternocostali, anch’essi chiusi dalla fascia diaframmatica.

La parte costale del diaframma origina dalla faccia interna delle ultime sei coste e cartilagini costali, con delle  digitazioni che si intersecano con quelle del muscolo trasverso dell’addome; tra la parte costale e la parte lombare del diaframma sono nuovamente presenti due interstizi triangolari detti trigoni lombocostali, leggermente più ampi dei precedenti, anch’essi chiusi dalla fascia diaframmatica che costituisce l’impalcatura connettivale del muscolo.

La parte lombare del diaframma è quella porzione di  muscolatura che origina dai pilastri del diaframma, di natura connettivale: essi sono tre per lato, mediale, intermedio e laterale; il pilastro mediale destro  è  più  lungo,  infatti  origina dai corpi vertebrali di L2, L3, L4, mentre il sinistro solo da L2    ed L3.

Tra i due pilastri mediali è presente un’arcata fibrosa detta legamento arcuato mediano che insieme ai pilastri mediali delimita  l’orifizio  aortico  del  diaframma;  dal  legamento arcuato mediano originano due fasci muscolari che, incrociandosi,  delimitano  l’orifizio  esofageo  del diaframma.


I pilastri intermedi del diaframma, più piccoli, originano dalle facce laterali del corpo di L3; tra questi e quelli mediali è presente una fessura per il passaggio dei nervi grande e piccolo splancnico (da ogni lato), vena azigos a destra ed emiazigos a sinistra; tra i pilastri intermedi e quelli laterali è presente una fessura che dà passaggio alle catene latero- vertebrali dell’ortosimpatico.

I pilastri laterali del diaframma originano dalle trasverse di L2 e subito dopo l’origine si dividono per formare due arcate tendinee: il legamento arcuato mediale che si fissa ai corpi di L1-L2 ed al disco interposto ed il legamento arcuato laterale che si inserisce sulla dodicesima costa; il primo circonda lo psoas fondendosi con la sua fascia ed il secondo circonda il quadrato dei lombi fondendosi con la sua fascia.

Il centro frenico, o tendineo, del diaframma è un trifoglio connettivale in cui possiamo descrivere una foglia anteriore, destra e sinistra; i fasci fibrosi che compongono questa struttura si incrociano in varie direzioni, tuttavia è possibile individuare due bandellette fibrose particolari: una anteriore e una posteriore.

La bandelletta anteriore origina dalla foglia destra, forma la parte antero-laterale dell’orifizio della vena cava inferiore e si dirige verso la parte posteriore della foglia sinistra espandendosi a ventaglio; la bandelletta posteriore origina anch’essa dalla foglia destra, forma la parte postero-mediale dell’orifizio della vena cava per poi perdersi nella foglia anteriore.

Nel diaframma sono presenti tre importanti orifizi per il passaggio di varie strutture:


    ORIFIZIO AORTICO

   ORIFIZIO ESOFAGEO

    ORIFIZIO DELLA VENA CAVA  INFERIORE

 

ORIFIZIO AORTICO

Esso è il più posteriore ed inferiore dei tre orifizi diaframmatici, infatti l’aorta decorre adesa alla faccia anteriore della colonna; l’orifizio aortico si trova a livello di D12 è formato dal margine mediale dei pilastri mediali e dal legamento arcuato mediano che passa quindi davanti all’aorta.

Quest’orifizio è composto esclusivamente da strutture connettivali molto resistenti di modo che i movimenti del diaframma non interferiscano minimamente con il flusso sanguigno all’interno dell’aorta; oltre che da questa arteria, l’orifizio aortico del diaframma è attraversato anche dal dotto toracico e, in casi rari, dalla vena azigos.

 

ORIFIZIO ESOFAGEO

Esso è anteriore, superiore e si trova leggermente a sinistra della linea mediana rispetto al precedente; si trova a livello di D10, ha una forma ovale ed è formato dalle fibre muscolari che originano dai due pilastri mediali del diaframma.

Le fibre che originano dai due pilastri mediali, subito prima di formare lo iato esofageo, si incociano andando a circondare l’esofago per poi riunirsi al di sopra di esso, nella parte superiore dello iato; in questo modo si crea uno sfintere muscolare intorno all’esofago il cui calibro si riduce quando  il


diaframma si contrae; questo orifizio dà  passaggio all’esofago insieme ai due nervi vaghi.

Una parte delle fibre provenienti dal pilastro mediale destro, dopo aver circondato superiormente l’esofago, invece di unirsi alle fibre provenienti dal pilastro di sinistra, si distacca dallo iato per dare origine al muscolo sospensore del duodeno, o di Treitz.

Il muscolo di Treitz è un muscolo digastrico formato da  un  ventre muscolare superiore  che  si  distacca  dal  margine destro dell’orifizio esofageo del diaframma,  passa  a  sinistra del tronco celiaco e prosegue in un tendine intermedio che lo collega al ventre inferiore, il quale termina  sul  margine superiore  dell’angolo duodeno-digiunale.

 

 

ORIFIZIO DELLA VENA CAVA INFERIORE

Esso è il più anteriore e superiore dei tre orifizi diaframmatici e si trova a destra della linea mediana a livello del disco tra D8 e D9; questo iato si trova nel centro frenico tra la foglia anteriore e quella di destra ed è delimitato dalle bandellette fibrose anteriore e posteriore come già descritto.

La tonaca avventizia della vena cava inferiore è aderente ai margini di questo orifizio connettivale, in modo che, quando il diaframma si contrae, il calibro dell’orifizio aumenti e  con esso il lume della vena cava; questo meccanismo di pompa facilita il ritorno venoso al cuore.

Oltre alla vena cava inferiore questo iato dà  passaggio ai rami terminali del nervo frenico di destra.


Osservando l’organizzazione anatomica del diaframma possiamo vedere che la fascia diaframmatica, come già anticipato, non solo riveste il muscolo superiormente e inferiormente, ma ne crea l’impalcatura connettivale dando origine alle membrane che chiudono i trigoni sternocostali e lombocostali, alla radice connettivale dei pilastri, alle arcate tendinee, nonché al centro frenico.

 

Riassumendo  il diaframma  si articola  fascialmente  con:

 APONEUROSI SUPERFICIALE tramite  le  due  arcate fibrose che si fondono alla fascia iliaca ed a  quella  del  quadrato dei lombi, e tramite le digitazioni della parte costale che si intersecano con quelle del trasverso dell’addome;

 APONEUROSI   INTERNE   infatti   risulta   coperto   dalla fascia endotoracica superiormente e dalla trasversalis inferiormente;

     CATENA      FASCIALE    INTRATORACICA   E

INTRADDOMINALE grazie all’adesione di pleure e pericardio alla fascia endotoracica e del peritoneo parietale alla trasversalis.

Abbiamo visto quindi, in ultima analisi, che l’asse aponeurotico centrale crea un solido collegamento anatomico tra la base cranica, il collo, il torace e l’addome: ci appare chiaro ora il motivo per cui, con la nostra palpazione, possiamo percepire la disfunzione di un viscere ascoltando il cranio.

Tuttavia ascoltando il cranio possiamo percepire disfunzioni provenienti da strutture anche più caudali dei visceri addominali   o   pelvici:   questo   perché   anche  l’aponeurosi


superficiale arriva alla base cranica, perché il diaframma si articola con la fascia iliaca e perché il peritoneo stesso (tramite la fascia trasversalis) si articola con la fascia iliaca    e femorale.

Questi sono i motivi per cui, noi osteopati, possiamo affermare (senza nessun pericolo di essere smentiti) di percepire disfunzioni provenienti da tutto il corpo, ascoltando una parte qualsiasi del corpo: un presupposto fondamentale per diagnosi e trattamento osteopatico reso possibile dalla continuità della fascia.


FASCE VISCERALI DELLA CAVITA’

TORACICA

 

Abbiamo già descritto la fascia esofagea ed il pericardio che fanno parte dell’asse aponeurotico centrale, ora ci dedicheremo a tutte le altre fasce viscerali di questa zona, intimamente legate al sistema respiratorio: parliamo delle tonache fibrose di trachea e bronchi e delle pleure.

 

TRACHEA

La sua tonaca fibrosa è formata da tessuto connettivo denso ricco di fibre elastiche; essa è in continuità superiormente con il rivestimento connettivale della laringe che deriva dalla fascia perifaringea, mentre inferiormente prosegue nella tonaca fibrosa dei bronchi.

La tonaca fibrosa della trachea circonda gli anelli cartilaginei che la compongono (15-20) fondendosi con il loro pericondrio e, nell’intervallo tra di essi, forma i legamenti anulari, lamine fibrose che uniscono gli anelli tra loro; posteriormente la tonaca fibrosa della trachea partecipa alla costituzione della parte membranosa della trachea, infatti gli anelli che la costituiscono sono incompleti posteriormente.

Nella parte membranosa della trachea si trovano due strati di fascetti di fibre muscolari lisce: lo strato interno ha decorso trasversale (muscolo tracheale) e si inserisce sulla faccia interna degli anelli tracheali o sui legamenti anulari; lo strato più  superficiale (dorsale) ha decorso longitudinale e si   porta


dalla trachea all’esofago costituendo il muscolo tracheoesofageo.

Più in profondità nella parete tracheale troviamo una tonaca sottomucosa ed una tonaca mucosa; la stessa organizzazione strutturale si ritrova anche nei bronchi in quanto derivazioni della trachea.

La trachea si estenda da C6 a D4-D5 (biforcazione), con un decorso verticale e mediano superiormente, mentre in basso devia leggermente verso destra; i primi tre anelli tracheali sono coperti anteriormente dall’istmo della tiroide che vi aderisce molto strettamente: in questo modo la tonaca fibrosa della trachea si articola con la guaina tiroidea che deriva dalla fascia perifaringea.

Lateralmente la tonaca fibrosa della trachea è  in rapporto con i lobi della tiroide e con il  fascio  vascolonervoso  del collo, mentre posteriormente è in strettissimo rapporto con l’esofago.

All’interno del torace la trachea si  rapporta  anteriormente con la vena brachiocefalica sinistra che la incrocia, più in basso con l’arco aortico, con il tronco brachiocefalico e la carotide comune sinistra.

Sul lato destro la tonaca fibrosa della trachea si rapporta   con il nervo vago destro, la vena azigos e la pleura mediastinica; sul lato sinistro con il nervo laringeo ricorrente sinistro (ramo del vago sinistro che circonda inferiormente l’arco aortico), con l’arco aortico e con la pleura mediastinica; posteriormente prosegue la connessione con l’esofago.


La biforcazione tracheale si mette in rapporto con la parte superiore del pericardio fibroso, a livello degli atrii cardiaci, e si unisce ad esso grazie al legamento tracheo-pericardico.

La trachea solitamente non viene considerata parte dell’asse aponeurotico centrale, ma in realtà possiamo vedere che è inscindibile da esso: questo per la relazione con l’esofago data dal muscolo tracheoesofageo e per la relazione con pericardio data dal legamento tracheo-pericardico.

 

BRONCHI

A livello di D4-D5 si trova la biforcazione tracheale che dà origine ai due bronchi principali o extrapolmonari (destro e sinistro) che, poco prima di raggiungere l’ilo polmonare, iniziano la loro arborizzazione dando origine ai primi bronchi intrapolmonari.

I due bronchi principali entrano nell’ilo polmonare insieme ai  rami delle arterie polmonari, alle vene polmonari,  arterie  e  vene bronchiali ed ai rami  bronchiali  del  vago:  queste  strutture  costituiscono  i  peduncoli polmonari.

Il bronco sinistro è in rapporto con l’arco aortico che lo circonda superiormente, mentre posteriormente è in rapporto con l’esofago al quale è unito grazie al muscolo bronco- esofageo; il bronco destro si rapporta posteriormente con la vena azigos che descrive un arco al di sopra di esso prima si sboccare nella vena cava superiore, la quale si trova davanti al bronco destro.

Subito prima di raggiungere l’ilo polmonare i bronchi principali   si  ramificano  dando  origine  ai  bronchi  lobari  (o  di    primo


ordine) che provvedono alla ventilazione dei lobi polmonari, per cui avremo tre bronchi lobari a destra e due a sinistra.

I bronchi lobari si dividono diventando bronchi zonali (o di secondo ordine); l’arborizzazione dei bronchi zonali permette di individuare, per ogni polmone, dieci zone o segmenti aventi vascolarizzazione e ventilazione propria; i bronchi zonali si dividono poi ripetutamente nel connettivo interlobulare dando origine ai bronchi lobulari che poi diventano bronchioli intralobulari ed infine bronchioli terminali.

Abbiamo detto che i bronchi principali hanno la stessa organizzazione strutturale della trachea; procedendo nella loro arborizzazione però la loro struttura cambia, infatti si ha una progressivo calo della componente cartilaginea a favore di un aumento della componente elastica e muscolare.

Nei rami bronchiali maggiori gli anelli cartilaginei sono sostituiti da placche cartilaginee che si fanno sempre più piccole e rare per poi scomparire nei bronchi di 1 mm di diametro (bronchi lobulari); la tonaca muscolare è formata da fascetti di fibre che hanno inizialmente un decorso circolare poi a spirale in modo da stringere il lume dei bronchi più piccoli senza occluderli con la loro contrazione.

Man mano che si verificano questi cambiamenti nella struttura dei bronchi la loro parete diventa sempre più sottile, ma resta comunque rivestita da una tonaca fibrosa formata da connettivo denso e fibre elastiche; essa risulta in continuità con il connettivo peribronchiale e con quello che circonda i grandi vasi.

L’arborizzazione bronchiale tuttavia non si conclude con i bronchioli    terminali,    ma    prosegue    dando    origine al


parenchima polmonare: il bronchiolo terminale è l’ultima struttura che svolge la sola funzione di trasporto di  aria, infatti nelle ramificazioni successive compaiono  gli  alveoli per cui iniziano gli scambi dei gas.

Tutte le ramificazioni bronchiali che abbiamo visto, come i vasi ad esse associati, sono sostenute da un ricco stroma connettivale che dà origine a setti fibrosi che delimitano i segmenti polmonari ed i lobuli; all’interno dei lobuli questo stroma connettivale si fonde con il  connettivo  interstiziale che riveste tutte le unità funzionali del parenchima polmonare (gli acini) e tutti gli alveoli.

Lo stroma connettivale che in profondità diventa connettivo interstiziale, sulla superficie polmonare si fonde con il connettivo che forma lo strato sottomesoteliale della pleura viscerale: essa per tanto è indissociabile dal parenchima polmonare.

 

PARENCHIMA POLMONARE

Esso è costituito dalle ramificazioni bronchiali più piccole, che fanno seguito ai bronchioli terminali, da quando cioè  iniziano a comparire gli alveoli; esso è divisibile in una serie di territori indipendenti delimitati da setti connettivali, i lobuli polmonari.

I lobuli polmonari superficiali hanno forma piramidale con  la base rivolata verso la superficie  del  polmone,  mentre  quelli più profondi sono poliedrici; ogni lobulo è fornito da un bronco lobulare che si ramifica all’interno di esso dando origine ai bronchioli terminali, ciascuno dei quali forma un acino, la più piccola unità  funzionale del  polmone.


In ogni acino il bronchiolo terminale dà origine a due bronchioli respiratori o alveolari, che presentano nella loro parete delle piccole estroflessioni emisferiche, gli alveoli che si fanno sempre più numerosi procedendo verso l’estremità distale del bronchiolo respiratorio.

Esso termina suddividendosi in vari rami (da 2 a 10) detti condotti alveolari la cui parete è completamente formata da alveoli; i condotti alveolari a loro volta si diramano nei sacchi alveolari, a fondo cieco con la parete ricca di alveoli; i sacchi o infundiboli alveolari costituiscono la parte terminale delle  vie respiratorie.

Come abbiamo già visto più le diramazioni bronchiali sono piccole e più la loro parete è sottile ed elastica, per cui la tonaca fibrosa dei bronchi principali diventa una tonaca fibromuscolare ricca di fibre elastiche, che si continua con il rivestimento connettivale della parete alveolare.

La parete alveolare è formata da un epitelio di rivestimento formato da cellule specializzate (pneumociti tipo 1 e 2) e da un sottostante strato connettivale ricco di capillari; esso crea una lamina basale che mette a contatto l’epitelio alveolare con i sottilissimi capillari alveolari.

Questa organizzazione dà origine alla membrana alveolocapillare che permette gli scambi gassosi tra aria e sangue; essa risulta costituita da:

   EPITELIO ALVEOLARE

    LAMINA    BASALE    CONNETTIVALE    DI    ALVEOLO  ED

ENDOTELIO CAPILLARE (spesso fuse)

    ENDOTELIO CAPILLARE


Tutti gli alveoli sono immersi nello stroma connettivale pericapillare o interstiziale, contenete anche cellule immunitarie, che risulta in continuità con lo stroma connettivale peribronchiale e con lo strato sottomesoteliale della pleura viscerale.

 

PLEURA VISCERALE

Si tratta di una  sottile  membrana  trasparente  che  riveste  tutto il parenchima polmonare aderendovi intimamente,  al  punto che non ne può  essere separata; essa, oltre a rivestire    la superficie del polmone, penetra nelle  scissure  interlobari  fino  quasi  all’ilo polmonare.

Giunta in corrispondenza dell’ilo, la pleura viscerale, riveste per un breve tratto le strutture del peduncolo polmonare per poi riflettersi nella parte mediastinica della pleura parietale; vediamo che emerge una profonda relazione di continuità anatomica tra parenchima polmonare e pleure.

Oltre al fatto che lo strato sottomesoteliale della pleura viscerale è in continuità con lo stroma connettivale peribronchiale, (a sua volta in continuità con lo stroma connettivale interstiziale, quindi con l’impalcatura connettivale del polmone), la pleura viscerale è anche quella struttura che dà la forma ai polmoni mantenendo unito il loro parenchima.

I polmoni hanno una forma grossolanamente conica con la base che poggia sulla cupola diaframmatica; essa, o faccia diaframmatica del polmone, ha la forma di una semiluna inclinata in basso e indietro e concava medialmente.

Grazie allo stretto rapporto tra pleura parietale e diaframma, la base del polmone si rapporta a destra con il lobo destro


del fegato, a sinistra con il lobo sinistro del fegato, lo stomaco e la milza, mentre posteriormente (da entrambi i  lati) la base dei polmoni si rapporta con le ghiandole surrenali e con i poli superiori dei reni.

La relazione tra base polmonare e visceri sottodiaframmatici è molto stretta grazie all’organizzazione fasciale del diaframma: in corrispondenza di esso infatti sono presenti varie fasce che si fondono con la fascia diaframmatica; in particolare cranialmente abbiamo la fascia endotoracica, le pleure parietali ed il pericardio, mentre caudalmente troviamo la fascia trasversalis ed il peritoneo.

La faccia laterale o costovertebrale dei polmoni, convessa, corrisponde alle coste ed agli spazi intercostali fino  alle facce laterali dei corpi delle vertebre toraciche; essa attraverso la cavità pleurica, si rapporta con la pleura parietale e con la fascia endotoracica che aderisce intimamente sia alla pleura parietale che alla parete toracica. La faccia mediale o mediastinica del polmone, verticale e concava, presenta l’ilo polmonare che a destra ha una forma rettangolare, mentre a sinistra è più arrotondato (racchetta da tennis); al di sotto dell’ilo la linea di riflessione tra pleura viscerale e parietale si prolunga fino al diaframma formando   i legamenti triangolari del polmone che segnano il confine tra la zona preilare e retroilare.

Davanti e sotto all’ilo si trova una superficie incavata detta fossa cardiaca che è più profonda a sinistra; dietro all’ilo è presente una fossa verticale che a destra è determinata dalla vena azigos, mentre a sinistra dall’aorta toracica; davanti a questo solco  a  destra  troviamo l’impronta  della  vena  cava


superiore e a sinistra quella del tronco venoso brachiocefalico sinistro.

L’apice del polmone è la parte di parenchima che si trova cranialmente alla seconda costa; medialmente esso è incrociato dall’arteria succlavia che vi lascia un’impronta; posteriormente si rapporta con il ganglio cervicale inferiore dell’ortosimpatico cervicale, mentre superiormente l’apice polmonare si rapporta con le radici inferiori del plesso brachiale.

La superficie dei polmoni è percorsa da scissure interlobari che si portano in profondità nel parenchima quasi fino all’ilo (insieme alla pleura viscerale), dividendo il polmone in lobi (3 a destra, 2 a sinistra); entrambi i polmoni presentano la scissura obliqua o principale, mentre solo il polmone destro presenta la scissura orizzontale o accessoria.

La scissura interlobare obliqua (presente in entrambi i polmoni, con uguale decorso) origina dalla parte superiore dell’ilo, si dirige in altro e indietro oltrepassando il margine posteriore del polmone per attraversarne la faccia costovertebrale obliquamente in basso-avanti fino a raggiungere la base del polmone, attraversarla, continuare sulla faccia mediale del polmone per giungere alla parte inferiore dell’ilo.

La scissura orizzontale si distacca dalla scissura  obliqua  sulla faccia costovertebrale del polmone destro a livello della quarta costa; essa attraversa orizzontalmente la faccia laterale del polmone, ne supera il margine anteriore decorrendo leggermente verso l’alto e si porta sulla faccia mediastinica del polmone per giungere all’ilo.


PLEURA PARIETALE

toracica;

la    pleura    viscerale    e    quella    parietale

risultano

separate

da    uno    spazio virtuale    detto cavità

pleurica,

 

 A partire dalla riflessione della pleura viscerale a livello dell’ilo polmonare, la pleura parietale riveste interamente il polmone   garantendo   un   solido   ancoraggio   alla    parete

 

contenente un sottile film di liquido pleurico.

Il liquido pleurico ha la funzione di garantire lo scivolamento reciproco tra le due pleure (viscerale e parietale) per evitare attriti nella respirazione, ma la sua funzione principale è  quella di mantenere la pleura viscerale adesa a quella parietale: la cavità pleurica infatti è uno spazio a pressione negativa, per cui la presenza del liquido pleurico fa si che la pleura viscerale resti applicata a quella parietale, proprio come se si trattasse di una goccia d’acqua  interposta  tra  due lastre di vetro.

La pleura parietale è strettamente adesa alla fascia endotoracica, in tutta la sua estensione; la fascia endotoracica è altrettanto strettamente adesa alla parete toracica: si crea pertanto una stretta continuità tra polmone e parete toracica (diaframma compreso).

La presenza del liquido pleurico nella cavità pleurica ed il solido accollamento fasciale tra pleura parietale e torace, sono connessioni determinanti nella fisiologia respiratoria in quanto permettono ai polmoni di seguire i movimenti della parete toracica e del diaframma, quindi di espandersi in inspirazione.

Possiamo descrivere varie parti della pleura parietale:

   PLEURA COSTALE


   PLEURA MEDIASTINICA

   PLEURA DIAFRAMMATICA

La pleura costale si estende dalla faccia posteriore dello sterno fino alle facce laterali della colonna dorsale; essa è molto spessa e resistente ed aderisce alla fascia endotoracica, entrando in rapporto con il muscolo trasverso del torace, gli intercostali e sottocostali, le coste, con i vasi e nervi intercostali; allo stesso modo posteriormente si rapporta con la catena latero-vertebrale dell’ortosimpatico e con le vene azigos ed emiazigos.

In alto la pleura costale ricopre l’apice del polmone costituendo la cupola pleurica, che aderendo alla fascia endotoracica dà origine al diaframma cervico-toracico di Bourgerey; la cupola pleurica risale di 2-3 cm al di sopra della prima costa arrivando fino alla metà del corpo di C7; essa si rapporta anteriormente con i vasi succlavi e con la carotide comune, superiormente con i rami del plesso brachiale e posteriormente con il ganglio cervicale cervicale inferiore, o stellato, dell’ortosimpatico.

La cupola pleurica è sostenuta da un apparato legamentoso sospensore formato da:

   LEG. VERTEBRO-PLEURICO

    LEG. TRASVERSO-PLEURICO

    LEG. COSTOPLEURICO

    MUSCOLO SCALENO  MINIMO

Il legamento vertebro-pleurico origina dai corpi di C6-C7-D1   e si dirige lateralmente in basso per inserirsi sulla parte mediale  della  cupola  pleurica;  esso  è  un’espansione della


fascia prevertebrale, che fa parte dell’aponeurosi cervicale profonda.

Il legamento trasverso-pleurico, o scaleno pleurico, origina dai processi traversi di C6-C7, si dirige lateralmente in basso e si inserisce sulla parte anteriore della cupola pleurica e della prima costa, subito dietro all’inserzione del muscolo scaleno anteriore; tra i fasci di questo legamento, vicino all’origine, decorre il ramo anteriore del plesso brachiale emergente da C7; questo legamento è un’espansione della fascia degli scaleni, anch’essa di pertinenza dell’aponeurosi cervicale profonda.

Il legamento costo-pleurico unisce il collo della prima costa alla parte laterale della cupola pleurica; sopra di esso (sotto   il legamento trasverso pleurico) decorre il ramo anteriore del plesso brachiale C8, mentre all’interno dei suoi fasci, vicino al collo della prima costa decorre il primo nervo toracico.

Lo scaleno minimo è un piccolo muscolo incostante che dai processi trasversi di C6-C7 raggiunge il margine mediale della prima costa, inviando dei fasci tendinei alla cupola pleurica: in questo modo contraendosi la tende; la cupola pleurica, inoltre, è raggiunta da fasci fibrosi provenienti dalla tonaca avventizia dell’esofago e dalla tonaca fibrosa della trachea, che agiscono come mezzi di fissità.

Vediamo quindi che la cupola pleurica si articola fascialmente con il sistema delle aponeurosi interne tramite la fascia endotoracica, con l’aponeurosi superficiale tramite la fascia cervicale profonda (prevertebrale e degli scaleni), e con l’asse aponeurotico centrale (catena viscerale) tramite le fasce esofagea e  tracheale.


La pleura parietale mediastinica, più sottile, è testa dalla faccia posteriore dello sterno alla colonna e delimita lateralmente il mediastino; le parti anteriore e posteriore, che la compongono, si incontrano in corrispondenza dell’ilo polmonare formando una piega che crea il legamento triangolare del polmone, con base inferiore ancorata al diaframma ed apice superiore corrispondente alla parte inferiore dell’ilo polmonare.

I legamenti triangolari dei due lati comunicano tra loro perché entrambi medialmente si uniscono strettamente alla fascia esofagea; questa connessione crea una sorte di amaca dietro al pericardio fibroso, che è collegato alla fascia esofagea grazie al legamento esofago-pericardico; si può vedere, quindi, che le pleure dei due lati si articolano tra loro grazie ai legamenti triangolari, altrimenti sarebbero indipendenti una dall’altra.

La pleura mediastinica sinistra è a contatto con il pericardio fibroso, superiormente con l’arco aortico, con le arterie carotide comune e succlavia, con il tronco venoso brachiocefalico e con i nervi vago e frenico sinistri, che decorrono verso il basso rispettivamente dorsalmente e ventralmente all’ilo polmonare.

La pleura mediastinica destra aderisce al pericardio fibroso, si rapporta con l’aorta ascendente, con la vena cava superiore e azigos, con i nervi vago e frenico destri (come a sinistra) e con trachea ed esofago.

La pleura parietale diaframmatica si estende sulla faccia superiore del diaframma aderendo strettamente ad esso tramite  l’interposizione  della  fascia  endotoracica;  la pleura


diaframmatica aderisce a tutta la faccia superiore del diaframma esclusa l’area occupata dal pericardio fibroso; medialmente si riflette nella pleura mediastinica e lateralmente diventa pleura costale.

 

SENI PLEURALI

Essi sono recessi presenti nella cavità pleurica, contenenti liquido pleurico; hanno la funzione di creare lo spazio utile al polmone per potersi espandere in inspirazione; essi rappresentano anche le zone in cui può verificarsi una raccolta di liquido pleurico in eccesso a causa di pleuriti, quindi possono essere sedi di aderenze.

 

SENO  COSTOFRENICO

Si forma lungo la linea di riflessione della pleura diaframmatica in pleura costale, pertanto si trova lungo tutta l’estensione dell’angolo compreso tra cupola diaframmatica   e parete toracica; esso normalmente è uno spazio virtuale che il polmone occupa solo parzialmente in inspirazione.

La proiezione toracica del seno costofrenico corrisponde ad una linea che, dal mergine inferiore della sesta cartilagine costale, si dirige in basso e in fuori per raggiungere l’ottavo spazio intercostale sulla linea emiclaveare e la decima costa sulla linea ascellare media; posteriormente questa linea termina in corrispondenza del margine inferiore di D12.

 

SENO  COSTOMEDIASTINICO

Si forma anteriormente, lungo la linea di riflessione della pleura mediastinica in pleura costale, pertanto si trova  dietro


al corpo dello sterno; esso accoglie il margine anteriore del polmone che lo occupa quasi completamente.

In corrispondenza dell’incisura cardiaca del polmone, questo seno decorre rettilineo quindi si fa più profondo; i seni costomediastinici dei due lati sono vicinissimi e risultano separati, sulla linea mediana, da un sottile strato di tessuto connettivo lasso.

 

SENO  INTERAORTICOESOFAGEO

Esso è un recesso della cavità pleurica formato dalla pleura mediastinica sinistra; essa infatti, posteriormente all’ilo polmonare si interpone tra esofago ed aorta toracica dando origine a questo recesso che decorre quindi in senso verticale su un piano sagittale.

 

SENO INTERAZIGOSESOFAGEO

Analogamente al precedente, questo seno è formato dalla pleura mediastinica di destra che si insinua tra vena azigos ed esofago; anch’esso quindi presenta un decorso verticale su un piano sagittale.

 

RIASSUMENDO

  Abbiamo visto che esiste una totale continuità anatomica   tra parenchima polmonare,  pleura  viscerale  e  pleura  parietale.

 Il parenchima polmonare si pone in continuità prossimalmente con la tonaca fibrosa della trachea,  a  sua  volta  collegata  all’asse  aponeurotico  centrale.


 La pleura parietale è intimamente adesa alla fascia endotoracica e risulta pertanto indissociabile dalla parete toracica  e  dal diaframma.

 Le pleure parietali dei due lati si articolano tra loro sulla linea mediana, posteriormente, grazie alla continuità tra legamenti triangolari dei polmoni e fascia esofagea.

 

Pertanto le fasce viscerali della cavità toracica, ossia la tonaca fibrosa della trachea, dei bronchi, il parenchima polmonare e le pleure si articolano con:

  ASSE    APONEUROTICO    CENTRALE  grazie    alla connessione tra pleure e diaframma, tra legamenti triangolari e fascia esofagea, tra cupola pleurica e fascia esofagea/tracheale, tra fascia tracheale e fascia esofagea (muscolo tracheosofageo), fascia tracheale e pericardio (leg. tracheopericardico).

  APONEUROSI SUPERFICIALE grazie  alla connessione con la parete toracica tramite la fascia trasversalis ed al collegamento tra leg. vertebro-pleurico e fascia prevertebrale (ap. cerv. profonda) e leg. trasverso-pleurico e fascia degli scaleni (ap. cerv.  profonda).

  APONEUROSI INTERNE grazie alla continuità tra pleura parietale  e  fascia  endotoracica.

  FASCE VISCERALI DELLA CAVITA’  ADDOMINALE

grazie alla fascia diaframmatica che collega la fascia endototoracica (quindi tutte le fasce viscerali del torace) alla fascia trasversalis, la quale è legata a tutte le fasce viscerali dell’addome.


FASCE VISCERALI DELLA CAVITA’

ADDOMINALE

 

Il dispositivo fasciale principale in questa regione è il peritoneo, a cui si associano altre strutture, formatesi da accollamenti fasciali che sono la fascia di Treitz e le fasce di Toldt. Tutte queste strutture connettono i visceri tra loro, e li ancorano alla parete addominale posteriore e al diaframma.

 

PERITONEO

E’ la membrana sierosa più estesa del corpo umano, infatti raggiunge 1,7 metri quadrati di superficie; si presenta liscio, trasparente e di spessore variabile in base alle zone; proprio come succedeva per le pleure, il peritoneo si può vedere come un sacco chiuso (o come un palloncino) nel quale i visceri si invaginano più o meno profondamente.

Nessun viscere infatti è contenuto all’interno della cavità peritoneale, che è una cavità virtuale vuota contenente solo il liquido peritoneale; bensì, come se noi con un dito premessimo dall’esterno verso l’interno in un palloncino, i visceri nel loro sviluppo si invaginano nel peritoneo restandone rivestiti più o meno completamente.

I visceri che sono quasi totalmente rivestiti da peritoneo si dicono intraperitoneali (pur essendo all’esterno della cavità peritoneale), quelli che hanno solo la loro parete anteriore rivestita da peritoneo sono retroperitoneali, mentre i visceri


pelvici sono detti sottoperitoneali, pur essendo rivestiti quasi totalmente dal peritoneo.

Grazie al fatto che durante il loro sviluppo i visceri protrudono nel peritoneo, esso risulta costituito da due foglietti: uno parietale che tappezza le pareti della  cavità  addominale  ed  uno viscerale che riveste gli organi addominali; i due foglietti sono del tutto in continuità in  quanto  risultano  dall’invaginazione dei visceri in un sacco   chiuso.

La continuità anatomica tra i due foglietti peritoneali si realizza tramite i meso, legamenti ed epiploon od omenti; essi risultano dall’accollamento di due lamine peritoneali che collegano i visceri tra loro, oppure li sospendono alla pareti addominali.

I meso sono strutture bilaminari che connettono i visceri alla parete addominale posteriore e che contengono i vasi ed i nervi destinati a quel dato viscere.

I legamenti sono pieghe peritoneali bilaminari che connettono principalmente i visceri alle pareti addominali (non solo a quella posteriore) e che possono contenere vasi e nervi oppure possono essere costituiti solo da tessuto connettivo.

Gli epiploon od omenti sono strutture bilaminari che collegano tra loro due o più visceri; a volte possono essere denominati legamenti e contengono anch’essi vasi e nervi.

 

PERITONEO PARIETALE

Esso tappezza tutta la cavità addominale articolandosi strettamente con la fascia trasveralis in tutta la sua estensione; tramite l’adesione alla fascia trasversalis il peritoneo    quindi    si    articola    con    tutte    le    fasce che


compongono le pareti addominali (ap. superficiale) e con la fascia diaframmatica.

 

PERITONEO PARIETALE ANTERIORE

La parte anteriore del peritoneo parietale presenta una disposizione particolare nei confronti della parete addominale antero-laterale; vediamo le sue caratteristiche a partire dalla cicatrice ombelicale, verso l’alto e verso  il basso.

Nella zona sovraombelicale si evidenzia una piega sulla linea mediana, che parte dall’ombelico e si porta verso l’alto, fino al diaframma, facendosi sempre più rilevata; essa è il legamento falciforme del fegato che nella vita fetale dà passaggio alla vena ombelicale, la quale dopo la nascita si oblitera formando il legamento rotondo del fegato, che decorre lungo il margine libero del legamento falciforme.

Il legamento falciforme, andandosi a inserire all’estremità postero-superiore del solco sagittale del fegato, connette fegato e diaframma alla parete addominale anteriore; i due foglietti peritoneali che lo costituiscono, una volta raggiunto il fegato, divergono formando la lamina superiore del legamento coronario, che darà origine ai legamenti triangolari del fegato.

I legamenti triangolari, tuttavia, non originano solo dal legamento coronario, ma rappresentano anche le due estremità laterali dal peritoneo parietale anteriore che si va a fissare al diaframma.

Il peritoneo parietale anteriore infatti, ai lati della linea mediana,   continua   a   rivestire   tutta   la   parete  anteriore


dell’addome e la parte inferiore della cupola diaframmatica per poi riflettersi diventando peritoneo viscerale; compiendo questo percorso, il peritoneo parietale, raggiunge a destra il margine posteriore del lobo destro del fegato e la vena cava (triangolare destro), e a sinistra il margine posteriore del lobo epatico sx ed io cardias (triangolare sx).

Il peritoneo parietale anteriore passa a ponte sulla faccia interna cicatrice ombelicale, dove si articolano tutte le fasce della parete addominale anteriore, per poi continuare a rivestire verso il basso la zona sottombelicale della parete addominale.

Al di sotto dell’ombelico il peritoneo parietale si presenta sollevato in diverse pieghe: piega ombelicale media, pieghe ombelicali mediali e piaghe ombelicali laterali; interposte tra queste pieghe troviamo delle fossette corrispondenti ad aree deboli della parete addominale anteriore.

La piega ombelicale media si forma, sulla linea mediana, per la presenza del legamento ombelicale mediano (residuo dell’uraco) che a partire dalla faccia interna della cicatrice ombelicale si porta fino all’apice della vescica: esso è considerato la continuazione del legamento falciforme del fegato; infatti, anche se i due legamenti derivano da strutture diverse si pongono in continuità nell’ombelico, costituendo un collegamento tra fegato e vescica.

Le pieghe ombelicali mediali si estendono dall’ombelico alle facce laterali della vescica, divergendo verso il basso come i lati di un triangolo, facendosi più rilevate vicino alla vescica; esse  sono  determinate  dalla  presenza  dei  due  legamenti


ombelicali mediali che sono i residui delle arterie ombelicali del feto.

L’area di peritoneo parietale corrispondente a questo triangolo, che ha come apice l’ombelico e come base la vescica, si articola con la fascia prevescicale che si interpone tra esso e la fascia trasversalis.

Più lateralmente, esternamente al margine laterale dei muscoli retti dell’addome, troviamo le pieghe ombelicali laterali; esse divergono in direzione dei legamenti inguinali e sono osservabili solo nella parte più bassa della parete; sono determinate dalla presenza dei vasi epigastrici inferiori.

Tra la piega ombelicale media e le due pieghe ombelicali mediali troviamo le fossette sopravescicali; tra le pieghe ombelicali e quelle laterali troviamo le fossette inguinali mediali: esse corrispondono parzialmente alla parete posteriore del canale inguinale, ed attraverso esse possono farsi strada anse intestinali creando ernie inguinali dirette.

Lateralmente alla piega ombelicale laterale troviamo le fossette inguinali laterali corrispondenti all’orifizio interno del canale inguinale: anche attraverso esso possono farsi strada anse intestinali creando ernie inguinali oblique esterne.

Dopo aver formato tutte le strutture descritte, il peritoneo parietale continua a rivestire uniformemente le parti resta ti della parete antero-laterale dell’addome, mentre più in basso il peritoneo parietale riveste gli organi del piccolo bacino.

 

PERITONEO PARIETALE POSTERIORE

Il peritoneo parietale, in  corrispondenza  della  parete  posteriore    dell’addome,    presenta    un    arrangiamento più


complesso rispetto a quello mostrato a livello della parete addominale anteriore; questo perché i collegamenti tra parete addominale posteriore e visceri sono più sostanziosi e numerosi, rispetto a quelli tra visceri e parete addominale anteriore.

Per farci un’idea del comportamento del peritoneo è opportuno considerare tre sezioni dell’addome: una sagittale e due trasversali, di cui una sopramesocolica e l’altra sottomesocolica.

 

COLLEGAMENTI TRA VISCERI E PARETE POST

I collegamenti più robusti sono i diversi meso, ma esistono anche diversi legamenti che creano connessioni tra visceri e parete posteriore dell’addome; in questa sezione prenderemo in considerazione anche tutti i collegamenti tra visceri e diaframma.

 

MESOCOLON TRASVERSO

Si tratta di una lamina trasversale formata due foglietti peritoneali (superiore e inferiore), che collega i colon trasverso alla parete addominale posteriore; tra i due foglietti che lo compongono decorrono i vasi ed i nervi destinati al colon trasverso.

La linea di origine del mesocolon trasverso è tesa tra i margini laterali dei due reni, con una direzione leggermente obliqua verso il basso e verso destra (rene sx più  altro del dx); la sua estremità sinistra passa tra il terzo superiore ed il terzo medio del rene sinistro, percorre il mergine inferiore di coda e corpo pancreatico, attraversa la testa del pancreas,  il


secondo duodeno, e attraversa il rene destro fino al suo margine laterale passando tra il terzo medio ed il terzo inferiore.

Ai suoi estremi laterali la linea di origine del mesocolon trasverso, piega verso il basso per continuare nel peritoneo parietale che riveste la facce anteriori del colon ascendente   e discendente; quando i due foglietti peritoneali che lo compongono raggiungono il colon trasverso, essi si separano per avvolgerlo.

Il foglietto superiore del mesocolon trasverso, origina dal peritoneo parietale che riveste la parete posteriore della retrocavità degli epiploon, ricopre la parte superiore del complesso duodeno-pancreas, prosegue in avanti, e quando raggiunge il colon si pone in contatto con il grande omento; in questo punto spesso si crea un accollamento fasciale  tra  le  due strutture che dà origine al legamento gastrocolico, che vedremo in seguito; il foglietto superiore del mesocolon trasverso inoltre  costituisce  il  pavimento  della  retrocavità  degli epiploon.

Il foglietto inferiore del mesocolon trasverso, alla sua origine, ricopre la parte inferiore del complesso duodeno-pancreas e prosegue invece anteriormente fino a rivestire il colon trasverso fondendosi con il foglietto superiore; tra i due foglietti del mesocolon trasverso decorrono le arterie e vene colica media (ramo della mesenterica superiore) e colica sinistra (ramo della mesenterica inferiore) che si anastomizzano.

Il mesocolon trasverso, nel suo insieme, costituisce un piano trasversale  che  separa  la  cavità  viscerale  addominale  in due


parti: quella sopramesocolica in cui sono presenti fegato e cistifellea, stomaco, milza, parte superiore del complesso duodeno-pancreas, dei reni e ghiandole surrenali; quella sottomesocolica in cui sono presenti tutto il resto dell’intestino e la parte inferiore dei reni e del complesso duodeno-pancreas (teniamo presente cos’è retro e cosa intraperitoneale).

 

MESENTERE

E’ meso che collega le anse del tenue alla parete posteriore dell’addome ed assicura la loro vascolarizzazione e innervazione; i due foglietti che lo compongono hanno la forma di un segmento di cerchio con la radice corrispondente all’origine e la circonferenza al bordo intestinale lungo 5-6 metri e molto mobile.

La radice del mesentere è la sua parte più fissa, solidamente ancorata alla parete addominale posteriore  e  disposta  secondo una linea obliqua in basso e a destra, che va dall’angolo duodeno-digiunale alla valvola  ileociecale,  lunga  dai 15 ai 17  cm.

Possiamo suddividere la linea d’origine della radice del mesentere  in  tre segmenti:

 SUPERIORE: obliquo in basso e a destra,  in  corrispondenza dell’angolo duodeno-digiunale il muscolo di Treitz la fissa fortemente alla  trasversa  sinistra  di  L2,  aderisce  al terzo  duodeno  per portarsi davanti al corpo  di L3.

 MEDIO: più corto e verticale, è l’elemento più fisso della radice perché in questo punto penetrano nel mesentere i vasi mesenterici superiori; si trova davanti ai corpi di L3 ed L4.


 INFERIORE: nuovamente obliquo in basso e a destra, si estende dal disco tra L4 ed L5 alla valvola ileociecale, dove    poi  si  collega  al mesoappendice.

Nel suo decorso, la radice del mesentere, passa davanti al terzo duodeno, all’aorta addominale, alla vena cava inferiore, all’uretere ed ai vasi spermatici o lombo-ovarici di destra e allo psoas di destra.

Il mesentere è  formato da due lamine peritoneali, la destra e la sinistra; la lamina destra  guarda  in  alto  a  destra  e prosegue sulla parete addominale posteriore per rivestire, lateralmente  la  faccia  anteriore  del  colon  ascendente,  mentre superiormente si fonde con il foglietto inferiore del mesocolon trasverso; la lamina sinistra, che guarda in basso a sinistra, prosegue sula parete posteriore per rivestire  la  faccia anteriore del colon discendente, e inferiormente si continua  nel mesosigma.

Il versante intestinale del mesentere, cioè il punto in cui i suoi due foglietti si separano per avvolgere le anse del digiuno e dell’ileo, ne costituisce la parte più mobile in assoluto; inoltre, tra i due foglietti che lo costituiscono, il mesentere accoglie l’arteria e la vena mesenterica superiore che, ramificandosi all’interno del mesentere raggiungono i loro territori di pertinenza, cioè le anse del tenue, il cieco, il colon ascendente e circa metà colon trasverso.

 

MESOAPPENDICE

E’ una piega peritoneale  triangolare  che  deriva  dal  mesentere; esso avvolge l’appendice veicolando i vasi ed  i  nervi che la raggiungono.


Il mesentere avvolge tutte le anse del tenue, compresa l’ultima: dopo averla rivestita, partendo dal suo margine inferiore, si prolunga in basso diventando mesoappendice; il mesoappendice e la parte inferiore del mesentere emettono dei prolungamenti che costituiscono i legamenti retro-ileo- colico e latero-colico, che collegano il cieco alla parete lombo-iliaca; il mesoappendice inoltre continua in basso nel legamento appendico-ovarico.

 

MESOSIGMA

Anche il mesosigma, o mesocolon ileopelvico, è formato da due lamine peritoneali, destra e sinistra, tra le quali decorrono i vasi destinati al colon discendente ed al sigma, cioè le arterie (e vene) colica sinistra e sigmoidee, rami della mesenterica inferiore; le vene confluiranno nel circolo portale. La lamina destra del mesosigma deriva dalla lamina sinistra del mesentere; quando giunge al sigma lo avvolge e si riflette diventando lamina sinistra del mesosigma che, aderendo alla lamina destra, scende nella pelvi sulla linea mediana fino a S3 dove si riflette dietro alla prima porzione intraperitoneale del retto, formando il mesoretto.

Le due lamine del mesoretto dopo poco divergono, rivestono la prima parte del retto e poi lo abbandonano più in alto in corrispondenza delle sue facce laterali e più in  basso  a livello della sua faccia anteriore; tra le due lamine del mesoretto decorrono i vasi destinati alla parte superiore del retto cioè l’arteria vena rettale superiore, rami della mesenterica inferiore.


La linea d’attacco del mesosigma alla parete posteriore dell’addome ha la forma di una V rovesciata, il cui apice corrisponde al punto in cui l’uretere sinistro incrocia i vasi iliaci comuni, che solitamente coincide la biforcazione dell’arteria iliaca comune sinistra nelle arterie iliache esterna ed interna.

Dall’apice di questa V derivano le due radici del mesosigma:

 RADICE PRIMARIA: discende verticalmente sulla linea mediana dal punto in cui  i  vasi  mesenterici  inferiori  entrano nel mesosigma, fino a  S3.

 RADICE SECONDARIA: obliqua in basso a sinistra, dall’origine della radice primaria raggiunge lo psoas sinistro, segue il bordo esterno dei vasi iliaci comuni, poi esterni, incrociando i vasi gonadici e l’uretere di sinistra.

Il mesosigma inoltre emette delle espansioni che costituiscono legamenti:

 LEG. COLO-ILIACO: prolunga verso sinistra la radice secondaria del mesosigma, unendo il sigma alla parete iliaca sinistra.

 LEG.  COLO-TUBARIO:  unisce  il  mesosigma  alla  tuba uterina  sinistra.

 LEG.  COLOMESENTERICO:  incostante  unisce  il  mesosigma  al  foglietto  sinistro  del mesentere.


LEGAMENTI

Dopo aver parlato dei meso, dedichiamoci ora ai legamenti, cioè a tutte quei ripiegamenti di peritoneo che collegano i visceri alla parete addominale posteriore oppure al diaframma, e che possono contenere vasi oppure no.

 

LEGAMENTO CORONARIO

Questo legamento deriva dai due foglietti peritoneali che compongono il legamento falciforme del fegato; quando questi raggiungono il fegato divergono per avvolgerlo, creando due foglietti, destro e sinistro, che rivestono la faccia antero-superiore del fegato, e altri due foglietti che rivestono quella postero-inferiore.

Il versanti antero-superiore e postero-inferiore del legamento coronario si avvicinano sulla faccia posteriore del fegato, delimitando l’area nuda del fegato: l’unica zona in cui manca il rivestimento peritoneale, quindi il fegato risulta accollato al diaframma.

Dopo aver delimitato l’area nuda del fegato i foglietti del legamento largo si riflettono, sia anteriormente che posteriormente, rivestendo la faccia inferiore del diaframma   e proseguendo come peritoneo parietale anteriore e posteriore.

Alle estremità laterali del fegato il versante anteriore e quello posteriore del legamento coronario si uniscono formando i legamenti triangolari destro e sinistro che collegano il fegato al diaframma; il due  foglietti  posteriori  del  legamento  coronario  inoltre  danno  origine  ad  un’espansione  che riveste


la faccia anteriore della vena cava inferiore detta meso epato-cavo.

Quando i foglietti del leganti coronario raggiungono l’ilo epatico, si uniscono per dare origine ai foglietti anteriore e posteriore del piccolo epiploon che vedremo in seguito; ricordiamo inoltre che, al si sotto del rivesto peritoneale del fegato, troviamo la capsula di Glisson che aderisce strettamente al parenchima epatico e si infiltra al suo interno per sostenere tutta l’arborizzazione dei vasi epatici, e delle vie biliari intraepatiche, delimitando le unità funzionali (lobuli) del parenchima epatico.

 

LEGAMENTO GASTRO-FRENICO

I due foglietti di peritoneo viscerale che rivestono le facce anteriore e posteriore dello stomaco derivano dai foglietti anteriore e posteriore del piccolo omento; dopo aver rivestito la maggior parte dello stomaco essi si uniscono in per formare il legamento gastro-frenico.

Esso si trova in corrispondenza del fondo gastrico e collega lo stomaco alla fogliola sinistra del centro frenico del diaframma; verso destra si continua con la parte alta del piccolo epiploon e verso sinistra, in basso, prosegue nell’epiploon gastro-splenico.

I due foglietti, anteriore e posteriore, che lo compongono, prima di riunirsi delimitano anche sullo stomaco un’area nuda, priva di rivestimento peritoneale che comprende il cardias, la faccia posteriore dell’esofago ed una parte del fondo gastrico; queste strutture risultano così a diretto contatto con il diaframma.


LEGAMENTI FRENO-COLICI

Rappresentano gli elementi di fissazione più importanti per gli angoli colici che vengono collegati così al diaframma; essi derivano in parte dalle estremità  laterali del grande epiploon  e si riflettono  inferiormente  nel  peritoneo  parietale  che  riveste le facce mediali, anteriori e laterali  dei  colon  ascendente  e discendente.

Ricordiamo che il legamento frano-colico sinistro si trova  sotto il polo inferiore della milza, per questo è detto subtstentaculum liens, cioè “sostenitore” della milza.

 

EPIPLOON

Si parla di epiploon od omenti ogni volta che si crea un legamento, costituito dal peritoneo, che collega due  visceri tra loro e dà passaggio a vasi e nervi; alcune di queste strutture sono denominate normalmente legamenti, ma nonostante ciò non creano un collegamento con la parete posteriore dell’addome.

 

EPIPLOON GASTRO-EPATICO

Detto anche piccolo epiploon o piccolo omento, collega l’ilo epatico alla piccola curvatura dello stomaco ed alla prima porzione del duodeno; esso risulta formato da due legamenti del tutto in continuità tra loro: il legamento epato-gastrico e quello epato-duodenale.

I due foglietti peritoneali che compongono il piccolo epiploon derivano dal rivestimento peritoneale anteriore e posteriore di fegato e stomaco.


Il piccolo epiploon è una formazione quadrangolare disposta su un piano parafrontale: la sua faccia anteriore è ricoperta dal fegato mentre quella posteriore delimata anteriormente   la restrocavità degli epiploon.

Il margine sinistro del piccolo omento si inserisce sulla porzione addominale dell’esofago, piccola curvatura dello stomaco e e sul primo duodeno, il suo margine superiore si inserisce sul diaframma; i due foglietti del piccolo epiploon danno passaggio, lungo la piccola curvatura dello stomaco alle arterie gastrica destra e sinistra che si anastomizzano  ed alla vena coronaria dello stomaco.

Il piccolo epiploon raggiunge il fegato in corrispondenza e del solo del legamento venoso; questo si trova sulla faccia posteriore del fegato, speculare al solco creato dal legamento falciforme: accoglie il legamento venoso, cioè il residuo dell’anastomosi tra vena porta e vena  epatica sinistra presente nella vita fetale.

Dopo aver raggiunto  il fegato  con  questa  “linea  d’inserzione” a L i due foglietti del  piccolo  epiploon  rivestono  il  fegato;  nella porzione di piccolo epiploon detta legamento epato- duodenale è contenuta la triade epatica  costituita  dagli  elementi del peduncolo epatico cioè VENA PORTA, ARTERIA EPATICA e COLEDOCO.

Il margine destro del piccolo epiploon è  libero (i due foglietti  si continuano l’uno nell’altro) e costituisce il forame epiploico di Winslow che conduce alla retrocavità  degli epiploon; essa si trova dietro allo stomaco ed ha la funzione di garantire la possibilità  allo  stomaco  di  espandersi  e  muoversi liberamente.


RETROCAVITA’ DEGLI EPIPLOON

Si trova dietro allo stomaco ma si estende oltre ai suoi limiti; essa comunica con la cavità peritoneale grazie al forame di Winslow che da accesso al suo vestibolo, separato dalla cavità propriamente della dall’istmo della retrocavità degli epiploon.

Il forame di Winslow è una fessura ovalare posta su un piano sagittale del diametro di 2-3 cm;  la  sua  parete  anteriore  è  data dal mergine destro del legamento  epato-duodenale,  il  tetto è dato dal rivestimento peritoneale del lobo caudato del fegato, la parete posteriore dal rivestimento peritoneale sulla faccia anteriore della vena cava, ed il pavimento dal rivestimento peritoneale del primo   duodeno.

Superato il forame epiploico si giunge nel vestibolo della retrocavità degli epiploon, porzione appiattita in senso antero-posteriore che si trova direttamente dietro al piccolo epiploon; In alto il vestibolo si estende tra lobo caudato del fegato ed esofago nel recesso paraesofageo mentre a sinistra si trova l’istmo.

L’istmo è un restringimento della cavità dato dalla tuberosità omentale del pancreas (sporgenza all’unione tra testa e collo del pancreas) e da una piega peritoneale detta piega gastropancreatica che si solleva sul piano mediano per dare passaggio all’arteria gastrica sinistra ed alla vena coronaria della stomaco; queste strutture creano una sorta di protuberanza sul peritoneo parietale posteriore che si  avvicina alla faccia posteriore del piccolo epiploon.

Dopo l’istmo si trova la parte principale della retrocavità degli epiploon corrispondente alla faccia posteriore dello  stomaco;


essa si prolunga verso sinistra nel recesso lienale che si fa strada tra il legamento gastrolienale in avanti e quello pancreaticolienale indietro, fino all’ilo della milza. In basso è presente un prolungamento inferiore che durante la vita fetale è molto esteso perché penetra tra le sue lamine del grande epiploon, mentre dopo la nascita si riduce a causa di accollamenti peritoneali.

La parete anteriore della retrocavità degli epiploon è data da quella posteriore dello stomaco e del piccolo  epiploon;  il  tetto è  dato dal diaframma, la parete posteriore corrisponde al peritoneo parietale posteriore che  riveste il  pancreas, rene e surrenale sinistra e l’aorta addominale, mentre il pavimento è dato dal foglietto superiore del mesocolon trasverso.

 

GRANDE EPIPLOON

O Grande omento è una vasto ripiegamento del peritoneo che partendo dallo stomaco si dispone davanti alla massa del tenue per poi connettersi al mesocolon trasverso; è formato da due parti: il legamento gastro-colico ed il grembiule omentale.

Il legamento gastro-colico è formato dai due foglietti peritoneali che rivestono le facce anteriore e posteriore dello stomaco: in corrispondenza della grande curvatura questi due foglietti si uniscono e si dispongono davanti al colon trasverso al quale risultano spesso accollati, anche se chirurgicamente è facile separarli; in corrispondenza della grande curvatura all’interno del leg. gastro-colico    decorrono


le arterie e le vene gastroepiploiche destra e sinistra che si anastomizzano.

I due foglietti peritoneali del legamento gastro-colico proseguono verso il basso andando o formare le due lamine più anteriori del grembiule omentale; dopo aver ricoperto la faccia anteriore delle anse del tenue le due lamine anteriori del grembiule omentale si riflettono verso l’alto formando le sue due lamine posteriori; in questo modo il grembiule omentale risulta costituito da quattro lamine sovrapposte.

Le due lamine posteriori del grembiule omentale risalgono fino al mesocolon trasverso e vi si accollano; lateralmente il grande omento emette dei prolungamenti che si connettono ai legamenti freno-colici, e in corrispondenza della grande curvatura risulta in continuità con il legamento gastro-lienale.

Una caratteristica peculiare del grande omento è la sua intelligenza: il grande epiploon ha la capacità di  spostarsi nelle sedi di infezioni o infiammazioni peritoneali e di circoscrivere questi processi, così come riesce spesso ad occludere la perforazione di un viscere cavo!

 

EPIPLOON GASTRO-SPLENICO

Si trova in corrispondenza della parte verticale della grande curvatura dello stomaco e collega quest’ultimo all’ilo della milza; esso è in continuità inferiormente con il legamento gastro-colico e superiormente con quello gastro-frenico.

L’epiploon o legamento gastro-lienale è costituito dai due foglietti peritoneali che rivestono le facce anteriore e posteriore dello stomaco che si uniscono creando un setto verticale  diretto  indietro  e  in  fuori  che  raggiunge  il labbro


anteriore dell’ilo della milza; all’interno di  esso  decorrono  i  vasi gastrici brevi rami dell’arteria e vena lienale.

 

EPIPLOON PANCREATICO-SPLENICO

Esso origine dal peritoneo parietale posteriore che riveste la faccia anteriore dei visceri retro-peritoneali sovramesocolici; dopo aver rivestito la faccia anteriore del pancreas, in corrispondenza della coda pancreatica origina questo epiploon.

L’epiploon pancreatico-splenico dalla cosa del pancreas raggiunge il labbro posteriore dell’ilo della milza contenendo al suo interno il peduncolo neurovascolare splenico; esso infatti da passaggio all’arteria ed alla vena lienale che inizialmente hanno un decorso retroperitoneale lungo il margine superiore del pancreas e poi penetrano in questo legamento.

L’epiploon pancreatico-lienale superiormente si continua con il legamento frenico-lienale che unisce il polo superiore della milza al diaframma.


FASCE

Intendiamo per fasce, in questo caso, gli inspessimenti del connettivo retroperitoneale che si trovano dietro agli organi retroperitoneali e creano accollamenti fasciali tra peritoneo parietale posteriore e fascia trasversalis; questi dispositivi rendono il peritoneo un tutt’uno con la parete addominale posteriore.

 

FASCIA  DI TOLDT

Si tratta di una lamina di connettivo retroperitoneale che àncora la parete posteriore dei colon ascendente e discendente alla parete addominale posteriore; da entrambi i lati la fascia di Toldt si continua medialmente con la fascia Treitz.

La fascia di Toldt pertanto si trova davanti alla fascia trasversalis, in questo caso davanti alla fascia prerenale e dietro al peritoneo parietale posteriore, creando un solido collegamento tra queste strutture; inoltre collega il peritoneo parietale posteriore con le fasce dei muscoli psoas, quadrato dei lombi e trasverso dell’addome.

A destra la fascia di Toldt riveste la faccia posteriore  del colon ascendente estendendosi dal cieco alla flessura colica destra; in questo modo si pone in continuità con il legamento freno-colico destro superiormente e con i legamenti latero- colico e retro-ileo-colico inferiormente.

A sinistra la fascia Toldt riveste la faccia  posteriore  del colon discendente estendendosi dalla flessura colica sinistra fino al sigma, ponendosi in continuità con il legamento freno- colico  sinistro  e  contraendo  gli  stessi  rapporti  analoghi  a


quella di destra con la fascia prerenale e con la parete addominale posteriore.

 

FASCIA  DI TREITZ

O fascia retro-duodeno-pancreatica è un inspessimento del connettivo retro-peritoneale che accolla il complesso duodeno-pancreas alla parete posteriore dell’addome; da entrambi i lati si pone in continuità con le fasce di Toldt.

La fascia di Treitz è situata dietro al complesso al duodeno- pancreas e davanti alla fascia prerenale; in questo modo accolla la testa del pancreas ed il duodeno all’ilo del rene destro, alla surrenale destra e alla vena cava inferiore.

 

FASCIA DI FREDET

O fascia pre-duodeno-pancreatica è un inspessimento del connettivo retroperitoneale che si trova davanti al complesso duodeno-pancreas e dietro al peritoneo parietale posteriore, in particolare essa si trova dietro alle radici del mesocolon trasverso e del mesentere.


PERITONEO PIANO PELVICO

 

Il peritoneo parietale inferiormente riveste gli organi del piccolo bacino e le pareti laterali della pelvi, creando una solidissima connessione tra visceri addominali, visceri pelvici e bacino.

Dopo aver rivestito la parete anteriore anteriore dell’addome il peritoneo scende e ricopre l’apice della vescica, le sue facce laterali e la sua faccia posteriore; lateralmente si  riflette verso l’alto per rivestire le pareti laterali della pelvi: si formano in questo modo i perieto-vescicali destro e sinistro, analoghi al recesso pre-vescicale che si crea anteriormente alla vescica solo quando è piena.

Rivestendo la faccia posteriore della vescica, nell’uomo, il peritoneo riveste anche le vescichette seminali e si riflette  per rivestire la faccia anteriore e le facce laterali del retto: il questo modo si crea il cavo retto-vescicale di Douglas che   si trova a 7,5 cm dall’ano ed è delimitato lateralmente dalle pieghe retto-vescicali; lateralmente al retto il peritoneo forma  i recessi para-rettali e continua a rivestire la parete postero- laterale della pelvi.

Nella donna, dopo aver rivestito la parete posteriore della vescica, il peritoneo si riflette per rivestire la faccia anteriore, il fondo e la faccia posteriore dell’utero fino al  fornice vaginale posteriore: cosi si forma il cavo vescico-uterino; poi il peritoneo si riflette nuovamente per rivestire le facce anteriore e laterali del retto formando il cavo retto-uterino di Douglas che nella donna si trova a 5,5 cm dall’ano.


Il cavo di Douglas in entrambi i sessi costituisce il punto più declive della cavità peritoneale, per questo vi si possono raccogliere liquidi, oppure potrebbe essere la sede di migrazione di alcune anse del tenue che potrebbero restare “incastrate”.

Le due lamine peritoneali che rivestono la faccia anteriore e posteriore dell’utero, in corrispondenza dei margini laterali dell’organo, si uniscono e si dirigono verso le pareti laterali della pelvi andando a costituire il legamento largo dell’utero; una volta raggiunte le pareti laterali della pelvi i due foglietti del legamento largo si separano nuovamente per rivestirle.

Le due lamine peritoneali che formano il legamento largo si separano anche inferiormente all’utero di modo che la lamina anteriore prosegua rivestendo la parte antero-laterale di pavimento pelvico e pelvi, così come la lamina posteriore risale per rivestire il retto e la parte postero-laterale di pavimento pelvico e pelvi.

 

LEGAMENTO  LARGO DELL’UTERO

Esso è posto su un piano parafrontale obliquo verso il basso- dietro a causa dell’antiversione uterina e collega l’utero e annessi alle pareti pelviche; all’interno di questo legamento decorrono i vasi uterini e vaginali e gli ureteri accompagnati da  robuste  guaine fibrose.

Le guaine fibrose che avvolgono i vasi utero-vaginali e gli ureteri decorrono sotto al peritoneo che forma il legamento largo all’interno di un addensamento di connettivo sottoperitoneale che crea, a livello della porzione sopravaginale del collo uterino il cosiddetto parametrio.


A partire dagli angoli supero-laterali dell’utero fino al  contorno delle stretto superiore del bacino i due foglietti del legamento largo sono accollati e formano il suo margine superiore libero, al si sotto del quale decorre la tuba uterina, avvolta completamente dal legamento largo al cui interno decorrono i vasi destinati alla tuba ed all’ovaia: questa parte del legamento largo è detta mesosalpinge.

Il rivestimento peritoneale della tuba uterina cessa in corrispondenza del suo padiglione (la parte più laterale della tuba); in questo modo si crea una comunicazione tra la cavità peritoneale e l’esterno attraverso gli organi genitali.

Dalla lamina anteriore del legamento largo si distacca una struttura bilaminare detta ala anteriore o funicolare che avvolge il legamento rotondo dell’utero: esso origina dall’angolo supero-laterale dell’utero davanti allo sbocco della tuba, entra nell’orifizio addominale del canale inguinale, fuoriesce dall’anello inguinale esterno e sfiocca nel tessuto adiposo delle grandi labbra , sul tubercolo pubico e sulla fascia del muscolo pettineo.

Dalla lamina posteriore del legamento largo nasce l’ala posteriore od ovarica: la sua parte più mediale avvolge il legamento utero-ovarico che collega il polo inferiore dell’ovaio all’angolo supero-laterale dell’utero, postero- inferiormente allo sbocco della tuba.

La parte centrale dell’ala posteriore del legamento largo è detta mesovario: esso è composto da due foglietti peritoneali che si dirigono verso l’ilo dell’ovaia divergendo per portarsi sulle sue facce laterale e mediale arrestandosi in corrispondenza  della  linea  di  Farre-Waldeyer  che  segna il


confine tra il rivestimento peritoneale e l’epitelio di rivestimento proprio dell’ovaia; questa linea si trova in prossimità dell’ilo ovarico.

All’interno del mesovario decorrono vasi e nervi destinati all’ovaia provenienti dai vasi uterini; l’ovaia infatti ha una duplice vascolarizzazione: una parte proveniente dai vasi uterini e la parte principale proveniente dai vasi gonadici, cioè vasi ovarici propriamente detti, di cui le arterie originano dall’aorta addominale a livello di L2, mentre la vena ovarica di destra sbocca nella cava inferiore e la sinistra nella vena renale.

I vasi ovarici decorrono nel legamento lombo-ovarico o legamento sospensore dell’ovaio che forma un netto rilievo nel rivestimento peritoneale della fossa iliaca ; origina a  livello di L2 in corrispondenza dell’origine dei vasi, decorre antero-medialmente incrociando lo stretto superiore del bacino ed i vasi iliaci esterni per raggiungere il polo superiore dell’ovaio.

Dal polo inferiore dell’ovaio origine il legamento tubo-ovarico che collega l’ovaio al padiglione della tuba uterina; questo legamento decorre all’interno dell’ala posteriore del legamento largo nella sua porzione più laterale.

Tra il mesosalpinge, che  riposa  sulla  faccia  mediale  dell’ovaia, e la parete laterale  della  pelvi  si  crea  una  tasca nel peritoneo detta borsa ovarica che contiene l’ovaio; quest’organo  è  contenuto  può  essere  contenuto  nella  fossetta ovarica (nullipara) o nella fossetta sottovarica (multipara).


La fossetta ovarica è delimitata posteriormente dall’uretere, che però diventa il limite anteriore della fossetta sotto- ovarica, superiormente dai vasi iliaci esterni e anteriormente dalla lamina posteriore del legamento largo che si inserisce sulla parete pelvica.

Profondamente alla fossetta ovarica decorrono i vasi ed i nervi otturatori, infatti infiammazioni a carico dell’ovaio possono irritare il nervo otturatorio dando dolore sulla faccia interna di coscia e ginocchio.

 

MEZZI DI FISSITA’ DELL’UTERO

Il legamento largo è moto mobile e abbastanza lasso perché deve consentire all’utero di espandersi durante la gravidanza; esistono altre strutture sottoperitoneali che sono invece veri   e proprio mezzi di fissità.

Tutti i principali mezzi di fissità dell’utero si trovano in corrispondenza della porzione sopravaginale del collo uterino e da qui si sviluppano sul piano frontale e su quello sagittale, come una croce.

Sul piano frontale troviamo i legamenti cardinali di Mackenrodt che ancorano la parte sopravaginale della cervice alle pareti laterali della pelvi; questi legamenti sono costituiti dal parametrio (connettivo sottoperitoneale) e dalle guaine fibrose dei vasi uterini e vescico-vaginali; ogni legamento cardinale presenta la parte mediale più robusta, di connettivo fibroso contenente il plesso venoso utero- vaginale, e la parte laterale più sottile.

Sul piano sagittale troviamo posteriormente i legamenti e muscoli   rettouterini   ed   i   legamenti   utero-sacrali, mentre


anteriormente troviamo i legamenti vescico-uterini che continuano con i pubo-vescicali: il piano sagittale è quindi costituito dalla lamine sacro-retto-genito-pubiche.

 

RIASSUMENDO

 Il peritoneo collega tra loro tutti i visceri addominali e riveste tutti gli organi del piccolo bacino articolandosi con le aponeurosi annesse del perineo, cioè con le fasce viscerali del piccolo bacino.

 Il peritoneo riveste  inferiormente  le  pareti  laterali  della pelvi e il versante interno del pavimento pelvico articolandosi con tutte le aponeurosi del perineo che fanno parte dell’aponeurosi  superficiale.

 Tramite il legamento rotondo dell’utero il peritoneo si connette con la fascia del muscolo  pettineo.

 Il peritoneo  parietale  in  tutta  la  sua  estensione  è  accollato alla  fascia  trasversalis  che  lo  connette  alle  fasce  di tutti i muscoli delle pareti dell’addome (ap. superficiale), al legamento  inguinale e al  diaframma.

 Tramite il legamento  inguinale  e  la  fascia  iliaca  il peritoneo si articola con le fasce degli arti inferiori (ap. superficiale).

 Tramite il diaframma il peritoneo si articola con le pleure parietali  e  con  l’asse  aponeurotico centrale.


MENINGI

 

Le meningi sono il sistema fasciale più profondo in assoluto perché sono membrane situate all’interno di un contenitore osseo; ogni volta che qualcuno nomina la “fascia profonda”   si riferisce alle meningi, in particolare alla dura madre che è   la più fibrosa.

 

PIA MADRE

Descriviamo le meningi a partire dalla partire dalla più profonda, quella che contrae i rapporti più intimi con il sistema nervoso centrale e con le cellule gliali, la pia madre; essa, a livello encefalico, si presenta più sottile e più vascolarizzata rispetto alla pia madre rachidea, con cui è in continuità.

La pia madre encefalica è molto aderente al tessuto nervoso sottostante, infatti risulta separata da esso solo dal sottilissimo spazio subpiale; questo è uno spazio virtuale che si interpone tra la faccia interna della pia madre e la membrana basale della glia limitante encefalica. In questo spazio si trovano piccole fibre collagene e decorrono arteriole e venule molto piccole connesse con le arteriole perforanti, che entrano nel tessuto nervoso, e con le venule che ne escono.

Esternamente alla pia madre encefalica si trova lo spazio subaracnoideo contenente il liquor ed attraversato da trabecole connettivali che uniscono la pia madre e l’aracnoide: esse sono classificate infatti come   leptomeningi


perché embriologicamente derivano da una sola membrana, la leptomeninge, che successivamente si divide in due foglietti; le trabecole connettivali che collegano le due leptomeningi derivano proprio dallo sdoppiamento di quell’ unica membrana.

La pia madre encefalica ricopre anche i vasi che decorrono sulla superficie dell’encefalo e avvolge le arteriole che penetrano nel tessuto nervoso fino a che non diventano capillari, formando così guaine perivascolari che separano il letto arterioso dal tessuto nervoso circostante; in questo modo la pia madre forma una barriera meccanica che impedisce a farmaci o altre sostanze di passare di penetrare negli spazi perivascolari encefalici.

Inoltre ,formando le guaine perivascolari intorno alle arteriole perforanti, la pia madre regola la comunicazione tra sangue   e tessuto nervoso limitando la diffusione di neurotrasmettitori liberati da fibre nervose che decorrono sulla parete delle arteriole, mentre le venule sono prive del rivestimento piale; per questi motivi si può dire che la pia madre concorre alla formazione della barriera ematoencefalica.

La barriera ematoencefalica vera e propria è una barriera semiperpeabile che impedisce selettivamente il passaggio di alcune sostanze dal sangue al tessuto nervoso; è costituita dall’endotelio dei capillari encefalici che non è fenestrato, dalla membrana basale continua su cui poggia e dalle cellule gliali, in particolare dagli astrociti che sono in contatto la parete esterna dei capillari e formano una rete che sostiene, nutre e protegge i neuroni.


Questa fitta rete è  formata non solo dagli astrociti, ma da tutte le cellule gliali (glia in greco significa colla); la maggior parte delle cellule gliali originano embriologicamente dal neuroectoderma, come i neuroni, tuttavia una parte di esse, cioè la microglia, deriva dal mesenchima e poi migra nel primitivo sistema nervoso centrale.

Il mesenchima è un tessuto embrionale che deriva principalmente dal mesoderma (in piccola parte anche dagli altri due foglietti); il mesenchima dà origine a tutto ciò che è FASCIA, in particolare al sangue e a tutti i tessuti connettivi compreso il tessuto osseo e cartilagineo: per questo motivo possiamo considerare la microglia come un tessuto fasciale, la fascia più profonda che esista.

Quando le cellule della microglia migrano dal mesenchima al sistema nervoso centrale perdono la loro  capacità  di  movimento  (apparentemente)  trasformandosi  da  cellule  di tipo ameboide in cellule dendritiche; tuttavia in caso di danno neuronale esse tornano ad assumere un aspetto ameboide e migrano nella zona lesa dove svolgono un ruolo macrofagico e  rilasciano  mediatori dell’infiammazione.

Oltre a partecipare alla formazione della barriera ematoencefalica, la pia madre crea la barriera ematoliquorale; la pia madre encefalica infatti penetra in tutti  i solchi e in tutte le scissure encefaliche e, a livello della  volta del terzo e del quarto ventricolo partecipa alla formazione delle tele e dei plessi corioidei, ponendosi in diretto contatto con le cellule ependimali.

La barriera ematoliquorale risulta quindi formata  dall’endotelio dei capillari corioidei che è fenestrato, dalla  pia


madre che forma le tele corioidee e dalle cellule ependimali che, con i loro villi costituiscono i plessi corioidei che filtrano il plasma trasformandolo in liquor per riversarlo nelle cavità ventricolari.

La pia madre rachidea aderisce strettamente al midollo spinale ed al filum terminale, costituendo il legamento coccigeo che si inserisce alla base dl coccige; esso contribuisce a mantenere la posizione corretta dell’estremità inferiore del midollo spinale.

La sua superficie interna aderisce alla sostanza bianca midollare tramite la glia marginale, penetrando nella commessura bianca anteriore e passando a ponte sul setto mediano posteriore.

La pia madre rachidea è una struttura  a  doppio  strato:  presenta uno strato esterno costituito da fibre collagene longitudinali ed uno interno detto intima pia formato da fibre collagene ad andamento circolare; tra i due strati è  presente    un sottile spazio di probabile natura linfatica.

La faccia esterna della pia madre encefalica è collegata alla

 

dura   madre   da

prolungamenti

antero-posteriori       e   laterali:  i

primi,    più   lassi

anteriormente

e   più   resistenti    e sviluppati

posteriormente, formano un setto sulla linea mediana  detto

septum posticium di Schwalbe, particolarmente sviluppato nella zona dorso-lombare; i prolungamenti laterali sono i legamenti denticolati.

I legamenti denticolati destro e sinistro, ventuno per lato, si estendono dall’atlante a L1 decorrendo su un piano frontale tra le emergenze delle radici anteriori e posteriori dei nervi spinali; il loro margine mediale aderisce alla pia madre per


tutta la loro lunghezza, mentre quello laterale si presenta dentellato; le sue dentellature si inseriscono alla dura madre tra gli orifizi di uscita dei nervi rachidei; il legamento denticolati più craniale è collegato all’arteria vertebrale ed al nervo ipoglosso.

Anche la pia madre rachidea mantiene le funzioni di quella encefalica, infatti crea una barriera meccanica che impedisce il passaggio di sostanze indesiderate nello spazio subpiale e perivascolare oltre a partecipare al metabolismo   di alcuni neurotrasmettitori.

 

ARACNOIDE

Chiamata in questo modo proprio perché ricorda una tela di ragno, l’aracnoide encefalica riveste tutto l’encefalo senza penetrare in tutte le scissure come fa la pia; gli unici spazi in cui penetra sono le fessure tra i due emisferi cerebrali e cerebellari e quella tra cervello e cervelletto.

L’aracnoide encefalica passa a ponte su tutte le  altre scissure e solchi allontanandosi dalla pia madre: in questo modo si formano degli spazi slargati dove circola in liquor detti fiumi confluenti e cisterne; in questi spazi, e  nello  spazio subaracnoideo in generale, si trovano molti vasi sanguigni che deccorono sulla superficie dell’encefalo e il tratto iniziale dei nervi cranici.

Sia i vasi che i nervi che decorrono nello spazio subaracnoideo sono rivestiti da un sottile strato di cellule di derivazione leptomeningea, che provengono dalla pia e si continuano  nell’aracnoide.


L’aracnoide encefalica presenta dispositivi per il riassorbimento del liquor detti villi e granulazioni aracnoidee di Pacchioni; si tratta di piccole evaginazioni dell’aracnoide che contengono un diverticolo di spazio subaracnoideo e che si espandono, ricoperte dalla dura madre, nella cavità di un seno venoso, specialmente nel seno sagittale superiore; queste strutture consentono il passaggio del liquor dallo spazio subaracnoideo al sangue.

In tutta la sua estensione l’aracnoide si pone in contatto con la faccia interna della dura madre; tra queste due strutture si trova lo spazio subdurale che però è puramente virtuale infatti nel vivente non esiste, se non in caso di ematoma subdurale da trauma cranico.

L’aracnoide rachidea ha una struttura più complessa, infatti anch’essa presenta due strati: uno parietale accollato alla dura madre ed uno viscerale che si collega al precedente ed alla pia madre frazie a numerose trabecole; il foglietto viscerale dell’aracnoide rachidea è detto anche strato leptomeningeo intermedio, che in alcuni puti diventa più consistente contribuendo a formare, insieme alla pia madre, dei legamenti.

I legamenti formati dallo strato leptomeningeo intermedio sono: il legamento leptomeningeo posteriore, in corrispondenza del solco mediano posteriore del midollo, quello postero-laterale in corrispondenza delle emergenze delle radici posteriori dei nervi spinali e quello anteriore a livello della fessura mediana anteriore.

Il versante esterno dello strato leptomeningeo intermedio si connette   al   foglietto   parietale   dell’aracnoide,   mentre il


versante interno riveste i vasi sanguigni e le radici dei nervi spinali che decorrono nello spazio subarcnoideo. lo strato leptomeningeo intermedio ha l’importante funzione di ammortizzare gli spostamenti del liquor che si possono verificare a causa di brusche accelerazioni o decelerazioni.

Lo strato leptomeningeo intermedio ha l’importante funzione di ammortizzare gli spostamenti del liquor che si possono verificare a causa di brusche accelerazioni o decelerazioni; inoltre in caso di infiammazioni delle leptomeningi, questa membrana può fibrotizzarsi in estese aree inducendo retrazioni ditutta l’aracnoide.

 

DURA MADRE

E’ una membrana fibrosa che contiene un 20% di fibre elastiche; il suo spessore viaria da 0,3 mm a 1 cm sul bordo del forame magno; la dura madre encefalica è costituita da due strati: uno esterno fuso con il periostio delle ossa craniche ed uno interno.

I due strati della dura madre encefalica sono fusi tra loro, ma si dissociano in alcune arre per contenere i seni venosi della dura madre; lo strato interno inoltre dà origine ai setti fibrosi che, penetrando nella cavità cranica, la dividono parzialmente in logge.

La faccia esterna della dura madre cranica si presenta quindi strettamente unita al periostio di tutte le ossa craniche, soprattutto in corrispondenza delle suture; a livello della base cranica i punti di maggior aderenza sono: crista galli, bordo posteriore delle piccole ali, apofisi clinoidee anteriori e posteriori e forame magno; da questo punto in poi la dura si


dissocia dal periostio occipitale per continuare nella dura rachidea.

La dura madre cranica avvolge i vasi ed i nervi che escono dal cranio, creando delle guaine che li accompagnano nei rispettivi fori; all’uscita, la dura madre in parte si fonde con il periostio extracranico e in parte si continua con l’epinervio.

In particolare la dura madre crea una guaina per il nervo ottico che aderisce fortemente al periostio del foro ottico e; all’uscita da questo canale la dura madre in parte si fonde con il periostio della cavità orbitaria e, quando raggiunge il bulbo oculare, si fonde con la sclera.

Inoltre la guaina durale del nervo ottico all’interno della cavità orbitaria si connette con la capsula di Tenone, cioè con la fascia del bulbo oculare che crea una manicotto attorno ai muscoli estrinseci dell’occhio per poi inserirsi sulle ossa della cavità orbitaria.

La capsula di Tenone si inserisce sulla sclera subito dietro al limbus  sclerocorneale e   si   fonde   con   la   guaina   del    nervo ottico nel punto in cui esso penetra nell’occhio fondendosi con la sclera; la capsula di Tenone si riflette su ogni muscolo estrinseco dell’occhio     formando     una guaina   tubulare chiamata fascia muscolare, la quale ha delle espansioni che si inseriscono sulle ossa che compongono la cavità orbitaria. Le espansioni fasciali provenienti dai muscoli retto mediale e retto laterale  sono    molto robuste       e      si    inseriscono rispettivamente sull’osso lacrimale e sullo zigomatico; esse hanno la funzione di limitare l’azione dei muscoli retti mediale e laterale per evitare eccessive rotazioni del bulbo oculare,


infatti prendono il nome di tendini di arresto mediale e laterale.

Anche gli altri muscoli estrinseci dell’occhio sono dotati di tendini di arresto, anche se meno robusti, creati dalla fascia che li avvolge; tutte queste espansioni della fascia muscolare costituiscono   due importanti  legamenti:  il     legamento trasverso dell’occhio ed il legamento sospensore dell’occhio. Questi due legamenti si formano grazie alle espansioni della fascia muscolare  che   passano       sopra  e    sotto     al   bulbo oculare e poi confluiscono nei tendini di arresto mediale e laterale; il legamento trasverso dell’occhio passa sopra al bulbo oculare e funge da fulcro per i movimenti d’elevazione del bulbo, quando è necessario guardare in alto.

Il legamento sospensore dell’occhio invece passa sotto al bulbo oculare, come un’amaca tesa tra i due tendini di arresto; questo legamento è molto robusto infatti fornisce un sostegno tale per cui se l’osso mascellare viene rimosso, l’occhio conserva la sua posizione fisiologica.

 

In corrispondenza delle suture craniche della volta, alcuni sottili fascetti vascolo-nervosi lasciano la dura madre, avvolti da guiane di tessuto connettivo lasso, per raggiungere il  cuoio capelluto grazie a piccoli canali che attraversano le ossa.

Inoltre   la   faccia   interna   della   dura   madre   cranica  è

intimamente connessa all’aracnoide.

La dura madre cranica, fondendosi con il periostio delle ossa del cranio e del massiccio facciale, determina un’importante articolazione   fasciale   tra   fascia   profonda   e   aponeurosi


superficiale: nel cranio le ossa sono considerate membrana densificata, continuazione diretta dei muscoli che sono rivestiti dall’aponeurosi superficiale.

Allo stesso modo, cioè fondendosi con le ossa, la dura madre cranica si articola con l’asse aponeurotico centrale che si inserisce sulle ossa della base cranica.

 

I setti verticali e orizzontali creati dallo strato interno della dura madre sono:

  GRANDE  E  PICCOLA FALCE;

   TENTORIO  DEL CERVELLETTO;

  TENDA DELL’IPOFISI;

  TENDA  DEL  BULBO OLFATTIVO;

Questi strutture sono molto conosciute, quindi specificherò solo alcune particolarità.

Ovviamente tutte le inserzioni di questi setti sono sdoppiate perché al loro interno contengono i seni venosi delle dura madre, altre strutture di cui si parla molto.

Una particolarità interessante riguarda la grande  circonferenza del tentorio: essa infatti, in prossimità dell’apice della rocca petrosa presenta un orifizio che dà passaggio al nervo trigemino, prima che si suddivida nelle sue tre branche; all’uscita di questo foro infatti si trova la fossetta di Meckel (faccia antero-superiore della rocca) che contiene il ganglio del Gasser.

Il fatto che il trigemino perfori la grande circonferenza del tentorio prima di entrare nel suo ganglio è importante perché spiega molte presunte nevralgie del trigemino che danno dolore (da un lato) a tutto il viso, quindi a tutti e tre i territori


d’innervazione delle sue tre branche; in questi casi il trattamento della dura madre (dopo aver eliminato la primarietà) risolve completamente la sintomatologia.

E’ importante evidenziare i rapporti nervosi e vascolari che contrae la dura madre a livello della tenda dell’ipofisi; intanto questa è una struttura bilaminare costituita da un foglietto profondo che riveste la sella turcica sotto l’ipofisi ed uno più superficiale che passa sopra l’ipofisi, teso tra le quattro apofisi clinoidee; quest’ultimo presenta un foro per il passaggio del peduncolo vascolonervoso ipofisario.

I due foglietti che compongono la tenda dell’ipofisi  si uniscono su tutti i lati della sella turcica inserendosi sulle quattro apofisi clinoidee e lateralmente si prolungano per formare le pareti superiori e laterali dei seni cavernosi.

Il seno cavernoso è una struttura molto importante sia per la vascolarizzazione arteriosa che per il drenaggio venoso del cranio; esso è largo 1 cm e la sua cavità è percorsa da numerose trabecole connettive variamente orientate e drena il sangue venoso proveniente dalla vene oftalmiche, dalla vena centrale della retina e dal seno sfeno-parietale per convogliarlo poi nei seni petrosi superiore ed inferiore.

Oltre dare passaggio al sangue venoso il seno cavernoso è attraversato dall’arteria carotide interna circondata dal plesso nervoso carotideo interno del simpatico e dal nervo abducente che decorre infero-lateralmente alla carotide, nella cavita del seno cavernoso; nello spessore della sua parete laterale, invece, la quale è formata dalla dura madre, decorrono i nervi oculomotore, trocleare e le branche oftalmica e mascellare del trigemino.


Queste relazioni anatomiche ci danno un’idea  della  portata  che può avere una tensione della dura madre su queste strutture, con tutte le ripercussioni che si possono presentare a livello delle strutture innervate dai nervi cranici citati (es. nevralgie,  strabismo,  cefalee, glaucoma).

Dopo l’inserzione della dura madre encefalica sul contorno del forame magno, ha inizio la dura madre rachidea, che in corrispondenza dell’articolazione occipito-atlantoidea viene perforata da entrambi i lati dalle arterie vertebrali  che entrano nel cranio; essa forma un manicotto fibroso che si estende fino a S2 contenendo il midollo e la cauda equina.

Tra il canale vertebrale e la faccia esterna della dura madre rachidea esiste lo spazio epidurale (che non è presente nel cranio); esso è più ampio posteriormente ed è occupato da tessuto adiposo quasi fluido e da una fitta rete di vasi che creano i plessi venosi vertebrali.

La dura madre rachidea si inserisce saldamente su C2-C3 e su S2, ma presenta anche varie inserzioni lungo tutto il suo decorso su tutta la colonna; la faccia esterna della  dura infatti è collegata al canale vertebrale dai legamenti vertebro- durali anteriori, posteriori e laterali.

I legamenti vertebrodurali anteriori la uniscono al legamento longitudinale posteriore e ai dischi intervertebrali, quelli posteriori, ben distinti solo nella  zona  cervicale,  si  portano  agli archi vertebrali e ai legamenti gialli, mentre quelli laterali uniscono la dura alle porzioni laterali degli archi vertebrali.

Inoltre la dura madre rachidea costituisce, in corrispondenza di ogni forame di coniugazione, gli opercoli fibrosi cioè una serie  di  membrane  disposte  su  un  piano  sagittale   che


chiudono i forami di coniugazione e che sono forate per dare passaggio ai nervi spinali.

Questo ci fa capire che in realtà la dura madre si inserisce su tutte le vertebre della colonna, quindi una qualsiasi disfunzione vertebrale, a qualunque livello, può perturbare la cinetica della dura madre in toto, così come una tensione durale può dare origine a discopatie multiple.

L’estremità inferiore della della dura madre rachidea forma il cono durale, infatti a livello di S2 si fonde con le altre meningi per inserirsi al canale vertebrale e formare il fondo di un “sacco chiuso” che però prosegue grazie al filum terminalis fino alla faccia posteriore della base del coccige dove si inserisce.

E’ importante notare che, inserendosi sul sacro e sul coccige, le meningi si articolano fascialmente con l’aponeurosi superficiale che costituisce il rivestimento di tutti i muscoli  del perineo e con le aponeurosi annesse del bacino, quindi con le lamine SRGP.

La faccia interna della dura madre rachidea corrisponde al foglietto parietale dell’aracnoide ed è collegata  alla  pia madre grazie ai legamenti denticolati e al septum posticium di Schwalbe; in corrispondenza dell’uscita di ogni nervo spinale la faccia interna della dura è forata, questo le permette di avvolgere tutti i nervi spinali fornendo delle guaine che, passato il foro di coniugazione, diventano epinevrio.


RIASSUMENDO

 Le tre meningi rappresentano il sistema fasciale più profondo e la fascia più profonda in assoluto è costituita dalla microglia.

 Le tre meningi sono tutte articolate tra di loro e la più importante a livello osteopatico è la dura madre.

 La pia madre encefalica partecipa alla costituzione della barriera  ematoencefalica  ed  ematoliquorale.

 La dura madre si fonde con il periostio di tutte le ossa craniche ed è collegata a tutte le vertebre della colonna; inoltre fornisce guaine a tutti i nervi cranici e rachidei.

 La dura madre encefalica costituisce i seni venosi responsabili del drenaggio cranico e  contrae  stretti  rapporti con importanti strutture nervose e vascolari.

La   dura   madre,   e   con   essa   tutte   le   meningi,    si    articola fascialmente con tutti i sistemi fasciali più  importanti:

 AP. SUPERFICIALE: attraverso lo sfenoide e le ossa che compongono le cavità orbitarie (massiccio facciale); attraverso sacro e coccige che  la  collegano  ai  muscoli del  pavimento pelvico.

 AP. INTERNE: tramite l’inserzione della fascia prevertebrale sull’occipite e tramite  il  sacro  che  la  collega alle lamine SRGP.

 ASSE APONEUROTICO CENTRALE: tramite l’inserzione della  fascia  faringea  e  perifaringea  su  occipite,  sfenoide   e  temporali.


 

Fonte: http://www.osteopatiagenova.eu/scuola/anatomia_della_fascia.pdf

Sito web da visitare: http://www.osteopatiagenova.eu/

Autore della dispensa: M.Podesta’

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