Tecnologia

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Tecnologia

• Introduzione
“L’evoluzione tecnologica ha fatto sì che oggi le informazioni ci giungano rapidissimamente e in gran quantità, tanto da non lasciarci più il tempo di pensare.”
L’interessante è che questa frase è stata pronunciata da un ministro inglese nel 1880 riferendosi al fatto che le lettere, anziché essere portate da cavalli e diligenze, erano trasportate dalle ferrovie. Ecco allora la grande velocità e capacità di trasporto conseguente. Il ciclo – scrittura, invio, trasporto, ricezione e lettura – era passato da qualche settimana, o qualche mese se la corrispondenza arrivava da un altro continente, a qualche giorno. Il fatto che noi oggi condividiamo la stessa impressione di questo ministro di oltre cento anni fa la dice lunga sulla capacità di adattamento dell’uomo alle mutate condizioni dell’ambiente in cui vive. Una tecnologia ha veramente successo quando scompare, appunto, dalla percezione e diventa un substrato di cui emerge solo il servizio.
A questo punto, però, la tecnologia agisce con un condizionamento ancora più forte: infatti quello che è parte dell’abitudine viene dato per scontato ed allora diventa normale comunicare usando solo la voce dopo che per anni il telefono ci ha “obbligati”’ a farlo, mentre questo non era affatto normale nel 99,9% della storia dell’uomo. Quando negli anni ‘70 verrà inventato il videotelefono, e con questo si offrirà la possibilità di tornare a comunicare con la voce e lo sguardo, le persone avevano ormai interiorizzato talmente la comunicazione fatta con la sola voce, apprezzandone anche i vantaggi, che praticamente nessuno lo adottò.
Tecnologia e comunicazione hanno incrociato i loro cammini fin dal tempo più remoto dove comunicazione significava un rullo di tamburo nella foresta, l’invio di lampi luminosi tramite specchietti tra un castello e l’altro , lo sferragliare della locomotiva, fino ad arrivare in tempi recenti al segnale elettrico prima con il telegrafo, poi il telefono, la radio, la televisione, Internet, il blog… il web 2.0.
La tecnologia ha costituito un elemento facilitatore per la comunicazione ma allo stesso tempo ha costretto la comunicazione a seguire certi binari.
• Le tecnologie
La comunicazione umana è un mix di segnali sonori, visivi, tattili e, se pur marginalmente utilizzati, olfattivi. Inoltre l’efficacia della comunicazione richiede una condivisione di codifica e di contesto tra le persone che comunicano: se io parlo italiano e il mio interlocutore capisce solo l’arabo la comunicazione risulta fortemente limitata ; se entrambi parliamo italiano ma il mio interlocutore è un fisico nucleare che mi descrive un sofisticato esperimento pur comprendendo ogni parola probabilmente non capisco quello che mi dice .
• Comunicazione scritta
Le prime tecnologie di comunicazione a distanza hanno incanalato la comunicazione sul senso della vista, fosse questo usato per leggere segnali di fumo o per leggere una lettera.
Il telegrafo ha ridotto la scrittura a codici, punti e linee, ma ha fornito rapidità alla comunicazione, per la prima volta nella storia dell’uomo. Il fax, più di cento anni dopo, ha consentito la trasmissione della scrittura in quanto elemento grafico e allo stesso modo la trasmissione di qualunque disegno e immagine. Se per il telegrafo la tecnologia di base era legata alla trasmissione elettrica nel caso del fax oltre a questa sono entrate in gioco tecnologie di commutazione , tipiche della telefonia, e quelle di scannerizzazione e stampa elettronica.
La comunicazione scritta fa un ulteriore passo avanti con le reti dati che consentono per la prima volta a delle macchine di dialogare tra loro. La rete Internet nasce per far parlare le macchine e condividere le loro capacità di calcolo. Il suo utilizzo per consentire scambio di messaggi tra persone sorprende i progettisti così come quello di costituire una rete per accedere e distribuire informazioni.
Negli ultimi anni la tecnologia del riconoscimento della scrittura ha fatto sensibili passi avanti ed oggi i computer palmari riescono a riconoscere la scrittura consentendo quindi una sua memorizzazione in banche dati che possono poi essere accedute direttamente dallo “scrivano” o da altri.
Le e-mail sono passate dall’essere un sistema per trasportare la scrittura a distanza ad un vero e proprio meccanismo di comunicazione con un modello specifico che diverge sempre più dalla comunicazione tramite lettera.
È possibile caratterizzare una mail per fare in modo che sia distribuita a certi insiemi di persone, a volte senza che neppure si conoscano i destinatari . Possiamo rispondere al destinatario direttamente o, a volte, tramite un intermediario che assicura la privatezza del corrispondente. Abbiamo dei servizi di anonimato che permettono di inviare messaggi senza rivelare il mittente.
Il messaggio può essere recapitato ad una persona (un terminale) oppure può essere pubblicato in aree condivise dove milioni di persone, potenzialmente, possono andare a leggere quanto abbiamo scritto .
La facilità di scrittura e di invio delle mail sta creando non pochi problemi, ad esempio lo spam. Con questa parola si indica la ricezione di un messaggio che non ha alcun valore informativo di interesse: siccome devo dedicare un tempo, sia pur minimo, per decidere che il messaggio è privo di interesse questo in realtà diventa dannoso “consumando” quella che è la risorsa più preziosa, il tempo appunto.
Una tecnologia recente consente di analizzare la reazione di milioni di individui alla ricezione dei messaggi e quando da questa reazione si deriva che quel tipo di messaggio è sgradito (spam) viene attivato un sistema che lo filtra evitandoci di perdere tempo.
Un ulteriore problema è dato dalla facilità con cui si può rispondere ad una mail. Questo viene sfruttato, malignamente, da alcuni virus che provocano degli ingorghi sulla rete generando come in una reazione a catena, milioni di e-mail, attivando un meccanismo per cui alla ricezione di una mail ne vengono generate molte.
Le mail hanno generato un nuovo linguaggio di comunicazione, spesso più sintetico, con i suoi simboli, gli emoticons, piccoli segni grafici, come ;-) , che esprimono un concetto, in questo caso “fare l’occhiolino”. La scrittura tramite tastiera, inoltre, sta facendo rapidamente degenerare l’ortografia e la sintassi. Per molte persone gli errori di italiano, se inseriti in una e-mail, non… contano!
Tecnologie di correzione automatica degli errori spesso non vengono utilizzate; in alcuni casi in cui lo sono contribuiscono a creare degli errori tramite la funzione di auto correzione, non sempre azzeccata.
L’uso delle e-mail è spesso improprio, ad esempio si riceve una e-mail e la si gira ad un altro senza avere un preventivo consenso da parte di chi l’ha scritta, si inonda di e-mail chiunque… Esiste una net-etiquette nata proprio per cercare di estendere il galateo alle nuove tecnologie.
Il cellulare con i suoi SMS, i messaggi corti, è entrato di diritto nella comunicazione scritta, anche in questo caso arrivando in breve tempo a creare una nuova forma di comunicazione. Come per le e-mail anche gli SMS forniscono una comunicazione asincrona, il ricevente può leggersi il messaggio quando crede. Ma a differenza delle mail sono più complicati da usare essendo più pratico scrivere sulla tastiera di un computer piuttosto che su quella di un telefonino. Di qui la spinta a essere concisi e la pletora di abbreviazione utilizzate, tipo TVTB: ti voglio tanto bene.
Gli SMS utilizzano un canale di segnalazione associato ad ogni cella radiomobile. Questo canale può anche essere utilizzato per inviare in broadcast lo stesso messaggio a tutti i telefonini presenti nella cella.
La nuova generazione di telefonini, e di rete, consente di inviare messaggi più lunghi e associare anche immagini, fisse o in movimento. Sono gli MMS, i Multimedia Message. Questi utilizzano una tecnologia di trasmissione a pacchetto con il sistema GPRS .
La comunicazione scritta effettuata tramite Internet, da qualche anno, viene utilizzata anche per scrivere il proprio diario. Questo tipo di comunicazione ha un nome: blog, e chi la usa è un blogger. Il tenere un proprio diario in Internet significa avere, da qualche parte, una memoria che contiene i testi o quant’altro inviamo al diario. Il contenuto di questa memoria può essere reso visibile, tutto o in parte, ad altre persone. Queste potrebbero essere degli amici, o anche persone sconosciute che condividono un certo interesse o magari persone qualunque.
Negli Stati Uniti sono ormai milioni i blogger: quando si partecipa ad un evento, come una conferenza, non è inusuale vedere persone che scrivono sul proprio diario commenti a quanto sta accadendo e siccome questi sono in genere condivisi con chiunque partecipi a quell’evento persone sedute in posti distanti della platea, ad esempio, cominciano a condividere impressioni su quanto sta accadendo. È un modo completamente nuovo di comunicare reso possibile dalla tecnologia della rete e da agenti software che condividono le informazioni sulla base di regole stabilite al momento.
Le chat costituiscono una ulteriore declinazione delle possibilità di comunicare via Internet. In questo caso la comunicazione è, dal punto di vista percettivo, sincrona. Io scrivo e so che da qualche parte c’è qualcuno che mi legge in quel momento e che potrebbe decidere di rispondermi.
Quello che distingue in qualche modo una chat da una conversazione è la possibilità di aprire e chiudere dei gruppi di comunicazione. Inizialmente mi aggrego ad un gruppo esistente (o ne creo uno) e in qualunque momento posso mettermi d’accordo con uno o più partecipanti alla chat di creare un’altra chat in cui proseguire la conversazione bloccandone l’accesso ad altri.
• Comunicazione vocale
Il telefono ha reso possibile, per la prima volta in modo efficace, l’utilizzo del suono per comunicare a distanza, “il telefono, la tua voce” diceva una azzeccata pubblicità qualche anno fa. La tecnologia in questo campo ha fatto dei passi notevoli, basti pensare che la qualità nei primi decenni era talmente bassa che si doveva ricorrere a stratagemmi per rendere più facile la comunicazione. Ad esempio siccome non esisteva una commutazione automatica (le persone non facevano il numero, e i telefoni ovviamente non avevano numeri, dischi o bottoni..) e quindi quando si sollevava la cornetta si veniva messi in comunicazione con una signorina che effettuava manualmente la connessione. Perché una signorina? Perché le donne hanno una frequenza sonora che era meglio capita dai microfoni a carbone allora in uso e meglio trasportata dalle linee telefoniche; risultava quindi più facile da capire.
Oggi la voce viene trasmessa come un treno di pacchetti di bit, 8 bit per pacchetto, 64.000 bit ogni secondo. La qualità è notevolmente migliorata così come è migliorata la tecnologia della codifica della voce in bit. Quando parliamo tramite un telefonino la nostra voce è trasmessa con una quantità di bit 4 volte inferiore a quella usata nei telefoni della rete fissa ma la qualità percepita è molto simile.
Nuove tecnologie hanno permesso di realizzare sistemi di comunicazione vocale simili a quelli della comunicazione scritta. Lo store and forward consente di registrare il nostro messaggio per poi farlo arrivare a destinazione in un secondo momento. Non siamo nel dominio della segreteria telefonica in quanto in questo caso la nostra voce arriva direttamente al destinatario che per qualche motivo decide di registrarla e di ascoltarla in un secondo tempo. Con lo store and forward è l’inviante che decide quando il messaggio vocale deve essere trasmesso.
Ad esempio potremmo decidere di mandare un mazzo di fiori alla mamma e farle arrivare il nostro messaggio vocale solo quando le arriva il mazzo di fiori …
Nel settore della comunicazione vocale sono entrate da qualche tempo anche le macchine per consentire una traduzione da voce a testo e viceversa. Nel primo caso siamo nel dominio del riconoscimento del parlato, nel secondo della sintesi vocale.
L’evoluzione tecnologica è stata notevole, favorita soprattutto dalla maggiore capacità elaborativa e di memoria oggi disponibile.
Se in una prima fase, venti anni fa, la sintesi della voce era realizzata cercando di istruire un calcolatore a parlare, oggi il calcolatore utilizza una voce umana che è stata spezzettata in tantissimi elementi , centinaia di migliaia, e opportunamente ricomposta a formare le frasi volute. Parimenti il riconoscimento è progredito notevolmente affinandosi sia nella capacità di riconoscere una specifica persona, sia in quella di riconoscere frasi pronunciate da un parlatore qualunque.
Occorreranno probabilmente ancora alcuni anni, ma il momento in cui potremo parlare normalmente con una macchina si sta avvicinando.
Più o meno allo stesso tempo potremo avere la capacità di parlare anche con persone che parlano lingue diverse dalla nostra. In questo settore oltre alle tecnologie del riconoscimento e sintesi occorre mettere in campo altre tecnologie che siano in grado di “capire” il significato . IBM è impegnata in un progetto il cui obiettivo è di arrivare al 2010 con la possibilità di tradurre frasi pronunciate in linguaggio naturale in tempo reale tra 28 lingue.
Questo aprirà, ovviamente, nuovi enormi spazi di comunicazione e, forse, anche nuovi modelli di comunicazione.
• Comunicazione visiva
Se il telefono ci ha abituati a comunicare con la voce ha però annullato allo stesso tempo la comunicazione visiva, tattile, olfattiva…
Ci siamo abituati talmente a questo tipo di vincolo che quando la tecnologia ci ha fornito dei sistemi per comunicare anche con le immagini non ne abbiamo praticamente fatto uso. Il videotelefono è stato un fallimento, non tecnologico ma di mercato. Parimenti la videoconferenza non ha avuto successo, sia questa fornita tramite terminali appositi agganciati alla rete telefonica sia tramite PC con telecamere. Molte persone trovano che quel tipo di immagini non aggiunga nulla di rilevante all’efficacia della comunicazione. Le ultime stime della Forrester indicano che negli Stati Uniti nel 2002 si è avuto una diminuzione nell’uso delle video conferenze di circa il 6% .
In effetti parlare guardandosi è importante se esiste un senso di vicinanza e compresenza, sensazioni che mancano quando siamo in una videoconferenza.
Sono allo studio varie tecnologie per ricreare questo senso di contiguità. Quando siamo in una riunione in genere abbiamo un tavolo su cui sono posti documenti che vengono scambiati nel corso della comunicazione semplicemente spingendoli verso la persona che li deve leggere.
Alcune ricerche hanno provato a realizzare dei tavoli che si appoggiano direttamente ad un grande schermo, tramite cui avviene la comunicazione. Per una persona seduta in una stanza l’impressione è quella che il tavolo continui dentro lo schermo e che le persone che vede nello schermo siano in effetti sedute al suo stesso tavolo. La superficie del tavolo è essa stessa uno schermo, sensibile al tatto. Una informazione appare come una pagina davanti a noi e se decidiamo di farla avere a chi sta dall’altra parte del tavolo, e dello schermo, è sufficiente spingerla verso di lui con la mano.
Il fatto di avere le informazioni in forma digitale, visualizzate sul tavolo/schermo, permette anche di effettuare delle manipolazioni congiunte, ad esempio evidenziare un testo e permettere alle persone attorno al tavolo, ovunque si trovino dal punto di vista geografico, di vedere l’evidenziazione mentre questa viene effettuata visto che tutti condividono la copia del documento digitale.
Quando si è in una riunione spesso si parlotta sottovoce con il vicino. Questo non è possibile se si è in una videoconferenza, anche se riusciamo a dare l’impressione visiva di essere seduti attorno allo stesso tavolo.
Tuttavia una nuova tecnologia permette anche di realizzare questo: il suono emesso dalla nostra bocca, a comando, può essere spezzettato in piccole forme d’onda che sono poi ricostruite attorno alla testa della persona a cui vogliamo bisbigliare nell’orecchio e solo questa potrà sentire il suono della nostra voce.
La progressiva disponibilità di schermi, piccoli e grandi, e di telecamere a basso costo e alta qualità insieme ad una rete sempre più capace di trasportare grandi quantità di bit renderà la comunicazione visiva sempre più interessante ed utilizzabile. I telefonini GPRS consentono già di scattare delle istantanee e mandarle in tempo reale alla persona con cui stiamo parlando ed a breve consentiranno di fare lo stesso con piccoli clip. I sistemi di terza generazione amplieranno ulteriormente queste possibilità generando un nuovo modo di comunicare, non necessariamente simile a quello usato nel faccia a faccia. Infatti, per parecchi anni, la comunicazione visiva tenderà ad essere un di più aggiunto alla comunicazione vocale mentre nel faccia a faccia abbiamo una continuità tra le due.
Tecnologie come MPEG , inoltre, consentono di animare oggetti, nostra faccia inclusa, e farli parlare associando tecniche di sintesi della voce. Potremmo allora inviare una nostra immagine insieme ad un messaggio e-mail e il ricevente anziché leggersi il messaggio potrebbe vederci, e sentirci, mentre glielo diciamo a voce, in un momento in cui, magari, stiamo dormendo all’altro capo del mondo. Queste tecnologie di comunicazione si associano a quelle degli avatar che consentono di impersonare un qualcuno che è stato semplicemente descritto e a cui è possibile associare una voce e un carattere, modo di fare, reale o virtuale.
Quanto la tecnologia sia progredita nel settore degli avatar non è solo rilevabile da video giochi come Lara Croft. Sono in corso sperimentazioni con audiolesi a cui viene fatto vedere un telegiornale dove al servizio televisivo è associato un avatar su cui è simulato il movimento labiale . Questo permette alla persona di comprendere le parole osservando le labbra dell’avatar. Il fatto che questa riesca a capire evidenzia i progressi fatti in questo settore.
Dovremo prepararci, come in Star Trek, al dialogo con persone virtuali, che saranno sempre più difficili da distinguere via via che la tecnologia continuerà a progredire.
• Comunicazione aptica
Una comunicazione visiva efficace ci avvicina alla comunicazione reale ma manca ancora la comunicazione effettuata tramite gli altri sensi, tatto e olfatto. Anche in questo settore i progressi sono notevoli grazie a nuove tecnologie che permettono di ricreare le sensazioni. Le interfacce aptiche oggi si basano su dei motori che trasmettono delle forze ad un terminale a cui si appoggia la mano. In questo modo la mano ha la sensazione di agire su di un oggetto reale. È possibile, ad esempio, impugnare un pennello che collegato a questi sistemi trasmette la sensazione di una tela con la sua granulosità e viscosità a seconda del tipo di pittura (virtuale) utilizzata nel dipingere. Il movimento è effettuato in uno spazio tridimensionale e il risultato è visualizzato su di uno schermo.
In prospettiva, nuove tecnologie potrebbero trasmettere le sensazioni tramite contatti elettrici sulla nostra pelle che vanno ad attivare specifiche terminazioni nervose. La strada in questa direzione è però ancora molto lunga e non necessariamente risulterà praticabile in quanto è difficile pensare che le persone accettino di essere ricoperte di contatti e fili… Una alternativa potrebbe essere quella di terminazioni direttamente a contatto con la corteccia cerebrale ma anche approcci di questo tipo non sono soddisfacenti in quanto si creerebbe un disaccoppiamento tra ciò che il cervello è indotto a “percepire” e ciò che il corpo “sente”. Tecnologie di questo tipo potrebbero forse essere utilizzate in alcune applicazioni di nicchia, come l’addestramento di soldati o di piloti alla assenza di gravità.
Se è ovvio che le tecnologie utilizzate dai terminali aptici siano diverse da quelle adottate nei terminali che consentono la comunicazione visiva, telecamere e video, forse non lo è altrettanto il fatto che anche la trasmissione di questi due tipi di comunicazione sia diverso: in fondo sempre di bit si tratta. Invece è proprio così.
Il numero di bit da trasmettere nel caso della comunicazione visiva dipende da quanto vogliamo sia ricca di dettagli l’immagine, dagli schermi che utilizziamo per riprodurla e dalla posizione dell’osservatore rispetto allo schermo. Schermi piccoli come quelli di un telefonino, osservati a distanze dell’ordine dei 20-30 cm richiedono bande trasmissive intorno ai 50 kbps mentre la trasmissione su di uno schermo di PC osservato a 40-50 cm comporta una banda almeno 8 volte maggiore se si vuole avere la stessa percezione di qualità. L’uso di un televisore comporta una banda anche maggiore, intorno al Mbps se vogliamo la qualità cui siamo abituati dagli spettacoli televisivi. Questa banda è il risultato del numero di bit utilizzati per formare una immagine moltiplicato per il numero di immagini al secondo che dobbiamo visualizzare per dare l’impressione del movimento. Mentre in un PC o telefonino ci si può accontentare di 10-15 immagini al secondo con discreti risultati, un televisore utilizza 25 fotogrammi al secondo.
Nel caso delle interfacce aptiche il numero di informazioni da trasferire è in genere molto minore tuttavia queste informazioni devono essere aggiornate almeno 1000 volte al secondo per riuscire ad ingannare i nostri sensi ricreando la sensazione di toccare un oggetto reale. Il problema in questo caso non è nel numero dei bit, che pur essendo rilevante si mantiene a livelli inferiori al Mbps, piuttosto nel vincolo imposto dalla velocità della luce, o meglio di propagazione del campo elettromagnetico. Infatti la velocità della luce è di circa 300.000 km al secondo. Se vogliamo trasmettere 1000 eventi in un secondo con un feedback da ciascuno, che è quanto succede dalla interazione che avviene tra l’interfaccia aptica e la mano , allora ciascun micro evento dovrà avere una durata inferiore ad un millesimo di secondo, tempo nel quale il campo elettromagnetico percorre solo 300 km. Siccome l’evento stesso comporta una trasmissione bidirezionale forza-feedback la distanza reale dovrà essere inferiore ai 150 km. Questo pone un vincolo fisico notevole alla comunicazione tattile.

• Comunicazione olfattiva
Il senso dell’olfatto è, forse, quello meno importante nella comunicazione umana . Esistono alcune tecnologie sia per “annusare”, i cosiddetti nasi elettronici progressivamente utilizzati per rilevare la presenza, ad esempio, di sostanze esplosive o anche per verificare la presenza di batteri indesiderati nel cibo o il grado di maturazione di un vino…, sia per generare odori e quindi trasferire sensazioni. In questo caso la tecnologia sfrutta delle micro celle contenenti aromi di base che vengono rilasciati tramite comandi da un micro chip.
L’apporto alla comunicazione interpersonale è comunque molto marginale per cui, anche se dal punto di vista tecnologico e delle telecomunicazioni non sarebbe un problema realizzarlo in pratica non lo si persegue.
• Alcune riflessioni sullo scenario
Questo scenario identifica ovviamente moltissime opportunità di business da un lato e, dall’altro, modalità nuove di comunicazione che permettono di soddisfare bisogni e “interessi” che hanno accompagnato tutta la storia dell’uomo e proprio per questo profondi e reali.
Allo stesso tempo mette in luce vari problemi che pongono nuove sfide concettuali ma anche concrete. Se non riusciamo ad affrontare queste sfide e a superarle sarà difficile riuscire a portare questi servizi (e tecnologie) nella vita di tutti i giorni. Resteranno sullo sfondo, magari in alcuni musei della scienza come testimonianze di ciò che sarebbe possibile ma non diventa abitudine.
• Storia o ricordi?
Vogliamo davvero memorizzare la nostra vita in un gigantesco album che potenzialmente potrebbe farcela rivivere così come è accaduta? In fondo raccogliamo le foto dei nostri viaggi, quelle con la fidanzata e poi le foto di famiglia… Il punto sta proprio in quelle tre parole “come è accaduta”. I ricordi sono una interpretazione della realtà, interpretazione che continua a cambiare nel tempo anche se in qualche misura viene percepita da ciascuno come memoria della realtà. Probabilmente se ricordassimo la realtà “vera” non saremmo in grado di imparare e di migliorare. Sembra paradossale ma è vero. È il processo di deformazione e concettualizzazione che ci permette di vedere le cose da un altro punto di vista e quindi di uscire dalla “scatola” dell’oggettività.
Non credo che ci siano all’orizzonte dei meccanismi che permettano di ricreare questo. La tecnologia fotografa la realtà, a volte può distorcerla per motivi intrinseci alla tecnologia stessa od al suo uso, ma non la re-interpreta. Soprattutto non la re-interpreta come faremmo noi, ciascuno in modo diverso dall’altro. In un certo senso quando il bambino vede l’orsetto insieme al nonno vero viene guidato a re-interpretare la realtà attraverso la guida del nonno che gli racconta come lui giocava, che sensazioni provava. E non sono quelle di allora ma quelle che lui ricorda, e che quindi prova quando le sta raccontando. Il nonno “virtuale” racconta una storia che è più vera, oggettivamente, in quanto è esattamente la storia avvenuta, ma non è quella che avrebbe raccontato il nonno vero, in un certo senso quindi questa storia “vera” è artificiale.
Il bambino che entra nello schermo e gioca con l’orsetto insieme al nonno tornato bambino (ma bambino virtuale) gioca effettivamente come il nonno forse avrebbe giocato a 4 anni con un suo coetaneo. Perde però il nonno che ha conosciuto.
• Privacy
Se possiamo trovare opinioni diverse rispetto al fatto di volere memorizzare la propria vita (credo, comunque, che questo, in qualche misura, accadrà) è probabile che la stragrande maggioranza delle persone sia molto spaventata dai rischi di invasione alla propria privacy che una tale memorizzazione potrebbe comportare. Come impedire alla propria “metà” di dare un’occhiata a quello che abbiamo fatto… prima di lei, o peggio ancora mentre eravamo già “in sintonia di amorosi affetti”? Un diniego potrebbe essere male interpretato, se si accondiscende alla domanda non c’è più bisogno di interpretazione…
Sarebbe lecito alla autorità giudiziaria dare un’occhiata sul nostro hard disk per vedere dove eravamo una certa notte e cosa abbiamo effettivamente fatto? Il livello di privatezza delle informazioni legittimo per ciascuno di noi in che misura diventa contrario agli interessi pubblici?
Il problema non è affatto teorico. Anche se facessimo finta che lo shadowing non accadrà, che non sarà obbligatorio, che ciascuno avrà comunque la possibilità di proteggere e mantenere riservati i suoi dati (ma sarà ad esempio ammesso l’editing, la correzione di quanto è stato registrato…?) la diffusione dei sistemi di controllo con webcam che riprendono sempre più spazi del pianeta e quindi le nostre azioni portano allo stesso tipo di problemi con l’aggravante che in questi casi non sappiamo neppure bene chi conosce cosa abbiamo fatto, dove, quando…
• Proprietà
La proprietà della propria ombra è una cosa ovvia. Tuttavia, ho osservato che questa ombra, in molti casi, può avere un notevole valore per altre persone o aziende. Quindi, in un futuro prossimo potremmo avere persone che si vendono la propria ombra, altre che fanno inserzioni sui giornali per acquistarne una, chi si darà alla intermediazione di ombre e chi studierà sistemi per integrare varie ombre creandone di sintetiche. Potremmo anche avere persone che tentano di rubare la nostra ombra. E cosa succede se la nostra ombra, almeno in parte, è utilizzata dal nostro datore di lavoro? Quali diritti abbiamo su di essa. Dobbiamo pretendere un pagamento se un avatar che sfrutta la nostra ombra genera reddito per l’azienda in cui lavoriamo?
• Integrità delle informazioni
Lo shadowing è molto più di un album di foto, non solo perché ha tante foto, per il modo in cui lo si può utilizzare. Cosa succede se perdiamo anche solo parte delle informazioni contenute? Non solo potrebbe esserci un “black out” di un pezzo di vita, l’effetto potrebbe estendersi come un’onda alterando anche altri pezzi di vita, cambiando il loro significato. Vero che abbiamo vissuto per centinaia di migliaia di anni “senza lo shadowing” tuttavia …
Questo problema sarà affrontato in realtà ben prima che lo shadowing si diffonda. Infatti, come abbiamo visto, ci sono molti servizi che in qualche misura lo anticipano e per diversi di questi l’integrità dei dati sarà un elemento cruciale.
Spero di avere evidenziato, con questo articolo, la profonda relazione tra innovazione tecnologica e paradigmi di comunicazione. Questa relazione continuerà e l’evolversi delle tecnologie aprirà ulteriori spazi di comunicazione soddisfacendo quello che è un bisogno di base della razza umana. Scambiare informazioni, emozioni e progredire… insieme.
COMMENTO SULLA STORIA EVOLUTIVA DELLA TECNOLOGIA
DA: “Storia e Futuro”, rivista di storia e storiografia n°2, febbraio 2003;
Articolo di: Roberto Saracco
Collegamento Link: http://www.storiaefuturo.com/arretrati/2003/02/01/006/0001.html

Fonte: http://share.dschola.it/giordanobruno/physic@/societ%C3%A0/PIPPO/Tecnologia%20e%20Comunicazione%20-%20uno%20sguardo%20all'evoluzione%20dei%20paradigmi.doc

 

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