Futurismo

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Futurismo

Il Futurismo

Il Futurismo fu un movimento artistico letterario che nacque in Italia agli inizi del Novecento, quando il poeta Filippo Tommaso Martinetti, nel 1909, pubblicò il Manifesto del Futurismo, su vari giornali italiani. Sulla stessa scia, i pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, firmarono il Manifesto tecnico della pittura futurista.
Era questo un periodo di forti cambiamenti sociali, politici e culturali: la trasformazione sociale, le tensioni politiche, le nuove scoperte tecnologiche e soprattutto le guerre. Un momento in cui predominante diventava il ruolo della comunicazione che si avvaleva di invenzioni quali telegrafo senza fili, la radio, la cinepresa. L’introduzione di nuove macchine, l’aeroplano e l’automobile, cambiò completamente la percezione delle distanze e del tempo. L’inizio del XX secolo fu un momento di ebbrezza per l’Europa, pervasa da un vento nuovo che favoriva la percezione di una realtà inedita: la velocità. Le catene di montaggio abbattevano i tempi di produzione, i mezzi di trasporto, automobili e aeroplani divenivano sempre più comuni, le strade inizianvano a riempirsi di luce artificiale. Tangibile, questa nuova sensazione di futuro era chiamata “velocità”, sia nel tempo impiegato per produrre un bene, sia nei nuovi spazi che potevano essere percorsi, sia nelle nuove possibilità di comunicazione.
In questo clima di rinnovamento, l’arte e la cultura erano pervase da stimoli nuovi, sensoriali ed immaginativi, il movimento era la nuova frontiera da sperimentare. Il Futurismo dunque nasceva contrapponendosi al passatismo, ossia tutto il “vecchio”, il fermo, l’inerte, il tradizionale e i futuristi si contrapponevano ai passatisti.
In campo letterario i futuristi sperimentarono nuove forme di scrittura per dar origine ad una poesia tutta movimento e libertà: negavano la sintassi, modificavano le parole e le disponevano, in libertà appunto, sulla pagina, per suggerire ed evocare più che descrivere, facendo largo uso dell’”onomatopea” e della “tecnica visiva”. Dal punto di vista figurativo proponevano l’abolizione della prospettiva tradizionale (già precedentemente messa in discussione da Picasso), a favore di una visione simultanea. Utilizzavano la scomposizione dell’immagine per rendere la dimensione temporale, ed il tanto celebrato movimento.
È un fatto che l’ideologia futurista si sposasse con il nazionalismo più aggressivo, con la glorificazione della guerra, vista come l’unica vera espressione vitale dell’uomo e fondamentale esperienza purificatrice. Questo mise il futurismo, forse suo malgrado, in relazione, spesso problematica, con il fascismo.
La prima fase del Futurismo fu caratterizzata da un’ideologia guerrafondaia e fanatica (in pieno contrasto con altre Avanguardie) ma spesso anche anarchica, mentre la seconda stagione, che soprattutto in pittura legò il futurismo al movimento cubista, a quello costruttivista ed al surrealismo, ebbe un effettivo legame con il regime fascista, abbracciandone gli stilemi comunicativi. Se il regime ebbe con il movimento un atteggiamento a volte sprezzante, il movimento fu sempre fedele all’osservazione dei principi autoritaristici e alla tendenza interventista tipici del regime. Soltanto in pochi presero le distanze formali dal fascismo, come ad esempio l’ultimo Carrà e i pochi  “futuristi di sinistra”, i meno noti nel panorama culturale italiano dell’epoca, che costituirono quella parte del futurismo collocata politicamente su posizioni vicine all’anarchismo o al bolscevismo, anche quando il movimento, con i suoi personaggi più noti, fu ingoiato interamente dal fascismo.
Le relazioni tra Futurismo e Fascismo furono indubbiamente contrastate e controverse, ma la violenza che emerge dal manifesto di Marinetti  può aiutare a rilevare le note di convergenza tra questo stile artistico e l’ideologia fascista.

 

Manifesto del movimento Futurista pubblicato in Italia nel febbraio 1909.

  1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
  2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
  3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
  4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
  5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
  6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
  7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
  8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
  9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
  10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
  11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le marce multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Combattuto senza tregua dai futuristi è il limite della letteratura italiana alla fine dell'Ottocento, ossia la sua mancanza di contenuti forti, il suo passivo laissez faire (art.1, 2, 3). La loro reazione si espresse con l’uso dell’eccesso. Nel periodo in cui l'industria cresceva d'importanza in tutta Europa, i Futuristi sentivano il bisogno di confermare che anche l’Italia c’era. Capace di prender parte a questa nuova esperienza, l’indusatria italiana avrebbe incarnato l’essenza del progresso, attraverso i suoi simboli: l'automobile e la sua velocità (art. 4). Ma i  Futuristi precisavano anche che la letteratura non sarebbe stata sorpassata dal progresso. Perché l’uomo lo avrebbe assorbito nella sua evoluzione e la letteratura avrebbe avrebbe dimostrato che l'Uomo avrebbe usato la velocità, non il contrario (vedi art. 5 e 6). Uno degli articoli più significativi è l'articolo 9, nel quale la guerra viene definita come una specie di bisogno per lo spirito umano, un esercizio di purificazione. Questo potrebbe essere l’elemento che avvicina il futurismo ai grandi movimenti di massa che da lì a poco avrebbero dato consistenza al totalitarismo, in Italia, Germania e, in forma differente, in Russia. L’ evidente e pesante provocazione, inclusa nell’articolo 10, è la logica conseguenza del 9.
Occorre rimarcare che questo manifesto apparve prima che avvenisse uno qualsiasi dei fatti dirompenti del XX secolo che immediatamente vengono richiamati alla memoria. E molti di essi non potevano neanche essere immaginati, come la Rivoluzione Russa, la prima di queste rivoluzioni “descritte” con sapore profetico dall'articolo 11, che avvenne diversi anni dopo.

 

Fonte: http://keynes.scuole.bo.it/~miglioli/kant/futurismo%20X.doc

Sito web da visitare: http://keynes.scuole.bo.it/

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Il Futurismo è stato un movimento artistico italiano del XX secolo, nello stesso periodo simili movimenti artistici si svilupparono in altre nazioni europee, soprattutto nella Russia postzarista.
I futuristi esplorarono ogni forma artistica, dalla pittura alla scultura, in letteratura riguardo alla poesia e al teatro, ma non trascurarono neppure la musica, l'architettura, la danza, la fotografia, il nascente cinema e persino la gastronomia.
Anche se si possono osservare segnali di una imminente rivoluzione artistica nei primissimi anni del secolo - tra cui nel 1907 il saggio Entwurf einer neuen Ästhetik der Tonkunst (Abbozzo di una nuova estetica della musica) del compositore italiano Ferruccio Busoni - la nascita ufficiale del termine "futurismo" fu opera del poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti che ne codificò la filosofia artistica pubblicando il Manifesto del futurismo (1909), rilasciato inizialmente a Milano e successivamente sul quotidiano francese Le Figaro il 20 febbraio.
In poche parole, il Futurismo si colloca sull'onda della rivoluzione tecnologica dei primi anni del '900 (la Belle époque), esaltandone la fiducia illimitata nel progresso e decretando violentemente la fine delle vecchie ideologie. Per esempio, Marinetti esalta la velocità, l'industria, tutto ciò che in perenne movimento, perfino la guerra intesa come "igiene del mondo", identificando nel Parsifal wagneriano (che proprio in quegli anni cominciava ad essere rappresentato nei teatri d'Europa) il simbolo artistico del passatismo e della decadenza.
Pittura
Il Futurismo diede il meglio di sé nelle espressioni artistiche legate alla pittura e alla scultura, mentre le opere letterarie e teatrali, ma anche architettoniche non ebbero la stessa capacità espressiva.
Le radici del fermento che porterà alla declinazione del futurismo nell'arte si possono riconoscere, artisticamente parlando, già nella Scapigliatura, corrente tipicamente milanese e tipicamente borghese laddove il futurismo, anch'esso nato a Milano, distoglie con disprezzo l'attenzione dalla raffinata borghesia per concentrarsi sulla rivoluzione industriale, sulle fabbriche. Tuttavia il futurismo non nasce solo dalla contrapposizione con la Scapigliatura (movimento artistico parigino della seconda metà dell'Ottocento), ma può essere considerato una sua naturale evoluzione, sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista sociale: la materia virtuosista degli Scapigliati, con le sue nebbie languide, fa uno scatto sulla scala emotiva e diventa materia tormentata, vorticosa, angosciante, l'espressione del fascino ed insieme del terrore suscitato dalle macchine. Tra la Scapigliatura e il Futurismo si colloca una fase di transizione che mutua i temi dalla prima e che sfocia naturalmente nel secondo, ovvero il divisionismo: è grazie ad artisti come Giovanni Segantini e Pellizza da Volpedo che, pochi anni dopo, il futurista Umberto Boccioni potrà realizzare dipinti come La città che sale. Naturalmente dal punto di vista concettuale il futurismo non ignora i principi cubisti di scomposizione dei piani visivi e rappresentazione di essi contemporaneamente sulla tela. Interessante, infine, è il rapporto del futurismo con la quasi contemporanea pittura metafisica di Giorgio De Chirico. È stato teorizzato che esse siano espressione della stessa inquietudine novecentesca per il movimento: il futurismo sceglie di rappresentarlo e concentrarsi interamente su di esso; la metafisica lo esclude, creando angosciosi paesaggi in cui tutto è immobile. Tra gli epigoni più interessanti del futurismo, l'avanguardia russa del raggismo. Tutte le idee futuriste in fatto di pittura sono state riassunte nel Manifesto tecnico della pittura futurista, datato 1912.
L'estetica del movimento e la poetica industriale [modifica]
Equiparare la ricerca futurista dell'attimo con quella impressionista, come è stato fatto in passato, è ormai considerato profondamente errato. Se è vero infatti che gli impressionisti fecero dell' "attimalità" il nucleo della loro ricerca, loro scopo era fermare sulla tela un istante luminoso, unico e irripetibile. La ricerca futurista si muove in senso quasi opposto: suo scopo è rappresentare sulla tela non un istante di movimento ma il movimento stesso, nel suo svolgersi nello spazio e nel suo impatto emozionale.
Come conseguenza dell'"estetica della velocità", nelle opere futuriste a prevalere è l'elemento dinamico, il movimento coinvolge infatti l'oggetto e lo spazio in cui esso si muove. Il dinamismo dei treni, degli aeroplani, delle masse multicolori e polifoniche e delle azioni quotidiane (del cane che scodinzola andando a spasso con la padrona, della bimba che corre sul terrazzo, delle ballerine) è sottolineato da colori e pennellate che mettano in evidenza le spinte propulsive delle forme. La costruzione può essere composta da linee spezzate, spigolose e veloci, ma anche da pennellate lineari, intense e fluide se il moto è più armonioso.
I futuristi devono molto ai cubisti, innanzitutto per l'approccio analitico e scientifico con la realtà da rappresentare, in secondo luogo per la tendenza alla geometrizzazione dei volumi e alla frammentazione ritmata del soggetto, finalizzate a ottenere il dinamismo attraverso la decomposizione della forma. Inoltre è marcatamente cubista la tecnica che prevede di spezzettare la superficie pittorica in tanti tasselli che registrino ognuno una diversa prospettiva spazio-temporale. L'abbondante uso degli effetti coloristici è invece in contrapposizione ai quadri prevalentemente monocromatici di alcuni filoni cubisti.
È inoltre interessante notare come il cubismo sia l'opposto della pittura metafisica di Giorgio de Chirico, in cui lo spazio-tempo non esiste e tutto è perfettamente immobile: è stato teorizzato che le correnti siano interpretabili, in modo complementare, come diverse espressioni di quella medesima novecentesca inquietudine rispetto allo scorrere del tempo nata con l'ossessione impressionista di cogliere un attimo luminoso.
Due esponenti del movimento pittorico sono Umberto Boccioni e Giacomo Balla, quest'ultimo presente anche in scultura. La pittura di Boccioni è stata definita "simbolica": il dipinto La città che sale (1910), per esempio, è una chiara metafora del progresso, dettato dal titolo e dalle scene di cantiere edile sullo sfondo, esemplificate nella loro vorticosa crescita dalla potenza del cavallo imbizzarrito, un vortice di materia. Se Boccioni è simbolico, Balla è fotografico e analitico. Ancora legato a principi cubisti, non è raro che realizzi sequenze fotogrammetriche di una scena, per rendere il movimento, piuttosto che affidarsi a impetuosi vortici di pittura: è il caso del posato Ragazza che corre al balcone (1912).
Il futurista più attivo nel campo della scultura è Umberto Boccioni, la cui ricerca pittorica corre sempre parallela a quella plastica. Nel 1912, lo stesso Boccioni pubblica il Manifesto tecnico della scultura futurista. Punto di arrivo di questa ricerca può essere considerato Forme uniche nella continuità dello spazio, del 1913: l'immagine, applicando le dichiarazioni poetiche di Boccioni stesso, è tutt'uno con lo spazio circostante, dilatandosi, contraendosi, frammentandosi e accogliendolo in sé stessa. Anche in L'Antigrazioso o La madre, immediatamente precedente, sono presenti parametri scultorei simili a Forme uniche nella continuità dello spazio, ma con ancora non risolti alcuni problemi di plasticità derivanti da influssi naturalistici.
Architettura
Al centro dell'attenzione degli architetti futuristi c'è la città, vista come simbolo della dinamicità e della modernità. All'inizio del 1914 Antonio Sant'Elia, il principale architetto, pubblica il Manifesto dell'architettura futurista, nel quale espone i principi di questa corrente.
Tutti i progetti creati da questi si riferiscono a città del futuro, con particolare attenzione alle innovazioni. In contrapposizione all'architettura classica, vista come statica e monumentale, le città idealizzate dagli architetti futuristi hanno come caratteristica fondamentale il movimento e i trasporti.
I futuristi, infatti, compresero immediatamente il ruolo centrale che i trasporti avrebbero assunto successivamente nella vita delle città. Nei progetti di questo periodo si cercano sviluppi e scopi di questa novità. L'utopia futurista è una città in perenne mutamento, agile e mobile in ogni sua parte, un continuo cantiere in costruzione, e la casa futurista allo stesso modo è impregnata di dinamicità.
Anche l'utilizzo di linee ellittiche e oblique simboleggia questo rifiuto della staticità per una maggior dinamicità dei progetti futuristi, privi di una simmetria classicamente intesa. Il Futurismo anticipa i grandi temi e le visioni dell'architettura e della città che saranno poprie del Movimento Moderno, anche se il Razionalismo italiano si perderà un po' tra la diatriba del neoclassicismo semplificato di Marcello Piacentini e la purezza di un Giuseppe Terragni e non riuscirà ad avere il medesimo slancio innovatore.
Musica
In campo musicale gli unici rappresentanti di rilievo furono Francesco Balilla Pratella e Luigi Russolo, pittore oltre che musicista. A Russolo in particolare si deve l'invenzione dell'Intonarumori, uno strumento che usava per mettere in pratica la sua teoria del rumorismo, ovvero di una musica nella quale ai suoni dovevano essere sostituiti i rumori
Teatro
I futuristi perseguono la rifondazione del concetto stesso di comunicazione teatrale. Essi focalizzano la loro attenzione sulla relazione essenziale che si sviluppa fra testo, attori e pubblico, per recuperare non soltanto i valori di ogni singola componente, bensì anche il senso globale dall'interrelazione fra gli elementi.
Gastronomia
Grazie alla completezza di questo movimento, viene influnenzata anche la gastronomia. Nel 1914 il cuoco francese Jules Maincave aderì al futurismo, proponendo quindi l'accostamente di nuovi sapori ed elementi fino ad allora "separati senza serio fondamento". Questo comprendeva accostamenti come filetto di montone e salsa di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, aringa e gelatina di fragola.
Il 20 gennaio 1931 Marinetti pubblicò il Manifesto della cucina futurista, sulla rivista «Comoedia» il 1931. Secondo Marinetti bisognava eliminare la pastasciutta, così come forchetta e coltello e condimenti tradizionali, e incoraggiare l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi.

Artisti: Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Sant’Elia.

1-Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
2-Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3-La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4-Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità [...]
5-Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6-Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7-Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.
8-Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! [...] poichè abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
9-Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore [...]
10-Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria
11-Noi canteremo [...] le locomotive dall'ampio petto, [...] il volo scivolante degli areoplani. E' dall'Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo[...]
Con queste parole Filippo Tommaso Marinetti fonda il 20 Febbraio 1909 a Parigi il manifesto futurista nelle pagine del "Le Figarò"

 

 

 

 

La pittura futurista


Nel Gennaio del 1910, Boccioni, Carrà, e Russolo si presentavano a Marinetti nella sua casa di Milano. Questi tre artisti, conosciuti nell'ambiente dell'accademia e del mondo pittorico milanese, dopo una lunga disamina della situazione in cui versava l'arte italiana, decisero di lanciare un Manifesto ai giovani artisti per invitarli a scuotersi dal letargo che soffocava ogni aspirazione.
Il Manifesto dei Pittori nasce l'11 Febbraio su un volantino edito da "Poesia".
Non si può però parlare di "vera" pittura futurista fino alla fine del 1911. I tentativi di creare la "nuova arte" passano attraverso diverse influenze non ancora superate.
Nella primavera del 1910 vengono esposte pubblicamente le prime opere futuriste nella "Mostra d'arte libera" a Milano presso la fabbrica Ricordi con opere di Boccioni, Carrà e Russolo.
Nel 1912 Marinetti organizza a Parigi una mostra alla Gallerie Bernheim-Jeune in cui gli artisti italiani sottolineano la loro divergenza dal cubismo ed affermano di ricercare uno "stile del movimento, cosa mai tentata prima".
Dal 1913 varie mostre vengono organizzate per esporre i lavori sempre più definiti. Il futurismo conta nuovi adepti: Cangiullo, Depero, Pampolini, Rosai, Morandi, Sironi, Arturo Martini.
Sempre più si definiscono le ricerche dei diversi artisti: Russolo si dedica alla musica, Carrà si allontana dal naturalismo a vavore del cubismo, Severini tende verso l'astrazione, Boccioni segue anche in scultura un modello simbolista, Balla approda ad una schematizzazione basata sullo studio del movimento.
Con la fine della guerra nel 1921 nel Manifesto del Tattilismo Marinetti ufficializza una nuova fase del Futurismo, più ludica e positiva.
Nel Manifesto della Aeropittura firmato da Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Marinetti, Prampolini, Somenzi, Tato, si teorizza la nuova visione spiralica del movimento. Sarà uno degli ultimi fuochi per tenere acceso il Futurismo.
Nel 1915 col manifesto Ricostruzione futurista dell'universo firmato da Balla e Depero, c'è una sintesi nuova del dinamismo plastico propria dei primi anni. Si può parlare ora di Secondo Futurismoche orera non solo nelle arti visive, ma anche nell'architettura, nella scena urbana, negli allestimenti sportivi, nei complessi plastici, nella fotografia e nel fotomontaggio al cinema oltre che nella scenografia, poesia, prosa, drammaturgia, teatro e nella pubblicità di massa.
Negli anni Trenta si vive indubbiamente un allentamento della tensione inventiva, dovuta soprattutto all'incalzare di una realtà più avanzata tecnologicamente anzitutto, che provoca una caduta dello scarto utopico avvenieristico degli anni Dieci.

Lo stile futurista


Non vi è dubbio che all'origine del futurismo italiano come avanguardia artistica vi sia il cubismo francese. L'importanza del cubismo a partire del 1910 fu tale da influire anche altri movimenti nazionali europei come l'espressionismo della Brucke in Germania.
Il Futurismo è poi implicato con il divisionismo. Al 1914 risale per tutti gli artisti futuristi l'abbandono del del cubismo analitico per una breve esperienza di cubismo sintetico. Al 1915-16 il ritorno a forme plastiche ed a una figurazione riconoscibile, il cosiddetto ritorno all'origine.
Nel primo futurismo lo stile è dissociato tra le due fugure cruciali del movimento: Balla e Boccioni. Il secondo futurismo non presenta una vera unità stilistica: appare nel suo insieme come un movimento eclettico. Importante in questa fase la comparsa del geometrismo di Balla e Depero. Dal 1925 al '40, gli artisti futuristi riprendono e variano, contaminandole con il surrealismo e la metafisica, le premesse poste da Braque e Picasso e questo rappresenta una continuità tra primo e secondo futurismo.
Concludendo si può affermare che orientarsi nella pratica artistica del movimento significa prendere atto delle pluralità di stili intrinseca. La molteplicità dell'attività creativa in tutti gli aspetti dei vari artisti portò ad una varietà ampia di soluzioni stilistiche.

Il manifesto dei pittori futuristi


"Agli artisti giovani d'Italia!
Il grido di ribellione che noi lanciamo, associando i nostri ideali a quelli di poeti futuristi, non parte già da una chiesucola estetica, ma esprime il violento desiderio che ribolle oggi nelle vene di ogni artista creatore.
Noi vogliamo combattere accanitamente la religione fanatica, incosciente e snobbistica del passato, alimentata dall'esistenza nefasta dei musei. Ci ribelliamo alla suprema ammirazione delle vecchie tele, delle vecchie statue, degli oggetti vecchi e dell'entusiasmo per tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo, e giudichiamo ingiusto, delittuoso, l'abituale disdegno per tutto ciò che è giovane, nuovo e palpitante di vita.[...]
Volendo noi contribuire al necessario rinnovamento di tutte le espressioni d'arte, dichiariamo guerra risolutamente, a tutti quegli artisti e a tutte quelle istituzioni che, pur cammuffandosi di una veste di falsa modernità, rimangono invischiati nella tradizione, nell'accadentismo e soprattutto in una ripugnante pigrizia cerebrale.[...]
Hanno ben altri interessi da difendere i critici pagati! Le esposizioni, i concorsi, la critica superficiale e non mai disinteressata condannano l'arte italiana all'ignominia di una vera prostituzione!
Ecco le nostre conclusioni recise:
1- Distruggere il culto del passato, l'ossessione dell'antico, il pedantismo ed il formalismo accademico
2- Disprezzare profondamente ogni forma d'imitazione
3- Esaltare ogni forma di originalità anche se temeraria, anche se violentissima
4- Trarre coraggio ed orgoglio dalla facile traccia di pazzia con cui si sferzano e s'imbavagliano gl'innovatori
5- Considerare i critici d'arte come inutili e dannosi.
6- Ribellarci contro la tirannia delle parole: ARMONIA E BUON GUSTO, espressioni troppo elastiche[...]
7- Spazzar via dal campo ideale dell'arte tutti i motivi, tutti i soggetti già sfruttati
8- Rendere e magnificare la vita odierna, incessante e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa.
Siano sepolti i morti dalle più profonde viscere della terra! Sia sgombra di mummie la soglia del futuro! Largo ai giovani, ai violenti, ai temerari!"
Pittore: Umberto Boccioni (Milano)
Pittore: Carlo Dalmazio Carrà (Milano)
Pittore: Luigi Russolo (Milano)
Pittore: Giacomo Balla (Roma)
Pittore: Gino Severini (Parigi)

Gli Artisti:


 Giacomo Balla
Nasce a Torino nel 1871. Pittore, scultore, scenografo, ambientatore, "parolibero". E' fra i primi protagonisti del divisionismo italiano. La sua attività creativa è molto intensa nei primi anni Dieci in termini di analitica sia del dinamismo, sia della luce, giungendo nel 1915 ad una nuova fase di ricerca pittorica fortemente sintetica. Negli anni Venti e oltre partecipa a gran parte delle mostre del gruppo futurista. I suoi rapporti col gruppo andranno ad allentarsi a metà degli anni Trenta, fino ad un vero e proprio distacco polemico. Muore nel 1958.

 Umberto Boccioni
Nasce a Reggio Calabria nel 1882. Si interessa molto presto alla pittura. Nel 1901 a Roma conosce Severini, quindi Balla. Nel 1906 è a Parigi dove studia la pittura di Cezanne. Nel 1909 a Milano conosce Marinetti. Elabora in modo determinante il Manifesto dei pittori futuristi. Partecipa a parecchie mostre del gruppo futurista che lo porteranno ad allestire con Carrà, la mostra a Parigi nel 1911. L'anno seguente approfondisce gli studi sul cubismo. Espone ripetutamente a Berlino. Nel 1914 viene arrestato a seguito delle manifestazioni interventiste al Teatro Verdi a Milano. Nel 1915 si arruola assieme agli altri futuristi nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti in prima linea. Nel 1916 muore. Dopo la sua morte la sua opera diventa punto di riferimento nel movimento futurista.

 Carlo Carrà
Nato a Quargneto (Alessandria) nel 1881. Comincia a disegnare giovanissimo. Nel 1899 è a Parigi come decoratore e studia particolarmente gli impressionisti e Courbet. Nel 1906 frequenta l'accademia di Brera, la sua ricerca pittorica è aperta al divisionismo. Conosce a Milano Boccioni e Russolo, con i quali incontra Marinetti. Insieme lanciano il Manifesto dei pittori futuristi e col gruppo partecipa a diverse mostre. La sua pittura si fa particolarmente sensibile alla scomposizione cubista. Nel 1917 incontra a Ferrara de Chirico ed altri con cui stabilisce un sodalizio di lavoro. Tra il 1923 ed il 1925 chiarisce ulteriormente la propria ricerca pittorica e ristabilisce un dialogo con la tradizione dei "primitivi", in particolare con Giotto. Nel 1931 viaggia molto in Europa, mettendosi in rapporto con numerosi artisti stranieri. A guerra finita rientra a Milano portando avanti una ricerca pittorica di sintesi tra rappresentazione del dato reale e visione. Muore a Milano nel 1966.

 Fortunato Depero
Nasce a Lecce nel 1914. Realizza ancora bambino i suoi primi disegni. Nel 1931 in occasione della I Mostra di aeropittura - omaggio futurista ai trasvolatori conosce fra gli altri Marinetti, e Balla. Nel 1933 aderisce ufficialmente al movimento futurista ed alle mostre del movimento. Nel 1948 alla Rassegna nazionale di arti figurative a Roma, espone con una ricerca orientata ad un carattere astratto-simbolico. Nel 1984 a Modena presenta un'ampia antologica della sua opera futurista. Muore nel 1996.

 Luigi Russolo
Nato nel 1885. Pittore e musicista. Segue attività didattiche all'Accademia di Brera come praticante. Nel 1901 esegue una serie di acqueforti di accento simbolista. Nel 1910 assieme a Boccioni, Carrà ed altri conosce Marinetti. Sottoscrive il Manifesto dei pittori futuristied espone col gruppo. Nel 1914 brevetta a Milano gli intonarumori e tiene al Teatro Dal Verme a Milano il Primo gran concerto futurista per intonarumori. Viene arrestato insieme a Boccioni e Marinetti per una manifestazione interventista nello stesso teatro. E' presente alla XV Biennale di Venezia con il gruppo futurista. Durante il 1928 lavora ad un nuovo dispositivo capace se applicato su una canna d'organo di riprodurre un accordo a quattro. Torna a dipingere nel 1942 in uno stile da lui stesso definito "classico-moderno". Muore nel 1947.

 Antonio Sant'Elia
Nasce nel 1888. Nel 1909 frequenta l'Accademia di Brera. Nel 1912 consegue presso l'accademia di Bologna la licenza di professore di "disegno architettonico". Nel 1913 apre uno studio professionale a Milano. Nel 1914 pubblica il Manifesto dell'architettura futurista". Nel 1915 si arruola col gruppo futurista nel Battaglione lombardo volontari ciclisti auromobilisti. Muore nel 1916 in guerra sul Carso. La sua opera verrà ricordata più volte dai futuristi negli anni Venti e Trenta.

Gino Severini
Nasce nel 1883. Nel 1901 conosce Boccioni, quindi Balla il quale, al rientro da Parigi, parla di divisionismo ed impressionismo. La sua pittura diventa divisionista. Nel 1906 si trasferisce a Parigi dove studia Seurat ed il pointillisme. Sottoscrive nel 1910 il Manifesto dei pittori futuristi. Porta avanti in questo periodo i primi studi dinamici di danzatrici. Espone a Parigi col gruppo futurista nel 1912 ed in diverse città europee. Successivamente comincia a staccarsi dal gruppo lavorando ad una serie di nature morte di riferimento tardocubista. Negli anni Trenta si avvicina al gruppo italiano del "Novecento". Presenterà negli anni successivi diverse opere futuriste, cubiste ed astratte. Negli anni Cinquanta la rua ricerca riprende motivazioni di dinamismo futurista in soluzioni astratte. Muore a Parigi nel 1966.

 Mario Sironi
Nasce nel 1885. Nel 1915 Boccioni lo chiama a Milano nel gruppo futurista. Si arruola col gruppo nel 1915 nel Battaglione volontari ciclisti automobilisti. Alla fine della guerra espone diverse volte col gruppo futurista. Nel 1924 il gruppo si presenta alla Biennale di Venezia con l'appoggio di Margherita Sarfatti. Sironi entra quindi a far parte del comitato direttivo "Novecento italiano". Espone alla I ed alla II Mostra del Novecento. Nel 1933 sottoscrive il Manifesto della pittura murale con Carrà, Campigli e Funi. In questi anni esegue opere di grandi dimensioni. Dal 1943 al '52 tiene numerosissime personali in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Dalla metà degli anni Quaranta la sua attività è assai intensa con esiti espressionistici molto personali. Muore nel 1961.

La velocità


"Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo [...] un'automobile ruggente che sembra correre sulla mitraglia è più bello della Vittoria di Samotracia [...]"
F.T. Marinetti

 

 

La metropoli


"Noi canteremo le grandi folle agitate del lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; la stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano [...]"
F.T. Marinetti

"[...] Noi dobbiamo inventare e fabbricare la città futurista simile ad un immenso cantiere tumulitante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, la casa futurista simile ad una macchina gigantesca [...] "
A. Sant' Elia

 

L'individuo


"[...] I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poichè sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità! [...] Ve ne stupite? [...] E' logico, perchè voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto. Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle! [...]"
F.T. Marinetti

 

 

La guerra


"Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. [...] Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igene del mondo, il militarismo, il pattriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore [...]"
F.T. Marinetti

 

Sin dal 1905 la rivista letteraria simbolista di Marinetti, "Poesia", era letta in Russia e promuoveva scambi letterari tra i due Paesi. Tra il 1909 e il 1910 erano apparsi su riviste russe molti articoli dedicati al futurismo italiano. In quegli stessi anni Balla aveva esposto le sue opere in quattro città russe. Nel 1911 e poi nel 1912 erano venuti in Italia diversi artisti cubisti russi, interessati al futurismo e che si consideravano dei cubofuturisti (Kamenskij era intenzionato a imparare "l'arte futurista del pilotaggio"). Nel 1911 era uscita in francese un'ampia raccolta di manifesti futuristi che rese accessibili a un largo pubblico in Russia le teorie di Marinetti e compagni.
Il primo Manifesto di Marinetti era stato pubblicato a San Pietroburgo un mese dopo la sua apparizione su "Le Figaro". Il Futurismo in Russia inizia ufficialmente con la letteratura e, in particolare, con il poema di Chlelbnikov, Incantesimo con il riso, scritto tra il 1908 e il 1909, un'opera fortemente provocatoria caratterizzata da forme poetiche non tradizionali.
Agli inizi del Novecento in Russia fervevano molti sperimentalismi letterari, specialmente appunto intorno al poeta Chlebnikov, straordinariamente dotato nel valorizzare le possibilità espressive del linguaggio, giocando sui vari echi presenti simultaneamente nelle parole, sulla traccia delle assonanze, con creazione di neologismi, linguaggio infantile asemantico, ecc. Su un piano di ricerca strettamente formale, antiaccademica, i russi erano molto avanzati.
A Mosca, nel 1912, era apparso il primo intervento programmatico del Futurismo russo: Schiaffo al gusto del pubblico, ove veniva detto che "L'Accademia e Puskin sono più incomprensibili dei geroglifici", e che bisognava "Gettare Puskin, Dostoevsky, Tolstoj... dal Vapore Modernità".
Il nome "futurismo" fu adottato per la prima volta in Russia da artisti di Pietroburgo, gli egofuturisti, spesso in polemica, tra il 1912 e il 1914, con gli artisti di Gileja (i cubofuturisti), che si fregiarono del titolo di futuristi a partire dal 1913. I cubofuturisti furono la corrente più importante.
I futuristi moscoviti sentivano moltissimo la collettività e il movimento organizzato. Nel 1913 la stampa parlò molto di loro, che si esibivano in eventi accuratamente preparati per le strade di Mosca, dove con vestiti sgargianti e facce dipinte, che scandalizzavano i borghesi, declamavano i loro versi in mezzo ai passanti.
Tra il 1913 e il 1914 Majakovskij, Burljuk e Kamenskij avevano intrapreso un giro propagandistico che toccava 17 città della Russia. Alla fine del 1913 (dopo che le idee di Marinetti sul teatro erano state presentate sulla rivista teatrale "Maski"), si rappresentano a Pietroburgo le prime opere teatrali futuriste.
Marinetti arrivò a Mosca il 26 gennaio 1914 invitato dall'associazione Les Grandes Conférences. Alla stazione, di tutti i futuristi, venne ad accoglierlo solo Sersenevic, per la sua militanza nel gruppo egofuturista del "Mezzanino della poesia". Majakovskij, Burljuk e Kamenskij erano in tournée nella Russia meridionale, Livsic e Chlebnikov non erano interessati. Il pittore primitivista Larionov voleva accogliere Marinetti con uova marce. Burljuk e Kamenskij, in particolare, non sopportavano il suo tono paternalistico, Majakovskij criticava aspramente il suo programma politico bellicista. Chlebnikov, decisamente antioccidentale, romperà addirittura con gli altri del gruppo Gileja, colpevoli a suo parere d'essere stati troppo benevoli con Marinetti.
Le avanguardie russe erano diffidenti di fronte a un accoglimento acritico dei modelli occidentali e spesso, nella loro ansia di innovazioni drastiche, anche eversive, preferivano rifarsi a remote e spesso fantasiose radici preistoriche e precristiane (vedi il primitivismo di pittori come Gonciarova e Larionov e la musica di Stravinskij). Ad esempio il gruppo Gileja di Mosca (cui fece parte Majakovskij), fondato nel 1911 dai pittori Kamenskij e Burljuk, prese il nome russo della Scizia, ossia delle pianure sarmatiche abitate, ai tempi di Erodoto, da popolazioni che lo storico greco considerava barbare e semiselvagge. La parola Gileja proveniva da Hylea, l'antico Ponto Eusino, carico di memorie omeriche.
Dall'incontro tra pittori cubisti e poeti futuristi nasce il movimento definito Cubofuturismo, che si raccoglie inizialmente attorno ai fratelli Burlijuk. Il primo a utilizzare il termine "futurista" fu, il 24 febbraio 1913, il poeta Majakovsky in occasione di un dibattito sull'arte contemporanea, ma ben maggiore popolarità ha goduto il neologismo slavo budetljany, ovvero "uomini dell'avvenire", introdotto dal poeta Chlebnikov. "Il futurismo non è una scuola, è un nuovo atteggiamento", aveva scritto David Burljuk. E questa esperienza proseguirà, con risultati alterni, sino al 1930, l'anno in cui morì Majakovskij e lo stalinismo s'orientò decisamente verso il realismo socialista.
Le performances di declamazione onomatopeica e la frenetica gestualità di Marinetti entusiasmarono il pubblico di Mosca e di Pietroburgo. Ma i dissensi con Livsic e Chlebnikov erano fortissimi: infatti, mentre da un lato Marinetti voleva rompere col passato in nome del mito del progresso, dall'altra invece restava forte il desiderio di conciliare avanguardia e tradizione.
Marinetti contestava lo pseudofuturismo di quegli artisti che erano rivolti più all'arcaismo delle origini che all'avvenire, e trovava troppo filosofica l'impostazione di quelli che propugnavano il transmentalismo (zaum), che si può considerare una versione del simultaneismo in una forma molto più complessa e sofisticata. Per i transmentalisti la Parola in quanto tale non si esaurisce nei significati della comunicazione esplicita; se l'arte si limita a trucchi verbali semplicemente esteriori, adottati per piegare il linguaggio ai nostri fini, non ne rivela la potenza trasformatrice della realtà.
Inseguire la parola è un'avventura imprevedibile, un viaggio tra coscienza e inconscio: non si può ridurre la poesia a un'officina di montaggio e smontaggio di enunciati, sia pure transgressivi, secondo un prontuario di accorgimenti tecnici. La lingua esprime al di là di quanto noi vogliamo farle esprimere. Bisogna saper ascoltare le parole, i suoni, contemplare i segni, perché possano creare linguaggio, dandoci una nuova comprensione della realtà: le parole sprigionano echi, chiamano nuove parole. Le possibilità espressive e simboliche di un singolo suono, anche di una singola lettera, di per sé apparentemente insignificante, si rivelano enormi, solo che se ne coltivi la consapevolezza.

Marinetti era incuriosito dalle possibilità innovative di questa poetica, ma tutto sommato giudicava che i transmentalisti fossero troppo simbolisti e troppo immersi nel vertiginoso abisso della lingua, un abisso che si perdeva nella notte dei tempi. Il loro atteggiamento contemplativo gli sembrava del tutto estraneo al ritmo serrato della vita moderna.
L'influenza del futurismo italiano in Russia si farà sentire di più nella letteratura e nella tecnica pubblicitaria, nel gusto dello scandalo e della provocazione, ma i russi, prima con Malevich, che aderirà al suprematismo, poi con Majakovskij, che porrà il futurismo al servizio del bolscevismo, si staccheranno dal futurismo sin dal 1914.
Pur ispirandosi alle esperienze futuriste italiane (evidenti tracce di Boccioni, Balla e Severini) e francesi (gli studi sul movimento di Robert e Sonia Delaunay), il futurismo russo ha sviluppato una propria e particolare linea, meno meccanicistica e tecnologica, più ispirata allo spirito della natura, ai valori della terra e alle dimensioni popolari e mistiche della cultura russa.
Il futurismo russo, tuttavia, pur compenetrandosi con le altre correnti nazionali del periodo, a cui ha dato molto (cubofuturismo, raggismo, suprematismo), non ha mai dimenticato né stravolto la lezione, tipica del coevo movimento italiano, della scomposizione delle forme unita al loro dinamismo.

I termini Futurismo e Futurista hanno assunto oggi un significato generico e l’uso comune li applica indifferentemente a un’architettura, a un mobile, a un oggetto. Ma nel momento in cui il termine Futurismo nacque dalla fertile inventiva di Marinetti, esso avevo un significato e un contenuto preciso e designava un movimento culturale dal programma ben definito.


A differenza di altri gruppi e movimenti artistici moderni, come l’Impressionismo, il Fauvismo, il Cubismo che avevano accettato o adottato la definizione loro attribuita dalla critica, spesso poco benevola, il Futurismo si è battezzato da sé e ha diffuso attivamente e con ogni mezzo le proprie idee.
Il movimento ebbe il suo animatore in Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), poeta e narratore di duplice cultura, italiana e francese, e buon conoscitore delle scuole poetiche di fine Ottocento, in particolare del Simbolismo, alla cui volontà di rinnovamento fu assai sensibile.
Quando nel 1909 Marinetti redige il primo manifesto del Futurismo, pubblicato sul "Figaro" del 20 febbraio, il poeta ha al suo attivo un certo numero di raccolte in italiano e in francese e dirige a Milano la rivista di impronta simbolista "Poesia".

 

In quel Manifesto Marinetti espone un programma violentemente polemico, di integrale rinnovamento della cultura dominante, sulla base di nuovi principi, coerenti con la vita moderna e la società industriale.
In particolare l’arte dovrà esaltare il dinamismo, la velocità, l’energia e l’azione umana, in ogni campo; dovrà sfuggire alla museificazione per rinnovarsi continuamente nei temi e nelle tecniche; dovrà incidere profondamente nel tessuto sociale; dovrà provocare, scuotere, usare violenza psichica e anche fisica (si pensi, ad es., alle movimentate conclusioni delle serate futuriste).
Nel corso dell’anno 1909 Marinetti entra in contatto con un gruppo di giovani pittori italiani pronti a elaborare e a praticare in pittura l’idea futurista; essi sono: Umberto Boccioni (1882-1916), Giacomo Balla (1871-1958), Carlo Carrà (1881-1966), Luigi Russolo (1885-1947) e Gino Severini (1883-1966), i quali, nel corso del 1910, aderiscono al movimento e pubblicano il Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista.
Il gruppo incomincia a organizzare spettacoli di teatro e di poesia, esposizioni di pittura e di scultura; la più importante, quella che lancerà il Futurismo sulla scena internazionale, si apre nel 1912 a Parigi, alla Galleria Bernheim-Jeune, col titolo Les peintres futuristes italiens; verrà in seguito presentata a Londra, Berlino, Amsterdam, L’Aia, Monaco di Baviera e in America.
Il pittore Severini, che per alcuni anni aveva abitato a Parigi, contribuisce a stabilire un legame, destinato a colorirsi di toni polemici, tra cubisti parigini e futuristi; anche Guillaume Apollinaire, sempre attento alle novità, s'interessa a loro.
Negli anni tra il 1909 e il 1915 il Futurismo vive una vita attivissima e tempestosa, costellata da una serie di prese di posizione teoriche o manifesti, sia nel campo letterario sia in quello delle arti figurative: nel 1912 viene pubblicato il Manifesto della scultura futurista, nel 1914 il Manifesto dell’architettura futurista, firmato da Antonio Sant’Elia (1888-1916), grande architetto e urbanista, e nel 1915 il Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo, firmato da Balla e Fortunato Depero (1892-1960), per non citare che alcuni tra gli scritti programmatici del periodo. Nel 1913 Marinetti intraprende un viaggio a Mosca, suscitandovi grande interesse e rinsaldando il legame con i circoli dell’avanguardia russa.
Il primo conflitto mondiale nel quale l’Italia interviene nel 1915, non interrompe immediatamente l’attività comune del gruppo; ma la morte in guerra di Boccioni e di Sant’Elia contribuirà ad affrettare un’evoluzione che già veniva delineandosi; alcuni artisti  si accosteranno all’esperienza metafisica come Carrà, altri confluiranno in Novecento, il movimento artistico che alla conclusione della guerra si affermerà come ritorno all’ordine, raccogliendo l’adesione di alcune personalità già attive nell’ambito futurista, come Sironi e Severini, Rosai, Martini e Morandi, oppure daranno vita al cosiddetto secondo Futurismo.
Ma se il Futurismo ripiega verso nuove tendenze o rivive in fenomeni di minore rilievo, come l’aeropittura, il suo valore rivoluzionario e la sua azione di svecchiamento della cultura italiana non vanno disconosciuti e la sua fine come movimento coerente non significa il totale abbandono dei suoi obiettivi, alcuni dei quali saranno all’origine dell’esperienza dadaista.
Quel che colpisce nel Futurismo italiano è la sovrabbondanza dei testi programmatici, fenomeno che ha il suo equivalente soltanto nell’avanguardia russa, da Malevic a Larionov; e il carattere violentemente polemico e provocatorio dei testi stessi, nei quali la volontà di rottura è manifestata con toni esagitati e perentori.
Quali sono le idee-forza che animano i testi futuristi? Anzitutto il Futurismo è rifiuto della storia, rifiuto "di-tutto-ciò-che-precede", e quindi è un modo di guardare al futuro, cancellando, con la storia, le tradizioni dell’accademia lontana e recente: forse si potrebbe dire che il futurismo rappresenta uno sviluppo dinamico dell'impressionismo e soprattutto del neoimpressionismo.
Il Futurismo italiano è portatore di una tale carica distruttiva, di una volontà di ricostruire ex-novo, che si può riscontrare, in quell'epoca, solo nelle avanguardie russe. Tra le ragioni di questo comportamento di una certa importanza fu la coscienza del provincialismo della cultura e dell’arte ottocentesca italiana, rimaste ai margini dei grandi movimenti di pensiero europei.
Ferma nell’ammirazione di un passato grandioso, trasformata dal turismo in un museo un po' polveroso, l’Italia del tempo dei Futuristi, che è anche l’Italia di Benedetto Croce e di Pirandello, vuole entrare di forza nella cultura europea, con una propria originalità.
Marinetti e i suoi amici non ritengono che l’estetismo decadente di D’Annunzio o la politica megalomane di Crispi possano svolgere questa funzione: con intolleranza e con una disposizione di spirito non aliena da totalitarismo - alcuni dei futuristi saranno sostenitori della politica interventista e aderiranno poi al fascismo - i futuristi intendono imporsi a qualunque costo.
E non si tratta soltanto di respingere gli stili e le forme, le tecniche tradizionali, ma anche e soprattutto i contenuti dell'arte e della cultura in generale: il futurismo tenderà infatti ad esaltare enormemente il mondo moderno, con le sue città, le industrie, le sue macchine. Famosa è la frase di Marinetti sull’automobile, "più bella della Vittoria di Samotracia".
Il macchinismo e l’ansia della velocità che hanno mutato la vita dell’uomo, il suo ambiente, le sue abitudini, sono i nuovi miti futuristi. Nell’impeto rivoluzionario che lo induce a prendere in considerazione le più varie manifestazioni della vita e della cultura, che lo spinge a rifiutare ogni categoria precostituita sta, insieme, il limite del Futurismo e il suo incontestabile valore: limite in quanto i propositi futuristi a confronto con la pluralità degli obiettivi appariranno a volte ingenuamente generici; valore in quanto la pluralità degli obiettivi stabilisce una interdipendenza, uno sconfinamento tra i diversi campi d’azione, del pensiero e dell’arte, che sarà motivo ricorrente nelle avanguardie del Novecento.
Per quanto riguarda il rinnovamento del linguaggio figurativo, appare stimolo fondamentale la ricerca della rappresentazione del movimento, dell’energia dinamica, attraverso l’evidenziazione di linee-forza, l’indagine dei rapporti tra oggetto e spazio nella simultaneità dei moti; e se la scomposizione della forma e il geometrismo possono accostare i futuristi ai cubisti, l’uso del colore li distingue fondamentalmente: nei primi è vivace, puro, esuberante, di discendenza neoimpressionista, nei secondi sobrio, tendente al monocromo.
Le immagini successive di una forma in movimento sono sperimentalmente evidenziate nella loro sequenza nel famoso Dinamismo di un cane al guinzaglio (New York, Collezione Goodyear) e in Bambina che corre sul balcone (Milano, Galleria d’Arte Moderna, Raccolta Grassi) di Balla o rielaborate in una visione soggettiva nella Sintesi plastica dei movimenti di una donna (Grenoble, Musée de Peinture et de Sculpture) di Russolo, o ancora nella splendida Danzatrice in blu (collezione privata) o in Danza dell’orso al Moulin Rouge (Parigi, Musée National d’Art Moderne), entrambe di Severini, e di Quel che mi ha detto il tram (Milano, Collezione Bergamini) o in Cavallo e cavaliere (collezione privata) di Carrà, o ancora di Spazzola ridente (collezione privata) di Balla.
La sintesi drammatica è finalizzata all’espressione drammatica nei Funerali dell’anarchico Galli di Carrà (New York, Museum of Modern Art) e alla rappresentazione della vitalità cosmica, dell’energia che penetra lo spazio e la materia di Mercurio che passa davanti al sole visto da un cannocchiale di Balla (Milano, collezione privata).
La Manifestazione interventista di Carrà (raccolta privata d’Arte Moderna), come altri collages futuristi, rivela l’intenzione di una reale e simbolica rottura del linguaggio plastico tradizionale, anche nella scelta del mezzo espressivo.
Ma la volontà innovatrice del Futurismo si esprime nel modo più possente e coerente nell’attività di Boccioni, concentrata nel breve volgere degli anni tra il 1910 e il 1916, tutta tesa a scoprire del vitalismo futurista i risvolti più profondi, cosmici e drammatici.
La liberazione delle energie dell’oggetto nello spazio secondo precise linee di forza si esprime nelle forme energiche e tese della plastica di Boccioni, mentre la lucidità della ricerca si arricchisce di una gamma infinita di registri di sensibilità in opere in cui domina l’emozione lirica, l’ebbrezza di una vitalità universale come in Rissa in galleria (Milano, Pinacoteca di Brera, Collezione Jesi), La città che sale (New York, Museum of Modern Art), Le forze di una strada (Basilea, collezione privata), La risata (New York, Museum of Modern Art); o nelle quali un’atmosfera emotiva è ricreata con i mezzi purissimi del colore, della forma e della linea la cui direzione era fissata con un determinato scopo drammatico, come ben si vede nella serie degli Stati d’animo 1 2 3 (Milano, Galleria d’Arte Moderna).
Più legati alla tradizione sono i ritratti che lasciano spazio a contenuti umani e psicologici (Materia, raccolta privata d’Arte Moderna; Sintesi plastica di figura seduta, Ritratto del maestro Busoni, entrambi a Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).

 

Fonte: http://wpr.altervista.org/futurismo.doc

Sito web da visitare: http://wpr.altervista.org

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