Cosmologia

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Cosmologia

Cosmologia: la recessione delle galassie

La cosmologia studia la struttura, l'origine e l'evoluzione dell'universo.
Il fondamento della cosmologia moderna è il cosiddetto principio cosmologico (Milne 1933). Secondo tale principio l'universo deve essere fondamentalmente omogeneo (il suo aspetto non dipende dal luogo di osservazione e quindi possiamo misurare la stessa densità di materia ed energia in qualsiasi suo punto) ed isotropo (il suo aspetto è il medesimo in tutte le direzioni) su grande scala. L'universo deve inoltre essere  soggetto ovunque alle stesse leggi (principio di predicabilità locale), in modo tale che un qualsiasi osservatore, posto in un qualsiasi punto di esso, sia in grado di applicare le medesime leggi della fisica e di giungere agli stessi risultati.

Si tratta, se vogliamo, di un'estensione del principio copernicano secondo il quale la terra non è un luogo privilegiato del nostro sistema solare.
Il principio cosmologico ed il principio di predicabilità locale non sono leggi dimostrabili, ma rappresentano un'esigenza razionale del nostro intelletto, il quale non potrebbe fare oggetto di una conoscenza di tipo scientifico un universo non soggetto ovunque alle medesime leggi di natura e che si manifesti in modo diverso in relazione al luogo particolare di osservazione.

Una diretta conseguenza del principio cosmologico è che l'universo, per rispettare le condizioni di omogeneità ed isotropia, deve essere statico o caratterizzato da un moto (espansione o contrazione) omogeneo. I dati sperimentali raccolti negli anni '20 confermano tale previsione dimostrando che l'universo si trova in uno stato di espansione omogenea. Il termine "omogenea" non si riferisce alla velocità di espansione (che in effetti, come vedremo, diminuisce con il tempo), ma al fatto che l'espansione interessa in modo uniforme l'intero universo (non vi è una porzione che si espande più velocemente di un'altra).

La recessione delle galassie: Red-shift e legge di Hubble

Nel 1925 Slipher aveva misurato i red-shift di 45 galassie. Ad eccezione di Andromeda e di poche altre galassie che avevano evidenziato uno spostamento verso il blu, e quindi un moto relativo di avvicinamento, tutte le altre mostravano uno spostamento verso il rosso più o meno marcato.
Nel 1929 Hubble, lavorando sui dati raccolti da Slipher, giunse a definire una relazione che legava la distanza delle galassie all'entità del loro red-shift e quindi, in definitiva, alla loro velocità di allontanamento.
v =  H D

dove v è la velocità di allontanamento in km/s, D è la distanza in megaparsec (Mpc) e H è una costante di proporzionalità, detta costante di Hubble, alla quale si dà oggi (Ho) un valore compreso tra 50 e 100  km/(s Mpc) (chilometri al secondo per megaparsec).
Secondo tale relazione dunque tutte le galassie, ad eccezione di alcune a noi vicine che presentano moti locali (moti propri), manifestano una velocità di allontanamento o recessione che risulta direttamente proporzionale alla loro distanza. Per esemplificare, se assumiamo un valore attuale Ho = 50, una galassia che dista da noi 1 Mpc si allontana a 50 Km/s, una che dista 2 Mpc si allontana a 100 Km/s e così via.
Introducendo il parametro di red-shift 'z' ( dove z = Dl/l = v/c), la relazione diventa

zc = H D

In tal modo la misura del red-shift di ciascuna galassia diventa una misura, oltre che della sua velocità di recessione v, anche della sua distanza D. E' in questo modo che gli astronomi hanno calcolato la distanza degli oggetti celesti più remoti, come radiogalassie e quasar.

Fattore di Hubble
Per tener conto dell'incertezza relativa al valore di Ho e per uniformare la trattazione si usa introdurre un parametro (fattore di Hubble) definito come

e quindi Ho vale   

Poiché il valore di Ho  è compreso tra 50 e 100 è evidente che h può assumere valori compresi tra 0,5 e 1. Così se vogliamo utilizzare la relazione di Hubble per determinare la distanza di oggetti lontani, dovremo scrivere

dove i valori di distanza vengono dati a meno di un fattore h-1. 

Così ad esempio, se abbiamo misurato per una certa galassia un red-shift pari a z = 0,1 possiamo affermare che essa  dista 300 h-1 milioni di parsec. Ciò significa in realtà che tale galassia ha una distanza indeterminata compresa tra 300 (h = 1) e 600 (h = 0,5) Mpc. Sempre più spesso, per evitare fraintendimenti e confusioni, le distanze cosmiche vengono date direttamente come valori di z.

In modo analogo qualsiasi grandezza cosmica che sia in relazione con misure di distanza presenterà valori in cui compare una qualche potenza del fattore h di Hubble. Ad esempio, essendo la luminosità intrinseca proporzionale al quadrato della distanza (), i suoi valori saranno dati a meno di un fattore h-2.

Anche la misura delle masse risente di tale incertezza ed, essendo proporzionale alla distanza, viene data a meno di un fattore h-1. (Le masse si misurano infatti in strutture gravitazionalmente legate ed in equilibrio dinamico, come galassie o ammassi di galassie, in cui la forza gravitazionale è pari alla forza centrifuga . La medesima relazione si ottiene applicando il teorema del viriale che afferma che in un sistema gravitazionalmente legato l’energia gravitazionale è il doppio dell’energia cinetica).

 

Fonte: http://rodomontano.altervista.org/downloads/Cosmologia.zip

Sito web da visitare: http://rodomontano.altervista.org

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