Biologia reale

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Biologia reale

 

Ogni essere vivente possiede un programma genetico, cioè un insieme di istruzioni che specificano le sue caratteristiche e dirigono le sue attività metaboliche. Questo insieme di istruzioni costituisce l’informazione biologica, che è ereditaria ed è trasferita da una generazione all’altra attraverso la riproduzione. Le caratteristiche trasmesse attraverso l’informazione biologica con la riproduzione sono dette caratteri ereditari. L’informazione biologica è organizzata in unità fondamentali dette geni, ciascuna delle quali interviene nella determinazione di un carattere ed è ereditata dai genitori.

Scoperta DNA
Agli inizi degli anni 40 era noto che i geni determinano i caratteri ereditari e che sono localizzati sui cromosomi, ma non se ne conosceva l’esatta natura chimica. Poiché si sapeva che i cromosomi sono costituiti essenzialmente da acido desossiribonucleico e proteine, la maggior parte dei ricercatori riteneva che il materiale genetico fosse costituito dalle proteine e che il DNA, essendo formato da soli 4 nucleotidi, fosse troppo semplice per giustificare la varietà e la ricchezza dell’informazione biologica. Nel 1952 Hershey e Chase dimostrarono che quell’ipotesi era del tutto errata, convalidando i precedenti esperimenti di Griffith e Avery.

Griffith e Avery

Nel 1928, Federick Griffith nel condurre alcuni esperimenti sul batterio Streptococcus  pneumoniae, agente patogeno della polmonite, fece una osservazione piuttosto sconcertante. Nei suoi esperimenti, Griffith si serviva di due ceppi: il tipo virulento che presenta cellule ricoperte da un involucro polisaccaridico, mentre il tipo non virulento che è privo di capside e quindi capace di crescere nel topo senza determinarne la morte.
Griffith iniettò un certo numero di cellule virulente morte in un topo che sopravvisse, dimostrando che le cellule morte non erano letali. Lo stesso accadde con l’inserimento di batteri privi di capside nei roditori. Si dimostrò letale invece l’iniezione di una miscela di cellule virulente morte e di cellule avirulente vive. Se i batteri presenti nei topi morti venivano messi in un terreno di coltura davano colonie di batteri dotati di capside e, se iniettati in nuovi topi, erano virulenti. Evidentemente i residui delle cellule morte avevano convertito le cellule vive “innocue” in patogene mediante un processo definito “trasformazione”.
Successivamente, Avery, dimostrò che una sola classe di molecole era in grado di attuare questa trasformazione: iniettò nei roditori una miscela di batteri non virulenti ed estratto di DNA di batteri patogeni morti, ottenendo il decesso del topo.

 

Esperimento di Hershey eChase

Molti scienziati erano riluttanti ad accettare l’idea che il materiale genetico fosse il DNA e non le proteine, ma la conferma degli esperimenti di Griffith e Avery arrivò nel 1952 con le “scoperte” di Hershey e Chase. I due scienziati lavorarono sui virus batteriofagi (fagi T2) parassiti dei batteri e costituiti unicamente di  proteine e DNA contenuto nell’involucro proteico di cui è composta la sua testa.

DISEGNO FAGO
Il fosforo è un elemento assente nelle proteine ma invece parte integrante delle molecole di DNA, a differenza dello zolfo che è un elemento presente nelle proteine ed assente nel DNA. Hershey e  Chase  utilizzarono differenti isotopi radioattivi per marcare le proteine e il DNA del T2. Innanzitutto fecero moltiplicare i virus insieme ad Escherichia coli in una soluzione contenente zolfo radioattivo, con il risultato che, gli atomi di zolfo radioattivo, furono incorporati solo nelle loro proteine. Successivamente i due ricercatori fecero moltiplicare un altro ceppo di fagi in una soluzione contenente fosforo radioattivo, marcando così solo il DNA fagico. Una volta ottenuto il fago T2 marcato radioattivamente Hershey e Chase furono pronti per effettuare l’esperimento. Usarono quindi le due colture, separatamente, per infettare il batterio Escherichia coli con molte particelle virali per cellula e dopo l’infezione, staccarono le “carcasse” fagiche dalle pareti delle cellule batteriche agitando la miscela in un frullatore. Centrifugarono il tutto per separare il surnatante dal pellet e osservarono che:
-i batteri infettati da fagi con proteine marcate dopo il processo di centrifuga vanno a costituire il pellet nella provetta, mentre la radioattività è contenuta nel surnatante;
Ciò suggerì che le proteine fagiche non fossero penetrate nelle cellule ospiti.
-nel caso di batteri infettati da fagi con Dna marcato si ottiene invece un pellet di batteri radioattivi e un surnatante contenente capside, non radioattivo.
Quindi in questo caso la radioattività si trovava all’interno delle cellule batteriche, e si recupera anche nella progenie fagica, indice che il DNA era entrato nelle cellule.
La conclusione fu inequivocabile: il DNA era il materiale ereditario che deve essere in grado di svolgere la duplice funzione di contenere l’informazione e di duplicarla in  modo preciso.

STRUTTURA DEL DNA
Ai tempi di Hershey e Chase gli scienziati possedevano già numerose informazioni sul DNA, avendo ormai identificato le sue componenti molecolari e i suoi legami covalenti interni. Non era invece ancora nota la particolare configurazione spaziale della molecola, in quanto essa doveva fornire al DNA la peculiare capacità di immagazzinare l’informazione genetica, di copiarla e di trasmetterla da una generazione all’altra. Tuttavia, dopo un anno dalla pubblicazione degli esperimenti di Hershey e Chase, altri scienziati furono in grado di rappresentare la struttura tridimensionale del DNA e di spiegare le basi del suo funzionamento nell’ereditarietà.

Provocando rotture spaziali nelle molecole di DNA purificato e successivamente isolando i prodotti, si era potuto stabilire che questo acido nucleico è composto da quattro sole molecole fondamentali, chiamate nucleotidi , identiche tranne per il fatto di contenere una differente base azotata.
Ciascuno di questi nucleotidi contiene un fosfato ( in assenza del gruppo fosfato, la base e il desossiribosio formano un composto che viene chiamato Nucleoside) , uno zucchero e una base azotata.

                                                NUCLEOTIDI

-BASI AZOTATE: alle quattro basi azotate (Adenina, Timina, Guanina e Citosina) corrispondono nomi chimici diversi. Adenina= desossiadenosina 5’- monofosfato o anche desossiadenilato; Guanina= deossiguanosina 5’-monofosfato o desossiguanilato;  Citosina: desossicitidina 5’-monofosfato o desossicitidilato; Timida: desossitimidina 5’-monofosfato o desossitimidilato.
Dal punto di vista strutturale le basi azotate sono a due a due simili: adenina e guanina (indicate rispettivamente con le lettere A e G) sono dette purine, timina e citosina (T,C) sono invece definite pirimidine per le loro dimensioni minori.
Le basi azotate sono tutte basiche.

  • GRUPPO FOSFATO: il gruppo fosfato è sempre formato da un atomo di fosforo legato covalentemente a tre atomi di ossigeno con un legame semplice e ad un quarto atomo di ossigeno mediante doppio legame. Esso è quindi definito come Ione trivalente negativo in grado di conferire all’acido nucleico la caratteristica di acidità.

                                             

  • ZUCCHERO SEMPLICE:  lo zucchero ha cinque atomi di carbonio di cui quattro all’interno dell’anello e uno posizionato al di fuori; il quinto vertice dell’anello è costituito da un atomo di ossigeno.

Tale zucchero pentoso è definito desossiribosio

                                             

 

I nucleotidi sono tenuti insieme da legami covalenti che si formano tra lo zucchero di un nucleotide e il fosfato di quello successivo; questa disposizione da origine a uno scheletro zucchero-fosfato, cioè ad una sequenza ripetitiva di essi in cui le basi azotate sono collegate all’esterno di questo scheletro. Il nome esteso del DNA è Acido Desossiribonucleico; il termine nucleico deriva dal fatto che esso si trova prevalentemente nei nuclei delle cellule eucariotiche. Il DNA può essere quindi definito come polinucleotide, ovvero come un polimero lineare di nucleotidi.

 

Da quando fu certificato che il DNA avesse un ruolo fondamentale nei fenomeni ereditari, molti scienziati si misero al lavoro per stabilirne l’esatta struttura. Come poteva infatti  una molecola con un numero così limitato di componenti contenere l’enorme quantità di informazioni necessarie alla costruzione di tutte le strutture primarie delle proteine che costituiscono un organismo vivente?
Watson e Francis Crick nel 1953 elaborarono il loro modello fondandosi su due elementi chiave:
il primo consisteva negli elementi di cristallografia ai raggi X raccolti da Franklin e Wilkins. In questo tipo di esperimenti i raggi X vengono separati su delle fibre di DNA che li deviano: i raggi deviati vengono raccolti su pellicola fotografica dove producono delle macchie. Sulla base della posizione di ciascuna macchia si può calcolare l’angolo di deviazione che,a sua volta, da’ informazioni sulla posizione in seno alla molecola di atomi o gruppi di atomi. Questa procedura, non semplice da attuare, da spiegare e da interpretare, nonostante i dati disponibili, suggeriva che il DNA fosse una molecola lunga e sottile, costituita da due parti simili e parallele in lunghezza; i dati di diffrazione dei raggi X suggerivano inoltre che si trattava di una struttura elicoidale evidenziando altre regolarità nella disposizione delle macchie. Nessuno aveva però ancora pensato ad una struttura tridimensionale che potesse rendere conto di tutti i dati di diffrazione.
La seconda serie di informazioni proveniva dal lavoro fatto molti anni prima da Erwin Chargaff, che, studiando un gran numero di DNA di organismi diversi, aveva descritto alcune regole empiriche cui sembrava adeguarsi il contenuto di ciascuno dei componenti del DNA:

  • Il contenuto in nucleotidi pirimidinici (T+C) è sempre uguale al contenuto in nucleotidi purinici (A+G);
  • Il contenuto in T di una certa specie è sempre uguale al contenuto in A; così come il contenuto in C è sempre uguale al contenuto in G.

Al contrario il contenuto in A + T non è necessariamente uguale al contenuto in G+C. Questo rapporto è inoltre diverso nei vari organismi.

LA DOPPIA ELICA
La struttura che Watson e Crick elaborarono a partire da queste informazioni fu quella di una doppia elica tridimensionale. Secondo il modello dei due scienziati, la molecola è costituita da due filamenti polinucleotidici avvolti ad elica attorno ad un’asse centrale. Ogni filamento è formato da uno scheletro di molecole di zucchero e gruppi fosfato alternati, dal quale sorgono lateralmente le basi azotate legate allo zucchero. I due filamenti sono tenuti uniti mediante legami a idrogeno tra le basi azotate che si fronteggiano nella doppia elica. Le basi azotate non si appaiano in modo casuale: la distanza tra i due filamenti nella doppia elica è costante, l’appaiamento, quindi, ha luogo necessariamente tra una purina (formata da due anelli) e una pirimidina (formata da un solo anello).
DISEGNO
Le basi appaiate sono dette complementari. In particolare l’adenina si appaia con la timina mediante due legami a idrogeno, mentre la guanina si appaia con la citosina attraverso tre legami a idrogeno.
La struttura del DNA è dunque paragonabile a quella di una scala a chiocciola, in cui le ringhiere sono formate da unità alternate di zucchero e gruppi fosfato , mentre i pioli sono costituiti dalle coppie di basi complementari appaiate. La distanza tra una coppia di basi e la successiva è di 3,4 amstrong e ogni giro completo dell’elica comprende 10 coppie di basi. Poiché ogni molecola di DNA può essere lunga migliaia di nucleotidi, le quattro basi azotate possono combinarsi in un numero enorme di sequenze. A causa della precisa complementarità tra le basi azotate, la sequenza dei nucleotidi in un filamento determina in modo univoco la sequenza dei nucleotidi in quello complementare. Ogni filamento ha un’estremità 5’ e un’estremità 3’. Poiché nella doppia elica l’estremità 3’ di un filamento fronteggia l’estremità 5’ di quello complementare, i due filamenti si dicono antiparalleli.

Curiosità: il DNA umano di una singola cellula, disteso, avrebbe la lunghezza di circa 2 metri, corrispondente a circa 3 miliardi di nucleotidi.

La doppia elica interpretava molto bene sia i dati ottenuti con la diffrazione dei raggi x, sia i dati di Chargaff. Infatti, studiando i modellini strutturali da loro elaborati, Watson e Crick capirono che il raggio della doppia elica osservato si può spiegare solo se una purina si appaia sempre con una pirimidina (per mezzo di legami a H). Questo appaiamento concorda con la regola (A+G)=(T+C) di Chargaff. La seconda regola di quest’ultimo scienziato indica però che gli unici appaiamenti possibili sono T con A e C con G. Watson e Crick dimostrarono che solo questi due appaiamenti avevano le forme complementari adeguate a formare una struttura tipo “chiave-serratura” con legami idrogeno efficienti. La coppia C-G ha tre legami idrogeno e la coppia A-T solo due. Si può dedurre che una molecola di DNA che contenga molte coppie C-G è più stabile di una molecola che contiene molte coppie A-T.

DISEGNO DOPPIA ELICA

MODELLO TRIDIMENSIONALE DELLA DOPPIA ELICA
Esistono diverse isoforme del DNA in funzione della loro idratazione e situazione fisiologica/in-vitro in cui si trovano.

— Forma B:
destrosa ,10 basi per giro;
distanza base-asse 0,34 mm;
asse principale perpendicolare all’asse delle basi
filamenti antiparalleli (entrambe le direzioni 5’gr fosfato-3’gr ossidrilico)
solco minore e maggiore, nell’ultimo ci sono molecole per passaggi/contatti con altre cellule— Forma A: con scarsa umidità, sinistrosa, asse principale + inclinato, 11basi per giro.
— Forma Z: sinistrosa, forma a zig zag per alternanza di purine e pirimdine
— Tripla elica: prodotta in laboratorio

TECNOLOGIE DEL DNA
La tecnologia dell’ingegneria genetica comprende le tecniche che permettono di modificare in modo mirato il patrimonio genetico di un organismo. Questo insieme di tecniche ha dato ai ricercatori la possibilità di prelevare un gene tra le tante migliaia che la cellula possiede, di amplificarlo, di studiarlo per determinarne la sequenza di nucleotidi ed inserirlo all’interno di molecole di DNA  diverse, appartenenti ad un altro organismo. In questo modo l’ingegneria genetica ha rivoluzionato lo studio della cellula e  aperto nuove prospettive in campo terapeutico.

INGEGNERIA GENETICA
L’unione dei termini Ingegneria e Genetica sta ad indicare un atteggiamento progettuale (ingegneria), rivolto verso il patrimonio genetico di un organismo vivente. La Biotecnologia avanzata (che si impegna a creare nuovi organismi a partire dal trasferimento di geni da un organismo ad un altro), si avvale dell’Ingegneria genetica. Quest’ultima nacque circa vent’anni fa, fondendo competenze di genetica e di biologia molecolare. I geni operano spesso in gruppi che cooperano alla definizione di una o più caratteristiche dell’organismo. Per questo motivo, occorre individuare le funzioni di ogni specifico gene e la comprensione delle sue interazioni con gli altri geni sia dell’organismo donatore, sia del ricevente.
Un ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELL’INGEGNERIA GENETICA
-agricoltura: OGM  
Ogm, significa organismi geneticamente modificati.
Si tratta di animali e piante che hanno un patrimonio genetico artificiale ottenuto in laboratorio,il cui Dna, non è quello che è stato definito attraverso un lungo cammino evolutivo. Contiene, infatti, un frammento che è stato scelto, individuato e isolato da un ricercatore. E’ la ricombinazione, che mescola due patrimoni genetici molto distanti tra loro. L’organismo che risulta da questa operazione non è necessariamente totalmente diverso da altri. Spesso anzi apparentemente è identico al suo parente "normale".
Non ci sono per esempio visibili differenze tra un fragola d’orto e una fragola antigelo. Tranne per il fatto che la seconda, esposta a basse temperature, non gela. Nel suo patrimonio genetico è stato in fatti inserito il gene di un pesce antartico che permette ai succhi cellulari di non congelare anche quando le temperature sono inferiori allo zero.
Il problema principale per i genetisti che creano Ogm è proprio quello di scegliere geni che si armonizzino con quelli dell’organismo che li deve ricevere. L’operazione è più facile se coinvolge solo un elemento (un gene), mentre richiede uno studio più complesso se si intende trasferire un tratto di genoma che comprende più geni.

I vegetali geneticamente modificati sono nati per venire incontro alle esigenze degli agricoltori che praticano coltivazioni industriali. Un parassita, o una pianta infestante, può trovare le condizioni migliori per moltiplicarsi indisturbato. A meno che non venga trattato opportunamente con antiparassitari e diserbanti, che però sono prodotti costosi e, alla lunga, tossici. I vegetali transgenici sono quindi stati ideati con il proposito di ridurre la spesa per i pesticidi e per i diserbanti.
Il 10 per cento circa delle coltivazioni transgeniche è resistente ai virus. L’esempio più interessante è quello del tabacco, la prima coltivazione transgenica praticata in larga scala. Questa pianta è soggetta al virus del mosaico, che ingiallisce le foglie e ne impedisce la funzione clorofilliana. Il gene inserito la rende resistente.
L’INGEGNERIA GENETICA VIENE APPLICATA ANCHE A QUESTI SETTORI:
-sanità
-zootecnia
-industria chimica
-prevenzione ambientale

 

PROGETTO GENOMA UMANO

Il Progetto Genoma Umano è un progetto internazionale di ricerca che ha come
obiettivo la mappatura del patrimonio genetico umano (genoma), ovvero la
descrizione della struttura, della posizione e della funzione dei 30.000 geni che
caratterizzano la specie umana. Interessante e inaspettata per gli stessi
ricercatori è stata la scoperta che la quantità di geni non è più elevata negli
organismi più evoluti (l’uomo possiede meno del doppio di geni di un
vermetto!).
Lo studio del genoma implica il sequenziamento del DNA, cioè l’identificazione dell’esatta sequenza dei 3 miliardi di coppie di basi azotate che ne compongono la molecola e la mappatura, ovvero la determinazione della posizione occupata da ciascun gene rispetto agli altri. La comprensione della funzione dei geni e di quali malattie possano derivare da sue alterazioni costituisce l’obiettivo finale del progetto. Il Progetto Genoma Umano fu avviato nel 1990 con il coinvolgimento di istituti di
ricerca pubblici coordinati dai National Institutes of Health, e dal Dipartimento
dell’energia degli Stati Uniti. La sua conclusione, prevista inizialmente nel
2005, fu in seguito anticipata al 2003. Tra gli stati partecipanti vi sono la
Francia, la Germania, il Giappone, l'Italia, la Gran Bretagna e altri membri
dell'Unione Europea.

 

 

BIBLIOGRAFIA:
-Campbell Reece, Taylor Simon, IMMAGINI DELLA BIOLOGIA, Zanichelli editore;

-Anthony J.H Griffiths, Jeffrey H.Miller, David T. Suzuki, Richard C,Lewontin, William M.Gelbart GENETICA, PRINCIPI DI ANALISI FORMALE, Zanichelli Editore;

-Harold Hart, Lesile E. Craine, David J.Hart CHIMICA ORGANICA,Zanichelli editore;

-ALPHA TEST (TEORITEST 6);

-T.A. Brown, Genomi, EdiSES;

-www.scienzita.it

-www.molecularlab.it

-www.wikipedia.org

- Manuale di genetica del CusMiBio

Fonte: http://iisalessandrini.it/progetti/studenti/vmazzocchi/BIOLOGIA%20REALE/bio.doc

Sito web da visitare: http://iisalessandrini.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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