Laboratorio di chimica

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Laboratorio di chimica

LE PRATICHE GENERALI E LA STRUMENTAZIONE DI BASE
            Le cellule eucariote sono caratterizzate da un tempo di duplicazione molto piu’ lento delle cellule procariote, e questo fa si’ che una contaminazione ad esempio da batteri o funghi (come le muffe) possa essere loro fatale. Esse devono infatti competere per i nutrienti e per l’ossigeno con questi ospiti indesiderati, venendo velocemente sopraffatte nel nostro sistema di coltura. Anche una contaminazione a crescita lenta porta comunque a condizioni inaccettabili, dato che non avrebbe senso studiare delle popolazioni “miste” ( a meno che non sia questo io nostro scopo) nelle quali possono variare molto le condizioni di coltura. Le cellule eucariote tuttavia tuttavia non hanno difese contro queste invasioni. E’ necessario proteggerle lavorando in condizioni sterili, condizioni  in cui, peraltro, anche la protezione dell’operatore deve essere ottimale. Dobbiamo pero’ ricordare che la sterilita’ e’ un concetto assoluto, nel senso che l’ambiente o e’ sterile o non lo e’, non esiste una “parziale sterilita’”. Le condizioni di lavoro del laboratorio di colture cellulari devono quindi essere tali da garantire alle colture un ambiente sterile.

2.1 IL LABORATORIO
            Il laboratorio di colture cellulari ideale dovrebbe essere delle dimensioni adeguate per potere accogliere tutto l'equipaggiamento necessario e dovrebbe essere isolato dalle altre stanze da almeno una porta, anche se sarebbe meglio che ve ne fossero due.  La collocazione perfetta sarebbe quella in cui tra le due porte ci fosse sufficiente spazio da poterlo usare come "spogliatoio", in cui cioe' togliersi i camici da usare nel resto del laboratorio e indossare quello dedicato alle colture. Le porte non andrebbero aperte contemporaneamente, e quindi la presenza di finestre nelle porte permetterebbe di evitare questa eventualita', che puo' portare all'introduzione di contaminanti nella stanza delle colture. L'atmosfera nella stanza delle colture dovrebbe essere in pressione positiva, cioe'  ad una pressione leggermente maggiore che non nel resto del laboratorio, in modo da fare eventualmente uscire aria dalla stanza ma non entrare.
Il pavimento dovrebbe essere in materiale non poroso, facile da pulire, di colore chiaro in modo da rivelare facilmente macchie dovute a residui caduti (e lo sporco portato dall'esterno); le finestre dovrebbero essere grandi in modo da garantire una buona illuminazione con luce naturale, ma non devono mai essere aperte, per evitare di fare entrare aria esterna carica di contaminanti.
Dato che anche le apparecchiature scaldano, sarebbe necessario potere mantenere la temperatura a livelli tollerabili, ma ricordandosi che i sistemi di condizionamento devono filtrare l'aria e vanno controllati perche' possono essere una notevole fonte di inquinanti. 
E' molto difficile trovare situazioni cosi' ideali: spesso infatti il laboratorio e' ricavato in fondo ad un corridoio o da ristrutturazioni di laboratori precedenti. Tuttavia, con le dovute precauzioni, e' possibile lavorare senza inquinare.
Nel laboratorio devono trovare posto adeguato 6 “funzioni”: lo stoccaggio dei materiali (che andrebbero sottoposti a una “quarantena” in un ambiente pulito, fresco e asciutto, prima di essere introdotti nelle stanze addette alle colture vere e proprie), il lavaggio, la preparativa, la sterilizzazione, l’incubazione, la zona di lavoro sterile. E’ meglio avere le diverse funzioni in stanze separate, a parte l’incubazione che spesso fa parte del laboratorio sterile; se non e’ ‘possibile, bisogna che le zone di lavaggio e di sterilizzazione siano collocate all’estremita’ opposta del locale rispetto all’area di coltura, che deve essere alloggiata lontano dalle porte e dalle zone di passaggio.            R.I.Freshney   divide le strutture e la strumentazione che devono essere presenti nel laboratorio di colture cellulari in 3 categorie: le essenziali, le utili e le desiderabili, come riportato nella tabella 2..1.


Tabella 2.1

Richieste essenziali:
Separazione del laboratorio dagli stabulari e dal laboratorio di microbiologia
Area sterile: situata in un’area quieta e pulita, senza via-vai
Area di preparativa: per la preparazione di terreni, soluzioni diverse ecc. meglio se provvista di una cappa a flusso orizzontale.
Area di stoccaggio: scaffali per la plastica e la vetreria, cassetti per piccoli oggetti, spazi dedicati al materiale a basso turnover, armadi sia per i liquidi che per le polveri, a temperatura ambiente, a 4 °C, a -20 °C (gli armadi refrigerati sono spesso utizzati sia per i liquidi che per le polveri che devono essere conservate a freddo. In questo caso le polveri devono essere protette dall’umidita’ mantenendole in contenitori chiusi in  presenza   di composti igroscopici come ad es. il gel di silice)
Area per gli incubatori
Area per i criocontenitori ad azoto liquido
Area di lavaggio

Elementi utili:
Sistema di filtrazione dell’aria e aria condizionata
Camera termostatata con registratore della temperatura
Stanza per i microscopi
Camera oscura
Banco di servizio adiacente all’area di coltura
Stanza per la preparativa separata
Stanza per la sterilizzazione separata
Zona di stoccaggio delle bombole

Elementi desiderabili:
Linee di gas, principalmente CO2 e aria compressa
Stanza di stoccaggio del materiale plastico
Stanza per il contenimento per il lavoro biohazard
Tanica di stoccaggio per azoto liquido da 500 litri

2.2  La sterilizzazione e le precauzioni igieniche da prendere.
La pulizia e la sterilita' sono fattori imprescindibili nell'allestimento delle colture. Nel capitolo precedente abbiamo tenuto in considerazione la sicurezza dell'operatore, ma per portare avanti una coltura cellulare e' necessario garantire un ambiente perfettamente pulito e sterile alle nostre cellule. E' importante ricordare che le cellule eucariote in coltura normalmente non hanno nessuna difesa ne' contro stress ambientali eccessivi ne' contro gli inquinamenti da parte di batteri (o funghi o lieviti), e che oltretutto la maggior parte di questi microorganismi contaminanti hanno una velocita' di crescita cosi' tanto maggiore rispetto alle cellule animali da distruggere in poche ore il nostro lavoro. E' quindi compito dell'operatore garantire l'assoluta "pulizia" del lavoro. Le regole viste nel capitolo precedente sono basilari, nel senso che un operatore pulito e ordinato e' gia' sulla buona strada per non contaminare. Per mantenere pero'  la sterilita' si dovranno seguire anche una serie di procedure che riguardano sia la preparazione dei terreni che di tutta la vetreria e delle attrezzature utilizzate.

2.2.1  Il lavaggio della vetreria e delle attrezzature
Le cellule sia procariote che eucariote richiedono che tutta la vetreria con cui entrano in contatto sia rigorosamente pulita e priva di ogni residuo che possa  modificare l'ambiente in cui vivono. Ad esempio, il lavaggio della vetreria con i detersivi alcalini, che vengono di solito scelti per la maggiore capacita' disinfettante, porta alla alcalinizzazione del vetro, con la risultante successiva alcalinizzazione dei tamponi e dei terreni mantenuti nelle bottiglie stesse. E' quindi sempre necessario, dopo il lavaggio, un trattamento acidificante, che puo' essere ottenuto anche solo trattando accuratamente la vetreria con HCl circa 1 M per pochi minuti, prima dei risciacqui con acqua deionizzata.
In ogni caso, la vetreria che possa essere stata contaminata o per ricerca o involontariamente, deve essere lasciata almeno per una notte in bagno di disinfettante, ad es. ipoclorito di sodio (che pero' non va bene per il materiale metallico, che deve essere decontaminato in autoclave).  Questi bagni disinfettanti servono anche per evitare che la parte proteica del contenuto si possa seccare sulla vetreria e attaccarvisi irreversibilmente. Il materiale non contaminato puo' essere messo in sola acqua o ipoclorito diluito. Questi bagni devono essere cambiati spesso (tutti i giorni per il diluito, una volta a settimana il concentrato).  Dopo il lavaggio vero e proprio la vetreria deve essere passata in acqua deionizzata prima dell'asciugatura,
La vetreria viene asciugata in stufa. Nel caso rimangano striature, significa che non e' stata risciacquata bene o che l'impianto di distillazione dell'acqua non e'  funzionante in modo adeguato.
Le guarnizioni in gomma naturale o in silicone e i tappi possono essere bolliti in acqua e detersivo, risciacquati bene in acqua di rubinetto e bolliti ancora in acqua deionizzata per 10 minuti. Dopo ulteriori risciacqui in acqua deionizzata vengono poi asciugati a bassa temperatura. I tappi metallici vanno bolliti in una soluzione di bicarbonato all'1%.
Se si utilizzano lavavetrerie vanno seguite le istruzioni delle case produttrici e scelti detersivi appositi per le colture cellulari. Comunque il pretrattamento in bagno disinfettante rimane inalterato.
Ovviamente tutti questi problemi possono essere superati utilizzando il piu' possibile materiale usa e getta, di cui dovrebbe essere garantita dalle case produttrici la sterilita' e la pulizia. E’ ovvio pero’ che il costo e’ elevato, e dovremmo tenere anche presente il costo sociale dello smaltimento delle plastiche utilizzate.

2.2.2 Sterilizzazione.
Ogni procedura che garantisca di uccidere tutti i microorganismi presenti nel materiale da utilizzare  - incluse le endospore e i virus - e' detta sterilizzazione. Poiche' sterilizzare significa uccidere tutti i microrganismi, ne deriva che parlare di una parziale sterilizzazione e' privo di senso. Idealmente i metodi di sterilizzazione devono essere veloci, efficienti, semplici ed economici, e dovrebbero essere applicati ad un ampio spettro di tipi di materiali.
Di solito la sterilizzazione viene ottenuta con metodi fisici, e principalmente per effetto del calore. Tuttavia, poiche' le cellule batteriche sono diversamente suscettibili al calore e le endospore sono molto resistenti (resistono ad es. ad una bollitura prolungata), vi sono diverse procedure, che tengono conto di fattori come il tempo, la presenza di vapore acqueo e il tipo e il numero di microorganismi presenti.
La fiamma.  
Il fuoco o meglio la fiamma e' utilizzata per la rapida sterilizzazione delle anse, di piccoli strumentini, o per superfici come i colli delle bottiglie, delle fiasche e i loro tappi. Anche le pipette vengono spesso passate rapidamente sulla fiamma. In questi casi pero' piu' che una sterilizzazione, il passaggio alla fiamma (che in un brutto italiano ormai entrato nell'uso si dice flambare, flambatura etc.) serve ad innalzare la temperatura dell'oggetto, riscaldando cosi' anche l'aria circostante. Questo, creandogli una corrente ascensionale intorno, rende piu' difficile la deposizone di contaminanti sull'oggetto stesso. Le anse metalliche usate in microbiologia (di solito formate da un filamento di platino) invece vengono realmente sterilizzate perche' devono essere mantenute sulla fiamma fino al calor rosso.
Il fuoco serve anche alla definitiva sterilizzazione di materiale infetto (come indumenti e strumenti chirurgici monouso)  attraverso l'incenerimento.
Calore secco (stufe ad aria ad alta temperatura).
Viene usato per la sterilizzazione di materiale resistente come la vetreria pulita, oggetti in porcellana, siringhe, aghi, ferri chirurgici. Si utilizza una temperatura di 160°-170°C per 60-90 minuti. Questo denatura le proteine, essica il citoplasma e ossida diversi componenti dei vari organismi presenti. Sono preferibili le stufe ventilate, dove l'aria e'  fatta circolare da un ventilatore, in modo da assicurare una temperatura omogenea in tutta la stufa. Il materiale non va ammonticchiato ma disposto ben spaziato per non impedire il flusso dell'aria. E’ necessario controllare che non siano presenti guarnizioni in teflon o altro materiale plastico che si fondono al calore.
Il calore umido.
E' la forma piu' versatile e di piu' largo impiego. La sterilizzazione si ottiene con l’utilizzo delle autoclavi, grazie all’effetto della presenza di vapore acqueo. L’ebollizione e la pastorizzazione garanticono una disinfezione grazie alla riduzione della carica batterica, ma non una sterilizzazione. L'ebollizione di materiali liquidi come latte e acqua, o di oggetti immersi in acqua (siringhe, ferri chirurgici), fornisce una rapida disinfezione ma non da garanzie di sterilizzazione perche' la temperatura di 100°C non uccide le spore. Deve comunque essere protratta per almeno 10-15 minuti per potere dare anche una buona disinfezione eliminando microorganismi resistenti come il Micobacterium tuberculosis  e i virus dell'epatite. La pastorizzazione (che non e’ una sterilizzazione) e' la tecnica inventata da Pasteur ed oggi utilizzata per la bonifica e la conservazione di latte e altri alimenti. Si effettua riscaldando il materiale per 30 minuti a 63°C (pastorizzazione bassa), 72°C per 15 secondi (pastorizzazione alta) o infine a 90°C per 1 secondo (pastorizzazione ultra-alta o UHT).
L'autoclave.  Rappresenta il sistema di sterilizzazione piu' pratico e sicuro, grazie al fatto che il vapore acqueo sotto pressione raggiunge temperature di 120-130°C, in grado di distruggere le endospore. Di fatto, c'e' una ben precisa relazione tra la pressione e la temperatura che si raggiunge nel vapore acqueo puro, che non contiene, cioe', dell'aria miscelata: piu' alta e' la pressione, piu' alta e' la temperatura che si raggiunge. L'aria abbassa questa relazione. Questo significa che il vapore deve essere il piu' saturo possibile, cioe' contenere il piu' acqua possibile (sottoforma di vapore) per quella data temperatura e pressione. Non deve essere presente aria, perche' abbassa la temperatura che si puo' raggiungere a quella data pressione. Quindi, tutta l'aria deve essere eliminata dall'autoclave e da tutti i recipienti. Per questo motivo, e' bene inserire nell'autoclave le bottiglie con i tappi semiaperti, in modo da permettere la fuoriuscita dell'aria e la formazione del vapore anche all'interno dei recipienti.
In pratica, l'autoclave consiste in una camera metallica a tenuta. Il vapore viene prodotto o all'interno dell'autoclave stessa o in quelle piu' grandi puo' essere prodotto da un bollitore e spinto dentro l'autoclave. L'aria viene fatta uscire attraverso un valvola finche' l'autoclave non e' piena di vapore puro, e a questo punto la valvola viene chiusa. La pressione e la temperatura del vapore crescono man mano che il riscaldamento continua o altro vapore e' fatto entrare. Ad una prefissata pressione si apre una valvola (programmabile), determinando cosi' il rapporto temperatura/pressione all'interno. Man mano che del vapore esce dalla valvola, viene rimpiazzato da nuovo vapore, cosicche' la pressione rimane costante.
Il tempo dedicato alla sterilizzazione deve essere sufficiente perche' tutte le parti del carico (cioe' per tutte le cose che devono essere sterilizzate) raggiungano la temperatura di sterilizzazione e vi rimangano finche' tutti i microorganismi presenti non siano uccisi.
Le combinazioni Temperatura/tempo comunemente utilizzate sono:

115°C per 35 minuti (pressione 0,72  atm)
121°C per 15-20 minuti (1,08 atm)
134°C per 4 minuti (1,32 atm)

            In alcuni modelli di autoclave l'aria viene fatta uscire dal basso, il che rappresenta un sistema piu' efficiente perche' il vapore in queste condizioni e' piu' leggero dell'aria, in altre l'aria e' pompata via prima dell'entrata del vapore, il che permette una piu' efficace penetrazione del vapore all'interno delle bottiglie.
Vi sono materiali che non possono essere autoclavati. Si deve quindi ricorrere ad altri sistemi. Alcuni materiali come coperte o tubi di plastica ecc. possono essere sterilizzati in autoclave a pressione ridotta ( 80 °C ) in presenza di formaldeide.
Alcuni terreni vengono anche sterilizzati in corrente di vapore, cioe' con le valvole della autoclave aperte, mantenendo quindi queste condizioni per circa 30 minuti o piu' secondo quanto indicato dalle case prodruttrici.
Sterilizzando liquidi come i tamponi, i terreni di coltura ecc. bisogna stare attenti all'evaporazione dell'acqua, e quindi rimpiazzare quella persa con acqua sterile. Secondo alcuni autori e' possibile sterilizzare i terreni o i tamponi (purche' non troppo "sporchi") mantenendo comunque i tappi chiusi, anche se la quantita' di aria presente all'interno non permette di raggiungere la temperatura prefissata sullo strumento.
Vi sono comunque degli indicatori che ci permettono di valutare se le condizioni di sterilizzazione sono state raggiunte. Nel caso delle bottiglie chiuse devono essere dei sistemi che vengono messi dentro la bottiglia, mentre negli altri casi si usano dei nastri adesivi che cambiano colore se la sterilizzazione e' avvenuta.
Nel caso di bottiglie vuote e' assolutamente necessario lasciare semiaperti i tappi, per evitare che la bottiglia stessa imploda a causa della differenza di pressione tra l'interno e l'esterno; i tappi vengono avvolti in fogli di alluminio sufficientemente grandi da potere essere chiusi strettamente intono al collo della bottiglia al momento dell’estrazione dall’autoclave. Anche i recipienti aperti come beute o beaker possono essere chiusi con fogli di alluminio, cosi’ come possiamo avvolgere in alluminio materiale piccolo, come vetrini, provette eppendorf ecc., Se le bottiglie parzialmente piene vengono autoclavate chiuse (per prevenire la perdita di acqua) bisogna fare molta attenzione a non fare scendere bruscamente la temperatura e la pressione nell'autoclave, aprendo il portello troppo presto.
Se si sterilizzano in stufa le pipette pasteur o pipette normali negli appositi tubi di alluminio, acciaio o vetro, si mettono sul fondo e sull’imboccatura del tubo dei tamponi di cotone non assorbente per evitare di rovinarle. E’ necessario cambiare i tamponi ogni volta, perche' il calore prolungato fa carbonizzare il cotone provocando la formazione di sostanze tossiche.

Sterilizzazione mediante radiazioni ionizzanti. Radiazioni α, β, γ  e raggi x sterilizzano fornendo energia per una certa varieta' di reazioni chimiche letali negli organismi contaminanti. La sterilizzazione a raggi  γ (che utilizza tipicamente una sorgente di cobalto 60) e' utilizzata ampiamente per la sterilizzazione di materiale preimpacchettato, come siringhe, capsule Petri, fiasche e pipette.

Sterilizzazione per filtrazione. Un liquido che sia privo dei microorganismi piu' piccoli, come virus e agenti subvirali, puo' essere sterilizzato passandolo attraverso un filtro a membrana dotato di pori di opportune dimensioni, che possa trattenere tutti gli altri microorganismi. Il liquido viene forzato a passare o riducendo la pressione nel recipiente ricevente (che deve ovviamente essere sterile) o aumentando la pressione sul liquido in entrata con una pompa o una siringa.
I filtri  sono costituiti di acetato di cellulosa, policarbonato o materiale simile, e hanno di solito una porosita' di 0.2 µm; una porosita’ minore (0,1  µm) puo’ garantire contro la presenza di micoplasma, mentre nel caso di terreni a cui si sia gia’ aggiunto del siero, si tende ad utilizzare porosita’ maggiori (0,45 µm) per evitare che la parte lipidica presente nel siero possa intasare il filtro. Data la minore selettivita’ e il fatto che molte proteine possono essere adsorbite sul filtro, e’ consigliabile filtrare terreni completi solo in caso di necessita’
La filtrazione viene utlizzata per sterilizzare terreni liquidi non autoclavabili, come terreni con siero, antibiotici o zuccheri termolabili (vedi tab. 2.3).

Sterilizzazione mediante agenti chimici.
Le sostanze chimiche usate per la sterilizzazione sono necessariamente altamente reattive e provocano danni ai tessuti viventi, e quindi vanno maneggiate da personale esperto.
Un sistema precedentemente abbastanza in uso era una miscela di ossido di etilene (C2H4O) con gas come CO2 o N2, dato che con l'aria, gia' a 11°C forma miscele esplosive. L'ossido di etilene deve il suo potere sterilizzante al fatto di essere un agente alchilante che reagisce con vari gruppi nelle proteine e acidi nucleici. La sterilizzazione veniva effettuata in impianti appositi, ma oggi, dato che e' molto pericoloso e molto inquinante, questo sistema e' in disuso anche per ragioni di sicurezza ambientale.
Altri sistemi includono la glutaraldeide e  γ-propiolattone.

I sistemi piu’ utilizzati per sterilizzare il materiale presente in laboratorio sono ovviamente l’autoclave, il calore secco e la filtrazione. Nelle tabelle 2.2. e 2.3 sono riportati alcuni suggerimenti su come sterilizzare molti materiali.

Tabella 2.2 Sterilizzazione di materiali e piccoli strumenti

Autoclave:

  • Materiali in gomma, silicone, materiale plastico resistente al calore (tubi, tappi, guarnizioni), piccole strumentazioni in vetro e silicone
  • Pipette automatiche autoclavabili
  • puntali
  • filtri
  • vetreria con guarnizioni e/o tappi di materiale plastico
  • ancorette magnetiche

Calore secco:

  • vetreria
  • vetrini
  • pipette graduate e pipette pasteur in vetro
  • provette

 

Tabella 2.3 Sterilizzazione e stoccaggio delle soluzioni

Acqua
EDTA
Glucosio (20%)
Glucosio 1-2%
Glutamina
Glicerolo
HEPES
HCl 1M
Bicarbonato di sodio
NaOH
Siero
Tripsina
Soluzioni saline (senza glucosio)

Autoclave
Autoclave
Autoclave
Filtrazione
Filtrazione
Autoclave
Autoclave
Filtrazione
Filtrazione
Filtrazione
Filtrazione
Filtrazione
Autoclave

 

Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
-20  °C
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
Temperatura ambiente
-20 °C
-20 °C
Temperatura ambiente

 

2.2.3 DISINFEZIONE
La disinfezione e' una procedura che distrugge, inattiva o rimuove microorganismi potenzialmente dannosi senza necessariamente influenzare gli altri organismi presenti, e di solito non ha effetto sulle endospore batteriche. Con questo nome vengono di solito definite sia la disinfezione vera e propria che  l'antisepsi.

Disinfezione mediante agenti chimici. Idealmente i disinfettanti dovrebbero essere in grado di uccidere un'ampio spettro di microorganismi, in realta' ogni disinfettante e' piu' specifico verso alcuni che verso altri. Inoltre l'attivita' dei disinfettanti puo' essere notevolmente influenzata da fattori come la diluizione, la temperatura, il pH, la presenza di sostanza organica o di detergente. Quindi per potere essere efficace, il disinfettante deve essere utilizzato nelle appropriate condizioni e per un tempo sufficiente. Attenzione, a volte un disinfettante troppo diluito non solo non funziona, ma puo' essere tranquillamente metabolizzato dai microorganismi stessi (ad es. specie di Pseudomonas crescono benissimo su fenolo diluito).
I BATTERICIDI sono disinfettanti che uccidono i batteri, mentre i BATTERIOSTATICI ne bloccano la crescita, ma allontanando il disinfettante, il batterio riprende. Di solito un battericida diluito funziona da batteriostatico.
I disinfettanti piu’ utilizzati sono raggruppabili in 4 grandi gruppi:

  1. Ipocloriti. (Amuchina, varechina).  Sono dei buoni disinfettanti ad ampio spettro, sono attivi anche contro i virus, sono pero’ corrosivi per cui non si possono usare sulle superfici metalliche, compresi ad es. i rotori delle centrifughe, vengono rapidamente inattivati dal materiale organico e comunque il cloro tende a liberarsi sotto forma di gas, e quindi vanno preparati freschi ogni giorno. Devono essere usati ad una concentrazione di 1000 ppm (1 parte di ipoclorito per 1000 parti di acqua , cioe’ una concentrazione all’1 ‰) quando si vuole una disinfezione generale delle superfici, di 2500 ppm (2,5 ‰) per  lavare ad es. le pipette contaminate e di 10.000 ppm (l’1%) quando vogliamo inattivare gli scarti delle colture. Teniamo presente che la varechina non e’ ipoclorito puro ma ad es. l’ACE riporta una concentrazione tra 5 e 15 % di Cl.
  2. Fenoli. Non sono efficaci contro i virus, ma rimangono attivi anche in presenza di sostanza organica.
  3. Alcool. (Etanolo, isopropanolo). Le concentrazioni efficaci sono 70% per l’etanolo e 60-70% per l’isopropanolo. Agiscono mediante deidratazione e fissazione del materiale organico. Sono entrambi efficaci contro i batteri, ma solo l’etanolo e’ attivo contro alcuni virus.
  4. Aldeidi. (glutaraldeide, formaldeide). Sono molto efficaci, ma il loro uso viene limitato dal fatto che sono molto irritanti e danno sensibilizzazione negli operatori. La glutaraldeide puo’ essere efficacemente usata per decontaminare quando non e’ possibile usare gli ipocloriti, come ad es. per la pulizia di oggetti in acciaio inossidabile o altri metalli, come per la pulizia dei rotori delle centrifughe.

Spesso e' bene usare combinazioni di disinfettanti per avere una maggiore sicurezza: ad es. pulire prima con etanolo al 70% e poi con acqua ossigenata.

Disinfezione mediante agenti fisici. Si utilizzano le RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE  che possono danneggiare il DNA ed essere letali per i batteri (attenzione a non tenerle accese quando si lavora!!). Le radiazioni UV (circa 254 nm) hanno uno scarso potere penetrante, vengono facilmente assorbite dai solidi, e vengono solitamente usate per la disinfezione dell'aria e di superfici esposte in aree ristrette (stanze sterili, cappe).

Antisepsi. E' la disinfezione di tessuti vivi: viene usata o per profilassi (per prevenire le infezioni) o per terapia (per trattare infezioni). Agli antisettici si applica quanto detto per i disinfettanti.

2.3 LA STRUMENTAZIONE.

2.3.1. Cappe a flusso laminare.
            Le cappe a flusso laminare servono a due scopi:
1.         proteggere il campione dall'operatore e dall'ambiente circostante (cioe' procurare un ambiente sterile)
2.         proteggere l'operatore dal campione (cioe' minimizzare i rischi di infezione)

            Vi sono diversi tipi di cappa sterile; i principali sono:
1. le cappe a flusso laminare orizzontale
2. le cappe a flusso verticale di Classe I
3. le cappe a flusso verticale di Classe II
4. le cappe a flusso verticale di Classe III

            La cappa a flusso orizzontale non offre
nessuna protezione all'operatore. In questo tipo di cappa un flusso di aria filtrata e sterile fluisce orizzontalmente dalla parte posteriore della cappa uscendo dalla parte anteriore. Il flusso in questo modo  investe in pieno l'operatore e rilasciando tutto quello che puo' portare con se'  nell'ambiente circostante. E' ovvio che in questo tipo di cappa non si devono usare cellule che possano essere fonti potenziali di rischio, e sono raccomandate solo per la parte di preparativa dei terreni, e sono molto utilizzate nelle colture di cellule vegetali.

 

Le cappe a flusso verticale di classe I danno una buona protezione all'operatore, ma una protezione minore alle colture. L'aria viene risucchiata dall'apertura frontale della cappa, passa  sopra alle colture ed esce dalla parte superiore della cappa. Queste cappe vengono di solito utilizzate in ambienti sterili particolari, dove gli operatori indossano speciali vestiti protettivi.

            Le cappe di classe II offrono una buona protezione sia all'operatore che alle colture. Dato che sono le piu' diffuse nei laboratori di colture cellulari, verranno prese in esame dettagliatamente.
Un flusso d'aria, filtrato attraverso un filtro HEPA (High Efficiency Particulate Air) che rimuove virtualmente tutte le particelle piu' grandi di 0.3 µM di diametro (e quindi sterilizza l'aria in entrata) entra nella cappa attraverso il "soffitto" e viene spinta come un pistone attraverso la superficie di lavoro e quindi esce  dal piano perforato sul "pavimento" della cappa. Il 70 % dell'aria viene ricircolato, mentre il 30 % viene eliminato attraverso dei filtri HEPA posti superiormente. Se si lavora con materiale pericoloso e' possibile montare dei filtri aggiuntivi, ad es. per i virus.
Una quantita' di aria pari a quella eliminata viene fatta entrare prelevandola dall'ambiente circostante attraverso la porta frontale della cappa. L'aria passa attraverso una griglia larga circa 20 cm posta in basso all'imboccatura della cappa e da li' passa sotto il piano e viene filtrata e fatta circolare. Al di la’ della griglia il flusso d’aria forma una vera e propria barriera d'aria che dovrebbe impedire l'ingresso a potenziali contaminanti. La parte frontale della cappa e' chiusa da un vetro che separa la testa dell'operatore dalla cappa stessa.
L'uso della cappa a flusso laminare dovrebbe rendere difficile ai batteri il passaggio nelle colture, tuttavia i movimenti e il materiale all'interno della cappa possono creare turbolenze tali da diminuire l'efficienza del sistema. E' quindi necessario utilizzare ulteriori tecniche asettiche, descritte piu’ sotto.
Le cappe di classe III sono utilizzate per lavorare con organismi altamente patogeni. In queste cappe, l'operatore e' riparato dall'area di lavoro da una barriera fisica, costituita di solito da una lastra di vetro o perspex, che chiude l'intera apertura frontale. L'area di lavoro viene resa accessibile attraverso un paio di guanti ad alta protezione. L'uso di cappe di classe III richiede la conoscenza di speciali regole di sicurezza, che devono venire dalle autorita' sanitarie locali.

Uso quotidiano della cappa.  E' importante dedicare un po' di tempo ad imparare il corretto uso della cappa. Bisogna controllare le velocita' dei flussi dell'aria in entrata e in uscita e imparare a controllare tutte le informazioni che possono esserci date sull'efficienza della cappa.
La cappa deve essere collocata nel laboratorio in un'area non troppo ristretta, in modo che sia la zona di  entrata che di uscita del flusso di aria possano avvenire correttamente, e la cappa possa lavorare a livello ottimale. Se la cappa e' dotata di un pannello per la chiusura frontale, questo deve essere montato QUANDO LA CAPPA E' SPENTA, per non rischiare di danneggiare i motori.
Quando si accende la cappa, si deve prima rimuovere il pannello e poi accendere il motore (i motori nel caso siano cappe a doppio motore). La cappa viene lasciata accesa per alcuni minuti prima di iniziare a lavorare, per permettere che il flusso dell'aria si stabilizzi. Alcune cappe hanno dei sensori che rilevano l'imput e l'output dell'aria e la pressione sui filtri: questi dati indicano lo stato di usura delle pompe e l'integrita' dei filtri.  L'interpretazione dei dati riportati sui display viene fatta in base ai manuali forniti dalle case produttrici. Se si ha anche il minimo sospetto che la cappa non stia funzionando correttamente, non la si deve utilizzare, ma procedere immediatamente ad un controllo.
Una volta stabilizzato il flusso della cappa, il piano di lavoro e le zone accessibili devono venire spruzzate con etanolo al 70% (si usa uno spruzzatore da piante) e asciugate con dei fogli di carta tipo scottex o del cotone idrofilo. NON si deve spruzzare la zona dei filtri (nelle cappe di classe II sul "soffitto"  interno della cappa) perche si possono rovinare i filtri stessi. Quando il lavoro e' finito, la cappa deve essere svuotata di tutto quello c'e' dentro, e di nuovo pulita con l'alcool.  Si spegne il motore e si richiude il pannello.
Il piano di lavoro e' costituito da uno o piu' pannelli di acciaio traforato: se si rovescia qualche cosa, di solito tende a colare anche sul piano sottostante: e' quindi necessario procedere alla pulizia anche di questo (e del retro del piano rimovibile). Se non si rovescia mai nulla, e' comunque buona norma procedere almeno una volta ogni 15-30 giorni ad una approfondita pulizia, e una volta ogni tanto provvedere anche ad un passaggio con acqua ossigenata diluita, in modo da eliminare anche la presenza di spore fungine, che possono resistere alla soluzione di alcool. La pulizia approfondita va eseguita a cappa spenta, principalmente per evitare che la carta o l’ovatta utilizzate vengano aspirate dal sistema di ricircolo dell’aria portandole fino ai filtri HEPA dove ovviamente ne alterano ol’efficienza.  Analogamente e’ necessario fare molta attenzione quando si utilizzano fogli d’alluminio (che vengono usati per avvolgere il materiale da sterilizzare e per proteggere le parti in plastica delle bottiglie, dei portapuntali ecc. dall’effetto dei raggi UV quando si lasciano nella cappa spenta) che piccoli pezzi non vengano aspirati, anche perche’ posson
La cappa dovrebbe essere sottoposta ad un controllo da parte della casa produttrice almeno 1 volta all'anno: la frequenza ottimale e' di un controllo ogni 6 mesi.

2.3.2 INCUBATORI
Molti tipi di cellule animali richiedono per una crescita ottimale una temperatura di circa 37°C e un terreno ad un pH compreso tra 7.0 e 7.2. La natura dei prodotti secondari del metabolismo cellulare e' tale da rendere il medium (parola latina ma ormai entrata attraverso l'inglese nel linguaggio scientifico internazionale e che e' sinonimo di terreno o brodo o mezzo di coltura) piuttosto acido. Data la scarsa tolleranza delle cellule a cambiamenti eccessivi del pH, e' necessario tamponare. Un sistema molto usato e' il tampone bicarbonato\CO2 che richiede un apporto di CO2 nell'incubatore e bicarbonato nel medium. Inoltre, la presenza di un'atmosfera ad elevato grado di umidita' previene l'evaporazione del medium. Per questo tipo di colture sono quindi necessari incubatori in grado di controllare sia la temperatura che la miscela di gas: di solito si opera a 37°c con il 95% di aria e il 5% di CO2, mentre l'umidita' viene mantenuta da una vaschetta d'acqua posta sul fondo dell'incubatore. Il 5% di CO2 deve essere accuratamente controllato, perche' governa la stabilita' del sistema tampone: infatti di gioca sull'equilibrio:

CO2 + H2O = H2CO3 = HCO3- + H+

            Se il medium si acidifica si forma acido carbonico che da' origine alla  CO2 che si libera; se la concentrazione di bicarbonato nel mezzo di coltura diminuisce, immediatamente l' anidride carbonica si ridiscioglie riportandolo alla concentrazione giusta e permettendo cosi' di mantenere il pH nel range ottimale.
Alcuni laboratori (e alcune linee cellulari) non utilizzano questo tipo di sistema tamponante, e utilizzano incubatori "a secco" senza CO2. In questo caso al posto del bicarbonato vengono utilizzati altri sistemi tampone, come l'HEPES (N-2-hydroxyethylpiperazine-N'-2-ethansulfonic acid) o il MOPS (morpholinpropane sulfonic acid). Una delle ragioni per usare questi incubatori "a secco" e' la minore possibilita' di inquinamento: infatti negli incubatori a CO2 la coltura cellulare deve potere effettuare gli scambi gassosi con l'esterno, e quindi le fiasche vengono lasciate con i tappi parzialmente svitati. Ovviamente i gas in entrata (aria e CO2) vengono filtrati con filtri da 0.2 µM.  La vaschetta piena d'acqua posta sul fondo dell'incubatore, deve essere addizionata di antimuffa.
Negli incubatori "a secco" le fiasche vengono mantenute chiuse. Tuttavia, questo fa si' che con il passare del tempo la pressione interna, dovuta all'evaporazione del medium, salga, e quindi e' necessario sfiatare le fiasche. Inoltre non e' possibile utilizzare supporti per le colture come capsule Petri o pozzetti, che essendo chiusi in modo non ermetico porterebbero ad una eccessiva evaporazione del terreno. Gli incubatori a CO2 rimangono quindi i piu' utilizzati, dato che comunque il pericolo di inquinamento rimane limitato. Oggi tra l'altro esistono alcuni modelli come ad es. un tipo della Hereaus, che essendo costruito con la camera interna di rame, impedisce la crescita di muffe e microorganismi al suo interno. Altri, come la FORMA hanno ad esempio un sistema di umidificazione che non prevede piu' la vaschetta sul fondo, ma l'immissione dell'aria umidificata prefiltrata cosi' da eliminare anche questa fonte di inquinamento. Infine, oggi sono disponibili sul mercato incubatori che possono produrre vapore a 140 °C per effettuare una sterilizzazione della camera interna quando necessario.
Comunque sia, e' buona norma pulire e controllare frequentemente gli incubatori. Nel caso di inquinamento delle colture, e' necessario eliminare velocemente le fiasche contaminate e decontaminare l'incubatore. E' bene inoltre evitare di aprire e chiudere in continuazione, di mettervi dentro materiale sospetto e entrarci con le mani sporche.

2.3.3 CENTRIFUGHE
Normalmente, in un laboratorio di colture cellulari e' necessaria solo una centrifuga da banco a bassa velocita' (un breve richiamo delle principali basi teoriche della centrifugazione e' riportato nel capitolo riguadante le tecniche).
Per ragioni di sicurezza e’ necessario utilizzare un rotore o almeno i recipienti portaprovette chiudibili, in modo da minimizzare il pericolo di contaminazione dovuto alla fuoriuscita di liquido dalle provette o alla loro rottura. Come minimo, comunque, si devono utilizzare centrifughe che siano ermeticamente chiuse quando si chiude il coperchio. Si devono ASSOLUTAMENTE evitare le centrifughe di vecchio tipo (di antiquariato!!) che risucchiano aria e la espellono favorendo cosi' la formazione di aerosol.
E' importante che la centrifuga sia dotata di una regolazione del freno, dato che e' importante evitare che il rotore venga frenato bruscamente se si sta effettuando la separazione di cellule su gradiente di densita’. Un rallentamento dolce e graduale della velocita' di rotazione, come si ottiene con l'esclusione totale del freno impedisce che le bande contenenti le cellule si rimescolino tra di loro.
Un'altra condizione che deve essere controllata e' la temperatura: per la maggior parte delle operazioni, le cellule vengono centrifugate a temperatura ambiente (25°C), ma per alcune procedure e’ necessario mantenere il materiale a 4°C. Puo' quindi rivelarsi utile avere a disposizione una centrifuga refrigerata. 

Come centrifugare. La centrifugazione e' un'evento traumatico per le cellule le cui conseguenze possono essere minimizzate applicando alcune regole basilari:

  1. Usare sempre la velocita' corretta: aumentare la velocita' puo' infatti danneggiare le cellule. In generale 200-250g per 5-10 minuti sono sufficienti.
  2. Non centrifugare le cellule piu' a lungo del necessario, dato che il danneggiamento puo' avvenire o essere aggravato quando le cellule sono compattate sul fondo della provetta (dove tra l'altro i g sono maggiori).
  3. Eliminare il sopranatante e risospendere le cellule immediatamente dopo la fine della centrifugata.
  4. Pulire regolarmente le centrifughe, dato che sul fondo del cestello, del rotore e dei portaprovette si raccolgono polvere, frammenti di plastica e di vetro ecc., che possono anche portare allo sbilanciamento della centrifuga, oltre all'ovvio pericolo di contaminazione quando poi trasferiamo le provette sotto cappa. E' OVVIO che tutte le perdite di liquido accidentali o dovute a rottura delle provette vanno lavate IMMEDIATAMENTE.
  5. Utilizzare le normali pratiche di sicurezza riportate nel capitolo sulle tecniche. 

2.3.4 I microscopi
E' bene che il laboratorio di colture cellulari sia equipaggiato sia di un microscopio diritto che di uno rovesciato (o invertoscopio), ambedue dotati di contrasto di fase che permette la corretta osservazione delle cellule senza bisogno di colorazione.
Il microscopio rovesciato e' assolutamente necessario per osservare le cellule nei loro "contenitori", mentre il microscopio diritto e' necessario per contare le cellule e per l'osservazione di vetrini. Per una descrizione dettagliata dei microscopi e delle diverse tecniche microscopiche si rimanda al capitolo sulle tecniche.

2.3.5 Pipette automatiche e pipettatori. Dovendo lavorare in asepsi e’ logico che non si pipetta a bocca, ma le pipette vengono montate su pipettari automatici. Inoltre spesso e’ necessario utilizzare piccoli volumi o comunque volumi precisi, ed in questo caso si utilizzano pipette automatiche, su cui si montano puntali sterili. Le stesse pipette in alcuni casi possono essere di tipo autoclavabile, e quindi essere  sterilizzate; nel caso non si disponesse di questo tipo di pipette, si provvede ad una buona disinfezione con etanolo prima di introdurle sottocappa. In laboratorio e’ sempre bene avere un set completo di pipette, che coprano un range di volumi almeno compreso tra 1 e 1000 μL. 

2.3.6 Frigoriferi e congelatori. Molto materiale deve essere conservato a 4°C o a -20°C o addirittura a –80°C o a -196°C.  Oltre a materiale come terreni, sieri e reagenti vari, e’ infatti importante avere a portata di mano una “scorta” di cellule, che possono essere conservate o a -80°C per tempi relativamente brevi (circa 6 mesi) oppure indefinitamente a -196°C (temperatura dell’azoto liquido).

2.3.6. Impianto di purificazione dell’acqua. L’acqua distillata e’ necessaria sia per il lavaggio della vetreria che per la preparazione di terreni e di tutte le soluzioni acquose. Mentre nel primo caso basta acqua distillata, nel secondo e’ molto importante potere disporre di acqua ultrapura, caratterizzata da elevata resistivita’, superiore a 10 MΩ, possibilmente  16-18 MΩ. Inoltre l’acqua non deve essere stoccata in serbatoi, ma deve essere prelevata al momento dell’uso da un sistema che la tenga in continuo ricircolo, per evitare la formazione di muffe e alghe.


           Freshney R.I., Culture of Animal Cells”,  Wiley-Liss , 1995

 

Fonte: http://campus.unibo.it/49643/1/2._La_strumentazione_di_base.DOC

Sito web da visitare: http://campus.unibo.it/

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