Chimica

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Chimica

Teoria atomica e leggi quantitative

L’Universo è composto di materia ed energia, due aspetti della medesima entità visto che, come dimostrò Einstein, esse possono convertirsi l’una nell’altra secondo la relazione E = mc2.

La chimica è la scienza che studia le caratteristiche, la struttura e le trasformazioni della materia e gli scambi energetici connessi a tali trasformazioni.

 

Oggi noi possediamo un modello sufficientemente dettagliato per descrivere la struttura della materia, il modello atomico. Parlare di atomi è attualmente quasi un fatto scontato, ma il modello atomico si affermò con difficoltà, nonostante sia stato proposto per la prima volta più di duemila anni fa.

 

La struttura della materia: atomi ed elementi

Le prime ipotesi sulla struttura e sulla natura della materia vennero infatti avanzate, agli albori del pensiero occidentale, in Grecia. A tal proposito possiamo individuare, in estrema sintesi, due problemi fondamentali intorno ai quali si sviluppò il dibattito filosofico su questo tema:

 

A) continuità/discontinuità della materia: l’atomo

Da una parte Aristotele che ipotizza l'esistenza di una materia continua, divisibile indefinitamente in frammenti sempre più piccoli e quindi irriducibile ad unità elementari.

due correnti di pensiero che interpretavano la materia in modi diametralmente opposti.

Dall’altra Democrito di Abdera (IV sec a.C.), anche se il primo ad avere parlato di atomi fu Leucippo,

che ritiene invece la materia discontinua e sostiene pertanto l'esistenza di particelle minuscole, chiamate atomi , invisibili, incorruttibili ed eterne.

Le idee di Democrito sopravvissero nei secoli. Furono divulgate da Epicuro di Samo (III sec. a.C.) e, nel mondo latino, da Tito Lucrezio Caro (95-55 a.C.) nel "De Rerum Natura".

 

B) complessità/semplicità della materia: l’elemento

La ricerca dell'arche, del 'principio primo’, dal quale discendeva tutta la molteplicità dell'essere, rappresentò forse l'elemento peculiare della prima speculazione greca intorno al mondo. Il problema di poter ricondurre l'enorme varietà di sostanze conosciute alla combinazione di poche sostanze semplici significava fondamentalmente razionalizzare il mondo e quindi “spiegare” i fenomeni complessi riconducendoli e riducendoli alla loro composizione elementare.

A parte i primi tentativi effettuati in tal senso dai primi 'Fisiologi' presocratici, come Talete (624-546 a.C.) che individuò nell'acqua il principio primo o Anassimene (586-528 a.C.) che lo identificò nell'aria, l'ipotesi che ebbe la maggior fortuna durante tutto il medioevo, grazie all'autorevole consenso di Aristotele, fu senza dubbio quella di Empedocle (490-430 a.C.). Secondo tale ipotesi tutta la materia era composta da quattro sostanze fondamentali ed elementari: l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco.

 

Il concetto di atomo e di elemento sono fondamentali in chimica. Le prime definizioni moderne si devono a Boyle e a Newton.

 

Per R.Boyle (1627-1691) gli elementi sono "corpi primitivi, semplici, incontaminati, che, non essendo costituiti da altri corpi o di loro mescolanze, sono ingredienti di cui i corpi misti sono costituiti e nei quali questi possono essere in definitiva risolti".

 

Mentre Newton immaginò gli atomi come minuscole sfere, dominate solo da forze attrattive e repulsive.

In Opticks così scrive: "In principio Dio creò la materia in particelle mobili, impenetrabili, dure, massicce, solide...."

Oggi la nostra idea di atomo è notevolmente cambiata rispetto al modello newtoniano, ciononostante vi sono ambiti della chimica e della fisica moderna (teoria cinetica dei gas, ad esempio) in cui tale modello risulta essere ancora perfettamente adeguato ed in grado di giustificare alcuni comportamenti della materia.

 

La chimica moderna, che nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, giunge ad unificare il concetto di atomo e di elemento. Tale unificazione si produce con la formulazione da parte di Dalton della Teoria atomica, che possiamo così sintetizzare

 

  • La materia è composta di atomi indivisibili ed inalterabili;
  • Esistono atomi con caratteristiche differenti. Tutti gli atomi di uno stesso tipo costituiscono le sostanze semplici o elementi;
  • Le trasformazioni chimiche si producono per unione o separazione di atomi secondo rapporti rigorosamente determinati e caratteristici per ogni sostanza chimica.

 

La teoria atomica è stata in seguito sostanzialmente confermata ed è a tutt’oggi uno dei paradigmi della chimica. In natura esistono 90 tipi di atomi che individuano altrettanti elementi chimici (gli elementi fino all’Uranio sono 92, ma il 43mo (Tc Tecnezio) ed il 61mo (Pm Promezio) sono prodotti artificialmente). Tuttavia oggi gli atomi non sono più considerati strutture elementari ed “indivisibili”. Essi sono infatti composti da tre tipi di particelle subatomiche: il protone, il neutrone e l’elettrone.

Il protone, con carica elettrica positiva, ed il neutrone, privo di carica elettrica, vanno a formare la parte centrale dell’atomo, detta nucleo. Gli elettroni, con carica elettrica negativa, uguale e contraria a quella dei protoni, orbitano intorno al nucleo. Un atomo è neutro quando i protoni del suo nucleo sono esattamente neutralizzati da un ugual numero di elettroni. Gli atomi che presentano elettroni in più o in meno rispetto ai protoni del nucleo risultano elettricamente carichi e sono detti ioni. Se vi è un difetto di elettroni essi risultano caricati positivamente (cationi), viceversa presentano una carica negativa (anioni).

 

Simbologia chimica

Agli inizi dell’800 erano già stati identificati una cinquantina di elementi chimici che il chimico svedese J.J. Berzelius (1779 – 1848) raccolse nel 1818 in una tabella. Lo stesso Berzelius propose di adottare la simbologia chimica attualmente in uso.

Ciascun elemento chimico viene univocamente associato ad un simbolo, in genere corrispondente all’iniziale del suo nome latino (o alle prime due lettere se vi è possibilità di equivoco con altri elementi). Ad esempio C è il Carbonio, Ca il Calcio, Ce il Cerio, Co il Cobalto, Cu il Rame.

 

I simboli rappresentano sia gli elementi che i relativi atomi. Così N rappresenta l’elemento Azoto, ma anche un atomo di Azoto. In questo modo è possibile rappresentare le sostanze chimiche mediante opportune scritture convenzionali, dette formule.

 Nelle formule sono rappresentati i simboli degli elementi chimici che costituiscono la sostanza, ciascuno seguito in basso a destra da un numero, detto indice, che specifica quanti atomi di quell’elemento sono presenti. L’indice 1 non compare, essendo sottinteso.

 

H2SO4             CO2                H2O                N2                   Na2CO3          O2       Mg(NO3)2

 

Come si può osservare dalle formule che le rappresentano, le sostanze chimiche possono essere costituite da atomi di uno stesso elemento (O2  N2) e sono perciò dette sostanze elementari, o da atomi di elementi diversi (H2SO4   CO2) e sono perciò dette sostanze composte o, semplicemente, composti.

 

I composti sono sostanzialmente di due tipi: molecolari o ionici.

Un composto molecolare è formato da molecole. Una molecola è la più piccola parte di materia che presenta le medesime caratteristiche chimiche della sostanza alla quale appartiene. È costituita da un gruppo definito di atomi, tra loro legati, ma distinti e separati dagli atomi che costituiscono altre molecole. Le formule che  rappresentano tali composti sono dette formule molecolari.

 

Un composto ionico è costituito dall’alternarsi di anioni e cationi legati dalla reciproca attrazione elettrostatica e presenti in rapporti precisi, definiti dalla loro carica. Ad esempio nel carbonato di sodio si alternano ioni Na+ e ioni CO32- nel rapporto di 2:1, necessario per neutralizzare le cariche elettriche. La formula Na2CO3 non rappresenta la molecola, che non esiste in quanto tale, ma descrive il minimo rapporto di combinazione tra gli elementi. Tali formule sono dette formule minime.

Gli ioni presentano, ad esponente del simbolo che li rappresenta, il numero di cariche, positive o negative che li caratterizza, esattamente pari al numero di elettroni persi o acquistati.

Esistono anche ioni poliatomici.

 

Tali formule (sia molecolari che minime) non danno alcuna informazione sulla disposizione spaziale degli atomi e dei loro legami. A questo scopo sono state introdotte rappresentazioni, dette formule di struttura. In relazione al grado di dettaglio e di accuratezza desiderato le formule di struttura possono eventualmente riportare, oltre alla posizione dei legami, anche la loro orientazione nello spazio (angolo di legame) e quindi dare informazioni sulla struttura tridimensionale (geometria) della sostanza.

 

                       

 

Nelle trasformazioni chimiche, comunemente dette reazioni chimiche, le sostanze messe a reagire, dette reagenti, si trasformano in altre specie chimiche, dette prodotti di reazione. Ciò avviene essenzialmente perché alcuni legami che tenevano uniti gli atomi nelle sostanze reagenti si spezzano e si riformano secondo nuove combinazioni. Le nuove configurazioni atomiche che si generano costituiscono i prodotti finali della reazione.

Ovviamente durante tali trasformazioni il numero totale di atomi di ciascun elemento chimico non varia, anche se si trova diversamente combinato nei prodotti rispetto ai reagenti (principio della conservazione della materia).

Una reazione chimica viene simbolicamente rappresentata mediante un’equazione chimica. A primo membro troviamo le formule dei reagenti, mentre a secondo membro le formule dei prodotti di reazione, tutte separate dal segno di addizione (+). Il segno di eguaglianza tra i due membri (=) viene sostituito dalla freccia di reazione (®), se la reazione si completa e tutti i reagenti si trasformano nei prodotti o dalla doppia freccia di reazione (), se si tratta di un equilibrio chimico e la reazione forma una miscela in equilibrio di reagenti e prodotti.

 

 

Coefficienti stechiometrici e bilanciamento

Affinché l’equazione descriva la reazione non solo dal punto di vista qualitativo (quali specie chimiche  sono coinvolte nella reazione), ma anche quantitativo, è necessario anteporre a ciascuna formula un numero intero, detto coefficiente stechiometrico, che specifichi il numero di molecole di ciascuna specie chimica che partecipano alla reazione.

 

La determinazione dei coefficienti stechiometrici costituisce il bilanciamento della reazione.

Bilanciare una reazione significa dunque calcolare opportuni coefficienti per i quali è necessario  moltiplicare le formule delle specie chimiche che partecipano alla reazione, affinché ogni elemento compaia a sinistra e a destra del segno di reazione con il medesimo numero di atomi. In altre parole una reazione è bilanciata quando soddisfa il principio di conservazione della materia.

 

Per bilanciare una reazione non vi sono regole precise, ma in genere è opportuno seguire i seguenti consigli:

 

  • Si pareggiano inizialmente gli atomi di elementi che compaiono in un minor numero di specie chimiche (in genere l’ossigeno e l’Idrogeno sono molto diffusi e si bilanciano rispettivamente per ultimo (O) e penultimo (H));
  • Se, bilanciando un elemento, si modifica qualche altro elemento, si procede subito al suo bilanciamento

 

Esempio

Bilanciamo la seguente reazione

 

Fe2(CO3)3 + HNO3® Fe(NO3)3 + H2CO3

 

Iniziamo bilanciando il ferro:

poiché vi è un atomo di ferro tra i prodotti di reazione e 2 tra i  reagenti, moltiplichiamo per 2 il nitrato ferrico  Fe(NO3)3  ponendogli davanti un coefficiente "2".

 

Fe2(CO3)3 + HNO3® 2Fe(NO3)3 + H2CO3

 

in tal modo abbiamo modificato anche il numero di atomi di azoto tra i prodotti di reazione che ora sono 6. Poiché tra i reagenti vi è un solo atomo di azoto, poniamo un coefficiente "6" davanti all'acido nitrico HNO3

Fe2(CO3)3 + 6HNO3® 2Fe(NO3)3 + H2CO3

 

Ora sia il ferro che l'azoto sono bilanciati. Bilanciamo il carbonio. Vi sono 3 atomi di carbonio tra i reagenti e 1 tra i prodotti di reazione. Poniamo quindi un coefficiente "3" davanti all'acido carbonico

 

Fe2(CO3)3 + 6HNO3® 2Fe(NO3)3 + 3H2CO3

Verifichiamo l'idrogeno. 6 atomi tra i reagenti, 6 atomi tra i prodotti di reazione. L'idrogeno è bilanciato.

Verifichiamo l'ossigeno. 27 atomi tra i reagenti, 27 tra i prodotti di reazione. L'equazione è bilanciata!

 

 

 

Una volta che l'equazione è bilanciata siamo in grado di effettuare considerazioni di tipo quantitativo sulla reazione.

Nel caso della reazione appena bilanciata possiamo ad esempio affermare che una molecola di carbonato ferrico Fe2(CO3)3 necessita di 6 molecole di acido nitrico HNO3 per reagire e che da tale reazione si producono 2 molecole di nitrato ferrico Fe(NO3)3 e 3 di acido carbonico H2CO3.

 

 

 

 

 

 

 

Esempio

FeS2 + O2® Fe2O3 + SO2

Bilanciamo il Ferro (x 2)

2FeS2 + O2® Fe2O3 + SO2

lo Zolfo (x 4)

2FeS2 + O2® Fe2O3 + 4SO2

 

l’Ossigeno: ci sono 11 atomi a destra e 2 a sinistra, moltiplico per 2 a destra e per 11 a sinistra per averne 22 e 22

 

2FeS2 + 11O2® 2Fe2O3 + 8SO2

 

Ribilancio Ferro e Zolfo

 

4FeS2 + 11O2® 2Fe2O3 + 8SO2

 

 

 

Gran parte dei concetti fin qui esposti (atomo, molecola, sostanze elementari e composti, reazione chimica e relativo bilanciamento) sono stati definiti agli albori della chimica moderna ed hanno contribuito alla sua fondazione.

 

Le prime leggi della chimica

Le prime leggi della chimica risalgono alla fine del 700 e formalizzano alcuni comportamenti regolari che si iniziano a scoprire nei rapporti di combinazione tra le sostanze che reagiscono. Le regolarità osservate nel comportamento della materia durante le reazioni vennero espresse attraverso una serie di leggi quantitative che costituirono i presupposti alla formulazione della stessa teoria atomica.

 

Legge della conservazione della massa di Lavoisier (1789)

"In una reazione chimica, la somma dei pesi dei reagenti è sempre uguale alla somma dei pesi dei prodotti di reazione".

Essa afferma che la materia non si crea e non si distrugge. Tale legge, che oggi sembra ovvia, non lo era affatto al tempo in cui venne formulata.

La combustione, ad esempio, in cui materiali come il legno o la carta, perdono apparentemente peso durante il processo sembrava confermare la tesi opposta. Gli stessi fenomeni di fusione dei metalli in cui si producevano scorie, dette allora calci, più pesanti dei metalli stessi ponevano grossi problemi interpretativi.

 

Nel 1715 il chimico tedesco G.E.Stahl aveva introdotto il concetto di flogisto o principio infiammabile per giustificare questo strano comportamento.

 

Lavoisier riuscì a fare definitivamente chiarezza su questi e molti altri problemi. Egli viene oggi considerato il primo vero chimico sperimentale ed il fondatore della chimica moderna.

Il suo lavoro è infatti caratterizzato dalla rigorosa applicazione di strumenti di misura  e del metodo sperimentale alla pratica di laboratorio.

Pesando accuratamente reagenti e prodotti di reazione, Lavoisier dimostrò che le calci (oggi si chiamerebbero ossidi) derivate dalla fusione dei metalli all'aria, pesano di più dei metalli di partenza perché sono combinazioni del metallo con l'ossigeno atmosferico, portando al definitivo abbandono della teoria del flogisto

 

Per ciò che riguarda la comprensione della natura e della struttura della materia i risultati ottenuti da Lavoisier rappresentano un notevole passo in avanti, suggerendo la possibilità che durante le reazioni chimiche le sostanze non 'spariscano', ma semplicemente si combinino in vario modo per dare sostanze aventi diverse proprietà, ma massa complessivamente uguale.

Lavoisier riuscì in definitiva a dimostrare che il peso dei corpi semplici (elementi) può ritrovarsi inalterato nelle loro combinazioni in corpi composti. E, viceversa, che i corpi composti possono spezzarsi in elementi più semplici aventi complessivamente lo stesso peso.

dal greco atomoV, indivisibile.

 

Fino a tutto il '600 il fatto che durante il processo di fusione dei metalli all'aria una parte di essi bruciava trasformandosi in scoria simile alla calce (calcinazione), con aumento di peso, non trovava spiegazione. Così come non ci si spiegava come le scorie, scaldate con carbone, riformassero il metallo di partenza, perdendo peso. Stahl ipotizzò dunque l'esistenza di un fluido, detto appunto flogisto, avente la proprietà di togliere peso alla materia che lo conteneva. Sottoponendo il metallo a riscaldamento , il flogisto abbandonava la materia restituendo ad essa peso.

 

Legge delle proporzioni definite e costanti (Proust 1799)

"In un determinato composto chimico gli elementi che lo formano stanno tra loro in proporzioni di peso definite e costanti".

 

Ad esempio per ottenere acqua dobbiamo sempre far reagire Idrogeno ed Ossigeno nelle proporzioni di 1 g contro 8 g. Qualsiasi eccesso di uno dei due elementi rispetto a tale rapporto, non reagisce per dare acqua e rimane inalterato alla fine della reazione.

Tale legge venne aspramente criticata dal chimico francese Berthollet (1748-1822), il quale riteneva che la composizione chimica di un composto non fosse percentualmente fissa e definita, ma dipendesse dal modo in cui il composto stesso veniva preparato.

 

Anche la legge di Proust (1754-1826) suggeriva fortemente, come quella di Lavoisier, la possibilità che ogni elemento chimico fosse costituito da particelle aventi una massa caratteristica, in grado di unirsi tra loro solo in proporzioni fisse.

 

Legge delle proporzioni multiple (Dalton 1803)

Quando due elementi si combinano tra loro per dare più di un composto, le quantità in peso di uno che si combinano con una quantità fissa dell'altro stanno tra loro in rapporti esprimibili mediante numeri interi, in genere piccoli .

Dalton intuì che solo immaginando la materia formata da particelle microscopiche, indivisibili, indistruttibili e non creabili (quindi stabili), si potevano spiegare i rapporti di combinazione degli elementi chimici nel dare i composti.

La teoria atomica venne enunciata ufficialmente da Dalton solo nel 1808. naturalmente essa aveva bisogno di altre conferme sperimentali. Soprattutto, implicando che ogni elemento fosse formato da atomi aventi una massa caratteristica, richiedeva che fossero calcolati i pesi dei diversi atomi.

 

Tutti i dati sperimentali fino ad allora ottenuti non erano certo in grado di dimostrare l'esistenza degli atomi, ma potevano facilmente essere spiegati se si accettava il modello atomico.

Come spesso accade il modello dovette ben presto subire una parziale revisione ed essere modificato per render conto di nuovi dati sperimentali che emergevano dallo studio delle reazioni gassose.

 

Fino alla metà del '700 i gas , ed in particolare l'aria, non venivano concepiti come sostanze chimicamente attive, ma semplicemente come un mezzo amorfo, un substrato fluido che occupava lo spazio vuoto. Nella seconda metà del '700 i chimici iniziano ad isolare i primi gas: nasce la chimica pneumatica.

 

Nel 1755 J.Black (1728-1799) annuncia la scoperta di un gas diverso dall'aria che egli chiama aria fissata (anidride carbonica). Nel 1766 H.Cavendish (1731-1810) comunica alla Royal Society la scoperta dell'aria infiammabile (Idrogeno), ottenuta facendo reagire metalli con acidi . Nel 1784 riuscì a dimostrare che il prodotto della combustione dell'aria deflogisticata (ossigeno) con aria infiammabile (Idrogeno) era l'acqua.

Priestley (1733-1804) dimostrò che i vegetali sono in grado di risanare l'aria fissata (anidride carbonica) prodotta dalla combustione delle candele o dalla respirazione animale. A lui si deve anche la scoperta dell'ossigeno . Solo dopo la pubblicazione dei lavori di Priestley e di Lavoisier sull'ossigeno divennero noti in Europa i lavori del chimico svedese C.W.Scheele, che scoprì l'ossigeno indipendentemente nel 1755.

 

Legge dei rapporti volumetrici gassosi definiti e costanti (Gay Lussac 1808)

I volumi delle specie chimiche gassose che partecipano ad una reazione stanno tra loro sempre in rapporto numerico semplice.

Ad esempio nelle seguenti reazioni:

           1 litro di  Ossigeno    +          2 litri di  Idrogeno    =    2 litri di  vapor d’acqua

La teoria atomica daltoniana che spiegava bene la legge di Proust delle proporzioni multiple e definite, non era tuttavia in grado di spiegare le regolarità incontrate dai Gay-Lussac (1778-1850) nello studio delle reazioni gassose.

Infatti, partendo dal presupposto che anche i gas siano costituiti da atomi, la teoria atomica può cercare di giustificare i risultati ottenuti da Gay-Lussac in due modi:

 

  • il volume è proporzionale alla massa degli atomi

Il volume che occupa 2 litri è costituito da particelle di massa doppia rispetto a quello che occupa 1 litro. Secondo questa ipotesi però il gas che si forma, essendo costituito dalla somma delle masse dei gas che si uniscono, dovrebbe occupare un volume pari a 3 litri, in netto contrasto con l'esperienza.

 

  • il volume è proporzionale al numero degli atomi

Il gas che occupa 2 litri è costituito da un numero di particelle doppio rispetto al gas che occupa 1 litro. In tal caso tuttavia per ogni  atomo del primo gas che si unisce con 2 atomi del secondo gas si dovrebbe formare una particella del gas finale. Quest'ultimo dovrebbe pertanto occupare un volume pari ad 1 litro.

Così in entrambi i casi l'interpretazione del modello atomico non sarebbe in grado di spiegare il comportamento quantitativo delle reazioni gassose. Fu però sufficiente una piccola modifica alla teoria di Dalton per rendere il modello atomico nuovamente utilizzabile.

 

Tale nuova impostazione si deve ad Amedeo Avogadro (1776-1856). Secondo Avogadro volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione devono contenere lo stesso numero di particelle. Tali particelle non devono però necessariamente essere elementari (atomi), ma possono anche essere gruppi di atomi (molecole).

In tal modo la reazione gassosa precedente può essere scritta così:

 

O2        +       2H2       ®       2H2O

 

 

Se ne deduce che l’Ossigeno e l’Idrogeno devono essere costituiti non da atomi singoli, ma da molecole biatomiche e che l’acqua è una molecola triatomica formata da 2 atomi di Idrogeno ed 1 di Ossigeno.

L'ipotesi di Avogadro, che poi si rivelò esatta, fu però osteggiata da atomisti illustri e solo nel 1858, Stanislao Cannizzaro (1826-1910) ne verificò definitivamente la validità attraverso una serie di esperimenti conclusivi.

La teoria atomico-molecolare, così come era stata proposta da Avogadro, apriva la strada alla possibilità di pesare atomi e molecole, fatto questo che avrebbe portato ulteriori conferme all'esistenza degli atomi stessi.

 

Pesi atomici e molecolari relativi: l’unità di massa atomica

Se infatti volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di T e P contengono lo stesso numero di molecole, il rapporto tra il peso di due volumi uguali di gas diversi deve essere uguale al rapporto tra i pesi delle loro molecole. Naturalmente occorreva fissare il peso molecolare di un gas di riferimento rispetto al quale pesare tutti gli altri.

Venne scelto l'idrogeno, alla cui molecola biatomica venne assegnato un peso molecolare convenzionale pari a 2. In tal modo vennero calcolati i pesi atomici e i pesi molecolari relativi Pr all'idrogeno di molte sostanze. Nella prima metà dell'Ottocento, soprattutto ad opera di Berzelius (1779-1849), se ne conoscevano qualche migliaio.

 

Preso un volume fisso di un gas generico A avente peso WA ed un ugual volume di idrogeno avente peso  e sapendo che per definizione il peso molecolare relativo dell’Idrogeno è  = 2, il peso molecolare relativo cercato (PrA) sarà dato dalla seguente proporzione:

 

           e quindi       

In effetti sarebbe più corretto parlare di massa atomica o molecolare relativa (mr) e non di peso. Si ricordi infatti che mentre la massa è una caratteristica costante di un corpo materiale , il suo peso dipende dal luogo in cui  si misura, essendo il peso la forza di reciproca attrazione tra il corpo ed il pianeta (o in generale il corpo celeste) sul quale giace. Tuttavia, applicando la seconda legge della dinamica (f = ma), si osserva che il peso è direttamente proporzionale alla massa del corpo (P = mg), nell’ipotesi che l’accelerazione di gravità g sia costante su tutto il pianeta (ipotesi accettabile solo in prima approssimazione).

In chimica resta comunque molto diffusa l’abitudine di parlare di pesi atomici e di pesi molecolari, anche se ormai molti testi utilizzano più correttamente il termine ‘massa’.

 

Oggi non si usa più l’Idrogeno come unità di misura per pesare (massare) le sostanze, ma 1/12 della massa del Carbonio 12 (l’atomo di carbonio con un nucleo formato da 6 protoni e 6 neutroni ). Tale quantità è nota come unità di massa atomica (uma o u).

L’unità di massa atomica vale

1 u = 1,660 538 782 10-24 g

 

Utilizzando dunque come fattore di conversione (approssimato) 1,6605 10-24 g/u è possibile trasformare i pesi relativi (espressi in u) in pesi assoluti (espressi in g).

Pa (g) = Pr (u) 1,6605 10-24 (g/u)

 

Ad esempio il peso atomico assoluto del Carbonio 12 è 

 

Pa C = 12 (u) 1,6605 10-24 (g/u) = 1,9926 10-23 (g)

 

Nuclidi: numero atomico Z e numero di massa A

Nella seconda metà dell'Ottocento la scoperta di nuovi elementi chimici e lo studio delle loro proprietà, sia fisiche che chimiche, rese evidente l'esistenza di regolarità all'interno dei diversi tipi di atomi.

Vi furono molti tentativi di classificare e raggruppare gli elementi in funzione delle loro caratteristiche.

Il risultato di maggior rilievo in questa direzione fu senz'altro quello conseguito dal russo D.I. Mendeleev che nel 1869 propose una tavola periodica degli elementi ordinati secondo il peso atomico relativo crescente in periodi (righe orizzontali) e gruppi (colonne verticali). All'interno di uno stesso gruppo venivano collocati gli elementi che presentavano caratteristiche chimiche analoghe.

 

Fatto notevole della tabella periodica è che alcune caselle lasciate vuote da Mendeleev poiché non esisteva alcun elemento con le caratteristiche previste per quella posizione, vennero in seguito occupate quando l'elemento in questione venne scoperto.

Oggi sappiamo che gli elementi non vanno ordinati secondo il peso atomico crescente, ma secondo il numero crescente di protoni che presentano nel loro nucleo.

Il numero di protoni del nucleo è detto numero atomico Z ed ogni elemento differisce dagli altri per avere un diverso numero atomico che, per gli elementi naturali, può assumere i valori da 1 (Idrogeno) a 92 (Uranio). La classificazione secondo il peso atomico crescente coincide, per la maggior parte degli elementi, con la classificazione effettuata secondo il numero atomico crescente.

Esistono tuttavia 4 coppie di elementi adiacenti (Ar/K Co/Ni Te/I Th/Pa (Torio/Proattinio)) che, se classificati secondo il peso atomico crescente, non si incolonnano correttamente.

Ogni atomo è poi caratterizzato dal numero dei neutroni N del suo nucleo. Protoni e neutroni vengono anche complessivamente  indicati con il termine di nucleoni. Il numero di nucleoni di un atomo costituisce il suo numero di massa A (la massa di un atomo è data essenzialmente dal suo nucleo e quindi da protoni e neutroni, in quanto gli elettroni sono circa 3 ordini di grandezza meno massicci di un nucleone). Tra  A, Z ed N esiste la seguente ovvia relazione

A = Z + N

Quando ci si riferisce alla composizione nucleare di un atomo, si preferisce indicare quest’ultimo con il termine di nuclìde. Ciascun nuclide viene univocamente individuato dal valore di Z ed A. Un nuclide di un elemento viene rappresentato ponendo il numero atomico Z in basso a sinistra del simbolo dell’elemento ed il numero di massa A (Z + N) in alto a sinistra. Ad esempio il simbolo  (leggi: carbonio sei-quattordici) rappresenta l’isotopo del Carbonio che possiede 6 protoni e 8 neutroni (N = A – Z = 14 – 6 = 8). Visto che il simbolo dell’elemento è in corrispondenza biunivoca con il numero atomico Z quest’ultimo può essere sottointeso e così si può ad esempio scrivere 12C  o C-12 per indicare l’isotopo sei-dodici del Carbonio.

 

Un nuclide di un generico elemento X viene dunque rappresentato

 

     o semplicemente  

 

 

Gli isotopi sono nuclidi di un medesimo elemento chimico (stesso Z) che differiscono per il numero dei neutroni N  (ad esempio    (Pròzio)         (Deuterio)        (Trizio))

Il termine isotopo deriva da un termine greco che significa “stesso posto”, in quanto tutti gli isotopi di un medesimo elemento, avendo lo stesso numero atomico Z, occupano lo stesso posto, la stessa casella, nella tabella periodica.

Nuclidi con lo stesso numero di massa A sono detti isòbari ( ad esempio )

Nuclidi con lo stesso numero neutroni N sono detti isòtoni ( ad esempio )

 

La tabella periodica riporta in ciascuna casella sia il valore del numero atomico Z dell’elemento che il valore del suo peso atomico relativo.

In realtà il peso atomico è la media ponderata (pesata) delle masse dei suoi isotopi. Ogni elemento chimico è presente in natura sotto forma di una miscela dei suoi isotopi, i quali sono però più o meno abbondanti e contribuiscono pertanto in maniera diversa al peso atomico dell’elemento, in proporzione alla loro diffusione percentuale.

Prendiamo ad esempio i due isotopi più diffusi del Cloro, il Cloro-35 () ed il Cloro-37 (). Se essi fossero presenti in natura con le medesime percentuali, il peso atomico relativo medio del Cloro sarebbe di 36 u. In realtà su 100 atomi di Cloro, 75 sono di Cloro-35 e 25 sono di Cloro-37. Per calcolare il peso atomico medio dobbiamo dunque calcolare non una media semplice, ma una media che tenga conto della loro diversa frequenza, del loro diverso ‘peso’ (inteso come importanza), appunto una media ponderata o pesata.

 

I pesi atomici relativi che compaiono nella tabella periodica possono essere utilizzati per determinare i pesi molecolari relativi (nel caso di formule minime si parla di peso-formula).

 

Per determinare il peso molecolare relativo di una sostanza è sufficiente sommare i pesi atomici di tutti gli elementi che compaiono nella formula, ciascuno moltiplicato per il rispettivo indice.

Ad esempio il peso molecolare dell’acido solforico H2SO4 è pari a

 

 

 

 

 

 

 

Se prendiamo ad esempio i 4 composti del cloro con l'ossigeno, troviamo che con 71 g di cloro reagiscono rispettivamente 16g, 48g, 80g e 112g di Ossigeno per dare  quattro composti tra loro diversi. Si può facilmente verificare che tali pesi stanno tra loro come 1:3:5:7.

termine introdotto da van Helmont (1577-1644) dalla parola ‘caos’

Cavendish era però un sostenitore della teoria del flogisto e credeva che l'aria infiammabile fosse liberata dai metalli che perciò considerava corpi composti

In realtà la scoperta dell'ossigeno è controversa in quanto anche Lavoisier pubblicò poco dopo Prestley osservazioni identiche. Ma mentre Prestley era un fautore della teoria del flogisto e considerava l'aria un gas seplice che poteva deflogisticarsi trasformandosi in ossigeno o flogisticarsi  trasformandosi in azoto (il miscuglio di aria deflogisticata e flogisticata dava l'aria di partenza), Lavoisier considerava correttamente ossigeno ed azoto due componenti separati dell'aria

 

Fonte: http://www.pianetachimica.it/didattica/documenti/Chimica_Generale.doc

Sito web da visitare: http://www.pianetachimica.it

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