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Francesco Bruni

Regia e sceneggiatura: Francesco Bruni. Soggetto: Francesco Bruni, Giambattista Avellino. Fotografia: Arnaldo Catinari. Montaggio: Marco Spoletini. Musica: Amir Issaa. Scenografia: Roberto De Angelis. Costumi: Cristina La Parola. Interpreti: Fabrizio Bentivoglio (Bruno), Barbora Bobulova (Tina), Filippo Scicchitano (Luca), Vinicio Marchioni (Poeta), Giuseppe Guarino (Carmelo), Prince Manujibeya (Prince), Arianna Scommegna (Marina), Giacomo Ceccarelli (Valerio), Raffaella Lebboroni (la professoressa di Biagio). Produzione: Beppe Caschetto per ibc Movies/Rai Cinema. Distribuzione: 01. Durata: 95’. Origine: Italia, 2011.

Ho aspettato un po’ prima di scrivere questa recensione. Il film mi è piaciuto molto e l’ho trovato interessante anche in relazione ad alcune tematiche “serie” che presenta in chiave di commedia (paternità, istruzione, educazione, senso della vita, valori…), ma era come se non riuscissi a trovarne il fulcro, il quid che costituisce il centro vero della narrazione. Poi ho assistito a una presentazione di Bruni del suo film e ho capito che cosa stavo cercando: l’essenza del film è la “polverina di felicità” di cui ha parlato l’autore per spiegare l’atmosfera in cui si è svolta la sua realizzazione, un clima di partecipazione e condivisione in cui tutti erano sereni e potevano dare il meglio di loro stessi.
E questo ci rimanda al tema chiave del film che è l’educazione: “educare” significa “tirar fuori” le capacità, le potenzialità e i caratteri della persona, aiutarla a diventare se stessa e a individuare il senso profondo della propria identità, a espandersi insomma e a sbocciare, in un rapporto bilaterale (in cui il primo a imparare è chi insegna) che implica la fiducia piena dell’uno nell’altro, e la relazione tra i due come presupposto. Non a caso si parla sempre di più di intelligenza emotiva e affettiva, per sottolineare che l’istruzione/educazione non è possibile in contesti scolastico/relazionali in cui non passino in qualche modo affetto, interesse, cura, energia e soprattutto passione.
La cosa bella del primo film di Bruni da regista è proprio questa, mostrarci come due persone, un adulto che è insegnante ma anche padre e un ragazzo che è allievo di ripetizione ma anche (lo scoprirà dopo) figlio, riescano a interagire e a trovare una complicità sempre maggiore ed efficace a tutti i livelli a partire dalla gioia dello stare insieme, del conoscersi man mano sempre meglio, dello scoprirsi simili nella diversità non solo generazionale, del capirsi al volo e del comprendersi reciprocamente, anche quando le differenze emergono.
Nel rispetto di quello che ciascuno è, Bruno un ex insegnante (ora ghost writer) disincantato e pigro, ironico quanto basta per sopportare il peso della vita che compensa con le uscite al bar del quartiere e con le partite di biliardo in tv (che ricordano il tennis per il personaggio di Tobia in L’aria serena dell’Ovest, personaggio che non riesce però a cogliere lo spiraglio di vita che potrebbe e vorrebbe offrirgli Veronica, e che torna quindi alla fine nell’esistenza priva di senso a cui aveva tentato di ribellarsi), ma che fondamentalmente si sente vecchio e che non si riconosce più nei tempi che vive, e Luca, un quindicenne semplice e schietto che non ha nessuna voglia di studiare perché nessuno l’ha mai fatto appassionare alle discipline scolastiche né gli ha mai fatto capire il valore che la cultura può avere, e che di conseguenza si è convinto di “non essere capace” di imparare.
«E non sarai mai solo / quando spiccherai il volo / io sarò lì con te / ti ho dato le ali per volare”, dice infatti la canzone che accompagna la vicenda, toccando il tema della solitudine da cui Bruno esce grazie al contatto con il figlio che scopre tardi di avere, e da cui Luca esce arricchendo la propria vita di prospettive, perché no, anche culturali.
La storia è infatti un racconto di formazione dal quale entrambi i personaggi escono (un po’) cambiati, Bruno capace di accettare le avances di una donna anche se il suo desiderio primo è quello di “dormire abbracciato a qualcuno”, Luca capace di impegnarsi per qualcosa e soprattutto convinto che “può farcela” (a studiare) e che la cultura ha un senso, “serve a qualcosa” (e la scena dello spacciatore che si fa chiamare “Poeta” e che riconosce il suo insegnante di lettere nel momento in cui sta per picchiarlo commuovendosi alle lacrime e ammonendo i suoi di non “toccarlo”, se da un lato può sembrare assurda o un banale coup de théâtre è in realtà molto realistica, come sa chiunque insegni con amore la propria materia e si sia trovato ad aver a che fare con allievi o ex allievi in contesti diversi da quello scolastico).
Francesco Bruni, come si diceva alla sua prima prova da regista dopo aver scritto le sceneggiature di molti dei film di Virzì, di Calopresti e del Montalbano televisivo, tratteggia i due personaggi (un Bentivoglio perfettamente nel ruolo e la rivelazione Filippo Scicchitano, che aveva accompagnato un amico a fare il provino per il film e che sprizza simpatia, spontaneità e vitalità istintuale da tutti i pori) con mano sapiente e sta su di loro con la mdp in maniera incisiva ma discreta, come mostra la scena della comunicazione a Bruno dell’esistenza del figlio che non sapeva di avere. I toni non sono mai sopra le righe né sul piano della comicità né su quello del dramma: si ride e si sorride (dei personaggi e delle loro caratteristiche così vere quindi così “umane”) in questa commedia in cui leggerezza e densità si fondono, e che ha vinto meritatamente il premio Controcampo a Venezia.

 

Fonte: http://www.cineforum-fic.com/Schede_FIC_word/CINEFORUM_510/Scialla!.doc

Sito web da visitare: http://www.cineforum-fic.com/Schede_FIC_word

Autore del testo: Paola Brunetta

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