Parlare (in pubblico)

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Significato di Parlare (in pubblico)

 

Parlare (in pubblico)

Arte retorica. E’ di particolare importanza oggi essere in grado di esprimersi di fronte ad una platea in modo efficace e persuasivo. Ecco le domande di controllo ed una lista di suggerimenti per un efficace comunicazione ad un gruppo di persone: Il ritmo ed il flusso espositivo è regolato sulla capacità di ascolto dei presenti? (La media dell'ascolto è circa 140 parole/minuto) Quale impressione si riceve dal tono? E' amabile? Imperioso? Trasmette sicurezza? Indecisione? Si ha una sensazione di autorevolezza o di autoritarismo? Vi sono pause? Sono usate in modo congruente con il messaggio? Il timbro della voce è gradevole? Il volume è tale che tutti riescano a sentire? Le parole sono pronunciate in modo che tutte le sillabe siano perfettamente percepibili? Com'è la dizione? (E’ opportuno che non si capisca immediatamente la provenienza regionale). Le vocali sono strascicate? L'impressione generale è positiva in termini di chiarezza? Consequenzialità? Esemplificazioni? Completezza? Empatia? Il discorso in pubblico può essere suddiviso in tre fasi, com'è per un volo aereo: il decollo (che sembra, ma non è la fase più critica), il volo, l'atterraggio. La fase critica è proprio l'atterraggio, poiché un cattivo finale invalida tutto quanto detto prima. Cosa fare per tenere una relazione in pubblico in modo efficace. Nel decollo: conquistare l'attenzione, guardando in modo rilassato tutti negli occhi (se non si è abituati a farlo, le prime volte cercare quattro volti "benevoli" tra il pubblico, disposti ai quattro punti cardinali della sala: questo darà l'impressione che lo sguardo sia circolare. Poco dopo l'inizio, non guardare più le stesse persone, ma, a turno, tutti negli occhi.) Dire in modo chiaro di cosa si parlerà, esattamente come il titolo di un quotidiano dice in sintesi il contenuto dell'articolo: è la cosiddetta tecnica della "vetrina", nella quale deve essere esposto ciò che il negozio vende. Se si parla ad un microfono, questo deve posto essere all'altezza della bocca, ma un po' di lato, per evitare le labiali e i sibili delle esse, in una posizione costante. Se le mani creano imbarazzo, tenerle occupate a reggere una cartellina, utile a sua volta per contenere la "scaletta" del messaggio. Se si tratta di una comunicazione televisiva lo sguardo va verso l'obiettivo, ma è bene evitare, in caso di intervista, di parlare alla camera e non all'intervistatore. E' indispensabile controllare che il giornalista abbia curato di far posizionare la telecamera in modo che non dobbiate scegliere tra lui e la "camera". Basta che la telecamera sia alle spalle dell'intervistatore. Se vi sono più telecamere, parlare a quella con la luce rossa accesa. Si parla in piedi, sempre. Parlare seduti toglie enfasi e interesse: va fatto solo se è previsto dalle regole della struttura ospitante (studio tv con ospiti in "salotto" per un talk show). La maggior parte delle persone parla da seduta perché trova imbarazzante "esporsi" alzandosi in piedi, ma parlare in pubblico significa esporsi. Il messaggio che si manda parlando da seduti è: "Non mi sento all'altezza della situazione e vorrei essere quanto più possibile nascosto". E' una reazione umana, comprensibile, molto diffusa, ma da superare con l'allenamento. Se si è seduti ad un tavolo e ci si alza per parlare, è bene stare ben ritti e non appoggiare le palme (o le nocche dei pugni) sul piano del tavolo, con tutto il peso del corpo in avanti, come invece tutti fanno: è una posizione che trasmette insicurezza e precarietà. Se si parla ad un leggio, evitare di appoggiarvi entrambe le mani: lasciare una mano libera, per sottolineare il parlato. Evitare di giocherellare nervosamente con penne, accendini o anelli: se vi sentite più a vostro agio con una penna in mano, attenti a non "torturarla". Non mettere le braccia conserte: è un segno di chiusura, di auto-protezione, quindi segnala, anche se non intenzionalmente, ostilità e paura. Evitare le scuse inutili :"Scusate se salterò certi punti che ho deciso di non approfondire per mancanza di tempo...". Nessuno lo avrebbe saputo se l'oratore non lo avesse detto. Partire con un atto di scusa è un pessimo decollo: se già sapete che quanto farete non va bene, cercate di rimediare con i fatti, non con le scuse. Usare molti esempi, da predisporre e non da cercare sul momento. Rispettare i tempi: nessun oratore attendibile parla senza un orologio o un contaminuti. Se si colgono segni di stanchezza, concludere rapidamente il periodo e introdurre un cambiamento: passare ad un aneddoto, riportare una testimonianza, concludere con una battuta. Concludere un discorso è molto più difficile che iniziarlo ed è pericoloso chiudere male, poiché si rischia di rovinare anche uno splendido inizio. Si deve dare un segnale d’avviso dell’imminente conclusione.Durante l'esposizione la gestualità deve essere identica a quella che si ha quando non si è in pubblico, cioè la gestualità spontanea che ci è propria. Il miglior modello di riferimento infatti siamo noi stessi quando parliamo con rilassatezza. Il messaggio deve essere predisposto: predisporre non significa scrivere tutto il messaggio per poi leggerlo. E' bene non leggere mai, tranne nei casi di discorsi ufficiali la cui copia è già stata distribuita o nella citazione di articoli di legge, nella lettura di statuti o altri casi nei quali sia assolutamente indispensabile riportare fedelmente il testo. La lettura toglie spontaneità e riduce il grado di coinvolgimento. Questo per altro non significa improvvisare: il discorso va preparato grazie ad una "scaletta" in grado di ridurre l'ansia di sentirsi impreparati e di non aver stabilito l'ordine degli argomenti. La scaletta non deve essere confusa con gli appunti, che sono altra cosa. Deve essere visualizzata in modo grafico, con frecce, quadrati, rettangoli che separino le parole-chiave che la compongono e deve essere scritta a caratteri molto grandi, tali da poter essere "sbirciati" anche solo di sfuggita. E’ indispensabile saper gestire lo stress ("sindrome di adattamento") Lo stress, secondo Hans Selye, è di tue tipi: il Distress, che produce tensione e angoscia, e l'Eustress, che produce una carica energizzante. Per ridurre la negatività del distress nelle comunicazioni è bene "allentare" psicologicamente la tensione, cercando di capire cosa la procura. Chi è teso, nel parlare in pubblico, di solito è ansioso perché teme di non essere all'altezza, di fare brutta figura, di apparire impreparato, di essere mal giudicato. Si sente inadeguato. E' indispensabile conoscere bene l'argomento di cui si parlerà e soprattutto predisporre, come detto, una solida scaletta. Poi, è solo un problema di allenamento, soprattutto se si sa come allenarsi. Ecco alcune regole: Ricordarsi che gli altri sono molto più tolleranti con noi di quanto noi lo siamo con noi stessi riguardo al nostro stato di ansia. Agli altri non interessa molto se noi siamo o no sicuri, ansiosi o no, se faremo bella figura o no: a loro interessa solo sapere se siamo sinceri, attendibili e soprattutto utili a loro. La tensione blocca il respiro, che diventa veloce e poco profondo. E' necessario iniziare a regolarizzarlo grazie ad una maggior ventilazione polmonare per far affluire più sangue al cervello, respirando in modo profondo, inspirando aria dal naso, con un respiro ogni volta più ampio. La cosa più tranquillizzante è fare delle prove (almeno tre volte) correggendo le parti deboli.

 

Fonte: http://www.cognoassociati.it/studenti/decodi/decodi.pdf

Sito web da visitare: http://www.cognoassociati.it/

Autore del testo: ©Centrostudi Comunicazione Cogno & Associati

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