Corso base Servizi Sociali Croce Blu

Corso base Servizi Sociali Croce Blu

 

 

 

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Corso base Servizi Sociali Croce Blu

 

Comportamento Deontologico

a cura di Anna Bulgarelli 1 e Fausto Casini 2



1 Già Presidente della Croce Blu dal 1990 al 2004 e socia fondatrice nel 1981
2 Presidente Nazionale ANPAS

  • Comportamento Deontologico [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
apprendimento della nascita e della storia della Croce Blu e dell’ANPAS;
conoscenza degli Articoli presenti nello Statuto della Pubblica Assistenza di Modena e di quelli contenuti nel regolamento dell’A.V.P.A. Croce Blu fondamentali per il corretto comportamento del volontario all’interno dell’Associazione e nei confronti dell’utente; illustrazione delle diverse tipologie di servizi offerti dall’Associazione e delle entrate economiche sulle quali può fare affidamento.

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La storia della Croce Blu dal 1981 ad oggi:


Dicembre 1981

L’Associazione Volontari Pubblica Assistenza - Croce Blu di Modena si costituisce con atto notarile ed aderisce all’Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze A.N.P.AS.

Gennaio 1982

Viene organizzato il Primo Corso di Formazione per 40 Volontari attivi e nell’Aprile dello stesso anno inizia il servizio di trasporto malati con un’ambulanza dono delle 3 Banche locali. Le finalità della neonata Associazione sono l’Assistenza ed il Trasporto infermi, malati ed urgenze.

Aprile 1984

Il D.R. n°347 riconosce all’Associazione Personalità Giuridica e si firma la prima convenzione con l’U.S.L. per i trasferimenti e le urgenze

Settembre 1984

inaugurazione della ambulanza n. 4 prima ambulanza attrezzata per l’emergenza urgenza

1984

costituzione della Consulta del Volontariato di cui l'Associazione fa parte fin dai primi momenti

1985

Ampliamento della convenzione con l’U.S.L. per il trasporto dei disabili e  dei dializzati

1985

ristrutturazione dei locali dell’amministrazione comunale che diventeranno la nuova sede della Associazione in Via Giardini 481

Novembre 1990

iniziativa di promozione del volontariato modenese “Più ricchi dentro” in collaborazione con le Associazioni di Volontariato del Comune di Modena e la Consulta del Volontariato

1990 legge 241 e
142

Sulla trasparenza degli atti amministrativi Sull’ordinamento delle Autonomie Locali

1990

Attivazione del servizio di Telesoccorso per anziani autosufficienti soli

1990

Inizio attività della Centrale Operativa Modena Soccorso, per la gestione unica delle chiamate d’emergenza sanitaria

1991 LQ 266 e LQ
381

Legge Quadro sul Volontariato e sulla Cooperazione Sociale

1992

Firma di una nuova convenzione che regola non solo i rapporti economici ma anche la collaborazione in servizio; approvazione del nuovo Statuto in linea con lo Statuto proposto dall’ANPAS. e con la Legge Quadro n.266/91

1992

Decennale,  festeggiamenti che coinvolgono la città

1993

Con il D.R. n°353 del 25.03 si ha l’iscrizione all’Albo Regionale del Volontariato previsto dalla Legge Quadro sul Volontariato

gennaio 1993

Seminario Nazionale "I nuovi soggetti della politica"

maggio 1995

Seminario Nazionale “La dittatura della Notizia: quale rapporto fra informazione e società”

1995

Avvio sperimentale dei Centri Estivi per gli anziani nell’ambito dell’attività di assistenza e impegno sociale in aree di marginalità

1995

dicembre costituzione dell’Associazione servizi per il volontariato”, la Croce Blu è fra i soci fondatori

1996 LR  n. 37

Legge Regionale per i Centri di Servizio dell’Emilia Romagna



1996

Firma convenzione trasporto Dializzati con l’Amministrazione Comunale

1996

partecipazione alla costituzione dell’Associazione di Associazioni per la gestione del Centro di Servizi per il Volontariato della Provincia di Modena

Luglio 1996

Costituzione della Cooperativa Sociale Oltre il Blu

1996

Convenzione provinciale per l’emergenza sanitaria sul territorio modenese

Ottobre 1996

Inaugurazione degli uffici ricavati dalla ristrutturazione dei locali di fronte alla sede

Gennaio 1997

Anno 1 numero 1 del quadrimestrale “Energie Nuove” rivista di cultura e volontariato curata dalla Redazione della Croce Blu di Modena

Luglio 1997

inaugurazione del Centro di Servizio per il volontariato della Provincia di Modena presso la sala del Consiglio Comunale

1997

costituzione del Forum del Terzo Settore della Provincia di Modena

Agosto 1997

Avvio    del     “Progetto     dimissioni     centralizzare     dagli     ospedali”     in collaborazione con le Pubbliche Assistenze della Provincia di Modena

Settembre 1997

Terremoto Marche e Umbria. Le PPAA della Provincia di Modena hanno partecipato con la colonna provinciale della protezione civile fin dai primi momenti per i soccorsi. Sono state impegnate più di 1.000 giornate di volontariato di queste 340 giornate coperte interamente dalla Croce Blu di Modena

Novembre 1997

Decreto legislativo sulla disciplina Tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus)

Dicembre 1997

Avvio del Progetto Colibrì “Agenzia Unica per il Trasporto Disabili” in collaborazione con le Associazioni del territorio che si occupano dell’Handicap fisico e psichico (A.N.F.F.A.S., U.I.C., A.S.H.A.M., Ass. PARAPLEGICI   EMILIA   ROMAGNA,   U.I.L.D.M.)   e     l’Amministrazione
Comunale, con il Coordinamento della Cooperativa Sociale Oltre il Blu

1997

Partecipazione alla costituzione dell’Università del Terzo Settore di Pisa

1999

Firma delle Convenzioni tra PPAA della Provincia di Modena e Aziende Sanitarie per le attività di emergenza urgenza e trasporto sanitario

1999

Avvio della campagna per la raccolta fondi Progetto “Nonni al Centro” per la costruzione del Centro Diurno “La Noce”

Dicembre 1999

Giornata di Studio Internazionale “Il Turismo possibile, esperienze europee a confronto” – Progetto Horizon 1471/E2/H/R Creazione di un Ostello  aperto

2000

Avvio della costruzione del Centro Nonni “La Noce” con il contributo fondamentale della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e attraverso iniziative con Coop Estense nei supermercati e ipermercati modenesi; con il Centro Commerciale Il Pianeta (“Vola la solidarietà e La Befana viene e… aiuta i nonni”). Ed inoltre l’Asta della Solidarietà con gli esercenti del mercato dell’antiquariato; il Banchetto Popolare della Settimana Estense; le iniziative in centro storico, al mercato del lunedì e alla Fiera di S. Geminiano.
Alla realizzazione del Centro hanno contribuito anche Istituti di Credito, Aziende e Famiglie modenesi.

2000

inizia l’attività della Segreteria provinciale per la Formazione, sostenuta dalla Croce Blu di Modena, prevista nella Convenzione Provinciale firmata dalle PPAA della provincia e le Aziende Sanitarie modenesi

2000

Si conclude il progetto “Ostello aperto”, finanziato dal FSE, in  collaborazione con l’IPAB S. Filippo Neri, Comune e Provincia di Modena, Coop Sociale “Oltre il Blu”, A.N.P.AS. e Università del Terzo Settore di Pisa

Novembre 2000

Legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

2001

Inaugurazione della sede di Madonnina della Croce Blu di Modena

2002

Inaugurazione del Blu Net Garage presso la sede di Madonnina: spazio   di



 

consultazione Internet e di accoglienza per i giovani dai 12 ai 18 anni

Aprile 2002

Meeting Nazionale ANPAS organizzato a Modena in occasione dei festeggiamenti per il Ventennale dell’Associazione

Ottobre 2002

Iniziati i lavori di ristrutturazione del 2° piano della sede e del sottotetto

Novembre 2002

Convegno “Nonni al Centro, il ruolo del volontariato nella rete dei servizi per gli anziani”

Dicembre 2002

Celebrazione dei 20 anni di attività con la premiazione dei volontari che hanno svolto 20 – 15 – 10 – 5 anni di servizio, presso la Sala Consigliare alla presenza del Sindaco e di Assessori, funzionari delle Aziende Sanitarie modenesi.  Santa Messa in Duomo.

2003

Progetto di prevenzione per i Disturbi del Comportamento alimentare: serate di informazione e sportello informativo presso l’ambulatorio del Centro la Noce

Aprile 2003

Apertura del Centro La Noce. Centro diurno d’accoglienza per anziani autosufficienti

 

Chi siamo?
Alcuni dati aggiornati a Novembre 2005

520

Volontari attivi che effettuano servizio sui mezzi e all’interno dell’Associazione

3.059

Servizi di emergenza-urgenza sul territorio modenese nel 2004

400

Ore di formazione all’anno su 4 diversi livelli di corsi (base e avanzato)

329

Volontari all’anno coinvolti in programmi di formazione nel 2004

207

Obiettori di coscienza che, dal 1985 al giugno 2005 (data in cui è terminata la leva obbligatoria), hanno prestato servizio presso la Croce Blu di Modena

23

Ragazze che hanno preso parte dal dicembre 2002 fino ad oggi al progetto del Servizio Civile Volontario

5

Ragazzi che hanno preso parte dal settembre 2005 fino ad oggi al progetto del Servizio Civile Volontario

10

Ragazzi e ragazze che hanno iniziato a settembre 2005 il Servizio Civile Volontario

12

Anziani ospitati ogni giorno presso il Centro Diurno “La Noce”

2.500

Soci Contribuenti iscritti di cui 743 in regola con la quota del 2004

36

Veicoli per il servizio di cui 8 ambulanze, 19 pulmini e 9 autovetture

100.000

Ore di volontariato all’anno (2004)

79.591

Servizi all’anno totali (2004)

485

Servizi di assistenza a manifestazioni sportive (2004)

4.446

Servizi interospedalieri (2004)

978

Consegne pasti a domicilio ad anziani e persone in difficoltà (2004)

230

Consegne farmaci a domicilio (2004)

682.507

Km all’anno totali (2004)

 

Protezione Civile: Interventi per Alluvione di Sarno, Terremoto dell’Umbria e del Molise, Campi Profughi in Albania, Progetto Chernobyl, Giubileo dei giovani e della Protezione Civile, Progetti sanitari rivolti ai bambini della Ex Jugoslavia, Assistenza ai pellegrini a Roma in occasione della morte di Giovanni Paolo II°.


Le ‘ENTRATE’ dell'Associazione

    • da soci contribuenti tramite il versamento di una quota sociale annua;
    • da donazioni private;
    • da offerte (in genere cittadini-utenti che hanno ricevuto un servizio);
    • rimborso da convenzioni con l'Azienda U.S.L. o Policlinico e l'Amministrazione Comunale.

 

Da qualche anno, pur continuando nella gestione del nostro impegno primario legato al trasporto sanitario e alla mobilità delle persone disabili, abbiamo avviato una riflessione sul nostro ruolo e la nostra presenza in città.
Le tesi che si confrontano sono essenzialmente due: la prima vuole il Volontariato, e quindi l'Associazione, un soggetto fortemente impegnato nella difesa dei diritti dei più deboli e in grado di esprimere contributi importanti mirati a costruire una società più giusta e solidale; la seconda vuole un Volontariato che si occupi esclusivamente di organizzare ed erogare servizi, senza entrare nel merito, ma semplicemente fornendo una risposta, a basso costo, alle richieste di servizi sul territorio.
Noi riteniamo che il confronto e il dialogo su questo argomento siano estremamente utili ed importanti e debbano continuare, pur ritenendo la prima tesi quella che meglio interpreta la volontà delle Associazioni del Volontariato laico e cattolico, locale e nazionale, che da anni si esprimono in questo senso sollecitando una maggiore partecipazione "politica" del Volontariato.
Pertanto l'obiettivo che ci siamo dati è diffondere la cultura della partecipazione e della soggettività politica individuale dei Volontari e dell'Associazione. Parlare di politica non è costituire un partito ma fare in modo che ognuno di noi assuma quella parte di impegno che gli spetta per far rispettare i propri diritti e quelli delle persone più deboli, impegnandosi contemporaneamente affinché Istituzioni, Organizzazioni, Imprese e Privati Cittadini facciano la loro parte senza furberie  e soprusi. In altre parole, l'impegno dell'Associazione è contribuire alla promozione e alla diffusione della cultura di responsabilità di ogni individuo; questo anche attraverso piccoli gesti quotidiani, nel rispetto della persona, che sono alla base dell'attività svolta dal Volontario nell'Associazione. Di seguito sono stati inseriti lo Statuto e il Regolamento dell'Associazione e la Legge 266 del 1991 istitutiva del Volontariato.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PUBBLICHE ASSISTENZE (A.N.P.AS.)
Le Pubbliche Assistenze nascono a partire dal 1860 come laiche e libere Associazioni di volontariato, sotto una grande molteplicità di nomi: Croce Verde, Croce Bianca, Croce D'Oro, Società di Salvamento, Fratellanza Militare, Fratellanza Popolare. Dalla Sicilia al Piemonte, unanimi nel loro impegno, le Pubbliche Assistenze non fanno distinzioni di servizio per nobili o poveri, servono chiunque
esprima un bisogno, non pongono condizioni all'aiuto prestato, e sono aperte a chiunque voglia prendervi parte.
Sarà il fascismo a bloccare la crescita del movimento: il regime non poteva far continuare a vivere una realtà che per sua stessa natura ne rappresentava l'antitesi, in quanto portatrice di valori quali la solidarietà, la condivisione, il servizio disinteressato. Non è un caso infatti, se nel 1930, con il Regio Decreto n.84 del 12 febbraio, Vittorio Emanuele III deciderà di trasferire alla Croce Rossa Italiana tutte le competenze relative al soccorso e scioglierà tutte le associazioni prive di riconoscimenti giuridici.
Lasciato alle spalle l'orrore bellico il movimento si ricompone spontaneamente e nel 1946 a Milano si tiene il primo congresso nazionale del dopoguerra. I 20-25 anni che seguono sono caratterizzati da una crescita complessivamente lenta, ma costante. Sarà negli anni '70 che, con l'avviarsi dei grandi processi di riforma e con il dibattito ad essi legato, si apre il confronto tra posizioni molteplici ed eterogenee all'interno del movimento.
Un processo di rinnovamento che ha il suo culmine con il congresso di Sarzana del 1978: ne esce una Federazione Nazionale profondamente rinnovata sia nell' immagine che nelle proposte. Su questa strada, le Pubbliche Assistenze, nel corso degli anni, si profilano sempre più come un


autorevole interlocutore nel mondo del volontariato moderno e dell'associazionismo, nei confronti delle forze politiche e sociali. Contemporaneamente si moltiplicano e si intensificano le attività e le iniziative dell'organizzazione, sia nel suo insieme che nel particolare delle singole associazioni. Un'ulteriore e decisiva svolta è rappresentata nel 1987 dal congresso nazionale di Lerici: viene elaborato un nuovo statuto nazionale che, innanzitutto modifica la denominazione stessa della Federazione. Nasce così l' A.N.P.AS., Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze.
Il cambiamento, oltre che d'immagine, è l'espressione di un'evoluzione che mira al rafforzamento  di una concezione unitaria di un grande movimento di volontariato e di solidarietà, assai diversificato storicamente, culturalmente e geograficamente, cui aderiscono oltre un milione di persone. Tale rinnovamento è accompagnato da una straordinaria crescita e maturazione associativa, che porta l'A.N.P.AS. alla sua attuale estensione con l'impegno anche in grandi progetti di solidarietà internazionale, tra cui i progetti in Bielorussia (Hel for Chernobyl Children), in ex-Jugoslavia, in Bulgaria e nel Saharawi; i grandi interventi di protezione civile.

1860: le prime associazioni di Pubblica Assistenza si costituiscono come laiche e libere Associazioni di Volontariato. Finalità: Dare risposte ai bisogni della gente più povera e in difficoltà. 1904: Si costituisce la "Federazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze".
1911: REGIO DECRETO n° 638: la Federazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze viene riconosciuta ENTE MORALE.
1930: un REGIO DECRETO scioglie le Pubbliche Assistenze trasferendo beni e competenze. 1946: I° Congresso Nazionale del dopoguerra.
1978: viene organizzato un importante Congresso in cui vengono discusse e ampliate le aree di interesse e di intervento.
1987: si trasforma da Federazione in Associazione Nazionale Pubblica Assistenza; questo evento conferisce maggiore dimensione ed unitarietà nazionale al movimento pur nella sua diversificazione storica.

Attualmente le Pubbliche Assistenze che operano sul territorio nazionale sono 821, con 100.000 volontari, 3.200 obiettori di coscienza, 1.300 volontari in servizio civile e 700.000 soci aderenti. Mettono a disposizione ogni giorno: 2.700 ambulanze, 200 auto-mediche e 500 mezzi di protezione civile.

I settori di Attività dell'Anpas:
Le PP.AA. operano nelle seguenti regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli V.G.,Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.

  • Impegno sociale ed assistenza in diverse aree della marginalità: portatori di handicap, anziani, carcerati, tossicodipendenze, AIDS, immigrati ed extracomunitari.
  • Attività internazionali: accoglienza, aiuti e assistenza socio-sanitaria (ex- Jugoslavia, Chernobyl, Bulgaria, Saharawi).
  • Emergenza "118".
  • Pronto Soccorso: trasporto ammalati e feriti.
  • Guardia medica.
  • Servizi ambulatoriali.
  • Donazione del sangue.
  • Obiezione di coscienza: convenzione nazionale con l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile per l'impiego di obiettori di coscienza nelle Pubbliche Assistenze.
  • Servizio Civile Nazionale: accreditata quale ente di servizio civile per l'impiego di Volontari e Volontarie in Servizio Civile nelle Pubbliche Assistenze.
  • Protezione Civile, difesa ambientale ed antincendio.
  • Corsi di formazione per volontari e cittadini.

Statuto della Pubblica Assistenza di Modena
COSTITUZIONE

Art. 1) - E' costituita con sede in Modena una Associazione di Pubblica Assistenza denominata "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A.".
Art. 2) - La Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." è un momento di aggregazione dei cittadini che, attraverso la partecipazione diretta, intendono contribuire alla vita e allo sviluppo della collettività.
Per questa ragione, i propri principi ispiratori sono quelli del movimento del volontariato organizzato nella Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze alla quale aderisce, nonché quelli previsti dalla legge dell'11.8.91 n.266.
Art. 3) - La Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." è aconfessionale e apartitica, fonda la propria struttura associativa sui principi della democrazia e non persegue alcun fine di lucro.
Art. 4) - La Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." informa il proprio impegno a scopi ed obbiettivi di rinnovamento civile, sociale e culturale nel perseguimento e nell'affermazione dei valori della solidarietà popolare.
Pertanto i suoi fini sono:

  • aggregare i cittadini sui problemi della vita civile, sociale e culturale;
  • ricercare il soddisfacimento dei bisogni collettivi ed individuali attraverso i valori della solidarietà; c- contribuire all'affermazione dei principi della solidarietà popolare dei progetti di sviluppo civile e sociale della collettività;
  • contribuire all'affermazione dei principi della mutualità;
  • favorire lo sviluppo della collettività attraverso la partecipazione attiva dei suoi soci;
  • collaborare, anche attraverso l'esperienza gestionale, alla crescita culturale dei singoli e della collettività;
  • favorire e/o collaborare a forme partecipative di intervento socio sanitario, sull'ambiente, sull'handicap e ad altre iniziative dirette comunque alla messa in atto di sperimentazioni innovatrici; h- collaborare con enti pubblici e privati e con altre Associazioni di volontariato per il perseguimento dei fini e degli obiettivi previsti dal presente Statuto nel rispetto delle reciproche autonomie, esperienze e ruoli.

Art. 5) - L'Associazione si impegna, sulla base delle proprie disponibilità organizzative, a:
a- organizzare il soccorso e trasporto di ammalati e feriti mediante ambulanze ed altri mezzi idonei; b- organizzare servizi di assistenza medica e ambulatoriale direttamente o in collaborazione con le strutture pubbliche;

  • promuovere la raccolta del sangue e la donazione di organi;
  • promuovere iniziative di formazione e informazione sanitaria e di prevenzione della salute nei suoi vari aspetti sanitari e sociali;
  • organizzare iniziative di protezione civile e di tutela dell'ambiente;
  • promuovere iniziative di carattere culturale, sportivo e ricreativo atte a favorire una migliore qualità della vita;
  • organizzare la formazione del volontariato in collaborazione anche con i progetti dell'A.N.P.AS.; h- promuovere ed organizzare incontri per favorire la partecipazione dei cittadini allo studio dei bisogni emergenti e alla programmazione del loro soddisfacimento;

i- organizzare forme di intervento istitutivo di servizi conseguenti al precedente punto "a";

  • promuovere ed organizzare la solidarietà sui problemi della solitudine e del dolore, istituendo anche specifici servizi;
  • organizzare servizi sociali e assistenziali, anche domiciliari, per il sostegno a cittadini anziani, handicappati e, comunque, in condizioni anche temporanee di difficoltà;
  • organizzare momenti di studio ed iniziative di informazione in attuazione dei fini del presente Statuto anche mediante pubblicazioni periodiche;
  • organizzare i servizi di mutualità.

Art. 6) - La Pubblica Assistenza"Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." fonda le proprie attività sull'impegno volontario e gratuito dei propri aderenti. Può assumere personale


dipendente o avvalersi di lavoro autonomo, ai sensi e nei limiti fissati dalla Legge dell'11.8.91 n. 266, esclusivamente per il suo regolare funzionamento oppure per qualificare o specializzare le attività da essa svolte.

SOCI

Art. 7) - Il numero dei Soci è illimitato. Essi si suddividono in:
a- Soci attivi, qualora prestino l'opera personale in modo gratuito e continuativo; b- Soci contribuenti ordinari e sostenitori, qualora versino una quota annuale;
c- Soci benemeriti, per particolari interventi o donazioni in favore dell'Associazione di Soci onorari per meriti associativi.
Il regolamento al presente Statuto preciserà le norme e le modalità supplementari per la definizione e l'ammissione dei Soci.
Art. 8) - Possono essere ammessi come Soci tutti coloro che abbiano compiuto il 18° anno di età o, se minori, siano rappresentati a norma di legge.
Nella domanda di ammissione, controfirmata da un Socio, deve essere indicato a quale delle categorie di soci si intende appartenere.
Ogni Socio può passare, in seguito a sua domanda, da una categoria all'altra. La delibera definitiva spetta al Consiglio Direttivo su indicazione della Giunta Esecutiva la quale a sua volta può proporre tali passaggi.
Art. 9) - I diritti dei soci sono:

  • partecipare alla vita associativa nei modi previsti dal presente Statuto e dai Regolamenti da esso derivanti;
  • eleggere le cariche sociali ed esservi eletti, salvo i limiti dettati dal regolamento;
  • chiedere la convocazione dell'Assemblea nei termini previsti dal presente Statuto;
  • formulare proposte agli organi di dirigenti nell'ambito dei programmi dell'associazione e in riferimento ai fini dei vari obiettivi previsti nel presente Statuto.

Art. 10) - I doveri dei soci sono:

  • rispettare le norme del presente Statuto ed i deliberati degli organi associativi; b- non compiere atti che danneggino gli interessi e l'immagine dell'Associazione.

Art. 11) - Non possono essere soci coloro che svolgono in proprio le stesse attività svolte dalla Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A.", coloro che intrattengono con essa rapporti di lavoro sotto qualsiasi forma e che abbiano, con la stessa, rapporti di contenuto patrimoniale.
Art. 12) - La qualità di socio si perde: a- per morosità;

  • per decadenza; c- per esclusione.

Perdono la qualità di socio contribuente, per morosità, coloro che, entro il termine fissato dall'Assemblea non hanno rinnovato la sottoscrizione della quota associativa nei limiti deliberati dall'Assemblea stessa.
Perdono la qualità di socio per decadenza coloro che vengono a trovarsi nelle condizioni di cui al precedente Art.11 oppure i soci attivi che non svolgono i servizi secondo le norme del Regolamento.
Perdono la qualità di socio per esclusione coloro che per gravi inadempienze nei confronti del presente Statuto, rendono incompatibile il mantenimento del loro rapporto con l'Associazione. Art. 13) - Il Socio sottoposto ai provvedimenti, deve essere preventivamente informato ed invitato ad esporre le proprie ragioni difensive.
Contro i provvedimenti di cui al precedente comma, il Socio può ricorrere entro un mese dalla notifica.
I provvedimenti di cui al precedente articolo 12, lettera b) e c), sono esecutivi dal momento della notifica.

PATRIMONIO E FINANZE


Art. 14) - L'esercizio finanziario della Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." comincia il primo di gennaio e termina il 31 dicembre di ogni anno.
Le entrate della Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." sono costituite:
a- dalle quote degli aderenti; b- da contributi di privati;
c- da rimborsi derivanti da convenzioni; d- da contributi di enti pubblici o privati;
e- da entrate che a qualsiasi titolo e secondo i limiti di cui all'Art. 5 della Legge 11.8.91 n. 266, pervengano all'Associazione per essere impiegate nel perseguimento delle proprie finalità o specificatamente destinate all'attuazione di progetti.
Art. 15) - Il patrimonio della Pubblica Assistenza "Associazione Volontari Pubblica Assistenza - A.V.P.A." è costituito:
a- da beni mobili ed immobili; b- da titoli pubblici e privati;
c- da lasciti, legati e donazioni purchè accettati dal Consiglio Direttivo. GLI ORGANI ASSOCIATIVI
Art. 16) - Gli organi della Associazione sono: a- l'Assemblea dei Soci;
b- il Consiglio Direttivo; c- il Presidente;
d- la Giunta Esecutiva; e- il Direttore Sanitario;
f- il Collegio dei sindaci Revisori; g- il Collegio dei Probiviri.

L'ASSEMBLEA

Art. 17) - L'Assemblea dei Soci si riunisce di norma una volta all'anno entro il 31 marzo per l'approvazione del bilancio e per gli altri adempimenti di propria competenza.
Si riunisce altresì ogniqualvolta il Consiglio Direttivo lo ritenga opportuno o ne sia fatta richiesta da almeno un decimo dei soci regolarmente iscritti da non meno di 6 mesi.
Può essere comunque convocata, anche a scopo consultivo, per periodiche verifiche sull'attuazione dei programmi ed in occasione di importanti iniziative che interessino lo sviluppo associativo e del volontariato.
Delle riunioni dell'Assemblea deve essere redatto, a cura del Segretario e sotto la responsabilità del Presidente della stessa, un verbale da trascrivere in apposito "libro verbali" dell'Assemblea. Le riunioni dell'Assemblea sono valide in prima convocazione quando è presente la metà più uno degli aventi diritto e in seconda convocazione qualunque sia il numero dei presenti. Fra la prima e la seconda convocazione deve trascorrere un intervallo di almeno un'ora.
Art. 18) - L'Assemblea adotta le proprie deliberazioni con voto palese. Adotta il metodo del voto segreto quando si tratti di elezione alle cariche sociali o quando la deliberazione riguarda le singole persone.
Risultano approvate quelle deliberazioni che raccolgono la maggioranza relativa dei consensi.
Nel caso di modifiche allo Statuto sociale risultano approvate le proposte che abbiano ottenuto la maggioranza dei consensi, purchè siano presenti alla riunione la metà più uno degli aventi diritto al voto.
Qualora non sussistano le condizioni di cui al comma precedente, sono approvate quelle proposte che ottengono il consenso di almeno i quattro quinti dei presenti, qualunque ne sia il numero.
Qualora nel voto a scrutinio segreto le proposte ottengano la parità dei consensi, queste si intendono respinte.
Nelle elezioni delle cariche sociali qualora due o più candidati ottengano la parità dei consensi, risultano eletti fino alla concorrenza dei posti disponibili, il più anziano di servizio per quanto riguarda i soci attivi e per anzianità di iscrizione all'Associazione per quanto riguarda i Soci


contribuenti.
Art. 19) - L'Assemblea dei Soci è convocata dal Presidente dell'Associazione con avviso da affiggere nella sede sociale e da divulgare con tutti i mezzi informativi di cui può disporre l'Associazione.
L'avviso di convocazione, che deve contenere gli argomenti all'ordine del giorno, la data, il luogo e l'ora della riunione stabiliti per la prima e seconda convocazione, è diffuso almeno dieci giorni prima di quello fissato per la riunione.
Partecipano all'Assemblea i Soci che si possano ritenere tali in funzione del presente Statuto e dei regolamenti.
Le riunioni dell'Assemblea dei Soci possono anche divenire pubbliche qualora all'ordine del giorno siano previsti argomenti di carattere collettivo e di interesse generale.
E' tuttavia facoltà del Presidente dell'Assemblea consentire ai non Soci di prendere la parola.
Art. 20) - In apertura dei propri lavori, l'Assemblea elegge un Presidente e un Segretario. Nomina quindi due scrutatori per le votazioni palesi e, ove occorra, almeno tre scrutatori per le votazioni segrete.
Art. 21) - I compiti dell'Assemblea sono:

  • approvare il bilancio consuntivo chiuso al 31/12 dell'anno precedente e approvare il bilancio preventivo;
  • approvare la relazione del Consiglio Direttivo;
  • approvare e modificare l'ammontare delle quote associative e determinare il termine ultimo per il loro versamento;
  • approvare le linee programmatiche dell'Associazione;
  • approvare e modificare i regolamenti di funzionamento dei servizi dell'Associazione uniformandoli alla natura partecipativa della stessa;
  • approvare e modificare il regolamento generale dell'Associazione uniformandolo alla natura partecipativa della stessa;
  • eleggere il Consiglio Direttivo scegliendo i componenti fra gli aderenti all'Associazione; h- eleggere il Collegio dei Sindaci Revisori;

i- eleggere il Collegio dei Probiviri;

  • approvare le modifiche dello Statuto;
  • deliberare su tutti gli argomenti sottoposti alla sua approvazione. IL CONSIGLIO DIRETTIVO

Art. 22) - Il Consiglio Direttivo è formato da quindici componenti. Dura in carica tre anni ed i suoi membri sono rieleggibili.
Il Consiglio Direttivo si riunisce quando il Presidente lo ritiene opportuno o ne sia fatta richiesta da almeno un terzo dei suoi componenti. Le riunioni del Consiglio Direttivo sono convocate dal Presidente.
Il Consiglio Direttivo delibera con votazione segreta quando ciò sia richiesto da almeno un terzo dei consiglieri presenti. Tali votazioni sono controllate dal Presidente e da due scrutatori nominati dal Consiglio stesso.
L'avviso di convocazione, che deve contenere gli argomenti all'ordine del giorno, l'ora, la data e il luogo della riunione, deve essere esposto nei locali della sede sociale.
Delle riunioni del Consiglio Direttivo viene redatto un verbale a cura del Segretario e sotto la responsabilità del Presidente, da trascrivere in apposito "libro verbali" del Consiglio Direttivo. Art. 23) - I compiti del Consiglio Direttivo sono:

  • predisporre le proposte da presentare all'Assemblea per gli adempimenti di cui al precedente articolo 21;
  • eseguire i deliberati dell'Assemblea;
  • adottare tutti i provvedimenti necessari alla gestione dell'Associazione;
  • stipulare contratti, convenzioni, accordi nel perseguimento degli obiettivi associativi;
  • aderire ad organizzazioni locali di volontariato in attuazione dei fini e degli obiettivi del presente Statuto;
  • adottare i provvedimenti di cui al precedente articolo 12;
  • assumere, in caso di necessità, il personale dipendente o stabilire forme di rapporto di lavoro

autonomo nei limiti del presente statuto e della legge 11.8.91 n.266.;

  • assumersi tutti gli altri poteri amministrativi e direttivi dell'Associazione, salvo quelli attribuiti, dal presente Statuto, all'Assemblea, alla Giunta Esecutiva e al Presidente.

Art. 24) - Le riunioni del Consiglio Direttivo sono valide quando ad esse partecipi la metà più uno dei componenti.
Il Consiglio Direttivo approva le proprie deliberazioni con il metodo del voto palese, salvo quando si tratti di votazioni riguardanti le singole persone o di elezioni alle cariche sociali. Per la validità delle deliberazioni valgono le stesse norme stabilite per l'Assemblea dei Soci.
Art. 25) - Il Consiglio Direttivo nella sua prima riunione, dopo l'elezione da parte dell'Assemblea, elegge, al proprio interno, il presidente, il Vicepresidente, che sostituisce il Presidente nelle sue funzioni in caso di assenza o di impedimento, la Giunta Esecutiva e nomina il Direttore Sanitario. Art. 26) - Qualora il Consiglio Direttivo per vacanza comunque determinata, debba procedere alla sostituzione di uno o più dei propri componenti, seguirà l'ordine decrescente della graduatoria dei non eletti.
Nel caso che non disponga di tale graduatoria o che questa sia esaurita, procederà alla cooptazione salvo ratifica da parte dell'Assemblea alla sua prima riunione.
La vacanza comunque determinata dalla metà più uno dei componenti il Consiglio direttivo comporta la decadenza del medesimo.
La decadenza del Consiglio comporta anche quella del Collegio dei Revisori e del Collegio dei Probiviri. Nel caso di decadenza degli organi associativi, il Presidente dell'Associazione provvede immediatamente alla convocazione dell'Assemblea per la rielezione degli organi medesimi.
IL PRESIDENTE

Art. 27) - Il Presidente ha la legale rappresentanza dell'Associazione, può stare in giudizio per la tutela degli interessi morali e materiali dell'Associazione, può nominare avvocati e procuratori nelle liti attive e passive.
Il Presidente sottoscrive tutti gli atti e contratti stipulati dall'Associazione e riscuote, nell'interesse dell'ente, somme da terzi rilasciando liberatoria quietanza.
Il Presidente, se autorizzato, può delegare in parte o interamente i propri poteri al Vicepresidente o ad un altro componenete del Consiglio stesso.

LA GIUNTA ESECUTIVA

Art. 28) - La Giunta Esecutiva disimpegna gli ordinari affari amministrativi, sorveglia l'andamento di tutti i servizi sociali, esaminando le domande di ammissione e dimissione dei Soci, di ciò informa il Consiglio Direttivo che delibera in merito.
In caso di urgenza può deliberare con i poteri del Consiglio Direttivo, salvo ratifica del Consiglio stesso.
La Giunta Esecutiva è formata da sette componenti compreso il Presidente e il Vice Presidente. Art. 29) - La Giunta Esecutiva può essere convocata dal Presidente anche con un solo giorno di preavviso e la riunione è ritenuta valida quando intervengano almeno quattro dei suoi componenti. La Giunta delibera a maggioranza semplice dei presenti mediante voto palese.

IL DIRETTORE SANITARIO

Art. 30) - Il Direttore Sanitario ha l'obbligo di sovrintendere alla formazione dei volontari ed al disimpegno dei servizi di soccorso e d'urgenza e a tutto quanto concerne la gestione sanitaria dell'Associazione.

IL COLLEGIO DEI SINDACI REVISORI DEI CONTI

Art. 31) - Il Collegio dei Sindaci Revisori dei Conti è composto da tre membri effettivi e da due supplenti, dura in carica due anni e i suoi componenti, che possono essere scelti fra i non Soci, sono rieleggibili.
Nella prima riunione dopo la nomina da parte dell'Assemblea, il Collegio dei Revisori dei Conti, elegge al suo interno il Presidente.


Art. 32) - Il Collegio dei Sindaci Revisori dei Conti, almeno trimestralmente, verifica la regolare tenuta delle scritture contabili e lo stato di cassa dell'Associazione.
Verifica altresì il Bilancio Consuntivo, predisposto dal Consiglio Direttivo. IL COLLEGIO DEI PROBIVIRI
Art. 33) - Il Collegio dei Probiviri è composto da tre membri effettivi e da due supplenti, dura in carica due anni e i suoi componenti, che possono essere scelti fra i non soci, sono rieleggibili. Nella prima riunione, dopo la nomina da parte dell'Assemblea, il Collegio dei Probiviri elegge al suo interno il Presidente.
Art. 34) - Il Collegio dei Probiviri, con giudizio insindacabile, delibera sui ricorsi presentati dai Soci contro i provvedimenti adottati dal Consiglio Direttivo ai sensi del precedente articolo 12.
Delibera altresì sulle controversie fra Soci e Consiglio Direttivo e tra singoli componenti del Consiglio e il Consiglio stesso. Delle proprie riunioni il Collegio dei Probiviri redige un verbale da annotare su apposito libro.
Le decisioni del Collegio dei Probiviri sono comunicate agli interessati a cura del Presidente dell'Associazione.

 

REGOLAMENTI

Art. 35) - Qualora per decisione dell'Assemblea vengono istituite una o più Sezioni, le stesse dovranno essere dotate di regolamenti organizzativi e di funzionamento che siano conformi ai criteri partecipativi di questo Statuto.
Art. 36) - I regolamenti associativi determinano le forme di partecipazione consultive alle riunioni del Consiglio Direttivo.
E' comunque incompatibile l'appartenenza al Consiglio Direttivo per quanti abbiano rapporti di lavoro di qualsiasi natura con l'Associazione.
Le cariche sociali sono gratuite salvo il rimborso di spese effettivamente sostenute e documentate. Art. 37) - I regolamenti da sottoporre all'Assemblea ordinaria detteranno norme specifiche per l'attuazione del presente Statuto. Tali norme saranno vincolanti per tutta l'Associazione.

SCIOGLIMENTO

Art. 38) - In caso di scioglimento il patrimonio dell'Associazione sarà affidato ad un curatore, individuato dal Consiglio Direttivo, che, in accordo con la Consulta Comunale del Volontariato, lo destinerà ad iniziative analoghe e rispondenti alla legge 11.8.91 n.266 da organizzare sul territorio in cui l'Associazione stessa era ubicata.

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 39) - Per quanto non previsto dal presente Statuto valgono le norme dei regolamenti da esso derivanti o quanto stabiliscono le leggi dello Stato in materia ed in particolare la Legge 11.8.91 n. 266.

 

REGOLAMENTO dell’A.V.P.A. CROCE BLU di Modena

ART. 1            CONOSCENZA DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO
E’ preciso dovere d’ogni socio conoscere tutti gli articoli del presente REGOLAMENTO e gli articoli dello STATUTO dell’Associazione.


La mancata conoscenza dello Statuto e del Regolamento non giustifica un’eventuale mancanza o inadempienza.

ART. 2            SOCI (art. 5 statuto)
I Soci che intendono aderire alla Croce Blu di Modena a seconda del loro modo di partecipare, saranno suddivisi nelle seguenti categorie:

  • SOCI ATTIVI;

 

  • SOCI ORDINARI;
  • SOCI SOSTENITORI;
  • SOCI BENEMERITI. SOCI ATTIVI:

Sono coloro che, accettati a seguito di domanda scritta sull’apposito modulo, s’impegnano volontariamente e spontaneamente, senza pretesa di compenso, per la prestazione della propria opera per gli scopi dell’Associazione in conformità al presente Regolamento.

 

SOCI CONTRIBUENTI:
Sono coloro che, accettati a seguito di domanda scritta nell’apposito modulo, versano una quota associativa deliberata dal Consiglio Direttivo:

GIOVANI ASSOCIATI......€. 10, 00 (0 - 16 anni); ORDINARI..…...................€. 20,00    (da 16 anni in poi);
SOSTENITORI...................€. 30,00    (da 16 anni in poi);
BENEMERITI per donazioni una tantum di particolare importanza.

 

ART. 2 BIS     GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE PRESSO L’ASSOCIAZIONE
L’Associazione è Ente di servizio civile e pertanto riconosce nella presenza dei giovani che stanno svolgendo il servizio civile alternativo a quello militare, ai giovani del Servizio Volontario Europeo o altre forme di servizio civile legalmente riconosciute all’interno delle attività associative un’opportunità di crescita e d’approfondimento dei valori espressi negli obiettivi statutari.
I giovani che prestano il loro servizio civile presso l’Associazione, pur non acquisendo la qualifica di Socio di cui all’art. 2, possono presenziare come uditori a tutte le assemblee generali di cui all’art. 17 dello statuto e alle sedute del consiglio direttivo di cui all’art. 22 dello statuto.
All’interno dell’orario di servizio dei suddetti giovani sono previsti momenti di riunione convocati dal responsabile del servizio civile.
Il consiglio direttivo dovrà preventivamente consultare le riunioni dei giovani in servizio civile ogni qualvolta si decida di mettere in discussione argomenti riguardanti la gestione del servizio civile all’interno dell’Associazione e riguardanti le tematiche attinenti con il servizio stesso.
Il gruppo dei giovani in servizio civile ha la facoltà di eleggere un proprio rappresentante che partecipi senza diritto di voto in orario di servizio alle riunioni del Consiglio Direttivo; detto rappresentante rimarrà in carica 4 mesi.
Nel caso che un socio dell’Associazione sia assegnato in servizio civile presso la medesima egli sarà sospeso temporaneamente fino alla fine del suo servizio dalla sua qualifica Associativa e pertanto vedrà sospesa in quel periodo ogni possibilità di partecipazione, fatto salvo quanto disposto dal presente articolo agli organi associativi di cui all’art. 16 dello statuto.

ART. 3            NORME D’IDONEITÀ’ E AMMISSIONE PER I SOCI ATTIVI
Per essere ammessi a far parte dell’Associazione come soci attivi, i richiedenti, oltre a quanto disposto dallo Statuto, devono essere in possesso dei seguenti requisiti:


  • avere compiuto il sedicesimo anno d’età. Per i giovani dai sedici ai diciotto anni occorre l’autorizzazione firmata dai genitori, o di chi ne esercita la patria potestà, in calce alla domanda.
  • possedere attitudini e requisiti morali nonché fisici per l’espletamento del servizio dichiarati sotto la propria responsabilità e valutati dalla Giunta Esecutiva (art.32 dello Statuto).

I soci attivi si impegnano volontariamente e spontaneamente, senza pretesa di compenso alcuno, all’osservanza di tutte le norme del presente regolamento ed a quelle emanate per il buon andamento del servizio e per il decoro dell’Associazione.
Si impegnano altresì ad eseguire i servizi che sono loro richiesti, con disciplina e correttezza e, in particolare, ad osservare il segreto su quanto e’ venuto loro a conoscenza nell’espletamento dei servizi prestati od in conseguenza di questi.

ART. 4  NORME PER L’ABILITAZIONE DEL SOCIO ATTIVO E PERCORSO FORMATIVO
Si riconoscono Soci attivi tutti coloro che compilata la domanda d’iscrizione e svolto il percorso formativo previsto per le mansioni che andranno a svolgere in Associazione prestano la loro opera in modo continuo nei vari ambiti d’impegno dell’Associazione sia sui mezzi sia nelle attività interne di gestione dell’Associazione.
Per il servizio sui mezzi è obbligatorio un percorso formativo così strutturato:

  • SERVIZI SOCIALI (SS)

Incontro con il Presidente o suo delegato. Segue un incontro sulle modalità di trasporto.
Obiettivo dell’incontro: presentazione dell’Associazione, dell’organizzazione, delle varie tipologie di servizi di trasporto, del percorso formativo, consegna del regolamento e dello statuto.
Dopo tre mesi di servizio il/la volontario/a può avere la divisa e il cartellino A.N.P.AS. dandone comunicazione alla segreteria Soci. Da quel momento è rilevata la presenza ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio.

  • TERZO E/O SOCIO ESTATE

E’ il Volontario che ha frequentato solo la prima parte del corso, come proposto dal Responsabile della Formazione in accordo con il Direttore Sanitario. Può svolgere solo i servizi ordinari; può fare parte dell’equipaggio che svolge i servizi ordinari in ambulanza.
Dopo tre mesi di servizio il/la volontario/a può avere la divisa e il cartellino A.N.P.AS. dandone comunicazione alla segreteria Soci. Da quel momento è rilevata la presenza ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio.

  • SECONDO COMPONENTE EQUIPAGGIO AMBULANZA

Dopo aver frequentato tutto il corso teorico, avere risposto al questionario con risultato sufficiente, il/la Volontario/a, può uscire sulle ambulanze, su indicazione del Capoturno, come terzo componente dell’equipaggio; dopo tre mesi e non meno di dieci turni assume la qualifica di secondo.
A completamento del percorso formativo, sentito il parere della Giunta Esecutiva, la Direzione Sanitaria consegnerà al neo Volontario l’attestato di partecipazione al corso.
E’ compito del Direttore Sanitario e del Responsabile della Formazione l’individuazione del livello formativo dei volontari in relazione al risultato dei vari percorsi formativi.
E’ compito del Direttore Sanitario e del Responsabile della Formazione proporre al Consiglio Direttivo variazioni sul percorso formativo dei Volontari e dei dirigenti dell’Associazione.

I volontari che desiderano prestare servizio sulle ambulanze convenzionate con il sistema 118, dovranno frequentare un ulteriore corso di formazione di livello avanzato che organizza sul territorio provinciale la Segreteria Provinciale per la formazione su indicazione delle Pubbliche Assistenze. (spf croceblu.org)3

ART. 5           SERVIZI INTERNI

3 Il testo in corsivo non fa parte del Regolamento


Si intendono soci attivi anche coloro che svolgono servizi interni in modo continuativo per l’Associazione in relazione alle esigenze della stessa previa approvazione del Consiglio Direttivo.

ART. 6           PRESENZE DEI SOCI ATTIVI
Al momento dell’iscrizione i volontari si mettono a disposizione, in relazione al percorso formativo che effettueranno, per tutte le attività che l’Associazione svolge siano esse di trasporto, d’assistenza, di promozione o altre attività ispirate alle linee statutarie svolte anche in collaborazione con altre Associazioni, Enti od Organizzazioni.

La Croce Blu di Modena chiede al socio attivo una disponibilità minima di ventiquattro turni annui computati nell’anno solare (1 gennaio - 31 dicembre) sei di questi dovranno essere concordati con il gruppo turni per essere svolti in giorni festivi e prefestivi. Per eventuali esigenze di servizio, sempre nei giorni festivi e prefestivi, il gruppo turni si impegna a chiedere la presenza ai Volontari con preavviso di almeno cinque giorni.
Il volontario comunica al gruppo turni la Sua disponibilità programmata (turno fisso) e quella straordinaria con l’indicazione dei periodi di disponibilità per giorno e orario (comparati al turno di quattro ore) sui quali l’Associazione si riserva di utilizzare la disponibilità stessa nel contesto delle esigenze del servizio in accordo con il socio, nella normale rotazione per una corretta e snella organizzazione dei servizi. Il volontario è ritenuto automaticamente in turno secondo la disponibilità programmata.

Il computo dei servizi al 31 dicembre per i soci iscritti nel corso dell’anno sarà effettuato in dodicesimi. Nel caso d’assenza dal servizio per un periodo superiore a quattro mesi la riammissione al servizio attivo, sentito il parere del Responsabile della gestione dei turni, sarà decretato dalla Giunta Esecutiva che potrà prevedere nuovi momenti di formazione per lo svolgimento del servizio.
Eventuali casi in deroga a quanto precedentemente esposto, su segnalazione del Responsabile della gestione dei turni, saranno valutati dalla Giunta Esecutiva.
Il socio attivo si impegna altresì a segnalare tempestivamente, o meglio con un congruo anticipo,  al Responsabile della gestione dei turni o ad un suo collaboratore gli eventuali periodi d’assenza o indisponibilità, per malattia, infortunio o quei fatti e situazioni che possono far perdere in tutto o in parte i requisiti d’idoneità dichiarati nella domanda d’ammissione.

TUTTI I VOLONTARI, PER NON CREARE DISSERVIZIO, SONO TENUTI AD ESSERE ESTREMAMENTE PUNTUALI PER L’INIZIO DEL TURNO.

Coloro che disertano il turno concordato o disattendono in tutto o in parte il contenuto del presente articolo, sono passibili di provvedimenti disciplinari.

 

ART. 7           DIRITTI DEI SOCI

  • I soci attivi possono usufruire gratuitamente di tutti i trasporti in ambulanza che si rendessero necessari per loro e per i componenti del loro nucleo familiare. Il socio attivo gode di una COPERTURA ASSICURATIVA che lo tutela nell’espletamento del servizio, in caso di ritiro della patente di guida, infortunio e responsabilità civile. 2) I soci ordinari, sostenitori e  benemeriti possono usufruire per loro e per i componenti del loro nucleo familiare, di due trasporti in ambulanza all’anno gratuiti all’interno, e di uno fuori dal territorio di competenza dell’U.S.L. ex n.16 (Modena, Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone, Nonantola, Ravarino, S. Cesario sul Panaro, Soliera) scontato del 50% purché in regola con il pagamento della quota associativa da almeno sei mesi.

ART. 8     PARTE PRATICA DEL SERVIZIO

All’inizio del turno saranno eseguite con cura le seguenti disposizioni:

    • firmare il registro delle presenze in modo leggibile indicando il numero della tessera;

    • assicurarsi che sui mezzi sia disponibile tutto quanto necessita segnalando al capoturno le eventuali carenze provvedendo, per quanto e’ possibile, a reintegrare personalmente il materiale mancante;
    • controllare la pulizia e lo stato della biancheria nonché degli automezzi;
    • collaborare alla pulizia della sede;
    • accertarsi della disinfezione della cellula sanitaria.

 

E’ compito di tutti i soci attivi in servizio accertare ed eseguire quanto sopra indicato.
Gli incarichi assegnati ai soci attivi durante il turno sono i seguenti:

CAPOTURNO;  AIUTO CAPOTURNO;
COMPONENTI DELL’EQUIPAGGIO.

TUTTI GLI INCARICHI AFFIDATI SONO MODIFICABILI SOLAMENTE PER ESIGENZE DI SERVIZIO.

  • CAPOTURNO

Considerata l’importanza del ruolo del capoturno nello svolgimento dell’attività di trasporto dell’Associazione, questo incarico è proposto dal Responsabile della gestione dei turni, e ratificato dalla Giunta Esecutiva.
I requisiti per svolgere questa funzione sono:

aver compiuto i 21 anni d’età;
avere almeno 2 anni d’esperienza come socio attivo.

Per i Volontari che svolgono le funzioni di capoturno è previsto un periodo di formazione teorica proposta dal Responsabile della formazione e un periodo di formazione pratica di almeno sei mesi come aiuto capoturno. Inoltre dovrà partecipare ai periodici incontri informativi per i capoturno e partecipare il più assiduamente possibile alle riunioni del Consiglio Direttivo in modo da essere costantemente informato di tutte le decisioni deliberate.
Il Capoturno:

  • coordina e dispone l’ordine d’uscita dei mezzi e decide la composizione degli equipaggi;
  • risponde alla Giunta Esecutiva del comportamento dei singoli volontari in servizio e in sede e si accerterà che sia provveduto a quanto disposto ai punti a) b) c) d) e);
  • ha la completa responsabilità del turno e non potrà farsi sostituire se non per validi motivi, tale sostituzione dovrà essere effettuata avvalendosi di un socio attivo di fiducia fermo restando che la responsabilità del turno rimane al capoturno incaricato;

 

  • oltre ad avere la responsabilità della centrale radio telefonica dovrà sorvegliare che tali apparecchiature siano utilizzate esclusivamente per motivi di servizio;
  • deve riferire ai responsabili dei vari settori dell’Associazione le eventuali carenze rilevate ed ogni altra osservazione utile al buon funzionamento nonché trasmettere ai diretti interessati i messaggi a loro indirizzati verificando che questi siano leggibili, chiari, datati, firmati e scritti sugli appositi moduli;

 

  • deve prendere visione del REGISTRO DELLE CONSEGNE, nel quale saranno inseriti i verbali delle riunioni del Consiglio Direttivo ed eventuali comunicazioni riguardanti il servizio, dai responsabili del settore;
  • farà le consegne al capoturno successivo aspettando il suo arrivo trasmettendogli le notizie necessarie per la prosecuzione dei servizi;

  • nel caso di chiamate di primo soccorso (urgenza) dovrà contattare la Centrale Operativa di Modena Soccorso e, in collaborazione con essa, concorderà le modalità d’intervento come  previsto dal protocollo d’intesa a tal scopo predisposto;

 

  • controlla le somme ricevute e le registrazioni effettuate;
  • gli e’ tassativamente vietato rilasciare informazioni telefoniche sia sui soci sia sui servizi.

 

Per richieste di servizi relativi al territorio extra comunale, e in caso di difficoltà, il capoturno dovrà farsi carico di contattare le Associazioni di Pubblica Assistenza (Croci Blu, Croci Verdi ecc.) della provincia fornendo loro i dati relativi al trasporto.
Per i Volontari che svolgono le funzioni di Capoturno è previsto un periodo di formazione teorica a cura del Responsabile della formazione e un periodo di formazione pratica di almeno sei mesi come Aiuto Capoturno.

  • AIUTO CAPOTURNO

Collabora con il capoturno per la ricezione delle richieste d’intervento e, solo dopo essersi consultato con il capoturno, completa scrupolosamente le schede di prenotazione con tutti i dati indicati sul modulo.
Prende in consegna le somme in denaro e provvede alle registrazioni.
E’ tenuto a far si che tutte le entrate o le uscite in denaro siano documentate e registrate (foglio di viaggio o ricevuta).
Controlla che i fogli di viaggio siano compilati in modo corretto e leggibile in tutte le parti.
Per i Volontari che svolgono funzioni d’Aiuto Capoturno è previsto un incontro con il Presidente o suo delegato e il Responsabile del gruppo turni. Obiettivo dell’incontro è presentare le caratteristiche e i compiti di questo incarico, segue un periodo d’affiancamento di almeno 2 mesi oppure otto turni. Sia l’incarico di capoturno che d’Aiuto Capoturno devono essere ratificati dalla Giunta Esecutiva.

 

  • COMPONENTI DELL’EQUIPAGGIO

./   L’AUTISTA
Per la guida delle ambulanze e’ richiesto il possesso della patente di guida “B” da almeno un anno e, comunque, resta valido quanto disposto dalla legislazione vigente in materia di circolazione stradale.
Per l’abilitazione alla guida delle ambulanze i soci attivi, che prestano servizio attivo da almeno un anno e abilitati come Terzi/Soci Estate da almeno tre mesi, dovranno sostenere delle prove pratiche ( PERCORSO FORMATIVO) da effettuare con un Consigliere responsabile o un suo collaboratore.
Il percorso formativo sarà predisposto dal responsabile del gruppo guide (nominato dal Consiglio Direttivo) di concerto con il responsabile del gruppo formazione e approvato dal Consiglio Direttivo. Il percorso formativo prevederà l’abilitazione progressiva alla
GUIDA “C” (guida ambulanza a vuoto accompagnato da socio abilitato alla guida almeno “B”); GUIDA “B” (guida con paziente a bordo esclusi i trasporti d’emergenza, fatte salve valutazioni contrarie dei soci abilitati accompagnatori);
GUIDA “A” (guida in tutte le circostanze emergenza compresa).

Dal compimento del 65° anno d’età ed entro il compimento del 66°, il volontario che desidera mantenere l’abilitazione alla guida “A” si dovrà sottoporre ad un colloquio con il direttore sanitario che ne accerterà l’idoneità alla guida anche proponendo eventuali approfondimenti diagnostici.

Successivamente il volontario dovrà sottoporsi allo stesso colloquio con cadenza biennale.

Per la guida dei pulmini e degli altri mezzi speciali (ESCLUSE AUTOAMBULANZE E AUTOVETTURE) in assenza delle abilitazioni A, B, o C è necessaria l’abilitazione “D” che presuppone la patente di guida da almeno 6 mesi e l’aver partecipato al percorso formativo


predisposto dal responsabile del gruppo guide di concerto con il responsabile della formazione e approvato dal Consiglio Direttivo.

Per l’utilizzo delle autovetture, in assenza delle abilitazioni A, B, C, o D, è necessaria l’abilitazione “E” che presuppone la patente di guida da almeno 6 mesi e l’aver effettuato almeno tre turni con  un volontario accompagnatore. Detta abilitazione sarà inserita dal gruppo formazione nel registro soci.
Il neo abilitato alla guida riceverà un estratto del presente regolamento che lo aggiornerà sulle responsabilità e sui comportamenti da tenere nel condurre i mezzi di proprietà dell’Associazione.

L’abilitato alla guida d’autoambulanza azionerà il dispositivo acustico d’emergenza  (sirena)  e quello visivo (lucciola) solo nei casi d’effettiva necessità, in particolare NON SI DEVE FARE USO DEI LAMPEGGIATORI NEI TRASPORTI ORDINARI.
La guida delle ambulanze deve essere calma e sicura, specialmente nei trasporti d’emergenza, tenendo conto dell’esigenza di stabilità del trasportato e attenendosi scrupolosamente per questo alle istruzioni del “secondo” che stazionerà all’interno della cellula sanitaria.

I SEGNALI D’EMERGENZA (LUCCIOLA E SIRENA) CHIEDONO STRADA MA NON DANNO NESSUN DIRITTO DI PRECEDENZA, DI CONSEGUENZA AI SEMAFORI ROSSI E AGLI STOP STRADALI OCCORRE FERMARSI PER POI RIPARTIRE QUANDO S’E’ CERTI DI NON CAUSARE INCIDENTI.
L’uso della sirena deve essere fatto in modo continuativo e non solo in prossimità degli incroci; è comunque consigliabile NON USARE I SEGNALI ACUSTICI (SIRENA) IN PROSSIMITA’ DEI LUOGHI DI CURA.
L’autista non si può esimere dalle operazioni di soccorso in aiuto al “secondo” con il quale organizza le operazioni d’intervento.
E’ fatto di norma divieto all’autista di avere a bordo dell’ambulanza persone non facenti parte dell’equipaggio in caso di servizi di primo soccorso (urgenza).

 

Tutti i soci in possesso di una qualsiasi abilitazione alla guida (A, B, C, D o E):
hanno la responsabilità dei mezzi che conducono E DOVRANNO FARE RAPPORTO NEL CASO D’INCIDENTI O PROBLEMI;
sono tenuti a rispettare RIGOROSAMENTE le norme del Codice della strada.

La guida di tutti i mezzi deve essere calma e sicura e deve tenere conto delle esigenze e delle condizioni del trasportato.
Eventuali danni riportati dai mezzi dell’Associazione, PER NEGLIGENZA GRAVE DELL’AUTISTA, potranno essere a questo addebitate parzialmente o totalmente.
PER NEGLIGENZA GRAVE DELL’AUTISTA, tutte le contravvenzioni elevate saranno addebitate all’autista stesso.
In caso d’incidenti di qualsiasi natura ed entità al mezzo, l’autista deve sempre raccogliere i dati delle persone e dei mezzi coinvolti e riportarli correttamente, con la sintesi della dinamica del sinistro, sul registro dei verbali dei sinistri controfirmando la dichiarazione; tale registro sarà scrupolosamente conservato dal capoturno.

Si terrà memoria di tutti i sinistri e delle segnalazioni di comportamenti scorretti nella conduzione dei mezzi.

Il responsabile delle guide proporrà, se necessario, colloqui con l’Ufficio di Presidenza al fine di stabilire interventi sanzionatori o di sospensione.
In caso di necessità e fino alla ratifica della Giunta Esecutiva, l’Ufficio di Presidenza di concerto con il responsabile delle guide, può sospendere immediatamente e in via cautelativa qualsiasi abilitazione alla guida, dandone comunicazione al gruppo che si occupa dell’organizzazione dei turni di servizio e al responsabile del gruppo formazione.


Il responsabile delle guide, di concerto con la Giunta Esecutiva, sulla base delle statistiche annuali dei sinistri e delle infrazioni al codice della strada proporrà automatismi sanzionatori e/o di sospensione delle abilitazioni al fine di tutelare la sicurezza del servizio, i beni e l’immagine dell’Associazione. Detti automatismi saranno comunicati, dalla data d’entrata in vigore, a tutti gli abilitati.

GLI APPARATI RADIORICETRASMITTENTI DOVRANNO ESSERE USATI SOLO PER MOTIVI INERENTI AL SERVIZIO.

./   IL SECONDO
E’ tenuto a compilare correttamente, ed in ogni sua parte, i moduli predisposti per rilevare i dati dei servizi (foglio di viaggio e modulo di pronto soccorso) ed ha l’obbligo, durante il trasporto dell’ammalato, D’ASSISTERLO NELLA CELLULA SANITARIA.
DEVE COLLABORARE CON L’AUTISTA DURANTE L’EFFETTUAZIONE DELLE MANOVRE FORNENDOGLI, DA TERRA, TUTTE LE INDICAZIONI NECESSARIE PER LA BUONA RIUSCITA DI QUESTE ULTIME.

./ IL TERZO
L’aspirante “Secondo” avente la qualifica di “TERZO” può effettuare, come secondo componente dell’equipaggio, i seguenti trasporti:

  • dialisi;
  • fisioterapia;
  • interospedalieri;
  • dimissioni.

E’ compito dell’equipaggio, nello svolgimento del servizio, attenersi scrupolosamente alle disposizioni ricevute dal personale sanitario e da quello preposto al coordinamento.
Al termine d’ogni servizio i volontari cureranno il riordino e la pulizia del mezzo utilizzato in modo che sia pronto per un nuovo impiego.
Durante il servizio e’ vietata qualsiasi variazione di tragitto o d’intervento se non debitamente autorizzato dal capoturno.
Per eventuali offerte ricevute durante il servizio E’ OBBLIGATORIO rilasciare regolare ricevuta (copia bianca del foglio di viaggio).
Tali somme saranno consegnate al capoturno.

SI METTE A CONOSCENZA CHE IL SOCIO ATTIVO IN SERVIZIO E’ RESPONSABILE DEL PAZIENTE PRELEVATO PRESSO UN ENTE OSPEDALIERO O ALTRO LUOGO, DAL MOMENTO DEL PRELEVAMENTO AL MOMENTO IN CUI VIENE AFFIDATO AL PERSONALE DELL’ENTE DI DESTINAZIONE O AI FAMILIARI.

Il socio attivo che rilevi lo stato di precarie condizioni economiche di un trasportato può, a suo giudizio, rendere il trasporto gratuito (trasporti extra - comunali).

IN INTERVENTI DI PRIMO SOCCORSO (URGENZA) NON POTRANNO PARTECIPARE SOCI ATTIVI CHE NON ABBIANO COMPIUTO IL DICIOTTESIMO ANNO D’ETA’.

Tutti i volontari in turno di servizio indosseranno la divisa stabilita nonché il cartellino di riconoscimento. L’abbigliamento dovrà essere idoneo e consono al servizio, in particolare non si dovranno indossare: sandali, ciabatte e scarpe con tacchi alti, capi d’abbigliamento che possano impedire i movimenti necessari per il buon svolgimento del servizio.

E’ VIETATO:

  • iniziare o lasciarsi coinvolgere in qualsiasi discussione con gli altri utenti della strada;
  • fare o animare discussioni durante il servizio; qualora insorgessero divergenze o vi fossero reclami e proteste, l’interessato, o gli interessati, dovranno inoltrare un rapporto con specificazione dell’accaduto al capo turno o al responsabile di settore;

  • eseguire prestazioni mediche e/o paramediche (ad esempio terapie iniettorie intramuscolari, misurazione della pressione od altro), l’esposizione di presunte diagnosi, suggerire l’uso di farmaci. E’ d’obbligo l’assoluta discrezione sui servizi prestati;
  • ricevere compensi personali per trasporti effettuati.

ART. 9            NORME DI COMPORTAMENTO GENERALI
Tutti i volontari sono tenuti al rispetto dei locali della sede e delle attrezzature a disposizione sia sui mezzi di servizio che presso i locali della sede. I volontari di turno non dovranno allontanarsi per nessun motivo dalla sede, salvo autorizzazione del capo turno. Tutti i soci hanno diritto di fare critiche ai provvedimenti degli organi direttivi in sede di Consiglio Direttivo e di proporre suggerimenti utili al buon funzionamento dell’attività. Al socio in turno e’ richiesto durante l’espletamento del servizio un comportamento corretto, lo stesso si richiede ai soci che sostano nei locali della sede in attesa del servizio. Tutti i soci presenti in sede hanno l’obbligo morale di partecipare a tutte le operazioni legate al mantenimento dell’igiene e del decoro dei locali e delle pertinenze dell’Associazione, nonché a tutte le attività inerenti alla vita associativa. Tutti i soci attivi presenti in sede, anche a titolo ricreativo, hanno l’obbligo morale, IN CASO DI NECESSITA’ di eseguire tutti i servizi richiesti dal capo turno.
Al Capoturno, Autista e Secondo possono essere affiancati nuovi soci allo scopo di fare esperienza e tirocinio.

ART. 10         NORME DISCIPLINARI ED ORGANI DISCIPLINARI
Coloro che con il loro comportamento creano danno e pregiudizio in qualsiasi modo e maniera alla vita e al buon nome dell’Associazione, sono sottoposti al giudizio del Consiglio Direttivo. In caso di inosservanza alle suddette norme e di quelle specificate agli articoli 6 (presenze dei soci attivi), 8 (pratica del servizio) e 9 (norme di comportamento generale), in relazione alla gravita’ delle stesse, potranno essere applicati uno dei seguenti provvedimenti:

  • RICHIAMO VERBALE;
  • RICHIAMO SCRITTO;
  • SOSPENSIONE;
  • ESPULSIONE.

I provvedimenti di cui alle lettere c) e d) devono essere evidenziati sul registro dei soci e sulla scheda personale.
In caso di dimissioni od allontanamento, l’ex socio e’ tenuto a restituire la tessera o quant’altro abbia avuto in dotazione.

GLI ORGANI SOCIALI CON POTERI NORMATIVO E DISCIPLINARE SONO:

  • il CONSIGLIO DIRETTIVO (artt. 27 e 28 Statuto);
  • il COLLEGIO DEI PROBIVIRI con esperienze di riconosciuto prestigio, autonomia e indipendenza. (art. 38 Statuto).

 

ART. 11          ORGANISMI DI GESTIONE

CONSIGLIO DIRETTIVO
E’ responsabile della piena osservanza dello Statuto e del presente Regolamento e vigila su tutto l’andamento dell’Associazione. E’ eletto dall’Assemblea dei soci e rimane in carica 3 anni. Elegge al suo interno il Presidente, il Vicepresidente, nomina i componenti della Giunta Esecutiva, il Direttore Sanitario, il Vice Direttore Sanitario e i responsabili dei vari settori dell’Associazione.

CONSIGLIERI
I consiglieri in turno e/o presenti in sede devono tenere un comportamento di particolare serietà ed efficienza tali da servire di riferimento ai soci. I Consiglieri che sono impossibilitati ad assolvere gli incarichi per un periodo continuativo, hanno l’obbligo di delegare tale incarico ad un altro socio che sarà proposto al Consiglio Direttivo, il quale, dopo aver preso atto della impossibilita’ momentanea del Consigliere ed approvata la sostituzione, ne darà avviso ai soci.


I Consiglieri che disattendono agli incarichi volontariamente assunti, per un periodo superiore ad un mese, senza avere delegato alcuno in sostituzione, saranno automaticamente richiamati dal Consiglio Direttivo che valuterà le motivazioni e i danni causati, valutando la possibilità di sostituzione del Consigliere non attento ai bisogni dell’Associazione.

I CONSIGLIERI SONO TENUTI A PARTECIPARE A TUTTE LE RIUNIONI DEL CONSIGLIO
DIRETTIVO e a momenti formativi (seminari e/o corsi di formazione) organizzati dall’Associazione così come, su delega del Presidente, sono tenuti a rappresentare l’Associazione in occasione di incontri istituzionali o interassociativi.

Dopo un’assenza di un terzo delle riunioni del Consiglio Direttivo, che saranno computate trimestralmente, il Consiglio dovrà valutare l’eventuale decadenza del mandato del Consigliere.

GIUNTA ESECUTIVA (artt. 30 e 32 dello Statuto)

ART. 12          IL DIRETTORE SANITARIO (Art. 35 Statuto)
E’ nominato dal Consiglio Direttivo, rimane in carica 3 anni, ed è rieleggibile. Ha il compito di sovrintendere alla formazione dei soci attivi, ha la possibilità di consultare il medico curante del socio attivo, qualora siano da accertare le caratteristiche di idoneità del socio; tali informazioni saranno solo a lui riservate; svolge funzioni ispettive sull’uso e la manutenzione del materiale sanitario; fa riferimento al Consiglio Direttivo in caso di straordinaria manutenzione o acquisti di materiale sanitario, ne riferirà in seguito la spesa. E’ responsabile degli acquisti di materiale sanitario, della dotazione sui mezzi, ed esprime ogni qual volta occorre, il proprio parere per argomenti inerenti la sua competenza, può dichiarare inidoneo un mezzo dell’Associazione per mancanza dei requisiti sanitari. Per l’assolvimento del suo incarico sceglie dei collaboratori la cui nomina è ratificata dal Consiglio Direttivo. Il Direttore Sanitario e’ invitato alle riunioni del Consiglio Direttivo e della Giunta Esecutiva alla quale partecipa con voto consultivo.
Il Consiglio Direttivo potrà nominare un Vice Direttore sanitario nel casso in cui un Socio, in possesso dei requisiti previsti, si renda disponibile a ricoprire tale incarico.

 

ART. 13          ORGANISMO DI CONTROLLO
COLLEGIO DEI SINDACI REVISORI (art. 36 Statuto)

ART. 14          ELEZIONI (artt. 21, 26, 27 Statuto)
Le elezioni delle cariche sociali previste dallo Statuto hanno luogo ogni 3 anni in occasione dell’Assemblea Ordinaria convocata per l’approvazione del Bilancio Consuntivo. Il Consiglio Direttivo provvede alla nomina del Comitato elettorale, il quale sarà formato da cinque soci attivi, che eleggeranno al loro interno il Presidente del Comitato stesso. Le eventuali candidature per le elezioni dovranno essere segnalate sul cartello appositamente esposto nei locali della sede almeno 20 giorni prima del giorno delle elezioni, i Soci potranno inscriversi fino ai 10 giorni prima della data delle elezioni stesse, fermo restando che sarà possibile candidarsi anche il  giorno stesso dell’Assemblea senza avere il proprio nome stampato nella scheda elettorale. Il Comitato Elettorale provvederà alla predisposizione delle schede che riporteranno il nome dei candidati e altri spazi per eventuali segnalazioni aggiuntive.

Ogni elettore potrà esprimere :

DIECI preferenze per il Consiglio Direttivo; DUE per il collegio dei Probiviri;
DUE per il collegio dei Sindacati Revisori dei conti.

Tutte le elezioni avranno luogo a mezzo di voto segreto con schede autenticate dal timbro dell’Associazione e dalla firma del Presidente del Comitato Elettorale. La convocazione ai soci per


partecipare alle elezioni deve essere notificata con almeno due settimane di anticipo rispetto alla data prefissata.

Hanno diritto al voto:

I Soci Attivi con almeno sei mesi di servizio;
I Soci contribuenti in regola con il pagamento delle quote sociali, trascorsi sei mesi dalla data di iscrizione, o in regola con il pagamento del rinnovo annuale (ha diritto al voto il Socio contribuente che possiede la tessera dell’anno precedente alle elezioni e quella dell’anno in corso).

Possono essere eletti:

I Soci Attivi con due anni di servizio e che abbiano compiuto 21 anni di età.

Le elezioni si intendono fatte a maggioranza relativa dei voti, a parità di voti si intenderà eletto il più anziano di iscrizione, e a parità di iscrizione il più anziano di età.
Le elezioni si intendono valide qualsiasi sia il numero dei Soci votanti in seconda convocazione dell’Assemblea.

ART. 15          COMMISSIONE ELETTORALE
Ha il compito di verificare i requisiti dei canditati e il diritto al Voto dei Volontari.

 

Letto e approvato nell’Assemblea Ordinaria del 07 aprile 2003.


Trasporto Emiplegici

a cura di Teresa Pellegrino 4

4 Fisioterapista – Ospedale Policnico Modena


  • Trasporto Emiplegici [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
conoscenza del sistema nervoso e delle principali cause e dei possibili rischi che possono verificarsi con lesioni cerebrali o alla colonna vertebrale;
fornire informazioni utili per lo spostamento e il trasporto di un paziente emiplegico, paraplegico o tetraplegico senza correre il rischio di compiere manovre errate che potrebbero compromettere ulteriormente la salute del paziente, ma anche quella del volontario.

CENNI ANATOMICI DEL SISTEMA NERVOSO
Il sistema nervoso è la parte più importante di tutto l’organismo. Esso dirige, coordina, regola ogni funzione e atto della vita vegetativa e di relazione in una superiore visione d’insieme.

Il sistema nervoso è diviso in due parti:

  • il sistema nervoso centrale  che comprende cervello e midollo spinale;
  • il sistema nervoso periferico, che è suddiviso in due parti: la parte somatica (neuroni sensitivi delle radici dorsali e gangli annessi ai nervi cranici) fornisce al sistema nervoso centrale informazioni sensitive sullo stato dei muscoli, sulla posizione degli arti e sull’ambiente esterno; la parte autonoma (sezioni simpatica, parasimpatica ed enterica) controlla e bilancia la risposta dell’organismo allo stress e controlla la muscolatura del tubo digerente.

Il sistema nervoso centrale rappresenta la “mente direttiva”, il punto d’arrivo di ogni sensibilità, il punto di partenza di ogni movimento, l’archivio di ogni memoria, l’elaboratore di ogni idea.

Il CERVELLO è costituito da miliardi di cellule nervose che sono riunite in “unità funzionali”. Ogni gruppo di cellule nervose è collegato ad altrettante fibre che hanno la funzione di condurre gli impulsi nervosi della periferia verso il cervello (stimoli sensitivi) e, viceversa, dal cervello agli organi periferici (stimoli motori).
Il cervello è contenuto nella scatola cranica ed è avvolto dalle meningi. Ha la forma di un grosso ovoide ed è diviso in due emisferi, destro e sinistro.
Attraverso una struttura chiamata corpo calloso che collega i due emisferi, gli impulsi che si originano nell’emisfero sinistro raggiungono la metà destra del corpo, mentre gli impulsi che si originano nell’emisfero destro raggiungono la metà sinistra del corpo.
Il cervello è strettamente connesso con il midollo spinale. Quest’ultimo si può considerare come la continuazione del cervello.

Il MIDOLLO SPINALE è contenuto nel canale vertebrale midollare, ha origine a livello del forame occipitale e termina a livello della prima vertebra lombare. Ha una lunghezza di circa 45 cm. Dal midollo spinale parte l’insieme di nervi che costituisce il sistema nervoso periferico. Gli impulsi motori e sensitivi utilizzano queste vie per arrivare al cervello.
Nella parte centrale del cervello, in prossimità del punto in cui il tessuto nervoso continua nel midollo spinale, esistono dei gruppi importantissimi di cellule nervose, dalla cui attività dipendono il buon funzionamento del cuore, l’attività respiratoria ed altre funzioni indispensabili per la sopravvivenza (controllo della vita vegetativa).
Nella parte posteriore della scatola cranica, sotto la parte posteriore degli emisferi cerebrali, è situato un piccolo organo rassomigliante nella forma al cervello, detto cervelletto.

Il CERVELLETTO, collegato da fasci di fibre nervose al cervello ed al midollo spinale, partecipa alla regolazione dell’attività motoria volontaria.


LESIONI AL CERVELLO
Se il paziente ha subito una lesione alla parte destra del cervello avrà difficoltà motorie alla parte sinistra e, viceversa, lesioni alla parte sinistra del cervello causeranno problemi motori alla parte destra. Si parla in questi casi di:

  • emiplegia quando si ha la paralisi completa e irreversibile di un emicorpo;
  • emiparesi quando si ha un parziale recupero del movimento dopo il trauma.

Gli eventi traumatici a carico del nostro cervello che possono causare emiplegia sono: trombosi, emorragia cerebrale, aneurisma, neoplasia e trauma cranico. Ipertensione e diabete possono essere ulteriori fattori di rischio per traumi cranici.
Il paziente che subisce traumi di questo tipo avrà problemi di sensibilità, senso di posizione e la mancanza di percezione di quale sia la parte colpita (eminattenzione).

 

TRASPORTO DI UN EMIPLEGICO CRONICO (colpito da tempo da paralisi)
Nello spostamento di un paziente è necessario prestare attenzione all’arto superiore della parte emiplegica che, se manipolato in modo non adeguato, può lussarsi. Se non è possibile usufruire di attrezzature adeguate si possono utilizzare mezzi di fortuna (un foulard o la cintura dei pantaloni) per immobilizzare l’arto durante gli spostamenti. Chi assiste il paziente deve spiegare ogni manovra che sta per eseguire e, quando possibile, chiedere la collaborazione del soggetto soprattutto se questo ha già fatto un trattamento riabilitativo. È inoltre importante non perdere mai il controllo del busto.

  • Trasferimento dal letto alla barella

Se il soggetto deve ancora incominciare il trattamento riabilitativo lo si sposta con l'aiuto della traversa o di due operatori:
posizione della barella: se è possibile parallela al letto;
posizione del paziente: sdraiato. Con la mano sana egli si tiene stretto il gomito del braccio malato, che è sulla pancia;
posizione degli operatori:

    • il primo sta dietro al paziente, mette le braccia attorno al torace dello stesso, gli prende gli avambracci incrociati, in modo da evitare di trazionare il paziente  sotto le ascelle;
    • il secondo è in posizione di passo di fronte al soggetto e gli prende le gambe. Ad un segnale stabilito i due operatori alzano insieme il paziente. Evitare di trazionare il braccio malato del soggetto e di lasciarlo cadere a penzoloni  durante il trasporto.
  • Passaggio da sdraiato a seduto sul letto

Posizione del paziente: sdraiato. Gli si chiede di prendersi il braccio malato e di portarselo sull'addome, ma se il soggetto non dovesse riuscirci, lo fa l'operatore;
posizione dell'operatore: dal lato sano, in posizione di passo di fronte al soggetto. Piega le gambe del soggetto, fissandogli la gamba malata. Chiede al paziente di prendere il bordo del lettino con la mano sana in modo da mettersi sul fianco sano;
l’operatore lo aiuta a rotolare, spingendo sulle ginocchia o dietro la spalla malata. Lentamente porta le gambe del paziente fuori dal letto e gli dice di mettersi seduto facendo perno prima sul gomito, poi su tutto il braccio sano;
l’operatore, infine, aiuta il paziente guidando con una mano dietro alla nuca l'esecuzione del movimento, in modo da evitare che egli ricada sdraiato.

  • Passaggio da seduto sul letto alla carrozzina5 o sedia con braccioli

5 La carozzina dovrebbe avere ruote piccole anteriori e grandi posteriori. Nei casi in cui il paziente soffre di artrite reumatoide, ha subito amputazione degli arti inferiori oppure è di corporatura molto piccola, la carozzina può avere ruote grandi anteriori.


Posizione della carrozzina: leggermente inclinata verso il letto, dalla parte sana del soggetto. Deve essere SEMPRE frenata!!
posizione del paziente: seduto, con le gambe fuori dal letto;
posizione dell'operatore: di fronte al soggetto, spostato leggermente dalla parte malata; l’operatore chiede al soggetto di puntare la mano sana sul materasso in modo da far scivolare in avanti il sedere per poter appoggiare i piedi al terreno;
l'operatore aiuta a scendere il paziente prendendogli la cintura con la mano che è di fronte alla parte malata;
l’operatore DEVE controllare che i piedi del paziente, una volta appoggiati a terra, siano un po' distanziati; il piede e il ginocchio malati sono tenuti fermi dal piede e dal ginocchio dell'operatore;
l’operatore dice al soggetto di spingersi con la mano sana sul letto, in modo da alzarsi; l'operatore aiuta il paziente ad alzarsi prendendolo per la cintura o abbracciandolo dalla parte malata;
l’operatore dice al paziente di raggiungere col braccio sano il bracciolo più lontano della carrozzina;
l’operatore dice al soggetto di fare perno sulla gamba sana e di ruotare il corpo in modo da portare il sedere sul sedile della carrozzina;
l'operatore segue col proprio corpo il movimento del soggetto; se questi non è in grado di ruotare il sedere l'operatore lo aiuta prendendolo per la cintura;
l’operatore controlla che il paziente sia seduto comodamente e che il braccio paralizzato non sia a penzoloni.

  • Passaggio dalla carrozzina alla seggetta

Posizione della carrozzina: lievemente inclinata rispetto alla seggetta, che è a lato dalla parte sana del soggetto ed è frenata;
posizione del paziente: si chiede al soggetto di far scivolare bene in avanti il sedere; i suoi piedi devono essere a terra, non sui pedalini della carrozzina;
posizione dell'operatore: di fronte al paziente. Col proprio piede egli DEVE fissare il piede non sano e col proprio ginocchio fissare il ginocchio malato;
l’operatore chiede al paziente di piegare il busto in avanti e di spingere con la mano sana sul bracciolo della carrozzina per alzarsi;
l'operatore aiuta il soggetto abbracciandolo o prendendolo per la cintura;
l’operatore dice al paziente di raggiungere con la mano sana il bracciolo più lontano della seggetta; il paziente, a sua volta, fa perno sulla gamba sana e ruota in modo da portare il sedere sul sedile della seggetta;
l'operatore segue col proprio corpo il movimento del paziente;
se il paziente non riesce a ruotare il sedere, è l'operatore che lo aiuta guidandolo dai  fianchi;
l’operatore controlla che il soggetto abbia la schiena poggiata allo schienale della seggetta e che il braccio malato non cada bruscamente.

  • Come aiutare il paziente che cammina col bastone

Se il paziente cammina col bastone l'operatore deve stargli vicino dal lato malato e affiancarlo senza far nulla, pronto ad intervenire in caso di pericolo di caduta. Se cammina, di solito sa già come salire e scendere le scale; ma l'operatore deve comunque informarsi sulla capacità del soggetto di affrontare le scale.
Salita delle scale
Il paziente sale le scale portando:

  • il bastone d’appoggio sul gradino da fare;
  • il piede sano sul gradino da raggiungere;
  • il piede malato vicino a quello sano, salendo così completamente il gradino. L'operatore si trova dietro al soggetto e deve controllare che tutta la pianta del piede sia in appoggio sul gradino.

Discesa dalle scale
Il paziente scende le scale portando:

  • il bastone d’appoggio sul gradino in basso;
  • la gamba malata va poggiata sul gradino in basso;
  • la gamba sana raggiunge quella malata.

L'operatore scende le scale per essere davanti e di fronte al paziente.

 

LESIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE
La colonna vertebrale è composta da trentatre vertebre sovrapposte suddivisibili in sette vertebre cervicali, dodici vertebre dorsali, cinque vertebre lombari e nove vertebre sacrali (cauda equina); tra una vertebra e l’altra vi è un disco cartilagineo.
Ciascuna vertebra è composta da un corpo, formato da lamine che descrivono un anello ed apofisi; in questo anello o “canale vertebrale” ha sede il midollo spinale.
E’ ovvio che il pericolo di lesioni delle vertebre è rappresentato non tanto dalle fratture in se stesse, ma dai possibili danni al midollo spinale. Infatti, essendo il canale vertebrale molto stretto ed il midollo spinale molto fragile (tessuto gelatinoso poco consistente), vi è il gravissimo pericolo di lesione midollare provocata da un frammento osseo o dalla pressione della vertebra stessa sul midollo. Poiché esso contiene fibre sensitive e motorie, sono ovvie le pesanti conseguenze che derivano da lesioni: paralisi motorie e sensitive spesso definitive.
Tetraplegia: paralisi di tutti e quattro gli arti.
Paraplegia: paralisi degli arti inferiori.

 

SPOSTAMENTI DI UN PAZIENTE PARAPLEGICO
Prima di qualsiasi intervento l’operatore deve domandare al soggetto come è abituato a fare i trasferimenti; inoltre occorre ricordare o domandare se deve indossare un corpetto o una valva gessata prima di eseguire lo spostamento.

  • Passaggio dal letto alla carrozzina

Il trasferimento è possibile solo con l'aiuto di due persone se il soggetto non ha ancora cominciato  il trattamento riabilitativo e perciò non sa ancora come muoversi.
Posizione della carrozzina: ad angolo di circa trenta gradi rispetto al letto, dalla parte della testa del paziente. La carrozzina deve essere frenata e il bracciolo vicino al letto spostato. Sulla ruota posteriore va messo un piccolo cuscino, per evitare che il soggetto vi urti contro;
posizione del paziente: seduto con le gambe allungate, la testa ed il busto piegati in avanti e le braccia appoggiate sul piano del letto;
posizione degli operatori:

    • il primo, in piedi dietro al paziente con la ruota posteriore della carrozzina tra le gambe, mette le braccia intorno al torace del soggetto;
    • il secondo, in posizione di passo di fronte al letto, prende le gambe del soggetto mettendo un braccio sotto le cosce e l'altro sotto le gambe. Più il paziente è pesante, più in alto devono essere prese le gambe.

i due operatori alzano insieme il paziente, che li aiuta spingendosi con le braccia; a questo punto gli operatori:

  • il primo fa un passo di lato;
  • il secondo fa un passo all'indietro.

Il paziente deve essere sollevato bene in alto, per non urtare contro la ruota posteriore.

Se il paziente ha già cominciato il trattamento riabilitativo probabilmente sa già fare i trasferimenti in modo semi-autonomo, perciò potrebbe occorrere l'aiuto di un solo operatore.
Posizione della carrozzina: come sopra; posizione del paziente: come sopra;


posizione dell'operatore: di passo di fronte al letto prende le gambe del paziente e lo aiuta a spostarsi col sedere vicino al bordo del letto.
Il paziente sposta il suo braccio più vicino sul sedile della carrozzina. Mentre l'operatore gli solleva le gambe il soggetto, spingendosi con le braccia, sposta il sedere sul sedile della carrozzina.

  • Passaggio dalla carrozzina al letto

Se il paziente non è ancora autonomo nei trasferimenti occorrono necessariamente due operatori.
Posizione della carrozzina: vedi sopra;
posizione del paziente: seduto in carrozzina, fa perno con un braccio sul piano del letto e con l'altro sul bracciolo della carrozzina;
posizione degli operatori:

    • il primo, in piedi dietro al soggetto con la ruota posteriore vicina al letto tra le gambe, mette le braccia attorno al torace del paziente;
    • il secondo, in posizione di passo di fronte alla carrozzina, prende le gambe del soggetto.

Insieme i due operatori alzano il paziente, che li aiuta facendo perno con le braccia.

Se il paziente è semi-autonomo può essere assistito nei trasferimenti anche da un solo operatore.
Posizione della carrozzina: vedi sopra; posizione del paziente: vedi sopra;
posizione dell'operatore: di fronte al soggetto, gli prende le gambe.
Il paziente fa perno sulle braccia e sposta il sedere sul letto, mentre l'operatore lo aiuta sollevandogli le gambe.

  • Passaggio dalla carrozzina alla seggetta

Le manovre e le prese da eseguire sono simili a quelle del passaggio dalla carrozzina al letto.

  • Trasferimenti esterni Salire il marciapiede

La carrozzina è di fronte al marciapiede se si è in due operatori; Uno dei due operatori è dietro alla carrozzina e l’altro è davanti; il paziente si tiene ben stretto ai braccioli;
l'operatore che sta dietro inclina all'indietro la carrozzina sulle ruote posteriori, in modo che quelle anteriori salgano sul marciapiede con l’aiuto del secondo operatore; poi, spingendo in avanti la carrozzina, si fanno salire anche le ruote posteriori.

Scendere dal marciapiede
la carrozzina è voltata in modo che le ruote posteriori siano sul bordo del marciapiede: la discesa si effettua all'indietro;
l'operatore è dietro alla carrozzina, in basso rispetto al marciapiede; il soggetto si regge bene ai braccioli;
l'operatore inclina leggermente all'indietro la carrozzina e lentamente fa scivolare in basso rispetto al marciapiede le ruote posteriori, poi lentamente seguono quelle anteriori.

Strada in discesa
La carrozzina affronta la discesa voltata all'indietro; l'operatore è dietro alla carrozzina e cammina all'indietro;
il paziente deve essere pronto ad aiutare l'operatore in modo da frenare la discesa; l'operatore molto lentamente porta all'indietro la carrozzina richiamando l'attenzione del paziente se la discesa è molto ripida e richiedendogli eventualmente di collaborare a rallentare la discesa stessa.


TRASPORTO DI UN PAZIENTE TETRAPLEGICO
L’operatore deve in primo luogo domandare o ricordare al soggetto se, prima del trasferimento, non occorra indossare un collare. Occorre fare molta attenzione, perché il soggetto a causa della lesione subita può non percepire il dolore, il caldo, il freddo ecc. L’operatore deve inoltre indagare se il soggetto ha già seguito un trattamento riabilitativo e come è abituato a muoversi. Bisogna fare attenzione anche all’attività riflessa degli arti o al risveglio del tono muscolare.

  • Passaggio dal letto alla carrozzina

Posizione della carrozzina: vedi sopra;
posizione del paziente: sdraiato con le gambe allungate e le braccia conserte sul torace; posizione degli operatori:

    • il primo, dietro al paziente con la ruota posteriore tra le gambe, mette le proprie braccia attorno al torace del paziente e gli prende gli avambracci incrociati;
    • il secondo, in posizione di passo di fronte al letto, prende le gambe;

Al segnale i due operatori alzano il paziente: il primo fa un passo di lato, mentre il secondo fa un passo all'indietro.

  • Passaggio dal letto alla barella

Posizione della barella: parallela al letto; posizione del paziente: vedi sopra; posizione degli operatori: ne occorrono tre:

    • il primo tiene il capo del paziente;
    • il secondo passa le braccia sotto il busto del paziente;
    • il terzo le passa sotto le cosce.

Al segnale stabilito i tre operatori si muovono assieme, sollevando il paziente.

  • Passaggio dalla carrozzina alla seggetta Posizione della carrozzina: vedi sopra; posizione del paziente: seduto; posizione degli operatori:
    • il primo, alla sinistra del soggetto, gli passa un braccio dietro la schiena e l'altro sotto le cosce;
    • il secondo, alla destra del soggetto, gli passa un braccio dietro la schiena e si allaccia alla mano del primo operatore, mentre l'altro braccio passa sotto la coscia destra e si allaccia all’altra mano dell’operatore.

Al segnale i due operatori sollevano il paziente.

È’ molto difficile per questo tipo di paziente, una volta in seggetta, mantenere l'equilibrio anche da seduto; perciò nei trasferimenti lo si deve assicurare allo schienale con le apposite cinghie.

Trasporto Emodializzati

a cura di Emiliana Ferramosca 6

 

6 Medico Nefrologo – Ospedale Policlinico Modena

  • Trasporto Emodializzati [durata 60 minuti]

IL TRATTAMENTO SOSTITUTIVO DELLA INSUFFICIENZA RENALE COMPLICANZE  LEGATE ALLA DIALISI
ED IMPLICAZIONI PSICO-SOCIALI

OBIETTIVI:

    • Apprendere le nozioni di base sulle funzioni del rene e sul concetto di insufficienza renale cronica;
    • Apprendere le nozioni di base relative al trattamento dialitico;
    • Apprendere le problematiche che si possono incontrare durante il trasporto dei pazientI emodializzati ed il relativo trattamento.

Tra le moltissime funzioni che svolge il rene, la più importante è quella di mantenere costante il volume totale e la composizione del liquido nel quale tutte le cellule del nostro organismo sono immerse.
Questo finissimo lavoro di regolazione é reso possibile dal fatto che il rene è in grado di eliminare, attraverso le urine, le sostanze tossiche che si accumulano nel sangue (creatinina, urea, acido urico, ecc.) soprattutto nel processo di trasformazione degli alimenti; è anche in grado di regolare in modo perfetto l'eliminazione dei liquidi secondo la quantità che viene introdotta.
Il rene è talmente essenziale all'organismo che se smette di funzionare del tutto, la morte sopravviene entro 2 o 3 giorni; oltre all'acqua, infatti, l'aumento delle sostanze tossiche risulta  letale per organi fondamentali quali il cuore.
Il rene, ad ogni modo, possiede un'enorme capacità di adattamento e di resistenza di fronte alle malattie più gravi che possono colpirlo: si può sopravvivere infatti anche con una funzione renale ridotta al 5% del normale.
Tutti possono ammalarsi di insufficienza renale cronica, sia gli adulti che i bambini. Le malattie che colpiscono i reni e possono provocare un'insufficienza renale sono molte e riconoscono cause molteplici, alcune note, altre poco o per nulla conosciute. Le più frequenti sono le glomerulonefriti, le infezioni renali, il diabete, l'ipertensione arteriosa, l'abuso di farmaci (ad es. antidolorifici e alcuni antibiotici).

Il TRATTAMENTO SOSTITUTIVO
Con il termine terapia sostitutiva si intende una metodica in grado di sostituire in parte la funzione renale; essa è rappresentata da:
EMODIALISI, in cui viene utilizzata una macchina (rene artificiale) per la depurazione del sangue

DIALISI PERITONEALE, che utilizza la membrana peritoneale (membrana che ricopre l'intestino) per la depurazione del sangue

TRAPIANTO RENALE, effettuato solo quando esistono le condizioni cliniche opportune. Il trapianto renale, da cadavere o da vivente, rimane la forma più completa di terapia sostitutiva dell'insufficienza renale cronica terminale

EMODIALISI
L' emodialisi è una tecnica che permette di rimuovere le sostanze tossiche che si accumulano nell'organismo attraverso il "lavaggio" e "filtraggio" del sangue mediante l'utilizzo del rene  artificiale. Il rene artificiale è un'apparecchiatura che filtra e ripulisce il sangue attraverso uno speciale filtro.


Sono oltre 3 milioni i pazienti con insufficienza renale in tutto il mondo e oltre 600.000 in dialisi mentre in Italia le persone sottoposte al trattamento dialitico sono oltre 40000 con un incremento annuo di oltre 7000 persone (dati aggiornati alla fine del 2001) .
La popolazione dialitica a Modena e provincia ammonta a circa 600 dializzati.
Il costo di una singola seduta di emodialisi si aggira intorno ai 200-250 euro: per ottenere una depurazione efficace si deve eseguire l'emodialisi solitamente tre volte la settimana, a giorni alterni...Provate ad immaginare i costi !
Ogni seduta di dialisi dura circa 3-4 ore durante le quali il paziente rimane collegato al rene artificiale.
L'emodialisi viene effettuata in "punti dialisi" attrezzati di un rene artificiale: in ospedale, dove sono presenti medici e infermieri; nei centri di assistenza limitata dislocati in ambulatori sul territorio (anche all'esterno di strutture ospedaliere) con la presenza di un infermiere; presso il proprio domicilio. In quest'ultimo caso è necessaria l'assistenza di un familiare precedentemente addestrato all'apprendimento della tecnica, che aiuti il paziente nella esecuzione della dialisi.
Gli elementi essenziali della dialisi sono: l'accesso vascolare;
il rene artificiale;

un letto o poltrona-bilancia;

l'infermiere (un familiare se la dialisi è eseguita a domicilio).

 

L'accesso vascolare può essere di due tipi:

  • FISTOLA ARTERO-VENOSA: consiste nella creazione, mediante un piccolo intervento in anestesia locale, di un collegamento permanente tra un'arteria e una vena del braccio,

In questo modo si ottiene un passaggio diretto di sangue dall'arteria alla vena così che, quest'ultima, divenga sufficientemente grande e robusta per inserire facilmente i due aghi che, durante la seduta dialitica, verranno collegati alle linee del rene artificiale.

Ad ogni trattamento dialitico, infatti, il paziente si stende sul letto o sulla poltrona, viene collegato tramite i due "punti di contatto" della vena: quello inferiore serve per portare il sangue, mediante una pompa, nel filtro del rene artificiale dove viene "depurato". Contemporaneamente il sangue "pulito" che esce dal filtro viene reimmesso nella vena nel punto di contatto superiore.

  • CATETERE VENOSO CENTRALE, utilizzato in genere nelle dialisi eseguite “in urgenza” oppure  destinato a quei pazienti in cui il patrimonio venoso superficiale del braccio è  scarso e non permette il confezionamento di una fistola artero-venosa. Si tratta di un piccolo “tubo” sintetico posizionato permanentemente nella vena giugulare (a livello del collo) oppure nella vena femorale (a livello dell’inguine) che consentono il collegamento del paziente al rene artificiale.

PROBLEMI LEGATI AL TRATTAMENTO DIALITICO

Nonostante i notevoli progressi tecnologici che hanno migliorato la sicurezza del trattamento emodialitico, l'intervento non è privo di rischio. Infatti, sia durante che dopo il trattamento, possono verificarsi problemi la cui conoscenza permetterà a chi si trovi a fianco al paziente un corretto intervento spesso senza dover far ricorso al medico.
In particolare, nell'immediato post-dialisi o durante il trasporto del paziente, potranno verificarsi: emorragie;


ipotensione; vomito; crampi; febbre; brividi;
ipertensione.
Vediamo di analizzare brevemente alcuni di questi.

EMORRAGIE
La necessita' di somministrare eparina per evitare durante la dialisi la coagulazione del sangue nelle linee della macchina da dialisi provoca la scoagulazione del paziente: ne deriva un  aumentato rischio emorragico durante il trattamento dialitico ed anche successivamente. Può capitare infatti che all'improvviso il paziente abbia perdite di sangue anche notevoli dalla sede di infissione degli aghi nel braccio: in questo caso l'intervento consiste (dopo aver indossato i guanti!) nel comprimere con adeguato tampone di garze il punto di fuoriuscita ematica e, contemporaneamente, sollevare il braccio in alto in modo da diminuire l'afflusso di sangue al punto di perdita.
E' opportuno poter disporre di cotone emostatico da utilizzare assieme al tampone. Generalmente pochi minuti sono sufficienti ad arrestare l'emorragia.

IPOTENSIONE
E' un'altra evenienza frequente. Il paziente si presenta spesso sudato, non risponde alle sollecitazioni, perde "colore", ecc.: metterlo subito disteso a terra senza nulla al di sotto della testa, sollevare le gambe a 45 gradi e tenerlo in questa posizione fino a quando non riprenda i sensi. In genere bastano 10-15 secondi perché il paziente si riprenda : in caso contrario provvedere al tempestivo trasporto in ospedale, somministrare ossigeno, e in mancanza del battito operare il massaggio cardiaco.

VOMITO
Dopo la seduta dialitica può verificarsi la comparsa di vomito, le cui cause sono varie. In post- dialisi potrebbe essere dovuto ad una ipotensione (causa frequente). In caso di paziente barellato, aiutarlo a eliminare il materiale emesso, mettendolo in decubito laterale, per evitare che si verifichi il suo passaggio del vomito nelle vie respiratorie. Nel caso in cui il vomito sia striato di sangue o sia addirittura solo sangue, è necessario riportare il paziente al centro dialisi o al Pronto Soccorso più vicino.

CRAMPI
In questo caso il paziente lamenta contratture molto dolorose più spesso localizzate agli arti inferiori (piedi, polpacci). Tenere distesa completamente la gamba e flettere il dorso del piede verso la gamba stessa oppure consigliare al paziente di premere, a gamba distesa, con il piede verso una superficie qualsiasi (la mano dell'operatore ad es.). Utile applicare borsa di acqua calda e/o massaggi.

FEBBRE E BRIVIDI
Quando non siano legati ad un fatto infettivo preesistente alla seduta dialitica (es. sindrome influenzale) possono essere una reazione secondaria al contatto del sangue, nel corso della seduta dialitica, con sostanze dette “pirogeni” che sono responsabili della comparsa di febbre. Nei pazienti portatori di catetere venoso centrale, lo stesso catetere potrebbe essere la via di ingresso di germi responsabili della comparsa della febbre. Brividi e febbre non costituiscono una vera e propria “urgenza”. In questo caso si invita il paziente a misurare la temperatura  una volta al  proprio domicilio, e di contattare il medico del loro centro Dialisi al persistere della sintomatologia.


Tra le complicanze legate all’insufficienza renale che potreste incontrare durante il trasporto del paziente dal proprio domicilio al centro Dialisi, quindi una evenienza PRE-DIALITICA, vi è l’edema polmonare. Quando il rene perde la sua funzione i pazienti urinano poco o addirittura non urinano più. Questo comporta che tutti i liquidi assunti dal paziente, più quelli prodotti dalle reazioni cataboliche del nostro organismo, tendono ad accumularsi e ridistribuirsi nel corpo. L’evenienza  più drammatica si verifica quando l’eccesso di acqua finisce nei polmoni, provocando quindi difficoltà respiratorie che possono essere anche fatali se non si prendono le giuste e tempestive misure terapeutiche. Se il paziente fa fatica a respirare, bisogna invitarlo a stare in una posizione seduta o semi-seduta, per favorire lo spostamento dell’acqua verso la base dei polmoni e facilitare quindi la respirazione. In caso di edema polmonare bisogna portare il paziente immediatamente al Centro Dialisi, dove, mediante il trattamento dialitico, viene rimossa l’acqua in eccesso.

MISURE GENERALI
In caso si rendesse necessaria la misurazione della pressione arteriosa questa dovrà essere presa sul braccio opposto alla sede della fistola utilizzata per la dialisi. E' bene non sollevare mai il paziente facendo leva sul braccio utile alla dialisi, meglio se preso a livello delle ascelle.
In ogni caso sarà opportuno procedere a qualsiasi manovra di trasporto sul paziente con molta attenzione e delicatezza vista la facilità al verificarsi di fratture ossee soprattutto nei più anziani.

PROBLEMI PSICO-SOCIALI
Come la maggior parte dei pazienti con malattie croniche, anche l'emodializzato può soffrire di manifestazioni psichiatriche che riflettono le difese attivate contro la minaccia di una seria malattia. All'inizio della dialisi molti pazienti attraversano una fase di adattamento caratterizzata dal dolore per la perdita irreversibile della salute, dalla paura della morte, dal senso di frustrazione per la mancata autonomia e dal dispiacere di gravare sulla famiglia.
Il miglioramento delle condizioni soggettive dopo le prime dialisi è spesso associato ad un senso di sollievo e di serenità.
Taluni pazienti diventano addirittura euforici nel constatare la semplicità dell'emodialisi rispetto alla macchinosità e pericolosità che si erano immaginati.
Tuttavia, la persistente dipendenza dalla macchina, l'insorgenza di conflitti familiari o col personale sanitario, la perdita della propria immagine a causa della malattia, la difficoltà a continuare l'attività lavorativa possono produrre in alcuni pazienti uno stato di depressione psichica.
In altri pazienti è il concetto del trattamento continuo senza guarigione che induce uno stato di depressione e di conflitto; specialmente questi pazienti puntano tutte le loro speranze su un trapianto renale.
L'attesa spasmodica di questo evento da un lato ed il timore che l'eventuale trapianto possa fallire dall'altro mantengono uno stato di tensione.
Inoltre il paziente non è libero di mangiare o bere ciò che vuole ed il rapporto sessuale può essere impedito dalla perdita della libido e dal peggioramento delle capacità sessuali che possono accompagnare l'insufficienza renale.
Ne può conseguire un ulteriore peggioramento della depressione che può condurre nei  casi estremi a tendenze suicide più o meno determinate.
Nell'ambito di questa complessa instabilità psichica, il paziente può manifestare un rifiuto o una scarsa aderenza alla terapia farmacologica ed alle prescrizioni dietetiche, innescando così un conflitto coi medici, gli infermieri, i familiari, ecc..
Se si guarda alla popolazione dialitica si vede che questa è per buona parte costituita da persone di una certa età (i pazienti anziani sono in costante aumento) : ne deriva che il quadro sopra descritto risulta amplificato dai normali problemi legati all'invecchiamento (ad es. malattie cardiovascolari, sordità, cecità, artrosi invalidante, perdita della memoria, ecc.).
La sensibilità del personale medico e paramedico, dei volontari, la visita periodica di un assistente sociale, l'organizzazione di servizi di trasporto gratuiti dal domicilio al centro dialisi possono contribuire ad una migliore riabilitazione dell'anziano in emodialisi periodica.


RIASSUNTO

Qui di seguito riportiamo alcune delle complicanze che si potrebbero incontrare durante il trasporto degli emodializzati con il relativo trattamento:

POST-DIALITICHE (durante il trasporto del paziente dal Centro Dialisi  al proprio domicilio):

  • EMORRAGIA dalla fistola artero-venosa: indossare i guanti, tamponare la sede di sanguinamento (in modo non troppo energico per evitare danneggiamento dell’accesso vascolare) e posizionare il braccio in posizione di scarico. In caso di mancato arresto dell’emorragia riportare il paziente al proprio centro dialisi.
  • IPOTENSIONE: metterlo subito disteso a terra senza nulla al di sotto della testa, sollevare le gambe a 45 gradi e tenerlo in questa posizione fino a quando non riprenda i sensi. In caso di mancata ripresa del paziente dopo alcuni secondi: provvedere al tempestivo trasporto in ospedale, somministrare ossigeno, e in mancanza del battito operare il massaggio cardiaco.
  • CRAMPI: Tenere distesa completamente la gamba e flettere il dorso del piede verso la gamba stessa oppure consigliare al paziente di premere, a gamba distesa, con il piede verso una superficie qualsiasi.
  • VOMITO: in caso di paziente barellato, aiutarlo a eliminare il materiale emesso, mettendolo in decubito laterale, per evitare che si verifichi il suo passaggio del vomito nelle vie respiratorie.

 

PRE-DIALITICHE (durante il trasporto del paziente dal proprio domicilio al Centro Dialisi):

  • DIFFICOLTA’ RESPIRATORIA (ed EDEMA POLMONARE): se il paziente fa fatica a respirare, bisogna invitarlo a stare in una posizione seduta o semi-seduta. Contattare immediatamente il Centro Dialisi e decidere se portare il paziente in Pronto Soccorso o nuovamente in Dialisi.

Centro Diurno Anziani

a cura di Maria Pia Bagnato 7


7 Psicologa e Psicoterapeuta – Responsabile della Formazione per la Croce Blu di Modena dal 1990


  • Centro Diurno Anziani [durata 60 minuti]

Nonni e volontari. Un progetto di integrazione fra socialità e utilità

OBIETTIVI:
Scopo di questo capitolo è quello di far riflettere sulla situazione di disagio vissuta dagli anziani e sulle risorse disponibili che possono essere utilizzate per alleviare la sensazione di malessere provata dai nostri nonni.
Inoltre si vuole presentare la nostra proposta: il Centro Diurno "La Noce", centro nato per dare una risposta ben precisa alle varie  richieste degli anziani.

La seguente presentazione è divisa in tre parti:

    • l’ipotesi;
    • l’analisi delle risorse: i volontari e l’esperienza dei Centri Territoriali per la Terza Età;
    • la nostra proposta: il Centro la Noce.
  • L’ipotesi

Attraverso osservazioni cliniche effettuate sia all’interno dei centri territoriali per la Terza Età, che all’esterno, osservando più semplicemente il quotidiano intorno a noi e le altre esperienze sul territorio, ci sembra di poter affermare che le persone che appartengono a quella fase della vita chiamata vecchiaia,  sono spesso in una situazione di attesa, quindi, secondo noi, in parte sono esclusi dal ciclo produttivo ma in parte anche, riteniamo, auto-esclusi. Come se il loro destino, la loro vita, non dipendessero anche da loro. Sembrerebbe quindi che gli altri solamente possano modificare il loro stato, le loro emozioni, i loro mancati  progetti per il domani. Questa è la nostra ipotesi. Prendetela come tale, frutto di un’osservazione che abbiamo fatto in questi cinque anni in cui abbiamo collaborato alla organizzazione e coordinamento dei Centri Territoriali per  la  Terza Età; peraltro ipotesi che raffigura quella parte di anziani che partecipano ai Centri e di questi, stiamo scattando la fotografia della maggioranza, quindi anche noi abbiamo  riscontrato  qualche  eccezione  all’interno  del campione osservato.
Non è certamente una ipotesi innovativa, ma è anche sulla base di questa ipotesi che ruota il nostro progetto: “La Noce”.

 

I motivi. I motivi sono sicuramente in parte dovuti alle difficoltà di salute, al deterioramento cognitivo, alla diminuita autosufficienza e alle psicopatologie che sappiamo essere frequenti nella Terza Età.
Crediamo però che vi siano anche delle “credenze” legate a queste situazioni, che peraltro, non sempre sono così disastrose. Questi pensieri/credenze, sono in parte delle persone che vivono quest’età, ma in parte crediamo siano anche dei messaggi dati dalla Società (che spesso  conferma l’attuale “melodia” culturale che possiamo riassumere nella equazione: vecchio= malato/incapace/inaffidabile…), quindi il fatto di non farcela a volte non è vero, il fatto di essere “over 65” coincide con l’essere così stanchi e impossibilitati ad essere persone attive. A questo punto allora proponiamo una sfida:

  • vivere rassegnati per l’impossibilità di essere protagonisti con quell’atteggiamento di “attesa”;

oppure

  • vivere ricercando questa nuova identità che si trasforma continuamente nel corso della nostra vita, ricercando ogni giorno di essere protagonisti.

Stiamo parlando di una identità nuova che è in continua costruzione e modificazione; questa continua trasformazione che caratterizza la nostra vita, non si ferma in un certo momento dell’età adulta, ma va avanti anche dopo.
“Divenne capriolo, divenne pesce, divenne uomo e serpente, nuvola e uccello. In ogni forma però era intero, era una “coppia”, aveva in sé luna e sole, uomo e donna, scorreva come fiume gemello per le terre,
stava come stella doppia in cielo.” Herman Hesse – Favola d’amore. Le trasformazioni di Pictor

Queste credenze (beliefs) disfunzionali, concetto mutuato dalle teorie cognitive8, creano questa situazione “patogena” più volte confermata per cui, “mi sento vecchio” è uguale a “non ce la posso fare”, “ho bisogno degli altri”, “senza gli altri non sarò in grado di sopravvivere” perché “non posso”, “non devo”, “mi affatico”, e quindi “ho bisogno degli altri perché sono vecchio”… Questo “circolo vizioso” si auto-alimenta in questo modo e rinforza l’idea che la vecchiaia è un’età da sopravvivere non da abitare.

 

Come già abbiamo anticipato prima, noi non siamo d’accordo. Preferiamo pensare, per esempio,  al ciclo di vita proposto da Erikson, per il quale gli stadi psicosociali si percorrono in una continua evoluzione e quindi le persone hanno il diritto, e in parte anche il dovere, di ricostruirsi sempre una nuova identità in modo attivo. Se è vero che siamo all’interno di questo ciclo di vita, e se è vero che siamo noi che costruiamo questa possibilità, è opportuno interrompere quel circolo vizioso che abbiamo visto prima.

Cosa può mettere a disposizione la Croce Blu?

  • Passiamo alla seconda parte della presentazione: le risorse.

Abbiamo detto che le risorse che la Croce Blu di Modena può mettere a disposizione sono: i volontari e l’esperienza dei Centri Territoriali che abbiamo fatto con altri partners.

La prima risorsa: i volontari.
Prendiamo i dati dalla ricerca9 che abbiamo svolto all’interno della nostra Pubblica Assistenza nel 1998, con un campione di 107 volontari. Dalla ricerca emerge che i volontari, analizzati attraverso la somministrazione di un questionario, sono in maggioranza maschi, studenti, con un’età compresa tra i diciannove e i  trent’anni, quindi un campione molto giovane, in maggioranza con un titolo di studio di scuola media superiore; sono infine quasi sempre alla prima esperienza di volontariato. Abbiamo    analizzato
anche alcune altre variabili: la motivazione, la soddisfazione, la percezione della qualità del servizio, cioè come i volontari si sentono all’interno dell’associazione per le attività che svolgono. Sempre tramite il questionario, abbiamo poi chiesto ai volontari di segnare in una scala di accordo/disaccordo  da  1  a  5,  quanto  erano  d’accordo  con  48  items  che  consistevano       in

8 Il mestiere di psicoterapeuta – Cesare De Silvestri, Astrolabio 1999

9 Volontariato verso il 2000, quale ruolo? Una ricerca sul territorio modenese. Maria Pia Bagnato 1998


affermazioni; sulle risposte di accordo/disaccordo ottenute abbiamo estrapolato 5 fattori attraverso l’analisi fattoriale dalla quale abbiamo ottenuto 5 fattori; su questi 5 fattori abbiamo fatto alcune ricerche che noi qui tralasciamo, in particolare il fattore che a noi interessa in specifico per questo incontro è il “bisogno di relazione/soddisfazione personale”.
Perché ci interessa? Perché secondo noi, si vede chiaramente che all’interno della nostra associazione c’è una buona soddisfazione, i volontari stanno bene assieme, e soprattutto questo fattore “bisogno di relazione/soddisfazione personale” rileviamo che correla con la presenza di amici che svolgono attività di volontariato. Più sale la risposta di “sì, ho amici che svolgono l’attività di volontariato”, più la soddisfazione personale sale (cioè i punteggi positivi al fattore, aumentano). Possiamo dire allora che sicuramente la ricerca conferma quello che evidentemente si può riscontrare anche partecipando ad alcuni momenti sociali, notando allora dall’esterno che i  volontari stanno bene in Associazione e che di questo ne percepiscono la buona qualità.
Una nota solamente per ricordare che i volontari con punteggi più critici nei confronti dell’associazione e della formazione al servizio, anche se sempre comunque più che soddisfatti, erano i volontari più giovani. Come noto, la formazione è un percorso molto articolato e di faticosa percezione, per cui è difficile comprendere la complessità di questa attività soprattutto nella nostra associazione, dove sono previsti vari livelli di formazione con corrispondenti diversi percorsi formativi. Nella ricerca, i punteggi di criticità nei confronti della formazione erano più alti nei soggetti con un’esperienza di volontariato più bassa, quindi con una minore anzianità di servizio; quando l’anzianità di servizio sale,  riscontriamo giudizi più positivi. Il valore assoluto era in ogni caso un punteggio sempre di soddisfazione alta. Questi dati sono confermati da un campione in esame ora: stiamo infatti svolgendo la stessa ricerca sia sulla Pubblica Assistenza di Modena - per confrontare i dati dopo cinque anni - sia sulle Pubbliche Assistenze della provincia per un confronto fra le associazioni del territorio provinciale per verificare eventuali differenze significative Sono cinquemila i volontari della provincia di Modena , 31 le Pubbliche Assistenze.

È stata presentata questa fotografia molto veloce, per dire che secondo noi il progetto la Noce può essere preso in considerazione, le risorse ci sono, perché questa carica emotiva e questa relazionalità che esiste all’interno della nostra associazione può essere un fattore interessante, e come per altri progetti può essere il volano per sperimentare questa nuova opportunità.

L’altra risorsa è rappresentata dai Centri Territoriali.
Come è stato detto più volte, la loro origine viene dall’esperienza di Anna Bulgarelli e Vittorio Saltini (allora Presidente di ARCI Modena), che rientrati da un Congresso sul volontariato a Washington alcuni anni fa, pensarono di sperimentare questa formula di diurno per anziani.  Nascono come proposta di attività ricreative e di animazione per anziani che vivono prevalentemente soli e che necessitano di integrarsi nel tessuto sociale di appartenenza. Anche questo nasce come progetto sperimentale che vede la collaborazione di diversi attori sociali. La prima esperienza risale al 1995. Erano un totale di 4 Centri Territoriali corrispondenti alle 4 circoscrizioni di Modena.
All’inizio il progetto si realizzava solo d’estate e infatti era chiamato "Centri Estivi della Terza Età". Adesso sono organizzati durante l’intero anno.
Gli enti promotori, in collaborazione per la realizzazione periodica dei Centri, sono: il Comune di Modena, in particolare l’Assessorato alla Politiche Sociali, la Croce Blu di Modena e le altre associazioni di volontariato ARCI, ASS.SO, AUSER, Caritas Diocesana, Comitato Anziani, UISP. Dal 1997 il coordinamento dei Centri è stato affidato alla Cooperativa Sociale Oltre il Blu. Gli obiettivi dei Centri Territoriali sono: stimolo alla socializzazione e allo scambio intergenerazionale, i “nonni” infatti trascorrono la giornata con persone giovani con le quali possono condividere e scambiare idee ed emozioni; creazione di relazioni amicali, prevenzione della solitudine e dell’emarginazione sociale; utilizzo delle potenzialità residue; mantenimento dell’autonomia.
Sono rivolti alle persone che hanno compiuto 65 anni ed autosufficienti. Si rivolgono probabilmente a quella fascia di persone che si pongono tra la difficoltà acuta e la fragilità.
Adesso si svolgono in periodi diversi come anticipavo prima: primaverile, estivo, autunnale, invernale. L’anno scorso sono stati accolti ai Centri in ogni periodo una media di 115 anziani


distribuiti nelle quattro sedi, e dalla primavera   2000 all’estate 2002 abbiamo registrato più di
13.000 trasporti.
Queste sono le attività: Gioco delle carte, Lettura del giornale, Passeggiate, Attività grafico- pittoriche, Quiz e cruciverba, Ascolto musica, Attività motoria, Tombola. Ultimamente abbiamo inserito una nuova attività: il ‘quiz musicale’, grazie alla collaborazione di Sara che, assieme agli operatori del comune di Modena, ai volontari ed al coordinatore dei Centri,
ha messo in piedi questo progetto di “musicoterapia”. Gli obiettivi di questa attività sono: stimolazione mnemonica, stimolazione alla socializzazione, coinvolgimento semplice e diretto della musica, stimolo del tono dell’umore grazie all’aspetto ludico e musicale dell’attività.
Gli orari dei centri sono scanditi dalle attività, gli utenti arrivano al mattino; Ore 10,00 accoglienza, Ore 10,30 attività grafico pittoriche e lettura del giornale, ore11,30 ginnastica, Ore 12,15 pranzo, Ore 13,30 attività varie:
musicoterapia o altro, Ore 14,30 Tombola, Ore 16,00 saluti e chiusura; i volontari e i mezzi della Croce Blu riportano gli ospiti dei Centri alle loro case.
Il servizio è svolto dall’animatrice messa a disposizione dal Comune di Modena, dagli operatori di base, dai volontari e dagli obiettori di coscienza o giovani in servizio civile.

 

  • Siamo all’ultima parte: la nostra proposta.

Dai Centri territoriali al Centro diurno La Noce, nonni e volontari verso un progetto di integrazione. Perché? La nostra idea è quella di creare un centro diurno con le stesse caratteristiche e le stesse attività dei Centri, vorremmo però offrire la possibilità ai nonni di stare insieme ai più giovani ed anche di poter fare qualcosa, e quindi dare loro di nuovo quella potenzialità in termini di ciclo produttivo, di sentirsi vivi, di sentire di potere fare qualcosa, perché - ne siamo convinti - qualcosa possono fare. In qualche modo la nostra “distorsione”, frutto ormai di vent’anni di volontariato, per cui vediamo tutto filtrato da questo mondo, ci porta a insistere affinché anche i nonni facciano i
volontari, ovviamente nelle dimensioni in cui ciò è possibile. La nostra Associazione non fa solo servizio di emergenza-urgenza, per il quale la città in prevalenza ci conosce, ma svolge anche  altre attività sociali. Inoltre vi sono spesso tanti servizi e attività interne che servono all’attività di trasporto malati, che potrebbero essere svolte dai nonni durante la giornata presso la Noce.
Crediamo che questa convivenza assieme possa essere una buona opportunità. Questa è la nostra scommessa. Le attività ricreative, saranno le stesse dei Centri Territoriali, in più sperimenteremo questa proposta di “nonni volontari”. Non possiamo per diversi motivi lasciare spazio alla persistenza di quello stereotipo di vecchiaia come “fine dei giochi” che a volte incontriamo sia nei racconti di chi vive questa età, sia nella percezione della società. Da una parte vi è il valore dell’identità di ogni individuo, che vorremmo far emergere. Ma dall’altra, anche una constatazione di risorse non infinite, sia economiche che umane. Perciò non può davvero esistere e sopravvivere quel modo di pensare, quella credenza individuale e collettiva descritta più sopra. Occorre lavorare in prevenzione e nel sociale affinché ognuno di noi possa costruire una vita migliore in un mondo globalmente migliore.

 

Riassunto:
Concludo dicendo che siamo partiti da questa provocazione che non appartiene a tutti, perché gli anziani non sono tutti “in attesa” ovviamente… abbiamo fatto questa ipotesi un po’ faticosa.
Abbiamo detto: noi ci siamo, possiamo mettere a disposizione queste risorse: una risorsa sono i volontari, l’altra è la nostra esperienza dei Centri Territoriali.


Abbiamo infine fatto una proposta, che probabilmente non ha caratteristiche di eccezionalità o unicità. Crediamo solamente che possa essere un altro progetto sul quale sperimentarci come Pubblica Assistenza di Modena.

 

“Il bimbo ristette lo sguardo era triste e gli occhi guardavano cose mai viste e poi
disse al vecchio con voce sognante: mi piaccion le fiabe, raccontane altre…” Francesco Guccini, Il vecchio e il bambino

 

BIBLIOGRAFIA

Allario Mario, I nuovi anziani: interessi e aspettative. Franco Angeli, 2003
Paola Valeria Ceriani, Simona Donegani, Chiara Mazzetti, Claudia Osculati, Dare Vita agli anni. Salute e benessere in Terza e Quarta età. Mc Graw Hill, 2003
Bizzini L., Cognitive Psichotherapy in the treatment of Personality Disorders in the Aged. In Perris  e McGorry 1998
De Beauvoir Simon, La Terza età. Einaudi, 2002
De Silvestri Cesare, I Fondamenti teorici e clinici della Terapia Razionale Emotiva. Astrolabio Casa Editrice, 1981
De Silvestri Cesare, Il mestiere di psicoterapeuta. Astrolabio Casa Editrice, 1999
Robert O. Hansson, Ph.D., and Bruce N. Carpenter, Ph.D. Relationships in old age. Guilford Publications, 1994
Cesa Bianchi Marcello, La psicologia dell’invecchiamento. Caratteristiche e problemi. Carocci, 2001.
Cesa Bianchi Marcello; Vecchi T., Elementi di psicogerontologia. Milano, Franco Angeli, 1998. Chattat R., La valutazione in Psicologia Gerontologia. Pitagora Editrice Bologna, 2000.
Erikson, I cicli di vita. Armando Editore, 1999.
Hersen Van Hasselt, Trattamenti psicologici nell’anziano. Mc Graw libri Italia, 1998.
Maria Rosaria Liscio, Maria Caterina Cavallo, La malattia di Alzheimer - Dall’epistemologia alla comunicazione non verbale. Mc Graw Hill, 2000
Moser Fabio, Pezzati Rita, Un’età da abitare. Identità e narrazione nell’anziano. Bollati Borighieri Torino, 2002
Scocco Paolo, De Leo Diego, Pavan Luigi, Manuale di psicoterapia dell’anziano. Bollati Borighieri Torino, 2001.
Terzo rapporto sugli anziani in Italia (2002-2003) Franco Angeli


 

Psicopatologia

a cura di Maria Pia Bagnato 10


10 Psicologa Psicoterapeuta – Responsabile della Formazione per la Croce Blu di Modena dal 1990


Psicopatologia [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
conoscenza di quale sia il miglior supporto psicologico del volontario nei confronti del paziente durante il trasporto, per garantire la qualità del servizio;
descrizione di alcune delle più comuni Psicopatologie (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore).

“Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava.
Ma mi risposero: “ Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?”. Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi.
Il mio disegno numero due si presentava così:

"Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L'essenziale è invisibile agli occhi."

Il piccolo principe
di ANTOINE DE SAINT-EXUPERY

 

Le persone trasportate in ambulanza soffrono per un dolore fisico evidente (malattia cronica o acuta, politrauma, emorragia…) alla quale si affianca anche una sofferenza psichica che noi non vediamo ma che sicuramente c'è.

Le malattie fisiche diventano disagio psicologico per la loro invasività in tutti i campi della vita e per i deficit che causano nel paziente.
Il malato trasportato ha pertanto bisogno di essere assistito/supportato anche dal punto di vista psicologico.

Sono ormai diversi anni che abbiamo inserito nei nostri Corsi Base e anche in quelli per l’emergenza-urgenza VSA (Volontario Soccorritore ANPAS), moduli sulla psicopatologia, sul supporto psicologico e sulla psicologia dell’emergenza. I volontari apprendono nozioni per affrontare l’intervento di emergenza o, più semplicemente per un trasporto sanitario, imparando ad utilizzare presidi e tecniche che consentono un trasporto adeguato, riteniamo però fondamentale aggiungere nozioni anche per la parte di sofferenza psichica del trasportato. Questi sono gli obiettivi del nostro incontro.

Secondo noi la competenza umana (non è necessario essere professionisti) e la competenza tecnica sono i due elementi che possono garantire la qualità del servizio e il benessere del paziente.


 

 

OBIETTIVI dei MODULI # 26 e 28 STANDARD FORMATIVI ANPAS©

1^ parte: Cosa s’intende per supporto psicologico al paziente? (modulo 26)
Attenuare sul piano “umano” / emozionale le difficoltà che vivono i pazienti durante il trasporto.

 

Competenza tecnica +
Competenza “umana” / emozionale = QUALITA’ DEL SERVIZIO

Il dolore provato dal paziente è sia FISICO che

PSICHICO, al di là della patologia sofferta.

 

Che fare?

Solo una buona integrazione fra competenza a livello tecnico e livello psicologico portano ad un intervento di buona qualità e di soddisfazione sia del volontario che del paziente pur nella sofferenza.

Che ruolo ha il volontario?

Possiamo dire che è specialista nel secondo livello pur avendo –nel nostro territorio modenese – anche un’ottima preparazione tecnica.

 

Svilupperemo questo pensiero utilizzando due macro argomenti:

  • il lavoro di gruppo
  • la comunicazione

 

2^ parte: Un breve excursus sulle Psicopatologie più comuni. (modulo 28)


I parte
Supporto Psicologico durante il trasporto

Il Lavoro di Gruppo

Quando usciamo in ambulanza per svolgere un servizio, con noi vengono altri soccorritori, con i quali dovremo collaborare. Sicuramente se cercassimo di operare ognuno per conto proprio finiremmo per intralciarci e creare confusione, se invece ci integriamo suddividendoci i compiti, allora tutto risulterà più facile e ordinato. E' inutile recarsi in due alla radio ricetrasmittente per comunicare con il 118, oppure salire in due sull'ambulanza per prendere la steccobenda… Il nostro servizio deve essere rapido e funzionante, non devono esserci confusione e incomprensioni, come, ad esempio, discussioni in presenza della persona soccorsa sull'utilizzo o meno del cotone e della garza sterile.
Per raggiungere una buona armonia nel gruppo è quindi necessario che ogni singolo soccorritore si impegni a tenere degli atteggiamenti professionali e collaborativi avendo come obiettivo il benessere della persona trasportata.

Cerchiamo allora di illustrare qualche accorgimento utile per migliorare la collaborazione fra i volontari.

Parole Chiave:
Interazione - termine usato in psicologia e sociologia: relazione fra due persone; interazione sociale, in cui ciascun soggetto modifica i propri comportamenti in rapporto a quelli dell'altro, anticipandoli o rispondendovi.
Integrazione – termine usato in fisiologia: coordinazione e confluenza di più funzioni elementari in un'attività complessa11.

L'Atteggiamento Professionale

Quest'ambito comprende alcuni comportamenti e modi di presentarsi che trasmettono immediatamente un senso di fiducia e sicurezza nelle competenze ed abilità tecniche del  volontario soccorritore. E' molto importante per una persona sofferente sentirsi aiutato da qualcuno in grado di alleviare il suo dolore.

I punti fondamentali possono venire riassunti come segue:

indossare sempre la divisa pulita ed in ordine, esponendo bene in vista il tesserino della propria associazione;
curare il proprio aspetto fisico: per fare solo un esempio possiamo immaginare la diffidenza che provocherebbe nella persona soccorsa una volontaria che si presentasse con tacchi alti ed un numero di anelli tale da impedirle di infilarsi velocemente i guanti sterili, oppure un ragazzo con i pantaloni corti, la barba incolta; oppure vedere lo stesso gruppo di soccorritori con  diverse divise, più o meno in ordine…;
gestire e controllare in modo ottimale le proprie emozioni: il volontario può provare ansia rispetto alle sue capacità di affrontare questa situazione, paura di un eventuale contagio o di potersi comunque far del male, dolore per la situazione della persona soccorsa, o ancora fastidio, insofferenza, noia, ecc… Qualsiasi tipo di emozione va comunque controllata e non comunicata/trasferita alla persona soccorsa; è opportuno al rientro confrontarsi con gli altri volontari, e quindi esternare le proprie difficoltà con loro o chiedere un appuntamento con la Direzione Sanitaria dell’Associazione;
rapportarsi rispettosamente e gentilmente con la persona soccorsa ed i suoi eventuali accompagnatori; non dobbiamo mai dimenticare che siamo lì per soccorrere una persona   che

11 Dizionario De Mauro – Bruno Mondadori editori. 2000


è già in difficoltà, non possiamo quindi aumentare la sofferenza del trasportato con comportamenti poco gentili o intolleranti;
svolgere con sicurezza le manovre di soccorso: incontrare un volontario che non dimostra disinvoltura nell'alzare lo schienale della barella o che non sa immobilizzare una  gamba, genera sicuramente paura e ansia nella persona soccorsa oltre che confusione all'interno dell’equipaggio; anche in questo caso se il volontario si trova in difficoltà può chiedere aiuto  agli altri e al rientro in sede, dovrà farsi spiegare da volontari più esperti quella manovra che durante il servizio non ricordava;
esaudire con attenzione ed interesse le richieste comunicate dalla persona soccorsa, nei limiti esplicitati nel protocollo di intervento e dal ruolo del Volontario Soccorritore: non rispettare i protocolli creerebbe dei dissapori e dei motivi di conflitto nell’equipaggio e dimostrerebbe inoltre l'incapacità di attenersi e di rispettare i compiti ed i doveri impliciti nel ruolo di volontario soccorritore che si riveste nel momento dell'intervento;
non mettersi mai a discutere davanti alla persona soccorsa! Ogni discussione va rimandata in un momento e in un luogo più opportuni per un appropriato chiarimento fra l’equipaggio.

 

L'Atteggiamento Collaborativo

La collaborazione e la cooperazione sono i due aspetti principali che differenziano un Gruppo da un ‘Gruppo di Lavoro’.

Con il termine "gruppo" si indica una "pluralità di soggetti in interazione impegnati a soddisfare i propri bisogni individuali". Si intende cioè un insieme di persone che, pur trovandosi contemporaneamente nello stesso luogo, sono impegnate ognuna ad occuparsi dei propri bisogni, senza cercare di trovare uno scopo comune che possa racchiudere ed utilizzare tutte le risorse presenti. Esemplificando possiamo vedere un gruppo in una squadra di soccorritori in cui ognuno agisce compiendo le manovre in cui si sente più sicuro, senza preoccuparsi di cosa stiano facendo i suoi compagni.
Il gruppo di lavoro è invece un "insieme di persone in integrazione, ossia impegnati ad integrare i bisogni individuali per produrre un lavoro di gruppo" quindi un risultato complesso che non è dato semplicemente dalla somma delle parti.
Rientra in questa definizione la problematica di come riuscire a sfruttare al meglio le risorse presenti: se si dispone di un soccorritore alto e robusto e di una soccorritrice abituata a  comunicare con la gente, al primo verranno affidati tutti i compiti più pesanti mentre la seconda si dedicherà maggiormente alla sfera relazionale.
Così facendo otterremo un lavoro di gruppo, ossia "un'azione complessa propria del gruppo di lavoro, richiedente oltre alla pianificazione ed allo svolgimento del mandato organizzativo, anche la gestione delle relazioni interpersonali all'interno del gruppo".

Ciò che si ottiene è qualcosa di più e di diverso da ciò che ogni singolo individuo potrebbe  produrre. Tramite lo scambio di informazioni e di conoscenze con i propri colleghi, si può accrescere la propria competenza migliorando in tal modo la qualità del servizio offerto.
Affinché tutto ciò si realizzi è necessario che, oltre ad esserci stima e fiducia reciproca ed avere sempre in mente il nostro ruolo di soccorritori che esula da qualsiasi altra motivazione che ci ha portato ad avvicinarci al volontariato, emerga all'interno della squadra un leader che può variare a seconda della situazione in cui ci si trova. Questa figura può essere definita come una persona che "lavora con il gruppo e non per o sul gruppo: non si sostituisce ad esso ne' nelle decisioni ne' nel superamento delle difficoltà". La sua funzione è di cercare di "ottimizzare le risorse disponibili all'interno del gruppo sia in termini operativi che relazionali".
Il leader risulta quindi essere un soccorritore che durante un determinato servizio si impegna a rendere più fluido il lavoro cercando di integrare nel miglior modo possibile le risorse presenti. Nel caso in cui ad esempio, la squadra sia impegnata in un soccorso stradale ed uno dei soccorritori abbia svolto di recente un servizio simile o gli sia capitato di trovarsi molto spesso in situazioni analoghe,  spetterà  probabilmente  a  lui  rivestire  questo  difficile  compito  di  integrazione      ed


armonizzazione del servizio. Un altro esempio potrebbe riguardare il caso in cui si crei una  squadra in cui un solo soccorritore ha già avuto modo di operare almeno una volta con tutti i suoi compagni; risulterà naturale che sia lui a gestire le relazioni e la coordinazione all'interno del gruppo.

Questi casi sottolineano ulteriormente il fatto che il leader non è detto che sia il  soccorritore più esperto, né che sia sempre lo stesso, indipendentemente dalle situazioni affrontate. Per raggiungere dei buoni risultati di gruppo è indispensabile lavorare in modo elastico e adattabile alle esigenze del momento, evitando di fossilizzarsi su idee  gerarchiche e inflessibili.

Gli atteggiamenti collaborativi che devono contraddistinguere il leader devono perciò ritrovarsi in qualsiasi soccorritore di qualsiasi squadra.
Un buon grado di cooperazione ed unione può essere raggiunto attenendosi a poche ma fondamentali azioni:

usare un linguaggio chiaro, comune e comprensibile da tutti i componenti del gruppo; rispettare la diversità di opinioni;
assumere comportamenti gentili e disponibili alla cooperazione; dimostrare sicurezza personale e spirito di intraprendenza;
dopo averle discusse assieme, adeguarsi alle decisioni prese dal gruppo;
rispettare la posizione di leader, mantenendosi in un atteggiamento di critica attenta e costruttiva;
dopo aver terminato il servizio, discutere con il gruppo le proprie incertezze, dubbi e preoccupazioni circa i servizi svolti.

 

Supporto Psicologico Introduzione
Nelle azioni di soccorso che ogni volontario si trova quotidianamente a svolgere, tutto deve essere eseguito nel rispetto di standard e criteri appositamente prefissati ed insegnati, senza lasciare  nulla all'intuito ed alle caratteristiche individuali di ogni soccorritore.
Durante gli incontri organizzati per questa formazione, impariamo come aprire e  chiudere  la ‘barella cucchiaio’ o come utilizzare la radio per le comunicazioni con la Centrale Operativa, come immobilizzare un arto piuttosto che le manovre per il BLS (Basic Life Suport). A noi non resta che ripetere meccanicamente le tecniche imparate. Non troveremo però nessuno che ci darà due o tre frasi standard indispensabili per instaurare una relazione con la persona che stiamo soccorrendo o per sapere come reagire e/o comunicare in situazioni difficili emotivamente.
Esistono –per esempio - molti modi per chiedere ad una persona come sta in quel momento: "Come si sente?", "E' sicuro di stare così male?", "Ha proprio una brutta cera oggi. Lei deve stare davvero molto male. Non è così?". Ognuna di queste espressioni provocherà nello stato d'animo del nostro interlocutore, sentimenti diversi. Il processo relazionale dipende da molte variabili: le parole usate, la situazione temporale e spaziale in cui ci si trova, il nostro stato d'animo, il ns. abbigliamento, il suo abbigliamento, la ns. postura, il tono della voce ecc…
Vediamo assieme qualche suggerimento utile per poter affrontare consapevolmente la relazione con la persona trasportata.

 

La comunicazione

È’ stato dimostrato che la relazione utilizza diversi ‘canali’. Il più immediato, ma anche meno efficace, è il canale verbale, quello cioè della parola. Noi comunichiamo soprattutto con il tono  della voce e con la nostra postura, con una modalità quindi non verbale.


In particolare le ricerche hanno confermato che la comunicazione raggiunge il nostro interlocutore nelle seguenti percentuali:

7% parole,

38% tono voce,

55% linguaggio corporeo.

E’ quindi evidente che quando comunichiamo dobbiamo prestare molta attenzione al tono della voce e alla postura, non solo alle parole.

Non è possibile fornire delle ricette valide in tutte le occasioni. Cercheremo allora di dare alcuni suggerimenti che possono aiutarci di volta in volta a "trattare con umanità" non il "paziente" o il "soggetto", ma la "PERSONA" che abbiamo di fronte, alla quale stiamo offrendo –  volontariamente - il nostro aiuto e la nostra abilità tecnica. Quando siamo in emergenza sui mezzi delle associazioni, non siamo lì per fare i ‘piccoli medici’ con i loro ‘piccoli pazienti’ malati ed indifesi, né siamo lì per riaggiustare un "oggetto/soggetto" rotto e privo di autonomia.
Il nostro compito è interagire con una persona che in questo momento si trova in una situazione di disagio, ma che comunque possiede una sua personalità ed emotività, come noi. In questa situazione di emergenza spetta però a noi di assumere il compito di gestire positivamente la situazione, cooperando con la persona soccorsa alla creazione di un clima accogliente e confortevole per tutti. Lo scambio relazionale che si instaura tra noi e il nostro interlocutore è influenzato da molti fattori riassumibili a partire dalle caratteristiche delle persone coinvolte, alla situazione ambientale e temporale in cui ci troviamo.

Partendo dalla persona da soccorrere possiamo soffermare la nostra attenzione su alcuni punti principali:

stato fisico: lo stato di salute della persona nel preciso momento in cui stiamo entrando in contatto, tenendo anche conto di eventuali altri problemi di salute che si protraggono già da tempo;
deficit sensoriali: la persona può avere delle carenze visive, uditive, verbali, tattili o olfattive che possono influire molto sulla relazione, a volte rischiando di renderla quasi impossibile; bisogni fisiologici: vanno dalla necessità di essere ossigenato al desiderio di bere o di evacuare. E' molto importante riuscire a dare alla persona la sicurezza che rispettiamo i suoi bisogni e che siamo lì proprio per fornirgli un aiuto a soddisfarli nel miglior modo possibile; fattori emotivi: è importante osservare e ascoltare le emozioni che sta esprimendo la persona soccorsa: paura, ansia, rabbia… su questo punto torneremo altre volte, data l'influenza che lo stato d'animo esercita sul processo relazionale;
età: è molto diverso dover comunicare con un bambino di due anni o con un anziano, sia per  gli argomenti trattabili, sia per le caratteristiche fisiche-emotive che contraddistinguono le diverse fasce d'età;
cultura e gruppo di appartenenza: questi due aspetti, comprendenti anche la sfera religiosa, influenzano profondamente il livello ed i messaggi comunicativi; solo tenendo conto di  eventuali diversità culturali potremo sintonizzare la nostra comunicazione con quella della persona soccorsa.

Con il termine "situazione contingente" vengono riassunte tutte le componenti ambientali e temporali che rappresentano lo sfondo dell'incontro relazionale che sta avvenendo:

condizioni ambientali: il contesto è decisamente diverso a seconda che il soccorso stia avvenendo in mezzo ad una strada o all'interno della stanza da letto della persona soccorsa, che stia diluviando o che stia splendendo il sole. La modalità di intervento e la comunicazione saranno quindi differenti, così come le preoccupazioni dei soccorritori;


illuminazione: sicuramente utile può essere rendere l'ambiente illuminato almeno abbastanza da permetterci di vedere distintamente il viso del nostro interlocutore, a volte l’equipaggio si lascia trasportare dagli eventi e dalla fretta senza soffermarsi sugli elementi più semplici e facilmente risolvibili;
rumore: risulta certamente una variabile importante per creare un clima accogliente e confortevole;
sicurezza del luogo: di fondamentale importanza sia per noi che per chiunque si stia soccorrendo; è la prima cosa da valutare quando si arriva sul posto;
interruzioni: possono compromettere molto la relazione, soprattutto nei casi in cui la persona sia già restia a comunicare con noi, sarà opportuno cercare, quanto possibile, di non essere interrotti durante il soccorso: se la polizia municipale è sul luogo dell’incidente stradale, dovrà esserci un soccorritore o due che interviene sulla persona e il terzo che parla con la polizia; tempo a disposizione: sarà necessario valutare con attenzione anche questa variabile per affrontare l’intervento, che sarà necessariamente diverso a seconda del tempo che occorre per il trasporto e la tipologia dell’intervento di emergenza;
presenza di accompagnatori: spesso rappresentano il tramite attraverso cui avvicinarsi al nostro interlocutore, soprattutto nei casi delle persone più difficili da raggiungere, come i bambini e gli individui chiusi o spaventati.

Nel momento del soccorso siamo noi soccorritori a dover portare aiuti ed accoglienza a qualcun altro, quindi spetta a noi anche il compito di riuscire a creare la migliore situazione emotiva e relazionale che la persona è in grado di raggiungere in quel momento. Perciò risulterà di fondamentale importanza il modo in cui ci presenteremo alla persona soccorsa nonché il rispetto e l'interessamento che noi riusciremo a comunicarle. Il semplice rivolgere domande cortesi quali: "Come si sente?", "Come è successo?", bastano a far sentire alla persona che c'è qualcuno  attento alla sua attuale situazione di difficoltà.
Da questo quadro iniziale risulta chiaro come l'approccio relazionale sia complesso e coinvolgente per il soccorritore. A ben guardare però ci si accorge che in fondo, seguendo qualche suggerimento generale e apprendendo qualche conoscenza in più sulla nostra comunicazione,  non sia poi così difficile "andare a trovare l'altro là dove emotivamente è". Occorre solo usare al meglio le nostre capacità emotive e comunicative per potersi affiancare a chi sta soffrendo.
Inizialmente bisogna perciò possedere qualche conoscenza di base sulla propria ed altrui comunicazione, per poi porre l'attenzione sulle capacità relazionali ed infine sul rispetto della privacy altrui.

Parole Chiave:

DECODIFICARE: decifrare, trasformare in termini più chiari e comprensibili. EMPATIA: riconoscere, entrare e provare i sentimenti di un'altra persona.
RAPPORTO SUPPORTIVO: relazione personale finalizzata a sostenere e ad aiutare. VERBALIZZARE: comunicare a voce, esprimere a parole.

Ritornando quindi a quello che è il nostro principale strumento: la comunicazione, dobbiamo ri- sottolineare quanto, anche quando ci sembra di non comunicare nulla, in realtà stiamo mandando dei messaggi non verbali a chi ci sta di fronte. Anche mentre osserviamo od ascoltiamo, non smettiamo mai di comunicare e di essere coinvolti nella relazione. L'importante non è allora interrogarsi su come poter smettere di lanciare messaggi, ma bensì capire come ciò avvenga e come funzioni questo scambio continuo di influenze reciproche.

La comunicazione è composta da vari elementi:

emittente: colui che invia il messaggio (anche se inconsapevolmente); è da lui che prende avvio lo scambio comunicativo;


ricevente: colui che oltre a ricevere il messaggio lo decodifica ed eventualmente invia un  nuovo messaggio. E' da sottolineare come ognuno di noi si trovi quindi a poter ricoprire contemporaneamente e/o alternativamente sia la posizione di ricevente che di emittente; messaggio: tutto ciò che l'emittente comunica al ricevente. Il messaggio può anche essere inconsapevole e non voluto, come succede - per esempio - alle persone timide che, pur non desiderandolo, arrossiscono, comunicando agli altri il proprio imbarazzo;
canale: il mezzo attraverso il quale il messaggio viene inviato (ad es. la voce, la mimica facciale, la posizione del corpo, ...);
contesto: l'ambiente fisico e la situazione socio-culturale in cui avviene il processo comunicativo. Diverso è effettuare il soccorso di una maestra svenuta sotto gli occhi degli alunni, dal soccorrere un automobilista uscito di strada.

Tutti questi elementi compongono sia la comunicazione verbale sia quella analogica (non verbale).

La comunicazione verbale: si realizza attraverso la parola parlata e quindi implica l'utilizzo del canale vocale. L'utilità principale dell'uso delle parole è rassicurarci, permettendo di dare un nome, un senso ed un significato a ciò che stiamo provando; in tal modo possiamo discutere su ciò che sentiamo dentro di noi, prendendo così anche un po' le distanze dalle paure più profonde. Il linguaggio diventa quindi un modo per instaurare un contatto con la persona a cui stiamo parlando, con la quale possiamo condividere i nostri pensieri e sentimenti, lasciando però aperto il rischio del fraintendimento e della creazione di un significato aggiunto da chi sta decodificando il nostro messaggio.
La comunicazione non verbale: racchiude tutti i messaggi lanciati attraverso le variazioni di utilizzo del canale vocale (intercalare, pause, intonazioni, volume della voce) e attraverso le espressioni ed i gesti del viso e del corpo. Come riportato più sopra, apparentemente sembra più difficile da decodificare, ma in realtà è molto più chiara ed utilizzata della comunicazione verbale. Chiunque di noi sa capire che se qualcuno picchietta freneticamente le  dita  sul tavolino è nervoso, ma molto più difficile è capire questo stesso stato d'animo da un semplice dialogo verbale. La comunicazione analogica scorre, rispetto al terreno della comunicazione verbale, come un fiume sotterraneo, proprio come le emozioni scorrono sotto i nostri pensieri.

Se ne deduce che i due tipi di comunicazione si occupano principalmente di due aree distinte: la comunicazione verbale dell'aspetto contenutistico del messaggio, la comunicazione non verbale di quello emotivo-relazionale.

La comunicazione nel rapporto supportivo deve raggiungere principalmente lo scopo di permettere alla persona soccorsa di trovarsi nella condizione di maggior benessere possibile per lui in quel momento. Questo può essere raggiunto attraverso tre momenti successivi:

favorire lo scambio di informazioni: più notizie sullo stato psichico e fisico si raccolgono più diventa facile entrare in relazione; le domande non devono però essere troppo invadenti o personali. Se la persona non vuole dirci nulla di lei, non per questo dobbiamo insistere e forzarla. A noi compete invece il dovere di fornire con chiarezza e tranquillità tutte le informazioni che possono servire alla persona soccorsa, per ridurre la sua ansia. Forse poi vedendo la nostra disponibilità e interessamento, sarà la persona stessa a fornirci spontaneamente notizie su di sé;
individuare lo stato emotivo: oltre a decifrare la comunicazione non verbale della persona soccorsa è bene cercare di cogliere anche il nostro stato d'animo per poter arginare e tenere a freno i nostri sentimenti e ansie più forti;
entrare in relazione empatica: con questa espressione ci si riferisce alla capacità di sentire dentro di sé lo stato d'animo della persona soccorsa e di comunicarle che la si comprende. Questo meccanismo deve portare all'individuazione delle scelte migliori per fornire l'aiuto ed il servizio più adatto a migliorare lo stato emotivo attuale del nostro interlocutore.


Alcuni suggerimenti.
Per   raggiungere   questi    scopi   ci    si    può   avvalere   di    alcune   efficaci    tecniche   di comunicazione:

utilizzare il livello linguistico della persona da soccorrere: come possiamo comunicare e aiutare qualcuno di cui non utilizziamo lo stesso linguaggio? Se abbiamo di fronte un bambino di 5 anni che ci parla agitatamente, sarà utile usare una comunicazione semplice. Il nostro linguaggio dovrà sempre essere il più possibile comprensibile e vicino a quello della persona soccorsa. Siamo sempre noi a doverci adeguare alle esigenze altrui e non viceversa;
ascolto attivo: si intende una situazione in cui la persona soccorsa recepisce, attraverso la nostra comunicazione e i nostri commenti di risposta, che siamo realmente interessati a ciò  che ci sta dicendo;
osservazione partecipata: tenere la mano della persona soccorsa palpando spesso il polso radiale è un tipico gesto che comunica attenzione e partecipazione a ciò che sta accadendo; la persona si sente sicuramente meno sola ed abbandonata alla sua sofferenza;
tollerare il silenzio: questa è forse una delle tecniche più difficili da applicare, perché la voglia di fare e di agire fa sembrare tempo sprecato quello passato semplicemente stringendo la mano di chi sta soffrendo. Noi possiamo provare una o due volte a rompere questo silenzio,  ma se i nostri messaggi non ottengono risposte, allora è nostro compito rispettare la scelta altrui;
domande appropriate: "Posso metterle meglio il cuscino?", "Se ha caldo, posso aprire il finestrino, che ne pensa?"; due esempi solo per chiarire che le domande devono essere chiare, brevi e precise;
decifrare la comunicazione non verbale: soprattutto con le persone più silenziose questo è l'unico mezzo con cui entrare in relazione. Una volta decifrati, questi messaggi devono servirci per adeguare ulteriormente il nostro servizio alla situazione contingente;
dimostrare interesse per gli argomenti trattati: talvolta il mondo e gli interessi della persona soccorsa sono molto diversi dai nostri, ma questo non deve renderci meno attenti a creare un clima il più possibile confortevole e tranquillo;
rispondere correttamente e chiaramente alle domande poste dalla persona soccorsa e dai suoi eventuali accompagnatori: questi ultimi sono la presenza più rassicurante per la persona soccorsa ed è quindi necessario essere disponibili e chiari anche con loro.

Cosa NON fare.
Esistono però anche delle tecniche inefficaci di comunicazione delle quali sarebbe bene fare il minor uso possibile:

parlare per parlare: spesso frutto della paura di non saper reggere un eventuale silenzio. Crea solo confusione ed imbarazzo, non permettendo ai bisogni ed ai pensieri più profondi di essere verbalizzati. Se è la persona soccorsa ad utilizzare questa tecnica, dovremo cercare di farla sentire in un ambiente confortevole in cui possa lasciarsi andare e stare anche in silenzio, se è questo ciò che desidera (non è in questo momento la nostra ansia il problema da affrontare); formulare giudizi e fornire consigli non richiesti: per sentirsi tranquilli di certo non si ha bisogno di qualcuno che ci predichi cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma bensì di qualcuno che ci accetti per come siamo, soprattutto in una situazione critica come un'urgenza sanitaria; mostrare disinteresse e fastidio: la persona che soccorriamo non si è fatta male appositamente per disturbarci, ma bensì si trova in una posizione molto più fastidiosa e "poco interessante" di quella in cui ci troviamo noi;
banalizzare i sentimenti espressi: "Ma perché urla? E' matto?", "Questa sua angoscia è proprio inutile", "Smetta di piangere, sembra una fontana rotta"; questi interventi non fanno che acutizzare il disagio della persona soccorsa;
verbalizzare le proprie paure e timori: "Anch'io ho paura che la situazione peggiori", "Temo di non sapere proprio cosa fare per aiutarla"; anche queste frasi provocano solo un maggior malessere nella persona soccorsa ed anche in noi soccorritori;


mostrare atteggiamenti di chiusura: non guardare mai l'interlocutore negli occhi, stargli lontano, rivolgere la parola solo ai colleghi, ecc...aumentano il senso di solitudine e la paura; interrompere e cambiare argomento: evidenzia scarso rispetto ed interesse, provocando disagio e ritrosia;
mandare messaggi incongruenti e confondere con ipotesi non verificate: dire ad una  mamma che il suo bambino è molto bello e poi non volerlo nemmeno toccare può generare ostilità e soprattutto confusione; questo vale per qualsiasi persona con cui non ci si relazioni in modo chiaro e coerente.

 

II parte

PSICOPATOLOGIA

In questa seconda parte affronteremo alcuni disturbi psichici, senza avere la presunzione di una trattazione esaustiva ma solo per dare qualche informazione, qualche cenno,  per  conoscere meglio quella sofferenza che spesso accompagna alcune delle persone che trasportiamo con i nostri mezzi adibiti per l’appunto al trasporto sanitario.
Abbiamo scelto i disturbi più frequenti nella popolazione e di questi vedremo i sintomi, facendo riferimento al DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali)12.

I DISTURBI D'ANSIA

Attacco di panico
I principali sintomi dell'attacco di panico sono:

palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia; sudorazione;
tremori fini o a grandi scosse;
dispnea o sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia;
dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali;
sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento; derealizzazione o depersonalizzazione;
paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire;
parestesie;
brividi o vampate di calore.

Alcune brevi informazioni: l’attacco di panico dura in media 10-12 minuti. Non può durare un’ora o due! Piuttosto si verifica uno stato di malessere che può perdurare anche diverse ore, successivo alla crisi. Si presenta all’improvviso, senza alcun particolare preavviso o stimolo scatenante.
Nonostante la paura di “svenire” che pervade chi vive l’esperienza di un attacco di panico, in realtà è impossibile che quella persona possa svenire, questo è dovuto all'alta attivazione del nostro sistema simpatico che mantiene l'organismo in uno stato di allerta molto elevato, quindi non è possibile svenire...
Le persone che soffrono di attacco di panico tendono a mettere in atto l'evitamento: evitano di frequentare il luogo (o i luoghi) in cui si è scatenato l'attacco di panico o in cui temono si possa scatenare l'attacco di panico. L'evitamento peggiora la condizione del paziente in quanto a poco  a


12 Masson editore 1996


poco l'unico luogo percepito come sicuro è la propria casa. L'ambiente esterno nella sua totalità diventa pericoloso.
Osservando i sintomi si può notare come l'attacco di panico possa facilmente confondersi con l’attacco cardiaco o il collasso. È pertanto probabile che il paziente, percependo questi sintomi, abbia paura di avere un infarto, si agiti e dia il via ad un circolo vizioso che non gli permette di calmarsi.
Ovviamente per quanto riguarda il nostro compito di volontari, non potendo formulare alcuna diagnosi, In caso di incertezza su quello che si sta verificando è comunque necessario trasportare  il paziente al pronto soccorso e cercare di tranquillizzarlo durante il tragitto.

Agorafobia
È un disturbo che può essere associato all’attacco di panico ed è rappresentato da paure che hanno principalmente oggetto i luoghi pubblici, soprattutto luoghi aperti e/o affollati dai quali potrebbe essere difficoltoso allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso in cui la persona abbia un attacco di panico o una crisi d’ansia.
Anche in questo caso la tendenza è quella di evitare questi luoghi arrivando a limitare  notevolmente la propria autonomia. L’agorafobia porta gradualmente ad un isolamento sempre più significativo che costringe spesso la persona o i famigliari a ricorrere allo specialista quando purtroppo ormai il disturbo è invalidante e la qualità della vita è severamente compromessa.

Fobia specifica
Le fobie specifiche sono paure rivolte verso uno “stimolo fobico” specifico. Sono caratterizzate da un'ansia clinicamente significativa provocata dall'esposizione a un oggetto o a una situazione temuti, che spesso, come nell’attacco di panico, determina condotte di evitamento.

Nota Bene: la semplice paura non è una fobia. La paura diventa fobia, ovvero una psicopatologia, quando ci impedisci di fare ciò che dobbiamo/vogliamo fare, quando condiziona la nostra vita in modo invalidante.
Le tipologie più comuni di fobie specifiche sono: tipo animali (per es., insetti, cani, etc…);
tipo ambiente naturale (per es., altezze, temporali, acqua);
tipo sangue – iniezioni - ferite;
tipo situazionale (per es., aeroplani, ascensori, luoghi chiusi, luoghi aperti:piazze).

Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC)
Caratteristiche essenziali del disturbo ossessivo- compulsivo sono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che creano allarme o paura e che costringono la persona a mettere in atto  comportamenti ripetitivi o azioni mentali. Come il nome stesso lascia intendere, il DOC è quindi caratterizzato da ossessioni e compulsioni. Almeno l'80% dei pazienti con DOC ha sia ossessioni che compulsioni, meno del 20% ha solo ossessioni o solo compulsioni.
Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi che si presentano più e più volte e sono al di  fuori del controllo di chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e intrusive e, almeno quando le persone non sono assalite dall'ansia, sono giudicate come infondate ed insensate.

Le compulsioni vengono anche definite rituali o cerimoniali e sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare…) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere formule mentalmente…) messi in atto per ridurre il senso di disagio e l'ansia provocati dai pensieri e dagli impulsi tipici delle ossessioni; costituiscono, cioè, un tentativo di elusione del disagio, un mezzo  per cercare di conseguire un controllo sulla propria ansia.
Ritroviamo varie tipologie di disturbo ossessivo-compulsivo: contaminazione;
controllo;


ossessioni pure; superstizione eccessiva; ordine e simmetria; accumulo/accaparramento; compulsioni mentali.

Anche in questo caso, vale la pena sottolineare la differenza fra normalità e patologia. Non è  quindi malato chi è ragionevolmente preoccupato per una contaminazione… chi è particolarmente ordinato o pulito o chi riflette molto. Chi soffre di questo disturbo ha severamente compromesso la propria vita e quella dei propri famigliari e/o amici.

Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD)
È’ caratterizzato dal rivivere un evento estremamente traumatico accompagnato da sintomi di aumento dell'ansia e da evitamento verso stimoli/situazioni associati perché simili al trauma subito.

Le persone che soffrono di questo disturbo rivivono frequentemente il trauma come se stesse sempre succedendo; questo significa che insieme al ricordo ci sono anche l’ansia, la paura, il terrore che si sono sperimentati la prima volta.

In particolare i modi in cui viene rivissuto il trauma possono essere:

  • ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell'evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni. Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma;
  • sogni spiacevoli ricorrenti dell'evento. Nei bambini possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile;
  • agire o sentire “come se” l'evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l'esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione). Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma;
  • disagio psicologico intenso all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico;
  • reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento traumatico.

 

NOTA: Dopo aver subito un trauma è considerato normale il fatto che il soggetto possa avere sintomi di paura o di disagio per circa un mese, quando i sintomi persistono oltre questo periodo si può ipotizzare una diagnosi di disturbo post-traumatico da stress.

 

Disturbo d'Ansia Generalizzato
E' caratterizzato da almeno sei mesi di ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive. I sintomi principali sono:

costante inquietudine: i soggetti temono il peggio e non possono controllare il loro stato d'ansia e di apprensione;
dolori muscolari ed aumento dello stato di vigilanza; insonnia;
difficoltà di concentrazione;
sudorazione, tachicardia, vertigini, diarrea, ecc; cefalea.


I DISTURBI DELL’UMORE

Disturbo Depressivo Maggiore
La depressione colpisce il 20% di donne ed il 16,7% di uomini; ciò significa che una donna su quattro ed un uomo su nove soffre di depressione.
Per diagnosticare un episodio di Depressione Maggiore è necessaria la presenza di cinque o più dei seguenti sintomi contemporaneamente presenti durante un periodo di due settimane che rappresentino un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento; almeno uno dei sintomi è costituito da:

  • umore depresso per la maggior parte del giorno;
  • perdita di interesse o piacere per tutto, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno;
  • significativa perdita di peso senza essere a dieta o aumento di peso;
  • insonnia o ipersonnia;
  • agitazione o rallentamento psicomotorio;
  • faticabilità o mancanza di energia;
  • sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati;
  • ridotta capacità di pensare o concentrarsi;
  • pensieri ricorrenti di morte.

La difficoltà nell’avere a che fare con pazienti depressi è che è difficile trovare qualcosa che li interessi dal momento che sono estremamente demotivati e non provano più interesse nemmeno per le attività che prima della depressione svolgevano normalmente.
Spesso questo tipo di paziente non va neppure dal medico, tanto è convinto che non ci sia niente da fare e che la sua situazione non sia risolvibile.
Paradossalmente bisogna poi prestare attenzione al momento in cui il paziente comincia a migliorare poiché in questo momento aumenta il rischio di suicidio: l’individuo infatti non si sente più totalmente incapace di cambiare la propria situazione e può vedere nel suicidio una possibile soluzione al proprio problema.

Disturbo Distimico
La Distimia è un umore cronicamente depresso, presente per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno per 2 anni. Gli individui col disturbo distimico si sentono tristi e "giù di corda". Essi presentano ancora uno o più sintomi sotto riportati:
scarso appetito o al contrario iperfagia (mangiano cioccolata, dolci, spuntini ecc.); insonnia o ipersonnia;
scarsa energia o astenia; bassa autostima;
difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni; sentimenti di disperazione.

Disturbo Bipolare
Chi soffre di Disturbo Bipolare fa esperienza di oscillazioni dell'umore molto intense che vanno da uno stato depressivo ad una condizione di grande eccitamento.
Queste oscillazioni si manifestano in episodi ciclici di Depressione (episodio depressivo) o Mania (episodio maniacale), che possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi. Normalmente l’umore del paziente viene stabilizzato con farmaci.
Nella fase depressiva ci si sente disperatamente infelici, senza energia ed incapaci di affrontare persino le cose più elementari; nella fase maniacale ci si può sentire particolarmente bene, come “al settimo cielo”, pieni di energia, in grado di fare qualsiasi cosa senza alcun problema e incredibilmente pieni di idee eccitanti.
Il disturbo bipolare comporta: cambiamenti nelle sensazioni; cambiamenti nel comportamento; cambiamenti nel pensiero.


Schizofrenia
I SINTOMI caratteristici della schizofrenia possono essere sia positivi che negativi. I sintomi positivi indicano eccessi nel comportamento e comprendono quindi:
eloquio disorganizzato; allucinazioni;
deliri;
comportamento bizzarro.

I SINTOMI negativi sono quelli che indicano la mancanza o la carenza di qualcosa e  comprendono:
apatia (mancanza di energia e mancanza di interesse per quelle che sono le consuete attività quotidiane);
alogia (quantità di linguaggio prodotto fortemente ridotta);
anedonia (mancanza di interesse per le attività ricreative, incapacità di sviluppare rapporti con gli altri, mancanza di interesse per l’attività sessuale);
appiattimento dell’affettività; asocialità.

 

ALCUNE INFORMAZIONI UTILI

Lo psicologo è laureato in Psicologia e abilitato all'esercizio della professione, quindi iscritto all'Albo, dopo aver svolto un anno di tirocinio di circa 20 ore settimanali post laurea e superato l'esame di stato.

Lo psichiatra è abilitato all'esercizio della professione se è laureato in medicina e specializzato in psichiatria.

Lo psicoterapeuta è uno psicologo o un medico, specializzato in psicoterapia.

 

È opportuno non affidarsi a nessuno senza sapere quale tipo di specializzazione ha e se la specializzazione che ha è adatta al nostro problema.

Sportello di Primo ascolto c/o il Centro la Noce. Informazione e Consulenza sui

Disturbi del Comportamento Alimentare (Anoressia–Bulimia-BED)

Ambulanza e Presidi Sanitari
a cura di Valeriano Zini 13

13 Infermiere Professionale – Consigliere della Croce Blu di Modena, si occupa del materiale sanitario.


  • Ambulanza e Presidi Sanitari [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
Rendere in grado il volontario di riconoscere i presidi presenti sui mezzi dell’associazione e conoscere il loro utilizzo, da integrare con l’esperienza che acquisirà in servizio e attraverso l’insegnamento dei volontari più esperti.

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AMBULANZE SERVIZI SOCIO-SANITARI PRESIDI DI BASE
Barella autocaricante americana
Per quanto riguarda l’utilizzo della barella si faccia riferimento alla lezione pratica di ambulanza. Ricordiamo solo che il paziente deve sempre essere legato, sia durante il trasporto, sia nel momento in cui viene caricato. Questo tipo di barella non ha purtroppo posizioni intermedie. Lo schienale ha la possibilità di essere alzato a novanta gradi e la parte dei piedi può essere sollevata in modo da posizionare gli arti inferiori  del paziente in scarico. Attraverso una leva sotto la barella è inoltre possibile bloccarla in posizione abbassata, in modo  da
non fare scattare il carrello quando la barella viene alzata. Ricordate comunque che non è consigliabile utilizzarla per trasportare il paziente in questo modo, poichè il peso per gli operatori risulterebbe eccessivo; utilizzare piuttosto altri presidi come la barella a cucchiaio o quella italiana.

Fermo posteriore per il fissaggio della barella al piano di calpestio
Esistono diversi tipi di gancio per le barelle, di cui ne proponiamo un esempio a fianco. Si consiglia vivamente di controllare e provare il gancio ogni qualvolta l’operatore non lo conosca a fondo, in modo da acquisire sicurezza nelle operazioni di fissaggio della barella. Ricordate che una barella non agganciata correttamente può costituire un serio pericolo per il paziente.

Barella cucchiaio
Il modello presente nella maggioranza delle ambulanze in uso presso l’associazione è costruito in lega di alluminio. Ricordate però che se da una parte tale materiale garantisce robustezza alla struttura, dall’altra non può garantire l’isolamento termico    del
paziente. Fate però attenzione nel caso che decidiate di posizionare un lenzuolo o un panno tra il paziente e la barella a cucchiaio: tale manovra comporta il pericolo che il paziente possa scivolare sul piano della barella. Ovviamente per ogni spostamento il paziente deve essere assicurato alla struttura tramite le cinghie, che devono essere già presenti e agganciate alla barella stessa. Tale presidio trova applicazione in tutti quei casi in cui il paziente abbia la necessità di essere trasportato un piano rigido. Tutti i tipi di barella a cucchiaio possono essere ridotti di dimensioni allungando al massimo la struttura e piegandola a metà. Anche in questo caso per l’utilizzo fare riferimento alla lezione pratica di ambulanza.


Barella di scorta italiana
Ne sono presenti diversi tipi e modelli, tutti accomunati dalla caratteristica di poter essere ripiegate a metà. Ricordate che tale presidio non garantisce un supporto alla colonna vertebrale,   per   cui   prima   di   trasportare   un  paziente è
necessario accertarsi che tale caratteristica non sia necessaria al trasportato.

Seggetta portaferiti
Adatta al trasporto dei pazienti che possono essere trasportati in questa posizione. Ricordate sempre di allacciare la cintura appena il paziente si è seduto.

Telo portaferiti
Utilizzato generalmente per il trasporto dei pazienti per le scale. Ha la caratteristica di essere molto maneggevole e leggero, e di norma ben tollerato dal paziente, ma non garantisce stabilità alla colonna vertebrale. Per cui in alcuni casi può essere sconsigliabile. Accertarsi prima di procedere con il trasporto delle condizioni del trasportato, magari informandosi presso i parenti o il personale delle strutture.

Bombole ossigeno
Ne esistono di diverse dimensioni. In genere da 2 litri per quelle portatili e 7 litri per quelle fisse. Secondo le ultime normative tutto il corpo della bombola deve essere di colore bianco. Se la parte alta della bombola non è di tale colore significa il gas contenuto all’interno non è ossigeno. Ricordate sempre che l’ossigeno è un combustibile e un comburente, ossia, nel caso in cui venga miscelato con altre sostanze (ad esempio alcuni tipi di grassi e oli) può dare luogo ad una reazione chimica in cui può avvenire una combustione spontanea anche non in presenza  di
fiamme o corpi incandescenti. Le bombole, una volta scariche (si considerano scariche le bombole il cui manometro segna 20 bar) vanno riposte nell’apposita scaffalatura all’interno del garage (appena entrati sulla destra, come segnalato dal cartello). Non si devono usare pinze per agganciare le bombole al sistema di erogazione sulle ambulanze, ma piuttosto accertarsi che il sistema non sia sotto pressione prima di procedere alla sostituzione, in modo che il dado di fissaggio non sia eccessivamente saldo.

Regolatore di pressione
E’ composto da un manometro e da una ghiera di apertura del flusso (l’apertura avviene in senso antiorario). Le bombole piene sono caricate a 200 bar (l’unità di misura della pressione).

Umidificatore
Ha lo scopo di umidificare l’ossigeno che, uscendo dalla bombola, viene inalato dal paziente attraverso la mascherina (o altro sistema di erogazione). L’ossigeno non umidificato, specie se somministrato per lunghi periodi, tende a seccare le vie aeree del paziente provocandone l’irritazione e una minore difesa contro le infezioni. E’ però necessario ricordare che l’umidificatore deve essere mantenuto ben pulito e privo di incrostazioni.


di aspirazione o alla cannula rigida di Yankauer (vedere più avanti).

Portaflebo
E’ il sistema di alloggiamento per le flebo in bottiglie di vetro. Deve essere posizionato in alto rispetto al paziente. Ricordate che la velocità del flusso del liquido contenuto nella flebo non deve mai essere gestito dal volontario, ma fare sempre riferimento alle indicazioni del personale sanitario.

 

MEDICAZIONE

Rotoli di cerotto
Ne esistono di diversi materiali e dimensioni. Nelle nostre ambulanze sono in seta da 2,5 cm.
Scatola di cerotti Compresse di garza sterili
Sono  utilizzate  nel  caso  si  debba  medicare  una  ferita in
modo sterile. Per pulire la cute senza ferite non è necessaria la sterilità, bastano le garze non sterili.

Pacco garze non sterili Bende
Acqua ossigenata
Nel  momento  in  cui  si  apre  un  disinfettante,  è buona
norma segnare la data di apertura sulla confezione con un pennarello indelebile. Una volta passati 15 giorni il disinfettante va buttato, poiché non è più garantita la sua capacità antisettica. Purtroppo questa buona abitudine non è ancora diffusa in associazione, ma si spera che presto tutti i volontari si abituino ad agire in questo modo.

 

EQUIPAGGIAMENTO SPECIFICO

Ghiaccio istantaneo
Quello in uso presso la nostra associazione è rivestito in TNT (tessuto  non tessuto) in modo da limitare il rischio di lesioni da freddo. E’ comunque sempre consigliabile interporre un tessuto o delle garze non sterili tra il sacchetto e la cute del paziente. E’ costituito da una   sostanza
liquida contenuta in una busta sigillata all’interno della confezione, la cui rottura  consente la miscelazione con il composto granulare che la circonda, dando così luogo ad una reazione chimica per la quale il calore viene assorbito, abbassando la temperatura della miscela così ottenuta.

Ghiaccio spray (nelle borse delle gare sportive)
Per erogare il contenuto tenere la bomboletta in posizione verticale avendo cura di rimanere a circa 20 cm dalla cute.

Forbice taglia abiti
Viene utilizzata per tagliare gli abiti del paziente nel caso non sia possibile sfilarli. Ovviamente, valutarne l’utilizzo per non creare danni inutili.

Laccio emostatico


Viene utilizzato per consentire il reperimento di un accesso venoso da parte
di personale sanitario. Non è consigliabile l’utilizzo allo scopo di fermare    una emorragia se non come ultimo tentativo, una volta che tutti gli altri
accorgimenti risultino vani (sollevamento dell’arto, compressione diretta della ferita, compressione della arteria a monte dell’emorragia su un piano osseo…). Molte volte, specie se utilizzato per questo scopo da personale non esperto, si rischia di occludere i vasi venosi ma non quelli arteriosi, aumentando così l’emorragia, o di provocare lesioni ai tessuti nella zona di applicazione. Per l’emostasi (ossia il blocco dell’emorragia) sono in ogni caso indicati altri tipi di lacci emostatici, comunque non in dotazione sulle nostre ambulanze.

Teli isotermici
Hanno la caratteristica di riflettere il calore a seconda  della faccia che viene posta a contatto con il paziente. Con la parte argentata all’esterno, i raggi solari vengono riflessi, favorendo il raffreddamento del soggetto, mentre con all’esterno la parte dorata, il calore del corpo viene riflesso verso il paziente, e quindi “imprigionato” all’interno, prevenendo l’ipotermia. Per svolgere questa funzione,  il telino deve essere posto a     diretto
contatto con la cute, se invece viene posto sopra i vestiti il suo effetto viene meno. Il classico  utilizzo del telino riguarda la protezione termica del politraumatizzato, che, una volta terminata la valutazione e la stabilizzazione, con il paziente scoperto, viene applicato direttamente alla cute per prevenire l’ipotermia. Ricordate che se volete scaldare un paziente, risulta sicuramente più economico e soprattutto più efficace utilizzare un panno!

Cinghie di sicurezza
Vengono utilizzate per assicurare il paziente alla barella. Sono in genere composte da due pezzi con la chiusura in plastica. Per fissarle alla barella occorre, una volta divisa in due pezzi la cinghia, fare passare la parte del gancio attorno ad un tubolare della barella e poi all’interno dell’asola finale, verificandone la tenuta.

RIANIMAZIONE

BORSA DI RIANIMAZIONE

Pallone autoespandibile di Ambu
Viene utilizzato nella rianimazione cardiopolmonare. E’ composto da una corpo centrale autoespandibile e da due valvole alle estremità che consentono l’ingresso dell’aria solo dalla parte posteriore, e la sua fuoriuscita (attraverso la compressione del corpo centrale) solamente dalla parte anteriore   a   cui,   tramite   un   raccordo   universale,    viene
agganciata la maschera. Nella parte posteriore del pallone è presente un ugello a cui può essere raccordato il tubicino dell’ossigeno e il connettore per il reservoir (vedere più avanti). Per l’utilizzo specifico dello strumento fare riferimento alle lezioni relative la rianimazione cardiopolmonare.

Reservoir e raccordi
Il tubicino in figura (lo stesso delle mascherine di ossigeno) serve per collegare il pallone di ambu alla fonte di ossigeno, mentre il reservoir (sacchetto plastico) viene agganciato sul retro del pallone per incamerare parte dell’ossigeno portato attraverso il tubicino. Ricordate che la percentuale di ossigeno erogata con il semplice pallone è del 21% circa, mentre sale al 50-60% con fonte di ossigeno fino ad arrivare a valori superiori al 90% nel caso sia presente anche il reservoir.


Filtro antibatterico per ambu
Lo scopo di questo presidio è quello di evitare che il pallone utilizzato per la rianimazione venga contaminato dal paziente. Ricordate che un pallone di ambu è monouso, e il costo si aggira sui 30-40 euro. Se viene utilizzato il filtro, una volta terminato l’intervento dovremo buttare solamente mascherina e filtro, con un risparmio considerevole. Nel caso ce ne dimenticassimo, è dunque necessario gettare sia ambu che maschera, per prevenire la trasmissione di infezioni.

Maschere per ambu
Sono disponibili in vari modelli e misure. Quelle attualmente in dotazione sono dotate di un cuscinetto ad aria per migliorare conformazione al viso del paziente. Alcune di queste sono fornite di una valvola (all’estremità nasale) che ne consente il controllo della pressione, con la possibilità di gonfiare o sgonfiare la camera d’aria attraverso una siringa (senza ago!). La misura adeguata al paziente è quella in cui la camera interna vada a sistemarsi dalla radice del naso alla parte ossea del mento, senza lasciare fissurazioni.

Set di Cannule di Guedel (o di Mayo)
Sono cilindri ricurvi dotati di un canale interno, in materiale  plastico abbastanza rigido. Vengono utilizzate per garantire la pervietà delle vie aeree, impedendo che la lingua possa cadere all’indietro, e garaniscono il passaggio dell’aria tramite il canale centrale.

Vite elicoidale apribocca
Sfruttando il sistema a vite del corpo centrale, viene utlizzata per aprire in modo forzato la bocca del paziente. Il suo utilizzo è abbastanza raro, ed in ogni caso bisogna vagliarne l’effettiva necessità. Ricordate che non trova impego nella rianimazione cardiopolmonare, poiché in tali casi, i muscoli del paziente sono rilassati, e la semplice iperestensione del capo è sufficiente per consentire l’apertura della bocca.

Sondini per aspirazione con finger-tip
Vengono collegati al tubo dell’aspiratore, e consentono una più precisa gestione dell’aspirazione. Ricordate che i volontari, nel caso debbano aspirare sostanze nella cavità orale del paziente,
non devono spingersi oltre la porzione visibile. Il sondino raccordato non aspira autonomamente, ma è necessario occludere con un dito il foro posto all’inizio del sondino, nella parte di plastica colorata (finger-tip)

Cannula di Yankauer
Si tratta di una cannula rigida di aspirazione, utilizzata nello stesso modo dei sondini, ma con la proprietà di dirigere con sicurezza la porzione aspirante terminale.

Maschere ossigeno adulti e pediatrica
Eroga ossigeno al paziente secondo il flusso impostato nell’erogatore. Esistono modelli con reservoir integrato. Il tubo della mascherina di ossigeno può essere usato per raccordare la bombola portatile al pallone di ambu,


IGIENE E PREVENZIONE

Scatole di guanti
Sono presenti in tre misure (small, medium, large). Esistono  in diversi materiali: lattice, vinile,  nitrile, poliuretano. Principalmente in associazione sono utilizzati quelli in lattice. Nel caso un volontario risulti allergico a tale materiale, è importante che lo segnali al Gruppo Materiale Sanitario, in modo da provvedere ad una fornitura di guanti alternativi.
Contenitore per rifiuti Lenzuola
Traverse Panni

 

Contenitore per rifiuti infetti
Non è presente di norma sulle ambulanze, escluse alcune eccezioni, ma si trova nel deposito delle lenzuola. Al suo interno vanno buttati tutti i presidi monouso utilizzati nello svolgimento del servizio che siano venuti a contatto con i materiali biologici del paziente, e quindi potenzialmente infettivi.  Ricordate che tali contenitori devono essere smaltiti per incenerimento, con una spesa di circa 30 euro l’uno. Per tale motivo al suo interno non vanno gettati i rifiuti non infetti (guanti utilizzati ma puliti che non sono venuti a contatto con il paziente, cartacce, lattine ecc.), che devono essere smaltiti come i normali rifiuti urbani.

 

EMERGENZA

Barella
Oltre a tutte le caratteristiche descritte per le barelle dei servizi socio-sanitari, questo modello ha la possibilità di poter essere posizionata ad un’altezza intermedia.

Barella cucchiaio 65EXL
Il modo di utilizzare questo presidio è sovrapponibile al modello descritto nelle pagine precedenti. Alcune caratteristiche innovative sono date dal materiale plastico che limita la dispersione del calore, il doppio gancio di sicurezza visibile in figura e i fori a fondo cieco nei tubolari di alluminio che assicurano una più agevole pulizia. Anche questo modello può essere ridotto in dimensioni allungando completamente la barella e ripiegandola a metà.

 

Seggetta
E’ una seggetta di soccorso, nata per l’evacuazione rapida del paziente lungo le scale. I due pattini inferiori consentono la discesa in sicurezza, frenando la sedia, che deve essere spinta per procedere. Il carrello posteriore agevola l’utlizzo su superfici piane. E’ inoltre presente in ambulanza un manubrio da porre nel relativo incastro per consentire la salita delle scale.


Sacca soluzione fisiologica
Vengono utilizzate per le infusioni endovenose dal personale sanitario, oppure per la detersione di ferite sporche (ad esempio fango). Si raccomanda di utilizzarla in modo adeguato, limitandone l’utilizzo alle effettive necessità.

Deflussori
Collegano i liquidi per infusione endovenosa all’ago posto sul paziente. Fermo restando che il suo utilizzo è solo su indicazione di personale sanitario, è bene che i volontari che effettuano servizio di emergenza-urgenza siano in grado di montarlo alla sacca per infusione.

Forbici taglia abiti di Robin
Vengono utilizzate per tagliare gli abiti del paziente in caso di effettiva necessità, come spiegato per il modello nelle pagine precedenti. Ricordate che possono essere utilizzate anche per tagliare le cinture di sicurezza degli autoveicoli e per rompere i vetri delle automobili come schematizzato in figura. Ricordate che comunque tale manovra non è di nostra competenza - se non in casi assolutamente eccezionali - ma dei vigili del fuoco.

Set ustioni
Il modello attualmente a disposizione sull’ambulanza convenzionata è un nuovo antiustioni e antifuoco all’idrogel vegetale, atto ad essere utilizzato su ustioni importanti con presenza di derma leso. Sono studiati per ottenere un raffreddamento rapido delle parti ustionate, riducendo in tal modo la profondità e la vastità dell’ustione e alleviando considerevolmente i conseguenti dolori. Il raffreddamento o “cooling” è considerato la tecnica preminente per il trattamento d’urgenza degli ustionati e consiste nell’irrorare con acqua la zona dell’ustione. Per il trattamento dell’ustionato fare  comunque riferimento alla lezione del corso apposita.

Pulsossimetro
E’ un elettromedicale che consente di rilevare attraverso una sonda applicata ad un dito (o al lobo dell’orecchio o al calcagno nel neonato) la percentuale di saturazione di ossigeno del sangue periferico (SpO2%). E’ quindi un indice dello stato dello scambio di gas a livello polmonare. Il secondo valore che si legge alla destra dello schermo è invece relativo  al numero di battiti cardiaci per minuto (bpm). Ricordate che i valori letti sul display si riferiscono ad una misura effettuata su un distretto  corporeo periferico, e non sempre rispecchiano i valori reali. Ad esempio nel caso di un trauma della strada che rimanga a terra per un tempo sufficiente con una temperatura ambientale relativamente bassa, possiamo avere difficoltà ad ottenere un valore, dato che il freddo tende a limitare la circolazione degli strati superficiali del corpo e delle estremità (vasocostrizione). In tal caso potrebbe non essere possibile
ottenere alcuna lettura, pur potendo essere normale la saturazione del soggetto. D’altra parte in caso di bassa pressione arteriosa (ipotensione) o di alcune aritmie cardiache, non tutti                   battiti


cardiaci sono in grado di portare il sangue fino alle estremità, producendo quindi un valore anche molto diverso da quello reale o nullo. In tal caso basta verificare la corrispondenza tra valore letto sull’ossimetro e polso carotideo.
Il metodo di rilevazione dello strumento ha però dei limiti di affidabilità: non è assicurato il corretto funzionamento in caso di luce solare diretta sul sensore durante la rilevazione (basta coprirlo), oppure in caso di febbre del soggetto o in presenza di smalto blu. In tal caso è necessario asportarlo con acetone o con le forbici (metodo raccomandato), o posizionare la molla del sensore sulla punta del dito, ma in modo che vada ad appoggiarsi sulle superfici laterali e non su quelle superiore e inferiore (dove è cioè presente lo smalto). Ricordate di non riporre lo strumento con il sensore connesso, poiché in tal modo è facile che possa rompersi. Se è presente la prolunga agganciata al sensore, questa non va tolta, poiché previene la rottura del connettore. Ricordate che non è possibile riparare il sensore, e il costo per uno nuovo si aggira sui 250 euro!
Premendo il terzo bottone il display si illumina (utile in caso di scarsa visibilità) e premendo in successione il primo e il terzo tasto viene tolto il sonoro.
Ricordate inoltre che gli ossimetri non sono in grado di mostrare la saturazione corretta nelle intossicazioni da monossido di carbonio, nelle intossicazioni anche gravi il valore segnato dallo strumento potrebbe anche essere normale.

 

Zaino sanitario

 

 

Aspiratore secreti portatile
Si tratta di un aspiratore che può essere trasportato al di fuori dell’ambulanza. Il suo utilizzo è sovrapponibile a quello fisso. Ricordate che è necessario che venga posto sotto carica per mantenere la batteria funzionale. Nel caso non si ottenga alcuna aspirazione (i led verdi accesi che indicano il livello di pressione negativa esercitata dallo strumento sulla sinistra non aumentano di numero), verificare che i tubi siano ben fissati agli ugelli e che non presentino strozzature, e che il coperchio del barattolo di raccolta sia avvitato a fondo.

 

Monitor defibrillatore manuale/semiautomatico LifePak 12
E’     un     multiparametrico     in     grado     di     rilevare     una     traccia elettrocardiografica a tre derivazioni, la saturazione di ossigeno, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la pressione arteriosa. Ha la possibilita di stampare un tracciato elettrocardiografico. E’ inoltre un defibrillatore manuale e semiautomatico. Per le istruzioni relative alle sue funzioni più semplici fare riferimento al foglio presente in ambulanza. Ovviamente questo tipo di elettromedicale può essere utlizzato come defibrillatore solo da personale  appositamente addestrato e autorizzato.

Defibrillatore semiautomatico LifePak 500

 

Collari cervicali Nec-Loc
Sono il modello di collari cervicali sul mercato che attualmente garantisce la migliore immobilizzazione del rachide cervicale. Sono costituiti da due pezzi separati e sono disponibili in varie misure. Per l’utilizzo fare riferimento alle lezioni relative.


Collari cervicali a pezzo unico (modello stif-nec)
Sono presenti in alcuni casi sui nostri mezzi di soccorso a causa degli scambi nei pronto-soccorsi. Se da una parte non garantiscono la stessa qualità di immobilizzazione del modello precedente hanno il vantaggio di essere molto più economici e adattabili a tutti i pazienti, dall’adulto al bambino, senza dover avere a disposizione diverse misure.

Asse spinale
Costruito in legno o in ABS, viene utilizzato per il trattamento del paziente traumatico garantendo un supporto rigido alla colonna vertebrale

Fermacapo
Viene usato insieme all’asse spinale per garantire una migliore immobilizzazione del rachide cervicale. Il cuscino sottostante viene agganciato all’asse, mentre le incudini (i cuscinetti laterali) e le due fasce vengono fissate una volta posto il paziente sull’asse.

Cinghie Ragno
Sono un nuovo sistema di cinture a velcro per assicurare il paziente alla barella. Garantiscono una sicurezza e una stabilità notevolmente maggiori rispetto alle cinghie tradizionali.

KED estrinsecatore
E’ uno strumento utilizzato per estrarre un paziente  traumatizzato da un veicolo (o situazione similare) nel caso di possibile frattura della colonna vertebrale. E’ costituito da un corpetto semirigido in grado di avvolgere il tronco dell’infortunato e da stecche rigide interne che evitano movimenti di flessione/estensione del busto. Viene fissato attraverso cinque cinghie  (tre  toraco-addominali  e  due  inguinali),   i  cui     colori
possono variare a seconda dei modelli. Per estrarre il paziente imbragato dall’autoveicolo sono presenti tre maniglie (due laterali e una posteriore). Ricordate che comunque è necessario  utilizzare asse spinale e collarino.

Set immobilizzatori a depressione (ferule)
Si tratta di buste plastiche al cui interno sono presenti dei piccoli elementi di materiale sintetico che, attraverso l’aspirazione dell’aria presente all’interno della ferula, si compattano ottenendo un unico corpo rigido. Hanno il vantaggio di poter essere conformati all’arto infortunato senza avere bisogno di riallinearlo (come nel caso degli immobilizzatori rigidi descritti
prima) e di non provocare difficoltà alla circolazione (come negli immobilizzatori gonfiabili). Per Estrarre l’aria si può utilizzare la pompetta in dotazione (vedi   figura)
o l’aspiratore

Pompa per ferule
Viene collegata alle ferule per aspirarne l’aria contenuta attraverso il movimento dello stantuffo.

Porta aghi
E’ un piccolo contenitore per aghi utilizzati esclusivamente da personale sanitario. Per aprirlo fare riferimento alla figura stampata sulla confezione. Una volta  pieno


deve essere chiuso in modo irreversibile e smaltito all’interno del contenitore per rifiuti infetti in cartone (Jolly-pack).
NELLO ZAINO

Occhiali di protezione
Da utilizzarsi ogni qual volta ci sia il pericolo di contaminazione con liquidi biologici per gli occhi del soccorritore.

 

 

Mascherine protezione viso
Viene utilizzata per la protezione da malattie trasmissibili (per proteggere il soccorritore) o in caso di paziente immunodepresso (per proteggere il paziente). Ricordate che non sono assolutamente sufficienti in caso di tubercolosi infettiva aperta (TBC) o SARS

 

Mascherine SARS (FFP3)
Sono particolari mascherine in grado di filtrare l’aria inspirata dal soccorritore. Le mascherine per SARS devono essere sigillate e recare la scritta FFP3 sulla confezione. Per la TBC il modello deve recare la scritta FFP2. In caso di necessità, se non sono possibili soluzioni alternative, per la TBC si possono usare le mascherine da SARS, ricordando però che hanno un costo molto maggiore.

 

Pallone di Ambu pediatrico
Rimane valido quanto detto per l’ambu adulto, ricordando però che l’algoritmo della rianimazione nel bambino è diverso da quello dell’adulto. Fare riferimento alla lezione specifica.

 

Fonendoscopio
Utilizzato per auscultare il torace del paziente da parte del personale sanitario o per rilevare la pressione arteriosa con lo sfigmomanometro.

 

 

 

Sfigmomanometro
Utilizzato per la rilevazione della pressione arteriosa.


Ambulanza e Comunicazioni Radio

a cura di Fausto Casini 14


14 Presidente Nazionale ANPAS


  • Ambulanza e Comunicazioni Radio [durata 150 minuti]

OBIETTIVI:

    • comportamento che il volontario deve tenere a bordo di un’ambulanza per garantire maggiore sicurezza verso se stessi, il paziente, il resto dell’equipaggio ed il mezzo stesso;
    • conoscenza dell’apparecchiatura radio, di come si utilizza e dei suoi protocolli di comunicazione.

 

IL MALATO E L'AMBULANZA

Il rapporto con il trasportato è estremamente importante. Ascoltare e cercare di mettere il più possibile a suo agio l’utente è la parte più importante dell’intera attività di trasporto, adeguando il più possibile i comportamenti del conducente del mezzo e degli altri componenti dell’equipaggio alle necessità di efficienza ed efficacia del trasporto .
E’ molto frequente il caso in cui il trasportato abbia subito precedenti traumi e dobbiamo tener conto che l’autoambulanza è un ambiente estraneo alle consuetudini di vita degli individui. Non dobbiamo quindi aver paura a dire al trasportato cose che ci possono sembrare scontate. Prima di partire e dopo che il nostro trasportato è stato caricato e si trova nella posizione che dovrà tenere durante il viaggio è necessario chiedere se tutto va bene e invitarlo a ricercare la posizione di massimo rilassamento sulla barella o sulla seggetta, raccomandandosi che per qualsiasi problema deve comunicarcelo.
Durante tutte le fasi del trasporto è indispensabile garantire:

SICUREZZA FISICA
controllare che la sedia o la barella siano fermate bene;

evitare di caricare nella cellula sanitaria bagagli se non perfettamente assicurati;

quando il mezzo è in movimento deve essere garantita la stabilità di tutto ciò che si trova nella cellula sanitaria.

SICUREZZA PSICOLOGICA

L'equipaggio deve lavorare in modo sincronizzato e armonioso, trasmettendo al paziente serietà e serenità;

l’ammalato deve sentirsi il più possibile a suo agio in modo da non provare soggezione se deve chiedere informazioni o se deve comunicare un disagio. A tal fine è bene presentarsi subito al trasportato comunicandogli il proprio nome e manifestando la propria disponibilità ad ascoltarlo;

L’equipaggio deve evitare di far trasparire conflitti all’interno del gruppo o verso altri membri dell’Associazione. Le comunicazioni tra volontari devono essere improntate al reciproco aiuto e finalizzate al mantenimento della fiducia del trasportato;

Il paziente non deve MAI sentirsi abbandonato e non deve MAI essere lasciato solo durante tutto il trasporto ed in particolar modo all’interno della cellula sanitaria.


ALCUNI CONSIGLI UTILI

L’equipaggio è una squadra, quindi i componenti devono comunicare e collaborare tra loro e soprattutto prestare attenzione e trasmettere tranquillità all’utente. Non è corretto nei momenti in  cui non si è coinvolti direttamente nel servizio disinteressarsi ad esso.

Se si ravvisa un comportamento scorretto da un altro componente l’equipaggio o dal personale di altre strutture coinvolte, lo si deve segnalare tempestivamente all’autore di questo comportamento evitando che il trasportato se ne accorga salvo il caso di immediato pericolo per la sua incolumità .
All’ammalato non interessa nulla dei nostri giudizi su altri componenti dell’equipaggio e dell’Associazione, infatti il clima che deve respirare è un clima collaborativo e sereno.

 

IL VOLONTARIO E L'AMBULANZA

CONTROLLO DEL MATERIALE
L'equipaggio dell'automezzo è responsabile del materiale sanitario presente e pertanto, se al momento del servizio (sia d’emergenza-urgenza sia di servizio ordinario), si scopre che l'automezzo non è dotato di tutti quei presidi sanitari stabiliti dal regolamento interno all'Associazione, la responsabilità civile e penale di questa inefficienza ricade sull'equipaggio stesso.
Per questo motivo è indispensabile ricordare che :
PRIMA d’iniziare il turno è assolutamente necessario controllare il mezzo, visto che nessuno a priori può garantirci il suo perfetto stato d’efficienza sia a livello di materiale sanitario (check-list) sia a livello meccanico.
Su ogni ambulanza è presente una lista del materiale sanitario (check-list) alla quale fare riferimento per il controllo dei presidi. L'importanza di questa manovra (preventiva) si traduce nell'evitare una perdita di tempo al momento di partire per un servizio urgente.
Ricordare che il tempo d’inizio di un servizio d'emergenza inizia nel momento esatto in cui l’equipaggio dell’ambulanza convenzionata comunica la partenza via radio alla Centrale Operativa di Modena Soccorso.
Nelle ambulanze utilizzate per i servizi ordinari, quindi non preposti alle emergenze-urgenze, sono presenti presidi sanitari diversi dal mezzo convenzionato elencati in una differente check-list.

SICUREZZA MECCANICA DEL MEZZO DI SOCCORSO
Ogni volontario deve segnalare (nell'apposita cassetta della "manutenzione automezzi", posta  nella stanzetta di fronte al centralino) qualsiasi anomalia dell'automezzo a livello meccanico. Per quanto riguarda la parte sanitaria, invece, le anomalie vanno segnalate tramite messaggi da mettere nella cassetta del “materiale sanitario”.
Qualora vengano rilevati durante l'utilizzo dei gravi difetti meccanici dell'automezzo o delle mancanze di materiale sanitario (insostituibile al momento), è dovere di ogni volontario segnalare il fatto al capoturno, il quale si impegnerà a non far utilizzare quello specifico automezzo fino a quando non si sia provveduto alla sistemazione.

UTILIZZO DEI PRESIDI SANITARI
Il controllo del materiale sanitario prima di partire potrebbe essere una manovra superflua se tutti i volontari si impegnassero a lasciare l'ambulanza (ogni volta che rientrano in sede) con la  dotazione completa del materiale.
Pertanto è un compito fondamentale dei volontari, al termine di ogni servizio, lasciare l'automezzo in condizioni di completa efficienza e perfettamente in ordine in termini di dotazione del materiale sanitario.
Se durante un servizio si utilizzano lenzuola o altro materiale sanitario sarà cura di ogni volontario preoccuparsi di rifornire nuovamente l'automezzo del materiale utilizzato, in modo da lasciarlo perfettamente in ordine ed “operativo”, pronto per poter immediatamente uscire per successivi servizi.


Il materiale sanitario può essere trovato negli appositi armadietti posti nel garage piccolo oppure, nel caso mancasse, lasciare un messaggio per il “materiale sanitario” nell’apposita cassetta.
Una manovra importantissima è il controllo della pressione delle BOMBOLE D’OSSIGENO, nel caso siano entrambe scariche è obbligatorio provvedere alla loro sostituzione immediata con bombole piene che si trovano nel garage piccolo.
La manovra del controllo della pressione delle bombole implica l'apertura di tutte le valvole che controllano il collegamento che va dalla bombola stessa all'apposita mascherina. Dopo aver provato la loro pressione è necessario richiudere tutte le valvole e gli interruttori aperti, altrimenti le inevitabili perdite presenti nel collegamento provocheranno una fuoriuscita dell'ossigeno che lentamente scaricherà completamente le bombole.

PULIZIA
L'igiene della cellula sanitaria è una garanzia indispensabile sia per il trasportato sia per i membri dell'equipaggio.
La pulizia dell'automezzo dovrebbe essere svolta dai volontari nei momenti di “sosta”, come ad esempio quando si è in attesa di uscire per effettuare dei servizi. Questo capita più  frequentemente nei turni serali e del week-end, dove il numero dei volontari è spesso maggiore del numero dei servizi da svolgere.
Nel caso in cui sia stata verificata la presenza di un qualsiasi liquido organico all’interno del mezzo, è dovere primario di ogni volontario rientrare in sede per effettuare una pulizia accurata  e completa (con relativa disinfezione) di tutto l'automezzo.
Si consiglia di adottare questa procedura anche nel caso in cui vengano effettuati servizi non urgenti (cioè ordinari).
Accanto a questi accorgimenti che riguardano la pulizia della cellula sanitaria, va sempre ricordata l'importanza di adottare in ogni servizio TUTTE quelle precauzioni igieniche necessarie alla salvaguardia della nostra e dell'altrui salute.
Si consiglia pertanto l'utilizzo, in ogni servizio, dei guanti monouso in lattice (ed è buona norma tenerne sempre in tasca un paio di scorta).
L'utilizzo dei guanti diventa assolutamente obbligatorio nei servizi di Pronto Soccorso, anche quando capitano interventi su pazienti che non presentano fuoriuscita di liquidi organici.

Indossare SEMPRE i guanti negli interventi di PS!

NOTE PER IL SOCCORSO ED IL TRASPORTO IN AMBULANZA
Supporto psicologico e cura dell'utente.
Giungere sul posto con la necessaria calma (che si dovrà trasmettere al paziente soccorso). L'equipaggio dovrà muoversi con la piena consapevolezza dei compiti affidati a ciascuno dei membri per svolgere un intervento coordinato e non caotico.
Il volontario al quale è affidata la responsabilità del paziente dovrà chiedere la collaborazione degli altri membri dell'equipaggio e, se cosciente, anche al paziente stesso. Inoltre dovrà essere in grado di riconoscere particolari stati d'ansia dovuti all'incidente per il quale presta soccorso, e dovrà essere in grado di valutare quei semplici interventi relazionali che possano ridurre tali stati ansiosi.
Nei primi istanti il volontario dovrà parlare al paziente facendosi riconoscere (identità e qualifica) e, se il paziente mostra miglioramenti emozionali, riferirgli e descrivergli gli interventi che si accinge a svolgere.


Il volontario dovrà preoccuparsi di salvaguardare l'intimità fisica e la dignità del paziente, dovrà quindi valutare con sensibilità interventi che possono toglierlo da situazioni di disagio. Ad esempio dovrà essere attento a coprire nudità, dovrà evitare sguardi fissi verso il paziente o addirittura verso le parti del corpo colpite/ferite, dovrà allontanare con discrezione e cura eventuali sguardi indiscreti dei "curiosi" e dovrà raccogliere eventuali oggetti personali mostrandoli al paziente per tranquillizzarlo.
Nella competenza che gli è riconosciuta, il volontario descriverà al paziente quali sono le manovre che si accinge a fare per tranquillizzarlo, mentre non descriverà quelle che potrebbero destargli ulteriori stati d'ansia, quali evidenti sintomi di una situazione tragica (per esempio sospetta lesione alla colonna vertebrale). Queste ultime, infatti, devono essere valutate e successivamente comunicate dal personale medico competente.
Il volontario dovrà tenere con discrezione i documenti sanitari del paziente.
Il volontario dovrà ascoltare con attenzione e cura le richieste del paziente, se possibile, esaudirle mostrando disponibilità. Dovrà inoltre fare domande al paziente per poter avere informazioni sull'accaduto (a volte indispensabili all'arrivo in ospedale) e per mantenerlo collaborante. Il volontario dovrà anche sapere quali domande fare e quali non fare per non essere inopportuno e indiscreto.
Il volontario dovrà tenere sotto controllo lo stato clinico del paziente senza mostrare eccessiva preoccupazione, anche nelle situazioni critiche.
Nel caso di trasporti interospedalieri, le cartelle sanitarie non devono mai essere consegnate  al  paziente. Giunti in reparto quest’ultimo e la sua cartella clinica, oltre a tutto ciò che ci è stato consegnato al momento del trasferimento, dovrà essere consegnato al personale del reparto che firmerà la scheda  di affidamento (vedi figura 1).


TRASMISSIONI RADIO

 

CHE COS' E' UNA RADIO O RICETRASMETTITORE
La radio consiste in un sistema formato da un trasmettitore che permette di comunicare via etere un'informazione e da un ricevitore per recepire le informazioni.
Le radio possono essere essenzialmente denominate "da stazione fissa", "da stazione mobile" (o veicolari) e portatili. Le radio da stazione fissa, oltre ad essere ingombranti e di un certo peso, necessitano di solito di una alimentazione a 220 Volt; quelle veicolari sono installate nei mezzi mobili (es. ambulanze), sono di dimensioni e peso più contenute ed alimentate direttamente dalla batteria del mezzo. Quelle portatili sono alimentate da batterie ricaricabili con l’apposito caricatore posto nel centralino dell’associazione alimentato tramite corrente elettrica e la loro caratteristica principale è quella di poterla tranquillamente alloggiare in cintura.

 

PULSANTI E PARTI FONDAMENTALI DELLE RADIO MONTATE SUI MEZZI
Manopola di ACCENSIONE, SPEGNIMENTO e controllo del VOLUME: spingendola si accende la radio e ruotandola si può incrementare o diminuire il livello audio. Tornando a spingere la manopola la radio si spegne.

FRECCIA VERSO L’ALTO E FRECCIA VERSO IL BASSO: utilizzate per cambiare canale.

ALTOPARLANTE: permette di ascoltare le informazioni ricevute dalla radio, solitamente nelle nostre ambulanze è posto all'altezza del poggiatesta dell'autista o tra i due sedili anteriori.

ANTENNA: si trova sul tetto o a lato-cofano del veicolo ed è il mezzo attraverso il quale vengono trasmesse e ricevute le informazioni.

MICROFONO: è un trasduttore che converte le onde sonore "prodotte dalla voce" in segnali elettrici che verranno elaborati e poi trasmessi dalla radio.

PULSANTE PER PARLARE: posto a lato del microfono, serve per commutare la radio dalla ricezione delle informazioni alla loro trasmissione.

DISPLAY: visualizza il canale sul quale la radio è sintonizzata; TASTO P3: permette l’invio della selettiva alla Base;
TASTO P1: permette l’invio della selettiva alla centrale Operativa di Modena Soccorso con la radio sintonizzata sul canale 4, quello riservato all’emergenza-urgenza.


CONTROLLI DA EFFETTUARE PRIMA DI UTILIZZARE LA RADIO
Al momento dell’accensione la radio si posiziona automaticamente sul canale n°1, sul quale si effettuano tutte le comunicazioni tra l'associazione ed i suoi mezzi sul territorio.
La sigla radio della Pubblica Assistenza di Modena è "BLU BASE", mentre la sigla di ciascun mezzo è formata dal suo numero preceduto da "BLU"(ad esempio Blu 3, Blu 9, Blu 20 etc.).
Una volta accesa la radio è opportuno controllare che sul suo display venga indicato il numero del canale sul quale si è sintonizzati.

 

I CANALI DI COMUNICAZIONE
Il canale n°1 “gestisce”  tutte le comunicazioni tra i mezzi dell’associazione sul territorio e la base.  Il canale n°4 viene utilizzato dai mezzi di tutte le Pubbliche Assistenze della Provincia di Modena SOLO ED ESCLUSIVAMENTE per le comunicazioni dei mezzi prestanti servizi d’emergenza- urgenza, comunicando con la Centrale Operativa di Modena Soccorso ( identificata dalla sigla “MODENA”). Tutti i mezzi dell’Associazione impiegati per i SERVIZI ORDINARI dovranno essere sintonizzati con la radio sul canale n°1.

 

COMPORTAMENTO DURANTE L'USO DELLA RADIO
Sul canale n°1, ed in particolare sul canale n°4, si deve utilizzare la radio per comunicare solo ed esclusivamente informazioni CHIARE e CONCISE per il corretto svolgimento del servizio che si sta effettuando.
Questo deve avvenire perché, eventuali comunicazioni troppo prolisse, oltre ad essere segno di poca “professionalità” rischierebbero di tenere impegnato il canale impedendo ad altri mezzi di comunicare informazioni senz'altro più importanti.
Ricordiamo inoltre che altri Enti sono in ascolto su questi canali ed hanno quindi la possibilità di sentire tutte le comunicazioni effettuate.

 

COME SI COMUNICA VIA RADIO
Al fine di una buona comprensibilità dell'informazione da trasmettere o da ricevere occorre  prestare molta attenzione alle seguenti modalità:
prima di parlare sul canale, accertarsi che non ci sia qualcuno che lo stia già facendo; premere il pulsante del microfono e solo dopo un secondo iniziare a parlare, tenendolo a lato della bocca ed allo stesso tempo il più vicino possibile alla bocca stessa ( MA non a contatto) cercando di mantenere un'intensità di voce costante. In questo modo si evita che  il corrispondente riceva la prima parte del discorso già iniziata e tenendo il microfono a lato della bocca si evita di ricevere, sotto forma di fruscio, l'aria che fuoriesce dalla cavità orale di chi sta parlando. Il tempo indicato sopra è necessario, in quanto si ha un certo ritardo nella commutazione da ricezione a trasmissione da parte della radio;
durante la trasmissione, mantenere la medesima distanza tra la bocca ed il microfono in modo tale che colui che riceve, non avverta oscillazioni nell'intensità della voce del corrispondente. Inoltre bisogna ricordarsi di NON gridare, poiché si rende ancora più incomprensibile quello che si sta dicendo;
non effettuare comunicazioni lunghe ma essere concisi, precisi e chiari;
smettere di tenere premuto il pulsante del microfono SOLO dopo aver finito di parlare in modo da evitare di troncare le ultime parole;
tra un "passaggio" e l'altro lasciare sempre almeno 1 secondo di spazio prima di ritrasmettere in modo da dare la possibilità ad altri di intervenire in caso di necessità;
i canali radio rappresentano un sistema di comunicazione NON sicuro, in quanto sono facilmente intercettabili con opportuni ricevitori, quindi evitare di fornire via radio dati anagrafici di persone in casi particolari (es. pazienti deceduti);
per quanto riguarda la ricezione occorre accertarsi che il volume non sia al minimo impedendo quindi l'ascolto di quello che si sta ricevendo.


CONSIDERAZIONI
Nelle normali trasmissioni via radio gli interlocutori possono o parlare o ricevere.
Per intenderci, non è come il telefono, di conseguenza quando si sta ricevendo non si può trasmettere, in quanto l'altro non sentirebbe e si disturberebbe la ricezione ad eventuali terzi che ascoltano, quindi bisogna parlare uno alla volta, rispettando l'ordine d'ingresso.
Nei collegamenti, ed in particolare durante un servizio d’emergenza-urgenza, si deve usare un linguaggio chiaro e succinto. E' meglio utilizzare sigle e protocolli di trasmissione standardizzati in modo tale da rendere più chiara possibile la comunicazione.

 

CHIAMARE UNA STAZIONE
Supponiamo che BLU 3 debba chiamare BLU BASE; si potranno usare principalmente 3 modi:

  • nominativo stazione da chiamare da stazione che chiama: BLU BASE BLU 3;
  • nominativo stazione da chiamare da nominativo stazione che chiama: BLU BASE  DA BLU3;
  • nominativo stazione che chiama per stazione da chiamare: BLU 3 PER BLU BASE.

Dei tre modi, il primo è preferibile, in quanto più corto e più immediato degli altri. Come detto in precedenza, prima di fare la chiamata occorre accertarsi che nessuno stia parlando sul canale e che non ci siano in atto comunicazioni di maggiore priorità, come ad esempio delle emergenze.

    • Se dopo aver chiamato una stazione questa non risponde bisogna aspettare qualche secondo prima di richiamare, in quanto l'operatore potrebbe essere  momentaneamente impegnato. Se dopo qualche chiamata la stazione continua a non rispondere, desistere dal richiamare per non disturbare il canale provando poi a ripetere la chiamata dopo alcuni minuti.

 

RISPOSTA AD UNA CHIAMATA
Quando una stazione viene chiamata (in questo caso BLU 3) questa può rispondere  principalmente in 5 modi:

      • VIENI PER BLU 3;
      • VIENI (STAZIONE CHE HA CHIAMATO);
      • IN ASCOLTO BLU 3;
      • BLU 3 IN ASCOLTO;
      • AVANTI PER BLU 3. Dei cinque modi precedenti, il primo è preferibile.
    • E' buona abitudine confermare la ricezione di un messaggio al corrispondente.

 

TERMINOLOGIA
Nelle comunicazioni radio vengono usate abbreviazioni e termini in modo da rendere la comunicazione il più breve e chiara possibile. Vediamo quelle principali, spiegandole:
RICEVUTO, BENE, OK, K, POSITIVO: utilizzati per confermare di aver capito il messaggio;

VIA CAVO: il suo significato è quello di utilizzare il telefono per parlare con il corrispondente. Usato nella frase : "Puoi raggiungermi via cavo?";

POSIZIONE: utilizzato per chiedere la posizione di un particolare mezzo; frasi tipiche: "Mi puoi dare la tua posizione?", "Posizione BLU 3?";

STIMATO: utilizzato per chiedere una stima in minuti (partire, arrivare, essere operativi). Usato nelle frase "Mi dai uno stimato ......?";

TORNA, RITORNA, RIPETI: significa che la stazione che ha appena trasmesso deve ripetere il messaggio perché non è stato ricevuto;

NEGATIVO: è usato spesso prima di torna, ritorna, ripeti;


SUL POSTO: si usa per indicare l'arrivo nel luogo prefissato. Si usa in frasi del tipo "Blu 3 sul posto": questo messaggio viene dato quando si è in vista del “target”(luogo dell’evento);

PROVA RADIO: usato per chiedere rapporti di comprensibilità.

 

SELETTIVA
Se abbiamo una serie di radio che sono in ricezione sullo stesso canale, ciascuna di queste è in grado di ricevere tutte le comunicazioni che avvengono sul medesimo. E’ possibile, tramite l'invio di un numero (SELETTIVA), chiamare qualsiasi radio installata sui mezzi dell'Associazione e memorizzare la chiamata.
La radio, ricevuto il proprio numero di selettiva, emetterà un segnale sonoro ("beep") intermittente e sul display apparirà la sigla della stazione chiamante (ad esempio BLU BASE).. Per annullare la selettiva premere il tasto posto sul microfono. Per l’invio della selettiva è sufficiente premere il pulsante P3 o P1 in base a quale stazione vogliamo inviarla (BLU BASE o Centrale Operativa) ed in base al canale sul quale è sintonizzata la radio.

 

CODICI D'INVIO
Sostanzialmente ci sono due tipologie di servizio svolte dall'associazione:

      • servizi ORDINARI (per esempio dialisi ed alcune fisioterapie), dimissioni, ecc.;
      • servizi d’EMERGENZA-URGENZA (codici colore).

Nel primo caso non c'è nessun codice d'invio, in quanto si tratta di un servizio programmato dall’Associazione e viene assegnato dal capoturno.
Nel secondo caso invece, la richiesta viene effettuata dalla Centrale Operativa di Modena Soccorso ed è rivolta al mezzo dell’Associazione convenzionato con il 118.
L'ambulanza CONVENZIONATA esce con un codice assegnato dall’operatore della Centrale. I codici sono:
VERDE: intervento poco critico e differibile nel tempo;
GIALLO: intervento mediamente critico ed indifferibile nel tempo;
ROSSO: intervento critico, indifferibile e d’emergenza.
SOLO in codice rosso si è autorizzati all'uso dei segnalatori luminosi (lampeggianti) e dei segnalatori acustici (sirena) usando SEMPRE la massima attenzione alla circolazione stradale.

 

CODICI DI RIENTRO
Una volta che l'equipaggio dell'ambulanza ha caricato il paziente a bordo del mezzo e si dirige al pronto soccorso, deve comunicare alla Centrale Operativa il codice di rientro:
CODICE 1 (traumatico o internistico) : non critico, nessuna funzione vitale compromessa; CODICE 2 (traumatico o internistico) : critico, almeno una funzione vitale compromessa; CODICE 3 (traumatico o internistico) : emergenza, più di una funzione vitale compromessa; CODICE 4 (traumatico o internistico) : paziente deceduto.
Bisogna prestare molta attenzione nella valutazione del codice di rientro!
Terminato il servizio, si comunica alla Centrale Operativa il libero, dicendo per esempio: "BLU 3 rientra in CODICE 5 (libera ed operativa)" oppure "BLU 3 libera (operativa) rientra".

 

ESEMPIO DI COMUNICAZIONE DURANTE UN SERVIZIO NON DI URGENZA
Questo tipo di servizio viene dato all'equipaggio dal capoturno; non c'è quindi bisogno di comunicargli nessuna partenza. Una volta terminato il servizio si chiama la base:
"BLU BASE BLU 3", la quale risponderà: "Vieni BLU 3" oppure "Vieni per BLU BASE". A questo punto la risposta del mezzo sarà: "BLU 3 operativa (oppure libera, in codice 5) al Policlinico "
e la base risponderà: "Bene BLU 3 rientra" oppure "Bene BLU 3 vai in Via ........".


ESEMPIO DI COMUNICAZIONE DURANTE UN SERVIZIO DI EMERGENZA-URGENZA
Il servizio viene passato dalla Centrale Operativa di Modena Soccorso al capoturno, che a sua volta lo assegna all'equipaggio dell'ambulanza convenzionata. Le comunicazioni tra le due parti (equipaggio BLU 3 e Modena Soccorso) sono le seguenti.

PARTENZA

BLU 3 : invio della selettiva premendo il tasto P1 ; Centrale Operativa (C.O.): “AVANTI PER MODENA”; BLU 3: “MODENA, LA BLU 3 PARTITA”;
C.O.: “BENE BLU 3, RICEVUTO”.

ARRIVO SUL POSTO

BLU 3: invio della selettiva (P1); C.O.:”AVANTI..”;
BLU 3: “MODENA, LA BLU 3 SUL POSTO”; C.O.: “BENE BLU 3, RICEVUTO”.
PARTENZA PER IL PRONTO SOCCORSO (P.S.)

BLU 3: invio della selettiva (P1); C.O.: “AVANTI…”;
BLU 3: “MODENA, LA BLU 3 HA CARICATO UN CODICE 1 INTERNISTICO PER IL POLICLINICO/BAGGIOVARA”;

C.O.: “BENE BLU 3, RICEVUTO”.

RIENTRO DAL PRONTO SOCCORSO VERSO LA SEDE

BLU 3: invio della selettiva (P1); C.O.: “AVANTI…”;
BLU 3: “MODENA, LA  BLU 3 IN CODICE 5 DAL PS DEL POLICLINICO/BAGGIOVARA”;

C.O.: “BENE BLU 3, RICEVUTO”.


Capitolo

 8
L’Anziano Demente e Confuso

a cura di Luc Peter De Vreese 15

15 Medico Psicogeriatra. Nucleo Specialistico per le Demenze RSA IX Gennaio Comune di Modena
16 Qualcuno ha detto che le rughe sono i ricami del tempo; Gianbecchina concretizza il concetto e sostiene che i segni sul volto degli uomini consentano di leggere le vicende di una vita, di interpretare il senso di un’esistenza. Il viso di un vecchio diventa lo specchio della sua anima, le sue rughe non sono ricami, ma solchi profondi sui quali il sole e il vento di tante stagioni passate hanno impresso il loro segno indelebile.


  • L’Anziano Demente e Confuso [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
Fornire le informazioni necessarie ad un soccorritore per poter aiutare in maniera efficace ed efficiente una persona affetta da demenza. Il capitolo, infatti, indica brevemente il concetto di demenza progressiva con i relativi stadi e quali sono i suoi sintomi principali (neurologici, cognitivi  e non cognitivi).

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In Italia un numero molto elevato di persone risulta affetto da demenza, con tassi d’incidenza che  si aggirano attorno a 400.000 casi ogni anno, di cui più della metà risulta affetto da Demenza Alzheimer.

La DEMENZA è una incompetenza cognitiva cronico-progressiva ad espressività ecologica, consiste quindi in un decadimento cognitivo globale compromettendo l’efficienza nello svolgere attività quotidiane prima usuali ai malati.


La demenza:


  • è una malattia della modernità;
  • è nemica di una società ipercognitiva;
  • provoca sentimenti di vergogna nei familiari;
  • innesca atteggiamenti di “negativismo” negli operatori delle demenze.

 

La PSICOLOGIA SOCIALE MALIGNA spiega:

    • solo la diagnosi sindromica di demenza, manca il più delle volte una diagnosi tipologica, cioè non dice che tipo di demenza è;
    • una diagnosi “detersivo”, i sintomi cognitivi e non cognitivi riferiti tendono ad essere interpretati slegati dai problemi somatici concomitanti
    • assenza di qualsiasi stadiazione, che corrisponde al non sapere a che stadio della malattia si trovano i malati.

 

La PSICOLOGIA SOCIALE MALIGNA è fatta di:

    • svalutazione della persona;
    • disumanizzazione;
    • depersonalizzazione.

 

Per curare nel modo migliore possibile una persona affetta da demenza bisogna tenere conto di alcuni fattori, come ad esempio la personalità pre-morbosa del paziente, la sua autobiografia, la sua salute fisica, i sintomi neurologici, il contesto psicologico sociale; questo per garantire una gestione che mira alla persona con demenza e non alla malattia dementigena (gestione centrata sulla persona). Uno degli ostacoli maggiori per raggiungere questo obiettivo è la medicina della fretta. Una corretta gestione richiede, invece, una medicina del tempo!

La demenza è una malattia lunga, che presenta una grossa variabilità individuale, anche se possiamo dire che in media dura una decina di anni.

Nella demenza più passa il tempo più la persona perde la propria indipendenza.


Gli stadi della Demenza Alzheimer, forma di malattia prevalente nell’anziano, sono fondamentalmente 4:

    • Lieve: dura circa 3-4 anni e la persona durante questo stadio è ancora in grado di vivere autonomamente. Alcuni dei sintomi che presenta sono i disturbi della memoria, della personalità, dell’umore, dell’orientamento e del giudizio critico. Il soggetto appare “normale” ad un occhio inesperto.
    • Moderato: dura circa 2 anni e tra i sintomi che presenta troviamo crescenti difficoltà a svolgere attività quotidiane strumentali semplici e una compromissione delle funzioni esecutive (programmare, prevedere, pianificare, completare attività finalistiche).
    • Grave: tra i sintomi troviamo le difficoltà motorie e di alimentarsi, in soggetti difficilmente valutabili (anche per il dolore) per la perdita (quasi) totale delle competenze linguistiche sia sul versante espressivo che ricettivo.
    • Terminale: i segni e i sintomi principali sono il mutismo, lo stato vegetativo, la disfagia, le infezioni ricorrenti e la sindrome di allettamento.

 

Il decorso osservato nella Demenza Alzheimer ha portato alla teoria retrogenetica della malattia, in cui si osserva una perdita delle capacità in ordine gerarchico ma inverso rispetto alle loro acquisizioni in età evolutiva (le abilità acquisite per ultime come ad esempio le attività strumentali vengono perse per prime, mentre quelle elementari come camminare, stare seduto ecc. se ne vanno per ultime).

Per una corretta gestione della demenza devo tenere conto dei sintomi neurologici, cognitivi e non cognitivi, oltre che delle malattie preesistenti nel paziente, come ad esempio il diabete o le malattie vascolari.

Tutte le persone malate di demenza presentano, in modo più o meno grave, questi sintomi:

  • aprassia dello sguardo, cioè l’incapacità di eseguire movimenti oculari intenzionali;
  • atassia ottica, cioè la mancanza di coordinazione dei movimenti muscolari volontari dell’occhio;
  • deficit di attenzione, in particolare l’eminattenzione, il restringimento focale dell’attenzione e la simultaneo-agneosia;
  • deficit di stereopsia, cioè un disturbo nella valutazione delle distanze;
  • deficit del flusso ottico, cioè un disturbo del movimento visivo percepito come risultato del proprio movimento nello spazio;
  • perdita della memoria;
  • l’apprendimento di nuove nozioni si azzera.

 

Il Delirio si verifica quando il malato dice cose non vere, ma è convinto di quanto dice.
Nella fase iniziale della demenza i deliri sono poco frequenti, ma mano a mano che la malattia progredisce questi aumentano.

I sintomi non cognitivi sono fonte di stress anche fisico dei familiari e sono tra i più problematici e costosi a livello di gestione, inoltre sono disturbi eterogenei che durano nel tempo. Tra questi ritroviamo:

  • apatia (caratterizzata da ridotta iniziativa, ridotta emotività e scarsa cognitività finalistica);
  • aggressività (fisica e/o verbale);
  • depressione talvolta accompagnata da ansia;
  • psicosi   (caratterizzata    da   delirio,    perdita   di   contatto   con   il   mondo   esterno, allucinazioni);
  • comportamenti specifici (disturbi di condotta sociale e personale, attività motoria);
  • sintomi neurovegetativi (insonnia, turbe sessuali, iperoralità).

Questi sintomi possono presentarsi simultaneamente anche nella stessa persona. Le cause di insorgenza dei sintomi non cognitivi sono le più svariate.

Sarebbe meglio evitare di intervenire con farmaci su persone affette da disturbi di demenza, nonostante sia lecito cercare di dare più sollievo possibile alla persona stessa.

In base alla stadiazione della demenza si interviene sul malato con diversi interventi psicosociali.

Nella fase lieve solitamente si procede con:


 

 

Nella fase moderata si procede con:

 

Nella fase grave si procede con:


la riabilitazione cognitiva; la memoria procedurale;
la cura orientata alle emozioni; la musicoterapia.

attività fisiche leggere (come ad esempio camminare); la musicoterapica.

attività di socializzazione e attività ricreative in gruppo; attività fisica attiva e passiva;
la musicoterapica;
adattamento ambientale allenante.


Infine nella fase terminale si procede con:
un approccio individuale; attività fisica attiva e passiva;
adattamento ambientale custodialistico; la stimolazione multisensoriale.


Tra le malattie che favoriscono la demenza senile ritroviamo:


  • la malnutrizione;
  • il diabete;
  • le malattie vascolari;
  • la ritenzione urinaria.

 

RICORDIAMOCI CHE:

… la gestione di una malattia come la demenza deve mirare al raggiungimento di una funzionalità ottimale come essere sociale e nel rispetto della sua personalità fatta non solo di memoria, ma anche di sentimenti, azioni, appartenenza, attaccamento alle persone e di identità, e quindi “pace e benessere”.


Rianimazione Cardiopolmonare
a cura di Angela Menegon 17

17 Dirigente Medico – Anestesista e Rianimatore, CO 118 Modena Soccorso.


  • Rianimazione Cardiopolmonare [durata 120 minuti]

OBIETTIVI:
Cenni di fisiologia cerebrale, respiratoria e cardiaca e descrizione dell’infarto cardiaco (cause- segni-sintomi).
Valutazione dello stato di coscienza del paziente e successiva conoscenza delle manovre di rianimazione cardio-polmonare (sequenza BLS).

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La rianimazione cardio-polmonare (RCP) comprende una sequenza di manovre fondamentali che deve essere PRONTAMENTE messa in atto in caso di arresto cardiocircolatorio, evento che se non trattato porta alla morte della persona nella quale si verifica . L’arresto cardio-circolatorio è quindi l’EMERGENZA ASSOLUTA.

Cenni di fisiologia
L'arresto cardiocircolatorio implica il coinvolgimento delle tre funzioni vitali di ogni individuo:

  • funzione cerebrale;
  • funzione respiratoria;
  • funzione cardiaca.

Per quanto riguarda la funzione cerebrale, si può dire che il cervello è la sede di tutte le funzioni superiori e metaboliche dell'uomo. È contenuto nella scatola cranica ed è avvolto da tre membrane (le meningi) e da un liquido, il liquor; tutte queste strutture hanno il compito di proteggere il cervello dagli insulti esterni.
Il nutrimento principale del cervello è l’ossigeno. In assenza di ossigeno il cervello riesce a mantenere la sua attività per un massimo di 8-10minuti, dopodichè l’anossia cerebrale provoca gravi danni neurologici permanenti (paralisi, coma persistente).
L'apparato respiratorio ha la funzione principale di ossigenare il sangue che irrora tutti gli organi periferici.

    POLMONI
Il sangue ricco di anidride carbonica (CO2) prodotta dagli organi viene convogliato al cuore dalle vene; dal cuore viene inviato ai polmoni dove libera l’anidride carbonica, che viene eliminata all’esterno con l’espirazione, e si carica di ossigeno che viene assunto dall’esterno con l’aria inspirata. Questo sangue ossigenato ritorna al cuore attraverso le vene polmonari e dal cuore viene inviato in tutti gli organi periferici attraverso le arterie.

Il cuore, che è costituito da un muscolo detto miocardio, svolge quindi la funzione di una POMPA che permette la circolazione sanguigna.

      CUORE


È chiaro come le funzioni vitali siano intimamente legate e come la compromissione di una di esse possa provocare l’insufficienza dell’intero sistema.

Caratteristiche dell’infarto

Una delle cause più frequenti di arresto cardiocircolatorio è rappresentata dall’infarto cardiaco.
Si parla di infarto quando una delle arterie che portano sangue al muscolo cardiaco ( arterie coronarie) si chiude, non permettendo più l’arrivo del sangue ad una zona del cuore: la parte del muscolo interessata, rimanendo senza nutrimento, vale a dire senza ossigeno, va in necrosi e non risulta più in grado di svolgere la funzione di “pompa”.
L’infarto cardiaco si manifesta con segni e sintomi caratteristici:

  • dolore o senso di oppressione riferito in sede toracica retrosternale o allo stomaco, talvolta si può irradiare alla spalla, al braccio e alla mandibola dal lato sinistro del corpo;
  • nausea, sudorazione, affaticabilità e debolezza, fatica a respirare, sensazione di “venir meno”;
  • non sempre il dolore è descritto come insopportabile, ma a volte può essere di entità modesta.

Può essere continuo o a crisi subentranti(angina).
Se l’infarto non viene riconosciuto e trattato in tempi brevi può evolvere in fibrillazione ventricolare dando luogo alla cosiddetta “morte cardiaca improvvisa”.

Una piccola percentuale di casi di morte cardiaca improvvisa si può verificare anche per gravi e improvvise alterazioni del ritmo cardiaco non dovute ad infarto.
L’incidenza della morte cardiaca improvvisa è di una persona ogni mille per anno, il che significa che nella nostra provincia circa 650 persone ogni anno rischiano di essere colpite da morte cardiaca improvvisa.
Alla luce di tutto quanto si è detto finora, risulta evidente che il TEMPO è il fattore fondamentale della rianimazione cardiopolmonare.
La possibilità di evitare che si instaurino danni neurologici permanenti dipende dalla rapidità e dalla efficacia delle procedure di soccorso, cioè dalla corretta applicazione della cosiddetta “Catena della sopravvivenza”.

Essa consiste nella sequenza:

  • accesso precoce al sistema di emergenza
  • inizio precoce della rianimazione cardiopolmonare (RCP)
  • defibrillazione precoce
  • inizio precoce del trattamento avanzato.

Manovre di soccorso

Prima di incominciare qualsiasi manovra sul paziente bisogna accertarsi che l’ambiente sia “in sicurezza”, ossia valutare che non vi siano pericoli sia per il soccorritore sia  per il paziente.

Dopo questo controllo si passa alla valutazione dell’ABC:

A= airway: valutazione stato di coscienza , pervietà delle vie aeree B= breathing: valutazione dell’attività respiratoria
C= circulation: valutazione dell’attività circolatoria

  • VALUTAZIONE STATO DI COSCIENZA E PERVIETA’ DELLE VIE AEREE Chiamare ad alta voce il paziente scuotendolo delicatamente per le spalle.

Se non risponde bisogna immediatamente chiamare il 118.


 

PAZIENTE INCOSCIENTE : CHIAMARE IL 118
Porre quindi il paziente in posizione supina su un piano rigido o a terra allineando il capo e gli arti e scoprendo il torace (se necessario tagliare gli indumenti).
Porre una mano sulla fronte del paziente e con l’altra aprire la bocca e controllare che non vi siano ostruzioni alle vie aeree; se ci sono rimuoverle con un dito o con l’utilizzo dell’aspiratore secreti (ad esempio in caso di vomito).

A questo punto porre due dita di una mano sotto il mento sollevandolo e spingere la testa all’indietro con l’altra mano appoggiata sulla fronte: questa manovra di iperestensione del capo permette di mantenere l’apertura delle vie aeree.

  • VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ RESPIRATORIA

Innanzitutto avvicinare l’orecchio alla bocca del paziente con gli occhi rivolti verso il torace e procedere successivamente alla valutazione nei tre momenti indicati con la sigla GAS:

  • Guardare se vi sono movimenti del torace;
  • Ascoltare se dal naso o dalla bocca  provengono rumori respiratori (gorgoglii, sibili, ecc);
  • Sentire se dal naso o dalla bocca esce aria; il tutto contando lentamente fino a 10.

          IL PAZIENTE NON RESPIRA
Se non respira si devono praticare due insufflazioni efficaci mediante l’utilizzo o della POCKET- MASK (maschera dotata di una valvola espiratoria che impedisce il contatto fra il soccorritore ed il paziente), oppure mediante una maschera collegata ad un pallone autoespandibile di Ambu (in dotazione su ogni ambulanza).

 

Per praticare la ventilazione ci si posiziona dietro il capo del paziente e si appoggia la maschera  sul viso mantenendo l’aderenza della maschera con pollice ed indice posizionati a formare una  “C”; mentre, ponendo le altre tre dita sotto la mandibola, si mantiene  l’iperestensione del capo.
Si fanno quindi le due ventilazioni controllando che il torace si espanda, se ciò non avviene  ripetere l’insuflazione.
Se in un soccorso al di fuori dell’ambulanza non siamo dotati di mezzi di ventilazione si può procedere alla “respirazione bocca a bocca”, ossia si pone un fazzoletto tra la bocca del soccorritore e della vittima e si insuffla aria nella bocca della vittima chiudendo il naso con pollice ed indice della mano che era posizionata sulla fronte.
Se il paziente invece respira lo si pone in POSIZIONE LATERALE DI SICUREZZA.


  • VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ CIRCOLATORIA

Dopo aver effettuato le due ventilazioni è necessario valutare la presenza dell’attività circolatoria attraverso la ricerca di segni di circolo o del polso carotideo per 10 secondi.
Il polso carotideo si cerca con l’indice ed il medio di una mano posizionati sul pomo di Adamo, poi si fanno scivolare lateralmente sino ad incontrare un incavo che è il punto in cui si rileva il polso. Contemporaneamente si valuta se vi sono segni indiretti di circolo come ad esempio movimenti degli arti, colpi di tosse, atti respiratori.

     PAZIENTE IN ARRESTO CARDIACO
Se non si rileva alcun segno si passa al massaggio cardiaco.
Si cerca il punto di compressione (detto punto di repere) facendo scorrere il dito medio di una mano lungo il margine costale inferiore fino al punto di unione delle coste allo sterno, quindi si appoggia l’indice accanto al medio e il calcagno dell’altra mano sullo sterno. A questo punto si sovrappone l’altra mano e si intrecciano le dita estendendole.
Si incominciano così le compressioni, circa 1 al secondo alternando 15 compressioni a 2 ventilazioni.
Dopo 1 minuto, che di solito corrisponde a 4 cicli di compressioni/ventilazioni, si valuta se ci sono il polso carotideo o altri segni di circolo.
Se vi è attività circolatoria si passa alla valutazione del respiro (sequenza A-B-C al contrario), altrimenti si continuano i cicli di compressioni e ventilazioni mantenendo il rapporto di 15:2 . Dopo  2 minuti circa (8 cicli) si procede al successivo controllo del polso.
Si continua a ripetere questa sequenza sino all’arrivo del mezzo di soccorso avanzato o sino a che le forze dei soccorritori lo permettano.
Infatti è previsto che in caso d’esaurimento fisico dei soccorritori il BLS venga terminato.


Capitolo

10
Emorragie e Ustioni

a cura di Giuseppe Longo 18

18 Medico oncoematologo Centro Oncologico Modenese del Policlinico di Modena


  • Emorragie e Ustioni [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
L’obbiettivo della lezione è quello di dare un’adeguata informazione su come soccorrere in maniera efficace ed efficiente un paziente con emorragia e/o ustione in condizione di sicurezza  per  il soccorritore.

 

Solitamente quando si parla di emorragie ed ustioni si parla di patologie che si possono presentare anche associate, in quanto si ritrovano nel paziente cosiddetto politraumatizzato.
Il paziente si trova in una condizione di shock, ossia una condizione clinica in cui c’è sproporzione tra la quantità di sangue del soggetto ed il suo normale circolo sistemico.
Sia le emorragie che le ustioni comportano, infatti, perdite di liquidi.

 

USTIONI
Un’ustione è una lesione della pelle causata da vari agenti fisici o chimici.
Fra le più importanti cause d’ustione ricordiamo: il calore, l’ elettricità, il congelamento, le radiazioni (più raro), le sostanze acide e alcaline (forti).

Le ustioni vengono classificate secondo due parametri fondamentali: l’estensione ed il grado di profondità che permettono di valutare il grado di gravità dell’ustione.

ESTENSIONE: si può dire che "più l'ustione è estesa sulla pelle e più è da considerarsi  grave" sino a mettere in repentaglio la vita del paziente. L'utilizzo della "regola del nove" ha dato buoni risultati, anche se approssimativa. Con questa regola tutto il corpo viene diviso in diversi territori e ad ognuno di questi viene attribuito un numero che corrisponde a nove o ad un suo multiplo (9, 18 , 36). La somma che ne risulta si avvicina a 100 e rappresenta la totalità del corpo. Si ricordi che la regola del nove risulta utile solo negli adulti.

PROFONDITA’ DELL’USTIONE
Si distinguono ustioni di tre gradi:
Primo grado: lesione che coinvolge solo l'epidermide; appare con un semplice arrossamento della pelle. Quindi c'è eritema, gonfiore e lieve dolore;
Secondo grado: lesione che coinvolge anche il derma sottostante con segni infiammatori più vivaci. Si caratterizza per presenza di vescicole o di bolle (definite flittene) e forte dolore;
Terzo grado: lesione che coinvolge anche gli strati più profondi fino ai muscoli e a volte l'osso. La pelle spesso è carbonizzata con il dolore che può essere vivacissimo, oppure  può non esserci perché la carbonizzazione ha coinvolto anche le fibre nervose.

ALTRI PARAMETRI (SECONDARI) DI GRAVITA’
Sono importanti a parità di danno ai tessuti, specie per la prognosi: età del paziente;
presenza di malattie importanti (metaboliche, cardiovascolari, degenerative, ecc.); complicazioni dell'ustione (infezioni, shock).
Le zone critiche sono il viso, le vie respiratorie e le articolazioni.
Si può parlare di ustione critica se essa è di: terzo grado con estensione maggiore del 10%, secondo grado con estensione maggiore del 30%, primo grado con estensione maggiore del 75%.


 

COMPORTAMENTO
Quando si soccorre un paziente ustionato bisogna eseguire le seguenti manovre:
allontanare il paziente dalla fonte ustionante, sempre che anche il soccorritore sia in condizioni di sicurezza;
non rimuovere mai i vestiti dell’ustionato durante lo spostamento;
valutare i parametri vitali e, in particolare, la capacità respiratoria del paziente attraverso alcuni parametri come il colorito del paziente e gli atti respiratori; se fatica a respirare somministrare ossigeno terapia;
bendare la parte ustionata con garze STERILI ed umide;
avvolgere la zona con un lenzuolo pulito, anche se di grado superiore; non rompere mai le bolle e le vescicole;
tentare sempre di ricostruire l’evento per capire se ci possono essere altri traumi non visibili; valutare la gravità dell’ustione;
tranquillizzare sempre il paziente.

Particolare attenzione va posta ad una tipologia piuttosto grave di ustioni, ossia le ustioni circonferenziate,  ustioni  di  terzo  grado  che  riguardano  il  torace  e  gli  arti  e  che  creano    un


impedimento funzionale. Si può verificare, infatti, un danno ischemico a livello degli arti e un danno a livello della capacità respiratoria che viene limitata dall’ustione al torace.

Il rischio maggiore per qualsiasi tipo di ustione è quello infettivo, perciò è fondamentale cercare di proteggere e rendere il più sterile possibile l’ambiente vicino alla lesione.
USTIONI PARTICOLARI

USTIONE CHIMICA
È’ un tipo di ustione che si contrasta in base all’agente specifico che ha creato la lesione.
La prognosi dipende dal tipo e dalla concentrazione di sostanza chimica con cui il corpo è venuto a contatto, dalla superficie interessata e dal tempo di durata del contatto.
In ogni caso è consigliabile lavare la zona ustionata con acqua a getto rapido, senza eccessiva forza; pulire se necessario gli occhi tenendoli aperti; identificare il contenitore della sostanza chimica causale; trasportarla al pronto soccorso con il paziente.
Se la sostanza chimica viene ingerita vi può essere rottura dell’esofago e conseguente shock emorragico.

USTIONE ELETTRICA
È’ un tipo particolare di lesione che si accompagna spesso a complicanze generali legate all'attraversamento del corpo da parte della corrente elettrica. Si intuisce perfettamente come alcuni organi, ed in particolare il cuore, possono essere danneggiati da questo passaggio.
Si potrà avere: ustione nel punto d'ingresso della corrente, ustione nel tragitto della corrente, ustione nel punto in cui esce, possibili aritmie o arresto cardiaco, arresto dell'attività respiratoria.
Ricordarsi che se si tocca il paziente, nel tentativo di sottrarlo, mentre è a contatto con la sorgente di corrente (fili scoperti, presa elettrica, portalampada, etc.), il soccorritore-Volontario è a sua volta passibile di folgorazione. Bisogna:
isolare il paziente dalla fonte di corrente con materiale isolante (pezzo di legno etc.); valutare i parametri vitali;
rianimazione Cardio-Polmonare, se necessario; valutare se sono presenti fratture.

USTIONI DA CALORE
Sono le più frequenti. Il soggetto viene a contatto con fiamme, vapori, liquidi bollenti, oggetti solidi arroventati.
L’estensione e la profondità della lesione sono in funzione della quantità di calore ceduta dalla fonte di calore.
Sono particolarmente gravi quando interessano le vie respiratorie.
E’ necessario bagnare, soffocare le fiamme, allontanare gli abiti bruciacchiati.

USTIONI DA CONGELAMENTO
L’ustione da congelamento crea una lesione simile all’ustione da calore ed è anch’essa valutata tramite i parametri di grado di profondità ed estensione.
Il congelamento è pericoloso se è sistemico in quanto può arrivare all’assideramento provocando un rallentamento delle funzioni biologiche, bradicardia e apatia delle funzioni neurologiche sino allo shock ed al coma.
È necessario provvedere al riscaldamento del paziente in modo graduale, non bisogna frizionare la cute né rompere eventuali vescicole o bolle.

EMORRAGIE
Sono da ritenersi, nella maggior parte dei casi, come delle situazioni di emergenza tali da richiedere attenta vigilanza, celerità ed estrema accuratezza nelle manovre che, senza eccezione, assistono il paziente nel tragitto che va dal luogo di chiamata al Pronto Soccorso.
Rappresenta emergenza primaria, perché in ogni emorragia importante può instaurarsi lo stato di shock. In dettaglio, si ritiene che quando le perdite di sangue ammontano a circa 1 litro, il  paziente è in uno stato di shock (in atto o incipiente) e si trova in una delle condizioni mediche che maggiormente espongono al rischio di morte (Shock Emorragico).


CLASSIFICAZIONE E DEFINIZIONE
Possiamo definire le emorragie in base a:

  • causa:

traumatiche (dovute ad un evento traumatico)
non traumatiche (es. emorragia gastro-intestinale, epistassi)


  • contenuto:

arteriosa: sangue di colore rosso vivo, che esce a getto venosa: sangue di colore rosso scuro, che esce di continuo capillare: sangue che esce a gocce, tipico di abrasioni


  • dove si riversa

interna: il sangue si riversa in una cavità corporea (ad esempio torace o addome) presente o neoformata dallo stesso (ematoma)
esterna: il sangue esce da ferite più o meno ampie
esteriorizzata: il sangue esce da orifizi naturali (bocca, ano, orecchio, ecc.)

CONSEGUENZE
La pressione all'interno del sistema dei vasi arteriosi e venosi dipende principalmente da 3 fattori, che sono:

    • la capacità del cuore di svolgere appieno il suo ruolo di pompa
    • la quantità di sangue circolante
    • il diametro dei vasi

Quando, per diverse cause, uno di questi fattori viene interessato (il cuore è "insufficiente", si  perde del sangue oppure i vasi si dilatano molto) il risultato può essere un brusco calo della pressione arteriosa (PA).
Il calo della pressione arteriosa provoca, sostanzialmente, un deficit di perfusione di tutti i tessuti (effetti sistemici), che quindi si trovano in uno stato di "sofferenza".

SEGNI E SINTOMI
pallore, cute fredda e umida; polso frequente e piccolo; respirazione superficiale;
vari livelli di alterazione della coscienza fino al coma.

Per valutare lo shock emorragico si valutano i seguenti parametri: polso;
pressione arteriosa (sia sistolica che diastolica e differenziale); frequenza respiratoria;
stato neurologico; valutazione della cute.

COMPORTAMENTO
Nelle emorragie esterne è necessario: mettersi sempre i guanti;
valutare per prima cosa i parametri vitali; cercare di trovare il punto di sanguinamento;
premere direttamente su questo, meglio usando una garza sterile;
non rimuovere in nessun caso possibili corpi estranei conficcati nella ferita; tenere l'arto sollevato per emorragie distali (alla mano, al piede, ecc.);


se il sangue continua ad uscire, premere con forza sulla zona corrispondente al polso periferico a monte della ferita in questione;

per emorragie più gravi, usare sempre il laccio emostatico in dotazione o in caso non ci sia, un oggetto simile purché piatto e morbido, annotando sempre l'ora di applicazione;

fare sdraiare il paziente con le gambe sollevate;

considerare la possibilità di lesioni annesse (fratture, lussazioni, ecc.).
Riassunto.

Le ustioni possono essere classificate in base alla profondità (1°, 2° e 3° grado) ed alla estensione (secondo la regola del 9, sono lesioni della cute raramente delle mucose causate da agenti fisici (calore, congelamento, elettricità, ecc.) o da agenti chimici (acidi, alcali).

Manovre da mettere in atto al momento del primo soccorso: allontanare il paziente dalla sostanza ustionante mettendo in atto tutte le procedure che possono causare danno al soccorritore (allontanare cavi elettrici, evitare di inalare sostanze tossiche, ecc.), lasciare il paziente con i vestiti, coprirlo con un telo isotermico, se necessario lavarlo con acqua per allontanare sostanze ustionanti ed eventualmente procedere alla rianimazione cardiopolmonare. Tranquillizzare il paziente e procedere al suo trasporto valutando che non vi siano traumi non apparenti.

Le emorragie sono tutte quelli condizioni in cui si ha una fuoriuscita di sangue dal letto vascolare e possono essere classificate in traumatiche e non traumatiche, in arteriose, venose e capillari ed infine in esterne, interne ed estoriorizzate. La gravità dell’emorragia dipende dalla quantità di sangue persa nell’unità di tempo (lieve per perdite del 10-15% , moderata 15-30% e grave 30-50%),mentre la sintomatologia va dalla sensazione di capogiro fino allo shock, nelle forme gravi.

Il soccorritore deve essere sempre munito di guanti, deve cercare di tamponare con garze sterili la sede dell’emorragia e deve evitare di togliere eventuali oggetti che causano il trauma emorragico. Qualora  non si riuscisse a tamponare l’emorragia con il sollevamento dell’eventuale arto coinvolto, posizionare il laccio emostatico sopra la sede del sanguinamento sdraiando il paziente con le gambe in alto. Procedere ad un rapido trasporto in ospedale per permettere una rapida infusione di liquidi il prima possibile, soprattutto in caso di ipotensione o shock.


 

 

Ortopedia

Capitolo

11


a cura di Alessandro Vecchio 19


19 Dirigente medico specialista in ortopedia e traumatologia - Policlinico di Modena


 

Ortopedia [durata 60 minuti]

OBIETTIVI:

    • distinzione tra frattura, lussazione e distorsione con i relativi segni e sintomi;
    • conoscenza dei principali traumi vertebrali e cranici;
    • conoscenze delle manovre da effettuare da parte del soccorritore nei precedenti casi.

DEFINIZIONI

FRATTURA:
Interruzione completa o incompleta della continuità di un osso. Vengono suddivise in:
chiuse: fratture senza esposizione dei monconi ossei;
.esposte: fratture con esposizione dei monconi ossei (forma più  grave,  per  possibili danni vascolari, nervosi, muscolari e per il rischio di infezioni).
Vi è anche una distinzione tra fratture:
composte: nelle quali i frammenti rimangono nella loro posizione naturale;
scomposte: l’arto assume un atteggiamento innaturale (c’è sempre il rischio di lesioni alle strutture sottostanti).
Le fratture rappresentano SEMPRE un’urgenza.

LUSSAZIONE:
Allontanamento permanente dei due capi articolari che compongono anatomicamente l'articolazione. La lussazione può essere complicata da lesioni nervose, vascolari o con frattura. Rappresentano un'urgenza in particolare se complicata.

DISTORSIONE:
Allontanamento temporaneo (con ritorno alla posizione anatomica originaria) dei due capi  articolari. A volte può essere complicata con emartro (versamento di sangue nella cavità articolare) o con frattura. E' quasi sempre una lesione benigna che non va considerata urgenza.

 

Individuazione del danno: SEGNI E SINTOMI

FRATTURA:
Il segno più evidente è la deformità anatomica.
I principali sintomi locali sono: il dolore, l’impotenza funzionale, il movimento dei capi ossei a livello di frattura, tumefazione di entità variabile. A livello generale si può giungere allo shock, soprattutto se vi sono anche altre lesioni.

LUSSAZIONE:
Impotenza funzionale.

Tra i sintomi: dolore locale, impotenza funzionale, assunzione di una posizione antalgica, deformità articolare e possibile tumefazione.

DISTORSIONE:
Provoca dolore locale, impotenza funzionale e gonfiore della zona interessata.


 

MANOVRE DEL SOCCORITORE

Prima di ogni manovra è indispensabile valutare i parametri vitali del paziente e procedere alla rianimazione quando è necessario. In qualsiasi lesione il soccorritore dovrebbe SEMPRE immobilizzare il paziente nella posizione in cui si trova l'arto fratturato, SENZA cercare in nessun modo e per nessun motivo di ridurre un'eventuale frattura scomposta. Esistono appositi corsi per gestire un paziente traumatizzato dove vengono impartite le nozioni per eseguire le manovre più corrette.

 

FRATTURA
Applicare gli appositi presidi di immobilizzazione come ferule metalliche, o appositi dispositivi che creano il vuoto e stabilizzano la frattura (immobilizzatori a depressione).
Lavare con fisiologica e medicare la ferita (se la frattura è esposta) con acqua ossigenata; coprire poi con garza sterile con leggerezza, senza "muovere" i capi ossei esposti. Se in caso di una frattura esposta si rileva un'emorragia imponente, applicare un laccio emostatico a monte della lesione e registrare l'ora di applicazione, comunicandola al presidio di soccorso sanitario a cui si affida il paziente.

LUSSAZIONE
Fasciare delicatamente gli arti, bloccandoli nella posizione in cui si trovano. Non cercare di ridurre la lussazione. Mettere del ghiaccio sull'articolazione interessata.

DISTORSIONE
Fasciare leggermente l'articolazione interessata e mettere del ghiaccio su di essa.

    • .: in caso di amputazioni:
      • mettere il pezzo amputato tra garze sterili in un sacchetto di plastica possibilmente pulito;

 

      • mettere questo sacchetto in un altro contenitore con ghiaccio;
      • notare anche in questo caso l'orario;

 

      • tamponare con garze sterili il moncone amputato.

 

TRAUMATOLOGIA VERTEBRALE

I TRAUMI DISTORSIVI
I traumi distorsivi sono situazioni tipiche e frequenti, caratterizzate da una momentanea perdita di rapporti nella colonna vertebrale.
Sono rappresentati da:

Colpo di frusta
Avviene di solito durante un tamponamento in automobile, con interessamento del  tratto cervicale. In questo caso il paziente ha dolore in sede e senso di rigidità al  collo. Occorre sempre applicare il collare , che ha la funzione di mantenere il collo del paziente dritto, con riduzione del dolore, per evitare che possibili fratture alle vertebre cervicali (raro) possano scomporsi e determinare lesioni al midollo spinale.

 

Colpo della strega


Avviene di solito nell'atto del sollevamento di un peso a gambe rigide. Interessa il tratto lombosacrale. Si avverte un forte dolore in sede e compare rigidità della colonna che può arrivare ad essere totale.

FRATTURE VERTEBRALI

La colonna vertebrale è formata da 33 vertebre che si estendono dal collo all’osso sacro. All’interno della colonna si trova il midollo spinale che è fondamentale per garantire la motilità e la posizione degli arti e del tronco di ogni individuo.
Le fratture vertebrali si dividono in forme mieliche (con lesione al midollo osseo) ed amieliche
(senza lesione al midollo osseo).
Fratture vertebrali mieliche:
A causa della lesione midollare il paziente può avvertire i seguenti sintomi: dolore nel punto di lesione, incapacità di muovere uno o più arti (dipende dal punto lesionato), parestesia e formicolio di uno o più arti, la sensibilità tattile può essere mantenuta, vi può essere compromissione del respiro nelle lesioni del rachide cervicale alto.
Fratture vertebrali amieliche:
Il paziente avverte dolore locale nel punto di lesione.

Comportamento:
Sul piano del comportamento di primo soccorso, fa molta differenza sapere se siamo dinanzi ad una frattura vertebrale mielica od amielica. Il comportamento d'emergenza corretto si compone di:

  • valutazione dei parametri vitali;
  • applicazione del collare (ogni ambulanza ne è dotata);
  • caricamento del paziente sull’asse spinale senza movimenti bruschi.

Nel caso di frattura mielica sarà bene avvertire la centrale operativa del 118 di eventuale lesione midollare per porre in atto un veloce piano di trattamento presso il centro di chirurgia spinale più vicino (Bologna).

 

TRAUMATOLOGIA CRANICA

Esistono traumi cranici chiusi e aperti in base all'esistenza o meno di soluzione di continuità con l'esterno.

TRAUMI CRANICI CHIUSI
Vengono definiti tali i traumi in cui il "colpo" ricevuto per caratteristiche, di forza e adeguatezza,  non è tale da produrre una soluzione di continuità della scatola cranica con esposizione all'esterno del contenuto (meningi/cervello).

TRAUMI CRANICI APERTI
Vengono definiti tali i traumi in cui si produce una soluzione di continuità (frattura esposta delle ossa craniche) della scatola cranica con esposizione all'esterno di sostanza cerebrale (meningi/cervello). In genere la prognosi per questi infortunati è peggiore che nel caso precedente. Oltre alla classificazione anatomo-patologica sin qui esposta (traumi aperti e chiusi) si può didatticamente utilizzare una classificazione maggiormente clinica:
non commotivi; commotivi; contusivi.

Per commozione cerebrale si intende la momentanea perdita di coscienza e di veglia di un  paziente a seguito di un trauma.

Nelle forme contusive il paziente ha subito un trauma cranico di lieve entità, tale da provocargli solamente dolore nel punto di impatto e null'altro (bernoccolo).


Nelle forme commotive il paziente presenta:
stato di incoscienza momentaneo o duraturo; amnesia retrograda;
cefalea diffusa.
Nei traumi commotivi del cranio la possibilità che possa esserci un danno cerebrale è molto alta per cui bisogna fare molta attenzione. In queste situazioni il paziente è spesso in stato di coma più o meno profondo con possibili segni spastici (polsi e avambracci flessi, gambe estese ed extraruotate), con possibili eventi convulsivi. In questi casi è facile la presenza di ematomi intracranici.

Dei traumi cranici non bisogna MAI fidarsi! Molti di questi appaiono all'istante non gravi (non commotivi o commotivi lievi), ma nello spazio di poco tempo mostrano tutta la loro pericolosità, perché "celano" danni cerebrali (tipo ematoma delle meningi post-traumatico).
Non bisogna mai dimenticare che, indipendentemente dalla valutazione di gravità che si fa al momento del soccorso del traumatizzato, i traumi cranici sono sempre dei motivi di ospedalizzazione urgente.
In caso d’incidente è opportuno sempre chiedere al paziente se ricorda tutto ciò che è accaduto per capire se ha avuto anche una brevissima perdita di coscienza; dopo un po’ di tempo, infatti, potrebbero apparire segni quali anisocoria (diametro delle pupille differente) e cefalea diffusa e persistente che rappresentano segni di possibile danno cerebrale.

FRATTURE CRANICHE
Nelle fratture craniche possono essere presenti alcuni o tutti i segni precedentemente descritti con l'aggiunta di:
deformazione del cranio (frattura della scatola cranica);
fuoriuscita di sangue dall'orecchio (frattura della base cranica) e/o dal naso; fuoriuscita di liquido trasparente da orecchio e/o dal naso;
colore bluastro sotto l'orbita;
pupille anisocoriche (cioè di diametro diverso).

Comportamento:
valutare i parametri vitali, con manovre rianimatorie se necessarie; arrestare eventuali emorragie con garze sterili, senza comprimere; ossigenoterapia; attenzione al possibile vomito imminente!!!

avviare il paziente in un centro traumatologico dotato di un reparto di neurochirurgia.


 

 

Avvelenamenti

a cura di Maura Bucciarelli 20


 

 

20 Medico responsabile della gestione delle emergenze tossicologiche - Policlinico di Modena


  • Avvelenamenti [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
Fornire ai discenti strumenti utili per:

    • Riconoscere gli avvelenamenti;
    • Raccogliere sul luogo dell’intervento materiale e notizie preziosi per la diagnosi e per la terapia degli intossicati;
    • Applicare le misure fondamentali per impedire il peggioramento dei pazienti e per il sostegno delle funzioni vitali;
    • Evitare comportamenti pericolosi per il/i soccorritore/i e per il paziente.

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Si parla di avvelenamento quando un soggetto viene a contatto con una specifica sostanza  chimica potenzialmente lesiva per via idonea a dare effetti dannosi in dose o concentrazione tossica.

Questa definizione sottolinea come una sostanza possa diventare velenosa se è acquisita in concentrazioni elevate o attraverso vie non idonee.
Nella realtà siamo circondati da sostanze potenzialmente velenose come farmaci, droghe d’abuso, piante domestiche e selvatiche (inclusi i funghi), prodotti per uso domestico, solventi…

L’intossicazione può essere chiaramente riferita ed evidente, oppure ignorata perché taciuta volutamente o sconosciuta anche alla vittima: in ogni caso bisogna prestare molta attenzione perché le intossicazioni simulano spesso altre condizioni patologiche e poi bisogna essere veloci perché le condizioni possono rapidamente peggiorare.

CLASSIFICAZIONI
Gli avvelenamenti possono essere accidentali (sovradosaggio involontario di farmaci, scambio di recipienti, bambini…), oppure volontari (autolesione, uso voluttuario di sostanze, veneficio).
Si distinguono, poi, in base al meccanismo d’azione in:
intossicazioni lesionali (locali): c’è danno dove vi è il contatto; intossicazioni funzionali (sistemici): il veleno crea danno cellulare dopo l’assorbimento.

Le vie d’ingresso principali sono:
via orale, la più diffusa: compresse, cibi, detersivi, acidi, alcali;

via respiratoria: tutte le sostanze gassose o in stato di vapore o che emanano gas;

via cutanea: pomate, cerotti tipici come quelli ormonali per la menopausa;

via oculare: liquidi vari, vapori;

via inoculatoria: iniezioni intramuscolo o endovena o per morso di animale;

via rettale: supposte.

COMPORTAMENTO DEL SOCCORRITORE

  • Allontanare la sostanza tossica dall'organismo il più presto possibile, cercando di individuare il tipo di tossico coinvolto (nome commerciale, molecola), oppure meglio portare con sé la sostanza tossica con la propria confezione o involucro;
  • valutare i parametri vitali e praticare la rianimazione cardio-polmonare se necessaria;

  • sapere, se è possibile, il tipo di sostanza assorbita, la quantità e l’ora in cui è stata assorbita;
  • .raccogliere il contenitore o la sostanza in questione.

Ricordare che le vittime di intossicazioni possono peggiorare rapidamente: l’intossicazione è infatti per definizione un codice giallo fino a prova contraria.

TIPI D’AVVELENAMENTI

Avvelenamenti da ingestione
Se l’assorbimento della sostanza tossica non è stato del tutto ultimato, si deve facilitare l’evacuazione attraverso:
vomito;
gastrolisi (lavanda gastrica); lavaggio totale del tubo digerente.

Il vomito è indicato e va favorito se la sostanza tossica è stata ingerita a stomaco pieno dopo un pasto di cibi solidi, quando è insolubile in acqua o quando non si può fare velocemente una gastrolisi.
Il vomito può essere indotto farmacologicamente o con le classiche “dita in gola”, mentre per i bambini si può utilizzare anche lo sciroppo di ipecacuana.

Il vomito, però, in alcune condizioni NON deve essere provocato:

ingestione di caustici e derivati del petrolio; ingestione di sostanze schiumogene; pazienti in coma o in convulsioni.

In molti casi di intossicazione è utile l’utilizzo di carbone vegetale attivato: è una polvere nera che viene diluita in acqua ed è in grado di assorbire grandi quantità di sostanze tossiche. Viene somministrato tramite sondino nasogastrico e i residui vengono eliminati con le feci che sono di colore nero.
Utile è anche l’olio di vaselina che aiuta a far eliminare sostanze tossiche solubili nei grassi, riducendone l’assorbimento.
La lavanda gastrica è utile entro 4 ore dall’assunzione della sostanza tossica ed è inutile nei casi non gravi o quando lo stomaco è pieno di materiale solido.

INTOSSICAZIONI DA FARMACI
Si tratta di intossicazioni molto frequenti derivate sia da un dosaggio errato del farmaco sia da assunzioni volontarie.
Solitamente sono farmaci presenti in molte case (digitale, lexotan, valium, ecc.). I SINTOMI sono:

sonno che degenera in coma; depressione;
alterazione della respirazione.

In questi casi bisogna chiamare i soccorsi e condurre l'infortunato in Ospedale. Nel frattempo, è importante non farlo addormentare, nonostante la sonnolenza, stimolandolo costantemente con domande e stimoli fisici (scossoni, piccoli schiaffi, pizzicotti...). Bisogna inoltre indurre il vomito.
E' molto importante far pervenire in Ospedale o al medico il tipo di farmaco ingerito e, possibilmente, anche la quantità.

INTOSSICAZIONE DA CAUSTICI
Può avvenire per inalazione,contatto o ingestione di sostanze come benzina, candeggina e simili che provocano lesioni, ulcere e perforazioni. I SINTOMI sono: dolori violenti alla bocca, all’esofago e allo stomaco.


In questi casi è necessario chiamare immediatamente i soccorsi e cercare di diluire le sostanze ingerite con latte (per sostanze come acido muriatico e solforico) e acqua e limone nel caso sia stata ingerita dell’ammoniaca.
ATTENZIONE: prima di fare ingerire queste sostanze è bene consultare un medico, un errore potrebbe danneggiare ulteriormente l'infortunato.

INTOSSICAZIONE DA FUNGHI
Le tossine presenti nei funghi possono agire sia rapidamente (dopo 1- 6 ore), sia lentamente (dopo 8-48 ore).
Nel primo caso i SINTOMI sono:
nausea; vomito; diarrea;
tremori muscolari; eccitazione psichica; tachicardia.

Con il vomito e la diarrea le tossine vengono eliminate. E' bene comunque ospedalizzare d'urgenza il paziente, se possibile  con  i  residui  del  cibo  ingerito  che saranno  così analizzati. Nel secondo caso le tossine portano a SINTOMI come:

vomito; diarrea;
dolori addominali; shock.

E' inutile provocare il vomito, perché dopo 8-48 ore le tossine sono state completamente assorbite. Come nel precedente caso è necessario ospedalizzare d'urgenza il paziente.

Avvelenamenti per via respiratoria
È’ necessario aerare i locali ed evitare di accendere interruttori elettrici (ci può essere pericolo di esplosione), inoltre è opportuno che il soccorritore iperventili qualche minuto prima di entrare in una stanza con grandi quantità di gas. È’ fondamentale somministrare ossigeno al paziente!

Tra le intossicazioni da inalazione più diffuse vi è quella da monossido di carbonio:
normalmente l'Ossigeno (O2) nel sangue viene trasportato ai tessuti dall'emoglobina. L'Ossido di Carbonio (CO) risulta essere molto più affine all'emoglobina dell'O2.
Si comprenderà come in presenza di quantità importanti di CO questo spiazzerà l'O2 dai siti di legame con l'emoglobina. In definitiva, bisogna ricordare, che si produce una sorta di asfissia chimica.


SEGNI E SINTOMI:


cefalea; nausea;
stato di incoscienza; coma fino alla morte.



COMPORTAMENTO:


dare ossigeno ad altissimo flusso;
ossigeno iperbarico (nei centri specializzati).


Avvelenamenti per via cutanea e/o oculare
Per quanto riguarda la cute è necessario spogliare e lavare la parte interessata con acqua corrente per 10-15 minuti, in alcuni casi anche con sapone (se sono in gioco sostanze solubili nei grassi).


Nel caso degli occhi è consigliabile una irrigazione delicata con abbondante soluzione fisiologica sterile e poi con un anestetico locale.
Ricordare di proteggere se stessi dalla contaminazione indossando abbigliamento adeguato!

Avvelenamenti da inoculazione
Il pericolo generale dei morsi o punture degli animali è l’infezione. È’ importante identificare la fonte per rintracciare eventuali antidoti o terapie specifiche.
Vi possono poi essere intossicazioni da farmaci o da sostanze stupefacenti. OVERDOSE DA EROINA
Deprime sino a bloccare il centro del respiro nel cervello.


SEGNI E SINTOMI:


cianosi;
il paziente non respira o respira flebilmente; polso presente ma debole;
paziente incosciente; pupille a "punta di spillo".



COMPORTAMENTO:


mantenere le vie aeree pervie; dare ossigeno;
condurre celermente l'intossicato in Ospedale.


INTOSSICAZIONI DA COCAINA E ANFETAMINE


SEGNI E SINTOMI:


paziente agitato; pupilla dilatata;
gravi aritmie cardiache.



COMPORTAMENTO:


cercare di tranquillizzare il paziente;
somministrargli liquidi eventualmente anche per bocca.


INTOSSICAZIONE DA OPPIACEI
Il consumatore d’oppio prova sollievo dall’ansia, fiducia, si distacca da tutto ciò che lo circonda, prova un calmo benessere senza attenuare le proprie percezioni.
L’effetto della sospensione o della riduzione molto drastica dell’assunzione di oppiacei esogeni porta ad una sintomatologia molto vistosa.
La sindrome d’astinenza inizialmente si manifesta con :


 

 

 

A seguito compaiono:


 

 

 

segni e sintomi simil-influenzali; spasmi muscolari;
crampi e dolori addominali; vomito;
diarrea.


dilatazione delle pupille; tachicardia;
pelle d’oca; tremori; sbadigli; ansia.


Le strutture nervose vengono inibite dall’azione farmacologica degli oppiacei nel momento in cui il paziente va in overdose.
SINTOMI:
riduzione dello stato di coscienza; miosi;
pelle fredda e sudata;
diminuzione progressiva della funzione cardiaca e respiratoria.

Avvelenamenti per via rettale
Solitamente accade quando si somministrano supposte per adulti ai bambini e si cerca di  ottenerne l’evacuazione con supposte di glicerina. Non fare clisteri!
CENNI DI TERAPIA SPECIALISTICA
Cosa si cerca di fare al Pronto Soccorso quando ci si imbatte in un avvelenamento?
Si può utilizzare un antidoto (se esiste), che è una sostanza capace di neutralizzare l'effetto  nocivo di un elemento tossico. Risulta essere un mezzo terapeutico molto efficace, purtroppo però solo per poche di queste sostanze ci sono i relativi antidoti.
Tra i più conosciuti:
Ossigeno per l’intossicazione da monossido di carbonio; Naloxone per l’intossicazione da oppiacei;
Flumazenil per l’intossicazione da benzodiazepine; Idrossicobalamina per l’intossicazione da cianuro.

Ci si avvale ampiamente della consulenza dei Centri Antiveleni fornendo all’operatore che risponde al telefono tutte le informazioni importanti (età, sesso e peso dell’intossicato, tipo e quantità di sostanza, via di ingresso, tempo trascorso dal contatto, condizioni cliniche e parametri del paziente).

 

 

RIASSUNTO
Mantenere un alto indice di sospetto nelle situazioni poco chiare. In altre parole, sforzarsi di pensare alla possibilità di un’intossicazione.
Ricordare sempre di prendere ogni misura efficace per non intossicarsi a propria volta. Ricordare che il BLS è sempre e comunque il fondamento della terapia d’emergenza, anche  in caso di intossicazione.
Cercare di raccogliere sul luogo indizi utili all’identificazione del tossico. Allontanare per quanto possibile la sostanza tossica non ancora assorbita.
NON nuocere: provocare vomito SOLO se si è certi che non vi siano controindicazioni.


Malattie Infettive e AIDS

a cura di Francesco Pellegrino 21


 

 

 

 


21 Dirigente Medico di primo livello - Reparto Malattie infettive del Policlinico di Modena


  • Malattie Infettive e AIDS [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
L'obiettivo è quello di far conoscere le più comuni malattie infettive suddivise attraverso le vie principali di trasmissione. Per ogni patologia vengono indicati la fonte del contagio, i sintomi, le caratteristiche principali, gli eventuali vaccini e i mezzi di prevenzione.
In conclusione viene dato particolare rilievo all'AIDS, alle modalità di contagio, alle patologie "opportunistiche", ai comportamenti preventivi e alla profilassi.
Obiettivo fondamentale è quello di conoscere le malattie per poter avere un comportamento di cautela e prevenzione verso noi stessi o quando ci avviciniamo ad una persona con una di queste patologie.

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INTRODUZIONE
La possibilità di infettarsi e poi di ammalarsi (infezione e malattia non sono sinonimi) dipende essenzialmente da 2 fattori:

    • carica microbica: intendiamo per tale la quantità e la qualità (virulenza) dei microrganismi con cui veniamo in contatto;
    • difese immunitarie dell'organismo: il nostro organismo dispone di un sistema di difesa identificabile negli anticorpi.

 

Quando la carica microbica è "grande" o le difese dell'organismo sono "depauperate", temporaneamente o permanentemente, o quando ci sono entrambe le condizioni, si crea una disponibilità all'infezione e dunque alla malattia che è l'espressione del danno provocato da microrganismi (batteri, virus, funghi o miceti e parassiti).
La possibilità di sviluppo di una infezione dipende, quindi, da un equilibrio tra difese individuali e condizioni microbiche esterne.
Le vie principali di trasmissione delle malattie infettive sono: via aerea;
via oro-fecale;
via parenterale-sessuale;
via parenterale inapparente (trasmissione durante la gravidanza).

 

MALATTIE INFETTIVE A TRASMISSIONE AEREA

Le malattie infettive a trasmissione aerea dipendono da germi che penetrano nell’organismo attraverso l’aria inspirata, dove si ritrovano i germi eliminati con la tosse o con il solo respiro dai malati o dai portatori. Le vie aeree interessate sono le cavità nasali, la laringe, la trachea, i bronchi e gli alveoli polmonari.
Queste malattie, anche se si trasmettono per via aerea, non per forza hanno una manifestazione che interessa le vie aeree (es. malattie esentematiche come il morbillo, la varicella ecc.).
Tra le malattie più importanti ricordiamo: l’influenza, la tubercolosi, la meningite meningococcica.

TUBERCOLOSI
Di solito i germi trasmissibili per via aerea resistono poco nell'ambiente esterno, per cui è necessario un contatto ravvicinato ad eccezione della tubercolosi. Questa è provocata dal Mycobacterium tubercolosis.
Negli ultimi anni la malattia ha mostrato una certa ripresa e ciò è riconducibile a 2 fattori:


  • La comparsa dell'A.I.D.S. e di altre malattie o terapie che possono provocare immunodepressione (chemioterapia di pazienti affetti da tumori e terapie cortisoniche prolungate). L'immunodepressione provoca principalmente una riaccensione dell'attività del micobatterio, infatti, il più delle volte il primo contatto con questo germe provoca soltanto una risposta anticorpale (test della tubercolina o Mantoux positivo). Il germe, però, non viene eliminato dagli anticorpi, ma rimane nell'organismo e quando, per qualsiasi motivo, si ha caduta delle difese si "risveglia" dando malattia.
  • L’arrivo di extracomunitari che vivono in condizioni di malnutrizione e di sovraffollamento, per cui se vi è un malato facilmente contagia gli altri.

Questa patologia colpisce in particolare i seguenti organi:


  • polmone;
  • ossa (contagio molto raro);
  • rene (contagio molto raro);
  • meningi (contagio molto raro);
  • cuore.

 

Il batterio è molto resistente nell’ambiente esterno e si è creata anche una certa refrattarietà alla terapia classica, in quanto la terapia antitubercolare ha una durata di circa 6 mesi. Si comprende facilmente che nei paesi poveri non è possibile garantire i farmaci per tutto questo periodo e dunque si è costretti a sospendere prima la terapia. Una terapia insufficiente può provocare delle resistenze ai farmaci per cui si sono introdotti anche nella nostra realtà dei micobatteri non sempre sensibili e ciò condiziona la scelta terapeutica e alle volte il successo.

Mantoux o "Prova della Tubercolina"
Ognuno di noi nella sua vita ha, per diversi motivi, (Libretto Sanitario, Lavoro, ecc.) effettuato una Mantoux. Questa consiste nel verificare (leggendo sulla cute), come "reagisce" il nostro sistema immunitario al contatto (dopo l'inoculazione sottocute) con una proteina (PPD) derivata e purificata da micobatterio della tubercolosi.
Sommariamente il nostro sistema immunitario può comportarsi in 2 modi:

    • Non reagendo: sulla cute non si forma nulla. Ciò vuol dire o che abbiamo la malattia, in quanto questa si verifica quando gli anticorpi sono scarsi e sappiamo che la reazione cutanea deriva dalla reazione degli anticorpi con la proteina del micobatterio, o che non c'è mai stato "l’incontro" con il micobatterio.
    • Reagendo: sulla cute si forma una piccola papula dura. Vuol dire che un po' di tempo prima ci si è infettati con il micobatterio per il quale è rimasta "memoria immunologica" e sulla cute si forma una grossa papula sino all'ulcerazione.

MORBILLO
E' una delle cosiddette malattie esantematiche dell'infanzia. Nei nostri paesi è in genere benigna, ma nei paesi del 3° Mondo, a causa della denutrizione, provoca centinaia di migliaia di vittime ogni anno. Il contagio avviene per via aerea. In genere il quadro, febbre e tipiche macchie rosse (esantema rosso cupo maculopapuloso) sulla pelle di tutto il corpo (prima testa, poi tronco e poi ancora gli arti) si risolve in pochi giorni (3-10). In rarissimi casi può dare delle crisi convulsive, perché è una malattia infettiva che provoca temperature corporee molto elevate.
Da qualche anno c'è la vaccinazione, per cui questa patologia è destinata a scomparire negli anni.

ROSOLIA
E' un'infezione esantematica virale benigna e moderatamente contagiosa, caratterizzata da un esantema maculopapuloso pallido, febbre e linfonodi ingrossati. Colpisce i bambini dai 5 ai 10 anni, si trasmette generalmente per via aerea e dura dai 2 ai 5 giorni. L'esantema ha lo stesso andamento del morbillo (prima la testa, poi il tronco e gli arti).
Questa malattia preoccupa soltanto quando viene contratta in gravidanza, perché può determinare la morte del feto o gravi malformazioni. Oggi nei paesi occidentali questo problema non sussiste più, in quanto le bambine vengono vaccinate in età scolare.


VARICELLA (ZOSTER)
E' una malattia molto contagiosa che predilige i soggetti di età compresa tra i 5 e i 9 anni. Il contagio è diretto (da uomo a uomo) attraverso le vie respiratorie. Il virus responsabile è detto  virus Varicella-Zoster perché quando lo si incontra la prima volta dà la Varicella, ma se non dovesse essere eliminato dal nostro corpo potrebbe riattivarsi negli anni (in genere, in condizioni di abbassamento delle difese immunitarie) dando l'Herpes Zoster o "Fuoco di S. Antonio".
La varicella decorre con:

febbre;
vescicole cutanee, dapprima ripiene di liquido chiaro e poi torbido.

Le vescicole compaiono prima al tronco, poi al volto e agli arti. Dura 7-14 giorni ed è molto grave quando dà un quadro di polmonite interstiziale. Oggi esiste una terapia farmacologica con l'ACICOLOVIR.

MENINGITE
Consideriamo brevemente la Meningite classica causata dal Meningococco. La via di trasmissione è quella aerea ed è un’infezione delle meningi (membrane che ricoprono il sistema nervoso centrale, cervello e midollo spinale) caratterizzata dai seguenti sintomi:

febbre elevata; cefalea intensa;
rigidità nucale (la testa non flette sul tronco); fotofobia (paura della luce).

E' una malattia che se non viene curata tramite antibiotici risulta mortale.
Esiste una profilassi che va raccomandata a coloro che nei 10 giorni precedenti l'inizio dei sintomi abbiano avuto contatti prolungati e diretti con il paziente (es. in famiglia, a scuola, in comunità).
La profilassi deve essere iniziata immediatamente e il malato deve rimanere isolato per legge fino a 48 ore dopo l'inizio di un trattamento antibiotico adeguato.

 

MALATTIE INFETTIVE A TRASMISSIONE ORO-FECALE
Il germe viene ingerito nell’organismo attraverso gli alimenti ed eliminato con le feci. INTOSSICAZIONI ALIMENTARI
Ne esistono diverse ma noi esamineremo solo quella Stafilococcica (diarrea da gelato o pasta alla crema): il contagio avviene nel momento in cui vengono ingeriti alimenti inquinati con il batterio Stafilococcus Aureus.
Alcuni uomini sono portatori cronici di questo batterio (è presente sulla cute specialmente se vi sono dei foruncoli nelle mani). Se queste persone sono dunque dei "manipolatori" di cibi (latte, formaggi, creme, gelati, insaccati, scatolame, surgelati) il rischio che possa esserci  contaminazione è alto. Si ricordi che la contaminazione non ne altera le caratteristiche organolettiche (aspetto, sapore, gusto). Dopo una incubazione di 2-6 ore compare:

nausea; vomito;
dolori addominali (crampi);
diarrea (feci liquide, raramente con muco e sangue); mal di testa (non sempre).


In genere non c'è comparsa di febbre e la situazione si risolve in pochi giorni. L'unica misura di profilassi è la buona conservazione dei cibi e il controllo dei loro manipolatori; ecco perché questi sono sottoposti a controlli (tampone faringeo e controllo delle mani dei gelatai, dei pasticcieri,  ecc.).

SALMONELLOSI
E’ una malattia che può colpire a qualsiasi età, ma diviene particolarmente temibile quando colpisce lattanti e anziani.
Il principale serbatoio di infezione è rappresentato da:
pollame; bovini; maiali; cani; gatti.

Questi animali presentano il microrganismo nel tubo digerente in assenza, il più delle volte, di manifestazioni cliniche.
Il microrganismo giunge all'uomo attraverso i cibi contaminati quali carne, uova, latte o attraverso l'acqua che può essere contaminata dai portatori sani umani.

SEGNI E SINTOMI
Dopo 8-24 ore dalla ingestione del materiale infetto, compare:
diarrea (ricca di muco, a volte con lieve striatura di sangue); dolori addominali;
febbre;
vomito (non sempre).
La prevenzione si fa controllando cibi, mangimi e allevamenti. TOXOPLASMOSI
Esistono 2 forme: una pericolosa che viene acquisita dal feto durante la gravidanza, l'altra meno pericolosa che si acquisisce durante la vita per via orale.
E’ importante sapere che il feto infettato durante la gravidanza può ricevere danni irreversibili al sistema nervoso centrale e agli occhi. Per tale motivo è essenziale che le donne abbiano già contratto la malattia (con guarigione successiva), o che vengano tenute lontano da tutte le fonti di possibile contagio, se in gravidanza.
Le fonti di contagio in genere sono i gatti domestici o le carni crude.

EPATITE A
Il virus dell'epatite A viene contratto tramite l'ingestione di cibi (molluschi) o acqua contaminati con feci umane di soggetti che:
si stanno per ammalare di epatite A (fase di incubazione);
sono ammalati e non se ne accorgono (più del 90% dei malati si ammala senza accorgersi di nulla);
sono ammalati.
Si ricordi che non esistono i portatori cronici di questo virus perché nella quasi totalità dei casi ci si ammala e poi, in un tempo variabile (1-2 mesi), si guarisce. Esiste in commercio un vaccino sicuro ed efficace (2 dosi a distanza di 15 giorni) che viene consigliato a:
chi si reca in paesi in cui l'epatite A è endemica; chi svolge lavori a rischio (operatori ecologici).

SEGNI E SINTOMI (sono presenti in meno del 10% di quelli che si ammalano): nausea;
astenia (stanchezza); vomito;


ittero (colorazione gialla degli occhi e/o della pelle); urine scure (color marsala);
feci chiare (cretacee).

 

TIFO
Provocato dalla Salmonella Typhi o salmonella maggiore che è in grado di colonizzare soltanto l'uomo. Pertanto la sorgente d'infezione risulta unicamente un malato o un portatore asintomatico. Questa salmonella resiste a lungo nell'ambiente (acqua, ghiaccio, alimenti in genere), per questo   si raccomanda sempre a chi si reca in zone dove il germe è frequente di non consumare mai bevande con il ghiaccio e bere soltanto acqua in bottiglie con tappo a stella aperte dal consumatore, o quantomeno che questo ne veda l'apertura.
Vettori di una certa importanza sono anche le mosche, che possono posarsi su materiali fecali contaminati e successivamente sugli alimenti.
La sintomatologia è caratterizzata da febbre molto elevata e alla seconda settimana da profonde alterazioni del sensorio.

MALATTIE INFETTIVE A TRASMISSIONE PARENTERALE-SESSUALE

Si tratta di tutte quelle malattie che si possono contrarre attraverso il contatto tra sangue di due individui o attraverso liquidi biologici (sperma e secreti vaginali).

EPATITE B
E' un virus molto presente nel nostro paese. Si trasmette per via parenterale-sessuale e può provocare malattia del fegato acuta che può cronicizzare. Esistono anche persone che contraggono il virus e diventano "portatori cronici asintomatici" senza sviluppare malattia di fegato. Il serbatoio di infezione è costituito, quindi, dagli uomini (malati o portatori) che attraverso il sangue o la via sessuale infettano altri soggetti.

SEGNI E SINTOMI della epatite acuta da virus B Dopo una incubazione variabile (4-6 mesi) compaiono:
ittero (colorazione gialla degli occhi e/o della pelle); feci chiare (cretacee);
urine scure (color marsala); astenia (stanchezza marcata).

PREVENZIONE:
non scambiare materiali (siringhe, lame da barba, forbici, etc.);
usare il profilattico (condom) nei rapporti a rischio. Vista la diffusione delle malattie virali e della tossicodipendenza sono da considerarsi tali tutti i rapporti occasionali;
vaccinazione. Esiste in commercio, gratuitamente, un vaccino sicuro ed efficace (ENGERIX B o GenHevac B Pasteur);
da anni in Italia, tutti i neonati sono sottoposti a vaccinazione obbligatoria e precedentemente era iniziata la vaccinazione degli adolescenti.

EPATITE C
Non c'è molto da aggiungere rispetto all'epatite B , specie sul piano dei segni e sintomi, delle fonti e delle vie di contagio, della malattia acuta e delle possibili complicazioni. Purtroppo al momento non esiste la possibilità di vaccinarsi. A differenza dell’Epatite B, questa cronicizza più frequentemente e dunque è la principale causa di cirrosi, per la quale esiste la possibilità di una terapia.


AIDS
E' una malattia causata dal virus HIV (virus dell'immunodeficienza umana), che dopo l'infezione e dopo un periodo di asintomaticità variabile (sieropositività) porta al completo depauperamento  delle difese immunitarie.
Non vi sono manifestazioni cliniche precise dell’avvenuta sieropositività dopo un periodo variabile, ma se non si è iniziata la terapia antiretrovirale assistiamo alla comparsa delle infezioni opportunistiche, dovute a germi che approfittano della caduta delle difese.
Esiste un parallelismo tra il valore degli anticorpi ed il tipo d'infezione.
Non esiste pericolo per l'immunocompetente di assistere un malato di AIDS, in quanto i germi che gli danno gravi quadri clinici sono per lo più innocui, poichè già esistenti nell'organismo (come la candida).
Tra le cosiddette infezioni “opportunistiche” che possono ricorrere più frequentemente in questi pazienti, ricordiamo: la candidosi orale, la tubercolosi, l’herpes zoester (fuoco di S.Antonio), la toxoplasmosi e la polmonite.
Il virus viene contratto per via parenterale-sessuale con persone infette (malate o sieropositive per l’HIV), attraverso trasfusioni o emoderivati di sangue “non controllato” e nella gravidanza da madre infetta a feto.

La PROFILASSI consiste nel non scambiare materiali (siringhe, lame da barba, forbici, etc.) e usare il profilattico (condom) nei rapporti a rischio (vista la diffusione dell'AIDS sono da  considerarsi tali tutti i rapporti occasionali).
Per gli operatori sanitari, quindi anche per i volontari della Croce Blu, in caso di contatto con sangue di pazienti affetti da HIV esiste una profilassi che va iniziata entro le 4 ore e che viene data solo dal reparto di Malattie Infettive.


 

 

Patologia Medica

a cura di Paolo Trande 22

 

 


22 Dirigente medico Unità operativa di medicina interna e gastroenterologia - Nuovo Ospedale Sant'Agostino Estense Baggiovara (MO)


  • Patologia Medica [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
definire un urgenza medica; elencare i sintomi e i segni principali;
ipotizzare un probabile problema cardiaco; ipotizzare un problema cerebrale;
definire la dispnea e descriverne le caratteristiche; descrivere le caratteristiche di un dolore; conoscere le principali manovre da effettuare.

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PREMESSA
Il volontario soccorritore, per limiti giuridici e di conoscenza, non può e non deve in nessun modo definire diagnosi di certezza, stabilire atti terapeutici che non siano quelli dettati dalla necessità di affrontare e superare situazioni di emergenza. Anche se eccessivamente semplicistico, può essere adoperato, per orientare in termini di principio il volontario, il criterio del: "soccorrere il paziente facendo attenzione a non accrescere i danni”.
Nei casi in cui si soccorre un paziente con una modalità di approccio diagnostico e terapeutico definito come “urgenza medica”, è utile sapere che le possibili cause di malattia sono dovute a:

difetto della struttura e/o funzione di un organo o apparato (il difetto può essere congenito o acquisito);
microorganismi esterni (infezioni); sostanze dannose (veleni / farmaci).


Fattispecie PIU’ frequenti:


urgenze cardiovascolari; urgenze respiratorie; urgenze cerebrali; dolore toracico;
dolore Addominale; dolori extra-addominali;
avvelenamenti o abusi di sostanze.


Il problema medico può essere cronico o acuto.
Nell’ approccio verso il paziente, il soccorritore deve sempre seguire alcune regole fondamentali: mantenere la calma;
stabilire  un  rapporto  con  il  paziente,  i  familiari  ed  eventuali  testimoni  (la  fiducia     va
guadagnata);
essere sempre critici e chiedersi il perché delle cose che si osservano o vengono riferite; comunicare e rassicurare sempre il paziente e la famiglia.

La metodologia dell’approccio al paziente prevede la valutazione globale del paziente stesso che  si fonda sulla considerazione dei vari segni e sintomi (semeiologia).
SEGNI: stato di coscienza, frequenza del polso (radiale, carotideo o femorale) e della respirazione, colore e temperatura (pelle, labbra, …), dimensioni delle pupille, paralisi o spasmi, odore dell’alito. SINTOMI: dolore, nausea, vertigine, parestesie, astenia, peso toracico, etc.


DOLORE
Viene valutato in base ai seguenti parametri: sede;
caratteristiche qualitative (dolore costrittivo? trafittivo? puntorio? peso? sordo?); caratteristiche quantitative (scala da 1 a 10? quando è iniziato? continuo? cosa faceva il paziente quando è comparso?);
evocazione del dolore durante l’esame obiettivo (per esempio in caso di dolore toracico toccando la zona interessata il dolore aumenta?).

 

DOLORE TORACICO CARDIACO
Tra le evenienze più frequenti di richiesta di soccorso o di accesso in PS c’è il dolore toracico.
Per la vita del paziente e per poter stabilire in tempo utile una terapia efficace, è fondamentale saper identificare o immaginare quando questo sintomo rappresenta un’Urgenza.
Tra le possibili cause del dolore toracico vi sono:

    • cause cardiache e vascolari: ischemia miocardica (angina ed infarto), pericardite, dissezione dell’aorta, embolia polmonare;
    • cause gastrointestinali: dolore esofageo ed esofagiti, dolore da ulcera gastrica/duodenale;
    • cause ortopediche (ossa, articolazioni, muscoli): artriti, artrosi, spasmi dei muscoli intercostali, dolori dei muscoli pettorali;
    • cause polmonari: pleurite, polmonite, pneumotorace;
    • altre cause: dolori mammari, Herpes zoster, fattori emotivi.

È’ necessario in questi casi fare un’anamnesi accurata chiedendo, se possibile, di eventuali precedenti cardiaci, polmonari, reumatici e di malattie gastroenterologiche; valutare anche i fattori di rischio quali obesità, diabete, ipertensione, fumo, familiarità per malattie cardiovascolari (in particolare infarto del miocardio).

INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO (I.M.A.)
E' quella condizione patologica che comunemente viene definita: "infarto".

DEFINIZIONE
E' una condizione clinica in cui si verifica uno squilibrio acuto tra le richieste di sangue (soprattutto ossigeno) del miocardio (muscolo cardiaco) e la capacità delle coronarie (vasi che conducono il sangue per la nutrizione del cuore) di assicurare tale apporto. Questo squilibrio provoca la morte di una zona più o meno estesa di tale muscolo (si dice che la zona è andata in "necrosi" e si forma una cicatrice).
E' più frequente nelle persone di sesso maschile, anziane, obese, fumatrici e diabetiche.

SEGNI e SINTOMI
Dolore in corrispondenza dello sterno "zona toracica anteriore" (sintomo primario), spesso irradiato al braccio e/o spalla sinistra, al collo e alla mandibola, e sensazione di peso allo stomaco. Spesso è accompagnato dai cosiddetti sintomi secondari quali: sudorazione "fredda", vomito, pallore, palpitazioni, difficoltà respiratorie. Non necessariamente l'infarto si presenta con tutti i segni e sintomi sopra descritti, ma delle volte può manifestarsi con sintomi variamente combinati. Per esempio può dare solo dolore alla zona toracica anteriore senza altri sintomi secondari.
Addirittura altre volte può manifestarsi in maniera "atipica" con dolore allo stomaco o con semplice "difficoltà respiratoria".


COMPORTAMENTO:


porre il paziente in posizione supina, quasi seduto se respira male. tranquillizzarlo il più possibile e accendere le sirene solo se si reputa il paziente gravissimo.
dare ossigeno.


ATTENZIONE: se manca la coscienza, manca la respirazione e manca il polso, eseguire la RIANIMAZIONE CARDIO-POLMONARE (BLS) o la DEFIBRILLAZIOINE PRECOCE (BLSD).


ANGINA PECTORIS
Condizione simile alla precedente, ma più mite e con minori rischi di vita per il paziente.

DEFINIZIONE
Porzione di muscolo cardiaco in debito di ossigeno, senza che il debito sia tale da provocare la necrosi del tessuto cardiaco. In queste situazioni l'afflusso di sangue è ridotto, ma le cellule cardiache riescono lo stesso a superare "vive" il tempo in cui hanno subito un ridotto apporto di ossigeno.
Avviene spesso o per uno sforzo fisico eccessivo o per uno vaso-spasmo (spontaneo) delle coronarie (arterie del cuore), quando queste sono sede di malattia aterosclerotica (placca aterosclerotica). In genere colpisce persone anziane che hanno già sofferto di questo disturbo e che molte volte usano già, e conseguentemente dispongono, di compresse di nitroglicerina sublinguale.


SEGNI e SINTOMI:


dolore acuto al petto, di tipo costrittivo e in zona sternale o retro-sternale; a volte il dolore si irradia al braccio sinistro;
durata del dolore: circa 15-20 minuti.



COMPORTAMENTO:


dare ossigeno; tranquillizzare il paziente;
non forzare la sua tendenza a rimanere immobile (se c'è).


 

PATOLOGIE NEUROLOGICHE

ICTUS CEREBRALE

DEFINIZIONE
Sindrome neurologica acuta dovuta alla “morte” di una porzione variabile del cervello. Questa sindrome può instaurarsi per malattia ischemica (che riduce l'apporto di sangue) o malattia emorragica (che infarcisce) di uno o più vasi deputati all'approvvigionamento (più frequentemente arterie) od allo scarico (vene) di sangue.
Schematizzando ci sono due grandi cause dell’ICTUS che sono:
infarto cerebrale; emorragia cerebrale.

I segni ed i sintomi dipendono dalla zona del cervello danneggiata e dall'estensione del danno stesso.


SEGNI e SINTOMI:


perdita di coscienza, con possibile coma;
emiplegia o emiparesi (paralisi completa o incompleta dei muscoli di un lato del corpo o di un arto);
emicrania;
polso e respirazione deboli; spesso nausea e/o vomito; confusione e vertigine;
deviazione della rima buccale e della lingua; disartria (capacità di parlare “rallentata/impastata”); anisocoria (dimensioni pupillari diverse); diminuzione del visus (diminuzione della vista); dispnea (russante, con apnee);


convulsioni;
perdita del controllo degli sfinteri.

COMPORTAMENTO
Purtroppo ci sono poche possibilità di intervento fuori dalla valutazione dei parametri vitali. Se il paziente è cosciente:
controllare la pervietà delle vie aeree;
rassicurare il paziente e parlargli in modo lento e chiaro; somministrare ossigeno ad alta concentrazione; valutare i parametri vitali;
trasportarlo in posizione semi-seduta;
non somministrare liquidi o altre sostanze per via orale, per il pericolo di disfagia con conseguente aspirazione nelle vie aeree.
Se il paziente non è cosciente:
mantenere pervie le vie aeree;
somministrare ossigeno ad alta concentrazione; valutare i parametri vitali;
trasportare il paziente in posizione laterale di sicurezza;
se necessario praticare la Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP).

CRISI EPILETTICHE

DEFINIZIONE
Avvengono quando una zona del cervello, più o meno vasta, improvvisamente comincia a funzionare in maniera incontrollata.
Questa sindrome può instaurarsi per molte cause, ma principalmente riconducibili a due:

  • forme primarie (causa non nota);
  • forme secondarie:

tumori cerebrali;
esiti di ictus cerebrali; ascessi e/o meningiti;
malformazioni vascolari cerebrali; convulsioni febbrili;
crisi di astinenza (alcool, sostanze stupefacenti).

SEGNI E SINTOMI
Si comprenderà, dalla definizione, quanto sia difficile e improponibile per questo corso, elencare tutti i sintomi ed i segni possibili di una crisi epilettica. Questo perché, potendo colpire una o più zone del nostro cervello i segni e i sintomi dipenderanno dalla funzione svolta dalla zona colpita. Così, se l'attività elettrica caotica si instaura nella zona del cervello che controlla la parola, avremo sintomi quali la difficoltà nel parlare. Se l'attività, invece, colpisce le zone motorie (che controllano le braccia o le gambe), avremo il classico movimento convulsivo.

Meglio perciò descrivere le forme più tipiche e comuni, più che i sintomi in generale:

  • PICCOLO MALE (colpisce generalmente i bambini):

sospensione della coscienza (lo sguardo è fisso e non c’è risposta nè  allo stimolo verbale nè a quello doloroso);
non c’è caduta; inizia tra i 4-6 anni;
prognosi generalmente favorevole (scomparsa nella pubertà).

  • GRANDE MALE:

Inizia con una caduta e con la perdita di coscienza. Si svolge in 3 fasi che durano da 5 a 10 minuti:


    • fase TONICA: contrazione di tutti i muscoli (apnea, cianosi, morsicatura della lingua);
    • fase CLONICA: scosse muscolari brusche;
    • fase di RILASSAMENTO: indica la fine della crisi (emissione di urine, feci e bava).

COMPORTAMENTO:


adagiare il paziente sul pavimento senza MAI legarlo od immobilizzarlo; allontanare il paziente da oggetti a punta o contundenti;
allentare gli abiti stretti;
se necessario applicare tra i denti un oggetto morbido (attenzione alle dita);
somministrare ossigeno visto lo stato d’ipossia in cui si trova il paziente; valutare i parametri vitali;
proteggete il paziente dall’imbarazzo.


 

DOLORI ADDOMINALI

APPENDICITE ACUTA
E’ una tipica patologia chirurgica.

DEFINIZIONE
Infiammazione-infezione acuta dell’appendice (organo nell'intestino crasso). E' tipica dei bambini ed è causata dalla proliferazione di batteri in questo sito, specie quando questa è occlusa da feci. Se non curata, può complicarsi e mettere a repentaglio la vita del paziente.


SINTOMI E SEGNI:


dolore all'addome in basso a destra (quadrante inferiore di destra o fossa iliaca destra);
il dolore aumenta alla pressione su questa zona; nausea e vomito;
febbre, a volte anche alta;
addome rigido (segno di peritonite).



COMPORTAMENTO:


ghiaccio nel punto dove c'è dolore; calmare il paziente.


EMORRAGIE INTESTINALI

DEFINIZIONE
Possono essere palesi od occulte.
Sono palesi quando si esteriorizzano attraverso i due orifizi naturali (bocca e ano), con modalità che vengono dette:


 

 

CAUSE tipiche sono:


melena (materiale piceo che fuoriesce dall’ano, ovvero sangue “digerito” dai succhi gastrici);
rettorragia (sangue rosso vivo che fuoriesce dall’ano); ematemesi (sangue rosso vivo che fuoriesce dalla bocca);
vomito "caffeano" (sangue “digerito” scuro che fuoriesce dalla bocca).

ulcera gastrica o duodenale;
varici esofagee (tipiche nel paziente con "cirrosi epatica"); tumori intestinali;
emorroidi (molto frequenti, in genere non è un'emergenza).


COMPORTAMENTO:


far sdraiare il paziente;
in caso di shock è un'emergenza (vedi relativa lezione).


 

ANEURISMA AORTA ADDOMINALE (A.A.A.)
La formazione di un aneurisma si verifica quando la parete dell’arteria si indebolisce o viene danneggiata. Nel tempo la pressione continua del sangue, che scorre all’interno del vaso danneggiato, può determinare, in un segmento dello stesso, un progressivo cedimento  della parete, che si allarga dando origine alla formazione di una sacca: l’ANEURISMA..
L’aneurisma dell’aorta addominale (A.A.A.) è considerato una malattia di importante rilevanza perché può rompersi e causare un’emorragia interna spesso mortale.

CAUSE
L’Aneurisma si forma per una malattia della parete dell’aorta, che ne risulta indebolita. Ciò che favorisce l’indebolimento dell’arteria è l’arteriosclerosi, causata a sua volta da una serie di fattori, tra cui: il fumo, l’elevato tasso di colesterolo e di trigliceridi, l’ipertensione, l’età, la familiarità e il sesso maschile.

SEGNI E SINTOMI
Non si presenta nessun sintomo fino a quando non  avviene la rottura dell’arteria.
L’abbondante emorragia interna che si verifica alla rottura determina la comparsa di un violento dolore alla schiena in regione lombare e spesso anche un dolore anteriore all’addome. Inoltre possono presentarsi pallore, sudorazione e alterazione dei parametri vitali.

COMPORTAMENTO:

allertare la Centrale Operativa e chiedere in appoggio un Mezzo di Soccorso Avanzato; eseguire l’ABC e rilevare i parametri;
mettere il paziente in posizione semi-seduta con le gambe flesse; proteggerlo dal freddo;
controllare i parametri e lo stato di coscienza del paziente fino all’arrivo in Pronto Soccorso o del Mezzo di Soccorso avanzato.

DISTURBI RESPIRATORI
I polmoni svolgono la funzione di ossigenare il sangue e di eliminare l’anidride carbonica. L’insufficienza respiratoria va intesa, appunto, come l’incapacità dell’apparato respiratorio di assicurare pienamente queste funzioni.

DISPNEA
Le dispnea è la definizione generica attraverso la quale si identifica una situazione di difficoltà respiratoria. Questa può essere dovuta solitamente a cause polmonari ed extra polmonari.
CAUSE polmonari:


 

 

 

CAUSE extra-polmonari:


asma bronchiale; bronchite cronica; enfisema polmonare;
edema polmonare acuto (EPA); presenza di corpi estranei;
avvelenamento da monossido di carbonio.

scompensi cardiaci acuti e cronici; malattie del sangue (come la anemia); embolie;
malattie di altri organi od apparati.


Se la definizione di dispnea è riferita alle caratteristiche qualitative e quantitative degli atti respiratori distinguiamo:

  • Alterazioni quantitative del respiro:

bradipnea: respiro lento, numero di atti respiratori diminuito (< di 10-12 al minuto);
tachipnea: respiro più frequente, numero di atti respiratori aumentato (> di 20 al minuto).

  • Alcune alterazioni qualitative del respiro:

apnea;
respiro russante; respiro sibilante; respiro rantolante.


SEGNI:


cianosi labbra e estremità; muscoli attivati;
torace rigido; narici dilatate; labbra increspate; tosse;
rumori (sibili, ronchi, rantoli).



SINTOMI:


il paziente sente il bisogno di “dover” respirare;
alterazioni del comportamento del paziente (aggressività, litigiosità, confusione, torpore etc.);
formicolio alle mani e ai piedi; fitte ai muscoli intercostali.



COMPORTAMENTO:


assicurarsi che le vie aeree siano pervie; monitorare i parametri vitali;
tranquillizzare il paziente e consentirgli di assumere la posizione per lui più confortevole;
allentare gli indumenti stretti;
conservare il calore corporeo del paziente; somministrare ossigeno al paziente;
trasportare con celerità il paziente in Pronto Soccorso;
tenersi pronti, in caso di shock, per la Rianimazione Cardio- Polmonare (RCP).


EDEMA POLMONARE ACUTO (EPA)
Si ha quando avviene una trasudazione di liquido nell’interstizio polmonare e negli alveoli con grave insufficienza respiratoria. Colpisce pazienti soggetti a insufficienza cardiaca e SPESSO insorge durante le ore notturne.


SEGNI E SINTOMI:


dispnea; ortopnea; rantoli;
ansia e agitazione; cianosi;
espettorazione di schiuma.


COMPORTAMENTO:


richiedere l’appoggio del Mezzo di Soccorso Avanzato; eseguire l’ABC e rilevare i parametri del paziente; somministrare al paziente ossigeno ad alto flusso; mettere il paziente in posizione seduta con gambe declivi; tranquillizzare il paziente.


SINCOPE
Disturbo improvviso caratterizzato da debolezza muscolare generalizzata con perdita del tono posturale, incapacità a mantenere la posizione eretta e perdita della coscienza con possibile caduta a terra. Può durare da alcuni minuti a mezz’ora.

CAUSE CIRCOLATORIE:
reazione vaso-vagale (emozioni, dolore, stress acuti); ipotensione ortostatica;
emorragie;
infarto del miocardio acuto.


ALTRE CAUSE:


ipossia (alte quote); anemia;
crisi emotive, isteriche o d’ansia.



SEGNI E SINTOMI PRESINCOPE:

 

 

 

SEGNI E SINTOMI SINCOPE:


malessere;  capogiro e vertigine; debolezza; confusione;
macchie scure davanti agli occhi; ronzii alle orecchie.

caduta a terra; pallore; sudorazione fredda; nausea e vomito;
muscoli rilassati con rari movimenti; polso debole;
pressione bassa;
respiro quasi impercettibile.



COMPORTAMENTO:


mettere il paziente in posizione supina con le gambe alzate o se seduto con la testa tra le ginocchia;
rimuovere o allentare gli indumenti stretti;
stimolare il paziente con spruzzi (lievi) di acqua fredda sul viso o applicare una benda bagnata sulla fronte;
se la temperatura corporea è bassa ricoprire il corpo con una coperta; valutare i parametri vitali e se necessario effettuare l’ABC;
mantenere l’osservazione del paziente.


 

 

Medicina Legale



a cura di Alberto Martini e Marco Scolaro 23

 

23  Alberto Martini e Marco Scolaro sono entrambi Medici Chirurghi specialisti in Medicina Legale


  • Medicina Legale [durata 90 minuti]

OBIETTIVI:
L’obiettivo è quello di fornire al Volontario le conoscenze necessarie a permettergli di prestare la propria opera di assistenza nel rispetto delle norme del diritto. A tale fine verranno presi in considerazione gli aspetti relativi all’assistenza sanitaria, che possono avere anche risvolti giuridici. Si cercherà inoltre di dare un inquadramento generale dei riflessi che il diritto inevitabilmente ha sulle attività che più generalmente vengono svolte nel variegato esercizio del volontariato  fornendo, ove possibile, gli elementi di riferimento atti a rendere più qualificata ed efficace tale preziosa opera di assistenza.

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INTRODUZIONE
Per medicina legale si intende il diritto applicato alla medicina e, più in generale, all’attività medica e a tutti gli ambiti attinenti l’assistenza sanitaria.
Non esiste una normativa specifica che qualifichi la posizione giuridica del Volontario, né tanto meno un regolamento che ne preveda le mansioni. Il Volontario ha gli stessi diritti/doveri di un normale cittadino, l’attività che presta tuttavia, per le caratteristiche che la connotano, lo espone alla possibilità di ritrovarsi spesso coinvolto in attività di soccorso; per questo motivo è necessario che egli conosca la legislazione in proposito.

 

REATI IN CUI PUO’ INCORRERE IL VOLONTARIO

ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE MEDICA
L’attività svolta nell’ambito del servizio, seppur di primaria importanza, dovrà strettamente attenersi all’esecuzione di atti non medici per non incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione medica (art.348 c.p. “Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a 6 mesi e con una multa”).
Non è consentito, quindi, lo svolgimento di alcuna attività medica (suturare le ferite, somministrare farmaci, ridurre fratture e lussazioni, effettuare qualsiasi tipo di iniezione, ecc.) e l’operatività espressa dal volontario dovrà necessariamente concretizzarsi nell’esecuzione di quelle manovre che fanno parte del bagaglio culturale medio di ciascun cittadino (massaggio cardiaco esterno, respirazione artificiale, somministrazione di O2, tamponamento di ferite o posizionamento di laccio emostatico, immobilizzazione di segmenti scheletrici fratturati o sospetti tali, ecc.).

LESIONE PERSONALE
Si parla di lesione personale quando con la propria condotta si provoca un danno fisico e/o mentale ad un individuo. Questo danno può avere connotazione volontaria oppure colposa, ossia quando non risulti provocato con intenzione o volontà.
La lesione personale colposa si concretizza per un comportamento viziato da negligenza, imperizia o imprudenza.
L’art. 590 c.p. riporta: “Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione è punito con la reclusione fino a tre mesi o con multa”.

OMICIDIO
L’omicidio si realizza quando con la propria condotta viene provocata la morte di un individuo. Così come per le lesioni personali anche per il reato di omicidio esiste una fattispecie volontaria ed una colposa, potendosi peraltro identificare una terza categoria: l’omicidio preterintenzionale, caratterizzato dal verificarsi della morte dell’individuo per una condotta che era sì volta al ledere, ma non con l’intenzione di provocare il decesso.
L’omicidio può essere punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni (art. 539 c.p.). OMISSIONE DI SOCCORSO


Nel caso in cui non venga prestato soccorso ad una persona ferita o in pericolo o inanimata, e ciò si potrebbe realizzare per paura di commettere qualche manovra sbagliata, sia il Volontario che il normale cittadino incorre nel rischio di essere imputato del reato di omissione di soccorso (art. 593 c.p.).
Questo non implica, anche per il Volontario, di improvvisarsi medico o tentare manovre che non sa eseguire, ma quanto meno lo obbliga ad allertare i soccorsi d’emergenza (118), a rimanere con la persona in difficoltà e, se ne è a conoscenza, ad operare le manovre d’emergenza primarie.

 

LE REGOLE ALL’INTERNO DEI MEZZI DI SOCCORSO
L’autista del mezzo di soccorso è responsabile di tutto ciò che vi accade.
La condotta di guida dovrà sempre essere prudente e consona alle norme sancite dal Codice della Strada. Nonostante la peculiarità del servizio, in caso di infrazione alle norme che disciplinano la circolazione stradale non si potrà invocare alcuna esimente (per esempio lo stato di necessità), in quanto essendo l’infrazione di tipo contravvenzionale “...ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente o volontaria, sia essa dolosa o colposa” (art.42 c.p.).
Nell’ipotesi di un sinistro stradale addebitabile al conducente dell’autoambulanza la responsabilità potrà estrinsecarsi tanto in campo penale che in ambito civile.
Per quanto attiene la responsabilità penale, il Volontario responsabile dell’incidente stradale risponderà di lesioni personali colpose (art.590 c.p.) nel caso si sia provocato uno stato di malattia nel soggetto trasportato, ovvero di omicidio colposo, o nel caso se ne provochi la morte (art.589 c.p.). In entrambi i casi è prevista una maggiorazione di pena quando il fatto è commesso con violazione delle norme del Codice della Strada. A tal proposito si fa inoltre presente che, in caso di decesso della persona trasportata, il fatto che la stessa fosse già in fin di vita nulla toglie sotto il profilo penale in quanto “...accelerare il momento della morte di una persona destinata a soccombere per grave malattia equivale a cagionarla, tanto se tale condotta sia dolosa, quanto se sia colposa...” (Cass.Sez.IV, 26.04.1961).

ESEMPIO: un Volontario trasporta in ambulanza un paziente che ha ingerito una sostanza tossica. Durante il tragitto verso l’ospedale il mezzo, a causa della eccessiva velocità, esce di strada ed il paziente decede. In questo caso si configura il reato di “omicidio colposo” se si accerta che il paziente trasportato è deceduto in conseguenza alle lesioni riportate nell'incidente stradale e non a causa del veleno ingerito.

ATTENZIONE: occorre tenere presente che qualunque reato avvenuto con infrazione del Codice Stradale è un’AGGRAVANTE per il codice penale. Ciò significa che le pene comminate sono AUMENTATE.

Sul mezzo di soccorso dovrebbe essere trasportata soltanto la persona che necessita di assistenza e di soccorso, infatti non dovrebbero salire familiari e/o parenti del paziente (in ogni caso il volontario deve fare appello al buon senso). L’unica eccezione è costituita dai rappresentanti dell’Autorità Giudiziaria quando essi siano coinvolti nell’ambito di alcune particolari procedure come per esempio il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio).
Nel caso in cui altre persone, oltre al soggetto soccorso, vengano trasportate in ambulanza,  ancora una volta la responsabilità è attribuita all’autista del mezzo.

RICHIESTA DEL CONSENSO
Tutte le persone che ricevono prestazioni sanitarie dovrebbero essere informate precedentemente a proposito della natura delle attività alle quali verranno sottoposte; sulla base delle informazioni ricevute dovrebbe quindi fornire un CONSENSO o un DISSENSO all’attuazione delle prestazioni stesse. Se il paziente è in condizioni di poterlo fare, il consenso o soprattutto il dissenso dovrebbe essere prestato in maniera scritta; diversamente può essere fornito oralmente, ma in tale evenienza è preferibile che ciò venga fatto alla presenza di testimoni (equipaggio dell’ambulanza) o avvertendo la centrale via radio.


Nel caso di minorenni la validità del consenso è demandata a chi esercita la patria potestà sul soggetto.
Si parla di consenso presunto quando ci si trova ad agire su un soggetto non cosciente, che quindi non è in grado di manifestare la propria volontà, ma che versi in condizioni di bisogno tali da fare ritenere che lo stesso avrebbe acconsentito alla messa in atto di un’assistenza volta alla tutela della propria salute.

 

CENNI DI TANATOLOGIA (Scienza che studia la morte)
Riconoscere l’avvenuta morte di un soggetto implica l’eseguire una vera e propria  diagnosi medica. Essendo la diagnosi un atto medico non spetta al Volontario tale compito, né tanto meno è suo motivo di interesse uno studio analitico del cadavere per stabilire l’ora della morte o la causa della stessa.
Tuttavia, egli deve poter riconoscere un soggetto palesemente deceduto poiché ciò modifica significativamente il comportamento da tenere.
Nei confronti di un paziente bisognoso di soccorso il Volontario deve far sì che, nel minor tempo e nelle migliori condizioni possibili, questo venga trasportato al più vicino ed idoneo Ospedale. Nei casi di sicuro decesso del soggetto da soccorrere, il Volontario deve immediatamente avvisare la Centrale Operativa, senza spostare il cadavere o modificare la situazione ambientale.

FENOMENI CADAVERICI
Sono legati all’arresto delle funzioni vitali e, come inizialmente premesso, essi devono essere riconosciuti esclusivamente dal medico.
Quando sono presenti i seguenti segni si è sicuri della morte:

    • IPOSTASI: tipico colorito rosso-vinoso presente nelle regioni declivi del cadavere, dovuto all’accumularsi del sangue fuoriuscito dai vasi che si deposita nei tessuti sui quali insiste la gravità. Così, una salma in posizione supina presenterà, una volta trascorsi i tempi necessari, le ipostasi (da non confondersi con lividi) al dorso, mentre il cadavere di un impiccato avrà ipostasi dette “a guanto” o a “calza” in quanto posizionate alle mani ed alle gambe;
    • RIGIDITA’ CADAVERICA: irrigidimento delle articolazioni che si attua in seguito alla stabile contrazione dei muscoli dovuta all’arresto dei processi chimico-biologici che normalmente avviene a livello delle fibre muscolari;
    • RAFFREDDAMENTO CORPOREO: progressivo decremento della temperatura del cadavere legato all’arresto del metabolismo corporeo;
    • MACCHIA VERDE SUL BASSO ADDOME A DESTRA: primo segno dell’avvio dei processi trasformativi di putrefazione.

COMPORTAMENTO
Per quanto riguarda il Volontario, occorre considerare due situazioni opposte:

  • MORTE CERTA: si tratta di quei casi in cui il decesso è da ritenersi sicuro, tale da poter essere riconosciuto anche da chi non è un medico. Questa evenienza si realizza alla presenza di un soggetto decapitato, carbonizzato o depezzato, o se sono presenti sul cadavere avanzati fenomeni di putrefazione. In questi casi non bisogna MAI trasportare il corpo in ambulanza o su qualsiasi altro mezzo utilizzato per il soccorso, ma bisogna invece allertare l’Autorità Giudiziaria.
  • TUTTE LE ALTRE: in tutti i casi in cui la morte non è certa, vista l’impossibilità del Volontario, per forza di legge e per conoscenze proprie, di diagnosticare un decesso, occorre trasportare il paziente al più vicino Ospedale, praticando tutte le necessarie manovre rianimatorie.

COSA FARE IN CASO DI INTERVENTO SU UN LUOGO DI DELITTO
Nel caso in cui il Volontario si trovi a prestare la propria opera in un luogo in cui vi siano elementi tali da far ritenere che possa essere stato commesso un reato (per delitto si intende un reato grave) la sua attività non cambia, nel senso che è sempre chiamato ad attuare le manovre di soccorso e allo stesso tempo deve allertare l’Autorità Giudiziaria.
Qualora l’intervento venga prestato in un luogo dove è già presente l’Autorità Giudiziaria egli dovrà semplicemente limitarsi ad operare con maggiore attenzione al fine di non alterare eventuali prove ed elementi che potrebbero risultare importanti per le indagini.
Bisogna ricordare che sul luogo di un delitto le attività sono guidate dall’Autorità Giudiziaria che, assumendosene ogni responsabilità, può eventualmente impedire al volontario di attuare alcune manovre, ma non può in nessun caso ordinare allo stesso di eseguire alcuna attività che esuli dal prestare soccorso.

 

RIASSUNTO
L’attività del Volontario non è regolata da una normativa specifica; egli possiede infatti gli stessi diritti/doveri del normale cittadino. Tuttavia, per propria scelta, svolge compiti di assistenza che diversamente non si troverebbe ad affrontare se non in rare occasioni; il suo comportamento deve pertanto seguire alcune linee di riferimento tracciate al fine di rispettare le norme del diritto.

Al fine di non incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione medica, nel prestare opera di soccorso il Volontario dovrà limitarsi ad eseguire quelle manovre che fanno parte del bagaglio culturale medio di ciascun cittadino, prestando attenzione a non sconfinare, con la propria condotta, nell’attuazione di atti propriamente medici, che possono essere svolti esclusivamente da persone in possesso di una laurea in Medicina e Chirurgia, quindi abilitati alla professione.

Il comportamento del Volontario dovrà poi essere improntato alla massima attenzione nello svolgimento dei propri compiti per evitare il rischio di cagionare ad alcuno, seppur in maniera involontaria, un ingiusto danno o nella peggiore delle ipotesi la morte, andando così incontro al rischio di essere imputato dei reati di lesione personale colposa o di omicidio colposo.

Per quanto in suo potere, il Volontario si dovrà attivare nel prestare soccorso a chiunque si  dimostri in condizioni di bisogno, limitandosi ad eseguire le procedure note o a fornire quantomeno la più elementare assistenza; qualsiasi mancanza in questo senso potrebbe prospettare per chi la commette l’imputazione del reato di omissione di soccorso.

Una posizione peculiare è quella ricoperta dal conducente del mezzo di soccorso che, durante la guida, sarà sempre tenuto al rispetto delle norme del Codice della Strada, alle quali dovrà comunque attenersi anche nei casi di urgenza/emergenza, ricordando che qualunque reato avvenuto con infrazione del Codice Stradale rappresenta un’aggravante per il codice penale. Per quanto riguarda i mezzi di soccorso è sempre utile tenere a mente che il trasporto in ambulanza è consentito solo e soltanto alla persona che necessita di assistenza, fatta eccezione per i rappresentanti dell’Autorità Giudiziaria impegnati nell’ambito di alcune particolari procedure come per esempio il T.S.O.

Come per ogni prestazione sanitaria, anche nell’ambito del servizio svolto dal Volontario è richiesta la raccolta del consenso o eventualmente del dissenso, preferibilmente scritto, da parte della persona alla quale viene fornita l’assistenza. Per soggetti minorenni il consenso dovrebbe essere fornito da chi esercita la patria potestà, mentre per soggetti incoscienti il consenso può essere presunto.

Astenendosi dall’eseguire diagnosi di morte, demandata esclusivamente al medico che è in grado di identificare i segni di un reale decesso, il Volontario deve essere comunque in grado di riconoscere la morte quand’essa viene definita certa, cioè nel caso in cui un corpo si presenti decapitato, carbonizzato, depezzato o in presenza di avanzati fenomeni di putrefazione.


Solo in questi casi dovrà procedere ad allertare le autorità competenti evitando di spostare il cadavere; in ogni altra evenienza dovrà immediatamente provvedere al trasporto del paziente al  più vicino Ospedale, praticando tutte le necessarie manovre rianimatorie.

Qualora il Volontario si trovi ad operare su un luogo dove possa essere stato commesso un reato, dovrà preoccuparsi di richiedere l’intervento dell’Autorità Giudiziaria prestando comunque la normale assistenza, che dovrà essere tuttavia resa in maniera particolarmente attenta al fine di non alterare eventuali prove ed elementi che potrebbero risultare importanti per le indagini.

In caso di intervento dell’Autorità Giudiziaria è quest’ultima che guida le attività sul luogo di un delitto; essa non può comunque ordinare al Volontario di eseguire alcuna attività che esuli dal prestare soccorso.

Fonte: http://www.croceblu.org/download/MANUALE_corso_base.pdf

Sito web da visitare: http://www.croceblu.org

Autori del testo: sopra indicati AVPA Croce Blu Modena

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