Corso di scienze internazionali e diplomatiche

Corso di scienze internazionali e diplomatiche

 

 

 

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Corso di scienze internazionali e diplomatiche

UNIVERSITÁ DI TRIESTE
SEDE DI GORIZIA

CORSO DI LAUREA
SCIENZE INTERNAZIONALI E DIPLOMATICHE

 

DISPENSA DI DIRITTO PRIVATO
MODULO II
VALERIO SORBELLO

 

Professoressa Cristina Grassi

Testi:
- G. Iudica – P. Zatti, Linguaggio e regole del diritto privato, Cedam, Padova, ult. ediz.
- Codice civile

Esame:
I semestre: quattro domande aperte sul primo modulo del programma.
II semestre: orale sul secondo modulo del programma (in aggiunta il primo modulo se l’esame del I semestre ha avuto esito negativo).

 

 

ILLECITO EXTRACONTRATTUALE
L’illecito extracontrattuale è regolato dall’art. 2043 CC, che recita: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha compiuto a risarcire il danno”.
L’illecito risulta dunque composito di due tipi di elementi:

  • elementi oggettivi: il fatto, la cagione, l’ingiustizia e il risarcimento;
  • elementi soggettivi: la dolosità o la colposità del fatto, e sottintesa dalla norma la sua imputabilità ;

Questa appena illustrata è la forma generale dell’illecito civile; ne esistono anche figure speciali in cui manca uno di questi elementi (solitamente o il dolo o la colpa).
Passiamo ora all’analisi della norma e dei suoi elementi oggettivi:

  • fatto: l’elemento oggettivo può essere un’azione (un comportamento volontario attivo) oppure un’omissione (un comportamento volontario passivo), che derivi da obblighi giuridici, cioè qualcosa che si sarebbe dovuta fare o che si sarebbe dovuto impedire che accadesse.
  • cagione: il danno deve essere conseguenza immediata e diretta del fatto. Su questo elemento, altresì detto causalità, si è scritto tantissimo in materia di diritto civile e penale, riguardo soprattutto a quanto essa debba essere immediata e diretta: la prima teoria sosteneva che è cagione tutto ciò che accade dopo il fatto. Ma questa teoria non è stata avvallata perché ciò che accade dopo il fatto può non essere la sua causa. Appunto per questo motivo si parla di causalità adeguata, ovvero ragionevole (si risponderà senz’altro dei danni imprevedibili, ma entro il limite del nesso causa-effetto).
  • ingiustizia : dapprima la giurisprudenza l’ingiustizia deve riguardare al lesione a un diritto soggettivo assoluto; oggi il significato è stato rivisto, alla luce di avvenimenti come la tragedia di Superga, in cui fu coinvolto il Torino Calcio, ed è inteso molto più ampiamente sia come lesione a un diritto assoluto sia come lesione a un diritto relativo: quindi andrà risarcito il danno legato a interessi giuridicamente protetti dal nostro ordinamento.

C’è però un caso particolare, quello in cui l’ingiustizia venga arrecata a una persona che è unica fonte di reddito in una famiglia, in questo caso non solo si è chiamati a rispondere delle lesioni ai diritti assoluti o relativi protetti dall’ordinamento, ma si dovrà pure risarcire il danno patrimoniale creato, secondo quanto riportato nell’art. 185 CP, finché la famiglia non trova altra fonte di sostentamento.
 


Prima di esaminare l’ultimo elemento oggettivo dell’illecito, analizziamo brevemente il danno: per danno si intende non solo il danno emergente, ma anche il lucro cessante, cioè si risarcirà non solo il danno che appare, ma anche il periodo per il quale non è possibile lavorare, cioè produrre reddito. A questi due danni si aggiungono:
  • danno biologico: il danno che provoca malattia nel corpo o nella mente (tramite accertamento medico);
  • danno morale: il “pretium doloris”, ovvero il risarcimento della sofferenza psicologica/morale (tramite valutazione equitativa del giudice).
  • risarcimento: il risarcimento del danno può avere varie forme:
  • risarcimento per equivalente: somma di denaro che ripristini il pregiudizio (patrimoniale) che la parte ha subito (recupero del valore perso); questo tipo di risarcimento si avrà in tutti i casi in cui non si può avere risarcimento in forma specifica.
  • risarcimento in forma specifica: mira a ripristinare la situazione come sarebbe se il fatto illecito non fosse avvenuto; esso non è sempre possibile: è attuabile per reintegrazione (materiale ripristino) o risarcimento pecuniario (pagamento in denaro che ripristina la situazione patrimoniale). Attenzione però che ciò paga il costo del ripristino, non il valore effettivo.

 

Dall’analisi degli elementi oggettivi dell’illecito, passiamo a quelli soggettivi:

  • dolo: volontarietà del fatto;
  • colpa: inosservanza della diligenza dovuta oppure di regole di condotta. Essa si distingue in:
  • negligenza: difetto di attenzione;
  • imprudenza: non adozione di misure cautelative che si dovevano adottare. Sia per norme comuni di condotta oppure misure di cautela specifiche;
  • imperizia: non rispetto delle regole tecniche.

Più in generale tutti i casi di violazione della legge e di posizione in pericolo. La colpa non presuppone volontarietà.
Questi due elementi vengono detti generalmente colpevolezza, cioè i gradi della colpevolezza. Il diritto penale distingue ulteriormente fra dolo eventuale (condotta per cui si sa che vi sono concrete possibilità di produrre un evento integrante un reato eppur tuttavia si accetta il rischio di cagionarlo) e colpa nascente (previsione dell’evento senza però averlo voluto) .

  • imputabilità: è il presupposto per essere chiamato a rispondere del danno, secondo l’art. 2046 CC: esso richiama il concetto di capacità naturale (di intendere e di volere). In caso di incapacità naturale, non voluta, si è esenti da responsabilità. Tendenzialmente il minore di età non risponderà del danno commesso, ma bisogna sempre tener conto dell’età in riferimento. Nel caso di incapaci di intendere e di volere da più di due anni, avremo la responsabilità di altre persone (genitori, sorveglianti, maestri, etc.).

Ci sono però delle esimenti di responsabilità o cause di giustificazione dell’illecito. Queste sono circostanze che escludono la responsabilità del soggetto che ha commesso il fatto dannoso. Esse giustificano il fatto o rimuovono il divieto della legge rendendo il fatto lecito:

  • caso fortuito: caso non prevedibile dalla normale diligenza;
  • forza maggiore: caso non superabile con la normale diligenza, poiché dipendente da cause esterne all’individuo;
  • stato di necessità: situazione di fatto che costringe il soggetto a compiere un fatto che in realtà è lesivo dell’altrui diritto (secondo l’art. 2045 CC) per salvaguardare se o altri da un pericolo grave, attuale di danno alla persona . Questo stato di necessità non può essere invocato da particolari soggetti esposti a rischio. Il fatto dannoso deve essere, infine, proporzionato al danno che il soggetto che lo compie potrebbe subire.
  • legittima difesa: regolata dall’art. 2044 CC è una sorta di autotutela privata, che non è strettamente legata alla difesa della persona, ma per cui il pericolo deve essere attuale e l’aggressione deve essere o sembrare reale. Deve comunque esserci proporzionalità tra il danno che si potrebbe subire e quello che si compie .
  • consenso dell’avente diritto: atto con cui qualcuno consento un fatto lesivo dei propri diritti. Esso è un consenso unilaterale, prestato da un soggetto legittimato a disporre del diritto, e deve avere ad oggetto diritti disponibili .
  • ordine superiore: atto imposto da una autorità o da una norma .

Esistono poi delle responsabilità speciali dell’illecito civile, dove delle responsabilità ricadono su alcuni soggetti sebbene non esistano tutti gli elementi appena elencati. In particolare manca, in questi casi, la colpevolezza, che si presume salvo prova contraria; infatti non viene svolta un’indagine per verificare se il soggetto fosse in dolo o in colpa, ma per il solo fatto che egli riveste certe posizioni e certe qualità la legge dice che è responsabile. Le ipotesi sono:

  • responsabilità dei genitori e dei tutori per i danni causati dai figli minori e dalle persone soggette alla loro tutela con essi conviventi (art. 2048 CC): in questo caso manca il dolo o la colpa rispetto al fatto; si può essere esenti da tale responsabilità qualora si dimostrasse il caso fortuito o di forza maggiore.
  • responsabilità dei danni da beni in custodia (art. 2051 CC): si può essere scagionati se si prova che il danno è causato da un fatto fortuito.
  • responsabilità dei danni cagionati da animali (art. 2052 CC): si può essere scagionati se si prova che il danno è causato da un fatto fortuito.
  • responsabilità dei padroni e committenti (art. 2049 CC): in questo caso non c’è alcuna esimente di responsabilità. I presupposti di questa responsabilità sono: il rapporto dipendente-società-ente e la connessione tra le incombenze cui era adibito il dipendente e ciò che ha compiuto, cioè il danno deve essere commesso nell’esercizio delle funzioni cui era preposto.
  • responsabilità di svolgimento di attività pericolose (art. 2050 CC).
  • responsabilità sulla circolazione di veicoli (art. 2054 CC): saranno responsabili del danno causato tanto il conducente del veicolo quanto il proprietario (quando essi non corrispondono nella stessa persona).

Quando ci sono più responsabili (in tutte le ipotesi su descritte) del danno si parla di responsabilità solidale del danneggiante: il danneggiante potrebbe scegliere a chi chiedere di pagare il risarcimento. La corresponsabilità è in misura uguale per tutti, a meno che non si dimostri la colpa di uno.

  • responsabilità del produttore di beni o servizi: essa si trova nel D.P.R. 224/88 ; la legge dice che il produttore risponde dei danni che sono provocati dai prodotti difettosi che ha messo sul mercato o che non presentano quel grado di sicurezza che era ragionevole attendersi da quei beni. Il danneggiato deve dimostrare il danno, il difetto ed il nesso causale tra di essi. Una volta dimostrato ciò si presuppone che il produttore sia responsabile, senza accertamento. Egli però può salvarsi dimostrando di aver fatto il possibile con le conoscenze tecniche a disposizione.

IMPRENDITORE E SOCIETÁ
L’art. 2082 CC definisce l’imprenditore: “È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Quello di imprenditore è un concetto giuridico-economico perché svolge una funzione di intermediazione tra chi offre il capitale o il lavoro e quelli che chiedono beni o servizi: trasforma i fattori della produzione in prodotti che soddisfano i bisogni dei consumatori.
L’imprenditore corre però un certo rischio nella produzione di beni e servizi, ma come contropartita ha il profitto e il potere di gestione dell’attività.


L’imputabilità, che si ricava dal Codice Penale, è l’essere capaci di intendere e volere.

“Contra iure”, cioè contraria al diritto.

Dolo eventuale e colpa cosciente non saranno chiesti all’esame.

Al danneggiato, che è assolutamente incolpevole, sarà dovuta una indennità.

Al danneggiato, che si trova in una situazione di anti-giuridicità, non si riconosce indennità.

Questa esimente sta alla base di tutte le attività sportive pericolose.

In caso di palese illegalità, è lecito disattendere al comando o alla norma.

È esente da responsabilità qualora non dimostri che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà, pur essendo stato accorto nel lasciare il veicolo.

Provvedimento di recepimento di normative comunitarie in materia di tutela dei consumatori.

All’interno della definizione di imprenditore rientrano:

  • imprenditore agricolo: secondo l’art. 2135 CC si definisce tale chi svolge innanzitutto 3 attività essenzialmente agricole (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali), a cui si sommano attività connesse (in modo oggettivo e soggettivo) a quelle agricole. Gode di certi benefici come la non soggezione a fallimento.
  • imprenditore commerciale: secondo l’art. 2195 si definisce tale chi svolge attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi oppure un’attività intermediaria nella circolazione dei beni oppure attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie delle precedenti (attività di un imprenditore a vantaggio di altri). Egli ha obblighi di registrazione nella Camera di Commercio.

L’impresa è l’attività, svolta dall’imprenditore, economica finalizzata alla produzione di beni e servizi.
L’azienda, secondo l’art. 2555 CC, è, invece, il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Essa può essere trasferita o affittata dall’imprenditore separatamente dall’impresa .

L’imprenditore possiede dei segni distintivi e caratterizzanti, che distinguono ciascuno un elemento dell’impresa:

  • ditta: contraddistingue l’imprenditore, fornendo il nome sotto il quale egli esercita l’impresa. Non è necessario che il nome della ditta corrisponda al nome dell’imprenditore, ma la legge obbliga a fornire almeno il cognome o la sigla che contraddistingua l’imprenditore che ha costituito la ditta.
  • insegna: contraddistingue l’azienda, o più semplicemente dei locali commerciali.
  • marchio: viene apposto dall’imprenditore e ne distingue i prodotti o i servizi. Si distinguono 3 tipi di marchi:
  • marchio di fabbrica: apposto sul bene dal produttore.
  • marchio di commercio: apposto dal rivenditore (che non può eliminare il marchio di fabbrica).
  • marchio registrato: marchio che una volta depositato nessun altro può utilizzare; laddove venga usato, l’imprenditore può far valere l’esclusiva derivante dal diritto.

CONTRATTO DI SOCIETÁ
L’art. 2247 CC recita: “Con il contratto di società, due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
Affinché nasca una società vi è la necessità di un contratto sociale alla base, cioè di un accordo tra due o più soggetti , ovvero la presenza di una pluralità di attori.

L’iscrizione della società va eseguita presso le camere di commercio nel registro delle imprese: il contratto dovrà avere forma pubblica .
Il contratto con cui nasce la società, o meglio l’atto costitutivo, è seguito dalla regolamentazione della società, ovvero dallo statuto.

La riforma introdotta dal D. lgs. 6/2003 ha consentito alle S.p.a. e alle S.r.l. di essere unipersonali; ciò implica però un passaggio in più verso la loro costituzione: il socio unico, infatti, per costituire lo schermo perfetto della sua società deve:

  • versare subito tutto il capitale sociale (minimo 120.000 €);
  • scrivere l’unipersonalità della società nella denominazione sociale.

Mancando una di queste due condizioni, il socio unico non fruisce della limitazione di responsabilità.

Il conferimento consiste in beni o prestazioni che il socio mette a disposizione per entrare a far parte della società e per avviarla. I conferimenti possono consistere in:

  • beni: mobili, immobili, immateriali ;
  • servizi.

I conferimenti di tutti i soci formano il patrimonio della società, che può essere aumentato (con delibera) o diminuito (qualora il valore reale della società sia inferiore a quello di partenza).

Il capitale sociale è il totale dei conferimenti e indica la quota di ogni socio; per la stessa percentuale di quote che un socio possiede, esso voterà e dividerà gli utili e le perdite. Il capitale si distingue in:

  • capitale versato: conferimenti eseguiti;
  • capitale sottoscritto : conferimenti promessi.

L’attività economica della società deve produrre ricchezza. In questo contesto il legislatore si richiama all’imprenditore: deve essere un’attività svolta per produrre beni e servizi con carattere professionale (cioè duraturo nel tempo) e organizzata. Essa può essere poi svolta a scopo lucrativo, che può anche rimanere uno scopo ideale e non essere attuato (il surplus di fine anno viene reinvestito nella società) .

L’attività deve essere svolta in comune: non dai singoli soci ma dall’intera società, partecipando sempre alle decisioni. Bisogna però far notare che sussiste il divieto del “patto leonino”, ovvero la decisione di escludere uno dei soci da ogni divisione di utili e di perdite.

L’esercizio in comune differenzia le società da altre organizzazioni:

  • Associazione in partecipazione: contratto con cui l’associante (il singolo imprenditore) riconosce all’associato una certa partecipazione all’utile, in proporzione alla prestazione che si riceve. In questo tipo di associazioni le decisioni vengono prese solo dall’associante e non si crea una sfera patrimoniale autonoma.
  • Associazione temporanea d’impresa: contratto stipulato tra più società o imprese, che decidono di svolgere delle attività in modo coordinato. Ognuna svolge un’attività con i suoi utili e i suoi debiti .

CATEGORIE E TIPI DI SOCIETÁ
Due sono i tipi di società:

  • Società  di persone:
  • Società semplice;
  • Società in nome collettivo (S.n.c.);
  • Società in accomandita semplice (S.a.s.);
  • Società di capitali:
  • Società a responsabilità limitata (S.r.l.);
  • Società per azioni (S.p.a.);
  • Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.);
  • Società mutualistiche (Cooperative) .

Queste due categorie si differenziano per:

  • modalità di nascita: le società di persone nascono anche solo con il consenso dei soci; le società di capitali hanno bisogno per nascere dell’iscrizione al registro delle imprese con atto pubblico.
  • organi: le società di persone non hanno l’assemblea dei soci e nemmeno organi di controllo; le società di capitali hanno l’assemblea dei soci e hanno un organo di controllo apposito .
  • amministrazione: nelle società di persone ogni socio ha il potere di amministrazione disgiuntiva (per azioni di ordinaria amministrazione); nelle società di capitali l’amministrazione spetta all’organo amministrativo.
  • decisioni: nelle società di persone, le decisioni riguardo le modifiche allo statuto devono essere prese sempre all’unanimità; nelle società di capitali le decisioni riguardo le modifiche allo statuto vengo prese secondo il principio maggioritario.
  • responsabilità: nelle società di persone i singoli soci sono responsabili; nelle società di capitali la società godo di un’autonomia patrimoniale perfetta.

SOCIETÁ DI PERSONE
Abbiamo poc’anzi elencato i tipi di società di persone: società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice. Esse verranno ora esaminate nel dettaglio.

SOCIETÁ DI PERSONE – SOCIETÁ SEMPLICE
La società semplice è il prototipo delle società di persone; le sue caratteristiche sono:

  • attività: non commerciali, ma prevalentemente agricole;
  • nascita : non occorre nessuna forma particolare;
  • contratto sociale: per qualsiasi modifica è necessaria l’unanimità, ovvero il consenso di tutti i soci;
  • conferimenti: possono essere eseguiti sia in beni che in servizi;
  • organi: assenti;
  • amministrazione: spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente;
  • rappresentanza : spetta ai soci amministratori.

Per acquistare la qualità di socio è sufficiente dare il proprio consenso e prestare un conferimento alla società. In qualità di socio nascono il diritto patrimoniale, ovvero il diritto alla divisione degli utili, e i diritti amministrativi:

  • diritto a concorrere alla formazione della volontà della società (potere decisionale);
  • diritto alla gestione della società (potere gestionale, amministrazione);
  • potere di controllo sugli altri soci (potere di vigilanza) .

È possibile che i soci prevedano modi di gestione diversi:

  • gestione congiunta: se non sono presenti tutti i soci non si possono prendere decisioni;
  • gestione mista congiuntivo-disgiuntiva: prevede l’amministrazione congiuntiva per gli atti di straordinaria amministrazione, invece l’amministrazione disgiuntiva per gli atti di ordinaria amministrazione.

L’amministrazione della società spetta a tutti i soci; la rappresentanza, invece, spetta a ciascun socio che sia amministratore. Qui, per questioni di comodità di contratto, il contratto sociale può prevedere anche che tale rappresentanza sia affidata a pochi amministratori.
Il conferimento che si fa serve anche a indicare la misura di partecipazione agli utili e alle perdite del singolo socio. Qualora si prevedano limitazioni di responsabilità di un socio, quest’ultimo perde la sua carica di amministratore.
Nelle società di persone, e in particolare nelle società semplici, gli utili, qualora ve ne siano, vengono distribuiti ogni anno (distribuzione annuale), a meno che non si decida di reinvestirli.
Infine, nulla vieta ai soci di stabilire nel contratto sociale regole di carattere assembleare e la formazione di organi.
Per quel che riguarda la responsabilità della società e dei soci verso le obbligazioni, non essendoci schermo perfetto tra società e soci, ne risponderanno pure i singoli soci, secondo gli artt. 2267 e 2268 CC, secondo questo ordine:

  • precedenza a chi ha contratto l’obbligazione, cioè prima i rappresentanti;
  • poi gli altri soci.

Il socio ha un mezzo di difesa, che consiste nel beneficio di escussione: il socio può indicare un bene della società su cui il creditore si possa rifare; nel caso ancora ciò non bastasse, il creditore può rifarsi sul socio. Può essere altresì utilizzata la responsabilità solidale, per cui il creditore andrà a rifarsi interamente sul socio più ricco, che poi provvederà da sé a regolare i conti con gli altri soci.
I soci che godono di limitazioni di responsabilità non verranno aggrediti, opponendo ai creditori il patto di limitazione, che deve avere forma pubblica.
La società semplice non ha una particolare autonomia patrimoniale tranne che nei riguardi di:

  • creditori personali del socio: non possono rivalersi sui beni della società i creditori della persona-socio. Possono compiere atti conservativi (sequestri) sulla quota del socio, chiedendone la liquidazione che la società è obbligata ad attuare entro 3 mesi. Il creditore può inoltre agire attraverso il pignoramento presso terzi (cioè prendere i poteri sugli utili del socio-debitore).
  • il socio non può riottenere il conferimento eseguito alla nascita della società.
  • messa in liquidazione: chiusura della società attraverso la dismissione dei beni: il ricavato può essere diviso solo dopo aver soddisfatto i creditori della società (la divisione avverà poi tra i soci a seconda delle loro quote).

Finora abbiamo analizzato l’ingresso dei soci nella società nel momento della sua costituzione; ora vediamo cosa avviene quando fa l’ingresso un nuovo socio: verrà modificato il contratto sociale, attraverso decisione unanime dei soci. Il nuovo socio risponde anche delle obbligazioni della società contratte prima del suo ingresso.
Vediamo ora il caso in cui un socio esce dalla società per sua volontà o in caso di morte:

  • morte del socio: alla morte, la quota del socio, non trasmissibile per eredità, viene messa in liquidazione; il corrispettivo ricavato verrà dato agli eredi. Nel caso in cui sia i soci che gli eredi siano d’accordo, si può decidere di far entrare nella società gli eredi del socio defunto.
  • recesso del contratto: la regola generale dice che se il contratto viene stipulato senza termini di scadenza, i rapporti a tempo indeterminato possono essere sciolti dalle persone che li hanno contratto, quando vogliono. Nel caso in cui sia previsto un termine di scadenza del contratto, l’uscita è meno semplice: il socio può recedere ma solo per giusta causa. Oltre che in modo volontario, il socio potrebbe essere escluso dalla società in due modi:
  • automaticamente: per il fallimento personale o per il fatto che i suoi creditori abbiano richiesto la liquidazione della quota;
  • per volontà degli altri soci: quando il socio si comporta male, in caso di gravi inadempienze e in caso di interdizione o inabilitazione di un socio. Questa decisione viene presa tramite votazione per teste e non per quota, in quanto ha carattere personale.

Le cause dello scioglimento dell’intera società sono:

  • scadenza del termine previsto per contratto;
  • conseguimento/impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
  • mancanza della pluralità dei soci .

Una volta sciolta la società, essa verrà messa in liquidazione, verranno appianati tutti i debiti, ed eventualmente si divideranno i ricavi rimanenti.

SOCIETÁ DI PERSONE – SOCIETÁ IN NOME COLLETTIVO (S.n.c.)
La società in nome collettivo si caratterizza per:

  • attività: commerciale;
  • nascita: non c’è nessun obbligo di forma salvo l’iscrizione alla CCIA ;
  • conferimenti: possono essere sia beni che servizi;
  • responsabilità: la responsabilità dei soci è solidale o responsabilità sussidiaria ;
  • amministrazione: tutti i soci, salvo accordi particolari, sono sia amministratori che rappresentanti ;
  • organi: assenti;

Per quanto riguarda l’autonomia patrimoniale, il creditore particolare del socio non può chiedere la liquidazione della sua quota della S.n.c., ma può tuttavia far valere i diritti sui suoi utili.
L’ingresso di un nuovo socio nella società comporta per quest’ultimo il carico delle obbligazioni precedentemente contratte dalla società.
Il socio che esce dalla società è responsabile delle obbligazioni assunte, fino allo scioglimento della società, che avverrà per:

  • scadenza del termine previsto per contratto;
  • conseguimento/impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
  • mancanza della pluralità dei soci.

SOCIETÁ DI PERSONE – SOCIETÁ DI FATTO
Le società di fatto non sono vere e proprie società perché non ne hanno forma (né società semplice né S.n.c) ma svolgono comunque un’attività volta alla divisione degli utili.
L’ordinamento, per motivi di carattere fiscale e per tutela dei creditori, decide che questa società di fatto deve essere considerata veramente una società; se svolgerà attività non commerciali si applicheranno le norme della società semplice, se invece svolgerà attività commerciali si applicheranno le norme della S.n.c.
Eventuali patti che limitano la responsabilità non sono opponibili a meno che non si dimostri che qualcuno ne era a conoscenza.

SOCIETÁ DI PERSONE – SOCIETÁ OCCULTA
Ha le stesse caratteristiche della società di fatto; nella società occulta si ha un soggetto che agisce come un imprenditore individuale, ma in realtà ci sono altri soggetti nell’ombra, che con lui partecipano all’esercizio dell’attività ma non vogliono apparire.

SOCIETÁ DI PERSONE – SOCIETÁ IN ACCOMANDITA SEMPLICE (S.a.s.)
La società in accomandita semplice, per nascere ha bisogno di un atto costitutivo e dell’iscrizione al registro delle imprese; nella sua denominazione sociale, inoltre, essa deve specificare il nome di uno degli accomandatari.
La S.a.s.  prevede due categorie di soci:

  • soci accomandatari: sono gli amministratori, e in quanto tali hanno responsabilità illimitata per i debiti sociali;
  • soci accomandanti: non sono amministratori e godono di responsabilità limitata , sono i cosiddetti soci di capitali.

La rappresentanza e l’amministrazione spetta agli accomandatari, ma può crearsi qualche problema laddove un accomandante ingerisca nell’amministrazione. In questo caso l’accomandante perde automaticamente la limitazione di responsabilità e diventa accomandatario, diventando responsabile della sua precedente condotta amministrativa.
Questo tipo di società deve avere entrambe le categorie di soci; qualora non li avesse, la S.a.s ha tempo 6 mesi per trovare almeno uno della categoria dei soci che manca. Se non si dovesse trovare, la società viene messa in liquidazione.
Per quanto concerne il trasferimento delle quote, il regime cambia:

  • accomandatario: le sue quote non sono liberamente trasferibili;
  • accomandante: le sue quote sono trasferibili in due casi:
  • per causa di morte (successione), anche senza accordo con gli altri accomandanti e accomandatari;
  • per atto tra vivi: in questo caso occorre il consenso della maggioranza dei soci, votazione che avviene per quote.

SOCIETÁ DI CAPITALI – SOCIETÁ A RESPONSABILITÁ LIMITATA (S.r.l.)
La società a responsabilità limitata è una società di capitali a dimensioni ridotte che permette la limitazione di responsabilità dei soci in quanto possiede uno schermo perfetto.
La costituzione della società deve essere un atto pubblico registrato nei registri delle imprese presso la camera di commercio.
Il conferimento da parte dei soci deve arrivare al capitale minimo di 10.000 €, sottoscritto al 100%. Affinché la società nasca basta anche il 25% versato dell’intero ammontare del capitale sociale. Il conferimento dà luogo a poteri amministrativi e patrimoniali, e la partecipazione è data dalla quota . Queste quote, seppur non rappresentate da un titolo, sono:

  • liberamente trasferibili: sia per patto tra vivi che per causa di morte ;
  • divisibili;
  • pignorabili.

Le quote sono proporzionate ai conferimenti e tale proporzione vale anche per la divisione degli utili.
La S.r.l. può anche essere unipersonale, e il socio unico può possedere la responsabilità limitata solo se nel contratto è scritto delle limitazioni e se è stato versato per intero il capitale sociale necessario alla nascita della società.
Con la riforma delle società del 2003, è stata introdotta una piccola eccezione di cui all’art. 2468 CC, che dice che è possibile attribuire a certi soci particolari poteri di amministrazione o di divisione degli utili.
Le partecipazioni sociali, le quote, possono essere sottoposte a pignoramento da parte del creditore personale del socio, che ne può richiedere la liquidazione oppure l’assegnazione, entrando a far parte della società.
I soci non rispondono dei debiti della società, salvo per reati dell’amministratore o per malagestio. I loro diritti sono:

  • fare parte dell’assemblea;
  • partecipare agli utili;
  • diritto di opzione sulle nuove quote in caso di aumento di capitale: possono sottoscriverne di nuove o possono far entrare nuovi soci.

L’obbligo del socio è quello di effettuare il conferimento, pena l’esclusione in caso di morosità.

Gli organi della S.r.l sono:

  • Consiglio di Amministrazione (CdA) o amministratore unico: il potere amministrativo è attribuito a un CdA o a un amministratore unico dallo statuto della società. I consiglieri del CdA sono nominati dall’assemblea, che decide quali saranno i loro poteri e in che modo potranno utilizzarli. Il CdA può poi decidere di attribuire la rappresentanza della società a un delegato.
  • Assemblea dei soci: l’assemblea collegiale può essere convocabile per decisioni importanti oppure secondo l’art. 2479 CC, si può convocare l’assemblea totalitaria e il procedimento a formazione progressiva, ovvero la consultazione non contemporanea dei soci, il cui consenso deve essere dato per iscritto.
  • Collegio sindacale (organo di controllo): esso è presente solo se l’S.r.l. si ingrandisce sia per quanto riguarda i capitali, arrivando il capitale sociale ad ammontare a 120.000 €, sia per quel che riguarda i dipendenti, arrivando a più di 50, sia per quanto riguarda i ricavi.

Le cause dello scioglimento della S.r.l. sono:

  • scadenza del termine previsto per contratto;
  • conseguimento/impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
  • mancanza della pluralità dei soci;
  • decisione dei soci di liquidare la società.

SOCIETÁ DI CAPITALI – SOCIETÁ PER AZIONI (S.p.a.)
La società per azioni è la società di capitali per eccellenza, dotata di perfetta autonomia patrimoniale che si acquista con l’iscrizione della società al registro delle imprese, senza cui non potrebbe nascere. L’atto costitutivo della società è inoltre formale, pubblico; esso può essere:

  • un contratto fra più parti;
  • un contratto unilaterale : il socio, per godere di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta, è necessario che versi l’intero capitale sociale e che nella denominazione sociale compaia l’unipersonalità e il nome del socio.

L’atto costitutivo deve contenere:

  • la denominazione della società, con l’indicazione del tipo di società;
  • il nome, cognome, residenza, data di nascita dei soci;
  • le quote dei soci (le azioni date ai soci);
  • l’indirizzo della sede principale e di eventuali sedi secondarie;
  • l’oggetto della società ;
  • l’ammontare del capitale sociale, indicando la misura di quello sottoscritto e di quanto versato; il capitale minimo è di 120.000€, che deve essere interamente sottoscritto, ma versato per almeno il 25%;
  • il numero delle azioni e il loro valore nominale, le loro caratteristiche e come e quando si emettono e le loro modalità di circolazione;
  • il valore attribuito ai beni conferiti alla società ;
  • i criteri di ripartizione degli utili;
  • la previsione delle regole di funzionamento: cioè il sistema di amministrazione e il funzionamento degli organi. Con la riforma del 2003, si può scegliere fra tre modelli;
  • la durata della società;
  • la distribuzione delle azioni ai soci in modo non proporzionale ai conferimenti .

Questa fin qui illustrata è la modalità di costituzione della S.p.a. più frequente; esiste un’altra modalità detta per pubblica sottoscrizione: dei soggetti promotori redigono un programma e invitano terzi a unirsi al programma della costituenda società. Raggiunto il numero minimo di adesioni, i promotori procedono all’atto costitutivo della società e poi indicono l’assemblea dei costituenti .
Nella S.p.a. i conferimenti possono essere in denaro, in beni o in crediti; non è possibile avere il socio d’opera, perché sarebbe difficile valutare il conferimento del socio. Si potranno però avere dei soci con prestazioni accessorie (oltre ai conferimenti normale): le loro azioni saranno però non liberamente trasferibili.
Quando si costituisce la S.p.a. e si stabilisce lo statuto, è frequente che i soci si accordino per regolare il comportamento dei soci all’interno della società: essi stipulano i patti parasociali, ovvero patti laterali fra i soci. Con i patti parasociali, i soci assumono impegni reciproci col fine di rispettare i diritti in modo predeterminato; alcuni di questi diritti sono:

  • esercizio del diritto di voto;
  • obblighi di preventiva consultazione ;
  • sindacati di blocco: limiti al trasferimento delle azioni;
  • sindacati di controllo: decisione se un socio debba avere un’influenza dominante sulla società.

Nei patti si può inserire poi una clausola penale, nel caso in cui il patto venga disatteso (prevenendo il danno derivato da ciò). I patti parasociali sono stati inseriti all’interno del Codice Civile e hanno assunto una disciplina precisa nel 2003: essi durano 5 anni e scadono se non rinnovati.

Le azioni, secondo gli artt. 2346 e ss. CC, sono date in misura ai conferimenti e rappresentano la misura di partecipazione del socio; le azioni sono titoli di credito , quindi beni mobili oggetto di proprietà, possesso, pegno, usufrutto, nonché di provvedimenti conservativi come il sequestro. Le azioni possono essere rappresentate da documenti cartacei, rari al giorno d’oggi, quando la partecipazione del socio viene dimostrata tramite l’iscrizione nel libro dei soci , obbligatorio nelle S.p.a.
Il voto spetta a chi ha il possesso (materiale o astratto) dei titoli. Salvo patto contrario, le azioni conferiscono uguali diritti, che sono:

  • diritti amministrativi:
  • partecipazione all’assemblea;
  • voto;
  • possibilità di visionare tutti i libri sociali;
  • possibilità di impugnare le decisioni dell’assemblea;
  • possibilità di denuncia di eventuali irregolarità (soprattutto degli amministratori) all’organo di controllo o anche al tribunale.
  • diritti patrimoniali:
  • diritto alla divisione degli utili;
  • diritto alla liquidazione della quota in caso di esclusione o recesso;
  • diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione.

Le azioni possono essere di vari tipi, in Italia i titoli azionari devono essere nominativi, tranne per le azioni di risparmio (emesse dalle società quotate), che non danno diritto di voto e che possono essere al portatore.
La Monte Titolo S.p.a. è la detentrice di azioni di tutte le società quotate ; le azioni sono smaterializzate e contenute in un registro apposito. Da questa società sono emanati molti dei controlli per l’immissione delle azioni delle società.
Per il trasferimento delle azioni si possono prevedere diverse clausole che limitino la circolazione:

  • clausole di gradimento;
  • clausole di limitazione di circolazione;
  • clausole di prelazione.

Le azioni possono essere:

  • azioni privilegiate: attribuiscono al detentore una percentuale più elevata di partecipazione agli utili;
  • azioni postergate : sono posticipate nella procedura di riduzione di capitale, si annulleranno prima le azioni ordinarie;
  • azioni senza voto o con voto limitato;
  • azioni date ai dipendenti della società: queste potrebbero non dare diritto di voto;
  • azioni di godimento: date ai soci possessori di azioni rimborsate a seguito di riduzione di capitale, non perché si è in perdita, e per continuare a concorrere alla divisione degli utili.

Tutte queste azioni non rappresentano il 100% del capitale sociale. Un altro strumento utilizzato dalle grandi società è il diritto di stock option: il diritto di sottoscrivere azioni ad un prezzo predeterminato comunque più basso di quello di mercato, in modo da avvantaggiare i soci.

Il capitale sociale si stabilisce nell’atto costitutivo; le modifiche al capitale possono essere di due tipi:

  • aumento;
  • diminuzione.

Tutte queste deliberazioni modificano l’atto costitutivo per cui è necessario che siano prese in assemblea straordinaria (con le decisioni prese a maggioranza superiore).
Tali aumenti e riduzioni possono essere di due tipi:

  • reali: effettivamente il capitale è incrementato o ridotto (con rimborso ai soci, cui sono attribuite azioni di godimento);
  • nominali: l’incremento del capitale della società avviene non con denaro esterno alla società, ma con quello delle riserve della società stessa (cioè gli accantonamenti fatti per varie ragioni): in questo caso si ha solo uno spostamento di denaro dalle riserve al patrimonio sociale con una distribuzione di nuove azioni. La riduzione nominale avviene in seguito a perdite (senza alcun rimborso ai soci): in questo caso la cifra del capitale sociale viene adeguata al minor valore del capitale reale.

La tutela del capitale verso terzi è data dal fatto che in caso di perdite la riduzione del capitale è obbligatoria, diminuzione che deve essere di oltre un terzo del totale.
Sempre a tutela del capitale ci sono altre previsioni:

  • le S.p.a. non possono aumentare il capitale, cioè non possono emettere azioni se prima quelle emesse alla costituzione della società non sono state liberate;
  • c’è un limite previsto per l’acquisto di azioni proprie, come recita l’art. 2357 CC: pone il limite a 1/10 (comma 3) del capitale per impedire che un S.p.a. sia formata solo da se stessa;
  • c’è il divieto di costituzione/aumento di capitale con sottoscrizione reciproca di azioni: ciò è ammesso solo nel limite di 1/10;

La riforma delle società del 2003 ha introdotto il cosiddetto patrimonio di destinazione: patrimonio che verrà utilizzato ad uno scopo ben preciso. Per questo motivo esso può essere aggredito solo dai creditori incontrati nell’adempimento dello scopo. Il patrimonio di destinazione deve essere iscritto nel registro delle imprese.


N.B.: l’affitto vale per i beni produttivi; la locazione vale per i beni non produttivi. Per il trasferimento dei bei si dovrà seguire la modalità di trasferimento di ogni singolo bene.

Se si tratta di società di persone (società semplice) il contratto sociale non richiede forme particolari.

Non è più così in seguito all’entrata in vigore del d. lgs. 6/2003, che ha operato la "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative”.

In caso di non iscrizione potrebbe anche mancare il contratto sociale.

Anche prima della riforma potevano essere uni personali, senza obbligo di pluralità di persone.

Ad esempio brevetti.

Se non è stato versato interamente il capitale, ma parte è stato sottoscritto, la società, in caso di bisogno di soldi, potrebbe ricorrere al “richiamo dei decimi mancanti”, cioè richiedere il versamento del capitale che è stato sottoscritto (in caso di inadempienza il socio è escluso dalla società).

Ciò vale per le sole società di capitali, mentre per le società di persone è obbligatoria la divisione annua degli utili.

È questo il caso dei contratti d’appalto.

Le cooperative hanno caratteristiche proprie, ma simili alle società di capitali.

Nelle S.p.a. quest’organo si chiama “Collegio sindacale”.

In gergo tecnico “conclusione”.

Potere di agire in nome e per conto della società.

Si sottopone la singola iniziativa al giudizio di tutti i soci. Su un’eventuale opposizione decide la maggioranza dei soci, determinata per quote, secondo l’art. 2257 CC.

Essa potrà essere ripristinata entro 6 mesi, pena lo scioglimento della società.

Se non iscritta, avremo una S.n.c. irregolare: cambierà il regime e seguirà la forma standard delle società di persone.

È assente il beneficio di escussione perché il creditore deve per forza aggredire prima il patrimonio della società, secondo quanto dettato dall’art. 2304 CC.

L’amministrazione delle S.n.c. è uguale a quella delle Società semplici.

Il rischio che corrono gli accomandanti è quello di perdere esclusivamente i loro conferimenti.

Per questo motivo i soci delle S.r.l. sono detti “soci di quota.

Salvo regole diverse previste dal contratto, come la clausola di gradimento o quella di prelazione.

Di questo organo possono far parte anche persone che non sono associate.

Derivante dalla capacità giuridica.

Possibile grazie alla riforma delle società del 2003.

Importante per valutare l’operato degli amministratori.

L’azione è una frazione del capitale e il suo valore nominale rappresenta la percentuale dell’azione rispetto al capitale, ma esso non rappresenta il suo valore reale.

Nel caso di S.p.a. il valore del bene conferito deve essere accertato da un perito del tribunale.

Con l’entrata in vigore della riforma del 2003.

Questa modalità vale per le società molto grandi e con un ‘enorme capitale sociale.

“Ex statuto”.

Consultazione da effettuarsi prima dell’assemblea ufficiale.

Prevede la trascrizione del nome del socio e di quante azioni possiede.

L’opzione si definisce già come un contratto e si ha nel caso in cui una parte si obbliga ad una certa prestazione, e per ottenerla è sufficiente che l’altra parte vi aderisca. In quel momento il contratto è definito, sorge il vincolo contrattuale.

Si intendono quelle società che sono quotate in Borsa.

“Messe dopo”.

Le S.p.a. possono anche emettere altri titoli di credito a reddito fisso, che sono le obbligazioni, o bond: essi sono dei prestiti chiesti in cambio dell’emanazione di titoli di credito, finanziamenti fatti alla società che devono essere restituiti entro un dato limite di tempo.
La motivazione dell’emissione dei bond è la volontà di aumentare temporaneamente il capitale sociale senza ricorrere al suo incremento, che potrebbe portare nuovi soci nella società. Gli obbligazionisti hanno un’assemblea separata da quella della S.p.a.
Anche alle emissioni di obbligazioni c’è un limite: il valore dei bond emessi non può superare il doppio del valore del capitale.
Altra caratteristica delle S.p.a. sono i libri della società, che sono:

  • libro dei soci;
  • libro delle assemblee e degli organi;
  • libro del bilancio di servizio : esso si compone dello stato patrimoniale, in cui è descritto il patrimonio , del conto economico, in cui sono descritti costi e ricavi della società, e della nota integrativa, dove vengono spiegati i precedenti documenti della società e dove vi è una breve relazione sugli organi che l’hanno redatto.

Analizziamo ora gli organi di cui è composta la S.p.a.: dal 2003 si possono avere tre diversi modelli di gestione e amministrazione della società che hanno tre funzioni:

  • funzione decisionale;
  • funzione di gestione;
  • funzione di controllo.

I modelli sono:

  • Modello tradizionale:
  • Assemblea dei soci: ha la funzione decisionale con i seguenti incarichi: approvare il bilancio, nominare e revocare gli altri organi, stabilire la misura dei compensi per gli altri organi, deliberare su eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli altri organi, deliberare su eventuali modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto, autorizzare nei limiti del decimo acquisto, azioni proprie o reciproche di altre società, deliberare su tutto.
  • Consiglio di amministrazione o amministratore unico: il potere di gestione è separato da quello di rappresentanza; il CdA può decidere poi di affidare parte delle proprie mansioni e competenze ad alcuni amministratori :
  • Comitato esecutivo: composto da più amministratori;
  • Amministratore delegato: uno o due amministratori al massimo.

Gli amministratori durano in carica 3 anni; essi possono essere rieleggibili, ma anche possono essere revocati dall’incarico. Tutti i provvedimenti relativi alle deleghe, alle funzioni, ai poteri, alla rappresentanza devono essere sempre iscritti al registro delle imprese, perché ciò che non appare non è opponibile a terzi.
Gli amministratori hanno potere di convocazione dell’assemblea, sono deputati a tenere i libri sociali e a redigere il bilancio.
Del loro operato, gli amministratori rispondono:

  • verso i soci;
  • verso la società;
  • verso i creditori della società.
  • Collegio sindacale: esso è nominato dall’assemblea dei soci e formato da componenti iscritti nel registro dei revisori contabili (che hanno particolari competenze); essi, verso la società, hanno il compito di:
  • controllo: esso può essere di natura tecnica e contabile, cioè controllo del bilancio;
  • vigilanza: controllo del rispetto delle norme di legge, cioè che non vengano commessi illeciti nella gestione della società, e del rispetto delle regole della società contenute nello statuto.

Per potere esercitare queste funzioni, il collegio sindacale ha accesso alla visione dei libri sociali, della contabilità della società, del bilancio, e possono anche convocare gli amministratori per chiedere notizie e spiegazioni su fatti che non sono chiari. Di regola il collegio sindacale si riunisce ogni trimestre, e assiste alle riunioni del CdA e dell’Assemblea; in più ha il potere, secondo l’ex art. 2349 CC, di denunciare al tribunale eventuali irregolarità: questo è un potere forte, portato a esercizio perché degli illeciti degli amministratori sono portati a rispondere anche loro.
Se la società è quotata in borsa, la funzione di controllo contabile è affidata a revisori esterni o società di revisione.

  • Modello dualistico:
  • Assemblea e Consiglio di sorveglianza: l’Assemblea condivide la funzione decisionale con il Consiglio di sorveglianza, che è da essa nominato; in questo caso l’Assemblea ha funzioni ridotte:
  • nomina e revoca il Consiglio di sorveglianza;
  • delibera sul loro compenso;
  • delibera sulla loro responsabilità;
  • delibera su modifiche allo statuto;
  • delibera sulla distribuzione degli utili;
  • nomina i revisori contabili (qualora la società sia quotata in borsa).
  • Consiglio di gestione .
  • Consiglio di sorveglianza: possiede sia la funzione decisionale che la funzione di controllo, e in più svolge le seguenti attività:
  • approva il bilancio;
  • nomina e revoca i componenti del Consiglio di gestione;
  • promuove azioni di responsabilità contro gli amministratori;
  • ha il potere di impugnazione delle decisioni dell’Assemblea.

 

  • Modello monistico :
  • Assemblea .
  • Consiglio di amministrazione : nominato dall’Assemblea, al cui interno nasce il Comitato di controllo sulla gestione. In più al modello tradizionale, ha il potere di nominare i membri del Comitato.
  • Comitato di controllo sulla gestione: i membri sono amministratori scelti all’interno del CdA e da esso nominati, che non eserciteranno più il potere di gestione, ma quello di controllo e sorveglianza.

SOCIETÁ DI CAPITALI – SOCIETÁ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (S.a.p.a.)
La società in accomandita per azioni è simile alla società in accomandita semplice; sono formate da due tipi di soci:

  • soci accomandatari: svolgono la funzione di amministratori, hanno una responsabilità illimitata, ma possono fruire del beneficio di preventiva escussione del patrimonio della società.
  • soci accomandanti: essenzialmente sono i finanziatori della società.

Questa società, per nascere, deve essere iscritta nel registro delle imprese, dove nella denominazione sociale deve essere indicato il nome di un accomandatario. La società rimane in vita finché c’è almeno un accomandatario in carica (così non è per la S.a.s.).
La S.a.p.a. possiede un solo organo: l’assemblea dei soci.

SOCIETÁ MUTUALISTICHE
Le società mutualistiche non hanno un vero e proprio scopo di lucro, hanno piuttosto uno scopo mutualistico, che si definisce come l’intento di fornire beni, servizi o anche lavoro direttamente ai membri della società mutualistica a condizioni più vantaggiose di quelle offerte dal mercato.
Questo è un meccanismo di eliminazione dello speculante (cioè l’intermediario) tra produttore e consumatore, che causa l’aumento dei prezzi dei beni o dei servizi. Nelle società mutualistiche, soci e destinatari dei beni/servizi sono la stessa persona.
La mutualità può essere di due tipi:

  • pura : la società elargisce effettivamente i propri servizi solo e unicamente ai soci. Non ci sarà in realtà un utile della società, perché non si applicano ai costi maggiorazioni di prezzo.
  • spuria: la cooperativa presta, opera non solo con i soci, ma anche con terzi: il bene o il servizio viene prestato alle condizioni di mercato a tutti, con la differenza che i terzi acquisteranno a prezzo di mercato, mentre i soci, a fine anno, riceveranno i ristorni, cioè la differenza di prezzo che hanno pagato rispetto al prezzo a cui avrebbero avuto diritto in quanto soci .

In quanto rivolta anche a terzi, la cooperativa trarrà degli utili: così i soci, a fine anno, oltre ai ristorni, otterranno parte degli utili conseguiti, in proporzione alle quote.
Abbiamo due tipi di società mutualistiche:

  • le cooperative;
  • le società di mutua assicurazione.

 

SOCIETÁ MUTUALISTICHE – SOCIETÁ COOPERATIVE
Diversi sono i tipi di società cooperative:

  • cooperative di consumo: che forniscono alimenti a prezzi minori ;
  • cooperative di produzione: i soci producono e conferiscono i loro prodotti alla cooperativa, e tramite essa li vendono ;
  • cooperative di costruzioni: hanno lo scopo di costruire strutture da assegnare ai soci in proprietà a prezzo di costo ;
  • cooperative con mutualità prevalente: non solo dà servizio e beni ai soci, ma ne utilizza anche in maniera prevalente l’opera: qualora l’impiego della forza lavoro dei soci sia più del 50% di quella totale utilizzata, le cooperative ottengono benefici fiscali.

Per costruire la cooperativa è necessario un atto costitutivo pubblico e l’iscrizione nel registro delle imprese, e soprattutto un numero minimo di 9 soci.
L’atto costitutivo indica il meccanismo di distribuzione degli utili e il meccanismo di distribuzione dei ristorni.
Nelle cooperative vige il principio della porta aperta: il contratto sociale è aperto e consente sempre l’ingresso a nuovi soci , che saranno ammessi dagli amministratori. Non c’è un limite di soci, ogni atto di limitazione al principio, che è inderogabile, sarà considerato nullo. L’unica cosa non aggiornabile nell’atto è il capitale sociale, perché esso varia a ogni ingresso di un nuovo socio.
La partecipazione del socio può essere rappresentata dalle quote o da azioni nominative; la cessione della qualità di socio non è liberamente trasferibile, ma deve essere autorizzata dagli amministratori.
Oltre ai soci “lavoratori”, si trovano nelle cooperative anche i soci “sovventori”, che portano soldi alle cooperative, che vengono utilizzati per investimenti di sviluppo tecnologico, di potenziamento e di ristrutturazione dell’azienda: essendo apportatori di capitale, i sovventori sono interessati agli utili, e meno allo scopo mutualistico.
Gli organi sociali delle cooperative sono:

  • Assemblea dei soci: il voto dei soci in assemblea è per teste, a prescindere dalle quote possedute da ciascun socio. Fanno eccezione i soci sovventori, a cui possono essere attribuiti più voti. Il modo di convocazione è previsto e indicato dall’atto costitutivo della cooperativa, che prevede anche che gli amministratori siano in maggioranza anche soci.
  • Collegio sindacale: troviamo l’organo di controllo nelle cooperative solo se il capitale sociale è maggiore a 120.000 €.
  • Collegio dei probiviri : ha il compito di risolvere eventuali controversie tra i soci.

Il trasferimento della qualità di socio non può avvenire né per eredità né per morte: ogni trasferimento è valutato dagli amministratori.
Il recesso del socio, previsto dall’atto, è possibile laddove la qualità di socio non possa essere ceduta a terzi (liquidazione della quota partecipativa).
L’esclusione di un socio da parte degli altri può avvenire per:

  • inadempienza;
  • morosità ;
  • perdita dei requisiti per cui è stato ammesso.

Lo scioglimento delle cooperative si avrà per:

  • scadenza del termine previsto per contratto;
  • conseguimento/impossibilità di conseguire l’oggetto sociale;
  • mancanza della pluralità dei soci;
  • decisione dei soci di liquidare la società;
  • riduzione del numero dei soci al di sotto del limite minimo.

Le cooperative, infine, sono in genere soggette a controlli dell’attività governativa in ordine agli incentivi di cui godono.

SOCIETÁ MUTUALISTICHE – SOCIETÁ DI MUTUA ASSICURAZIONE
Le società di muta assicurazione hanno scopo mutualistico ed esercitano attività assicurativa. La qualità di socio si ottiene assicurandosi con la società, e l’apporto del socio gli varrà tanto come conferimento, quanto come premio. Esistono anche per queste società dei soci avventori, interessati agli utili più che allo scopo.
L’organizzazione delle società di mutua assicurazione è speculare a quella delle cooperative.

RAPPORTI FRA SOCIETÁ (GRUPPO SOCIETARIO)
Più società possono essere raggruppate sotto una holding, cioè una società non operativa che acquista le azioni di altre società (senza che vi sia reciprocità) e che ha attività di direzione e coordinamento delle società partecipanti. Il rapporto di gruppo deve essere iscritto nel registro delle imprese per avere inizio.
La capacità di controllo della holding, o società capogruppo, sulle altre società può essere data dal fatto che:

  • la holding dispone della maggioranza delle partecipazioni delle società sottostanti;
  • la holding dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ;
  • la holding possiede particolari rapporti contrattuali.

Il limite per le partecipazioni che la holding può avere è dato dall’oggetto sociale delle società che non può essere mutato. Ciò impedisce a una società di capitali di fare parte di una società di persone, a meno che non sia garantita la limitazioni di responsabilità.
L’attività della holding sulle altre società non esenta da responsabilità gli amministratori delle stesse verso i soci, i creditori e le società stesse.
La controllante, cioè la holding, deve redigere il bilancio consolidato, che comprende il bilancio di tutte le società del gruppo.
Al fine della concorrenza, l’intero gruppo è considerato come un’unica impresa. Il marchio della holding può essere usato dalle società senza apposite licenze.

OBBLIGAZIONI
Il Codice Civile non ci dà una definizione dell’obbligazione, ma all’art. 1173 CC ne spiega la nascita: “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”.
L’obbligazione deriva dunque da:

  • contratto: cioè quell’atto volontario tra due o più soggetti che concludono un rapporto che dà vita a un accordo;
  • fatto illecito;
  • atto o fatto idoneo a produrre obbligazione: questo è una categoria residuale abbastanza aperta che include:
  • promessa unilaterale: l’obbligazione proviene e ha efficacia su una parte;
  • gestione di affari altrui: il proprietario, che in sua assenza, ha tratto vantaggi dalla cura dei suoi affari da parte di terzi è obbligato a rimborsare le spese da essi sostenute;
  • pagamento dell’indebito: l’obbligazione nasce quando un soggetto ha ottenuto qualcosa che non gli spettava;

Alle fonti di obbligazione su viste, si aggiunge la categoria dell’indebito: esso può essere di due tipi:

  • indebito soggettivo: un soggetto paga un debito che esiste, ma di cui non è debitore; il creditore restituisce tale pagamento a meno che, in buona fede, esso non si sia liberato del titolo e delle garanzie che assistevano il credito. La soluzione è il rivolgersi al vero debitore per la restituzione di quanto pagato.
  • indebito oggettivo: un soggetto paga un debito che non esiste, oppure il soggetto che riceve il pagamento non è il vero creditore. Il soggetto che ha ricevuto il pagamento non ha alcun titolo/ragione per trattenere ciò che ha ottenuto.
  • arricchimento senza giusta causa: l’obbligazione nasce quando un soggetto si arricchisce senza una particolare motivazione, e obbliga l’indennizzo del soggetto che è stato fautore del suo arricchimento.

Oggi nella pratica non si trova mai un’obbligazione scaturita da una sola fonte, spesso infatti essa nasce da 2 fonti unite: ne è un esempio l’obbligazione risarcitoria, che deriva dal contratto della prestazione medica e dall’art. 2043 CC .
Affinché nasca un’obbligazione è necessario avere due soggetti determinati o determinabili, a quanto si desume dall’art. 1175 CC, che recita: “ Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”; oppure a quanto si desume dalle norme di estinzione dell’obbligazione, che parlano tra l’altro di estinzione per confusione tra debitore e creditore. È inoltre necessario alla sua nascita che ci sia un interesse (che non nasca quindi per gioco o scherzo), interesse che può anche essere di natura non patrimoniale.
Non si parla di obbligazione se l’interesse fa capo a una collettività: in questo caso entrano in gioco le associazioni di tutela che agiscono per conto della collettività interessata.
L’obbligazione si caratterizza per l’oggetto, e può essere di vario genere:

  • obbligazioni di dare: hanno come oggetto la consegna  di un bene;
  • obbligazioni di fare: hanno come oggetto il fornire una prestazione;
  • obbligazioni di non fare: hanno come oggetto una omissione, cioè l’astensione da una attività .

Per quanto riguarda le regole di estinzione dell’obbligazione, secondo l’art. 1173 CC essa può estinguersi per:

  • adempimento;
  • fatti diversi dall’adempimento;
  • inadempimento: esso può avere due motivazioni, l’impossibilità oggettiva e la mancata volontà del soggetto.

Adempimento
La disciplina dell’adempimento la troviamo all’art. 1176 e ss. CC: “[1] Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. [2] Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
L’art. 1176 CC è poi integrato dall’art. 1178 CC, che disciplina in modo generico l’obbligazione: “Quando l’obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media”.
Nell’obbligazione si distinguono 2 tipi di adempimento:

  • adempimento soggettivo: dall’art. 1188 CC e ss. troviamo le regole di individuazione dei soggetti legittimati alla prestazione (chi può riceverla ed eseguirla):
  • il creditore è il destinatario dell’adempimento, ma ci sono dei casi in cui perde la capacità di ricevere la prestazione:
  • per fallimento personale: nel caso in cui viene colpito tutto il suo patrimonio;
  • incapacità dichiarata dal giudice;
  • incapacità d’agire: in questo caso si pagherà a chi ha la potestà; il pagamento all’incapace non libera il debitore, deve essere infatti dimostrato che il pagamento è effettivamente a favore dell’incapace.
  • Il debitore è colui il quale possiede la legittimazione ad adempiere alla prestazione; nel caso in cui il debitore vada incontro al fallimento personale o alla perdita della capacità di agire, potranno adempiere al posto suo un rappresentante o un sostituto, che sono soggetti scelti dal debitore o nominati dal giudice.

È anche possibile, secondo gli artt. 1180-1181 CC, che ad adempiere all’obbligazione sia un terzo, purché ci sia il benestare del creditore.

  • adempimento oggettivo: costituito dagli elementi oggettivi dell’adempimento:
  • tempo: il tempo dell’adempimento è regolato dall’art. 1183 CC: “[1] Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente. Qualora, tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo è stabilito dal giudice”.

L’articolo dispone che prima di tutto si guardi all’accordo tra le parti (se la convenzione non stabilisce un termine, la prestazione va compiuta immediatamente); se però gli usi, la natura della prestazione, il modo o il luogo dell’adempimento richiedono un termine, questo è stabilito dal giudice. Importante è poi l’art. 1186 CC che riguarda la decadenza del beneficio del termine : anche se è stabilito un termine a favore del debitore, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente, o ha diminuito le garanzie date o non ha dato quelle promesse.

  • luogo: il luogo dell’adempimento è regolato dall’art. 1182 CC: “[1] Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono:
  • [2] l’obbligazione deve essere adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta.
  • [3] l’obbligazione avente per oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza .
  • [4] negli altri casi di obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza ”.
  • entità: il creditore, secondo l’art. 1181 CC, può rifiutare un adempimento parziale della prestazione, anche se essa è divisibile.
  • qualità: essa deve essere standard, a meno di accordi specifici sul bene.
  • modalità della prestazione: da entrambe le parti del rapporto obbligatorio deve esserci la diligenza e la correttezza nell’adempiere al rapporto.
  • quietanza: dichiarazione scritta con la quale il soggetto attivo di un rapporto obbligatorio (creditore) afferma di aver ricevuto il pagamento in essa indicato.

Qualora il creditore non dovesse accettare la prestazione, seppur essa sia perfetta, il debitore, che ha interesse a liberarsi della prestazione può ricorrere all’istituto della mora del creditore: cioè un ritardo nell’adempimento della prestazione dovuto al creditore senza spiegazione. Il debitore farà un’offerta formale nel luogo dell’adempimento, di fronte a un ufficiale giudiziario, che dovrà essere convalidata da un giudice: in questo modo il debitore si libera dell’obbligazione.

Fatti diversi dall’inadempimento
Osserviamo ora i modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, essi sono:

  • datio in solutum: in questo modo si ha l’estinzione di fatto dell’obbligazione in seguito alla richiesta del debitore di mutare l’oggetto della stessa. Il creditore può rifiutare, con la conseguenza che il debitore deve adempiere come stabilito, pena l’inadempienza; il creditore può accettare, con la conseguenza che l’obbligazione originaria si estingue solo con l’adempimento della nuova prestazione.
  • novazione oggettiva: il creditore e il debitore, tramite accordo/contratto, modificano l’originaria prestazione: l’obbligazione originaria si estinguerà al momento della stipula dell’accordo novativo. Affinché esso possa configurarsi devono risultare espressamente alcuni elementi essenziali:
  • l’animus novandi, cioè la volontà dei soggetti;
  • l’aliquid novi, cioè l’indicazione del nuovo titolo e del nuovo oggetto;
  • l’obligatio novanda, cioè  l'indicazione dell'obbligazione originale che si vuole mutare in quella nuova.
  • compensazione: si ha quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, e può essere di tre tipi:
  • compensazione legale: si verifica quando i due debiti siano omogenei, cioè abbiano per oggetto una somma di denaro o cose fungibili dello stesso genere; i debiti sono liquidi, cioè determinati nel loro preciso ammontare; i debiti siano esigibili, cioè non sottoposti a condizione, e senza termine o con termine scaduto. La compensazione legale opera senza necessità di accordo o di intervento del giudice, ma dal momento della coesistenza dei due debiti.
  • compensazione giudiziale: si verifica quando i due debiti siano omogenei, cioè abbiano per oggetto una somma di denaro o cose fungibili dello stesso genere; i debiti siano esigibili; i debiti, tuttavia, a differenza del caso precedente, possono anche non essere entrambi liquidi, purché i debiti siano di pronta e facile liquidazione. In tal caso la compensazione non opera automaticamente dal momento della coesistenza dei crediti, ma deve essere disposta dal giudice con sentenza costitutiva.
  • compensazione volontaria: questo tipo di compensazione si fonda su un accordo tra le parti, e può operare in assenza dei requisiti previsti dalle ipotesi precedenti.
  • remissione del debito: atto con il quale il creditore rinuncia ad esigere il proprio credito o la prestazione nei confronti del proprio debitore. Per la remissione del debito valgono 2 regole:
  • la remissione è un atto recettizio, cioè un atto unilaterale che è efficace dal momento in cui è portato a conoscenza del debitore;
  • la rinuncia può essere rifiutata dal debitore, per il principio di autonomia dei rapporti.
  • confusione: si ha allorché si riuniscono in capo a una persona le qualità di creditore e debitore.
  • impossibilità sopravvenuta della prestazione: essa è regolata dall’art. 1256 CC, che recita: “L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”. Da ciò si deduce che l’impossibilità deve essere:
  • oggettiva: cioè non dipendente dalla condotta del debitore;
  • assoluta: cioè non c’è nessun altro che possa adempiere all’obbligazione.

N.B.: le obbligazioni che hanno ad oggetto denaro non possono mai incorrere nell’impossibilità di adempimento, poiché significherebbe la totale mancanza di denaro in circolazione.

Inadempimento
Dopo l’analisi dell’adempimento e dei modi di estinzione dell’obbligazione diversi da esso, esaminiamo ora l’inadempienza dell’obbligazione.
L’inadempimento si ha quando la prestazione oggetto dell’obbligazione non viene eseguita (sia del tutto, sia in modo inesatto). L’art. 1218 CC ci detta 2 regole di fronte ad un inadempimento od a un inesatto adempimento:

  • il debitore della prestazione deve dimostrare che l’inadempimento è avvenuto né per sua volontà, né per sua colpa.
  • il creditore della prestazione ha il diritto di richiedere il risarcimento del danno.

L’inadempimento può essere di vari tipi:

  • totale o globale;
  • parziale;
  • ritardo nell’adempimento.

Nel caso del ritardo nell’adempimento, si ha la mora del debitore: perché abbia rilevanza giuridica, il ritardo deve essere qualificato, cioè il creditore deve mettere formalmente in mora il debitore, secondo l’art. 1219 CC, che distingue due tipi di messa in mora:

  • mora ex persona: intimazione scritta firmata dal creditore, in cui specifica un termine di grazia , ovvero il termine ultimo prima dell’effettiva messa in mora.
  • mora ex re: non è necessaria un’intimazione scritta, ma è automatica; i casi in cui è automatica quando:
  • l’obbligazione deriva da fatto illecito;
  • il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire la prestazione;
  • l’obbligazione è portabile (pagata al domicilio del creditore), ed è scaduto il termine senza che l’adempimento sia avvenuto.

Gli effetti della messa in mora sono:

  • se dopo la scadenza dell’obbligazione e la messa in mora formale, la prestazione diventa impossibile (per impossibilità sopravvenuta), il debitore non è liberato dall’obbligazione perché è in mora.
  • se l’obbligazione è pecuniaria, dalla mora iniziano a decorrere sulla somma di denaro gli interessi, con effetto automatico. L’interesse può essere di due tipi:
  • interesse moratorio: spetta di diritto;
  • interesse corrispettivo: si può eventualmente pattuire nel corso del rapporto, prima della scadenza del termine.

Per il calcolo degli interessi ci sono 3 ipotesi:

  • Non ci si preoccupa degli interessi fino al termine della scadenza. La legge fornisce il tasso legale, fissato ogni anno da un decreto ministeriale, che varia dal 3 al 3,5%.
  • Non si sono pattuiti interessi intermedi, ovvero i corrispettivi, ma solo il tasso di mora.
  • Si fissano gli interessi corrispettivi; poi nella pattuizione si possono avere altre 2 sub ipotesi:

c1) si prevede il pagamento sia degli interessi corrispettivi, che di quelli moratori stabiliti con un diverso tasso (più alto);
c2) si pattuiscono i corrispettivi, ma non quelli moratori. Il tasso dell’interesse moratorio sarà uguale a quello corrispettivo.
Il tetto massimo d’interesse è il tasso usuraio, che si aggira tra il 9 e il 10%. Qualora si superasse la soglia di usura, la pattuizione è nulla e l’interesse si stabilisce secondo quanto dettato dalla legge. Oggi la pena si è inasprita: per i casi di usura non solo la pattuizione è nulla, ma non si deve alcun interesse.

Di fronte all’inadempimento del debitore, il creditore può agire in vari modi:

  • azione di adempimento: il creditore può ottenere in modo coattivo l’esecuzione della prestazione che il debitore ha mancato di eseguire. Quest’azione è intraprendibile solo davanti all’autorità giudiziaria; la condanna all’adempimento dipende dall’oggetto della prestazione:
  • pecunia: si chiederà l’esecuzione forzata nei confronti del debitore, cioè l’espropriazione di beni mobili o immobili fino a che non è soddisfatto il credito.
  • consegna di un bene/esecuzione di prestazione: si chiederà l’esecuzione in forma specifica; la prestazione si fa eseguire da un terzo, che sarà pagato dal debitore.

Quest’azione di adempimento è un’azione generale che ha però dei limiti:

  • il debitore nullatenente;
  • l’inidoneità di esecuzione in forma specifica causa infungibilità della prestazione.

In questi casi rimane sempre l’azione di risarcimento danni, che è un rimedio richiedibile in qualsiasi caso, a prescindere dall’ottenimento o meno della prestazione.

  • compensazione dei danni: quest’azione mira all’annullamento di ogni effetto negativo dell’inadempimento. Essa ha due contenuti, secondo l’art. 1223 CC:
  • il danno emergente: cioè la perdita subita;
  • il lucro cessante: cioè il guadagno mancato.

Nel nostro ordinamento la condanna al risarcimento del danno ha solo funzione ristorativa, non ha funzioni afflittive, cioè non mira a punire. Ciò vale sia per i danni attuali, ma anche per quelli futuri, qualora dimostrati.
Ci sono poi altre regole di limitazione dei danni derivanti dall’inadempimento:

  • art. 1227 CC: il concorso di colpa del danneggiato (cioè il creditore);
  • art. 1176 CC “Obbligo di diligenza”: obbligo di evitare i danni che si possono evitare;
  • il debitore non risponde dei danni che si sarebbero verificati comunque;
  • compensatio lucri cum danno: dal danno deve essere detratto l’eventuale guadagno (spesa mancata) che il creditore riceve per l’inadempimento.

Laddove questi criteri non siano sufficienti a quantificare il danno, si applica l’art. 1226 CC, che attraverso il ricorso al giudice permette la valutazione secondo equità. Per evitare ciò, si può prevedere la clausola penale: laddove essa, però, venisse considerata dal debitore troppo onerosa, egli può ricorrere al giudice affinché la riporti a equità.

Circolazione dell’obbligazione
Nel corso della sua esistenza, l’obbligazione può subire modifiche:

  • al lato attivo: cambia il creditore;
  • al lato passivo: cambia il debitore.

Il principale evento di modifica è il trasferimento del diritto da un creditore ad un altro, secondo l’art. 1260, rimanendo invariato l’oggetto della prestazione: il creditore (cedente) trasferisce a un altro soggetto (cessionario) l’obbligazione di cui è creditore. Il debitore (ceduto) dovrà la prestazione al cessionario.
Le obbligazioni, di regola, sono tutte trasferibili, e in più, il trasferimento non richiede il consenso del debitore. Questa regola fa eccezione per i crediti a carattere strettamente personale (come il mantenimento o attività specifiche) e per il seguente caso speciale: non tutti possono diventare cessionari di crediti, quando essi sono litigiosi, secondo l’art. 1261 CC. La cessione può essere inabilitata da decisioni dei contraenti dell’obbligazione.
A ogni modo, la cessione si perfeziona con un consenso tra cedente e cessionario: il ceduto deve ricevere notifica della cessione, perché essa sia opponibile. Questa cessione può avere 2 contenuti:

  • il creditore deve cedere e garantire l’esistenza del credito;
  • il creditore garantisce l’esistenza del credito e la solvibilità del debitore.

Infine, il debitore può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente.

Un’altra modalità di modifica dell’obbligazione è il pagamento con surrogazione del credito. La surrogazione consiste, secondo gli artt. 1201 CC e ss., nel sub ingresso di un terzo nei diritti del creditore in conseguenza del fatto che il terzo ha pagato il debito .
La surrogazione può avvenire per:

  • volontà del creditore: il creditore viene pagato e dispone in favore del terzo che lo paga la surrogazione dei suoi diritti nei confronti del debitore. Essa deve essere fatta in modo espresso e deve essere contestuale al pagamento.
  • volontà del debitore: l’art. 1202 CC recita “Il debitore, che prende a mutuo una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo. La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni: che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa; che nell'atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata; che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. Sulla richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione”.

Il debitore prende a mutuo una somma di denaro per pagare il creditore e surroga i suoi diritti al mutuante. Affinché avvenga tale surrogazione è necessaria la destinazione di scopo del mutuo e l’indicazione nella quietanza di pagamento la fonte da cui proviene il denaro usato per pagare il creditore.

  • legge: la surrogazione ha effetto di diritto e avviene nei casi espressamente previsti dalla legge, in generale quando un soggetto è obbligato con altri soggetti a una prestazione; i casi principali sono:
  • caso di ipoteca: più creditori non sono pagati e iscrivono un’ipoteca su un bene del debitore comune; il terzo creditore in ordine di iscrizione dell’ipoteca, può soddisfare i creditori che lo precedono e surrogarsi così nei loro diritti di garanzia.
  • caso di compravendita: su un bene grava un’ipoteca ; il soggetto A che sta vendendo il bene si accorda con B, il quale pagherà l’ipoteca surrogandosi nei diritti di A, al quale verrà poi pagata la differenza tra il valore reale del bene e l’ammontare dell’ipoteca.

Esistono, però, dei crediti non surrogabili che sono quelli a carattere personale (come lo stipendio): a differenza della cessione, il creditore non garantisce nulla, nemmeno l’esistenza del credito, e in più la surrogazione è opponibile ai terzi senza formalità (tranne quelle poc’anzi dette).

L’ultimo tipo di modifica che un’obbligazione può subire è la novazione soggettiva. Essa è una modifica soggettiva del rapporto obbligatorio, cioè il pagamento dell’obbligazione non sarà effettuato dal debitore ma da un terzo attore che tale non è. La modificazione può essere:

  • cumulativa: il vero debitore rimane obbligato alla prestazione nel caso in cui il terzo non adempia;
  • privativa: il vero debitore viene liberato e il rapporto debitorio rimane tra il creditore e il terzo.

Se le parti negli accordi nulla dicono, di regola la novazione soggettiva è cumulativa.
I casi di novazione soggettiva sono:

  • delegazione: il vero debitore (delegante) delega a un terzo (delegato), che è estraneo al rapporto obbligatorio, il pagamento del debito al creditore (delegatario).
  • espromissione: l’accordo avviene tra il terzo (espromittente) e il creditore (espromissario): il primo si impegna al pagamento del debito al posto del debitore (espromesso).
  • accollo: è un accordo fra il debitore (accollato) e un terzo (accollante) affinché quest’ultimo si assuma l’obbligo di pagare il debito al creditore (accollatario).

Tipi di obbligazioni
Possiamo avere diverse forme di obbligazioni:

  • pecuniarie: esse hanno per oggetto una somma di denaro. Secondo l’art. 1277 CC, i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. Ciò introduce il principio nominalistico, che significa che se si da una cifra di denaro, la stessa deve essere restituita anche a distanza di anni; a questa regola generale si possono prevedere dei correttivi che compensano gli effetti di inflazione e cambio del valore reale della moneta: questi correttivi sono gli interessi corrispettivi, poiché sono interessi che intercorrono durante il rapporto obbligatorio.

Queste obbligazioni pecuniarie, che hanno per oggetto una somma di denaro, se seguono il principio nominalistico sono chiamate debiti di valuta; se il valore l’obbligazione, che pur ha ad oggetto una somma di denaro, non è determinato secondo il principio nominalistico, ma secondo altri criteri economici, l’obbligazione si chiamerà debito di valore .

  • solidali: siamo nel campo di obbligazioni con più soggetti; le obbligazioni solidali possono essere tali:
  • dal lato attivo: abbiamo più creditori della prestazione e un solo debitore; la disciplina ha due effetti:
  • effetto esterno: l’adempimento fatto dal debitore ad uno solo dei creditori libera il debitore anche nei confronti degli altri creditori;
  • effetto interno: per quel che riguarda i creditori, sorge in capo al creditore che ha ricevuto la prestazione l’obbligo di restituzione agli altri creditori della loro quota obbligatoria.
  • dal lato passivo: abbiamo più debitori della prestazione e un solo creditore; la disciplina ha due effetti:
  • effetto esterno: il creditore può richiedere il pagamento, anche per l’intero ammontare della somma, indifferentemente a uno dei debitori;
  • effetto interno: il debitore a cui è stato richiesto di estinguere l’obbligazione deve effettuare la prestazione. Il debitore che paga il debito ha il diritto di regresso verso i debitori che non hanno pagato: essi sono obbligati a pagare le loro quote.
  • parziarie: esse sono obbligazioni a soggettività complessa, divisibili e non solidali. Hanno a riguardo l'oggetto della prestazione, esprimendo che ciascun debitore è tenuto all'adempimento di una sola parte della prestazione, e che ciascun creditore può pretendere una sola parte della prestazione in oggetto. Nell'ipotesi di una pluralità di debitori, in cui uno di questi sia insolvente, il creditore non ha diritto a richiedere la parte mancante della prestazione agli altri debitori.

Le differenze tra obbligazione solidale e parziaria sono:

  • la fonte dell’obbligazione: in essa potrebbe essere prevista la solidarietà;
  • nel caso in cui l’obbligazione non derivi da contratto, quindi di fonte extracontrattuale, la legge dice che nel silenzio delle parti si presume che in caso di pluralità di debitori vi sia sempre solidarietà; in caso di pluralità di creditori vi sia sempre obbligazione parziaria.

Effetti delle obbligazioni
L’art. 2740 CC indica come effetto delle obbligazioni la responsabilità patrimoniale generica, cioè l’impegno ad adempiere con tutti i beni presenti e futuri. A questa responsabilità si possono aggiungere garanzie specifiche e limitazioni dei beni.
Le garanzie specifiche sono le garanzie reali:

  • pegno: garanzia sui beni mobili, che sorge solo con la consegna del bene e con un atto scritto avente data certa, cioè che viene conferita tramite registrazione del documento mediante atto notarile; la data potrebbe anche assumere certezza di fatto con un timbro in corso particolare tramite spedizione senza busta . La data certa è utile al fine dell’opponibilità a terzi, più che per la nascita del pegno stesso.

Una volta che il creditore ha il bene in pegno, esso lo mantiene fino al pagamento dell’obbligazione; in caso di scadenza del termine e in mancanza del pagamento, il creditore può andare dal giudice a chiedere la vendita del bene che ha in pegno, chiedendo di essere soddisfatto in qualità di creditore pignoratizio.

  • ipoteca: garanzia sui beni immobili e mobili registrati, che sorge al momento dell’iscrizione nei registri immobiliari; ciò ha valore di atto costitutivo dell’ipoteca ma anche di certezza verso i terzi. Il creditore può chiedere al giudice di vendere l’immobile o il mobile registrato per soddisfare il debito.

L’ipoteca può avere varie fonti:

  • giudiziale: quando alla base c’è un titolo (sentenza, decreto);
  • legale: prevista dalla legge (mutuo fondiario);
  • volontaria: come elemento di fiducia del debitore verso il creditore.

La responsabilità patrimoniale generica può incorrere anche in limitazioni:

  • secondo legge, art. 2740 CC, per i beni impignorabili: questi sono i beni personalissimi o indispensabili per la vita dell’individuo;
  • limitazioni di responsabilità di legge (accettazione dell’eredità con beneficio di inventario);
  • limitazioni di responsabilità di origine negoziale (fondo patrimoniale e patrimonio di destinazione);
  • nel caso di associazione non riconosciuta, società di persone o comitati, il pagamento dei debiti toccherà prima al fondo dell’ente, poi a chi ha agito in nome e per conto dello stesso: è un’eccezione perché si prendono beni non solo dall’ente ma anche da altri soggetti per l’ente;
  • alla regola della personalità esiste un’altra eccezione di fonte contrattuale, che è la fideiussione: il fideiussore (cioè un terzo) si impegna a garantire un debito altrui; questa garanzia è valida nella misura in cui si specifica l’obbligazione che si va a garantire. Fra debitore e fideiussore c’è solidarietà, ma spesso viene pattuito il beneficio di escussione: il creditore agisce prima contro dal debitore, in caso di mancato adempimento si rivolgerà al fideiussore.

Azioni a tutela del creditore
Per tutelarsi, il creditore può compiere 3 azioni atte a garantirsi la responsabilità patrimoniale generica del debitore, evitando di pregiudicare la soddisfazione dei suoi diritti:

  • azione revocatoria: secondo l’art. 2901 CC, avendo già il debitore compiuto disposizioni del patrimonio, il creditore può chiedere che tali atti siano dichiarati inefficaci, mediante ricorso al giudice, solo nei confronti del creditore che ha agito: dovrà dimostrare che nel debitore c’è pregiudizio e dimostrarne la colpevolezza; a ciò seguirà la revoca dell’atto.

La tutela del terzo dipende dall’atto compiuto:

  • per atto a titolo oneroso: il terzo ha tutela se non è consapevole;
  • per atto a titolo gratuito: se il debitore fa una donazione al terzo, questo non ha molte tutele.

L’azione revocatoria non comporta la restituzione del bene nella sfera del debitore; il creditore dovrà prenderlo dalla sfera del terzo a cui è stato dato.

  • azione surrogatoria: il debitore di un credito ha una sorta di inerzia nel far valere i suoi diritti. In tutti i casi in cui potrebbero entrare dei beni nella sfera del debitore, il creditore può attivarsi surrogando al debitore i diritti che gli spetterebbero.
  • azione di sequestro conservativo: essa è una misura cautelare preventiva: si chiede al giudice un provvedimento che blocca i beni del debitore, nell’attesa di ottenere una sentenza che autorizzi ad agire nei suoi confronti. Il timore del creditore è quello che il debitore, nelle more della causa si disfaccia di tutto. Affinché il creditore possa ottenere il sequestro conservativo deve fornire due prove:
  • fumus boni iuris: dimostrare che all’apparenza, la pretesa è motivata dalla parvenza di avere diritti;
  • periculum in mora: dimostrare che nell’attesa della sentenza c’è il pericolo che esso perda ogni garanzia.

Il sequestro, in genere, è concesso su tutti i beni del debitore; nel caso in cui i beni siano un’azienda, viene nominato un custode del bene che provveda al suo funzionamento .

CONTRATTO
Secondo l’art. 1321 CC, il contratto è un accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale . Le parti godono poi, secondo l’art. 1322 CC, di autonomia contrattuale: sono cioè liberi di determinare il contenuto del contratto nei limiti previsti dalla legge.
I requisiti essenziali affinché si concluda un contratto sono:

  • accordo;
  • oggetto;
  • forma ;
  • causa.

Accordo
Il contratto non può dirsi concluso se non c’è la volontà delle parti. La libertà di decidere se contrarre a volte può essere limitata dalla legge: essa ci dice che il monopolista ha l’obbligo di concludere un contratto con chiunque glielo chieda. Oltre al monopolista, la legge prevede che abbiano l’obbligo di contrarre: il farmacista, le assicurazioni per automobili (RCA). La libertà di decidere con chi contrarre può essere limitata anche da casi di prelazione legale.
L’accordo può essere raggiunto in tanti modi:

  • accordo contestuale: stipulazione di un contratto da parte di due o più soggetti, esso produce i suoi effetti quando tutti lo hanno firmato.
  • contratto reale : l’accordo non è sufficiente, ma richiede sempre la consegna.
  • contratto fra distanti: l’accordo si conclude con l’incontro di due atti unilaterali, la proposta e l’accettazione. Il proponente invia la proposta all’oblato: esso può rifiutare oppure accettare, concludendo il contratto, oppure accettare ma non al prezzo della proposta; in questo ultimo caso l’oblato invia una controproposta al proponente , che egli può accettare o rifiutare. Qualora accettasse si arriva alla conclusione del contratto, che si ha quando una delle parti riceve notizia dell’accettazione dell’altra parte: si presume un atto recettizio conosciuto nel momento in cui perviene all’indirizzo del destinatario.
  • proposta irrevocabile : la proposta non può essere revocata prima di una data stabilita e se l’oblato non ha accettato; la proposta può essere resa irrevocabile fino a una certa data, passata la quale essa è ancora valida ma è soggetta a cambiamento da parte del proponente.
  • offerta al pubblico: la proposta non ha un destinatario unico e determinato; l’offerta di acquisto viene fatta al pubblico con la semplice esposizione della merce a cui va aggiunto il prezzo. Il contratto si conclude con l’acquisto. Per quanto riguarda l’indicazione degli elementi del contratto, cioè il prezzo, può accadere che esso sia indicato in modo sbagliato: qui vale sempre come guida il principio di buona fede, cioè è vero che il contratto si deve concludere al prezzo indicato, purché esso non sia palesemente errato.
  • contratto con inizio di esecuzione: una prassi in cui si fa una proposta e non si riceve una vera e propria accettazione, ma il contratto si ritiene concluso quando il destinatario della proposta inizia l’esecuzione, senza aver mandato l’accettazione.
  • opzione: si distingue dalla proposta unilaterale in quanto è un vero e proprio contratto, essa è già completa e basta solo l’adesione dell’altra parte, che si riserva un certo tempo per accettare.

Oggetto
Il contenuto del contratto deve avere determinati requisiti:

  • possibilità: l’insieme delle prestazioni indicate dalle parti in contratto deve essere eseguibile e possibile anche sul piano giuridico, oltre che reale.
  • liceità: la prestazione deve essere lecita, cioè non contraria alle norme di legge imperative, a quelle di ordine pubblico e di buon costume.
  • determinazione o determinabilità: l’oggetto deve essere indicato nelle sue qualità e quantità, o deve essere almeno determinabile, cioè tale che si possa far decidere anche a un terzo, estraneo alle parti, la determinazione della qualità/quantità (clausola di arbitraggio).

Forma
La forma è l’elemento eventuale del contratto perché la regola generale nel nostro ordinamento dice che vige libertà di forma. Questa libertà ha però dei limiti, ovvero si è liberi di dare la forma che si vuole fintantoché una norma non richieda una specifica forma, oppure qualora le parti stesse decidano per una forma scritta.
Tra le forme che si possono scegliere troviamo:

  • forma orale;
  • forma scritta: tra esse abbiamo tre forme possibili:
  • atto pubblico: atto interamente confezionato dal notaio e che fa prova di ciò che è scritto nel contratto fino a querela di falso.
  • scrittura privata autenticata: l’atto non è confezionato dal notaio ma si limita ad autenticare le firme; l’efficacia probatoria di atto pubblico vale solo per la firma e non per l’oggetto.
  • scrittura privata semplice: documento sottoscritto in modo autografo dalle parti, che fa piena prova di ciò che vi è contenuto a meno che uno dei sottoscrittori non disconosca l’autenticità della propria firma .

La forma scritta è preferita per due motivi:

  • perché il legislatore diffida, ai fini della prova, della testimonianza;
  • perché esiste una norma nel Codice Civile, a contenuto processuale, che dice che non possono essere provati per testimoni i documenti che necessitano di forma scritta e documenti o fatti aggiunti o contrari al contenuto dell’accordo.

Il libro del bilancio di servizio è redatto e approvato dagli amministratori e poi dall’organo deliberativo della società.

Il capitale sociale è considerato come passività.

N.B.: la delega non limita i poteri del CdA.

Possono anche non essere soci.

Vedi Consiglio di Amministrazione del modello tradizionale.

Si chiama così perché l’organo di controllo è creato dall’interno del Consiglio di amministrazione.

Vedi Assemblea del modello tradizionale.

Vedi Consiglio di Amministrazione del modello tradizionale.

Tipo di mutualità poco diffusa.

Il ristorno viene attribuito dopo aver dato prova della spesa effettiva.

Ad esempio le cantine sociali.

Ad esempio le cooperative agricole.

Ad esempio le cooperative edilizie.

Non occorre modificare l’atto costitutivo.

Troviamo quest’organo anche nelle associazioni.

Il socio non paga la sua quota.

Non deve per forza avere la maggioranza.

Documento che lo riconosce come creditore verso il reale/vero debitore. Qualora lo dovesse smarrire, il creditore non potrà più rivolgersi al debitore.

Che deve essere in buona fede; se fosse in mala fede, sarebbe costretto a restituire l’importo con gli interessi.

Si hanno 10 anni per intervenire.

Si hanno 5 anni per intervenire.

Si tratta di un divieto, come quelli convenzionali o legali della concorrenza.

Si applica nei contratti a prestazioni scaglionate nel tempo

Obbligazioni portabili.

Debiti chiedibili.

Minimo sette giorni.

Se il pagamento è stato parziale, parziale sarà la surrogazione.

L’ipoteca non impedisce di disporre del bene.

Non c’è un incarico unilaterale come per la delegazione

Il valore del risarcimento del danno viene valutato al momento della liquidazione del giudice. Dopo la sentenza questo si trasforma da debito di valore a debito di valuta. In caso di mancato pagamento potranno cominciare a incorrere interessi di mora.

Non sempre la giurisprudenza da un vero riconoscimento alla spedizione senza busta.

Ciò al fine di evitare la chiusura dell’azienda, da cui non si ricaverebbe nulla.

La prestazione del contratto deve avere contenuto patrimoniale.

Laddove richiesta.

Ad esempio il pegno, il mutuo e il deposito.

Egli può anche ritirare l’offerta, inviando il ritiro prima che essa arrivi all’oblato. Stessa cosa vale per l’oblato che si è pentito di aver accettato l’offerta: egli deve far pervenire il ritiro dell’accettazione, prima che questa arrivi al proponente.

Atto che deve essere ricevuto per produrre i suoi effetti.

Essa non è completa, ma deve essere perfezionata.

Ogni pagina del contratto deve essere siglata dalle parti, oltre la firma per esteso in calce.

Causa
Prima di parlare della causa bisogna fare una premessa: nel nostro ordinamento si vuole che la ricchezza venga trasferita se c’è anche un interesse delle parti affinché questo avvenga; essa non deve circolare in modo casuale, ma rispondendo a determinati interessi .
La causa risponde a un interesse che è oggettivamente rilevabile: essa si definisce come la funzione economico-giuridica del contratto. La causa è l’elemento essenziale del contratto, senza la quale esso è considerato nullo.
Diverse dalle cause sono le motivazioni: esse sono elementi soggettivi e differenziati tra tutti, che non rilevano assolutamente. Diventano rilevanti in un solo caso: quando la motivazione è illecita e comune a entrambe alle parti.

Negozi preparatori del contratto
Due sono i negozi preparatori del contratto più importanti:

  • il patto di prelazione: accordo volontario tra le parti, preparatorio per la stipulazione del contratto.
  • il contratto preliminare : accordo, contratto mediante il quale una o entrambe le parti si obbligano alla stipulazione di un futuro contratto. Le parti in un preliminare di compravendita sono:
  • promittente venditore;
  • promissario acquirente.

Esso è un contratto completo, cioè possiede tutti gli elementi essenziali, ma non ha effetto di trasferimento. La forma da seguire per il contratto preliminare è dettata dall’art. 1351 CC: esso è nullo se non è fatto nella stessa dorma che la legge prevedere per il contratto definitivo.
Nella pratica si può stipulare un compromesso presso l’agenzia immobiliare, che ha un vincolo obbligatorio a trasformare il compromesso in un vero e proprio preliminare. Se il vincolo obbligatorio non viene rispettato da una delle parti, l’altra ha delle tutele:

  • tutela risarcitoria;
  • art. 2932 CC: se il promittente venditore non adempie all’obbligazione, il promissario acquirente, qualora sia possibile e se non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.

Se il preliminare viene trascritto nei registri immobiliari ha effetto prenotativo (che ha durata di 3 anni) e tutela da tutti gli altri atti che possono essere eseguiti sull’oggetto del contratto. Questa norma è stata inserita per dare voce e tutela agli acquirenti che compravano immobili in costruzione: il legislatore ha così introdotto una serie di norme, tra le quali l’art. 2645-bis CC che parla dei corrispettivi per la tutela degli acquirenti.
Esiste nella pratica il preliminare con effetto anticipato, ovvero un preliminare per cui si stabilisce una caparra più alta per potere occupare l’immobile, pur non essendone ancora proprietario.

Effetti del contratto
Il contratto ha poi, nella sua efficacia soggettiva, forza di legge: esso non può essere disciolto se non per:

  • mutuo consenso;
  • cause ammesse dalla legge.

Il contratto ha efficacia solo tra i due contraenti, tranne che per 3 ipotesi:

  • contratto per persona da nominare: il contraente si riserva di indicare il nome del vero compratore; se entro i termini non si invia l’atto di nomina, colui il quale ha firmato il contratto diverrà il compratore vero e proprio.
  • contratto a favore di terzo: esso è stipulato tra due contraenti, e potrebbe anche avere effetto per un terzo estraneo al contratto, solo nel caso in cui a egli vadano solo benefici; una volta che il terzo accetta, la sua diventa una decisione irrevocabile.
  • contratto per “promessa del fatto del terzo”.

Elementi accidentali del contratto
Oltre agli elementi essenziali, nel contratto esistono degli elementi accidentali:

  • la condizione: un evento futuro e incerto;
  • il termine: può essere tanto una data quanto un evento futuro certo.

Possiamo avere condizioni e termini tanto iniziali quanto finali. La condizione può essere:

  • sospensiva: il contratto non produce effetti fintantoché la condizione non si sia avverata ;
  • risolutiva: il contratto produce effetti da subito, ma laddove si dovesse avverare la condizione esso si scioglie.

Attraverso la condizione, nel contratto fanno ingresso i motivi.

Contratti standard o di massa
I contratti standard o di massa sono contratti sottoscritti tramite compilazione di moduli o formulari. Ci sono due discipline separate per questi contratti:

  • gli artt. 1341 e 1342 CC: contratti tra due professionisti o tra due consumatori, cioè tra due soggetti che hanno lo stesso grado di capacità.

L’art. 1341 CC ci parla delle condizioni generali di contratto, che sono i fogli illustrativi dove sono esposte le regole generali che il professionista usa per chiudere i contratti. A volte queste condizioni generali di contratto possono essere richiamate nel contratto stesso. Il secondo comma dell’articolo ci dice che non tali condizioni non hanno effetto se non sono specificatamente approvate per iscritto le clausole del contratto, come ad esempio le clausole vessatorie o abusive.
Il contratto necessita dunque di sottoscrizione specifica delle clausole, oltre che la firma in calce del contratto. Ciò ha la funzione di richiamo dell’attenzione del sottoscrivente, per far sì che si renda conto di clausole che magari sono a suo svantaggio.

  • Codice del consumo (d. ls. 6/9/05 n° 206): raggruppa tutte le norme relative al consumatore e le leggi speciali comunitarie. Esse in precedenza erano contenute negli artt. 1469-bis e ss. CC introdotto con la legge 52/1996. Questa disciplina si applica ai contratti tra un professionista e un consumatore.

L’art. 1469-bis CC ci dà la nozione generale di clausola vessatoria, cioè quella che determina per il consumatore uno squilibrio tra i doveri e gli obblighi derivanti dal contratto. Le clausole vessatorie devono essere oggetto di specifica trattativa nei contratti tra un professionista e un consumatore. Queste clausole sono:

  • patti di esclusione della responsabilità (art. 1229 CC);
  • consegna di caparra ;
  • disdetta del contratto anticipata di molto.

Le clausole del contratto considerate vessatorie sono inefficaci, anche se sono state oggetto di trattativa, mentre il contratto rimane efficace. L’inefficacia opera solo a favore del consumatore e può anche essere rilevata d’ufficio da un giudice.
Quando un contratto è stipulato per moduli o formulari non significa che essi non siano modificabili: tutto ciò che è aggiunto a margine a penna e firmato dalle parti su un foglio prestampato ha la precedenza sulla scritta stampata.

Vizi del contratto e scioglimento
Premessa: secondo l’art. 1372 CC, il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto che per mutuo consenso; l’art. 1373 CC parla del recesso unilaterale, che deve essere previsto o dalla legge o per contratto.
Detto ciò, vediamo quali sono le ipotesi di vizi del contratto:

  • nullità: il contratto ha un vizio che non può essere sanato; esso non produce effetti, non può produrne e laddove ne avesse prodotti, con la dichiarazione e l’accertamento della sua nullità abbiamo un effetto retroattivo. La nullità si ha per:
  • mancanza elemento/i essenziale/i;
  • illiceità degli elementi.
  • annullabilità: i motivi che portano all’annullamento del contratto sono tutti vizi del consenso della parte:
  • incapacità;
  • dolo: il raggiro si distingue in due categorie:
  • dolo determinante: dolo senza il quale non si sarebbe chiuso il contratto;
  • dolo incidente: il contratto si sarebbe comunque concluso, ma a condizioni diverse; il contratto può essere portato a equità oppure può essere annullato.

Esiste anche il dolo del terzo: il suo valore dipende dal contratto, che è un affare fra le parti e il terzo poco ha a che fare. Esso di principio non rileva, tranne nel caso in cui una delle parti sapeva e ne ha approfittato.

  • errore: è qualcosa in cui si cade di spontanea volontà e affinché porti all’annullamento deve avere due requisiti:
  • essenzialità: secondo l’art. 1429 CC, l’errore è essenziale quando cade sulla natura o sull’oggetto, sull’identità o qualità del contratto; oppure sull’identità o qualità della persona dell’altro contraente.
  • riconoscibilità: l’errore deve essere riconoscibile dall’altro contraente.
  • violenza: porta all’annullamento quando si viene costretti a concludere un contratto (minaccia a cui si è sottoposti o in situazioni nelle quali non si ha alternative di scelte). La giurisprudenza distingue il caso di violenza fisica, nel quale manca ogni volontà nella firma, per cui ciò comporterebbe pure la nullità.

Vediamo ora le differenze tra nullità e annullabilità:

  • la nullità può essere fatta valere, secondo l’art. 1421, da chiunque ne abbia interesse; a richiederla potrebbe essere anche il giudice tramite azione d’ufficio . L’annullabilità, invece, può essere fatta valere solo dalla parte lesa dal vizio; vigendo l’eccezione di parte, il giudice non è tenuto a dichiarala.
  • La nullità non prevede una sanatoria, il contratto nullo non può essere accettato. L’annullabilità prevede la sanatoria, detta convalida , che deve giungere dalla parte che potrebbe far valere l’annullabilità.
  • La nullità non cade mai in prescrizione. L’annullabilità cade in prescrizione dopo 5 anni da quando si conosce il vizio oppure da quando cessa la violenza.
  • La nullità ha sempre effetti retori attivi. L’annullabilità prevede che gli effetti del contratto sono validi fino alla sentenza di annullamento, dopo si procederà con effetto retroattivo .

Possono essere previsti alcuni correttivi, come per il trasferimento di beni mobili: possesso di buona fede vale titolo, secondo l’art. 1153 CC: in presenza di un titolo astrattamente valido, ma in realtà non valido, e di trasferimento del bene, il possesso di buona fede sopperisce alla nullità del titolo.

Rescissione del contratto
Il contratto può essere rescisso laddove la sproporzione sia di oltre il doppio del valore dell’oggetto del contratto. La parte è comunque obbligata a pagare il prezzo equo per la prestazione ricevuta.

Simulazione del contratto
La simulazione si ha quando si mette in piedi una realtà che non corrisponde a ciò che si vuole realmente. Essa ha due gradazioni:

  • simulazione assoluta: le parti stipulano un contratto con il tacito accordo (controdichiarazione) che di esso non si debbano mai produrre gli effetti che risultano dall'estrinseco del negozio; il legislatore dice che vale ciò che si è voluto veramente. I terzi hanno ragione di fare affidamento sulla realtà apparente, e senza controdichiarazione verso di loro non si ha difesa.
  • simulazione relativa: viene posto in essere un contratto di cui le parti non desiderano il verificarsi degli effetti, ma viene altresì stipulato un contratto "sotterraneo" e segreto, per questo detto dissimulato, cui invece le parti daranno esecuzione.

Risoluzione del contratto
La risoluzione del contratto può avvenire per 3 motivi:

  • inadempimento (artt. 1453 CC e ss.): il contratto si può risolvere all’occorrenza di un elemento, la gravità dell’inadempimento.
  • eccessiva onerosità sopravvenuta: la pretesa del contratto è esageratamente gravosa.
  • impossibilità sopravvenuta : essa deve essere oggettiva ed estranea al soggetto.

La richiesta di risoluzione per inadempimento implica 2 possibili strade:

  • via giudiziale;
  • via extragiudiziale: la risoluzione si può ottenere in tre modi:
  • diffida da adempiere: tramite atto scritto si invia all’altra parte un ultimatum; si fissa un termine dato, oltre il quale il contratto è ritenuto risolto.
  • termine essenziale: il termine è già inserito nel contratto o esiste data la natura del contratto .
  • clausola risolutiva espressa: si inserisce nel contratto che una prestazione è essenziale, quindi se non viene adempiuta si può risolvere il contratto.

I primi due modi risolvono automaticamente il contratto, ma non il terzo modo, perché la parte deve specificare di volersi avvalere della clausola.


Abbiamo già visto nelle obbligazioni che la prestazione deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale. Già in tema di contratto l’art. 1322 CC dice che si è liberi di fare ciò che si vuole a condizione che i contratti che si stipulano siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Ancora alla base del principio di interesse, abbiamo parlato dell’indebito, anche come arricchimento senza causa, punibile in quanto non c’è una causa giusta che lo regge.

Il Codice Civile dedica al contratto preliminare due norme: l’art. 1351 CC, che ne regola la forma, e l’art. 2932 CC.

Qualora si apponga una condizione impossibile, la legge ci dice che si procede come se non fosse apposta.

Si definisce professionista colui che esercita abitualmente una certa attività, vende o produce beni su larga scala.

Se colui che vuole acquistare recede, perde la caparra; invece se colui che vende recede, non perde niente: per questo motivo essa è una clausola vessatoria, perché c’è uno squilibrio tra le parti.

Questa è un’eccezione alle competenze del giudice, che non può pronunciarsi su cose non richieste dalle parti.

Si ratifica il contratto e si aggiungono gli elementi mancanti.

Qui cambia la posizione per i terzi, non per le parti.

Purché non ci sia mora, perché essa non libera il debitore.

Così importante da necessitare una data entro cui si scioglie.

 

Fonte: http://www.sidways.altervista.org/Joomla/upload_d/Dispensa%20di%20Diritto%20Privato%20-%20Modulo%20II.docx

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