Corso grafico cartotecnica

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Corso grafico cartotecnica

 

Il Prodotto dell’Industria
Grafico - Cartotecnica

 

Generalità
Il prodotto dell’industria grafico-catortecnica è caratterizzato da

  1. Contenuto
  2. Forma

Il contenuto è costituito dai testi e dalle illustrazioni che compaiono sul prodotto stampato.
La forma è assai varia presentandosi sotto formo di libri, depliant, opuscoli, atlanti, poster, se ci si riferisce a prodotti della aziende definite “Grafiche” mentre scatole, astucci, giochi, piatti, tovaglioli, assegni, carte di credito, tessere, biglietti e ticket, quaderni , agende, piatti, bicchieri, manifesti, buste, etichette, sacchi e sacchetti sono appannaggio delle aziende denominate “Cartotecniche”.
In linea di massima si può affermare che il prodotto grafico consiste nella materializzazione di un messaggio (o informazione) composto di testo e illustrazioni, il prodotto cartotecnico consiste in una decorazione o di una personalizzazione di un oggetto.

La progettazione
Il contenuto di un prodotto stampato è scelto e definito dal committente (o cliente) che decide quali testi devono comparire e quali “figure” lo devono illustrare e completare.
La forma è anch’essa decisa dal committente ma assai spesso, fornite delle indicazioni di massima su quanto desidera venga realizzato, affida la progettazione dell’aspetto da dare al contenuto a personale specializzato (i grafici) che studiano come e con quali caratteristiche sistemare i testi e le illustrazioni sulle varie facciate del prodotto.
Anche le scelte sulla forma fisica del prodotto possono venir affidate ai  grafici anche se in questo caso la libertà di scelta del progettista è più limitata essendo generalmente più vincolante il desiderio del cliente di avere un determinato tipo di oggetto sia esso libro, scatola, depliant o quant’altro..
Il progettista grafico presi in esame i testi da riprodurre e le illustrazioni da inserire nello stampato, ipotizza una prima loro collocazione nelle varie facciate del prodotto assegnando un’ipotesi di ingombro e posizione.
Questo primo schema di attribuzione spazi per testi e illustrazioni prende il nome di timone.
Se approvato, dal timone la progettazione prosegue dando origina allo Stampone o  Menabò  o Layout: si tratta di un fac simile del prodotto finito nel quale vengono inseriti negli spazi designati  i testi (con le dimensioni ed i caratteri scelti) e copie delle illustrazioni prescelte portate nel taglio e nel formato ipotizzato dal progettista.
Anche questo progetto viene sottoposto ad approvazione e, apportate le eventuali modifiche concordate, il menabò assume la sua forma definitiva diventando la guida insostituibile per tutte le lavorazioni che porteranno al prodotto finito.
Mano a mano che la preparazione dei testi e delle illustrazioni prosegue lo stampone viene riassemblato con versioni sempre più aggiornate e precise delle componenti lo stampato: testi ed illustrazioni.
È opportuno precisare che per testo si intendono anche solo parole, nomi di prodotto, slogan etc mentre per illustrazioni si intendono anche fregi, decorazioni, fondi colorati o disegni, figure astratte etc.
Mano a mano che l’aggiornamento dello stampone prosegue e che vi vengono apportate quelle modifiche che si sono rivelate opportune rispetto alla versione iniziale, esso assume la validità di documento contrattuale una volte che, come abitualmente accade, sia stato firmato per approvazione dal committente che lo rende in tal modo il modello cui l’azienda realizzatrice dovrà attenersi.


La Prestampa

Il testo

La composizione tipografica ha lo scopo di dare firma ad un testo, manoscritto o dattiloscritto, in modo da renderlo più leggibile, evidenziando certe parti rispetto ad altre, rendendo più agevole e gradita la lettura e facilitando la memorizzazione di quanto letto. Si ottiene questo con l'uso di differenti  caratteri o stili  (font  in inglese) tipografici differenziati nel disegno delle lettere e nella dimensione, con l'uso appropriato di spazi bianchi, evidenziando titoli, sottotitoli, didascalie, "finestre", parole "chiave" etc.. L'appropriato uso di accostamento di caratteri diversi con disposizione scelte opportunamente e la giusta mescolanza di dimensioni dei caratteri sono gli strumenti a disposizione del progettista grafico o del responsabile del reparto composizione  (Proto) per ottenere lo scopo voluto.
Al tempo dell’invenzione dei caratteri tipografici “mobili” lo scopo della composizione tipografica era anche e soprattutto quello di permettere la stampa di numerose copie di un testo rendendone così possibile la sua diffusione.
Anche se la stampa di testi era già possibile con metodi lenti e costosi (ad esempio la metallografia), l’invenzione da parte di Gutenberg dei caratteri mobile permise di facilitare enormemente la creazione di forme di stampa tipografiche utilizzabili per la stampa.
Il carattere mobile, o tipo, è costituito da un piccolo parallelepipedo di una lega di piombo sulla cui sommità è ricavato il disegno della lettera o del segno che si vuole stampare. Nella composizione a mano, prelevando i vari caratteri da un apposito cassetto a scomparti dove sono ordinatamente conservati, ed assemblandoli opportunamente su di un apposito supporto detto compositoio, si ottengono le parole del testo che si vuole poi stampare.
L’operazione della composizione manuale è stata poi superata e velocizzata dalle compositrici meccaniche (Linotype e Monotipie) fintanto che, con l’affermarsi di sistemi di stampa diversi e più rapidi della tipografia, sorse la necessità di disporre dei testi da stampare su supporto trasparente, da usarsi per la creazione di forme da stampa diverse dalla pagina di piombo
Compare così la fotocomposizione con la quale il testo non viene più ottenuto su pagine di piombo per essere poi stampato su film trasparenti, ma viene ottenuto direttamente su supporto trasparente.
Con l’evolversi delle apparecchiature per le lavorazioni di prestampa anche le macchine fotocompositrici scompaiono per cedere il posto a sistemi di trattamento congiunto testo ed immagine (DTP = Desk Top Publishing).
Anche se i caratteri di piombo sono praticamente scomparsi nell’uso del mondo grafico, sono rimasti tuttora in vigore i termini e le misure che li caratterizzavano.
In particolare le unita di misura restano e sono:
il Punto Tipografico per il quale vigono due misure
Il punto Didot = 0,376  mm (chiamato anche Cicero)
Il punto Pica  = 0,352 mm
Ed il suo multiplo Riga che vale 12 Punti
La dimensione del carattere in altezza rende il nome di Corpo: viene misurata in Punti e comprende oltre al disegno della lettera (Occhio) anche lo spazio bianco al disopra ed al di sotto dell’occhio stesso.
La lunghezza della riga entro il quale deve stare il testo prende il nome di giustezza e si misura in righe.
La disposizione del testo all’interno delle varie righe di testo prende il nome di Giustificazione  e può presentarsi come:
Bandiera  destra o sinistra quando il testo non occupa tutta la giustezza assegnata ma rimane allineato solo a destra o a sinistra
Epigrafe quando il testo non occupa tutta la giustezza assegnata ma le righe sono centrate sulla mezz’aria.
Un ultimo elemento da specificare per la composizione del teso è l’interlinea ossia lo spazio lo spazio che si desidera lasciare fra due linee di testo. L’interline deve venir specificata solo se si vuol modificare lo spazio bianco fra una riga e l’altra previsto nel copro standard del carattere scelto.

I caratteri
La possibilità di differenziare varie parti di un testo o vari testi fra di loro è resa possibile da una vastissima gamma di disegni di caratteri (che prendono il nome di stili o all’inglese Font) che vengano individuati con nomi particolari sia di fantasia quali Broadway, Times, Elvetica etc sia inerenti il nome del tipografo che li disegnò quali Bodoni, Manunzio, Garamond, Baskerville etc..
La grande varietà di caratteri esistenti la si usa raccogliere in quattro o cinque categorie, a seconda degli autori: I romani, gli egiziani, i lineari, i fantasia. Alcuni suddividono i romani in antico e moderno, altri aggiungono, invece i caratteri “scrittura”.
Di uno stesso carattere il disegnatore prevede anche le varianti che ne costituiscono così la serie o famiglia: su di un disegno di base se ne modificano lo spessore delle aste o tono  che si indica con chiarissimo (extra light), chiaro (light), nero (bold),  nerissimo (extra bold) etc.) l’ inclinazione delle aste, la larghezza delle lettere del carattere stesso che può essere, stretto, strettissimo, largo, larghissimo etc. generando cos’ i vari caratteri Tondi, Corsivi, Maiuscoletti etc.
L’appropriato uso di diversi caratteri della stesso stile o la miscelazione di diversi caratteri crea quella “gerarchia” visiva del testo che ne facilitano la lettura, la comprensione, l’attribuzione dell’importanza alle sue varie parti.
Abbandonato il “tipo” il carattere tipografico viene oggi generato elettronicamente attraverso particolari algoritmi atti a ottenerlo anche nel più complesso disegno voluto.

 

 

Le Illustrazioni
Il secondo componente del contenuto di un prodotto grafico o cartotecnico è costituito dalle illustrazioni.
Si può trattare di fotografie, disegni, dipinti, simboli, creazioni grafiche, cornici, sfondi in altre parole tutto ciò che non è testo ossia parte da “leggere”.
Tutti gli elementi sopra detti ed anche (seppure sempre meno frequentemente i testi dattiloscritti o manoscritti ) vengono definiti con il termine di Originali.
Gli originali delle illustrazioni devono subire numerose trasformazioni allo scopo di poter essere trasferiti sulle forme di stampa e conseguentemente stampati.
In primo luogo si procede al taglio ed alla modifica del formato.
Nel primo caso si procede, con il cosiddetto taglio, ad eliminare, secondo quanto indicato nelle stampone, le parti di illustrazione che non si vogliono far apparire nello stampato finale, nel secondo caso si procede ad un ingrandimento o ad una riduzione per portare l’ illustrazione da stampare nella misura voluta.
A queste due semplici operazione si aggiunge la fase più complessa e delicata la fotoriproduzione

La Fotoriproduzione
La fotoriproduzione è l’insieme dei trattamenti che si operano sull’originale per renderlo adatto ad essere stampato con le caratteristiche richieste.
La denominazione impiegata per questa serie di operazioni indicherebbe trattarsi di una trasformazione ottenuta per via fotografica. Ciò era vero fino a poche anni fa: oggi tutte le operazioni avvengono per via elettronica ed informatica anche se sia la terminologia che le fasi operative ripetono l’iter che si seguiva con la tecnica fotografica.
La fotoriproduzione può essere eseguita per stampare il soggetto in un solo colore (stampa monocromatica) oppure a più colori e la lavorazione si presenta in questo caso assai più complessa.
L’originale deve essere digitalizzato, ossia trasformato in un file nel quale ogni singolo punto dell’immagine è rappresentato da una serie di byte ciascuno dei quali ne rappresenta l’intensità dei colori che lo compongono; uno solo, ovviamente, se di tratta di un’immagine monocromatica come sono, ad esempio, le immagini in bianco e nero.
Un concetto di grande importanza, mutuato dall’impiego dei film fotografici è quello di Densità (D). La densità è il logaritmo in base 10 dell’opacità (O)e questa è sua volta il rapporto fra la quantità di luce che illumina un film su supporto trasparente e la luce che ne emerge dopo averlo attraversato: in formula si ha:

D = Log10O                    -------                             O=Li/Le

A ciascuno zona dell’immagine originale corrisponde una zona dell’immagine riprodotta per la stampa con una densità che deve avere una determinata corrispondenza con quella dell’immagine riprodotta.
È intuitivo che la luminosità del soggetto reale, quella della foto del medesimo soggetto proiettata su di uno schermo e quella stampata su carta magari non bianchissima  sono fortemente diverse.
Per dare all’immagine stampata un aspetto che riesca a riprodurre efficacemente il soggetto di partenza bisogna operare sulla densità dei vari punti dell’immagine in modo da riuscire a trasmettere la stessa sensazione che si sarebbe avuta nella realtà.
In un diagramma cartesiano nel quale si portano nella asse delle ascissa (x) le densità dell’originale ed in quello delle ordinate (y) quelle della riproduzione si dovrebbe teoricamente avere una curva che, in assenza di interventi correttivi darebbe una linea retta. Ma tale corrispondenza non sarebbe assolutamente in grado di ottenere quell’effetto visivo utile a dare la sensazione di rivedere il soggetto originale.
La curva di corrispondenza fra le due densità, chiamata curva tonale deve essere modificata da linea retta in una curva più complessa. Tale nuova curva viene ottenuta  in parte con programmi già inseriti nelle apparecchiature di riproduzione in parte con la capacità interpretativa dell’operatore che, in questa fase di lavoro ha tutt’oggi un’importanza fondamentale non sostituibile dalla più sofisticata attrezzatura.
Come detto le densità in gioco non si riscontrano più sui film fotografici ma sono misure teoriche che non si concretizzano più in qualcosa di fisico.
Le immagini da riprodurre possono pervenire già da foto digitalizzate oppure essere disegni o foto su pellicola fotografica nel qual caso la digitalizzazione avviene su appositi apparecchi che prendono il nome di Scanner.
Seguendo lo stampone l’operatore quindi opera tutti gli interventi atti ad ottenere la miglior riproduzione possibile dopo di che l’immagine elaborata verrà passata ad apposite apparecchiature che operano le ultime fasi necessarie al  processo di stampa.
A seconda della funzione cui sono destinate queste apparecchiature assumono strutture e denominazioni diverse: Fotounità, Plotter, CtP (computer to Plate) CtC (Computer to Cylinder).
In quest’ultima fase della fotoriproduzione si provvede alla Retinatura dell’immagine, ossia alla sua scomposizione un numerosissimi piccoli punti per ottenere che in ciascuno sia depositata la quantità corretta di inchiostro per una fedele riproduzione dell’immagine,
La scomposizione può essere attuata con punti di dimensione variabile  in modo che nelle zone più scure i puntini siano più grandi e più piccoli in quelle chiare (modulazione d’ampiezza) oppure, utilizzando puntini tutti delle stessa dimensione, siano, nell’unità di superficie, più o meno numerosi a seconda che si vogliano zone scure o chiare (Stocastica)
Nel mentre si realizza la retinatura del soggetto, l’apparecchiatura genera il prodotto finale cui è dedicata.
Se si tratta di una fotounità verranno prodotti film che saranno utilizzato per la creazione delle forme di stampa; con il termine plotter generalmente unità capaci di impressionare film di grandi dimensione
Se si tratta di CtP o CtC si tratta di apparecchiature atte a creare direttamente le forme di stampa senza il tramite di film: lastre nel caso di CtP, cilindri nel caso di CtC.

 

 

Fotoriproduzione e colore
Quando il soggetto da riprodurre non è più solo in bianco e nero ma è a colori le cose diventano assai più complesse.
La luce bianca è composta dalla somma di tre raggi luminosi dei tre colori primari:
Rosso VerdeBlu
Sommati tutti e tre danno il bianco
Sommati a coppie danno i colori secondari o complementari:
Rosso + Verde = Giallo
Verde + Blu = Ciano o Cyan
Blu + Rosso = Magenta
Questi colori secondari o complementari sono i colori che, impiegati in stampa, permettono di ottenere tutte le tinte volute.
Sommati tutti e tre danno il Nero
Il meccanismo mediante il quale i colori di stampa sono in grado di riprodurre tutti i colori dell’iride è che ognuno dei colori complementari assorbe, se colpito da luce bianca, uno dei tre colori primari e precisamente:

  1. Giallo + Ciano = Verde: Il Giallo assorbe il Blu, il Ciano assorbe il Rosso e quindi viene trasmesso all’occhio dell’osservatore solo il Verde
  2. Ciano + Magenta = Blu: Il Ciano assorbe il Rosso, il Magenta assorbe il Verde e quindi viene trasmesso all’occhio dell’osservatore solo il Blu
  3. Giallo + Magnenat = Rosso: Il Giallo assorbe il Blu, il Magenta assorbe il Verde e quindi viene trasmesso all’occhio dell’osservatore solo il Rosso.

La riproduzione di un’immagine a colori prende il nome di Selezione poiché dalla miscela dei vari colori che si trovano nell’originale si devono separare i tre colori di stampa che saranno, come visto, capaci di ricostruire l’immagine da cui si è partiti.
Per fare questo l’originale deve essere scomposto nei suoi singoli punti ognuno dei quali sarà caratterizzato dalla presenza dei tre colori che lo compongono e dalla loro luminosità.
La selezione dei colori avveniva attraverso tre pose fotografiche distinte attuate frapponendo, fra l’originale e il film vergine da impressionare, un apposito filtro con uno dei colori primari.
Si ottenevano  in questo modo le negative dei film destinati alla stampa con i tre colori complementari. 
Questa operazione lunga, delicata e complessa è stata superata con l’avvento degli Scanner apparecchiature che analizzano punto per punto l’immagine separando i tre colori attraverso filtri o prismi.
I film  fotografici per la riproduzione delle illustrazioni sono in via definitiva d’abbandono sostituiti dalla digitalizzazione che produce  file nei quali i vari punti sono codificati in file con tutte le loro caratteristiche.
Se le immagini provengono da macchine fotografiche digitali sono già pronte in forma di file, in caso contrario disegni e foto analogiche vengono digitalizzate con apposti scanner.
La complessità delle riproduzione delle immagini a colori risiede nel calibrare efficacemente  le curve tonali dei tre colori in modo che siano equilibrate fra loro, tengano conto della imperfezione degli inchiostri e delle limitazioni che il tipo di carta e di macchina da stampa comportano nel riprodurre al meglio l’immagine originale.
Anche se in teoria con i soli tre colori di stampa (colori complementari) si dovrebbe potere ottenere oltre alle varie tinte anche il nero come somma dei tre, nella pratica ai tre colori si aggiunge sempre anche il nero (Quadricromia).
Questo svolge una duplice funzione: rinforza la componente neutra nelle zone scure, contribuisce a definire meglio il disegno del soggetto.
Poiché i tre colori complementari nelle zone scure vengono stampati tutti e tre, in fase di stampa questo crea due problemi: un difficoltà di asciugamento dovuta alla sovrapposizione dei tre inchiostri ed un difficoltà per il secondo e, sopratutto il terzo inchiostro applicato, ad ancorarsi al supporto da stampare.
Per diminuire questo inconveniente ed anche per impiegare una minor quantità di inchiostri colorati, più costosi del nero, laddove i tre colori darebbero il nero, vengono ridotti e sostituiti da un’equivalente quantità di nero puro.
Questo accorgimento è reso possibile da appositi programmi del PC che prendono il nome di UCR e GCR (Under Color Removal e Grey Color Replacement).
Anche nella stampa a colori la fase finale è quella della retinatura: se viene usata la retinatura con un numero fisso di punti per cm2 ma di grandezza variabile (modulazione d’ampiezza) la direzione delle righe di punti deve essere inclinata di 30° (15° solitamente fra il Giallo ed il Nero) per evitare un fenomeno di addensamento periodico dei punti che prende il nome di moiré. Se invece si adotta la retinatura stocastica ottenuta con un numero variabile di punti per cm2, ma tutti della medesima dimensione tale fenomeno non si presenta.
Al termine della selezione dei colori e delle correzioni o modifiche richieste si procede alla prova colore cosiddetta “contrattuale” che farà fede per il confronto con le copie stampate. Tali prove sono ottenute su apposite apparecchiature che le producono con diversi sistemi: ink-jet, sublimazione, xerografia etc.
Su queste prove il committente potrà richiedere di apportare ulteriori correzioni o le firmerà per approvazione rendendole in tal modo contrattualmente vincolanti come risultato cromatico. È corretta abitudine eseguire queste prove sullo stesso tipo di carta che sarà utilizzato in stampa per evitare che colore e superficie della carta diversi fra prova e stampa possano rendere impossibile il raggiungimento del risultato atteso.

 

Impaginazione e Imposizione
Terminata la composizione dei testi e la riproduzione delle immagini la lavorazione di prestampa prosegue con l’Impaginazione. L’operatore al computer, disponendo della schema (gabbia) della pagina, inserisce i testi e le immagine nella posizione prevista aggiungendo tutti gli elementi grafici indicati dallo stampone: fondini, fregi, titoli ricorrenti, numeri di pagina etc. Terminata la sistemazione di tutti gli elementi che compongono la pagina, l’operatore ne farà una Ciano,  ossia una copia a colori in bassa risoluzione (per occupare poco spazio di memoria e poterla agevolmente inviare anche via e-mail al cliente) che sarà sottoposta al cliente per la verifica del contenuto ( ma non della qualità del colore).
Ottenuta l’approvazione l’operatore potrà procedere all’Imposizione che consiste nel sistemare le varie pagine in modo che una volta stampate e piegate presentino la corretta sequenza numerica delle pagine stesse, realizzando in tal modo la cosiddetta caduta di macchina.
L’imposizione deve tener conto del tipo di macchina da stampa che sarà utilizzato e dal tipo di successiva piegatura che verrà operata,  piegatura che sarà a usa volta in funzione del tipo di rilegatura prevista.



Le Forme di stampa

Generalità
La preparazione delle forme di stampa fa parte della lavorazione di prestampa, ma data la grande diversità operativa che concerne questa lavorazione è opportuna trattarla in un capitolo specifico .
Con il termine Forma, si indica un oggetto atto a raccogliere l’inchiostro nella parti da stampare, i Grafismi, dalle parti che rimarranno non stampate che si indicano con il termine di Contrografismi.
A seconda del metodo di stampa impiegato le forme di stampa si presentano in forme, materiali, e caratteristiche assai diverse.
Le operazioni di base per ottenere le forme di stampa si rifanno sempre all’uso della pellicola fotografica per ottenere dei film in bianco e nero, generalmente positivi, ciascuno destinato alla stampa di uno dei colori di stampa.
I film delle varie pagine, assemblati nell’imposizione, in modo da occupare la giusta posizione sul foglio stampato, venivano impressi con una forte fonte luminosa sulla forma sensibilizzata lasciando trasparire la luce nelle zone chiare e arrestandola nelle zone scure. Il meccanismo della fotosensibilità faceva si che il materiale fotosensibile modificasse le proprie caratteristiche nelle varie zone permettendo così le successive lavorazioni.
Attualmente con la progressiva e rapida scomparsa dell’uso dei film sostituiti da file l’operazione sopra detta avviene tramite fotoespositori pilotati dal computer che impressionano le parti volute lasciando intatte le altre.

La fotosensibilità
Per lunghissimo tempo tutte le lavorazioni di prestampa si sono avvalse della caratteristica di fotosensibilità di alcune sostanze quali gli alogenuri d’argento o il bicromato di potassio.
Una sostanza fotosensibile è una sostanza che sotto l’effetto della luce modifica radicalmente  le proprie caratteristiche fisico-chimiche.
La luce che meglio esercita questa azione è la luce di corta lunghezza d’onda e quindi di alta frequenza: la luce violetta e ultravioletta.
La fotografia e la generazione delle matrici da stampa ( che più correttamente devono essere chiamate forme) sono i più comuni esempi di utilizzazione del fenomeno della fotosensibilità. Nella fotografia l’immagine fotografata trasmette luce più o meno intensa alla pellicola fotografica sulla quale l’emulsione di bromuro d’argento si trasforma in argento metallico in misura proporzionale alla quantità di  luce ricevuta. Si crea così il negativo fotografico che con successiva esposizione si trasforma in positivo, in immagine fotografica cioè nella quale a parti chiare corrispondono parti chiare a quelle scure parti scure.
Nella fotosensibilità per la creazione di forme per la stampa, invece, si sfrutta il principio della trasformazione dei materiali fotosensibili da solubili ad insolubili o viceversa.
Questo fa si che, impressionata con la luce la forma di stampa resa sensibile dalla preventiva stesura di un materiale fotosensibile, una volta sottoposta a sviluppo, metterà a nudo il materiale della forma sottostante che potrà essere, ad esempio, inciso per creare un dislivello fra le parti stampanti e non stampanti.
Il materiale fotosensibile non asportato dalla sviluppo proteggerà le parti che non devono essere coinvolte nelle successive azioni.
L’esposizione della forma sensibilizzata un tempo era sempre effettuata attraverso i film delle varie pagine assemblati

Le forme tipografiche
Anche se oggi sono quasi completamente cadute in disuso la loro importanza storica impone una breve trattazione anche in considerazione della denominazione a tutt’oggi indicante la riproduzione di un’immagine per la stampa: il Cliché.
Si tratta di forme rilievografiche (ossia nelle quali la parte stampante è in rilievo rispetto a quella non stampante).
Il cliché è una lastra, generalmente di zinco: viene ricoperta da un fotosensibilizzante chiamato foto resist  e colpito dalla luce attraverso il film ottenuto in fotoriproduzione.
Nelle zone non stampanti (contrografismi) il materiale fotosensibile alla fine dell’esposizione risulta solubile e viene asportato con apposito solvente dopo di che con un bagno acido la lastra viene incisa in profondità.
Alla fine dell’incisione rimangono in rilievo i grafismi che riceveranno dai rulli della macchina da stampa l’inchiostro da stampare.

Le forme flessografiche
Le forme flessografiche sono forme rilievografiche assai simili a quelle tipografiche distinguendosi da queste solo per il tipo di materiale che le compongono.
Il materiale delle forme flessografiche è un fotopolimero una plastica cioè fotosensibile.
Si tratta di materiale abbastanza flessibile adatto a ricevere inchiostro liquido quale quello impiegato nella stampa flessografica.
Al termine dell’esposizione con appositi agenti chimici (generalmente soda caustica) i contrografismi vengono approfonditi lasciando in rilievo i grafismi.
Le forme flessografiche possono essere  lastre metalliche con una superficie in fotopolimero o singoli elementi in plastica fotosensibile che vengono applicati sui cilindri delle macchine da stampa.

Le forme rotocalcografiche
Le forme per la stampa rotocalco sono forme incavografiche: le parti inchiostranti sono in incavo e destinate a riempirsi di inchiostro liquido da trasferire sul supporto da stampare.
Per ottenere di distribuire sul supporto la giusta quantità di inchiostro, l’incavo deve essere suddiviso in numerose cellette (ottenute tramite una forma di retinatura), separate fra di loro da un setto che prende il nome di spalla  del retino.
In mancanza di questa separazione l’inchiostro liquido costituirebbe un’unica “macchia” incapace di dare la diversa dose di inchiostro punto per punto.
L’ottenimento della forma rotocalco generalmente costituita da un cilindro d’acciaio ricoperto di rame, era un tempo ottenuta per incisione chimica attraverso uno strato fotosensibile denominato carta pigmento.
Si trattava di operazione assai delicata che presentava soggetta a numerosissime variabili causa  di frequenti insuccessi nell’ottenimento del risultato voluto.
È oggi sostituita dall’incisione elettronica ottenuta o attraverso la lettura di una forma fotografica o per comando diretto fornito dalla lettura di un file contenuto nel computer che gestisce l’apparecchiatura.
L’incisione avviene con l’impiego di punte di diamante che generano cellette romboidali di profondità e dimensione diverse in stretta relazione con la quantità di inchiostro da contenere e da trasferire in stampa.
Terminata l’incisione i cilindri incisi vengono spesso ricoperti da un strato sottile di cromo che conferisce durezza alla superficie di rame per sua natura troppo morbida.
In sede di stampa una lama, detta racla, asporta l’eccesso di inchiostro liquido depositato sul cilindro nella sua parte immersa in una bacinella, lasciando le cellette piene di inchiostro nella quantità idonea a dare  il risultato richiesto.
Terminata la stampa viene asportato lo strato di rame inciso (camicia) e ne viene ricreato uno nuovo mediante un bagno galvanico.

Le forme offset
Le forme offset sono costituite da lastre di vari materiali, il più usato dei quali è l’alluminio puro.
La caratteristica tipica della forma offset e di non essere né in rilievo, né in incavo ma bensì piana. L’inchiostrazione delle parti stampanti (grafismi) non può avvenire, perciò, ne inchiostrando la sommità di elementi in rilievo, ne riempiendo di inchiostro cellette profonde.
Le forme offset raccolgono l’inchiostro solo nei grafismi grazie alla diverse caratteristiche chimico fisiche delle zone stampanti e non.
Tale tecnica deriva dalla litografia essendo su pietra che si è scoperto questa possibilità di separazione delle zone da inchiostrare.
Trattando in modo opportuno particolari pietre lisciate (un tempo) o lastre di adatti metalli, si ottiene che le zone stampanti diventino affini agli inchiostri grassi (lipofile), mentre nei contrografismi la forma sarà idrofila cioè affine all’acqua.
Inumidendo la forma prima di passare un rullo inchiostratore si ottiene che l’acqua respinga l’inchiostro grasso e che questi si depositi solo nelle zone stampanti.
Si tratta, come è evidente, di un equilibrio assai delicato che deve ripetersi ad ogni giro macchina e che richiede perciò grande attenzione da parte degli stampatori.
Esistono anche lastre che con la loro particolare caratteristica costruttiva non richiedono l’umidificazione prima dell’inchiostrazione, vantaggio che comporta però altri problemi.
Le forme offset sono oggi le più diffuse grazie all’affermazione in tutti i campi della stampa del sistema offset.
Possono essere ottenute ricoprendo la lastra, generalmente d’alluminio, con un materiale fotosensibile che illuminato attraverso la forma con i film fotografici delle pagine oppure con un raggio luminoso pilotato dal file contenuto dal computer dell’apparecchiatura (CtP) rendono lipofile certe parti lasciando a nudo il metallo nelle zone che devono rimanere idrofile.

Le forme serigrafiche
Prendono il nome di forme permeografiche in quanto l’inchiostro le attraversa, spinto da una racla, in corrispondenza dei grafismi.
Sono costituite da una rete di fili (un tempo di seta da cui il nome) tesa in un telaio e resa impenetrabile dall’inchiostro nei contrografismi.
Anche in questo caso la creazione delle zone stampanti e non stampanti viene ottenuta attraverso l’utilizzo della fotosensibilità del materiale che ricopre il reticolo.

Le forme virtuali
Con questa definizione che non rientra nel linguaggio tipico del settore, indichiamo quindi delle “forme non forme” ossia dell’insieme dei soggetti o delle pagine da stampare che non saranno poi visibili su di un supporto materiale ma restano confinate nella memoria di un computer per essere trasferite direttamente in un’adatta macchina che provvede alla stampa.
Si tratta, cioè, delle forme destinate all’impiego sulle stampanti digitali categoria di macchinari che appartengono nello stesso tempo alle macchine grafiche ed a quelle elettronico- informatiche.


La Stampa

Generalità
La stampa è il mezzo di comunicazione mediante la fissazione su supporto fisico dell’informazione.
Essa consiste nel trasferire immagini e testi su di un supporto: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di carta, ma i supporti stampabili sono i più vari: cartone, materie plastiche rigide o flessibili, metalli, vetro, stoffe.
Per brevità parlando di supporto da stampare si parlerà generalmente di carta specificando la diversa natura del supporto solo quando necessario per indicare un particolare prodotto.
A seconda del materiale e dal tipo di soggetto da stampare e dall’uso successivo del materiale stampato si scelgono tipologie di stampa e relative macchine: offset, rotocalco, flessografiche, serigrafiche, digitali nelle loro varie configurazioni.
I sistemi di stampa sono numerosi, ma quelli di maggior diffusione e importanza per la quantità di prodotto che generano sono solo 5:
Offset – Rotocalco – Flessografia – Serigrafia – Digitale.
A questi cinque sistemi è doveroso aggiungerne uno che per 5 secoli è stato l’unico rappresentante di questa industria ma che l’evoluzione tecnologica ha ormai reso irrimediabilmente superato: la Tipografia
La configurazione comune a tutte le macchine da stampa è rappresentata da un sistema di immissione carta, o altro supporto, da uno o più elementi stampa che provvedono alla stampa con gli inchiostri opportuni, da un sistema di uscita. A seconda del tipo di macchina a questi elementi comuni se ne possono aggiungere altri per svolgere particolari funzioni quali, ad esempi, dei dispositivi di asciugatura.
Una classificazione importante riguarda la modalità di immissione del supporto da stampare: Fogli già tagliati nel formato voluto, nelle  Macchine a foglio ( chiamate anche piane ), bobine che vengono o riavvolte o tagliate ed eventualmente piegate in fase finale nelle Rotative (macchine a bobina).
La macchine a foglio sono adatte a tirature non molto elevate, a formati particolari ed a stampe di alta qualità, le rotative per le grandi tirature.

Stampa Tipografica
È un sistema di stampa in rilievo, che usa inchiostri di tipo grasso e forme di stampa piane che altro non sono che i caratteri tipografici che compongono la pagina.. È possibile ottenerne di cilindriche con una trasformazione della forma piana: si tratta degli stereo usate nelle rotative tipografiche per quotidiani.
Le prime attrezzature per la stampa prendevano il nome di torchi e la forma piana veniva manualmente inchiostrata con un rullo mentre la carta appoggiata sulla forma inchiostrata veniva pressata con un dispositivo a vite o ad eccentrico.
La tipica macchina da stampa tipografica moderna, invece, è costituita da un piano su cui vengono fissate le forme in piombo delle pagine e da un cilindro sul quale si avvolge, trattenuta da apposite pinza, la carta da stampare.
Nel suo movimento alternativo il carro porta forme passa sotto ad una serie di rulli inchiostratori e quindi sotto al cilindro con la carta da stampare; nel movimento di ritorno il cilindro si alza evitando così di toccare la forma.

Stampa Offset
Nata con forme di pietra lisciata sulla quale con matite grasse si disegnava il soggetto da riprodurre ha conservato il nome, talvolta ancora usato, di stampa litografica.
Come detto parlando delle forme offset, si tratta di una stampa planografica.
Le lastre vengono avvolte su di un cilindro sul quale agisce un doppio sistema di rulli che povvedono dapprima ad inumidire la lastra ed in seguito ad inchiostrarla.
La stampa offset è il sistema di stampa più diffuso per la qualità che può fornire, per la facilità di preparazione delle forme, per la versatilità delle sue macchine.
Per contro richiede una costante attenzione da parte dell’operatore a causa della necessità di un attento controllo dell’equilibrio fra acque e inchiostro.
L’elemento stampa di una macchina offset può avere due configurazioni di base: a tre cilindri o caucciù-caucciu.
Nel sistema a tre cilindri la lastra è avvolta sul cilindro porta lastra dove viene inumidita e inchiostrata, cede l’impronta ad un secondo cilindro rivestito da uno strato di gomma detta caucciù, e questi la trasferisce sulla carta che si trova sul terzo cilindro detto di stampa o di pressione.
La presenza del caucciù sia in questa configurazione che in quella caucciu-caucciu è resa necessaria per una duplice ragione: evitare che l’abrasività della carta cancelli rapidamente l’immagine sulla lastra, permettere al sottilissimo strato di inchiostro di venir trasferito anche nelle rugosità proprie della carta stessa.
Nel sistema caucciù-caucciu manca il cilindro stampa poiché un cilindro caucciù funge da cilindro di pressione per il suo omologo. In questa configurazione si trovano due cilindri lastra che trasferiscono l’immagine a due cilindri caucciù che sono a contatto fra loro mentre la carta passa fra i due: si hanno cioè quattro cilindri in cascata con la carta che passa in mezzo al sistema. Questa configurazione è la più diffusa per le rotative offset per edizioni e stampe commerciali.
La necessità che in entrambe le strutture le velocità periferiche dei tre o quattro cilindri siano assolutamente identiche comportano un sistema di ingranaggi di altissima precisione che garantiscano questa condizione, ma che rendono le macchine offset costose, costo mitigato dalla grande diffusione di queste macchine che permette una costruzione quasi di “serie”.
Le due grandi famiglie di macchine, a foglio e rotative, coprono una vastissima gamma dei prodotti grafici e cartotecnici.
Le macchine offset da foglio, costituite da un mettifoglio, i gruppi stampa nel numero pari ai colori da stampare, e l’uscita finale che provvede a depositare i fogli in pila su di un bancale, sono prodotte con gruppi stampa in numero da 1 fino a oltre dieci, formati stampa da cm 35 x 50 fino 180 x 200, con possibilità, in alcuni modelli, di rovesciare il foglio per stamparlo in un unico passaggio su entrambi i lati (Bianca e Volta ).
La offset da foglio possono stampare carte sottilissime fino a cartoni di notevole spessore e, con la possibilità di adattare il formato del foglio  con il formato del prodotto finito, permettono di non avere sprechi di carta. Raggiungono velocità di oltre 15.000 copie/ora.
La stampa offset a bobina (Rotative) ha avuto un forte sviluppo in Europa a partire dagli anni ’70.
Nelle macchine per edizioni e stampe commerciali la struttura la più diffusa è quella a 4 cilindri detta caucciu-caucciu. In tutte le rotative si trova uno sbobinatore (o cambiabobine) iniziale che fornisce la carta in rotolo e ne permette la sostituzione senza arrestare la macchina quando la bobina in stampa è esaurita  e di un’uscita con piegatrice in uscita che provvede al taglio del nastro stampato ed alla sua piegatura nelle modalità prevista. Talvolta, soprattutto nella stampa per imballaggi, l’uscita è costituita da un ribobinatore mentre più raro avere un uscita che taglia il nastro in fogli stesi.
Il formato delle rotative offset per edizioni o commerciali viene identificato con il numero di pagine formato “magazine” (circa 21 x 30 cm)  stampabili ad ogni giro: attualmente le rotative in commercio vanno da 8 a 96 pagine. Le più veloci possono raggiungere le 100.000 copie ora.
La maggior limitazione all’uso di queste macchine è data dalla rigidezza del formato stampa nel senso dello sviluppo del cilindro lastra. La presenza degli ingranaggi per assicurare velocità periferiche uguali nei quattro cilindri, non permette di variare il loro diametro per cui il formato dello stampato deve essere un sottomultiplo esatto della circonferenza del cilindro portalastra. Se lo stampato fosse invece più piccolo della misura corretta, ad ogni giro macchina ci sarebbe un eccesso di carta impiegata con un aggravio di costo di materia prima non sopportabile.
Tutte le macchine offset, a foglio e rotative, necessitano di numerose apparecchiature che ne completino la struttura provvedendo alle funzioni necessarie per la movimentazione della carta ed a tutte le altre funzioni legate alla stampa: soffierie e pompe a vuoto, sistemi di asciugamento dello stampato con conseguente sistema di raffreddamento, dispositivi di trattamento dell’acqua di bagnatura che serve per inumidire la lastra prima dell’inchiostrazione, raffreddamento dei rulli inchiostratori, raccoglitori di copie per le rotative etc.
Il campo di applicazione delle macchine offset e assai ampio:
Le macchine a foglio sono adatte per tirature non elevate, per la stampa di carte molto leggere o molto pesanti, per lavori a più colori di alta qualità o con colori speciali per i prodotti cartotecnici e comunque per quei prodotti che non rientrano nel formato utilizzabile in rotativa.
Le rotative che generalmente contano 4 elementi stampa stampanti su  entrambe le facciate del supporto (Bianca e Volta) sono adatte per alte tirature, con carte di media grammatura. Dal tramonto delle rotative tipografiche per giornali le rotative offset le hanno quasi completamente sostituite.
Praticamente non  vi è campo della produzione di stampati che non possa essere assolto da macchine offset.

Stampa Rotocalco
La stampa rotocalco, è una stampa incavografica e le macchine che la impiegano sono quasi esclusivamente macchine rotative.
L’onerosità della preparazione delle forme di questo sistema di stampa permette il recupero di questi costi solo grazie alle alte tirature, tipiche delle rotative, che la ripartiscono   sull’elevato numero di copie.
L’elemento stampa rotocalco è assai più semplice del corrispondente elemento stampa di una rotativa offset: è infatti costituito da due  supporti che mantengono il cilindro inciso parzialmente immerso in una bacinella di inchiostro liquido, da un porta lama che mantiene una racla d’acciaio a contatto del cilindro e da un cilindro gommato, non comandato ma folle, che mantiene la carta a stretto contatto con il cilindro stampa.
La carta appena stampata deve seguire un lungo percorso nella parte superiore dell’elemento stampa, dove apposite soffierie con aria riscaldata provvedono ad asciugare l’inchiostro prima del successivo elemento.
Nel passaggio in bacinella le cellette della parte incisa si riempiono di inchiostro che trasferiranno poi sul supporto, mentre la racla serve ad asportare l’inchiostro in eccesso che si trova sulla superficie liscia del cilindro e che corrisponde alle zone non stampanti.
Come in tutte le rotative all’inizio della macchina si trova lo sbobinatore ed alla fine la piegatrice o, in alcune installazioni, il ribobinatore.
Il grande vantaggio della rotativa rotocalco risiede nella possibilità di impiegare cilindri del diametro più adatto allo stampato che si vuole ottenere.
La particolare struttura delle macchine rotocalco ha permesso che le loro dimensioni e le loro velocità diventassero tali da raggiungere capacità produttive grandissime.
Attualmente vengono prodotte rotative con larghezza bobina di oltre 4 metri e circonferenza del cilindro di oltre 1,5 metri. Ciò significa che ad ogni giro cilindro si stampano oltre 120 pagine ad una velocità di produzione che supera le 50.000 copie/ora.
La stampa rotocalco, riesce a dare risultati qualitativamente discreti anche con carte di basso costo ed inoltre risulta ben impiegabile nella stampa di imballaggi flessibili di plastica grazie alla possibilità di usare inchiostri specifici per questo tipo di prodotto.

Stampa Flessografica
È  un sistema di stampa rilievografico che impiega inchiostri liquidi e forme in rilievo flessibili.
La struttura dell’elemento stampa di una macchina flessografica è costituita da un cilindro porta forma, da un cilindro di pressione e dal sistema di inchiostrazione.
Questo consta di una bacinella con l’inchiostro e del cilindro Anilox, ossia un cilindro inciso con numerose cellette ed una racla che asporta l’inchiostro in eccesso pescato nella bacinella calamaio; quando l’anilox viene a contatto con la forma cede l’inchiostro contenuto nelle cellette che lo cedono alla forma in rilievo.
I cilindri anilox vengono incisi con cellette di diversa dimensione e profondità a seconda del tipo di stampato che si deve produrre; per un miglior controllo dell’inchiostrazione.
La struttura bacinella-anilox può essere realizzata con configurazioni più complesse di quella sopra indicata, in particolare con sistemi di calamai a tenuta pressati contro il cilindro anilox.
Le macchine flessografiche si presentano con strutture assai diversificate, in macchine a bobina ed a foglio: fra le più diffuse si contano le rotative planetarie (o satellitari) nelle quali gli elementi stampa dei vari colori sono posti attorno ad un unico grande cilindro di pressione.
La stampa flessografica è in continua espansione sia per la stampa di imballaggi (prodotto tipico di questa tecnologia) che per la stampa di giornali, di stampati su carte “povere”  o su supporti diversi dalla carta e dal cartone. La qualità di stampa, infatti, è in continuo miglioramento grazie a cilindri anilox sempre più perfetti, inchiostri di qualità sempre migliore, cliché con caratteristiche ogni giorno più adatte ad una fedele riproduzione.
Un cilindro anilox inciso con celle grandi e profonde è adatto a stampare larghe superfici coperte di colore, mentre per stampare soggetti con particolari fini è necessario che l’inchiostrazione avvenga tramite un anilox inciso con celle di piccole dimensioni.

Stampa Serigrafica
È un sistema di stampa adatto alla produzione di prodotti speciali che necessitano di forti cariche di inchiostro.
Data la particolarità di impiego di questo sistema di stampa le macchine serigrafiche si presentano con le più diverse strutture.
Le più semplici sono costituite da una telaio porta forma che si alza per permettere l’introduzione del prodotto da stampare, dopo di che il telaio si abbassa  e una racla obbliga l’inchiostro, di tipo pastoso, a passare attraverso la forma e depositarsi sul supporto da stampare.
In altre tipi di utilizzo i telai dei diversi colori sono posti in cerchio al disotto del quale una “giostra” di supporti per il prodotto da stampare ruota a scatti. Ad ogni avanzamento i telai si abbassano e avviene la stampa dei vari colori.
Per la stampa di tessuti, invece, i telai sono di forma cilindrica all’interno dei quali si trova la racla che forza il passaggio dell’inchiostro e il tessuto viene stampato mentre scorre al disotto dei telai.

Stampa Digitale
La stampa digitale deve il suo nome al fatto di essere comandata direttamente da un computer che con la sua elaborazione digitale di testi e immagini può creare impulsi che generano la scrittura del soggetto da riprodurre ed è l’ultimo dei metodi di stampa  che ha visto la luce ed il suo sviluppo negli ultimi anni.
Nato dapprima come ausilio dei computer da tavolo, si è rapidamente evoluto non solo in sistemi di stampa per tirature anche di qualche centinaio di copie, ma è stato anche trasformato in  sistemi complessi in grado  di stampare, rilegare, fascicolare in una sola operazione sia prodotti in bianco e nero che a colori per il POD (Print On Demand)
Il maggiore e fondamentale vantaggio dei sistemi di stampa digitale  risiede nella loro capacità di stampare dati variabili ad ogni giro macchina o IT (Information Tecnology o stampa Transazionale) cosa irrealizzabile nelle macchine da stampa classiche dove la forma di stampa contiene in forma fisica i grafismi da riprodurre. Con la stampa digitale sono state prodotte macchine per stampe di grande e grandissimo formato (parecchi metri) e lunghezza illimitata ( o limitata solo dalla lunghezza bobina)
Le tecnologie adottate nelle macchine per la stampa digitale sono soprattutto due:
Ink-Jet
Elettrofotografia (o Xerografia)
L’ Ink-Jet  consiste in un cristallo piezoelettrico che sotto impulsi elettrici ad alta frequenza subisce una deformazione grazie alla quale si comporta come una minuscola pompa dell’inchiostro generando una raffica di goccioline.
Le goccioline così generate (alcuni milioni al secondo) vengono caricate elettricamente per poi passare fra due piastre collegate al computer che pilota il sistema.
Gli impulsi inviati dal computer possono caricare le due piastre in modo da deviare le goccioline e farle ricadere nel serbatoio, oppure lasciarle passare facendole cadere sul supporto su cui si vuol stampare.
È così possibile creare l’immagine contenuta in forma digitale nella memoria del computer pilota.
Il sistema Elettrofotografico chiamato anche Xerografico (dal greco  Xeròs (ξερος;) che significa “secco” dato che impiega inchiostri in polvere) inventato nel 1938 dal fisico Chester Carlson, dal 1944 venne adottato dalla ditta Haloiddivenuta nel 1961 “Xerox”.
Il principio della xerografia sfrutta le caratteristiche di un semiconduttore: il Selenio.
Caricato di elettricità elettrostatica il selenio mantiene le cariche sulla sua superficie, ma se colpito dalla luce diventa conduttore e l’elettricità accumulata si scarica a terra.
Una macchina xerografica è quindi costituita da un cilindro semiconduttore che viene caricato di elettricità statica: impressionandolo con un’immagine, le parti chiare si scaricheranno mentre le parti scure, rimanendo elettrizzate, attraggono i granelli dello speciale inchiostro in polvere.
Caricando il supporto da stampare con elettricità elettrostatica di segno opposto a quella delle particelle di inchiostro, queste si trasferiranno sulla sua superficie dove, con il calore, vengono fuse e fissate al supporto stesso.
Se l’immagine da riprodurre viene da un originale gia stampato la macchina funge da fotocopiatrice, se l’immagine viene invece impressa da un raggio di luce (laser o diodo luminoso) pilotato da un computer la macchina diventa una fotounità.
La tipologia delle macchine da stampa digitali è estremamente varia.
Vi sono macchine da bobina e a foglio, semplici o complete di sistema di rilegatura, formato lettera o per stampe di oltre 5 metri, con stampa diretta o indiretta, Ink-Jet o Xerografiche. In pratica per ognuna delle numerose possibili applicazioni esiste una macchina digitale adatta.
Le limitazioni al loro impiego sono, al momento, la non elevata velocità ed il costo degli inchiostri che le rendono inadatte alle alte tirature, nonché l’onerosità della frequente  e complessa manutenzione.

 
Il Finissaggio

Generalità
Con il termine finissaggio si intendono due lavorazioni completamente differenti, che hanno in comune solo il fatto di dare veste definitiva al prodotto stampato:
La Legatura (o Rilegatura)
La Cartotecnica
Si tratta di due tipologie di lavoro che richiedono macchine e competenze che nulla hanno in comune per cui non si riscontrano mai aziende che impieghino entrambe queste lavorazioni.
Non è infrequente invece che vi siano stabilimenti di stampa dotati di un reparto legatoria, a volte solo di alcune delle sue tipologie, mentre laddove vi è lavorazione di cartotecnica la si trova quasi sempre abbinata ad un reparto stampa.
La complessità e la varietà di macchinari della legatoria e la necessità di grandi spazi per il magazzinaggio del semilavorato in entrata e nelle fasi di lavoro intermedie nonché lo stoccaggio del materiale finito fanno si che spesso le legatorie siano aziende a sé  stanti senza reparti di lavorazioni che precedano la loro attività.
La cartotecnica, invece, comprende prodotti estremamente vari, ed ogni azienda in generale si specializza in una delle molte branche di questo settore.
Una delle differenziazioni più comuni è relativa alla materia prima trattata: cartoncino, cartone, plastiche rigide, plastiche flessibili, cartone ondulato, materiali speciali.

 



La Legatoria

Generalità
Con il termine di legatoria si intende uno stabilimento nel quale si compiono le operazioni di legatura con le quali si raggruppano le pagine di uno stampato in modo da formare un unico oggetto: depliant, opuscolo, rivista, libro.
Mentre per un depliant le operazioni richieste per dargli la veste finale sono solo il taglio dei diversi depliant contenuti nel foglio di stampa e la successiva piegatura nella forma voluta, per gli altri tipi di prodotto si adottano forme di legature più articolate e complete.
Per tutti i tipi di legatura vi sono delle lavorazioni preliminari necessarie solo se la stampa è stata eseguita su macchine a foglio.
In questo caso su apposite macchine, i tagliacarte, si elimina tutta la carta al di fuori delle pagine stampate e si isolano i gruppi di pagine (segnature )che dovranno essere lavorati separatamente. La fase successiva consiste nella piegatura del foglio, sulle macchine Piegatrici in modo da dare la sequenza di pagine voluta.
Se gli stampati provengono invece da rotative, normalmente dotate di piegatrice finale, i gruppi di pagine entrano in legatoria gia piegati.

Il Punto metallico a sella
È la più semplice della legature possibili e viene impiegata soprattutto per riviste ed opuscoli.
I vari gruppi di pagine (segnature) vengono stampati in modo che, una volta aperte al centro, possano venire accavallate le une alle altre generando la giusta sequenza di pagine.
La cucitrice a punto metallico sono costituite da una catena che scorre e da una serie di mettifogli che provvedono ad aprire le segnature ed a farle cadere sulla catena. Le varie segnature accavallate ricevono la copertina e passano sotto alle teste cucitrici che provvedono a legarle on due o più punti metallici. Una gruppo di tre coltelli (trilaterale) provvede ad eliminare il rifilo ossia la carta in eccesso che contorna sui tre lati (escluso quindi il dorso) le pagine stampate e la rivista risulta così rilegata.
L’operazione di rifilo serve sia ad eliminare tolta la carta che le univa in testa
o lateralmente dopo la piegatura sia a dare un aspetto meglio rifinito al prodotto.

La Brossura
La brossura è un tipo di legatura adatta a riviste di un certo pregio e spessore ed a libri di tipo economico con copertina in cartoncino.
Possono essere di due tipi: Fresate o Cucite.
Le brossure fresate sono più economiche ma meno resistenti al contrario di quelle cucite.
Nelle brossure fresate le segnature piegate vengono immesse nella macchina brossuratrice che le stringe fra due ganasce  lasciando il dorso libero verso il basso.
Le numerose ganasce che compongono la macchina si muovono secondo un percorso fisso portando le segnature al disopra di una fresa che asporta il dorso in modo che tutte le pagine si presentino come una serie di singoli fogli non più legati far loro.
Proseguendo nel movimento delle ganasce il bordo dei singoli fogli  passa sopra dei rulli incollatori e sul dorso così impregnato di colla si applica la copertina di cartoncino.
Nella brossura cucita, il dorso non viene fresato ma le segnature vengono prima cucite a filo refe (vedi oltre) come nella più complessa legatura cartonata.
Permane l’incollatura del dorso e l’applicazione della copertina
In entrambi i casi, terminato il passaggio in brossuratrice, la rivista passa nel taglio trilaterale che come per il punto metallico opera il rifilo asportando la carta in eccesso sui tre lati.

Legatura Cartonata
La legatura cartonata è la classica legatura dei libri con copertina rigida e pagine interne legate a filo refe.
Le segnature piegate (da rotativa a da macchine piegatrici della legatoria) vengono raccolte sulle Raccoglitrici nella corretta sequenza. Passano poi alle Cucitrici filo refe che provvedono a far si che le pagine di ogni segnatura siano legate al dorso con dei punti di filo formando così il blocco libro. Il dorso del blocco viene rinforzato con delle strisce di carta o garza (Incorporatura), viene rifilato su di un trilaterale (come per la brossura) e riceve quindi della colla sulla prima e ultima facciata delle pagine iniziali e finali (risguardi) del blocco libro. Questa applicazione di colla ha lo scopo di permettere alle pagine iniziali e finali del blocco libro di incollarsi ai due quadranti della copertina preparata separatamente (Incassatura) incorporando così la copertina stessa alle pagine interne del libro.
La preparazione delle copertine avviene sulle macchine Copertinatrici dove ai quadranti di cartone che costituiscono le due facce della copertina ed al cartoncino del dorso viene applicato il rivestimento. Questo può essere composto di tela, finta tela, plastiche particolari, pelle, sulle quali a caldo (tranciatura) o in serigrafia vengo riportati titolo, autore, editore etc. Se per  il rivestimento copertina viene impiegata  carta stampata questa stessa riporta i dati sopra detti.
Per libri cartonati di tipo economico la cucitura filo refe può essere sostituita da un blocco libro ottenuto in brossura fresata.


La Cartotecnica

Generalità
Con il termine cartotecnica si indicano la lavorazione di tutte quelle industrie che dopo la stampa provvedono a fabbricare oggetti stampati per i più diversi usi.
Le fasi di prestampa e di stampa sono uguali a quelle dei prodotti grafici.
I macchinari di stampa sono anch’essi fondamentalmente gli stessi salvo alcune particolarità dovute ai materiale da stampare diversi dalla carta ed alla necessità, di questo settore, di disporre spesso di un numero di colori superiore alla stampa in quadricromia necessaria nell’ottenimento di immagini a colori.
Nella cartotecnica è infatti frequente l’uso di colori chiamati Spot ossia colori che devono essere esattamente uguali a quelli richiesti dal cliente senza alcuna differenza, neppure lieve: sono i colori che caratterizzano i marchi.
Essi compaiono nelle etichette dei prodotti, sulle scatole che li contengono, nelle pubblicità che li reclamizzano. Il caratteristico colore costituisce spesso il più immediato richiamo al prodotto stesso e per questo deve essere riconoscibile senza incertezze.
Non essendo possibile garantire una perfetta riproduzione per tutta la tiratura con gli inchiostri classici di quadricromia, si rende necessario stampare i colori spot con un inchiostro appositamente fabbricato e testato in precedenza per garantire la rispondenza di tinta a quella richiesta.
Di qui la necessità di disporre di elementi stampa supplementari rispetto a quelli strettamente necessari per la stampa a 4 colori.
Fra i principali prodotti di questa branca della filiera Print & Packaging Tecnology possiamo ricordare:
Astucci pieghevoli, Imballaggi flessibili, Cartone ondulato, Prodotti speciali.

Astucci pieghevoli
Gli astucci pieghevoli vengono così denominati perché forniti al cliente appiattiti e portati a forma tridimensionale nel momento di inserire il prodotto al loro interno.
Vengono generalmente stampati ( in offset o flessografia) su cartoncino e passano poi nella macchina fustellatrice, per ricavarne le sagome dei singoli pezzi grazie all’azione  della fustella,.
La Fustella consiste in un piano di legno nel quale sono inseriti dei lamierini sagomati con il profilo del prodotto da ottenere con un bordo tagliente che sporge dal piano  stesso. Nella macchina i fogli stampati degli astucci  vengono pressati contro la fustella, a registro con la parte stampata, che ritaglia in un solo colpo i singoli pezzi che verranno successivamente staccati dal foglio dal quale sono stati ricavati.
I singoli astucci passano poi nelle macchine piega-incolla che provvedono a stendere un filo di colla nelle parti che devono incollarsi fra loro, a ripiegare i lembi dell’astuccio in modo da farli aderire alle parti con la colla, e ad appiattirli nuovamente  per permettere l’asciugamento senza che le due parti si separino.

Imballaggi Flessibili
Questo tipo di imballaggio è generalmente stampato su plastiche di vario tipo in macchine rotative rotocalco o flessografiche che con i loro inchiostri liquidi possono impiegare solventi adatti ai supporti da stampare.
Spesso gli le macchine per imballaggi flessibili sono dotate anche di elementi accoppiatori nei quali plastiche di diversa natura o fogli di alluminio vengo incollati fra loro in modo da formare un sandwich che abbia le caratteristiche volute per la miglior conservazione del prodotto contenuto.
Il prodotto tipico di questo genere sono i sacchetti per contenere alimenti.
I vari tipi di plastica assolvono ciascuno un preciso compito: garantire la stampa migliore, dare resistenza meccanica, impedire il passaggio di odori, trattenre al meglio i liquidi etc .

Cartone Ondulato
Un settore articolare della cartotecnica è costituito dalla produzione di cartone ondulato.
Si tratta di un prodotto largamente impiegato per imballaggi data la sua leggerezza e buona resistenza meccanica.
Viene prodotto in macchine particolari dove uno dei fogli passa nel corrugatore che forma l’onda interna, questa viene incollata superiormente ed inferiormente ad altri due fogli che costituiscono la base e la copertina.
I vari tipi si distinguono per la frequenza e la dimensione delle ondulazioni e per le caratteristiche del foglio di base e della copertina.
Il cartone ondulato quando necessità di essere stampato viene generalmente posto su macchine flessografiche poiché è questo il sistema di stampa che richiede la minor pressione di stampa e non rischia di deformare l’onda.

Prodotti speciali
Fare un elenco dei vari prodotti particolari del mondo cartotecnico è pressoché impossibile:
Un elenco ampiamente incompleto può annoverare carte di credito, carte da gioco, sagome pubblicitarie, biglietti gratta e vinci, etichette in carta e plastica, quaderni , agende, piatti e bicchieri, buste, etichette, giochi di società, buste per CD e tutto quanto in carta, cartone, plastica porta delle immagini e/o delle scritte.
In particolare il settore delle etichette ha subito un’evoluzione importante con l’adozione prema di carte autoadesive, in seguito con la stampa su fogli di plastica che viene fatta ritrarre a stretto contatto con il contenitore o che vengono conglobate a cado con il contenitore stesso. Un settore di rilievo riguarda le carte di credito con l’adozione di ologrammi atti a rendere difficilissima la contraffazione

Fonte: http://my.liuc.it/MatSup/2007/Y70730/A1%20Dispensa%20PePT%20xTpI.doc

Sito web da visitare: http://my.liuc.it/

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