Bevande alcoliche

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Bevande alcoliche

SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: BARATHIER ELISIR D’HERBES

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

L’elisir d’erbe BARATHER è prodotto a Pomaretto fin dalla fine del 1800 con il nome di Amaro Cozie (dalle Alpi Cozie ). Il nome cambia in Barathier nel 1905. Il grado alcolico è di 20% in vol. Il prodotto in oggetto è ottenuto con la sola macerazione ( non è un distillato) in alcool e acqua di 7 qualità di erbe e fiori raccolti allo stato spontaneo.
Può essere di colore scuro (marrone scuro) o chiaro ( giallo chiaro). Il colore scuro si ottiene aggiungendo un po’ di caramello di zucchero (zucchero bruciato). La versione scura è quella originaria. Solo da 25 – 30 anni viene prodotto anche senza il caramello.Tra i due oltre al colore c’è poca differenza e solitamente viene preferito quello scuro.
Le caratteristiche principali del prodotto sono :

  • Il sapore particolare. E’ un elisir dal gusto fine e gradevolmente amaro. Inizialmente amarognolo il sapore diventa più caldo, ( sapore tipico dell’angelica) terminando con un misto tra la liquirizia e le noci mature.
  • La lavorazione è rimasta come un tempo. Le erbe, dopo la raccolta manuale vengono selezionate ed essiccate. Verranno utilizzate man mano durante l’anno. Per ottenere l’alcolato del Barathier si mettono a bagno le erbe in contenitori non porosi, tipo vetro o acciaio, in una soluzione composta da acqua e alcool per un periodo che varia dai 35 a 40 giorni. In seguito si aggiunge ancora alcool un po’ di zucchero (cristallino) e acqua di sorgente. L’acqua, ingrediente fondamentale e generalmente poco considerato, deve essere poco dura, limpida e senza sapori che altererebbero il prodotto finito.
  • La distillazione, procedimento che principalmente viene usato oggigiorno per la creazione di aromi, è assolutamente da non utilizzare perché distruggerebbe una miriade di principi attivi, che da soli sono forse insignificanti, mentre nell’insieme creano l’aroma caratteristico dell’elixir.

4) ZONA DI PRODUZIONE

La zona di produzione è esclusivamente a Pomaretto.
Le erbe devono provenire dalla Val Germanasca o dalle vallate limitrofe: Val Chisone, Valle di Susa, Val Pellice. La raccolta parte da un minimo di 1500 m.s.l.m. a un massimo di 2600 m.s.l.m.
Erbe che provengano da altre zone delle Alpi possono non avere caratteristiche simili. Assolutamente da non usare quelle che provengono da Polonia e ex Jugoslavia ( costano poco perchè sono prive di sapore e di odore).

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

Le attrezzature sono semplici e non sono cambiate nel corso degli anni, se non quelle per il confezionamento in bottiglia, oramai meccanizzato, e un nuovo laboratorio anche per un maggior controllo igienico.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

Il Barathier è prodotto in laboratori realizzati secondo le norme igieniche sanitarie vigenti.

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

Nato per il solo consumo familiare, la produzione – nel corso degli anni – diventa gradualmente più consistente, per accontentare anche amici e parenti. Oggi lo si può trovare soprattutto nella ristorazione di qualità e presso alcune enoteche di Torino e provincia, oltre che nel negozio di vendita a Pomaretto adiacente al locale di produzione.
La documentazione dell’esistenza del prodotto risale al 1902, è scritta in francese ( lingua molto usata a quel tempo nella Val Germanasca) ed è conservata gelosamente. Altri scritti risalenti al 1902 sono relativi alle vendite giornaliere di questo prodotto.


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: LIQUORE GENEPI’

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

L’Artemisia mutellina (genepì maschio) è la pianta spontanea che cresce nelle più alte zone delle Alpi Marittime e Cozie. Per disporre di quantità sufficienti alla produzione del liquore la pianta viene anche coltivata su terreni e in posizioni appropriate a quote molto elevate dai montanari residenti in loco che hanno acquisito, in questi ultimi decenni, una vera specializzazione in questa coltura difficile che richiede tempo ed impegno pluriennale.
Le piantine di Genepì, dopo la raccolta, vengono dagli stessi montanari poste ad essiccare su apposite strutture nella loro abitazione in alta montagna.
Con l’infusione della pianta e la successiva distillazione dell’infuso si ottiene un semilavorato alcolico base per la produzione del liquore mediante miscelazione con gli altri componenti (acqua, zucchero, alcool di l.ma qualità). La successiva tecnica di lavorazione consiste in una iniziale stagionatura della miscela per ottenere la spontanea sedimentazione delle parti insolubili della miscela stessa che vengono poi separate con varie successive filtrazioni, fino ad ottenere la perfetta brillantezza del prodotto. Il liquore Genepì, che si presenta con colorazione naturale paglierina con tendenza al verde pallido, dopo la brillantatura subisce un’ulteriore stagionatura prima dell’imbottigliamento.

4) ZONA DI PRODUZIONE

Il Genepì viene prodotto in provincia di Cuneo.

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

Le piantine di Genepì essiccate vengono trasportate in sacchi al liquorificio dove vengono controllate, selezionate e , se non vengono subito poste in infusione alcolica, sono conservate in contenitori areati. La lavorazione viene effettuata in recipienti e attrezzature di acciaio inossidabile e il liquore viene imbottigliato nel vetro.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

I montanari conservano le piantine del Genepì nelle loro abitazioni, nel liquorificio la lavorazione e l’imbottigliamento avvengono in appositi locali (infusione e distillazione, lavorazione e stagionatura, filtrazione e imbottigliamento).

 

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

La coltivazione del Genepì si è iniziata nelle valli della Provincia di Cuneo negli anni ’60 e le metodiche sono sempre le stesse. I metodi di lavorazione  già erano in uso quando si lavorava soltanto con il Genepì spontaneo ed è stata fornita documentazione al riguardo.

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: GRAPPA CON ALAMBICCO A BAGNOMARIA

PIEMONTESE

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

La grappa è l’unico distillato al mondo che si ottiene da una materia prima solida, palabile. Le implicazioni che derivano da questo aspetto sono importantissime : essendo la vinaccia ciò che rimane dal processo di vinificazione  ( ci si riferisce alle vinificazioni in rosso,vale a dire quelle in cui la vinaccia rimane a contatto con il vino), essa raduna e concentra tute le sostanze aromatiche presenti nel vino.
Il Piemonte dedica da sempre grande attenzione alla distillazione della vinaccia: ne sono testimonianza le citazioni sui documenti del dazio del 1443, la fama di Torino nel campo dei liquori nel XVI secolo e la creazione dell’Università degli acquavitai nel 1700, come pure la presenza di almabicchi, in tutte le epoche, nei castelli e nelle tenute agricole degli aristocratici.
Un tempo la grappa si chiamava “branda” e, ancora, oggi, in dialetto si fa fatica a pronunciare il neologismo giunto dalle regioni orientali italiane.
Sotto il profilo grappistico la regione Piemonte è tra le più fortunate. Può infatti contare su un notevole patrimonio di vinacce rosse che giungono in distilleria fermentate e quindi sono immediatamente distillabili. Tra queste spiccano per nobiltà quelle del Nebbiolo e, per qualità, le fragranti bucce dell’uva Dolcetto e Barbera. Quest’ultimo vitigno è fonte di una vinaccia splendida e ancor tutta da scoprire e da valorizzare. Ma, vero emblema della grappa piemontese, rimane l’aromatico Moscato dal quale si trae il più famoso spumante italiano nel mondo – l’Asti – e una acquavite di grande personalità e di pari suadenza.

Oggigiorno la maggior parte delle grappe è ottenuta con il disalcolatore continuo, importato dall’America e destinato alle produzioni di massa.Vi sono apparecchiature di questo tipo in gradi di disalcolare  anche 5.000 quintali di vinaccia nel corso delle 24 ore.Il risultato è facilmente intuibile anche dalla persona non addetta ai lavori.
L’innovazione dell’apparecchio continuo è stata accettata anche da distillerie di medie e di piccole dimensioni, ma molte aziende non hanno voluto abbandonare gli alambicchi discontinui e in certi casi l’hanno a questi affiancato. Tra gli ultimi predominano le caldaiette a vapore sui bagnomaria, mentre solamente un tamburlano è a fuoco diretto.In Piemonte c’è anche chi ha rifiutato di concentrare i vapori idroalcolici con la colonna cercando invece di raggiungere l’obbiettivo con sistemi alternativi che gli consento maggiori possibilità di selezionare gli aromi a seconda della materia prima che distilla.

In quest’ambito si vuole segnalare non tanto la grappa, prodotto tradizionale italiano, quanto la tecnologia tradizionale piemontese con alambicco a Bagnomaria.
L’impianto di distillazione dell’azienda che ha fatto la segnalazione è costituito da due alambicchi in rame.
Gli alambicchi sono immersi in due caldaie di acciaio: nell’intercapedine che si trova tra l’alambicco in rame e la caldaia circola dell’acqua che viene riscaldata immettendo vapore, prodotto a parte da un apposito generatore.
L’acqua contenuta nell’intercapedine viene portata ad ebollizione: fatto assai importante è che il vapore così ottenuto è alla pressione di 0.2 atmosfere, e a tale pressione viene immesso nell’alambicco di rame contenente la vinaccia. A tale pressione il vapore acqueo ha una temperatura di 102 gradi centigradi circa: la distillazione delle vinacce effettuata a questa temperatura consente di non “cuocere” le vinacce; inoltre si evitano in gran parte trascinamenti in colonna di oli essenziali e di impurezze.
Terminata la carica dell’alambicco, con circa 280 chilogrammi di vinaccia che viene disposta su quattro cestelli in rame per facilitarne poi l’estrazione, viene immesso nell’alambicco il vapore derivante dalla ebollizione dell’acqua contenuta nell’intercapedine: questo sistema è tanto oneroso quanto vantaggioso, dal momento che la vinaccia viene investita da un flusso di vapore indiretti, a bassa pressione (0.2 atmosfere) e bassa temperatura ( 102 gradi centigradi).
Naturalmente l’impianto in questione è discontinuo ed ogni alambicco ha la sua colonna di distillazione; ciò significa che ogni “cotta” di 280 chilogrammi dura un’ora esatta e che dopo ogni alambiccata la vinaccia esausta viene estratta dll’alambicco che viene nuovamente riempito con vinaccia fresca.
Ha inizio così la distillazione. Il vapore acqueo immesso nell’alambicco in rame attraversa molto lentamente la vinaccia in questo contenuta, arricchendosi dell’alcool e degli aromi che naturalmente sono presenti.
Il vapore idroalcolico è raccolto da una tubazione alla sommità dell’alambicco ed è convogliato direttamente nella colonna di arricchimento e distillazione; è qui che il vapore idroalcolico cede, salendo verso la sommità della colonna, attraversando i piatti e borbottando nel liquido ivi presente, le impurezze ancora presenti.
Come detto poc’anzi abbinate ai due alambicchi vi sono due colonne deflemmatrici in rame a funzionamento discontinuo. Ciò significa che, al termine di ogni “alambiccata” la colonna viene completamente scaricata delle impurezze che ha trattenuto durante la precedente ora di distillazione.
Sotto il profilo organolettico la grappa dei bagnomaria si distingue generalmente per l’aroma tondo, equilibrato e privo di asperità, non di rado caratterizzato da una nota di confettura che solo in alcuni casi può sfociare in anomali sentori di cotto.
Considerato che la quantità di grappa prodotta con il metodo bagnomaria rappresenta solamente il 3 – 5 %, anche se è destinata a crescere, questa tipologia è degna di grande attenzione.

4) ZONA DI PRODUZIONE

In Piemonte esistono ancora 2 impianti che utilizzano questa antica tecnologia Piemontese

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

Non è possibile definire o descrivere la vinaccia tipo:I distillatori sono quasi sempre autodidatti: tendono quindi a dare un’impostazione decisamente personale alla distilleria in cui operano.
Visitando le cento e più distillerie italiane si potranno trovare cento modi differenti di stoccare le vinacce, di come le stesse vengono distillate, di come e quanto viene invecchiata la grappa.
Volendo comunque procedere ad una generalizzazione, in tutte le distillerie vi è uno spazio destinato al ricevimento ad allo stoccaggio della vinaccia. A seconda delle dimensioni della distilleria e della quantità di vinaccia, le modalità possono essere molto diverse. Si va così dai sacchi in plastica della capacità di circa 40 kg, ai silos in cemento che possono contenere decine di migliaia di quintali.
Nel locale in cui sono svolte le operazioni di distillazione vere e proprie si trovano gli alambicchi ed i misuratori fiscali dell’ UTF, colonne di distillazione e serbatoi su peso per l’accertamento fiscale del prodotto.
Molte distillerie utilizzano come fonte energetica la vinaccia disalcolata. Questa, opportunamente essiccata e privata del vinacciolo, è il combustibile che serve per produrre il vapore necessario alla distillazione.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

La grappa deve essere stoccata in appositi magazzini: i recipienti normalmente utilizzati sono di acciaio inossidabile.
La grappa può essere destinata al consumo finale sia giovane che invecchiata. In questo caso deve essere mantenuta per almeno un anno in botti di legno sotto sorveglianza fiscale.
Dopo le operazioni di affinamento e /o invecchiamento la grappa deve essere ridotta di grado, refrigerata e filtrata prima di essere imbottigliata e immessa in consumo. Tutte queste operazioni si svolgono in appositi locali rispondenti alle normative in materia legale.

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

Il Piemonte dedica da sempre una grande attenzione alla distillazione della vinaccia: ne sono testimonianza la creazione della Università degli Acquavitai e la presenza di alambicchi, in tutte le epoche, nei castelli e nelle tenute agricole nobiliari; emblematico il caso del Conte di Cavour che da Grinzane si faceva spedire i campioni della grappa prodotta per accertarne personalmente la qualità. Veramente all’epoca si chiamava “branda” e, ancora, oggi in dialetto si fa fatica a pronunciare il neologismo giunto dall’Italia orientale.
Due parole ora sugli impianti di distillazione ancora in funzione in Piemonte.
Molte aziende continuano a distillare con alambicchi discontinui, seguendo le antiche tradizioni: tra questi predominano le caldaiette a vapore sui bagnomaria, mentre solamente un lamburlano è a fuoco diretto.
Gli alambicchi a bagnomaria sono coevi di quelli a fuoco diretto e simbolo dell’antica distillazione gentilizia, differiscono da quelli a fuoco diretto in quanto hanno una doppia caldaia dotata di un’intercapedine nella quale l’acqua, messa in ebollizione da un fuoco di legna o da una fiamma alimentata a gas o, in alternativa, il vapore prodotto da una centrale indipendente, fornisce un manto di calore che fa dolcemente evaporare gli umori della vinaccia i quali confluiscono poi, normalmente, in una colonna a piatti di piccole e medie dimensioni e, concentrati, vengono quindi liquefatti e trasformati in acquavite.Sono naturalmente alambicchi discontinui la cui cotta dura tra le due e le sei ore e difficilmente evidenziano caldaie che superano i dodici ettolitri di capacità. Da un’indagine effettuata si è potuto evidenziare che almeno 40 alambicchi a bagnomaria hanno operato ancora in una delle ultime vendemmie, di questi 38 sono bagnomaria di stile trentino mentre due sono bagnomaria di stile piemontese.
La differenza tra le due sottocategorie è data dalla diversa geometria della caldaia e nel modo in cui la vinaccia viene posta in essa : in quelli di stile trentino viene messa alla rinfusa insieme ad una certa quantità di acqua (sempre che non risulti grondante di vino ), mentre negli altri è disposta su cestelli forati, di rame, in caldaie troncoconiche di capacità generalmente non superiore ai 300 chili di materia prima.
BIBLIOGRAFIA

  • Luigi Odello Grappa tra assaggi e alambicchi Centro studi e Formazione assaggiatori  Brescia 1995
  • Franco Percivale Vite, vino e grappa nella storia sociale ed economica del Piemonte. L’Assaggiatore n. 64 Brescia 1998
  • Luigi Odello Grappa 2000:profilo di un successo L’Assaggiatore n. 77 Brescia 2000

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: LIQUORI DI ERBE ALPINE:
AMARO DRAGONET

AMARO CHIOT

SAINT VERAN
GENZIANELLA
ELISIR DI GENZIANA ED ERBE ALPINE
ACHILLEA MOSCATA
CENTOERBE

 

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

Le erbe alpine utilizzate per i diversi liquori sono principalmente:

  1. Achillea moscata;
  2. Artemisia;
  3. Carvi semi;
  4. Genepy maschio;
  5. Genziana radice;
  6. Genzianella fiori;
  7. Ginepro bacche;
  8. Imperatoria radice;
  9. Menta piperita;
  10. Timo montano.

Queste specie sono tutte spontanee e vengono raccolte dai montanari residenti nei Comuni montani delle Valli dellaProvincia di Cuneo e dagli stessi conservate ed essiccate con le metodiche del Genepy .
Per i liquori amari il semilavorato base viene principalmente ottenuto per infusione in alcool delle piante o radici; alla distillazione si ricorre per alcune specie al fine di ottenere particolari aromi. Per i liquori a tono più amaro la miscela viene arricchita con zucchero bruciato, sempre senza aggiunta di altri coloranti.
La tecnica successiva di lavorazione è inizialmente simile a quella del Genepì; Dopo la brillantatura i liquori più amari necessitano di un più lungo periodo di stagionatura prima dell’imbottigliamento. I prodotti si presentano con colorazione naturale, con tonalità più o meno intense.

4) ZONA DI PRODUZIONE

I liquori di erbe alpine vengono prodotti principalmente in provincia di Cuneo.

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

I fiori, le piante e le radici essiccate vengono trasportate in sacchi allo stabilimento dove vengono controllate, selezionate e, se non vengono subito poste in infusione alcolica, sono conservate in contenitori areati. La lavorazione viene effettuata in recipienti e attrezzature di acciaio inossidabile e il liquore.viene imbottigliato nel vetro.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

I montanari conservano le specie alpine nelle loro abitazioni; nel liquorificio la lavorazione e l’imbottigliamento avvengono in appositi locali (infusione e distillazione, lavorazione e stagionatura, filtrazione e imbottigliamento).

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

L’utilizzo delle specie spontanee raccolte dai montanari per produrre liquori risale, come evidenziato da ricerche storiche, all’inizio del 1900.

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: NOCCIOLINO DI CHIVASSO

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

Il nocciolino di Chivasso è un liquore dolce al 24% di alcool a base di infuso di nocciole.
Le nocciole vengono messe in infusione in alcool per permettere l’estrazione degli oli essenziali tipici. La miscela di acqua, alcool, infuso naturale di nocciole, aromi ed infusi particolari per l’arrotondamento del gusto avviene in contenitori di acciaio inox.

4) ZONA DI PRODUZIONE

Il Nocciolino viene prodotto nel Comune di Chiasso e nelle zone limitrofe.

 

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

La miscelazione e la stagionatura del prodotto avviene in contenitori di acciaio inox, per la filtrazione a freddo ci si serve di pannelli filtranti, l’imbottigliamento e il confezionamento avviene con macchine semiautomatiche.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

I locali dove avviene la produzione del Nocciolino sono distillerie che rispettano le attuali normative riguardanti l’igiene degli alimenti.

 

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

Il Nocciolino è stato ideato e brevettato dalla ditta Capella Giovanni di Chivasso negli anni immediatamente successivi il secondo conflitto mondiale. Nel 1950 la ditta Capella ottenne dal Comune di Chiasso l’autorizzazione a fregiare le etichette ed il marchio di fabbrica del prodotto con lo stemma gentilizio della città (deliberazione della Giunta Comunale n.216 del 5 dicembre 1950). La ditta Capella depositò il marchio all’Ufficio Centrale dei brevetti, modelli e marchi presso il Ministero dell’Industria e del Commercio il 28 aprile 1959 col n.149458.
La ditta Capella oggi non esiste più e ha venduto il brevetto ad altre aziende.

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: RATAFIA’

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

Liquore a base di ciliegie nere, di moderata gradazione alcoolica (alc. 26% Vol.)
La produzione avviene miscelando il succo di ciliegie in soluzione idroalcoolica, zucchero e aromi.
Non ci sono problemi legati alla conservazione.

 

4) ZONA DI PRODUZIONE

Attualmente esiste un’unica azienda che produce questo liquore ed è situata nel comune di Adorno Micca (Biella).

 

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

La produzione avviene in contenitori di acciaio inox. Il prodotto confezionato in bottiglie viene messo in commercio seguendo le disposizioni di leggi.

 

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

La produzione e l’imbottigliamento si svolgono in appositi locali rispondenti alle normative in materia di igiene.

 

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

La tradizione ultra centenaria del prodotto può essere attestata da diverse documentazioni storiche tra cui merita di essere citato un documento tratto dal libro “Tradizioni italiane” stampato in Torino nel 1848 e le varie onorificenze ottenute dal “Ratafià” dal 1891 al 1914.

 

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: BEVANDE SPIRITOSE E DISTILLATI

2) NOME DEL PRODOTTO: VERMUT

3) CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO E TECNICHE DI PRODUZIONE 
    CONSOLIDATE NEL TEMPO IN BASE AGLI USI LOCALI, UNIFORMI
    E COSTANTI

Il vermut deve il suo nome all’assenzio (Artemisia Absinthium), che viene usato nella sua preparazione e dà ad esso un’aroma e uno speciale sapore amaro.
Il vermut è un vino liquoroso e aromatizzato con droghe. Esso si prepara aggiungendo ai vini bianchi e specialmente ai moscati, dell’alcool in quantità sufficiente per portarlo a 15°-18°, dello zucchero di canna in quantità variabile a seconda dei casi e dell’estratto o concia in proporzioni tenute gelosamente segrete dai singoli fabbricanti.
L’estratto o concia (secondo le ricette originali primitive) deve essere il risultato di un’operazione di macerazione in alcool a freddo o di una infusione o digestione in alcool e vino a caldo di differenti droghe ed erbe aromatiche preventivamente pestate o macinate, a seconda della loro natura, le quali variano di qualità e di proporzioni a seconda delle ricette. Alcuni, per ricavare tutti gli aromi contenuti nelle droghe e nelle erbe, operano invece sottoponendole alla distillazione, dopo averle tenute per alcuni giorni in infusione nel vino o in un vino addizionato di 1/3 di alcool. Si ricava così un alcool aromatizzato che, aggiunto al vino, gli impartisce il sapore ed il profumo del vermouth.
Un buon vermut non deve avere un grado alcolico superiore a 16° e non deve essere né troppo profumato (aromatico), né troppo amaro.
Le sostanze che servono per aromatizzare i vermouths provengono dal regno vegetale e precisamente da foglie, fiori, semi, radici, bulbi, cortecce di piante diverse. Sotto forma di essenze o di droghe, in quantità e combinazioni diverse, esse formano le molte ricette, tenute segrete dai singoli fabbricanti, atte a caratterizzare i vari tipi di vermouths.
Fra le erbe aromatiche comunemente usate nella fabbricazione dei vini vermouth, più importanti fra tutte sono le Artemisie o Assenzi. Esse costituiscono un genere assai ricco di specie, ma di queste soltanto alcune sono da preferirsi  per finezza di profumi e di sapori aromatici, prime fra tutte l’Artemisia pontica, la vallesiaca, l’abrotanum, l’arborescens. Altre erbe aromatiche e droghe utilizzate sono: achillea, angelica, assenzio gentile alpino, assenzio ordinario, badiana, calamo aromatico, camedio, cannella, cardamomo, cardo santo, cassia, centaurea minore, cerea, china, chiodi di garofano, coriandoli, cortecce di aranci, dittamo, enula, fave tonka, fiori di lavanda o di spigo, fiori di rosa, valanga, genziana, gomma dragante, gomma elemi, iride fiorentina, issopo, legno quassio, lingua cervina, maggiorana, mandorle di pesca, marrobbio, noci moscate, polmonaria, rabarbaro, salvia, sambuco, seme santo, tanaceto, timo, vaniglia ,veronica, zafferano, zedoaria, zenzero.

4) ZONA DI PRODUZIONE

Il vemut è prodotto in tutto il Piemonte.

 

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER L’OTTENIMENTO DEL PRODOTTO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

Il processo di preparazione del vermut consta delle fasi di preparazione degli ingredienti, macerazione in alcool a freddo o infusione in alcool e vino a caldo o distillazione di differenti droghe ed erbe aromatiche, imbottigliamento. La lavorazione viene effettuata in recipienti ed attrezzature di acciaio inossidabile e il liquore viene imbottigliato nel vetro.

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI PRODUZIONE

Nel liquorificio la lavorazione e l’imbottigliamento avvengono in appositi locali realizzati secondo le norme igieniche vigenti.

 

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE CHE LE TECNICHE DI PRODUZIONE SONO CONSOLIDATE NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI

La fama del vermut è indissolubilmente legata al Piemonte e a Torino in particolare dove, alla fine del 1700 era una vera e propria arte la preparazione di questo vino aromatico. E’ uno dei più interessanti e tipici vini di lusso italiani. La vecchia grafia del nome stesso era Vermouth (o Wermouth, o Wermuth). L’origine di questo nome non è sicura; generalmente si fa risalire al tedesco Wermuth “assenzio” (Artemisia absinthium). Si vuole che un vino di questo genere fosse già preparato nell’antichità dai Romani, sotto il nome di  Absinthiatum (o Absinthianum) vinum. Il primo autore italiano che parli di questo vino è C.Villifranchi, nella sua Oenologia toscana (1773).
Il primo produttore e negoziante di vermouth fu Antonio Benedetto Carpano che nel 1786 aveva il suo negozio nel cuore di Torino. Un altro famoso negozio era quello del Rovero che annoverava il re Carlo Alberto tra la sua clientela. Nel 1838 i primi a saggiare le vie dell’esportazione furono i fratelli Giuseppe e Luigi Cora. Il loro esperimento di vendita in America ebbe notevole successo, tanto che la Casa Cora si dovette ingrandire. Da questo momento altri stabilimenti per la produzione di vermouth di Torino sorsero nelle province viticole piemontesi. Molte importanti Case parteciparono del successo internazionale di questa bevanda: Bartolomeo Dettoni, Carlo Gancia, Alessandro Martini, Francesco Cinzano, Giuseppe Ballor.
La presenza e la produzione di vermouth nel torinese è stata documentata da studi storici locali.
Bibliografia:
Storia di Antonio Benedetto Carpano, l’inventore del vermuth, Dino Villari – Cinquant’anni di pubblicità in Italia – 1957.

 

 


SCHEDA DI SEGNALAZIONE PER L’ELENCO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI – sezione A (PRODOTTO)

1) CATEGORIA: OLI ESSENZIALI

2) NOME DEL PRODOTTO: “OLIO ESSENZIALE DI MENTA PIPERITA DI PANCALIERI”

3) CARATTERISTICHE DELLE VARIETA’ LOCALI DA SALVAGUARDARE,
     METODICHE DI COLTIVAZIONE E/O VOCAZIONALITA’ TERRITORIALE
     CONSOLIDATE NEL TEMPO

L’olio essenziale greggio di menta piperita è ottenuto dalla distillazione a corrente di vapore dell’erba verde in pianta intera proveniente dalla coltivazione della specie botanica Menta Piperita nera (Black Mint degli Inglesi) varietà Officinalis sole, forma Ruben scens, Camus nota come Menta Italo-Mitcham (1).
L’olio essenziale presenta un aspetto limpido, incolore o giallo pagliarino assai fluido, un’aroma forte, penetrante, caratteristico di menta, un sapore pepato e lascia in bocca una persistente sensazione di freschezza seguita da una leggerissima punta di amaro.
La menta Piperita si propaga mediante piantine fogliate estirpate manualmente e trapiantate quando la loro altezza è di 10-15 cm, in quanto i semi sono sterili.
I terreni migliori per la coltivazione sono di natura argilloso-silicea perché il sottosuolo è sempre umido (2).
Essi sono sciolti o di media compattezza, limosi. La sabbia che rappresenta il 50-60% del volume è finissima e consente una buona percolazione dell’acqua. L’argilla è fine o finissima ed apporta una buona fertilità al terreno. Il calcare è deficiente. I terreni hanno un pH prossimo alla neutralità (pH 6.8 – 7.4) come è confermato dagli atti del Servizio Tecnico-Agricola dell’Amministrazione Provinciale di Torino che negli anni 1968-69 fece un’indagine sulla natura fisico-chimica dei terreni coltivati a menta nei comuni di Vigone e Villafranca P.te.
Al fine di ottenere l’olio essenziale, la raccolta viene effettuata nel periodo di piena fioritura verso la metà di agosto.
La resa massima in olio essenziale per ettaro di coltura è di circa 65 litri.
Le operazioni di distillazione, dirette all’ottenimento dell’olio sono effettuate nell’areale riportato nel punto 4.
L’olio essenziale ricavato dalla distillazione dell’erba verde, prima del suo utilizzo deve essere sottoposto a una o più ridistillazioni sottovuoto, denominate “rettifica” o “plurirettifica” per ridurre percentualmente taluni elementi indesiderati tra i quali i “terpeni” e migliorare le caratteristiche chimico fisiche ed organolettiche

 

4) ZONA DI PRODUZIONE

Le zone vocate sono l’area ristretta lungo il Po e i suoi affluenti (Pellice, Varaita, Macra), compresa tra Carignano e Villafranca Piemonte con centro in Pancalieri (3)

 

5) MATERIALI ED ATTREZZATURE SPECIFICHE UTILIZZATE PER LA
    CONSERVAZIONE E/O L’IMBALLAGGIO DEL PRODOTTO
    ORTOFRUTTICOLO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

La distillazione in corrente di vapore è realizzata per mezzo di alambicchi in acciaio inossidabile di capacità varia in regola con le attuali disposizioni di legge.

 

6) DESCRIZIONE DEI LOCALI DI CONFEZIONAMENTO  E/O  DI
    CONSERVAZIONE

La menta deve essere stoccata in appositi magazzini.
Dopo l’operazione di distillazione in corrente di vapore la menta deve essere refrigerata prima di essere imbottigliata e immessa in consumo. Tutte queste operazioni si svolgono in appositi locali rispondenti alle normative in materia legale.

7)  DOCUMENTAZIONE ATTESTANTE LA VOCAZIONALITA’ TERRITORIALE CONSOLIDATA NEL TEMPO PER UN PERIODO NON INFERIORE AI VENTICINQUE ANNI DEL PRODOTTO ORTOFRUTTICOLO INDICATO NELLA PRESENTE SCHEDA

La Menta Piperita nera venne introdotta in Italia nel 1903 da Honorè Carles, associatosi nel 1901 a Giovanni Varino fondatore della omonima distilleria di Pancalieri nel 1870. Dal 1908 questa specie botanica si diffuse velocemente sia per le rese in campo, remunerative per gli agricoltori, sia per le rese in essenza, remunerative per i distillatori (4).
Notizie sulla coltivazione delle mente in Piemonte risalgano al XVIII come riportato dalla “Iconographia Taurinensis” conservata nella biblioteca dell’Orto Botanico di Torino, ora Dipartimento di Biologia Vegetale della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino (4).  
Negli anni ’20 fu dato un grande sviluppo nel numero delle distillerie di menta che sorsero nel Pancalierese (4,5).
Dal dopoguerra ad oggi, la coltivazione di menta rimane vincolata alla zona del Pancalierese, ampliandosi o contraendosi secondo il trend di mercato dell’olio essenziale, con il particolare della graduale acquisizione, da parte dell’azienda agricola, del mezzo strumentale (alambicco) necessario per effettuare in proprio l’operazione di distillazione. Ciò naturalmente consente di affermare che, anche se delle distillerie avanti citate al giorno d’oggi ne rimangono poche, il prodotto, vale a dire l’olio essenziale greggio di menta piperita, continua ad essere presente sul mercato per le sue inconfondibili caratteristiche.
Bibliografia:
(1).Paolo Rovesti, L’Industria dell’essenza di menta in Italia, L’industria chimica, Il notiziario chimico industriale, Agosto 1930.
(2)Aldo Pesante, La verticilliosi della menta (Mentha Piperita L.) in Piemonte, Bollettino del laboratorio sperimentale e osservatorio di fitopatologia, N. 2, luglio-Dicembre. 
(3)Guido Rovesti, La menta piperita e la sua industria in Italia, Rivista Italiana Essenze e profumi, Milano, marzo 1929.

(4)Giovanni Fenaroli, Sostanze Aromatiche Naturali, Ed. Hoepli 1963, Milano.

 

Fonte: http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2000/21/attach/05_alle.doc

Sito web da visitare: http://www.regione.piemonte.it

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