Il diritto e le sue fonti diritto pubblico

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Il diritto e le sue fonti diritto pubblico

 

Il fenomeno giuridico: ordinamenti, fonti e norme nella teoria generale

 

1. L'esperienza giuridica e i suoi caratteri fondamentali

Non è dato riscontrare nell'esperienza umana nessuna forma di associazione tra individui che non sia in qualche modo regolata da norme. È tutt'oggi valido l'antico brocardo secondo il quale ubisocietas,ibiius, quindi la norma giuridica appartiene alla categoria delle norme sociali: ha ad oggetto, gruppi sociali e relazioni intersoggettive.
Funzione del diritto è, dunque, quella di disciplinare la convivenza, di propiziare regolarità, rendere prevedibile e certo lo svolgersi delle relazioni umane e le soluzioni dei conflitti.
Il valore sotteso al diritto è la giustizia e ne costituisce l'aspirazione. Poiché il concetto del giusto è un concetto relativo ne consegue la relatività delle soluzioni o valutazioni giuridiche.
Obiettivo del diritto è garantire l'equa coesistenza tra l'aspirazione alla libertà di ciascuno di seguire i propri interessi e la propria idea di giustizia e quella di una ordinata coesistenza.

2. La differenza tra il diritto e le altre scienze naturali e sociali

Definiamo:

  1. essere della realtà: il regno della necessità o del caso
  • norma naturale: un evento naturale (l'acqua che bolle a 100°)
  • norma sociale: un evento sociale (nella interazione tra i bambini di un asilo nido la differenza di sesso ha una diversa rilevanza seconda dell'età)
  1. dover essere della realtà: regno delle scelte
  • norma giuridica; la scelta consapevole di voler ordinare un aspetto della convivenza umana

Mentre nelle regole naturali o sociali, l'ordine precede logicamente la formulazione delle regole (prima si osserva un fenomeno e poi se ne dà la regola), nel caso del diritto sussiste una priorità logica della norma rispetto al fatto giuridicamente ordinato o qualificato: essa ha, cioè, carattere pre-scrittivo. Inoltre, il diritto ha bisogno di un riscontro nella pratica, bisogna cioè che le sue regole in qualche misura si attuino (regole mai osservate interessano poco il fenomeno giuridico e contraddicono la sua funzione ordinatrice). Il diritto ha, pertanto bisogno di "effettività", cioè di una mediaosservanzadellenormedapartedeilorodestinatari.

3. L'ordinamento giuridico

Il fenomeno giuridico, in quanto esperienza della socialità dell'uomo, richiede la sussistenza di due dimensioni:

  1. dimensione deontologica: è quella più strettamente normativa ed attiene all'insieme di regole che pretendono di ordinare le relazioni sociali
  2. dimensione esistenziale o fattuale: attiene alla ricaduta empirica, in termini di effettività della volontà normativa.

Si ha il fenomeno giuridico solo nel momento in cui il dato esistenziale può essere ricondotto all'interno di schemi di valutazione stabiliti dall'uomo. È necessaria la preesistenza di un sistema di regole che imprima un ordine deontologico (ossia un doveressere) al gruppo sociale. Tale assetto ordinato e prestabilito di relazioni, in cui la posizione di ciascuno rispetto agli altri è determinata normativamente prende il nome di organizzazione (rapporto di coniugio o di parentele, associazione tra individui, le regole implicite che disciplinano in una fila alla posta, l'ordine di accesso allo sportello). Si può dunque definire l’ordinamento giuridico come linsiemediunapluralitàdipersoneorganizzatadaunsistemadinorme. Non vi può essere ordinamento senza organizzazione.
La manifestazione più evidente di un ordinamento giuridico si ha, per esempio, nel momento in cui una collettività effimera si struttura più stabilmente attraverso un processo di entificazione, quando cioè il gruppo diviene vero e proprio soggetto di diritto al quale fanno capo rapporti distinti rispetto a quelli riconducibili ai singoli componenti. Accanto ai rapporti "orizzontali" tra i membri, si sviluppa la coscienza di una soggettività ulteriore, costituita dal gruppo in quanto tale, nasce così una relazione "verticale" tra i singoli e l'entità complessivamente intesa. Sussiste, quindi, un’unità che vive di vita propria al di là dei singoli destini individuali.
È tale gruppo-ente, innervato di legami unitari, che rappresenta un'istituzione.
L'espressione "ordinamentogiuridico" può essere utilizzata per significare:

  • "iltutto", ordinamento in senso lato (il gruppo sociale organizzato e le regole che ne determinano l'organizzazione. Es: l’Italia è un ordinamento giuridico sovrano)
  • "laparte", ordinamento in senso stretto (il solo sistema di norme. Es: l'ordinamento giuridico dello Stato italiano è completo e privo di lacune).

4. La pluralità degli ordinamenti giuridici e la relatività dei rispettivi valori

Esistono molteplici ordinamenti statuali (l'ordinamento italiano, francese, austriaco, ecc.), esistono altresì molteplici ordinamenti non statuali (l'ordinamento della Chiesa cattolica, le associazioni, cooperative, ecc.). Vi è dunque una pluralità di ordinamenti giuridici, in particolare si parlerà di:

pluralismo monotipico degli ordinamenti: più ordinamenti dello stesso tipo: statali)
pluralismo politipico degli ordinamenti: (più ordinamenti di tipi diversi)

Ciò significa che si può parlare anche di relatività e convenzionalità delle valutazioni giuridiche. Ogni sistema di regolazione riconducibile ad un gruppo sociale dotato di una propria identità è, infatti, in grado di compiere opzioni valutative relative a quel gruppo che possono o no essere condivise da altri gruppi e ciò perché il fenomeno giuridico esprime valutazioni deontologiche non obbligate, ma convenzionali, capaci di sussistere anche in presenza di valutazioni di segno opposto. È chiaro che possono crearsi dei conflitti tra i vari ordinamenti che l'operatore giuridico positivo dovrà di volta in volta risolvere collocandosi nella prospettiva di un singolo ordinamento e vedere come esso considera i sistemi di norme esterni o interni ad esso.
Gli atteggiamenti possibili sono:
ignorare del tutto l'altro ordinamento, disconoscendo integralmente il sistema di norme ad esso sotteso e considerando i suoi componenti nella loro individualità e non come parte di un gruppo sociale organizzato
qualificazione negativa: l'ordinamento viene riconosciuto ma per essere combattuto ed estirpato
qualificazione positiva: l'ordinamento viene considerato lecito e si adottano misure per proteggere la vita di tale aggregazione
considerare rilevante l'azione di quell’ordinamento al punto da offrire i propri organi e mezzi per assicurarne l'osservanza ed il rispetto (società per azioni, regolamento di condominio).
Si parlerà in questo caso di diritto "nello Stato"
valorizzare al massimo l'ordinamento preso in considerazione appropriandosi del diritto da questo creato e riconoscendolo come diritto proprio (consuetudini generali dell'ordinamento internazionale, diritto prodotto dai comuni o dalle regioni).
Si parlerà in questo caso di diritto "dello Stato"

5. Prospettiva teoretica e prospettiva dogmatica

Altra conseguenza della relatività dei valori giuridici e della pluralità degli ordinamenti è la differenza tra:
prospettiva teoretica o teoria generale: studia il fenomeno giuridico, la sua intima natura elaborando delle categorie (che cosa è una norma)
prospettiva dogmatica o diritto positivo: attiene alle soluzioni che valgono per il singolo ordinamento (le singole norme)

6. Le fonti del diritto in prospettiva teoretica

La prima esigenza di ogni fenomeno giuridico è determinare il modo in cui debba prodursi il diritto, cioè individuare quelle regole che disciplinano gli atti giuridici idonei a creare diritto.
Norme sulla produzione: sono quelle particolari norme di un ordinamento che sono dirette a regolare i comportamenti umani produttivi di norme giuridiche ossia le fonti del diritto. Esse dunque operano sul piano del possibile giuridico.
Le altre norme invece operano sul piano del lecito materiale, stabilendo quali comportamenti sono da considerarsi leciti o illeciti. Tali norme, dette fonti legali (quelle cioè formatesi in conformità alla volontà dell’ordinamento), formano il diritto positivo, cioè il diritto effettivamente stabilito.
Nei confronti di tali fonti esiste una presunzione favorevole, la quale fa ritenere che esse producano diritto vigente e vadano osservate e fatte osservare.
Esistono tuttavia anche quelle che sono chiamate fonti extra ordinem, ossia quei comportamenti che producono diritto anche in assenza di una norma sulla produzione che li abiliti in tal senso. Nei confronti di tali fonti si avrà una presunzione negativa, concretizzata dalla refrattarietà alla loro osservanza fino a quando permarranno in uno stato di precarietà prima della loro affermazione e conseguimento di vigenza.
Nel caso delle fonti legali l'esistenza di una presunzione positiva attribuirà un valore confermativo all’effettività della pretesa creativa delle norme sulla produzione (condicio sine qua non) a meno di constatare una condizione negativa.
Nel caso delle fonti extra ordinem invece l’effettività non avrà funzione confermativa ma costitutiva (condicio per quam) in quanto sarà l'unico mezzo per il sorgere del diritto.

7. La distinzione tra le fonti-atto e le fonti-fatto

Le fonti di produzione del diritto sono comportamenti giuridicamente abilitati a creare diritto. Si definiscono fatti giuridici tutti gli eventi naturali o umani ai quali il diritto riconduce delle conseguenze giuridiche. Fra loro si distinguono:
i fatti giuridici in senso stretto che sono tutti quegli eventi nei quali è assente l’elemento volontaristico (la nascita, la morte)
gli atti giuridici in senso stretto che sono quei comportamenti umani nei quali si rileva solo la volontà del comportamento (l'omicidio, il riconoscimento di un figlio naturale)
i negozi giuridici in cui assume rilevanza la volontà dell’agente di produrre determinati effetti giuridici (testamento, contratto)

Le fonti possono essere:
fonti-fatto (fonte-atto giuridico in senso stretto) in cui è necessaria e sufficiente la volontà del comportamento, essendo del tutto ininfluente quella di produrre l'effetto normativo (consuetudine)
fonti-atto (fonte-negozio) in cui c'è volontà di produrre un effetto normativo a cui corrisponde un potere normativo (leggi ordinarie: attribuzione di potere nell'art. 70 Cost. e volontà dei parlamentari di produrre un effetto normativo)

8. Corollari della teoria delle fonti: La distinzione tra diritto "dello Stato" di diritto "nello Stato"

Diritto dello Stato: sono le norme prodotte in base alle fonti legali stabilite dall'ordinamento od alle fonti extra-ordinem impostesi e legittimatesi attraverso l’effettività (diritto oggettivo). Possiamo annoverare la Costituzione, le leggi statali e regionali, gli statuti comunali, i regolamenti europei, ecc.

Diritto nello Stato: norme prodotte da fonti di cui l'ordinamento statale non si appropria ma riconosce ad altro titolo (per assicurarne l'osservanza e propiziarne l’effettività) e sono: i provvedimenti amministrativi, i contratti, le sentenze, ecc.

8.1. La distinzione fra disposizione e norma

Molto spesso la volontà normativa si esprime tramite la scrittura e tale momento è precedente alla nascita degli effetti della norma (pre-scrittura), essa è anzi momento coessenziale e costitutivo della formazione della fonte, tali scritture prendono il nome di disposizioni, che esprimono il voluto dell'atto. Tuttavia essendo il linguaggio intrinsecamente ambiguo e può dare adito a fraintendimenti equivoci, le norme hanno bisogno di una attività di interpretazione i cui esiti possono essere anche notevolmente divergenti. Inoltre ciascuna norma desumibile da una disposizione si innesta in un contesto giuridico in cui interagisce con le infinite altre norme, anche da tale interazione può essere desunto il significato della disposizione e dunque della norma. Nell'ordinamento italiano la Corte di Cassazione è l'organo cui spetta di assicurare "l'esatta osservanza dell'uniforme interpretazione della legge", in quello europeo è la Corte di Giustizia e il Tribunale di Primo Grado.

8.2. I principi

I principi sono di due tipi:
1. principi di prima generazione: (non scritti) si traggono per astrazione generalizzatrice da una pluralità di norme e si distinguono da queste ultime per l'eccedenza di contenuto deontologico che consiste nel fatto che le norme dalle quali si induce il principio esprimono un "dover essere" relativo a determinate fattispecie giuridiche, mentre attraverso il principio il loro ambito di applicazione viene esteso. È possibile infatti, che per un combinato composto (confronto) di due leggi se ne possa ricavare una terza in base al principio che lega le due precedenti (e qui sta l'eccedenza).
2. principi di seconda generazione o principi espressi o principianti: (scritti) formulati da una disposizione, non hanno eccedenza di contenuto deontologico. Sono, pertanto, norme giuridiche caratterizzate da un maggio gado di generalità (principio di giurisdizionalità dei giudici: i giudici sono soggetti solo alla legge [Cost.])

8.3. I valori

I valori non hanno carattere deontologico e non esprimono un "dover essere", ma rappresentano il presupposto assiologico delle singole manifestazioni normative. In genere nella giurisprudenza, i valori vengono fatti coincidere con le norme costituzionali più generali (o principi costituzionali espressi)

8.4 L’efficacia delle norme programmatiche

Le norme molto generali (o principi costituzionali) non sono, solitamente, autoapplicative, nel senso che necessitano per produrre i propri effetti, di una normativa di attuazione. Esse hanno, dunque, carattere programmatico, stabiliscono cioè un programma per gli organi con potestà normativa.
Sono almeno tre le conseguenze giuridiche dell’adozione di siffatte norme, anche prima che se ne completi il disposto con una normativa di attuazione:
1. vincolo giuridico posto a carico delle autorità pubbliche. Anche se manca la sanzione esso non può considerarsi meramente morale o etico
2. invalidazione di norme con esse contrastanti provenienti da fonti subordinate
3. interpretazione delle altre norme dell’ordinamento alla luce dei nuovi principi generali dell’ordinamento scaturiti dalle norme programmatiche

8.5. La distinzione tra diritto scritto e diritto non scritto

Le disposizioni costituiscono formulazioni linguistiche attraverso le quali si manifesta la volontà normativa. Da ciò consegue che il diritto scritto è prodotto dalle fonti-atto.
Le fonti-fatto, invece, sono generalmente fonti di diritto non scritto, poiché in tal caso è irrilevante la volontà di produrre norme. Esistono tuttavia delle eccezioni:
diritto non scritto da fonti-atto: è quanto accade per i principi che si possono indurre attraverso un procedimento di astrazione generalizzatrice alle disposizioni ("se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe") (ordine di esecuzione per l'adattamento dell'ordinamento interno alle norme del diritto internazionale)
diritto scritto da fonti-fatto: ciò avviene nelle ipotesi in cui, pur sussistendo una volontà normativa, essa non è rivolta alla produzione di diritto “dello Stato" (contratti collettivi, condomini)

Capitolo 2° - I criteri di risoluzione delle antinomie

1. I dispositivi per assicurare l'unità dell'ordinamento: i criteri di risoluzione delle antinomie

Una delle caratteristiche delle fonti è la forza formale. Tale forza può essere:
1. attiva: capacità di innovare l'ordinamento giuridico
2. passiva: capacità di resistere alla pretesa delle altre fonti di modificare i suoi contenuti
La parola ‘formale’ si riferisce al particolare procedimento e alla veste esteriore caratterizzante il tipo di fonte.

Abrogazione: cessazione di efficacia di una norma.

Con riferimento al tempo si possono immaginare diversi tipi di norme:
norme retroattive, che abbracciano fattispecie concrete ed esistenti al momento in cui la fonte acquista efficacia
norme ultrattive, che iniziano ad avere vigenza in concomitanza con l'entrata in vigore della fonte
norme ad efficacia differita, la cui efficacia decorre a partire da un momento successivo all'entrata in vigore della fonte
norme temporanee, delle quali è preventivamente definito sia il momento della decorrenza di efficacia che quello di cessazione della stessa

Quando due norme entrano in contrasto fra di loro si ha una antinomia. Ogni ordinamento ai fini della realizzazione dell'unità e della coerenza del sistema, predispone dei criteri di risoluzione delle antinomie. Tali criteri incidono sulle norme e non sulle disposizioni. In sede di teoria generale è possibile individuare tre criteri abitualmente utilizzati per risolvere le antinomie:
1. criterio cronologico: (attiene al fattore tempo e incide sull'efficacia) quando due norme di forza omogenea e di medesima competenza si scontrano, il sistema privilegia, di regola, la norma più recente dotandola della capacità di abrogare la precedente. L'effetto abrogativo opera solo con riferimento al periodo per il quale il contrasto si verifica, restando la norma abrogata pienamente efficace rispetto all'arco temporale che la norma abrogante non pretende di disciplinare.
2. criterio gerarchico: (attiene alla forza formale della fonte, presuppone un vizio della norma incompetente incidendo sulla validità) poiché le fonti sono ordinate gerarchicamente secondo una ipotetica scala verticale fondata sulla diversa forza formale che ad esse viene riconosciuta, le norme antinomiche poste dalla fonte subordinata vengono considerate illegittime o invalide e annullabili, solitamente da organi giurisdizionali a ciò deputati (Corte Costituzionale per antinomie tra norme costituzionali e leggi, Tribunale Amministrativo per antinomie tra leggi e regolamenti)
3. criterio di competenza: (attiene alla competenza della fonte, cioè l'ambito nel quale essa è abilitata ad intervenire; presuppone un vizio della norma incompetente incidendo sulla validità) per trovare applicazione, si presuppone che un certo oggetto di disciplina o una certa finalità o un certo tipo di norma, siano integralmente o parzialmente riservati ad una fonte e sottratti all'altra, nei confronti della quale sorge l’antinomia. Quando è possibile ordinare le norme in base alla competenza delle relative fonti, è la fonte competente a prevalere sulla fonte incompetente a prescindere dal rapporto gerarchico o cronologico.

4. Efficacia e validità

Efficacia: capacità di produrre effetti
Validità: conformità alle norme sulla produzione
L'inefficacia e l'invalidità si possono combinare in modo differente:
norme valide ma inefficaci: sono le norme abrogate o quelle ad efficacia differita
norme invalide ma efficaci: norme che producono effetti giuridici prima dell'accertamento dell'invalidità
L'accertamento dell'inefficacia viene devoluto a tutti gli operatori giuridici (giudici, pubblica amministrazione, privati) ed ha effetto solo tra le parti ricorrenti (efficacia inter partes)
L'accertamento dell'invalidità viene affidata a particolari organi (i giudici e talvolta solo alcuni di essi) ed ha effetto sull'intero ordinamento vincolando tutti (efficacia erga omnes)

5. Fonti atipiche e fonti rinforzate

Le fonti atipiche sono identiche alle corrispettive fonti tipiche ma hanno un regime o un trattamento da parte dell'ordinamento sensibilmente diverso in ragione di una particolare competenza (limite al potere di abrogazione popolare delle leggi: alcune leggi vengono espressamente sottratte al referendum dalla costituzione).
Le fonti rinforzate si caratterizzano per il fatto di essere identificabili, oltre che per la peculiare competenza, anche per le varianti rispetto alla fonte tipica previste per il loro procedimento di approvazione. Varianti che alterano anche formalmente i caratteri dell’atto.

6. Il criterio di specialità

Il principio di specialità si applica nel caso in cui le norme antinomiche poste da due fonti equiordinate (di pari forza formale) differiscano tra di loro per l'ampiezza dello spettro di disciplina. Ci si riferisce all'ipotesi in cui la prima sia meno generale della seconda e la fattispecie di essa sia ricompresa in quella. Nel caso in cui la norma successiva sia più generale e preveda una disciplina incompatibile con la precedente speciale, quest'ultima dovrebbe travolgere la normazione precedente. In tali casi viceversa può trovare applicazione la regola secondo cui lex generalis non derogat priori speciali, vale a dire che la precedente continua a restare in vigore, rappresentando una deroga alla regola generale successivamente affermata. Tale principio si applica solo tra norme omogenee.

7. Le norme suppletive

Il conflitto di competenza si fonda sulla distinzione logica tra fonte competente e fonte incompetente e l'accertamento dell'invalidità della norma incompetente (assegnato ad organi particolari) può subire delle eccezioni. Nel caso in cui l'ordinamento consenta alla norma incompetente di operare validamente finché non intervenga quella formalmente legittimata, tale norma viene chiamata suppletiva, in quanto supplisce alla carenza di disciplina da parte della fonte competente e opera validamente finché il soggetto abilitato non esercita la propria competenza intervenendo a disciplinare quel particolare oggetto. Da questo momento in poi le norme suppletive perdono lo loro efficacia.

 

Capitolo 3° - lo Stato, l'ordinamento internazionale e l'Unione Europea

1. Lo Stato

Lo Stato è uno tra gli ordinamenti giuridici. Suoi elementi sono: il popolo, il territorio e la sovranità.
Il popolo costituisce l'elemento personale dello Stato, i suoi appartenenti intrattengono con lo Stato un legame giuridico specifico: il legame della cittadinanza: somma di situazioni giuridiche soggettive, acquisite nei modi prestabiliti dall’ordinamento e che denota una relazione essenziale di appartenenza all’ente sovrano.
il territorio: elemento indefettibile (non c’è Stato senza territorio) e qualificante (occorre uno spazio fisico stabile su cui esercitare il potere) dello Stato.
la sovranità: ha carattere di totalità, assolutezza, esclusività, effettività e autofondazione dell’ordinamento.
Assolutezza nel senso che lo Stato non rinuncia alla possibilità di esercitare il proprio potere e di regolare qualsiasi settore della vita senza essere condizionato da alcunché.
Tale sovranità comprende anche il monopolio della forza per assicurare alle proprie norme una concreta effettività. La sovranità ha inoltre 3 attributi:
originarietà: capacità dello Stato di trovare in sè stesso il proprio fondamento normativo e la propria giustificazione, da cui scaturisce il principio di esclusività dell’ordinamento statuale (disponibilità delle proprie fonti).
indipendenza verso l’esterno
supremazia verso l’interno

1.2. Altri significati del termine “Stato”

E’ possibile definire lo Stato come un ente territoriale sovrano (le Regioni: enti territoriali non sovrani, la Chiesa Cattolica: ente sovrano non territoriale). Lo stesso termine è utilizzato per indicare l’insieme delle norme giuridiche di uno Stato-istituzione (diritto “dello Stato”). La personificazione dello Stato, cioè lo Stato-persona (giuridica) comprende solo alcune delle autorità centrali della Repubblica (Governo, Parlamento, Presidente della Repubblica) e le diramazioni periferiche del Governo centrale (i prefetti, i questori, gli intendenti di finanza, ecc.).

2. La Costituzione dello Stato

La Costituzione, espressione di uno Stato liberale e garantistico, è un documento solenne, scritto, contenente i fondamenti della organizzazione del potere posto al vertice dell’ordinamento e materialmente ostensibile, con garanzia di certezza e di intangibilità.

2.1. La Costituzione in senso formale

La Costituzione è la legge fondamentale e la fonte suprema dell’ordinamento statale. E’ da considerarsi come una fonte extra ordinem in quanto non ‘pre-costituita’, con essa si realizza, infatti, un ‘nuovo inizio’ rispetto alla legalità precedente. Ciò significa che anche le vecchie norme subiscono, a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione, una ricollocazione dogmatica, esse sono legittimate da una nuova fonte di legalità. Essa costituisce una fonte-fatto di diritto scritto.
Le Costituzioni possono essere:
rigide: se sono gerarchicamente differenziate rispetto alla legge ordinaria e sono previste speciali procedure per la loro modifica. Il carattere rigido esprime un'esigenza di carattere politico, in quanto si fonda sul presupposto che la carta fondamentale non sia disponibile da parte delle maggioranze politiche ordinarie, ma richieda il coinvolgimento delle minoranze o comunque di altri soggetti, come il corpo elettorale nel caso della previsione di un referendum approvativo o gli Stati membri, nel caso in cui, in uno stato federale, gli enti territoriali intermedi debbano partecipare al procedimento di revisione.
flessibili: non è formalmente previsto un procedimento di revisione della costituzione, sì che se ne può sostenere sia la totale immodificabilità, sia la ripetibilità da parte del legislatore ordinario secondo i normali procedimenti legislativi.

2.2. La Costituzione in senso sostanziale

Il concetto riguarda l'individuazione di quelle norme che possono dirsi costitutive della Costituzione stessa, quelle norme, cioè, che valgono a definirne la fisionomia essenziale rispetto agli altri sistemi giuridici e consentono di distinguerne gli aspetti specifici e peculiari. Tali norme sono quelle che disciplinano particolari profili della vita dello Stato:
La spettanza del potere sovrano
Le forme in cui sono regolati i rapporti tra governanti e governati
La scelta politica fondamentale sulla forma di Stato e di governo
i principi politici dell'organizzazione
il modo d'essere del gruppo politico statale
i rapporti di forza esistenti nella società civile che ne determinano l'assetto normativo
Altri sostengono che apparterebbero dunque alla materia costituzionale le norme fondamentali che sono alla base della disciplina di ciascun settore (diritto pubblico, diritto civile, diritto penale, ecc.).
Secondo Hans Kelsen la Costituzione in senso sostanziale è l’insieme delle norme sulla normazione (sulla produzione), quelle cioè che determinano come il diritto nasce in un certo ordinamento e di esso possono dirsi dunque "costitutive".

3. Rapporti tra lo Stato e gli altri ordinamenti

Esiste una problematica dei rapporti tra lo stato degli altri ordinamenti quali gli altri Stati, la Chiesa cattolica o il diritto internazionale. Lo Stato può ignorare o combattere un altro coordinamento con cui viene a contatto e può anche tollerare che esso agisca nel proprio ambito alla stregua di qualsiasi soggetto privato concorrendo a creare quello che si è chiamato diritto “nello stato". Quando, tuttavia lo Stato riconosce l'altro ordinamento è possibile che esso si accordi per far si che l'azione di entrambi ed i relativi sistemi giuridici siano in qualche misura coordinati sul piano della produzione normativa. Si introduce, cioè,1 collegamento tra le norme che nascono in un ordinamento e quelle che vengono create nell'altro. La prima modalità è quello di un:
coordinamento indiretto: in quanto compiuto attraverso dispositivi che mantengono una separazione agli ordinamenti interessati. L'ordinamento che intende coordinarsi non fa proprie le fonti e le norme dell'altro, ma ricorre a meccanismi di produzione giuridica propria parallelamente a quanto si determina nell'altro, mediante un dispositivo di rinvio ordinario o speciale, fisso o mobile, alle fonti e alle norme di esso:
si ha dispositivo ordinario, nel caso in cui la presenza della norma dell'ordinamento richiamato costituisca la mera ragione storico-politica della produzione giuridica dell'ordinamento, senza che risulti formalmente l'origine estranea del contenuto normativo della disciplina posta.
si ha dispositivo speciale in ogni ipotesi in cui l'ordinamento richiamante colleghi formalmente la propria produzione interna all'esserci o al prodursi di una norma dell'ordinamento richiamato
si ha rinvio (speciale) fisso nel caso in cui lo Stato si limiti a richiamare norme determinate, identificate in modo esaustivo con riferimento ad una specifica manifestazione normativa. Viene realizzato utilizzando l'arsenale di fonti interne già esistenti.
si ha rinvio (speciale) mobile con la creazione di una fonte interna specifica avente ad oggetto della propria fattispecie il fatto del sorgere nell'ordinamento richiamato delle norme cui si vuol rinviare creando così un automatismo. Risponde all'esigenza funzionale di assicurare un coordinamento costante con l'altro ordinamento.
coordinamento di parziale o totale integrazione: in tal caso non s'esiste nessun rinvio. I ordinamenti creano contestualmente delle fonti in comune, le quali sono istituzionalmente e, nel caso di fonti-atto, consapevolmente volte ad individuare entrambi gli ordinamenti.

4. L'ordinamento internazionale

Peculiarità del diritto internazionale è che esso consiste in un ordinamento i cui membri sono in posizione di parità e non esiste alcuna istituzione autoritaria che li sovrasti. È dunque un ordinamento composto da soggetti che si pretendono sovrani, superiorem non recognoscentes.
I soggetti dell'ordinamento giuridico internazionale sono esclusivamente le persone giuridiche rappresentate dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali, ossia le associazioni di Stati che, limitatamente ad alcuni settori, perseguono interessi comuni.
Le fonti di tale ordinamento si distinguono in tre figure:
la consuetudine:
l'accordo o trattato internazionale:
procedimenti di produzione giuridica di terzo grado: quelli cioè previsti da norme sulla produzione giuridica internazionale contenute in trattati
Poiché le persone fisiche, gli individui non vengono mai presi direttamente in considerazione come titolari di posizioni giuridiche riconosciute, ogni qualvolta l'ordinamento nazionale voglia dare rilevanza interna alle norme del diritto internazionale, occorrerà realizzare una trasformazione strutturale delle norme di quell’ordinamento, le quali sono congegnate per regolare rapporti tra persone giuridiche, mentre nell'ordinamento interno dovranno disciplinare relazioni anche tra persone fisiche. Si parlerà pertanto di adattamento del diritto interno al diritto internazionale.

Fonte: http://torarchivio.altervista.org/alterpages/files/Diritto-Pubblico-europeoGuzzetta-Marini_doc-2.doc

Sito web da visitare: http://torarchivio.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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