Imprenditori quali sono le categorie degli imprenditori

Imprenditori quali sono le categorie degli imprenditori

 

 

 

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Imprenditori quali sono le categorie degli imprenditori

 

LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE

Lo “status” di imprenditore è una qualità giuridica che implica una partecipazione professionale e determinati rapporti produttivi.
Da tale status il nostro ordinamento positivo fa derivare particolari diritti, doveri e responsabilità, riferiti specificamente ed esclusivamente alla persona (fisica o giuridica) di chi esercita un’attività imprenditoriale.

L’imprenditore è quindi assoggettato ad uno speciale regime giuridico, che incide direttamente sui rapporti giuridici che a lui fanno capo ed in particolare:

  • ha la direzione dell’impresa, ne è il capo ed esercita il potere gerarchico sui collaboratori subordinati che dipendono da lui (art. 2086 c.c.);
  • ha l’obbligo di tutelare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti, adottando tutte le misure  atte a proteggerne l’integrità fisica e la personalità morale (art. 2087 c.c.);
  • è sottoposto  (a garanzia di coloro che, per ragioni economiche, entrano in rapporto con lui) ad un regime di particolare rigore pubblicistico (imputabilità per i cosiddetti reati fallimentari, eccetera).

 

Il concetto di attività e di impresa commerciale è, dal punto di vista giuridico, molto più ampio di quanto non lo sia dal punto di vista economico, ed abbraccia, oltre quella propriamente commerciale, molte altre attività economicamente diverse, anche se ad essa connesse..

Secondo il codice civile (art. 2195) è imprenditore commerciale chi esercita professionalmente ed in forma organizzata una delle seguenti attività:

  • attività industriale, cioè diretta alla produzione di beni o di servizi (quindi ad esempio le industrie metallurgiche, tessili, minerarie, editrici, alberghiere, cinematografiche, eccetera);
  • attività intermediaria nella circolazione dei beni, cioè un’attività commerciale in senso stretto, tanto all’ingrosso quanto al minuto;
  • attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, tanto di persone come di cose;
  • attività bancaria od assicurativa;
  • attività ausiliarie delle precedenti, cioè dirette ad agevolare lo svolgimento delle altre attività, come ad esempio il deposito di merci nei magazzini generali, la spedizione, eccetera.

 

Per diventare imprenditore commerciale è necessario che l’interessato abbia piena capacità di agire. I minorenni, gli interdetti, gli inabilitati non possono quindi iniziare un’impresa commerciale e neppure può iniziarla, in nome e per conto loro, il rappresentante legale (genitore che esercita la patria potestà o il tutore).
Per quanto riguarda il minore emancipato, invece, la legge prevede che possa esercitare una impresa commerciale, anche senza l’assistenza del curatore, se abbia ricevuto l’autorizzazione del Tribunale, sentito il parere del giudice tutelare e del curatore. Tale autorizzazione può però essere revocata (art. 397, 3°comma, del c.c.).

Diverso è il caso qualora si tratti non di iniziare ma di continuare l’esercizio di una impresa commerciale già esistente, nell’interesse dell’incapace. Stabilisce infatti il codice civile che l’impresa commerciale, che perviene ad un incapace per successione o per donazione, può essere continuata, in suo nome e per suo conto, dal rappresentante legale, ovviamente con l’autorizzazione del Tribunale (art. 320, 4° comma e art. 371 ultimo comma del codice civile). Se si tratta di un inabilitato, può essere autorizzato a continuare l’esercizio dell’impresa con l’assistenza del curatore e, se il Tribunale lo ritiene opportuno, a condizione che venga nominato un istitore, cioè una persona competente che ha funzioni di direzione.

Diversa dalla incapacità è la incompatibilità fra la qualifica di imprenditore commerciale e l’esercizio di talune professioni. Ciò è dovuto a ragioni di interesse pubblico e di prestigio che la legge non può ignorare. Così, ad esempio, è vietato l’esercizio di attività commerciale agli ambasciatori, ai consoli, ai notai, agli avvocati, ai magistrati, eccetera. In una posizione simile si trovano, sia pure per ragioni diverse, coloro che sono stati condannati per reato di bancarotta o di ricorso abusivo al credito, atti che comportano la inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale per un periodo di tempo fissato dalla legge.
Lo stesso discorso vale nell’ipotesi di difetto della licenza od autorizzazione richiesta dalla legge per l’esercizio di determinate attività commerciali.

 

La qualifica di imprenditore commerciale comporta per il titolare, oltre a quelli comuni a tutti gli imprenditori, alcuni obblighi particolari e precisamente:

a)La iscrizione nel registro delle imprese presso la Camera di Commercio. Infatti,     la legge 29/12/1993 nr. 580 ha stabilito che l’Ufficio del registro delle imprese, che     opera sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del Tribunale, sia     istituito presso le Camere di Commercio competenti per territorio e provveda non     solo alla tenuta del registro, ma pure alla sua conservazione e gestione. La stessa     legge ha istituito sezioni speciali del registro delle imprese, presso le quali hanno     l’obbligo di iscriversi i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli e le società     semplici (ora abolite). E’ stata istituita pure una sezione speciale del registro per le     imprese artigiane. La predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del     registro viene attuata mediante tecniche informatiche che concedono il rilascio di     certificati e di copie di atti sia per corrispondenza e sia per via telematica. Nelle     società di capitali la pubblicità viene dilatata dall’obbligo di pubblicare i principali     atti societari sul “bollettino ufficiale delle società per azioni ed a responsabilità     limitata” (chiamato “Busarl”). In detto registro vengono iscritti tutti i principali atti     e fatti relative alla vita dell’impresa, in modo che qualsiasi terzo interessato possa     venirne a conoscenza e così quindi l’inizio dell’impresa con la indicazione delle     generalità dell’imprenditore, la ditta prescelta, l’oggetto dell’impresa, la sede, i dati     dei collaboratori ed in futuro tutte le eventuali modifiche intervenute. Nel registro     delle imprese va pure annotata la creazione di eventuali sedi secondarie ed a     maggior ragione anche la cessazione dell’impresa. La iscrizione fa sorgere una     presunzione assoluta che il fatto iscritto sia noto ai terzi, senza che costoro siano     ammessi a provare di ignoralo (art. 2193 c.c.). Viceversa, la mancata iscrizione di     fatti che dovevano essere iscritti porta come conseguenza che tali fatti non possono     essere opposti dall’imprenditore ai terzi, a meno che provi che costoro ne abbiano     avuto ugualmente conoscenza (se ad esempio l’imprenditore revoca la procura ad     un dipendente e tale fatto risulta regolarmente iscritto nel registro delle imprese,     non sarà più tenuto a rispondere di eventuali successivi atti compiuti dal     dipendente medesimo).

b) la tenuta dei libri e delle scritture contabili obbligatorie. L’obbligo è dettato     soprattutto come garanzia di una regolare amministrazione ed al fine di     documentare l’attività dell’impresa. Tale documentazione, inoltre, può costituire     anche un efficace mezzo di prova, contro l’imprenditore che le ha tenute ma, in     certi casi, possono costituire anche una prova a suo favore (se, ad esempio, Tizio     contesta a Caio il mancato pagamento di un debito, la registrazione del debito nei     registri di Caio fa prova contro Caio, ma Caio può trarne la prova del pagamento     da una successiva registrazione che abbia riscontro nei registri di Tizio).
    Le scritture contabili possono essere obbligatorie o facoltative. Le prime, quindi,     sono quelle la cui tenuta è imposta dalla legge e le seconde sono quelle che     ciascun imprenditore è libero di tenere o meno. Le scritture, la cui tenuta è     obbligatoria per ogni imprenditore commerciale, fatta eccezione per i piccoli     imprenditori, sono le seguenti: il libro giornale (nel quale devono essere indicate     giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa) – il libro degli     inventari (nel quale deve redigersi all’inizio dell’impresa e,  successivamente, ogni     anno un inventario contenente l’indicazione e la valutazione delle attività e delle     passività relative all’impresa, nonché  delle attività e passività dell’imprenditore     estranee alla medesima) – le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura     e dalle dimensioni dell’impresa(art. 2214 c.c.).
    L’imprenditore commerciale, inoltre, ha l’obbligo di conservare ordinatamente     la corrispondenza relativa a ciascun affare, cioè gli originali delle lettere, dei     telegrammi, delle fatture ricevute e le copie di tutto ciò che viene spedito, in     modo da poter ricostruire per ogni affare il rapporto intercorso con il terzo. Ai     libri ed alle scritture contabili (che vanno conservati per dieci anni) la legge     attribuisce, come abbiamo visto, l’efficacia di prova documentale in caso di     controversia giudiziale. Infine, l’imprenditore, che non tiene i libri e le scritture     contabili obbligatorie o le tiene in modo irregolare od incompleto, è responsabile ,     in caso di fallimento, del reato di bancarotta semplice. Merita ricordare, infine, la     legge 8 agosto 1994 nr. 489, che ha eliminato l’obbligo della vidimazione annuale     dei libri contabili obbligatori (giornale ed inventario) presso il registro delle     imprese oppure presso un notaio. La legge citata ha accordato, inoltre, alle     imprese, che applicano i sistemi meccanografici, di stampare i dati contabili una     volta all’anno, entro la data di chiusura dell’esercizio, purchè memorizzati entro     sessanta giorni su supporti magnetici. Merita rammentare, ancora, che la tenuta     delle registrazioni deve essere regolare (cioè senza spazi bianchi, senza interlinee,     senza trasporti in margine e senza abrasioni) e le registrazioni stesse devono essere     conservate per almeno dieci anni dalla data dell’ultima registrazione e per lo stesso     periodo devono essere conservate la fatture, le lettere, i telegrammi ricevuti e     spediti e le copie delle fatture spedite; uguale periodo di conservazione viene     applicato alle registrazioni su supporti magnetici.

c) assoggettamento alle procedure concorsuali nel caso di insolvenza o di     temporanea difficoltà nell’adempimento degli impegni assunti (fallimento,     concordato preventivo e fallimentare, amministrazione controllata, liquidazione     coatta amministrativa, amministrazione straordinaria di grandi imprese) hanno     giuridicamente lo scopo di assicurare parità di trattamento a tutti i creditori     dell’impresa. Sull’argomento vedasi quanto da me trattato nel mio volume     “elementi di diritto, legislazione sociale e sanitaria, scienza delle finanze,     economia politica”, da pagina 190 a pagina 201.

 

Prima di proseguire nella nostra analisi è opportuno spendere qualche parola sulla figura del piccolo imprenditore, dal momento che ne abbiamo fatto specifica menzione nel punto precedente e quindi per una migliore comprensione dell’argomento trattato:

Secondo l’articolo 2083 del codice civile, sono considerati piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Come si può notare, affinché esista una piccola impresa è necessario, innanzitutto, un’organizzazione, sia pure modesta, dei fattori produttivi; nel caso mancasse del tutto l’elemento organizzativo si avrebbero dei lavoratori autonomi e non degli imprenditori. Non è necessario, invece, che l’attività lavorativa sia fornita esclusivamente dall’imprenditore e dai suoi familiari; è sufficiente che nell’organizzazione dell’impresa tale attività sia prevalente rispetto al lavoro di altri soggetti ed ai capitali impiegati. Siamo nel campo della piccola impresa, pertanto, anche quando essa si avvale dell’opera di uno o pochi dipendenti, come spesso accade in pratica per i piccoli commercianti e per gli artigiani.

I piccoli imprenditori non sono obbligati all’iscrizione nel registro delle imprese, non hanno nemmeno l’obbligo di tenere le scritture contabili delle quali si è parlato più sopra e non sono soggetti al fallimento.
Infine, prima di proseguire oltre, è opportuno ricordare che il codice civile (art. 2135) contempla pure la figura dell’imprenditore agricolo, che è colui che esercita un’attività diretta  alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse con le precedenti (sono tali quelle dirette alla trasformazione o vendita dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura; ad esempio la trasformazione dell’uva in vino o la vendita degli ortaggi sul mercato).

La disciplina giuridica dell’impresa agricola è notevolmente diversa da quella dell’impresa commerciale.
Infatti l’imprenditore agricolo è sottratto a molti obblighi che gravano sull’imprenditore commerciale, e quindi non è soggetto all’iscrizione nel registro delle imprese, né alla tenuta dei libri e delle scritture contabili e neppure alla procedura fallimentare.

Si è detto all’inizio che l’imprenditore commerciale è a capo dell’impresa ed organizza l’attività economica utilizzando beni e servizi.
Allo stesso modo egli organizza il lavoro dei suoi dipendenti distribuendo funzioni competenze e mansioni.
Nella gestione dell’impresa egli può infatti avvalersi di collaboratori esterni, che non sono alle sue dipendenze e rimangono quindi autonomi, legati all’impresa da un rapporto di prestazione d’opera, e di collaboratori interni, inseriti nella struttura dell’impresa e ad essa legati in un rapporto di lavoro subordinato.

All’interno di questa seconda categoria possiamo distinguere tre figure diverse di “ausiliari” dell’imprenditore, come li definisce il codice civile, e che sono destinati a concludere affari per l’imprenditore e ad avere contatto con i terzi e sono: l’institore, il procuratore ed il commesso.
Si differenziano fra loro per la diversa posizione all’interno dell’impresa e per la maggiore o minore ampiezza dei propri poteri: vediamoli in sintesi:

1) Institore
    è la figura più importante ed è preposto all’esercizio dell’impresa o ad un ramo o     ad una sua sede secondaria. Ha funzioni dirigenziali, con un potere di gestione     generale e la rappresentanza processuale e sostanziale dell’imprenditore. Il suo     nome viene annotato nel registro delle imprese, con le eventuali limitazioni ai     suoi poteri disposte dall’imprenditore.

2) Procuratore
    può compiere per l’imprenditore atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, ma non     ha un potere generale di gestione. Può tuttavia gestire un settore operativo     dell’impresa o una serie specifica di atti (come può essere, ad esempio, un     direttore del personale).

3) Commesso
    svolge attività di concetto o di ordine, estranea a qualunque funzione direttiva.     Viene incaricato di singole operazioni ed il suo potere di rappresentanza è     limitato ad esse. Può essere, ad esempio, preposto alla vendita nei locali     dell’impresa o alla vendita esterna. Non può prendere decisioni su modifiche     delle condizioni contrattuali, se non autorizzato direttamente dall’imprenditore     (si pensi al commesso di negozio, che non può concedere di sua iniziativa sconti     o dilazioni di pagamento). Non è prevista una particolare forma di pubblicità per     le limitazioni o le estensioni che l’imprenditore voglia porre al potere del     commesso. In materia valgono pertanto i principi generali sulla rappresentanza,     per cui è opponibile, al terzo che ha trattato con il commesso, solo ciò che era da     lui effettivamente conosciuto o conoscibile.

 

Un cenno a parte merita il discorso della tutela della concorrenza
La concorrenza è un fenomeno economico che nasce dallo stimolo di conquistare il mercato da parte delle imprese e può favorire o danneggiare il consumatore. Lo favorisce se la qualità del prodotto viene migliorata, se i prezzi vengono ridotti o comunque controllati, se le risorse naturali ed umane vengono rese più efficienti. Lo danneggia se il mercato si avvia verso un regime di monopolio, con il controllo, quindi, del mercato da parte di pochi imprenditori.
La concorrenza deve quindi essere regolata con criteri di natura legale e con criteri di natura contrattuale.

I criteri legali sono da ravvisarsi in:

art. 41 della Costituzione
  “l’iniziativa economica privata è libera.
   Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
   La legge determina i programmi ed i controlli opportuni, perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”

Art. 43 della Costituzione
“Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante estromissione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano  a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.

Art.2301 del codice civiledivieto di concorrenza
   “il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente.
   Il consenso si presume, se l’esercizio dell’attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza.
   In caso di inosservanza delle disposizioni del primo comma, la società ha diritto al risarcimento del danno, salva l’applicazione dell’articolo 2286 (esclusione del socio)”.

Art.2595 del codice civilelimiti legali della concorrenza
“la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge”.

Art. 2598 del codice civileatti di concorrenza sleale
   “Ferme le disposizioni che concernono la tutela  dei segni distintivi (2563 segJ e dei diritti di brevetto (2584 seg.) compie atti di concorrenza sleale chiunque:

  • usa nomi o segni distintivi idonei a procurare confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente;
  • diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente;
  • si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda (2599, 2600)”.

Art. 2599 del codice civile sanzioni
   “La sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano eliminati gli effetti”.

Art. 2600 del codice civile risarcimento del danno
   “Se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o con colpa, l’autore è tenuto al risarcimento dei danni (2043).
   In tale ipotesi può essere ordinata la pubblicazione della sentenza.
   Accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume (2727)”.

 

Per quanto riguarda i criteri di natura contrattuale:

Sono da menzionare gli accordi tra imprese, i consorzi ed i trattati. Con gli accordi, alcune imprese convengono di ripartire tra loro le zone di vendita o i settori di attività; l’accordo, per essere valido, deve determinare nettamente sia le zone di vendita e sia i settori di attività. Una forma di accordo è il “cartello”, mediante il quale due o più imprenditori si obbligano ad osservare regole comuni. Con i consorzi più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (2602). Con i trattati si vuole evitare il concentramento del potere economico in un’unica grande impresa e possono essere internazionali o nazionali (vedasi la legge 10/10/1990 nr. 287).

 

Operiamo ora una più partita esegesi delle principali norme civilistiche, che hanno per l’appunto riferimento con ciò che viene comunemente definito: statuto dell’imprenditore,
e precisamente:

Art. 2084 c.c. – condizioni per l’esercizio dell’impresa
  “La legge determina le categorie d’impresa il cui esercizio è subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa.
   Le altre condizioni per l’esercizio delle diverse categorie d’impresa sono stabilite dalla legge.”

Nota
Si tratta di una norma dalla portata assai modesta, limitandosi a prevedere che altre leggi impongano concessioni autorizzazioni ecc.. E’ il principio della cosiddetta riserva di legge, di cui all’articolo 41 della Costituzione.

Art. 2085 c.c. – indirizzo della produzione
   “Il controllo sull’indirizzo della produzione e degli scambi in relazione all’interesse unitario dell’economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla legge.
   La legge stabilisce altresì i casi e i modi nei quali si esercita la vigilanza dello Stato sulla gestione delle imprese (41 Cost.)”

Nota
Vale quanto detto per l’articolo precedente: è in sostanza una norma di rinvio, la cui vera portata è quella di affermare il principio della riserva di legge

Art. 2095 c.c. – categorie dei prestatori di lavoro
   “I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in  dirigenti, quadri, impiegati e operai (2125).
   Le leggi speciali, in relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle indicate categorie (2120).”

Nota
Anche questa appare come una norma di rinvio, la cui vera portata è quella di affermare il principio della riserva di legge.
Art. 43 della Costituzione
   “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.”

Nota
La norma si riferisce a tutte le imprese, sia agricole che commerciali, sia grandi che piccole.

Art. 836 del codice civile – vincoli ed obblighi temporanei
   “Per le cause indicate dall’articolo precedente (..requisizioni..) l’autorità amministrativa, nei limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, può sottoporre a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali (2195) e agricole (2135)”

Nota
Di questa norma si riconosce la compatibilità con l’articolo 41, 2° comma della Costituzione, che statuisce il principio della riserva di legge, a condizione che le leggi speciali, cui si rinvia per i limiti e le forme, dettino criteri sufficientemente precisi e determinati e non conferiscano quindi alla Pubblica Amministrazione una illimitata discrezionalità.

Art. 2112 del codice civile – trasferimento dell’azienda
   “In caso di trasferimento dell’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
   L’alienante e l’acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell’alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
   L’acquirente è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi, previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa dell’acquirente.
   Le disposizioni di questo articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto dell’azienda (2561, 2562)”

Nota
I primi tre commi sono stati così sostituiti dall’articolo 471 della legge numero 428 del 29 dicembre 1990. Si rammentano, a proposito di questo articolo due significative sentenze della Corte di Cassazione e precisamente: la sentenza numero 7795 del 14 luglio 1993 e la sentenza numero 11409 del 19 novembre 1993.

Art. 2070 del codice civile – criteri di applicazione
   “L’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore (2082, 2195, 39 Cost.)
   Se l’imprenditore esercita distinte attività  aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi  corrispondenti alle singole attività.
   Quando il datore di lavoro esercita non professionalmente un’attività organizzata, si applica il contratto collettivo che regola i rapporti di lavoro relativi alle imprese che esercitano la stessa attività.”

Nota
vedasi pure sul tema la sentenza nr. 6412 del 9 giugno 1993 della Corte di Cassazione.

Art. 46 della Costituzione
“Ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro ed in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.”

Nota
Vedansi anche gli articoli 4 e 35 della Costituzione e la sentenza numero 5104 del 4/10/1979  della Corte di Cassazione. 

Art. 77 del codice di procedura civile – rappresentanza del procuratore e dell’institore
   “Il procuratore generale e quello  preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari (670, 671. 1745, 2209, 2212 c.c.).
   Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nello Stato e all’institore (2203 c.c.).

Art. 634, comma 2, del codice di procedura civile
(prova scritta)
“…per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale (2195 c.c.), anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purchè bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture.”
Nota:  per le scritture contabili vedansi gli articoli dal 2709 al 2711 del codice civile. 

Art 2560 comma 1 c.c. – debiti relativi all’azienda ceduta
   “L’alienante non è liberato dai debiti inerente all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito.
   Nel trasferimento di un’azienda commerciale (2556) risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori (2214)”.

Nota
La disposizione dell’articolo va interpretata nel senso  che la liberazione  segua al consenso dato al trasferimento dell’azienda e non al consenso dato alla liberazione del vecchio debitore. In caso contrario questo articolo non sarebbe che applicazione del principio generale, per il quale un debitore  non può sostituirsi ad un altro senza il consenso del creditore.

 Articolo 8 della legge cambiaria – R.D. 14 dicembre 1933 n. 1669
   “Ogni sottoscrizione cambiaria deve contenere il nome e cognome o la ditta di colui che si obbliga. E’ valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale.”

Nota
Interessanti sono a tale proposito alcune significative sentenze della Corte di Cassazione e precisamente: Cass., sez. III, 29 maggio 1978 nr. 2705 – Cass., sez. I, 3 dicembre 1981, nr. 6393 – Cass., sez. I, 15 luglio 1966 nr. 1899 – Cass., sez. III, 25 ottobre 1978 nr. 4866 – Cass.
Merita citare in particolare la sentenza della Corte di Cassazione, sez,. I,  del 7 luglio 1982 nr. 4045, che in sostanza recita così: “la revoca dei poteri dell’amministratore di una società commerciale, e quindi il difetto di rappresentanza cartolare di costui, non è opponibile al portatore di un titolo che contenga una obbligazione cambiaria  sottoscritta dall’amministratore revocato, qualora la società stessa abbia omesso di rendere pubblico, come per legge, l’atto di revoca”.

Articolo 11 della legge sugli assegni – R.D. 21 dicembre 1933 n. 1736
   “Ogni sottoscrizione deve contenere il nome e il cognome o la ditta di colui che si obbliga. E’ valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale”. 

Nota
Si ricordano a tale proposito alcune significative sentenze: Cass., sez. II, 21 marzo 1969 nr. 892 – Tribunale di Roma, 14 dicembre  1979 – Corte di Appello di Napoli, 30 dicembre 1965 – Cass., sez. III, 6 luglio 1955, nr. 2073.

R.D. 21 giugno 1942 n. 929 sui marchi di impresa
Trattasi di una legge assai complessa. Per maggiori informazioni vedasi quanto da me esposto nel mio libro: “elementi di diritto, legislazione sociale e sanitaria, scienza delle finanze, economia politica”, a pagina 274 e seguenti.

Art. 1 della legge fallimentare
(R.D. 16 marzo 1942 nr. 267)
Imprese soggette al fallimento, al concordato preventivo e all’amministrazione controllata.
   “Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori”. 

Nota
In origine questo articolo si componeva di due parti; ma la Corte Costituzionale, con la sentenza nr. 570 del 22 dicembre 1989 ha dichiarato la illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 1, nella parte in cui prevede che:
 “quando è mancato l’accertanebto ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti  un’attività commerciale nella cui azienda risulta investito un capitale non superiore a lire novecentomila”.

Art. 2 della legge fallimentare suddetta
(R.D. 16 marzo 1942 nr. 267)
liquidazione coatta amministrativa e fallimento
   “La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per i quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla.
   Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.
   Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’art. 196”.

Nota
Trattasi di altro evidente rimando al principio della riserva di legge, di cui all’articolo 41, secondo comma, della Costituzione.

 

Per la legge fallimentare citata vedansi, inoltre, anche gli articoli seguenti:
art. 67, comma 3: atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie,
art. 216: reato di bancarotta fraudolenta,
art. 217: reato di bancarotta semplice,
art. 218: reato di ricorso abusivo al credito,
art. 222: fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, 
art. 223: fatti di bancarotta fraudolenta per persone diverse dal fallito,
art. 224: fatti di bancarotta semplice per persone diverse dal fallito,
art. 225: ricorso abusivo al credito per persone diverse dal fallito,
art. 227: reati dell’institore,
art. 234: esercizio abusivo di attività commerciale,
art. 236: concordato preventivo e amministrazione controllata.

 

Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie
(approvate con r.d. 30 marzo 1942 nr. 318 – Gazzetta Ufficiale nr. 91 del 17 aprile 1942 Suppl. Ord.)
art. 100
   “fino all’attuazione del registro delle imprese, gli atti di autorizzazione alla continuazione dell’esercizio di un’impresa commerciale nell’interesse di un minore (320, 397) o di un interdetto, gli atti di autorizzazione all’esercizio di un’impresa commerciale  da parte di un minore emancipato o di un inabilitato (424, 425), i provvedimenti di revoca delle autorizzazioni stesse, le procure institorie, le nomine di procuratori nonché gli atti e i fatti relativi alle società, per i quali il codice stabilisce l’iscrizione  nel registro delle imprese, sono soggetti all’iscrizione nei registri di cancelleria presso il tribunale secondo le modalità stabilite dalle leggi anteriori.
   Tuttavia il contenuto degli atti da iscrivere, i termini per l’iscrizione e gli effetti della medesima sono determinati dal codice.
   Fino all’attuazione del registro delle imprese non sono soggetti a registrazione gli imprenditori individuali e gli enti pubblici che esercitano un’attività commerciale, salvo quanto disposto dal primo comma del presente articolo.
   Non si applicano inoltre le disposizioni contenute nel secondo comma dell’articolo 2556 e nell’articolo 2559 del codice. 

Nota
Il registro delle imprese, come si è visto, è stato effettivamente istituito solo con la legge 29/12/1993 nr. 580 e successivo regolamento di attuazione D.P.R. 581/1995, che ha preposto alla tenuta del registro un apposito Ufficio istituito presso la Camera di commercio. La nuova normativa ha, inoltre, esteso l’obbligo di iscrizione, in sezioni speciali del registro, agli imprenditori agricoli, ai piccoli imprenditori, alle società semplici ed alle imprese artigiane. Fino alla legge 580/1993 erano invece in vigore le norme transitorie, di cui all’articolo 100 delle disposizioni di attuazione del codice civile, sopra citato, e cioè il vecchio registro di cancelleria presso il Tribunale, valevole solo per le società commerciali.
Osserviamo, per inciso, per quanto riguarda la società semplice, che la medesima è stata abolita da un decreto legislativo del febbraio 2001. Addio quindi alla società semplice, perché quasi del tutto inutilizzata. Si punta ora sulla società in nome collettivo, considerata modello efficiente per l’esercizio di ogni attività commerciale e non. E’ stata infatti pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nr. 234 di data 8/10/2001 la legge nr.366, che attraverso l’emanazione di appositi decreti legislativi, permette di riscrivere la nuova disciplina societaria.

 

Numerosissimi altri articoli, inoltre, soprattutto del codice civile, cui si rimanda per opportuna consultazione, si occupano poi di problematiche e casistiche per quanto riguarda la figura dell’imprenditore.
Ben si possono pertanto far rientrare nella categoria che la prevalente dottrina ha definito “statuto dell’imprenditore”.

Tra i più ricorrenti e significativi si citano i seguenti:

dal 2569  al 2574: del marchio,
art.2262 e seguenti: utili guadagli e perdite,
dal 2709 al 2711: scritture contabili
art. 2211: poteri di deroga alle condizioni generali di contratto,
art. 2203 e seg. disposizioni particolari per le imprese commerciali,
art. 320: rappresentanza e amministrazione,
art. 371: provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione,
art. 424: tutela dell’interdetto e curatela dell’inabilitato,
art. 425: esercizio dell’impresa commerciale da parte dell’inabilitato,
art. 397: emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale,
art. 2294: incapace,
art. 2198: minori interdetti ed inabilitati,
art. 2955: prescrizione di un anno
art. 2954: prescrizione di sei mesi,
art. 2214: ragione sociale,
art. 1783: responsabilità per le cose portate in albergo,
art. 1786: stabilimenti e locali assimilati agli alberghi,
art, 2195: imprenditori soggetti a registrazione,
art. 2205: obblighi dell’institore,
art. 2202: piccoli imprenditori,
art. 2188 e seguenti: registro delle imprese,
art. 2206: pubblicità della procura,
art. 2207: modificazione e revoca della procura,
art. 2209: procuratori,
art. 2556: imprese soggette a registrazione,
art. 2564: modificazione della ditta,
art. 2566: registrazione della ditta,
art. 2200: società,
art. 1787: responsabilità dei magazzini generali,
art. 1834 e seguenti: depositi di denaro,
art. 2787: prelazione del credito pignoratizio,
art. 2201: enti pubblici,
art. 2093: imprese esercitate da enti pubblici,
art. 2560: debiti relativi all’azienda ceduta,
art. 2093: imprese esercitate da enti pubblici,
art. 2302: scritture contabili,
art. 1400: speciali forme di rappresentanza,
art. 2135: imprenditore agricolo,
art. 2138: dirigenti e fattori di campagna,
art. 1368: pratiche generali interpretative,
art. 1510: luogo della consegna,
art. 1824: crediti esclusi dal conto corrente,
art. 2561: usufrutto dell’azienda,
art. 2221: fallimento e concordato preventivo,
art. 2308: scioglimento della società,
art. 2112: trasferimento dell’azienda,
art. 2557: divieto di concorrenza,
art. 2558: successione nei contratti,
art. 2562: affitto dell’azienda.

 

Per la figura del grande imprenditore ricordiamo i seguenti articoli codice civile:
(pur non richiedendo la presenza di un imprenditore, in pratica disciplinano l’attività dei grandi imprenditori)
art. 1330: morte o incapacità dell’imprenditore,
art. 1722: cause di estinzione del mandato (punto 4),
art. 1341: condizioni generali di contratto,
art. 1342: contratto concluso mediante moduli o formulari,
art. 1370: interpretazione contro l’autore della clausola.

 

Per l’imprenditore agricolo valgono i seguenti articoli del codice civile:
art. 2137: responsabilità dell’imprenditore agricolo,
art. 2138: dirigenti e fattori di campagna,
art. 2757: crediti per somm.ne e lavori occorrenti per la produzione agricola,
art. 2766: crediti degli istituti di credito agrario,
art. 2778: ordine degli altri privilegi sui mobili,
art. 2136: inapplicabilità delle norme sulla registrazione,
art. 2200: società,
art. 2195: imprenditori soggetti a registrazione,
art. 2139: scambio di mano d’opera o di servizi.

 

Per l’impresa agricola si citano i seguenti articoli del codice civile:
art. 2140: comunioni tacite familiari,
art. 2141 e seguenti: della mezzadria,
art. 2765: crediti derivanti dai contratti di mezzadria e di colonìa,
art. 2164 e seguenti: della colonìa parziaria,
art. 2170 e seguenti: della sòccida,
art. 2145: diritti ed obblighi del concedente,
art. 2186: sòccida con conferimento di pascolo
art. 2187: usi
art. 2143: mezzadria a tempo indeterminato,
art. 2146: conferimento delle scorte,
art. 2147: obblighi del mezzadro,
art. 2148: obblighi di residenza e di custodia,
art. 2151: spese per la coltivazione,
art. 2152: miglioramenti,
art. 2153: riparazioni di piccola manutenzione,
art. 2155: raccolta e divisione dei prodotti,
art. 2163: assegnazione delle scorte al termine della mezzadria,
art. 2079: rapporti di associazione agraria e di affitto a coltivatore diretto,
art. 1629 e seguenti: dell’affitto di fondi rustici,
dal 1647 e seguenti: dell’affitto a coltivatore diretto.
art. 2638: accettazione di retribuzione non dovuta,

 

Sui seguenti articoli del codice civile, invece, non tutta la dottrina è concorde nel farli rientrare nella casistica dello “statuto dell’imprenditore”, in quanto regolerebbero anche situazioni estranee all’impresa ed all’imprenditore, ma chiaramente sono punti di vista e ciò dipende dall’angolazione secondo la quale viene vista la tematica dell’imprenditore in generale:

art. 2094: prestatore di lavoro subordinato, 
art. 2103: mansioni del lavoratore,
art. 2109: periodo di riposo, 
art. 2104: diligenza del prestatore di lavoro, 
art  2103: mansioni del lavoratore,
art. 2086: direzione e gerarchia nell’impresa,
art. 2087: tutela delle condizioni di lavoro,
dal 2595 al 2601: della disciplina della concorrenza.

 

Nota
Non risulta predisposta una normativa apposita per i piccoli imprenditori commerciali,  il che equivale a dire che uno statuto del piccolo imprenditore commerciale allo stato  non sussiste. Ciò non toglie però che a codesti imprenditori si applichi - accanto allo statuto generale dell’imprenditore - quello altresì dell’imprenditore commerciale. Appare quindi ingiustificato escluderli dalla categoria degli imprenditori commerciali in senso tecnico, aprioristicamente assumendo quale indice la soggezione a iscrizione nel registro delle imprese.

 

Un cenno sulla Società per Azioni Europea (chiamata “Se”)
Le imprese che operano nell’unione europea o che abbiano l’intenzione di operare in più paesi dell’unione, possono costituire una società per azioni europea. I ministri del lavoro europei hanno approvato in via definitiva il regolamento e la direttiva specifica. Le nuove società potranno scegliere di fondersi, di creare una holding, di costituire un’affiliata o di trasformarsi (senza sciogliersi). E, per la gestione della loro attività, potranno scegliere tra organo di direzione, organo di vigilanza, o entrambi, con il solo organo di amministrazione. Per quanto riguarda il diritto tributario, la concorrenza, la proprietà intellettuale ed il diritto fallimentare, rimane in vigore il diritto interno dello Stato membro ed il diritto comunitario, ma non il regolamento della unione europea. Il progetto per facilitare la costituzione di imprese di questo tipo risale agli inizi del 1970, ma solo con il consiglio di Nizza del dicembre 2000 i capi di Stato e di Governo sono riusciti a raggiungere un accordo politico, non tanto sul regolamento, quanto sulle modalità di partecipazione dei lavoratori alla gestione della Società per Azioni Europea (“Se”).
I principali requisiti fino ad ora richiesti sono:

  • 120.000 euro di capitale minimo iniziale,
  • avere la sede in uno dei Paesi membri,
  • partecipazione dei lavoratori alla gestione, oltremodo garantita.

 

Prima di concludere, è opportuno operare una considerazione finale sul binomio società – imprenditori”, e precisamente:

Tutte le società sono soggetti di diritto; ma può dirsi anche che tutte le società sono imprenditori?: a mio modesto avviso no!, anche se l’art. 2247 del codice civile espressamente dice che ogni società esercita un’attività economica ed anche se si può ammettere che sempre sia presente l’elemento organizzativo. Ma è l’altro importante requisito, e cioè quello della professionalità, che non sempre è presente. Si pensi ad esempio alle cosiddette società occasionali, il cui oggetto sociale si concreta nel compimento di un unico affare, esercitando si un’attività economica organizzata, ma senza però assurgere ad impresa per mancanza appunto del requisito della professionalità; e questa è, innanzi tutto, abitualità dell’esercizio e ripetizione costante nel tempo di atti economici.
Non vi è dubbio, tuttavia, che la grande maggioranza delle società siano imprenditori; e che in conseguenza l’ordinamento abbia assoggettato in non pochi casi le società alla stessa disciplina prevista per gli imprenditori, ed in particolare le società commerciali alla stessa disciplina stabilita per gli imprenditori commerciali. Ma la soggezione di tutte le società ad una disciplina almeno parzialmente uniforme non esclude, come appare ovvio, l’esattezza della constatazione che, in talune ipotesi, la società non abbia qualità di imprenditore.

 

Ed infine, per una maggiore e più compiuta comprensione del tema trattato, merita ricordare che è stata effettuata la riforma del diritto societario, con l’entrata in vigore dal primo gennaio del 2004.

I riferimenti legislativi, cui ovviamente si rimanda, sono i seguenti:

  • legge delega del 3/10/2001 nr. 33,
  • decreto legislativo 17/12/2003 nr. 5 e 6,
  • Gazzetta Ufficiale nr. 153 del 4 luglio 2003.

In sostanza sono state operate le seguenti modifiche:

  • dall’articolo 2325 all’articolo 2548 del codice civile,
  • e per quanto riguarda le disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al R.D. 30/3/1942 nr. 318, sono stati modificati gli articoli 92, 94, 103, 104 e 106. Inoltre, dopo l’articolo 111, sono stati inseriti ben dodici sotto articoli (con denominazione in latino) e precisamente dal 111/bis al 111/duodecies. L’articolo 218 è stato sostituito ed ancora, dopo l’articolo 223 sono stati inseriti (sempre con denominazione latina) ben 23 sotto articoli e precisamente dal 223/bis al 223/vicies ter.

 

 

 

Fonte: http://www.bruzz.net/diritto/Lavori/Statuto%20dell'imprenditore.doc

Sito web da visitare: http://www.bruzz.net/diritto/

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