Organi costituzionali dello stato italiano

Organi costituzionali dello stato italiano

 

 

 

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Organi costituzionali dello stato italiano

 

GLI ORGANI COSTITUZIONALI

La seconda parte della Costituzione è dedicata all’ordinamento della Repubblica, cioè spiega come è organizzato e come funziona lo Stato. La Costituzione prevede i seguenti organi Costituzionali: Il Parlamento, il Governo, il Presidente della Repubblica, la Magistratura, La Corte Costituzionale.

IL PARLAMENTO
Il Parlamento è composto da uno o due organi che assumono nomi specifici a seconda degli stati. Qualunque sia la sua composizione, nella tradizionale divisione dei poteri, al parlamento è riservata la fondamentale funzione legislativa. I parlamenti possono essere monocamerali o bicamerali.  Si ha un parlamento mono camerale quando è formato da una sola camera (es. Grecia, Portogallo, Svezia). Si ha bicameralismo quando il parlamento è formato da due camere. Il Bicameralismo è la prima forma di parlamento che si è costituita sulla base di due precisi modelli:

  • Quello inglese (XVII° secolo), in cui le due camere rappresentavano classi sociali diverse: la camera dei comuni, elettiva, rappresentava la borghesia, la camera dei lords, di nomina regia o ereditaria, rappresentava i proprietari terrieri e i nobili. Tale modello è stato introdotto anche nel Regno d’Italia dallo Statuto Albertino.
  • Quello Americano, in cui le due camere rispondevano e rispondono alle esigenze della forma di stato federale. La camera dei rappresentanti infatti rappresenta l’insieme dei cittadini mentre il Senato è rappresentativo degli stati federati.

Il bicameralismo può essere perfetto o imperfetto. Si ha bicameralismo perfetto quando alle due camere sono affidati gli stessi poteri; esse quindi si trovano su un piano di assoluta parità. Tale sistema si giustifica con l’esigenza di una maggiore ponderazione delle leggi e un controllo reciproco tra le due camere. L’inconveniente principale è rappresentato dai tempi, spesso molto lunghi, per l’approvazione delle leggi. L’Italia è ormai l’unico Paese Europeo che adotta questa soluzione. Si ha invece il bicameralismo imperfetto quando una camera ha poteri diversi dall’altra. Una camera (di solito quella eletta a suffragio universale e diretto) rappresenta l’insieme dei cittadini ed è dotata di maggiori poteri (es. potere legislativo, fiducia al governo). La seconda camera (eletta in genere indirettamente dal popolo) ha funzioni diverse e integrative rispetto alla prima (es. approvazione leggi costituzionali, poteri consultivi per l’approvazione di una legge ordinaria). Il bicameralismo imperfetto, nella società moderna ha il merito sia di permettere agli enti territoriali di essere rappresentati a livello nazionale, sia di accelerare l’iter legislativo snellendone la procedura.

Il parlamento è organo rappresentativo del popolo, ha struttura bicamerale, in quanto è costituito dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica (art. 55 Cost).
Le due camere sono elette per 5 anni: il periodo che intercorre tra due elezioni viene detto legislatura. La durata della legislatura può essere più breve di quella normale nel caso di scioglimento anticipato delle camere (ad es. in caso di crisi di governo) disposto dal presidente della Repubblica. La proroga delle camere al di là del tempo normale della loro durata è ammessa solo con legge (cioè con atto del parlamento stesso) quando le elezioni non potrebbero essere svolte, ossia in caso di guerra. Le due Camere sono organi distinti l’uno dall’altro, ma hanno uguali poteri (bicameralismo perfetto), sono cioè poste su un piano di perfetta parità, anche se la loro composizione è molto diversa.
La camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto dai cittadini di ambo i sessi che abbiano raggiunto la maggiore età. Ha sede a Palazzo Montecitorio a Roma. I deputati sono 630: sono eleggibili tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni abbiano compiuto 25 anni.
Il Senato della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini che hanno compiuto 25 anni di età: sono eleggibili i cittadini che abbiano compiuto 40 anni. Ha sede a palazzo Madama a Roma. I Senatori elettivi sono 315. Ad essi si aggiungono i senatori a vita, che sono tutti gli ex Presidenti della Repubblica e quelli che vengono nominati dal PdR, in numero massimo di 5 da ciascun PdR, tra i cittadini che abbiano dato lustro alla patria in campo sociale, politico, artistico, letterario, economico, scientifico.
Come detto ogni camera lavora per conto proprio ed indipendentemente dall’altra. Tuttavia la Costituzione all’art. 55 prevede che si riuniscano in seduta comune nei seguenti casi:
a) l’elezione e il giuramento del Presidente della Repubblica; b) La messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Costituzione; c) L’elezione di 5 giudici Costituzionali; d) L’elezione di 8 componenti del Consiglio superiore della Magistratura.
All’interno di ogni singola camera vengono costituite le commissioni parlamentari, formate da parlamentari in numero proporzionale alle forze politiche presenti in Parlamento. Possono essere straordinarie, se create di volta in volta al fine di indagare su fenomeni di particolare gravità (es. terrorismo) o permanenti. In quest’ultimo caso esse hanno competenza specifica per materia (difesa, giustizia, esteri, istruzione , etc), e hanno il compito di preparare i lavori dell’Assemblea plenaria (commissioni in sede referente). In alcuni casi, per disegni di legge di scarsa importanza, possono deliberare al posto della Camera stessa (commissioni in sede deliberante). Infine le commissioni in alcuni settori di particolare importanza e delicatezza possono essere biacamerali, cioè composte da deputati e senatori. Ad es. La commissione per la vigilanza sulla Rai, sui servizi segreti, la Commissione bicamerale antimafia.
Il Parlamento è un organo molto importante nel nostro sistema Costituzionale in quanto, oltre a fare le leggi, accorda la fiducia al Governo, ne controlla l’attività e può costringerlo a dimettersi togliendogli la fiducia. Per questo motivo la nostra Repubblica è detta Parlamentare.
La qualità di Parlamentare si acquista all’atto della proclamazione degli eletti. Secondo l’art. 67 “ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Questo libera gli eletti dagli interessi specifici e immediati dei loro elettori e li rende liberi di operare, secondo coscienza, in nome degli interessi generali e permanenti della Nazione. Il singolo Parlamentare può quindi votare in modo difforme rispetto a quanto si è impegnato a fare nei confronti dei suoi elettori o del suo partito senza alcuna conseguenza. L’unica conseguenza che potrà temere sarà quella di non essere ricandidato o rieletto nelle successive elezioni. I Parlamentari godono della cosiddetta immunità Parlamentare. L’art. 68 ha inteso garantire loro la piena libertà di opinione. Così i parlamentari possono usare le espressioni che credono ed esprimere le opinioni che ritengono più opportune (insindacabilità).  Riguardo l’immunità penale, la legge 29 ottobre 1993 ha modificato parte dell’art. 68 della Costituzione. Infatti la Magistratura non deve più richiedere l’autorizzazione al Parlamento per poter indagare su un Parlamentare. La necessità dell’autorizzazione a procedere è rimasta per l’arresto, per le perquisizioni personali o domiciliari, per la possibilità di utilizzare intercettazioni telefoniche o ambientali. Il Parlamento è l’organo che esercita le attività di indirizzo politico e di controllo rispetto al governo. In questo senso i singoli parlamentari possono presentare interrogazioni e interpellanze. Le interrogazioni sono domande che i parlamentari rivolgono per iscritto al Governo o a un Ministro per conoscere se determinati fatti siano veri e per sollecitare il Governo a dire quanto è a sua conoscenza su un determinato avvenimento (es. interrogazioni su incidenti avvenuti durante una manifestazione). Le interpellanze non riguardano fatti o avvenimenti ma il comportamento del governo in particolari circostanze (es. la posizione del governo rispetto al problema dell’immigrazione clandestina). Queste servono per discutere la responsabilità del governo per le sue azioni. L’interpellante (o gli interpellanti) può anche decidere di presentare una mozione per censurare (o sostenere) il comportamento del Governo (es. per confermare o non confermare l’impegno in una missione di pace) esprimendo quindi una valutazione su un particolare comportamento e/o decisione del Governo.

La funzione legislativa è senza alcun dubbio la funzione più importante svolta dal Parlamento. Le due Camere svolgono la loro funzione legislativa separatamente, tuttavia per l’approvazione di una legge è necessario il voto favorevole di ciascuna camera. Le deliberazioni relative all’approvazione di una legge sono valide solo se al momento della votazione vi è in aula la maggioranza dei componenti l’assemblea (numero legale o quorum Costitutivo). Le deliberazioni sono prese a maggioranza dei presenti (maggioranza semplice), a meno che non sia prescritta dalla Costituzione un'altra maggioranza: Assoluta, cioè il voto favorevole della metà più uno dell’intera assemblea (316 voti favorevoli alla Camera); Qualificata in cui è richiesto un numero di voti favorevoli maggiore (2/3, ¾, 3/5).
Il procedimento di  formazione di una legge è assai lungo e complesso e va sotto il nome di “iter legis”, a significare tutto il percorso che un atto normativo deve fare per divenire legge dello Stato. La prima fase è quella dell’iniziativa, che consiste nella presentazione a una delle due camere, indifferentemente,  di una proposta di legge redatta in articoli.
L’iniziativa legislativa appartiene: a ciascun membro del Parlamento; al Governo (disegno di legge); a ciascun Consiglio regionale; al consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL); ai cittadini (raccogliendo 50.000 firme: art. 71 Cost.).
La proposta di legge è esaminata dalla commissione legislativa competente, che redige una relazione e riferisce alla camera di appartenenza (deputati o senatori). La proposta di legge viene prima esaminata articolo per articolo e poi approvata nella sua globalità dalla prima camera. Una volta approvata, viene inviata all’altra camera che, a sua volta, deve discuterla e approvarla con le stesse modalità. Se non vi sono emendamenti (modifiche parziali al testo di legge), ossia se anche la seconda camera approva lo stesso testo di legge, la legge risulta approvata. Se però il testo viene modificato da una delle due camere, torna all’altra camera che è chiamata ad approvare solo gli emendamenti. E’ sufficiente che una sola camera non approvi un progetto di legge, cioè che dalla votazione risulti che la maggioranza di quella camera è contraria, perché la proposta di legge decada. La proposta approvata da entrambe le camere passa alla fase successiva: la promulgazione che è l’atto con il quale il Presidente della Repubblica, previa verifica della compatibilità della legge approvata dal parlamento alla Costituzione, firma la legge. Il PdR ha la possibilità, per una sola volta, di rinviare la legge alle camere con un messaggio motivato, al fine di richiedere una nuova votazione. Si parla in questo caso di veto sospensivo. Il parlamento può accogliere i rilievi del PdR e modificare la legge oppure votare a maggioranza assoluta la stessa legge. In questo caso il PdR è obbligato a firmare la legge in quanto è il parlamento titolare della funzione legislativa  e con la seconda votazione se ne assume la responsabilità. La firma del PdR rende la legge esecutoria. La legge viene infine pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica ed entra in vigore, di solito, dopo 15 giorni. Tuttavia sono possibili tempi maggiori (anche un anno) o inferiori (lo stesso giorno della pubblicazione).
Poiché la procedura dell’iter legis è molto lunga e laboriosa, la Costituzione all’art. 72  consente per disegni di legge urgenti una procedura abbreviata. L’iter abbreviato prevede che la commissione competente per materia approvi il progetto articolo per articolo, lasciando alle camere la votazione globale. In taluni casi, per leggi di minore importanza, la commissione non solo discute il progetto, ma procede anche alla sua approvazione. Si dice allora che la commissione parlamentare opera in sede deliberante. In tali casi è possibile che si opponga all’approvazione in commissione il governo o un decimo dei componenti delle camere, o un quinto dei membri della commissione stessa. Il motivo per cui si da la possibilità di impedire l’approvazione in commissione è evidente, se si pensa che un provvedimento di legge rischia di essere approvato senza che il Parlamento, nella sua composizione ordinaria, ne sia a conoscenza. Questa procedura è in ogni caso esclusa per le leggi Costituzionali, le leggi elettorali, i decreti legislativi, la ratifica di trattati internazionali, l’approvazione di bilanci e consuntivi.

Leggi di revisione Costituzionale. Al Parlamento compete anche l’eventuale modifica della Costituzione, secondo la procedura prevista dall’art. 138. E’ importante notare che la Costituzione non è modificabile in tutte le sue parti. Vi sono dei limiti alla revisione, posti dalla stessa Costituzione. E’ il caso dell’art. 139, che prevede la non modificabilità della forma Repubblicana, e della prima parte dell’art. 2, che stabilisce il riconoscimento da parte della repubblica dei “Diritti inviolabili dell’uomo”.
Per modificare la Costituzione, il Parlamento deve seguire un procedimento particolare, reso più difficile di quello legislativo normale; infatti la proposta di legge deve essere approvata due volte da ciascuna camera a un intervallo non inferiore a tre mesi e,  nella seconda votazione, è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti. Segue la pubblicazione per consentirne a tutti la conoscenza.
Può essere richiesto un referendum, detto Costituzionale, solo nei casi in cui nella seconda votazione la legge Costituzionale non abbia ottenutoli voto favorevole di almeno i 2/3 dei componenti (maggioranza qualificata). In questo caso la legge viene pubblicata per notizia sulla gazzetta ufficiale (quindi non promulgata). Entro i tre mesi successivi 1/5 dei membri del Parlamento, o 500.000 elettori, o cinque consigli Regionali possono avanzare richiesta di referendum. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza di voti validi.
La Costituzione prevede anche il referendum abrogativo con cui i cittadini sono chiamati direttamente a giudicare sull’opportunità di mantenere o meno in vigore le leggi vigenti. Possono partecipare al referendum tutti i cittadini che abbiano compiuto 18 anni. Il referendum abrogativo, come il referendum Costituzionale, può essere richiesto da almeno 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali.
La richiesta viene esaminata dalla Corte Costituzionale e, se ritenuta valida, è indetto il referendum con decreto del Capo dello Stato. L’abrogazione viene dichiarata dal Presidente della Repubblica  e decorre dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei risultati del referendum, sempre che abbaino partecipato allo stesso almeno il 50% +1 degli elettori.
L’art. 75 stabilisce che non è ammesso il referendum per abrogare le leggi di bilancio, tributarie, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di amnistia e indulto (l’amnistia è causa di stazione del reato, è un atto di clemenza generale con cui lo Stato rinuncia ad applicare la pena nei confronti di determinati reati; essa differisce dall’indulto, in quanto in questo caso lo Stato si limita a condonare una parte della pena senza estinguere il reato).

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Al vertice dello stato vi è un organo individuale: Il Presidente della Repubblica, che risiede a Roma a Palazzo del Quirinale. Egli è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità ed è il simbolo della Nazione. Il P.d.R deve essere rigorosamente imparziale (o super partes) al di là degli schieramenti politici nell’interesse esclusivo della nazione e nel rispetto della Costituzione
Ai sensi dell’art. 83 della Costituzione, è eletto dal parlamento in seduta comune; alla sua elezione partecipano anche tre delegati per ogni regione (tranne la valle d’Aosta che ne ha solo uno)) designati dal Consiglio regionale, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze politiche. La sua elezione ha luogo a scrutinio segreto, a maggioranza qualificata dei 2/3 dell’assemblea nei primi tre scrutini, e a maggioranza assoluta nei successivi.
I requisiti richiesti per l’elezione a presidente della Repubblica sono elencati all’art. 84; Cittadinanza Italiana, compimento dei 50 anni, godimento dei diritti civili e politici. La durata in carica è di 7 anni, rieleggibile; Non è richiesto alcun titolo di studio; tale ufficio è incompatibile con qualsiasi altra carica. Quando il Presidente della Repubblica è impedito (es. viaggio all’estero  o malattia) nello svolgimento delle sue funzioni, il Presidente del senato gli subentra, in qualità di supplente.

Le attribuzioni presidenziali, ossia i compiti e le funzioni che la Costituzione assegna al Presidente della Repubblica, si possono fondamentalmente distinguere  due grandi categorie di atti:

  • Atti formalmente del Capo dello Stato, ma imputabili alla volontà del Governo (funzioni Ministeriali) . Consistono nella nomina dei Ministri e nell’emanazione dei regolamenti, dei decreti legge, dei decreti legislativi  e dei disegni di legge.
  • Atti esclusivi del Presidente (funzioni presidenziali) . Consistono nella nomina di 5 senatori a vita, nella nomina di 5 Giudici Costituzionali, nel potere di scioglimento delle camere, nella designazione del Presidente del Consiglio, nel concedere la grazia o commutare le pene, nel conferire le onorificenze della Repubblica.

 

Poiché il Presidente della repubblica non deve essere coinvolto nelle scelte politiche, l’articolo 89 stabilisce che: “ nessun atto del Presidente della repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità”. La firma del Presidente della Repubblica pertanto è un atto puramente formale, in quanto non è lui il responsabile, ma il Ministro che controfirma l’atto (si parla di atti sostanzialmente Presidenziali). In proposito l’articolo 90 dichiara: “ Il presidente della repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e attentato alla Costituzione” In tali casi è messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri, ed è Giudicato dalla Corte Costituzionale.
Negli atti c.d. “sostanzialmente Governativi” le parti si invertono. La decisione effettiva dell’emanazione di un atto spetta al Governo (o ai Ministri). In questi casi il P.d.R dovrà accettare la loro proposta quando non siano palesemente inammissibili (nella legittimità o nel merito), svolgendo quindi, in questo caso, un controllo preventivo sulle decisioni del governo. In questa categoria rientrano gli atti del P.d.R che hanno a che vedere con l’azione del Governo come organo politico e vertice dell’amministrazione (per es. l’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge, l’emanazione dei decreti legge, la nomina dei funzionari dello Stato, l’accreditamento dei diplomatici, etc..).  Nel caso in cui il Governo, negando la controfirma, volesse impedire al Presidente di esercitare le sue funzioni, ovvero, al contrario, il P.d.R , rifiutando la proposta ministeriale, volesse impedire al governo di governare, il rimedio è costituito dal conflitto di attribuzioni di fronte alla Corte Costituzionale.
Spettano al presidente della repubblica una serie di poteri indicati dalla Costituzione, che riguardano la funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria. Essi possono essere sintetizzati come segue.

  • Funzione Legislativa: Indice le elezioni; nomina 5 senatori a vita; può sciogliere le camere; promulga le leggi (questo è sicuramente uno dei poteri più importanti, ed è stato descritto nell’iter di approvazione di una legge); può rinviare le leggi alle camere per una nuova deliberazione con messaggio motivato; invia messaggi alle camere; indice i referendum.
  • Funzione Esecutiva: Nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri; Emana i regolamenti, i decreti legge e i decreti legislativi; ha il comando delle forze armate; presiede il Consiglio superiore di difesa; Riceve i rappresentanti degli stati esteri; ratifica i trattati internazionali;
  • Funzione Giudiziaria: Presiede il Consiglio superiore della Magistratura; può concedere la grazia e commutare le pene; Nomina 5 componenti della Corte Costituzionale.

 

LA CORTE COSTITUZIONALE
La Corte Costituzionale è essenzialmente un organo di controllo Costituzionale. E’ infatti chiamata, in particolare, a decidere sulla Costituzionalità o meno delle leggi e a risolvere i conflitti di competenza tra gli organi Costituzionali.
La Corte Costituzionale è composta da 15 giudici, nominati per 1/3 dal Presidente della repubblica; per 1/3 dal Parlamento in seduta comune; e per 1/3 dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative (Corte di cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei Conti).
I  Giudici sono scelti tra magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrativa, tra i professori universitari di diritto, tra gli avvocati dopo 20 anni di esercizio professionale. Sono nominati per 9 anni e non possono essere nuovamente nominati. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o di Consigliere Regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica e ufficio indicati dalla legge.
Per quanto riguarda le attribuzioni della Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 134, esse consistono: Nel giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni; Nel dirimere i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, tra Stato e Regioni e tra Regioni; Nel pronunciarsi sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica. La legge Costituzionale 11 marzo 1953 n. 1 ha attribuito alla Corte una quarta funzione: Il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo.
In materia di legittimità Costituzionale delle leggi, la Corte non può agire direttamente, ma solo su domanda di un giudice (Giudizio o Procedimento Incidentale) . Ad esempio, se durante un processo civile, penale o amministrativo, il giudice rileva che una norma di legge, che dovrebbe applicare, è in contrasto con la Costituzione, trasmette gli atti alla Corte Costituzionale. Il processo viene sospeso fino alla sentenza della Corte, che si pronuncia sulla conformità, sia formale che sostanziale, della norma di legge alla Costituzione. Nel caso in cui la Corte accolga il ricorso emette una sentenza che dichiara illegittima la norma. Questa perde efficacia dal giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Con le sentenze di rigetto, la corte si limita a dichiarare infondata la questione; la legge sottoposta al suo giudizio rimane in vigore e tutti dovranno continuare ad applicarla. Le decisioni delle Corte sono inappellabili, non è possibile ricorrere a nessun organo superiore. In base al Procedimento Principale (o in  via diretta) la Corte costituzionale interviene quando lo Stato promuova la questione di legittimità o di competenza contro una legge Regionale (reciprocamente anche una regione può promuovere analoga azione contro una legge dello Stato). Quando è lo stato ad agire contro le leggi regionali, il Governo dispone di 60 giorni dalla pubblicazione della legge Regionale per proporre il ricorso alla Corte Costituzionale (il periodo di impugnativa è identico per l’azione promossa dalle regioni contro lo stato).
La Corte risolve i conflitti di attribuzione fra poteri dello Stato. Quando due organi dello stato si ritengono ambedue competenti o ambedue incompetenti a compiere un determinato atto, la Corte decide, se le viene richiesto, a chi spetta la competenza.
La Corte Costituzionale giudica sulla legittimità di richiesta di referendum da parte dei cittadini. L’articolo 75 vieta infatti il ricorso al referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.
La Corte Costituzionale giudica sui reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione compiuti dal Presidente della Repubblica. L’alto tradimento è il delitto gravissimo compiuto da colui che mira a mettere in pericolo la sicurezza della vita civile, attraverso macchinazioni con i suoi eventuali nemici (terroristi, potenze straniere in guerra con l’Italia). L’attentato alla Costituzione non è la semplice violazione della carta Costituzionale, ma il comportamento che mira a mutare per via illegale le sue Istituzioni (es. reintroduzione della Monarchia). In questi casi la Corte Costituzionale agisce come “Alta Corte di Giustizia”, integrata da 16 giudici estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento ogni 9 anni e comprendente cittadini che hanno i requisiti per essere eletti senatori (40 anni). Questi giudici supplementari rappresentano una specie di giuria popolare che affianca i giudici Costituzionali ordinari. Il Giudizio davanti alla Corte è promosso dal Parlamento in seduta comune con un vero e proprio atto d’accusa, nel quale sono specificate le imputazioni e le ragioni che lo giustificano. Il procedimento di fronte alla Corte è un vero processo penale, con l’accusa (sostenutala commissari scelti dalle camere) e la difesa dell’imputato che si fronteggiano. La sentenza della Corte (di colpevolezza o innocenza) è definitiva, non potendo essere impugnata presso alcun altra giurisdizione.

IL GOVERNO
La costituzione, agli articoli  92 e seguenti, tratta del Governo, organo Costituzionale collegiale, cui spetta il potere esecutivo, oltre che la direzione politica dello Stato. Il Governo, che ha sede a Palazzo Chigi, è un organo assai complesso, perché è formato da una pluralità di organi, ciascuno con competenze specifiche: Presidente del Consiglio dei Ministri; Ministri; Consiglio dei Ministri. Questi sono gli organi previsti dalla Costituzione, ma fanno parte del Governo anche il Vice Presidente/i del Consiglio, i sottosegretari di stato, i comitati interministeriali, il Consiglio di gabinetto, i commissari straordinari.
I ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio e sono preposti alla direzione dei singoli Ministeri, cui spetta l’attuazione dei fini dello Stato (Ordine pubblico, giustizia, sanità , etc..).  I ministri sono organi burocratici che dirigono un particolare settore della pubblica amministrazione: Interni, Esteri, Economia, Giustizia, Difesa, Istruzione, etc..). fanno parte del Consiglio dei Ministri anche i ministri senza portafoglio, così denominati perché, a differenza degli altri,  non hanno alle loro dipendenze un dicastero, e cioè un insieme di uffici organizzati in forma gerarchica. Il loro incarico si limita a materie specifiche, quali le politiche comunitarie, gli affari sociali, i rapporti con il Parlamento.
Il Presidente della Repubblica (dopo aver consultati i partiti politici rappresentati in Parlamento) conferisce l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio incaricato. Quest’ultimo normalmente accetta “con riserva” l’incarico e prende a sua volta contatto con i partiti che intende riunire nella coalizione al fine di concordare il programma del nuovo Governo e la lista dei Ministri. Se il suo tentativo di mettere insieme una maggioranza riesce, il Presidente incaricato si reca dal P.d.R per “sciogliere la riserva”, cioè accettare la nomina e proporre la lista dei Ministri del nuovo Governo. Qualora invece il suo tentativo fallisca, rimette il mandato rinunciando all’incarico, che il Pd.R affiderà ad altri o, in ultima analisi, scioglierà il Parlamento e indirà le nuove elezioni. Se il Presidente del Consiglio accetta di formare un nuovo Governo, il Pd.R procederà alla nomina del nuovo Presidente del Consiglio e dei Ministri ed a ricevere da questi il giuramento di fedeltà alla repubblica, l’osservanza della Costituzione e delle leggi dello Stato, di svolgere le loro funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione. E’ in questo momento che il nuovo Governo entra ufficialmente in carica. L’art. 94 stabilisce che il Governo, entro 10 giorni dal giuramento, deve avere la fiducia del Parlamento. Il nostro Governo è appunto detto Governo Parlamentare, anche se non è nominato dal Parlamento, poiché non può rimanere in carica senza la fiducia del Parlamento, Ciascuna camera, infatti, accorda o revoca la fiducia mediante una mozione motivata, anche successivamente al primo voto di fiducia, durante l’intero arco della legislatura. L’atto con cui il Parlamento conferisce la fiducia (o la toglie) è detta mozione. Con l’ottenimento della fiducia da parte dei due rami del Parlamento il Governo assume “pieni poteri” che fino a quel momento si limitano alla ordinaria amministrazione.
Quando un governo non gode più della fiducia del Parlamento è costretto a rassegnare le dimissioni al capo dello Stato. Si parla in tal caso di crisi parlamentare. Vi possono essere anche crisi extraparlamentari che si verificano quando il Governo dà le dimissioni, non perché il Parlamento ha votato la sfiducia, ma perché, ad esempio, i partiti che lo appoggiano hanno comunicato la loro decisione di ritirarsi dalla maggioranza.
La funzione del Governo è essenzialmente esecutiva e consiste nell’amministrare “la cosa pubblica”, attuando gli obiettivi dello Stato secondo le norme vigenti. Questa funzione è esercitata dai singoli ministeri e si può dire che il governo è al vertice della pubblica amministrazione. Il Governo svolge anche una funzione di indirizzo politico.
Nel momento del suo insediamento presenta infatti al Parlamento un programma politico, in cui enuncia quali obiettivi intende perseguire e in che modo.  Al governo è inoltre riservata un importante funzione legislativa, nei casi previsti dalla Costituzione. L’art. 77 della Costituzione sancisce esplicitamente che il Governo senza la delega del Parlamento non può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Pertanto, solo con una legge delega del Parlamento, il Governo può emanare i decreti cosiddetti legislativi o delegati. Il Parlamento con legge delega  indica al Governo l’oggetto, i criteri da seguire  e i tempi entro i quali dovrà emanare il provvedimento. Il Parlamento spesso delega il Governo a legiferare, su materie specifiche e complesse, in quanto si presume che i vari ministeri abbiano, su certi argomenti, una competenza concreta maggiore rispetto al Parlamento (es. lista di sostanze stupefacenti e relative norme in materia).
Il Governo può adottare provvedimenti legislativi in casi di necessità e urgenza, senza bisogno di una preventiva delega da parte del Parlamento. Sono questi i Decreti-legge, i quali entrano in vigore immediatamente, data appunto l’urgenza che ne ha determinato l’emanazione. Essi devono essere presentati alle camere il giorno stesso della loro emanazione, per la conversione in legge. Entro il limite di 60 giorni, il Parlamento deve procedere alla loro conversione in legge. In caso contrario il decreto perde efficacia con effetto retroattivo, cioè a decorrere dal giorno della sua entrata in vigore.
Da quanto si è detto a proposito del Governo, risulta evidente che l’esclusiva della funzione legislativa spetta sempre e comunque al Parlamento. Questo infatti afferma la sua volontà o prima, attraverso la legge delega, o dopo, attraverso la conversione in legge del decreto legge.

LA MAGISTRATURA
I magistrati (che nel loro complesso costituiscono la magistratura) hanno il compito di interpretare le leggi  e di applicarle in tutti i casi sottoposti al loro esame. Può trattarsi di liti che sorgono fra privati cittadini (processi civili), di liti fra privati cittadini ed enti pubblici (processi amministrativi), o  di processi penali, che si svolgono per accertare se veramente gli imputati hanno commesso le violazioni di legge che sono loro contestate e, in caso affermativo, per infliggere loro le pene previste.
E’ necessario che i giudici svolgano la loro attività in modo imparziale, cioè non parteggiando o per l’uno o per l’altro, ma stabilendo chi ha ragione e chi ha torto esclusivamente in base alle leggi. Ma, per il buon funzionamento della giustizia e la tutela dei diritti dei cittadini da ogni possibile sopruso, è anche necessario che nello svolgere i loro compiti i giudici siano indipendenti da ogni altro potere pubblico. Solo così si può avere la garanzia di decisioni non viziate da condizionamenti e pressioni.
L’indipendenza della Magistratura da altri poteri è un principio fondamentale per accertare il grado di libertà di cui si dispone effettivamente in ogni Paese e in ogni periodo storico. In passato, anche in Italia, è spesso accaduto che la Magistratura fosse condizionata dal governo, in grado di imporle la propria volontà politica. I giudici, infatti, dipendevano dal Ministro della Giustizia (esponente del Governo).  Erano di frequente esposti a pressioni o a minacce, in quanto  potevano essere rimossi e trasferiti. La Costituzione ha voluto garantire l’indipendenza della Magistratura affermando che essa “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104) e che i giudici, chiamati ad amministrare la giustizia “in nome del popolo”, sono soggetti “soltanto alla legge” (art. 101).Quest’ultima previsione sta a significare che i giudici devono applicare le leggi indipendentemente dalle loro idee e dalle loro convinzioni sul quel determinato tema, ed anche se sono contrari allo spirito e al dettato di una determinata legge. A garanzia dell’indipendenza della Magistratura è stato istituiti il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Si tratta di un organo collegiale, indipendente dal Governo, nel quale sono presenti componenti diverse.
E presieduto dal Presidente della Repubblica; ne fanno parte, di diritto, Il Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione e altri 24 Membri elettivi, 2/3 dei quali sono scelti in loro rappresentanza da tutti i Magistrati (membri togati) mentre l’altro terzo è eletto dal Parlamento in seduta Comune tra giuristi e avvocati (membri laici). Il rapporto numerico tra componenti laici e componenti togati fa sì che, nel CSM, la prevalenza dei membri togati produca forme di auto tutela particolarmente incisive.
Attraverso il CSM si realizza l’autogoverno della Magistratura. Esso infatti decide in materia di assunzioni, assegnazioni di sede, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari dei Magistrati. Le sue deliberazioni sono attuate dal Ministro della Giustizia che ha diritto di intervenire a tutte le sue riunioni pur non facendone parte.
Lo stesso Ministro (col procuratore generale della Cassazione) ha il potere di promuovere l’azione disciplinare davanti al CSM (vale a dire di richiedere al Consiglio di valutare il comportamento professionale dei singoli magistrati, per accertare se esistano i presupposti per l’applicazione di sanzioni disciplinari).
Norme specifiche della Costituzione riguardano la condizione dei Magistrati. La loro assunzione avviene per concorso. A garanzia dell’indipendenza dei magistrati, è sancita la loro inamovibilità dalle sedi e dagli uffici che occupano (solo il CSM è competente in proposito). Tutti i Magistrati hanno pari dignità e si distinguono tra loro non per gradi, ma solo per le funzioni svolte.
Un imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Perché ciò accada, l’ordinamento Italiano prevede un iter scrupoloso, che può arrivare fino a tre gradi di giudizio.
Il processo di primo grado. Gli organi giudiziari sono numerosi, e si distinguono a seconda della competenza che è loro attribuita dalla legge. Sia in materia civile che penale, i casi meno complessi sono affidati al giudizio del Giudice di Pace. Tutti gli altri casi sono invece giudicati dal Tribunale, organo che in alcuni casi opera in composizione monocratica (con un solo Giudice), in altri casi in composizione collegiale (con 3 Giudici, uno dei quali funge da Presidente). Nella materia penale alcuni reati particolarmente gravi (stragi, omicidi volontari) sono giudicati dalla Corte d’assise (composta da 2 Giudici togati e da 6 Giudici popolari, cioè cittadini estratti a sorte periodicamente). Tutti questi organi giudiziari si occupano delle cause come giudici di primo grado.
Il processo di secondo grado. Contro le decisioni di primo grado è possibile presentare appello a Giudici di secondo grado in base al principio del doppio grado di giudizio: ogni decisione emessa in prima istanza può infatti essere rimessa all’esame di un Giudice di seconda istanza, che può modificarla o confermarla. I giudici di secondo grado sono: Il tribunale, contro le sentenze del Giudice di Pace; La Corte d’Appello (composta da tre Giudici) contro le sentenze del Tribunale; La Corte d’Assise d’Appello (che ha la stessa composizione della Corte d’Assise), contro le sentenze della Corte d’Assise.
Il ricorso per Cassazione. Ogni decisione di secondo grado può essere sottoposta (a iniziativa delle parti, come avviene per l’appello) alla Corte di Cassazione, che, nel caso, può decretare la ripetizione del processo. Tuttavia, l’esame della Cassazione può riguardare soltanto l’esatta applicazione delle leggi da parte degli altri Giudici, non la valutazione dei fatti che questi ha esaminato. Si dice, perciò, che la Cassazione è Giudice della legittimità, mentre gli altri organi Giudiziari sono giudici del merito (cioè delle questioni di fatto).
L’art. 24 della Costituzione così recita: “Tutti possono agire in Giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del processo”.
Dal punto di vista della competenza per territorio esistono una pluralità di organi giudiziari dello stesso livello (tanti Giudici di pace, tanti tribunali, tante Corti d’Appello, tante Corti d’Assise), ciascuno dei quali si occupa dell’ambito territoriale in cui opera. Un principio Costituzionale importante in questo senso è stabilito dall’art. 25: “ Nessuno può essere distolto dal Giudice naturale precostituito per legge”. In pratica, i cittadini devono sapere con certezza, nel momento in cui compiono atti che potrebbero cadere sotto un Giudizio, quale sarà il Giudice a cui saranno assegnati per il Giudizio, senza che possa essere cambiato successivamente e scelto in vista di un esito particolare del giudizio.

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