Scienze politiche riassunto libro Giardini

Scienze politiche riassunto libro Giardini

 

 

 

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Scienze politiche riassunto libro Giardini

 

PLATONE

I primi dialoghi di Platone ruotano intorno al tema della virtù asserendo che tutte le virtù si riducono ad una sola la saggezza→ che Platone chiamerà idee

La “ REPUBBLICA” è un opera di filosofia e teoria politica scritta approssimativamente nel periodo dal 390 al 360 a.c.  dal filosofo Platone, che ha avuto un enorme influenza nel pensiero occidentale.
Al centro di quest’opera vi è il problema politico, fondamentale nel pensiero di Platone.
L’opera tratta:

  • La genesi dello Stato Lo Stato trae origine dalla necessità di soddisfare i bisogni naturali dell’individuo. Dato che l’individuo non può essere del tutto autosufficiente, allora la soddisfazione dei bisogni naturali è realizzabile solo nella vita associata. Da qui, la  divisione  dei compiti fondata sulle attitudini:
    • Artigiani e commercianti : lavorano per soddisfare i beni primordiali,procurano i    beni materiali
    • Guardiani : Hanno il compito di proteggere lo stato
    • Governanti o Filosofi : sono gli unici in grado di governare lo Stato con saggezza

 

  • Criteri secondo i quali si fonda uno Stato ottimo
  • Divisione dei compiti fondata sulle attitudini
  • Importanza decisiva è data all’educazione dei guerrieri→ che Platone si raccomanda si fondata sulla musica e sulla ginnastica ed escludendo dall’insegnamento le favole mitiche narrate dai poeti ( la condanna nella poesia rientra nella più generale condanna all’arte→ la realtà copia il mondo delle idee, l’arte, che è l’imitazione della realtà, non è altro che la copia della copia, quindi allontana solo dalla realtà )

Una siffatta educazione riguarda anche le donne, giacchè la differenza di sesso non implica differenza di attitudini

Le virtù che producono uno Stato buono sono:

  • La sapienza→ rappresentativa dei governanti
  • Il coraggio → rappresentativa dei governanti
  • La temperanza → rappresentativa dei lavoratori

 

Delineato cosi lo stato ideale, Platone riprende l’indagine sulla natura della giustizia.


La giustizia → la virtù per cui ogni classe esplica il compito che le è proprio entro lo Stato, senza invadere quello altrui nel rispetto della gerarchia delle classi. E’ ordine e armonia tra le varie parti dello Stato

Anche l’anima individuale si costituisce di 3 elementi:

  • Istinto
  • Emotività
  • Ragione

Un uomo sarà giusto quando ognuna delle 3 parti dell’anima adempirà alle sue funzioni, ossia, quando l’elemento razionale, sostenuto dall’emotività, dirigerà l’istinto.


Questa tripartizione dell’anima si trova anche nel “Fedro” , “nel mito della biga alata” tirata da 2 cavalli: uno bianco (anima irascibile o emotività) e uno nero (anima concupiscibile o istinto) e guidata da un auriga (la razionalità)

Data la definizione di giustizia, Platone dedica il resto dell’opera alla sapienza, virtù suprema dell’individuo, e tipica dei filosofi, reggitori dello Stato.

 

VISIONE DEL MONDO PESSIMISTICA : Occorre trovare una soluzione dell’ordine che sia in grado di sottrarre  gli uomini alla decadenza.
La storia va verso la corruzione e la decadenza. Il mondo dei piaceri e dei sensi è falso e corrompe, la realtà che noi vediamo non è la vera realtà, noi apparteniamo ad un mondo di apparenza.

Il mito della caverna→ all’interno di una caverna stanno, incatenati sin dalla nascita, alcuni uomini, incapaci di vederne l’entrata. Alle loro spalle arde un fuoco, e tra il fuoco e l’entrata della caverna passa una strada con un muretto. Per la strada passano uomini che portano sulle spalle vari oggetti che proiettano le loro ombre sul fondo della caverna. Per i prigionieri le ombre che vedono sono la realtà. Se uno di essi  fosse liberato  e costretto a voltarsi e ad uscire dalla caverna, sarebbe abbagliato dalla luce e proverebbe dolore, tuttavia, poco a poco, si abituerebbe e vedrebbe la realtà. Tornando nella caverna dovrebbe riabituare gli occhi all’oscurità e sarebbe deriso dai compagni qualora provasse a raccontare ciò che ha visto.→ Allegoria del processo della conoscenza umana

Platone mostra come il filosofo debba distaccarsi dai sensi e volgersi verso il mondo delle idee ( la realtà) per poi dirigersi nuovamente verso il mondo per governarlo nel modo migliore.
In  politica occorre superare le apparenza( la molteplicità delle dimensioni, le cose sensibili – le ombre)

4 sono i gradi della conoscenza:

  • Immaginazione ( elkasia) che coglie le immagini sensibili isolate
  • Credenze (pistis) che coglie gli oggetti che a tale immagine danno luogo
  • Ragione discorsiva (dianoia) che è conoscenza degli oggetti matematici
  • Intelletto ( nous) che coglie le idee

1-2 (doxa) costituiscono l’opinione/3-4 (episteme) costituiscono la scienza

Platone individua quale arte propria del reggitore di dei popoli (il filosofo) la MISURA . In ogni cosa bisogna evitare l’eccesso e il difetto, e trovare la giusta misura. L’azione politica deve tenere insieme, nell’interesse dello stato, le 2 indole opposte degli uomini : le prudenza e il coraggio.

 

P. individua 3 forme di governo:

  •  Monarchia : governo di uno solo (con leggi) , senza leggi è una tirannia
  • Aristocrazia : governo dei pochi, o dei migliori ( con leggi), senza leggi è un oligarchia
  • Democrazia : governo della moltitudine (può essere governata con leggi oppure senza leggi)

 

Platone espone l’importanza delle LEGGI in quanto strumenti aventi funzione educativa. Il fine è quello di promuovere nei cittadini la virtù.

Premessa la consapevolezza della debolezza della natura umana , è indispensabile che anche in  un Stato benevolo vi siano delle leggi e delle sanzioni penali.
SANZIONE→ non è una vendetta, ma serve a correggere il colpevole spingendolo a liberarsi dell’ingiustizia e ad amare la giustizia.

 

                         ARISTOTELE

Forte rottura rispetto a Platone : Rivalutazione della concezione sensibileUna conoscenza ideale pura-astratta è insensata. È necessaria anche la conoscenza sensibile per costruire un etica o una politica.
Su questa base si è venuta a sviluppare la sua teoria delle virtù:

  • Virtù dianoctiche : riguardano l’esercizio dell’inteligenza
  • Virtù etiche : riguardano il rapporto dell’intelligenza con la sensibilità e gli affetti

Tutte le virtù sono abitudini, disposizioni ad agire in un certo modo, che si acquisiscono attraverso l’insegnamento e la ripetizione.

Caratteristica delle virtù è il fatto di attenersi al giusto mezzo tra eccessi opposti

Secondo Aristotele la virtù non è realizzabile al di fuori della vita associataL’uomo non basta mai a se stesso, non può provvedere da solo ai suoi bisogni, e non può da solo giungere alla virtù. L’uomo per natura è un animale sociale e politico.

Aristotele non ha una concezione utopica della politica (≠ Platone)
Aristotele non delinea uno Stato ideale, secondo lui una teoria politica valida deve essere fondata sulla concretezza, e quindi su un indagine oggettiva delle varie forma di governo.
Aristotele individua 3 forme di governo :

  1. Democrazia : governo della moltitudine
  2. Oligarchia : governo dei migliori
  3. Monarchia : governo di uno solo

Non si può dire in astratto quale di queste forme di governo sia la mogliore : Ogni forma di governo è buona se chi governa mira al bene dei governati.

Ai 3 tipi di governo appena delineati corrispondono altrettante degenerazioni qualora il governo trascuri il vantaggio comune per il proprio vantaggio. Quindi abbiamo rispettivamente:

  1. Deomocrazia : ha per fine il vantaggio dei nullatenenti
  2. Oligarchia : ha per fine il vantaggio per gli abbienti
  3. Tirannia : ha per fine il vantaggio della monarchia

Aristotele, anche in considerazione della situazione d’Atene (dove si trattava di comporre la tradizione democratica con il dominio macedone) propende per una forma di governo misto , che preveda sia l’intervento democratico dei cittadini, sia l’autorità di un monarca.

La prospettiva aristotelica è realistica nel senso che tende a considerare la complessità dei cambiamenti reali. Noi viviamo nella società della politica, per definizione mutevole e instabile.

Il problema fondamentale per Aristotele è quello di trovare la costituzione adatta a tutte le città:
<<Bisogna avere in mente un governo non solo perfetto, ma che sia attuabile e che possa facilmente adattarsi a tutti i popoli>>

Nel delineare la migliore Costituzione, conformemente al principio che ogni tipo di governo è buona purchè si adatti alla natura dell’uomo e alle condizioni storiche, egli non si ferma a descrivere un governo ideale, ma solo le condizioni per le quali, un qualsiasi governo può raggiungere la sua forma migliore:

  1. (fondamentale) la costituzione dello Stato deve provvedere alla prosperità materiale e spirituale della vita dei cittadini.
  2. N° dei cittadini: ne troppo elevato ne troppo basso
  3. Considerazione dell’indole dei cittadini: deve essere coraggiosa e intelligente
  4. E’ necessario che nella città tutte le funzioni siano ben distribuite, e che si formino le 3 classi fondamentali secondo il progetto di Platone, dal quale però Aristotele esclude le donne
  5. E’ necessario che nello stato comandino gli anziani (nessuno si rassegnerebbe alla condizione di obbedienza verso un giovane)
  6. Lo Stato deve preoccuparsi dell’educazione dei cittadini, che deve essere uniforme per tutti, e diretta non solo ad allenare alla guerra, ma anche alla preparazione alla vita, alle azioni necessarie ed utili alle azioni virtuose

 

Aristotele :

  • Corrispondenza tra interiorità ed esteriorità
  • Corrispondenza tra statualità e morale (≠ cristianesimo e modernità)

 

                    Platonismo eclettico

Accademia:→Scuola fondata da Platone ad Atene.

PLATONE (ANTICA ACCADEMIA) : Le idee sono la realtà. La conoscenza della realtà non si ha attraverso la conoscenza sensibile , ma bisogna distaccarsi da questa per aprirsi al mondo delle idee.
La conoscenza della realtà si ha mediante un percorso dell’intelletto, mediante la conoscenza delle idee.

Scetticismo→Indirizzo filosofico post-aristotelico sorto nella accademia con Arcilesao. Egli giunse a conoscere l’impossibilità da parte del sensibile e dell’intelletto di pervenire ad una conoscenza certa→sospensione dell’assenso.

In una seconda fase dello scetticismo, si fa sempre maggiore la necessità di precisare le forme e i contenuti dell’atteggiamento scettico. Provvide Carneade:

  • Critica alla teologia stoica, dogmatica per eccellenza.
  • Nessuna verità è raggiungibile, ma si possono tracciare gradi di conoscibilità, ossia le probabilità→noi non perveniamo alla percezione certa del vero oggettivo, ma ci possiamo solo avvicinare ad essa mediante l’evidenza del probabile
  • Negazione dell’esistenza del vero e di un criterio per coglierlo

L’indirizzo scettico prevalso nell’accademia con Carneade venne modificato nel senso dell’Eccletismo di filone di Larissa.

Eccletismo→Filone di Larissa

In seguito allo scoppio della guerra di Mitriade contro i romani, Filone lasciò Atene e si diresse a Roma, dove il suo insegnamento fu molto apprezzato ed ebbe tra i suoi auditori Cicerone.
Filone si colloca nettamente al di fuori dello scetticismo,asserendo che le cose sono comprensibili quanto alla loro natura(possibile la conoscenza sensibile)

L’eccletismo si affermò definitivamente nella scuola Platonica con Antioco di ascalona, il quale affermava, contrariamente da quanto asserito da Carneade, che senza una certezza assoluta non è possibile neppure stabilire gradi di probabilità, giacchè la probabilità si può giudicare solo in rapporto alla verità.
Come criterio della verità egli poneva l’accordo fra tutti i filosofi.

Il più importante esponente dell’Eccletismo romano fu Marco Tullio Cicerone, il cui approccio si ricollega a quello di Antioco di Ascalona, suo maestro nel 79-78 a.c.
L’Eccletismo Ciceroniano deve la sua importanza non all’originalità del pensiero, ma alla capacità di esporre in maniera chiara e brillante le dottrine dei grandi filosofi(Platone,Aristotele,Antioco,Panezio).
Come Antioco, Cicerone ammette, quale criterio di verità, il consenso comune dei filosofi, e spiega tale consenso con la presenza in tutti gli uomini di nozioni innate.
Cicerone affermava l’esistenza di Dio e la libertà e l’immortalità dell’anima, ma evita di affrontare i problemi metafisici inerenti a tali affermazioni.


SANT AGOSTINO(354-430)

“De civitate dei”:
Ci sono 2 generi di uomini, ognuno legato rispettivamente ad una città/società:

  • Quelli che vivono secondo Dioappartengono alla città celeste (o di Dio),il regno dello spirito, e sono destinata al paradiso
  • Quelli che vivono secondo l’uomoappartengono alla città terrena (o del diavolo), il regno della carne, e sono destinati all’inferno

Queste due città non si dividono mai nettamente il loro campo d’azione nelle storia→Nessun periodo storico, nessuna istituzione, è stata dominata esclusivamente dall’una o dall’altra città. Esse sono mescolate insieme sin dall’inizio della storia e lo saranno fino alla fine dei tempi.

CITTA’CELESTE :

  • Generata dall’amore di Dio portato fino al disprezzo di se.
  • Il bene della città di Dio è la pace e la carità
  • I cittadini di questa città si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito e carità.
  • Abele è il fondatore della città di Dio.
  • E’ monoteista→Israele

CITTA’TERRENA :

  • Generata dall’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio.
  • Il bene della città dell’uomo è un bene terreno, e consiste nella pace ottenuta attraverso la vittoria in guerra.
  • I cittadini della città terrena sono dominati da una stolta cupidigia di predominio che li iduce a soggiogare gli altri.
  • Caino è il progenitore della città terrena.
  • E’ politeista→Roma/Atene

Tutta la storia degli uomini nel tempo non rappresenta altro che lo sviluppo di queste  due città.

Agostino distingue tre periodi nella storia del popolo di Israele:

  1. Gli uomini vivono senza leggi, e non vi è ancora lotta contro i beni del mondo
  2. Gli uomini vivono sotto le leggi, e perciò combattono contro il mondo ma sono vinti
  3. Il tempo della grazia in cui gli uomini combattono e vincono

 
ROMA : la vede come la babilonia d’occidente. Originata da un fratricidio, quello di Romolo Rappresenta la città terrena, politeista e divisa al suo interno, dove continuano a persistere guerre interne tra malvagi.
Le virtù dei cittadini romani sono virtù apparenti, in realtà non sono altro che vizi, perché le virtù senza Cristo non possono esistere.

              
Il libro VIII del “de civitate dei”è dedicato all’esame della filosofia pagana: Agostino si sofferma soprattutto su Platone, asserendo che questo grande filosofo è stato in grado di riconoscere la spiritualità e l’unità di Dio, ma neppure lui è stato in grado di glorificarlo e adorarlo come tale, anzi, come gli altri filosofi pagani, ha ammesso il culto del politeismo→le coincidenza della dottrina platonica con quella cristiana sono spiegate da  Agostino con i viaggi di Platone in oriente, durante i quali egli potette conoscere il contenuto dei libri sacri.

Riguardo la politica, Agostino rappresenta la visione più radicale e pessimistica del Cristianesimo.

  • L’uomo è per natura un animale politico
  • La politica non può essere la realizzazione del bene, non può creare bene.

      Dentro l’uomo vigono 2 principi:

    1. la fede-interiorità spirituale
    2. esteriorità mondana

 l’interiorità è la dimensione inappropriata alla politica→la politica può soltanto pretendere  di avere obbedienza esterna. Le leggi della politica non hanno alcun rapporto con la nostra interiorità (≠mondo classico:Platone-Aristotele→le leggi sono politiche-morali). Con il cristianesimo prende avvio quel processo di spaccatura tra politica e moralità che caratterizzerà la modernità.

Nel cristianesimo la visione della storia non è più ciclica ≠ idea classica, secondo cui le forme di governo ritornano ciclicamente, ritornano le stesse costanti strutturali→quindi, secondo la visione cristiana, la politica è strettamente legata al tempo storico, lo interpreta e si adatta ad esso
Cambiano i criteri di legittimazione della politica rispetto al mondo classico:

  • Cristianesimo: politica legittimata dal tempo storico
  • Mondo classico: politica legittimata dall’etica

 

             RINASCIMENTO E POLITICA

Due sono le tendenze presenti nella filosofia politica rinascimentale:

  • Storicistica risale al neoplatonismo, per quanto abbia perduto il carattere teologico che aveva in esso, e  ricerca la società delle origini in nome di un ritorno al principio.
  • Giusnaturalista trova la sua radice nell’antico stoicismo (anch’esso tende a perdere le sue implicazioni teologiche), nella dottrina del diritto naturale. Per gli stoici, l’ordine naturale della comunità umana si identificava da un lato con la ragione e dall’altro con Dio→ Ed è proprio sulla ragione che insistono gli scrittori rinascimentali : il diritto naturale, base di ogni comunità umana, è il dettato stesso della ragione.

La prospettiva storicistica trova tra i suoi maggiori esponenti Macchiavelli, mentre la prospettiva giusnaturalistica è rappresentata da Grozio, Bodin e Thomas More.


Machiavelli(1469-1527)

È considerato l’iniziatore dell’indizio storicistico. La sua vita fu dominata dal desiderio di creare una comunità politica italiana, e a tal fine indirizzò i suoi studi verso la ricerca sulle origini della storia italiana.
Due sono le opere principali che riassumono il pensiero politico di Machiavelli:

  • Il principe
  • I discorsi sopra la prima deca di Tito LivioE’ proprio all’interno di quest’opera che ritroviamo quella necessità, propria del rinascimento, di ridurre tutto al principio.

La strada che il filosofo indica a quelle società che vogliano salvarsi dalla decadenza e dalla rovina è proprio il ritorno alle origini, questo perché le origini hanno sempre qualcosa di buono che vale la pena recuperare.
Il ritorno ai principi invocato da Machiavelli esige due condizioni:

  • l’oggettività storica : i principi verso cui si deve tornare siano chiaramente ed effettivamente riconosciuti
  • realismo politico : che siano effettivamente riconosciute le condizioni di fatto dalle quali o attraverso le quali il ritorno deve essere realizzato

queste due condizioni rappresentano lo sforzo di Machiavelli che, come prima cosa cerca di valutare globalmente la storia, individuando in essa il fondamento permanente ed immutabile della natura umana che il filosofo ritiene oltremodo malvagia, secondariamente cerca di costruirsi una concezione della politica il più possibile realistica, stando ben attento dal tenersi lontano da tutti quei modelli di stato la cui effettiva realizzazione assumesse un carattere utopistico e irraggiungibile → sul fronte dell’oggettività non ha dubbi nell’indicare quale modello la Repubblica romana

 

il terreno morale (principi morali assoluti) lungi da essere un terreno di conciliazione, ma di guerra.
Nella vita non esiste un principio morale assoluto, bensì una molteplicità di principi morali che entrano in contrasto formando conflitti e guerre.→L’ordine non può essere costruito sulla base dei principi morali(=Hobbes)
L’ordine che deve realizzarsi all’interno dello Stato deve essere un ordine dinamico, il principe non deve creare un ordine statico, non deve neutralizzare le spinte popolari, bensì utilizzarle come timoloL’ordine si costituisce di 2 poli:1)il principe 2)il popolo L’ordine ottimale è quello che mantiene vivo il conflitto, che non  neutralizza le spinte popolari→(≠Hobbes <<Machiavelli  pretende di mantenere il conflitto dentro l’ordine, ma in tal modo getta solo le basi per la guerra civile>>

Il modello storico di riferimento per Machiavelli è rappresentato dalla Repubblica romana, in quanto espressione di quella componente dinamica fondamentale per l’ordine. Nella Repubblica romana ,a spinta popolare aveva infatti un ruolo fondamentale.


≠ Domus greca in cui la spinta popolare era un fattore negativo→frutto di una forte discriminazione all’interno della popolazione. La base pubblica della Domus greca era esonerata  dal lavoro per dedicarsi alla sola vita politica, il popolo rimano invece era un popolo di lavoratori, non costituito da gente esonerata dal lavoro.

Machiavelli indica chiaramente agli stati che vogliano riscattarsi, la strada verso la transizione a principati, ossia di assoggettare tutto il potere nelle mani di una sola persona : il principe.→da qui la delineazione della figura del principe.<<Il principe è la soluzione più adatta per l’Italia>>

M. individua nella natura umana un fondamento malvagio, e asserisce che il politico intelligente deve tener conto della natura malvagia dell’uomo.
Inoltre il principe deve talvolta usare la forza e la violenza se necessarie per mantenere stabilità e potere.

 

CICLICITA’ DELLA STORIA: (ripresa dal pensiero greco(Polibio)) Secondo cui alla decadenza di uno Stato, seguirebbe naturalmente il suo splendore, e tale splendore nuovamente la decadenza. Ma Machiavelli vi apporta un importante modifica rispetto il pensiero classico, sostenendo che un tale processo non è inevitabile poiché può venir contrastato efficacemente dalla virtù del popolo e dai suoi magistrati, com’è avvenuto spesso nell’antica Roma.
Questa posizione si inquadra nel problema posto da Machiavelli a riguardo del “RAPPORTO TRA VIRTU’ E FORTUNA” negli eventi umani.→ Il mondo/storia dipende da 2 fattori:

  • Virtù: cose che dipendono da noi
  • Fortuna: cose che non dipendono da noi, possono essere sia positive che negative, e il politico deve saper fronteggiare ogni tipo di situazione. Lo Stato deve garantire alla comunità sicurezza dal conflitto e rispetto al mutare delle circostanze.

 A tal proposito Machiavelli asserisce che l’uomo non deve abbandonarsi al corso passivo degli eventi. L’intervento attivo degli eventi non è votato al fallimento, le probabilità di successo dipendo anche dalla virtù che agisce.

 

                    GIUSNATURALISMO

La seconda tendenza filosofica presente nel rinascimento è il giusnaturalismo. A differenza dello storicismo, il cui compito era quello di rinnovare e ricostruire uno Stato determinato con il ritorno alle sue origini storiche, il giusnaturalismo tende a rinnovare e ricostruire lo Stato in generale col ritorno al suo fondamento universale ed eterno, quindi tende ad indagare su quale sia la natura dello Stato, il principio ultimo che da forza e valore ad ogni Stato.
I giusnaturalismi ricercano la possibilità di ricondurre lo stato alla sua forma ideale. La prima manifestazione del giusnaturalismo è riscontrabile in: THOMAS MORE.

 

                     Thomas More(1480-1535)

Thomas More morì decapitato nel 1535 pagando cara la sua opposizione alla decisione di Enrico XIII che, divorziato da Caterina D’Aragona, sposò Anna Bolera contro la volontà pontificia, e designò alla successione il figlio avuto da quest’ultima.

Il pensiero filosofico di More chiaramente espresso nella sua opera “UTOPIA” → una specie di romanzo filosofico in cui le vedute di More sono enunciate da un filosofo di nome Raffaele, il quale riferisce ciò che avrebbe conosciuta in un isola rimasta ignota, chiamata appunto Utopia, conosciuta in uno dei viaggi di Amerigo Vespucci.
Attraverso quest’opera More intende muovere un aspra critica alle condizioni sociali dell’Inghilterra del suo tempo (contrassegnata dalle guerre civili di religione; i cittadini venivano cacciati dalle case e dai poderi e costretti all’accattonaggio e alla ruberia in quanto l’aristocrazia terriera andava a sostituire alla coltura dei cerali i pascoli di montoni dalla cui lana si ricavava un reddito maggiore)

Così More in quest’opera finisce per ideare e descrivere un isola immaginaria abitata da una società ideale. A Utopia:

  • La proprietà privata è abolita
  • I suoi abitanti coltivano la terra a turno
  • I materiali preziosi non hanno valore, servono solo a confezionare gli utensili puù umili
  • I cittadini, controllati dai Sifogranti (appositi magistrati che vigilano affinchè nessuno sia ozioso) devono dedicarsi ai loro mestieri solo per 6 ore al giorno, di modo da potersi dedicare alla cultura, alla filosofia e alle lettere.
  • (ma sopr.)Vi è tolleranza religiosa Tutti riconoscono l’esistenza di un Dio creatore dell’universo, ma ognuno lo concepisce e lo venera a modo suo. La fede cristiana coesiste con le altre e viene condannata soltanto l’intolleranza di chi condanna o minaccia gli aderenti ad una religione diversa. È vietata solo la dottrina che nega l’immortalità dell’anima e la provvidenza divina. Ma in ogni caso, chi la professa non viene punito, ma solo impedito di diffondere la sua credenza.
  • Le magistrature di Utopia (i sifolgranti) servono a governare in modo equilibrato, morale e concreto e ad evitare l’oziosità parassitaria e l’insorgere della superbia e della volontà di potenza.
  • Il lavoro serve a soddisfare i bisogni autentici, non i lussi, e proprio per questo ogni lavoro ha la stessa dignità di ogni altro
  • La guerra è rifiutata in quanto disumana, ma gli utopiani possono condurre guerre per autodifesa e anche guerre umanitarie per difendere gli alleati e liberare i vicini dalla tirannide.

                          Jean Bodin(1530-1596)

Se T. More aveva idealizzato nello stato di Utopia la struttura di uno Stato conforme a ragione, Jean Bodin preferisce collocarsi su un piano più realista, analizzando i principi giuridici di uno Stato razionale.

L’opera di Bodin più importante è senz’altro “six livres de la republiqué”con la quale l’autore mette in evidenza il suo pensiero politico→ come prima cosa egli da una definizione di Rebubblica<< è un retto governo di più famiglie, e di ciò che ad esse è comune, con potenza sovrana>>.

Bodin concepisce una sovranità senza limiti, esclusi quelli derivanti dalla legge di Dio o della natura. La potenza assoluta dello Stato non è un arbitrio incondizionato, perché ha la sua norma nella legge divina è naturale
Il limite intrinseco del potere sovrano, ossia la legge divina e quella naturale, consente di stabilire la regola che il principe sovrano è tenuto a osservare i contratti da lui fatti sia con i propri sudditi, che con lo straniero: un principe non può essere spergiuro.

Bodin è un sostenitore della monarchia francese, ritiene che il governo monarchico sia il migliore di tutti, purchè sia temperato dal gov. Aristocratico e popolare (accetta la classificazione delle forme di governo in monarchia-aristocrazia-democrazia) e sia fondato sulla meritocrazia e sull’uguaglianza(queste due tendenze temperano il potere monarchico)

Egli paragona, platonicamente, la repubblica ben ordinata all’uomo in cui convivono le tre facoltà dell’intelletto, ovvero: emotività, istintività e razionalità, dove la parte razionale da unità a tuttocosì, uno Stato ben organizzato, ma privo di guida unica e salda (il re), è come un uomo che non si cura della sua vita intellettuale.

Anche Bodin sposa con More l’idea secondo cui uno Stato/comunità razionalmente organizzato si fondi sul principio della tolleranza religiosa. Ritroviamo questo pensiero nel “colloquim beptaplomers”: un dialogo tra 7 individui appartenenti a 7 diversi indirizzi religiosi.

IL GIUSNATURALISMO MODERNO

Il giusnaturalismo moderno si fonda sulla considerazione dello stato di guerra.
Durante lo Stato di guerra, pur venendo meno gli accordi e convenzioni tra Stati, e pur sospendendo la validità delle leggi positive, non può venir meno l’efficacia di quelle norme che sono fondate sulla stessa natura umana.
La considerazione sullo stato di guerra consente di isolare nella massa delle regole giuridiche, quelle che non dipendono dalla volontà e dalle convenzioni umane, ma sono  date dalla ragione stessa dell’uomo.
Si spiega quindi, come proprio dalla considerazione dello stato di guerra siano state desunte le regole fondamentali e la natura del diritto naturale

               Alberico Gentile(1552-1611)

Nell’opera “de jure bellis” Gentile si domanda se lo stato di guerra sia conforme al diritto naturale.→la risposta di Gentile è negativa, poiché gli uomini solo legati tra loro da un vincolo di reciproco amore, essi fanno parte di un unico corpo che è il mondo, ed è proprio su questa unità che si fonda il diritto naturale.

In natura nessun uomo è nemico è nemico dell’altro uomo, e per questo, secondo Gentile, lo stato di guerra è uno stato contro natura. Egli ammette come giusta solo la guerra di difesa, perché il diritto di difesa è innegabile ed è dettato dalla natura umana.
Ingiuste sono soprattutto le guerre i religione: la natura della religione è tale che nessuno può essere costretto con violenza a professarla, e perciò deve essere riconosciuta libera
In ogni caso Gentile  afferma che, pure nella sua innaturalità, la guerra è parte integrante del mondo dell’uomo, e perciò non può prescindere dalla natura umana.
Gentile dunque richiama al rispetto per i deboli, per gli indifesi, per le donne e bambini, principi che secondo il filosofo vanno considerati anche nello stato di guerra.

               Giovanni Althusius(1557-1638)

Nella sua opera ”Politica methodice digesta” riprende da Bodin la dottrina della sovranità, che anche egli riconosce come unica,indivisibile e intrasmissibile. Ma questa sovranità secondo Althusius risiede nel popolo.

Ogni comunità si costituisce attraverso un “contratto”(espresso o tacito). Il contratto costitutivo delle comunità, si fonda su un sentimento naturale e viene regolato da leggi concernenti  i reciproci rapporti tra membri e tra membri della comunità e governo.

La sovranità appartiene alla comunità popolare ed è inalienabile. Il principe è soltanto un magistrato(il sommo magistrato), il cui potere deriva dal contratto. Gli efori sono coloro che hanno il compito di esercitare nei confronti del principe i diritti del popolo. Questi eletti dal popolo, eleggono il magistrato supremo e sono quindi garanti del patto stipulato tra i popolo e il principe.

Negazione della libertà religiosa: (Riguardo la libertà religiosa Altheusius è una voce fuori dal coro) Althusius, calvinista intransigente, ritiene che lo Stato debba essere anche promotore della religione ne pertanto ha il compito di espellere dal suo seno gli atei e i miscredenti.

La politica è l’arte della simbiotica(far vivere insieme gli uomini in una comunità nata da un patto per il vantaggio della vita sociale). simbiosi = vita associata

La legge generale del governo riguarda i poteri di chi guida la simbiosi per il vantaggio di tutti: Il governante si prende cura dello spirito(educando a Dio) e del corpo (proteggendo vite e beni ) dei sudditi.
La legge del regno è il diritto di sovranità che ha come fine l’autosufficienza e il buon ordine del corpo politico generale.

La sovranità viene generata da tutti i membri consociati del regno, chi la esercita ne assume la finzione, non la pienezza del potere (proprio in questo punto risiede la posizione polemica nei confronti dell’assolutismo di Bodin)

 

                   Ugo Grozio(1583-1645)

Come Bodin, anche Grozio persegue l’ideale della pace e della tolleranza religiosa

La ragione è per Grozio la vera natura dell’uomo→ciò che è razionale è naturale.
Ciò che caratterizza questo filosofo è stata la liberazione del concetto di ragione da ogni implicazione di ordine teologico: le norme dalla ragione sarebbero valide anche se Dio non ci fosse.
Da qui egli delinea l’universalizzazione del diritto. La madre del DIRITTO NATURALE è la ragione, la stessa natura umana, che conduce gli uomini a ricercare naturalmente la mutua società. Quindi, il diritto che si fonda sulla natura umana, ossia sulla ragione, esisterebbe anche si Dio non vi fosse e non si occupasse delle vicende umane. Dio inoltre non può cambiarlo, poiché si fonda sulla caratteristica sociale e razionale dell’uomo.
Il DIRITTO NATURALE è unico, razionale, immutabile, è l’unico che può fornire il criterio della giustizia e ingiustizia, rappresenta la struttura razionale di ogni società.

Grozio distingue il diritto naturale dal:

  • diritto delle genti: il quale non deriva direttamente dalla natura, ma dal consenso dei popoli
  • diritto volontario: che ha la sua origine nella volontà umana o divina.

Guerra non è contraria al diritto naturale: il fine della guerra è la conservazione della vita dei membri, o l’acquisto di ciò che è necessario alla vita, e questo fine ci è dato dalla natura stessa. Neppure l’uso della forza è contrario alla natura umana.
3 tipi di guerre:

  • Pubblica: fatta da chi detiene il governo
  • Privata: fatta di chi è privo di potere giurisdizionale
  • Mista: in parte pubblica, in parte privata

ANALISI DELLA NATURA DEL POTERE POLITICO: il “sommo potere politico” è quello la cui azione non sottostà al diritto di un altro in modo da poter esser reso nullo dall’arbitrio di un’altra volontà umana.
Grozio si oppone alla tesi di Althusius che, il sommo potere risieda soltanto nel popolo, ma sposa invece la tesi contrattualistica per la quale ogni comunità è fondata su un patto originario, ma non escluse che questo patto abbia potuto trasferire la sovranità dal popolo al principe.

Al diritto naturale si lega la religione naturale , fondata anch’essa sulla ragione ed articolata in alcuni principi fondamentale:

  • Unico Dio,
  • Dio superiore ad ogni cosa,
  • Dio provvede alla cose umane e le giudica con perfetta equità
  • Dio è l’artefice di ogni cosa

Si tratta di principi assoluti, il cui dubbio merita una severe punizione.

Quanto alla religione cristiana, Grozio  ammette che crede in essa è possibile solo con l’aiuto misterioso di Dio, di conseguenza l’imposizione con le armi di questa religione è cosa contraria alla ragione.

L’opera di Grozio non rappresenta soltanto un grandioso tentativo di fondare razionalmente il mondo della politica e del diritto. È altresì il primo atto di fede nella ragione umana, la prima manifestazione dell’impegno, caratteristico della speculazione moderna, di ricondurre alla ragione, e di fondare su di essa, tutti gli aspetti essenziali dell’uomo e del suo mondo.

 

                Thomas Hobbes(1588-1679)

Scenario storico : le guerre civili di religione

Diversamente da Machiavelli, Hobbes crede un ordine in grado di garantire la pace non possa fondarsi sul conflitto, che quindi deve essere neutralizzato.individua quale dispositivo di neutralizzazione del conflitto il contrattualismo.

Il conflitto nasce perché vi è uno Stato di natura : la guerra di tutti contro tutti
Lo stato di natura ha origine nella bramosia naturale dell’uomo, per la quale ognuno pretende di godere da solo dei beni comuni.
Nello stato di natura tutti gli uomini sono individui liberi, uguali, ma soprattutto non vi sono legami tra loro, sono individui isolati(visione atomistica), dotati di un desiderio illimitato che li spinge all’accaparramento di quanti più beni possono ottenere.
In natura vi è un diritto naturale inteso come diritto di possesso immediato di ciascuno verso tutte le cose.

                                  Filosofia classica→uomo introdotto nella comunità
Filosofia moderna→per natura l’uomo è isolato

Per Hobbes l’uomo è un animale apolitico→ l’uomo non è un animale sociale, anzi è aggressivo verso i propri simili.

Il conflitto nasce dal fatto che vi è una “somma zero delle potenze”, ovvero i beni sono una risorsa scarsa.

Nell’uomo coesistono due pulsioni primordiali:

  • Bramosia guidata dall’istinto vitale, di sopravvivenza
  • Razionalitàche ha origine nel sentimento della paurache porta l’uomo a fuggire dalla morte e a comportarsi secondo la propria convenienza, e a sottrarsi al gioco spontaneo e autodistruttivo degli istinti, imponendosi una disciplina che gli procuri una sicurezza almeno relativa, e la possibilità di dedicarsi alle attività che rendono agevole la sua vita(teoria meccanicistica).  Ed è proprio la razionalità, spinta dal sentimento della paura, che spinge gli uomini a legarsi tra loro in forma associative di tutela e collaborazione.

L’accordo tra individui isolati, questa razionalità collettiva, sorge in quanto vi è una passione più forte delle altre: la paura, che spinge gli individui dapprima al pactum unionis(associazione) e poi al pactum subgestionis(subordinazione)→ associazione e subordinazione sono i due momenti contigui costitutivi del comportamento razionale

Secondo Hobbes giungere alla pace significa giungere ad un accordo.l’atto fondamentale che segna il passaggio dallo stato di natura allo stato civile è la stipulazione di un contratto con il quale gli uomini rinunciano al diritto illimitato proprio dello stato di natura e lo trasferiscono ad altri.
È necessario che la moltitudine di individui isolati si unisca e stipuli in patto, la cui premessa è quella di cessare la guerra di tutti contro tutti, e che comporterà l’alienazione di tutti i poteri e le libertà appartenenti ai singoli individui ad un sovrano.
Attraverso il contratto il sovrano diviene il detentore del potere assoluto, derivante dalla rinuncia e dall’alienazione dei poteri da parte dei sudditi.

Il potere non è condizionato dalla morale e dalla religione, ma è assoluto in quanto deriva dal libero atto di alienazione di tutti  i poteri da parte dei sudditila rinuncia di tutti i propri poteri da parte della moltitudine di individui isolati risiede nel fatto che la libertà può risultare gravosa, quindi si delega ad altri l’amministrazione della propria vita.

Quando il trasferimento viene effettuato si ha lo Stato, o società civile.

Il contratto hobbesiano risponde al modello del contratto a favore di terzi.

Il potere del sovrano è:

  • Assoluto
  • Indivisibile→il governo misto rappresenta una minaccia alla pace interna allo         Stato

Lo Stato:

  • Non è soggetto alle sue stesse leggi: lo stato non si può obbligare ne verso cittadini, in quando l’obbligo è unilaterale ed irreversibile, né verso se stesso, perché nessuno può obbligarsi se non verso un altro.
  • Congloba in se anche l’autorità religiosa.

Le leggi di natura sono comandi razionali opposti al diritto naturale, spingono gli uomini a vivere in pace, lasciando cadere il diritto di tutti contro tutti e a stando ai patti.

                             HEGEL(1770-1831)

Fu Hegel per primo ad individuare la scissione, propria dello stato moderno, tra individuo e divino ed individuo e stato (concetto che verrà poi ripreso da Marx).Al contempo elogia il modello della Polis greca, portatrice di spirito patriottico e di una religione”popolare” , in cui l’individuo si trovava in una“unità sostanziale” con la comunità di cui faceva parte, si identificava nella vita dello stato.

 

“Fenomenologia dello spirito”
In questa opera Hegel illustra il cammino che compie la coscienza, a partire dalla conoscenza individuale, fino a giungere al << sapere Assoluto>>.INDIVIDUALITA’ → UNIVERSALITA

Il percorso si articola in 3 stadi:

  • LA COSCIENZAin cui predomina l’attenzione verso l’oggetto (la certezza sensibile)
  • L’AUTOCOSCIENZA(coscienza di se)in cui predomina l’attenzione verso il soggetto . Nella fase dell’autocoscienza il centro dell’attenzione si sposta dal’oggetto verso il soggetto, cioè all’attività concreta dell’io considerato nei suoi rapporti con gli altri . La    prima  figura che si presenta in questo stadio è quella del conflitto mortale tra 2 autocoscienze  (SIGNORIA E VIRTU’) , in cui ciascuna pretende di essere riconosciuta dall’altra come superiore. Chi non teme di perdere la propria vita s’impone su colui che ha paura della morte. La 1° diventa il padrone, il 2° il servo.                                    

(Il servo, sottomettendosi al padrone, esce dal suo stato di matura per proteggere se stesso→concetto ripreso da hobbes ed attribuito ad uno stato moderno)

Tuttavia per Hegel il RAPPORTO SERVO/PADRONE è destinato ad una paradossale inversione dei ruoli. Questo perché ogni posizione tiene in se la propria negazione.
Infatti il padrone che prima appariva indipendente nella misura in cui si limitava a godere passivamente del lavoro del servo, finisce per diventare dipendente dal servo e quindi schiavo, mentre il servo diviene un individuo indipendente.
Hegel pone dunque l’accento sul valore formativo del lavoro e dell’esperienza della sottomissione dalla quali si generano le condizioni per la liberazione.
Questa educazione dell’uomo alla spiritualità attraverso la repressione delle tendenze naturali, ha una tappa ulteriore nella figura della COSCIENZA INFELICE→ → La coscienza prima di trasformarsi in ragione deve attraversare un momento chiamato “cosc. infelice”. La conoscenza dell’uomo ebraico e cristiano che vivono il Dio separato dall’uomo. L’uomo sente Dio lontano da sè e x questo è infelice.
Dio è vissuto come termine a tal punto trascendente da essere irraggiungibile, e da far percepire alla coscienza la sua incommensurabile piccolezza facendola sentire quasi annichilata.

  • RAGIONE→ dove si arriva a riconoscere l'unità profonda fra soggetto e oggetto.

 

LO SPIRITO SOGGETTIVO E LO SPIRITO SOGGETTIVO:

SPIRITO SOGGETTIVO→ Che si manifesta nell’interiorità dell’individuo si articola in 3 momenti:

  1. Antropologia : Studia lo spirito come anima
  2. Fenomenologia dello spirito : Studia lo spirito come coscienza
  3. Psicologia : Studia lo spirito in senso stretto, nelle sue manifestazioni

 

Allo spirito soggettivo, che corrisponde alla considerazione in quanto individui, segue:

SPIRITO OGGETTIVO→ Che corrisponde alla considerazione dell’uomo nei suoi rapporti con gli altri uomini. Anche questo si articola in 3 momenti:

  1. Diritto : (privato) Tutela della proprietà
  2. Moralità (individuale) : Ancorata alla sfera della soggettività, volontà soggettiva del bene
  3. Eticità (moralità sociale) : La morale effettivamente realizzata e vissuta nella società, nelle istituzioni, e che assume dunque una forma oggettiva, quella moralità che si dispiega all’interno degli degli istituti nei quali si svolge la vita degli uomini:
    • Famiglia
    • Società civile→ Fa riferimento alla sfera dei bisogni, il lavoro e le relazioni economiche per la soddisfazione di questi
    • Stato politico→ Realizza la libertà degli individui nell’epoca moderna, ma assieme assicura la destinazione di essi ad un compito universale nella storia politica, superando così la naturalità ed accidentalità a cui altrimenti i singoli rimarrebbero limitati.

Solo nello stato  si realizza pienamente la sostanza infinita e relazionale dello spirito

Quanto alla sovranità, lo stato non la ricava dal popolo, che fuori e prima dello stesso non era che una moltitudine disorganizzata, ma da se stesso, dalla sua propria costanza ( Hegel rigetta la dottrina contrattualistica che fa dipendere lo stato dall’arbitrio degli individui)

Hegel esclude pure il principio democratico della partecipazione di tutti agli affari dello stato: l’individuo tende a ritenersi componente dello stato, ma in realtà esso entra a comporre lo stato solo in quanto svolge la sua attività concreta in una cerchia determinata(classi,corporazioni) e pertanto non sussiste una sua partecipazione allo stato fuori di essa.

Lo stato è strettamente collegato alla religione perché è la suprema manifestazione del divino nel mondo

 

                                               


MARX (1818-1883)

“Scritti giovanili: Critica della politica e della teoria dell’uomo                          Marx esprime la necessità di un superamento della scissione verificatasi in epoca moderna tra società civile e stato politico (Marx fa merito ad Hegel di aver individuato e descritto tale scissione)

Sostiene che per sanare tale scissione in cui vive l’uomo mederno è necessario:
Emancipazione  a livello politico: intesa come maggiore partecipazione al potere legislativo,da qui la richiesta del suffragio universale
Emancipazione umana: intesa come riappropriazione,ad opera della società ,delle essenziali forme umane estraniate nello stato

Marx indica quale portatrice  di un azione rivoluzionaria in Germania, la classe proletaria in formazione.

 

1844 : “Manoscritti filosofici “
Delinea la  situazione della società  capitalistica di quel tempo   attraverso   il   concetto   di              lavoro alienato:  M. traccia un memorabile ritratto dell’operaio del mondo capitalistico. La proprietà privata che è alla base della società capitalistica,e che si fonda sulla divisione del lavoro, rende il lavoro costrittivo. Il lavoro umano non è volontario ma è costretto. Non è soddisfacimento di un proprio bisogno,ma solo un mezzo per soddisfare bisogni estranei. L’uomo non è padrone del proprio lavoro, ma contribuisce solo ad accrescere il capitale, che è sotto il controllo della classe capitalistica(la borghesia).
Gli operai sono alienati perché il lavoro da loro prodotto diventa loro estraneo. L’operaio ripone la propria vita nell’oggetto →Alienazione dell’operaio nell’oggetto

La società capitalistica produce una lacerazione sia a livello sociale ( marcato dislivello sociale) che a livello umano (le forze produttive sono completamente avulse dagli individui)

Il superamento di questa situazione può avvenire solo attraverso la lotta di classe  che eliminerà la proprietà privata ed il lavoro alienato.

Nel “Manifesto del partito comunista” M. tratta il tema della costituzione di quella classe chè farà la rivoluzione: Il proletariato industriale . Una classe nuova, in lotta contro i borghesi, e che diventa sempre più numerosa ed organizzata.
<<La società borghese è percorsa da una guerra civile occulta,ma è proprio la borghesia stessa,col proprio dominio di classe,che genera le forze che la rovesceranno>>

La prospettiva marxiana è quella di una trasformazione della struttura economica della società,che dovrà passare attraverso la presa al potere della classe operaia.
Al posto della società borghese,con le sue classi e antagonismi di classe, dovrà subentrare un organizzazione politica fondata sull’ideale che il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti.

Il COMUNISMO ,che prevede l’abolizione della proprietà privata, viene presentato ma M. come l’unica soluzione possibile, come l’unico strumento in grado di risanare quella lacerazione che la società capitalistica ha prodotto all’interno della struttura sociale e all’interno dell’uomo.
Il comunismo viene così inteso ma M. come <<Il completo e consapevole ritorno dell’uomo a se stesso,come uomo sociale e come uomo umano>>
Questo viene definita da M.  COMUNISMO AUTENTICO , che viene distinto dal filosofo da quel COMUNISMO ROZZO che non consiste nell’abolizione della proprietà privata,bensì nell’attribuzione di tutta la proprietà privata alla comunità e quindi nella riduzione di tutti gli uomini a proletari.

La fine della società capitalistica e l’avvento del comunismo saranno dovuti allo sviluppo inevitabile della stessa economia capitalistica.
La tesi secondo cui il comunismo non è altro che il risultato inevitabile dello sviluppo della società capitalistica  viene dettagliatamente espresso nell’opera “il capitale”  il cui caposaldo è rappresentato dal c.d. MATERIALISMO STORICO→ Non sono le ideologie a modificare le strutture sociali ed economiche , ma sono quest’ultime che modificano le ideologie.
Il modo di produzione della vita materiale condiziona,in generale,il processo sociale,politico e spirituale della vita. Le idee e il pensiero derivano perciò dagli individui reali,dai reali rapporti sociali,dalle reali condizioni di vita.

“il capitale” è l’opera in cui M. ha dato l’esposizione più ampia e organica della sua analisi dei rapporti di produzione,del loro sviluppo storico,e delle loro conseguenze politiche e sociali.
M. riconosce il debito verso gli economisti classici Smith e Ricardo, che hanno saputo cogliere con acutezza alcuni caratteri costitutivi dell’economia capitalistica, ed hanno elaborato alcune categorie e principi che sono stati particolarmente utili a M. nell’elaborazione ed esposizione del  suo pensiero.

M, parte proprio dal principio si Smith e Ricardo che il valore di un bene qualsiasi è determinato dalla quantità di lavoro necessario per produrlo,
Ma se il capitalista corrispondesse al salariato l’intero prodotto del suo lavoro,non avrebbe per sé alcun margine di profitto. Egli invece compra dal salariato la forza lavoro , pagandola in base alla quantità di lavoro che basta a produrla,cioè in base a quanto occorre per il sostentamento dell’operaio. In tal modo è possibile il fenomeno del plusvalore quale risultato dello sfruttamento dell’operaio e il profitto si spiega in quanto vi è una parte del lavoro non pagata.

M. volge a questa analisi per dimostrare la tesi fondamentale che giustifica il comunismo dal punto di vista del materialismo storico: Il capitale tende ad una continua accumulazione che determina  inevitabilmente una concentrazione capillare delle ricchezze ed un rispettivo impoverimento del proletariato, finchè si andrà a produrre un contrasto tale, tra le 2 classi ,da non essere più tollerabile, e il sistema capitalistico verrà definitivamente spezzato.

Secondo l’analisi marxiana sarà lo stesso sistema capitalistico a determinare la  sua caduta→La produzione capitalistica genera essa stessa la propria negazione
            

NIETZSCHE(1884-1900)

 

TRANSVALUTAZIONE DEI VALORI: (FORMULA PER UN ATTO DI SUPREMO RICONOSCIMENTO DI SE E DI TUTTA L’UMANITà)→ Occorre invertire i valori,perché ciò che si è ritenuto vero sin’ora è la menzogna. La nuova tavola dei valori dovrà essere fondata sull’esaltazione della vita terrena.
La transvalutazione dei valori di N. si presenta come una critica alla morale cristiana  (che si fonda sull’ascetismo,sul rifiuto del corpo e sulla morale della rinuncia).
La morale cristiana non è altro che la rivolta degli individui inferiori,delle classi sottomesse e schiave, contro l’elite aristocratica, il cui fondamento è il risentimento.
MORALE DEGLI SCHIAVI  ≠ MORALE ARISTOCRATICA→ La prima si fonda sul distacco dalla vita terrena,sul sacrificio di se stesso; la seconda sulla potenza e sull’affermazione di se
I capisaldi della morale cristiana non sono altro che il frutto del risentimento dell’uomo debole verso la vita.
Il cristianesimo è la più grande rivolta contro la vita stessa.

La repressione degli istinti vitali produce l’uomo cristiano, un uomo malato, angosciato dal senso di colpa, auto tormentato, che dietro un apparente serenità ha in se una carica aggressiva e violenta contro ciò che è vitale.
Il tipo ideale della morale corrente, l’uomo buono, esiste e fonda se stesso su una base menzognera. Rifiuta l’effettiva visione della realtà, la quale non è tale da stimolare in ogni momento istinti di benevolenza.

 L’ultimo risultato della concezione del mondo fondata sulla non accettazione della vita è il pessimismo, che nella sua espressione finale è NICHILISMO.

N. alla visione ascetica cristiana, contrappone l’esaltazione della vita terrena, di tutto ciò che è terrestre, corporeo, antispirituale e razionale
La terra  non è più l’esilio e il deserto dell’uomo, bensì la sua dimora gioiosa.
Il corpo non è una prigione ,ma il suo vero se stesso, che è insieme corpo e ragione.
Il vero IO dell’uomo è il corpo,che N. chiama “la grande ragione”.

La transvalutazione dei valori è intesa di N. come l’annullamento dei limiti, la conquista di una padronanza assoluta dell’uomo sulla terra e sul corpo e l’eliminazione del carattere problematico della vita.

La morte di Dio rappresenta la fine di tutte le illusioni metafisiche.

 

 

 

 

                             WEBER (1864-1920)

                                   Massimo sociologo del xx sec.

LA SOCIOLOGIA COMPRENDENTE ( in “ECONOMIA E SOCIETà” )
L’intento è quello di legittimare la scienza sociologica quale strumento di indagine storiografica.
Sociologia “comprendente”(che  mira alla comprensione)→ In grado di cogliere il significato dell’azione sociale.

L’oggetto di indagine della sociologia è quell’uniformità ricorrente nell’agire amano,è L’AGIRE SOCIALEagire che sia riferito , secondo  senso ( significato intenzionale che l’attore sociale dà al suo agire)  di colui che agisce, all’atteggiamento degli altri
È rilevabile la definizione le caratteristiche proprie dell’agire sociale:
- è intenzionalmente riferito,da parte di colui che agisce,all’atteggiamento altrui
-è sempre determinato da questo riferimento
-può essere spiegato solo in base al senso(significato intenzionale che l’attore sociale dà al suo agire) di                 questo riferimento

W. distingue:
L’agire in comunità: fa riferimento all’atteggiamento di altri uomini secondo un senso che è nell’intenzione di chi agisce
L’agire in società: fa riferimento secondo un senso che è proprio di un ordinamento già stabilito.
In entrambi i casi il riferimento include le aspettative di un determinato atteggiamento da parte di altri individui.
In altri termini si può comprendere e spiegare un atteggiamento altrui solo sulla base della possibilità oggettiva che l’aspettativa di chi lo assume trovi riscontro  nell’atteggiamento degli altri.
(si può comprendere, ad esempio, l’atteggiamento del baro solo sulla possibilità oggettiva che gli altri partecipanti al gioco osservino,conformemente alle aspettative del baro,le regole del gioco stesso).

 

W. distingue 4 tipi di agire sociale:
1) L’atteggiamento razionale rispetto allo scopo: Determinato da aspettative dell’atteggiamento di oggetti del mondo esterno e di altri uomini ,impiegando tali aspettative come condizioni o mezzi  per scopi voluti e considerati razionalmente, in qualità di conseguenze.
2)L’atteggiamento razionale rispetto al valore: Determinato dalla credenza nel valore di un comportamento a prescindere dalle sue conseguenze.
3)L’atteggiamento affettivo: Determinato dalle emozioni,dagli affetti.
4)L’atteggiamento tradizionale: Determinato da una abitudine acquistata.
Questi atteggiamenti,nota W., costituiscono tuttavia “tipi concettuali puri” che si ritrovano più o meno mescolati nella realtà sociale, ma sono comunque indispensabili per determinarla.

 

L’intento fondamentale di W. Fu quello di fondare l’autonomia delle scienze culturali, in un senso corrispondente a quello in cui tale autonomia è stata raggiunta dalle scienze naturali→legittimare il discorso sociologico in quanto scientifico
Infatti, nonostante le diversità degli strumenti di cui dispongono le due diverse discipline scientifiche , hanno in comune il compito fondamentale di descrivere i fenomeni.

W. individua all’interno delle scienze culturali un opposizione tra descrizione/valutazione:
Le scienze culturali non possono stabilire scientificamente quali valori sono giusti o sbagliati.
I valori non possono essere in alcun modo oggetto di indagine.I valori rappresentano una dimensione che vive dentro di noi. Non possono essere discussi scientificamente in quanto non sono dimostrabili. Non si può dare prova del fatto che un valore sia giusto o meno.
La validità dei valori non è dimostrabile,ma la loro realizzazione si sono dimostrabili, e quindi possono costituire oggetto di indagine, i mezzi per realizzarli e i conflitti che tale realizzazione produce. L’analisi sociale può essere condotta solo in termini di valutazione dell’adeguatezza dei mezzi per il raggiungimento dei fini(La considerazione scientifica concerne la tecnica dei mezzi, non la valutazione degli scopi, che esula dal compito descrittivo della scienza culturale) e di  considerazione dei conflitti che la scelta degli scopi produce (che sono conflitti di valori o tra sfere di valori)
Questo conflitto si manifesta in tutta la sua forza soprattutto nel campo dell’etica come conflitto tra:
Etica dell’intenzione: Del puro volere-proseguimento di un ideale senza calcolo razione dei mezzi
Etica della responsabilità: Giudica l’azione sulla base delle conseguenze previste come possibili o                                        probabili. Si agisce con consapevolezza delle conseguenze.

Così le scienze culturali fanno intendere i fenomeni politici, artistici, sociali ecc.. in base alle condizioni del loro sorgere, ma non ci dicono se tali fenomeni abbiano avuto o meno un valore e non rispondono tanto meno alla questione se valga la pena o meno conoscerli.

 

IL POTERE LEGITTIMO ( in “ECONOMIA E SOCIETà” )
w. individua 3 tipi di potere legittimo:
1)Di carattere razionale : poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere in base ad essi. (potere legale)
Si obbedisce all’ordinamento impersonale statuito legalmente e agli individui preposti in base ad esso
2)Di carattere tradizionale: poggia sulla credenza quotidiana nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre e nella legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire una autorità (potere tradizionale)
Si obbedisce alla persona designata secondo la tradizione in virtù della reverenza da parte di coloro che la riconoscono.
3)Di carattere carismatico:
poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona e degli ordinamenti rivelati o creati da essa (potere carismatico)
Si obbedisce al sovrano in quanto qualificato carismaticamente, in virtù della fiducia personale nella rivelazione, nell’eroismo o nell’esemplarità della persona.

 

“PARLAMENTO E GOVERNO NEL NUOVO ORDINAMENTO DELLA GERMANIA”
In uno stato moderno il potere reale, che si esercita nell’uso quotidiano dell’amministrazione, è necessariamente ed inevitabilmente nelle mani della BUROCRAZIA.
Come il progresso verso il capitalismo costituisce il criterio univoco della modernizzazione dell’economia, così il progresso verso il corpo burocratico costituisce il criterio univoco della modernizzazione dello stato.

 

BUROCRAZIALa forma più tipica del potere razionale-legale.
W. con tale concetto intende, in generale,ogni forma di organizzazione razionale del lavoro ,in cui l’autorità è basato su un principio gerarchico→ tipica delle società moderne,ampie e complesse.
<<Lo stato moderno è come una grande fabbrica >>con funzionari che rivestono diversi compiti(civili,militari,ecclesiastici,economici,politici,ecc..)

La vera burocrazia nasce in epoca moderna per 2 motivi:

  • La superiorità tecnica delle burocrazie, che sono in grado di gestire sistemi altamente complessi in maniera razionale secondo lo scopo.
  • L’avvento della democrazia di massa, che trasforma i sudditi in cittadini e sancisce la loro uguaglianza di fronte alla legge. Nasce quindi il bisogno di un apparato impersonale che garantisca trattamenti uguali e che abbia autorità legale.

La differenza tra capo e funzionario è nel tipo di responsabilità:
Capo→ Responsabile per le proprie azioni
Funzionario→Responsabile verso il proprio ufficio
Dopo Bismark la Germania è stata governata da funzionari e non da capi politici.  

                   
“POLITICA COME PROFESSIONE”

  • Capo politico→capo carismatico
  • Capo politico→reciproca complementarità dell’etica della convinzione e dell’etica della responsabilità: Egli deve essere un eroe e un capo
  • Nello stato moderno→Nuova figura di politico di professione non carismatico: Il grande funzionario di stato

 

IL NEO-POSITIVISMO GIURIDICO (Kelsen-Hart)

 

                                      KELSEN(1881-1940)

             MAGGIOR ESPONENTE DEL NEO-POSITIVISMO GIURIDICO    

Il presupposto fondamentale è quello comune a tutto il neo-positivismo→ il carattere descrittivo della scienza  e  il fatto che i valori non possono essere in alcun modo oggetto di indagine scientifica.
Kelsen applica questi principi anche alla scienza del diritto → Dato il carattere non razionale, ma emotivo, della valutazione morale, bisogna distinguere nettamente la sfera del diritto da quella delle valutazioni morali.

Kelsen, e più in generale il neo-positivismo giuridico, ritiene che il diritto non abbia valore     assoluto (come era ritenuto dal giusnaturalismo), ma sia bensì un  DIRITTO POSITIVO inteso come prodotto umano e che  si esplicita in tutta una serie di norme.
Kelsen attraverso la sua opera dottrinale ha voluto elaborare una dottrina pura del diritto libera da elementi estranei riguardanti concetti come la morale, la psicologia, la sociologia, potendo in tal modo, e solo in tal modo, garantire una sorta di oggettività della scienza del diritto che ha un prevalente carattere descrittivo. Sappiamo che ad un tale sistema, come sopra accennato,  si oppone la teoria del giusnaturalismo secondo la quale si deve partire dalla considerazione dell’esistenza di  valori assoluti, insiti nell’umanità ed immanenti nella natura.  Secondo detta teorizzazione da questi valori si devono dedurre i principi giuridici.

Il concetto fondamentale della teoria del diritto è quello di NORMAIl diritto è norma.

  • La validità(esistenza) di una norma non è riconducibile a situazioni di fatto o alle valutazioni degli uominiUna norma è valida se è vincolante per i soggetti verso cui è indirizzata.
  • Ogni norma giuridica costituisce una proposizione ipotetica che prevede una sanzione sotto determinate condizioni.  
  • Ogni norma si costituisce di 2 momenti contigui: 1) che stabilisce un dover essere 2) che stabilisce la sanzione per chi vi contravviene. L’aspetto giuridico fondamentale è il secondo elementoLa norma giuridica è quella che prescrive una sanzione
  • Indipendenza della norma, e in generale di ogni ordinamento giuridico, dalle condizioni di fatto psicologiche o sociologiche

La caratteristica essenziale del sistema kelseniano consiste nel riconoscimento di una sfera di validità della norma giuridica la quale non è da confondersi con i fatti e con le valutazioni emozionali. Pertanto la norma giuridica deve essere rispettata non in quanto  sia buona o giusta, bensì perché è stata prodotta in una data maniera ed è valida sul presupposto che esista una norma fondamentale che prefissi l’autorità creatrice del diritto.

K.si avvale del concetto di norma per chiarire gli altri concetti fondamentali della filosofia del diritto: quello di STATO e degli ELEMENTI DELLO STATO( territorio-popolazione)

  • STATO : Non è altro che lo stesso ordinamento giuridico.
  • TERRITORIO : La sfera spaziale di validità dell’ordinamento giuridico statale
  • POPOLO : La sfera personale di validità dell’ordinamento giuridico statale

Sulla base di queste considerazioni, e sulla base dell’assunto: << il diritto regola la propria creazione>> ,K. enuncia il principio del primato del diritto internazionalerispetto a quello dei singoli stati : Il diritto internazionale, come ordinamento giuridico superiore agli altri, è quello che rende possibile la creazione di norme valide per la sfera di 2 o più stati, cioè di norme internazionali.

 

                                 HART

“Il concetto di diritto” : Secondo Hart, la tesi del positivismo giuridico secondo cui il diritto è sostanzialmente la prescrizione di una sanzione ( la norma secondaria di cui parla Kelsen) è decisamente riduttiva, non tiene conto dalla varietà delle norme di diritto.

Nella teoria hartiana il diritto è dato infatti dall’unione di 2 tipi di norme:
Primarieche indicano i comportamenti da seguire
Secondarieche forniscono ai soggetti privati o pubblici dei mezzi per realizzare i loro obiettivi.
Le norme secondarie forniscono:
-Le regole di riconoscimento : permettono di giudicare se una legge è valida o no, e qual è la portata della sua validità.
-Le regole di mutamento : riguardano lì introduzione di nuove norme primarie e l’abolizione delle vecchie
-Le regole istituzionali : provvedono alla formazione delle magistrature

Secondo Hart, la validità di un sistema giuridico poggia sulle regole di riconoscimento che esso include. Quando una norma risponde ai requisiti richiesti dalle regole di riconoscimento, essa è giuridicamente valida anche se dal punto di vista morale è cattiva o ingiusta.
VALIDITA’ DELLA LEGGE( fondarsi sulla regola di riconoscimento) ≠ MORALITA’ O GIUSTIZIA
Hart rimane così fedele all’esigenza fondamentale del positivismo giuridico di considerare la validità dei sistemi giuridici indipendentemente dalle regole o dai criteri della morale.

 

                       SIMON WEIL(1909-1943)

LA CRITICA ALL’IMMAGINAZIONE:
LE IMMAGINI INTERIORI,di noi stessi e delle cose, ma soprattutto L’IMMAGINARIO SOCIALE, con i suoi segni illusori che esercitano sugli individui una forte seduzione, portando ad attribuire valore al potere, al denaro e al prestigio pubblico→ci impediscono un rapporto diretto con la realtà, invischiandoci in una dimensione fittizia di cui non ci rendiamo conto.

Simon Weil era cittadina delle c.d. società di massa (moltitudine indifferenziata al suo interno, aggregato omogeneo in cui i singoli tendono a scomparire rispetto al gruppo ) in cui gli individui risultavano maggiormente esposti alla seduzione dell’immaginario sociale.

S.W. nella sua analisi sui segni illusori dell’immaginario sociale, ne riscontra alcuni particolarmente rilevanti:

  • I partiti tedeschi intervenivano con parole d’ordine, cioè parole vuote, che dovevano avere degli effetti sull’immaginazione più che dire le cose come stavano
  • Gli slogan del partito nazional-socialista e di quello comunista erano talmente simili che si faceva fatica a distinguerli. Questo proprio perché essi erano scritti intenzionalmente per sviare la realtà→S.W. critica anche il partito comunista( nonostante lei si dichiari a favore della classe operaia) in quanto adopera, come gli altri, parole di propaganda che non hanno nulla a che fare con la realtà.

Alla questioni  <<Come si fa a stare in rapporto con la realtà?>>
<<Come fare a non lasciarsi sviare dall’immaginazione?>>
S.W. risponde con il suo REALISMO→un realismo del tutto particolare, diverso da quello della tradizione filosofica, il cui fondamento è rappresentato da un profondo amore per la realtà che si esprimeva attraverso la rinuncia al consumo diretto delle cose, degli altri e degli eventi.
Noi siamo, di frequente, spinti a consumare con avidità ciò che è a nostra disposizione, perché avvertiamo in noi un senso di vuoto. Ed è proprio per riempire tale senso di vuoto che noi “consumiamo la realtà”

Così il primo insegnamento del realismo di Weil, è quello di sopportare il senso di vuoto e di mancanza senza volerlo riempire→e la via che la filosofa ci indica è quella della PRATICA.

Una pratica è un’azione ripetuta che ha una certa forma. E’ un esercizio concreto, che ci pone con la realtà in un rapporto indiretto, è un azione indiretta. S.W la definisce anche azione non agente, nel senso che si agisce, ma senza che l’io si senta l’agente dell’azione. Le pratiche sono esercizi i cui effetti sono indipendenti dalla nostra volontà

Quando S.W pensa ad un azione indiretta che ci metta in rapporto con la realtà, ha in mente soprattutto il lavorare
LAVORO→ E’ la pratica indiretta per eccellenza
Il lavoro infatti, lega pensiero, corpo e mondo, e ci pone in rapporto con la realtà. E’ la base, il fondamento dell’attività sia conoscitiva, sia pratica dell’essere umano nei confronti del mondo in cui vive.

Ma non tutto il lavoro è di questo genere…
Moltissime persone sono sempre più coinvolte in lavori di cui non ne conoscono il disegno→Operaio della fabbrica questo genere di lavoro comporta invece un totale distacco dalla realtà.

La Weil, nella sua opera “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”  osserva che un aspetto essenziale del lavoro è venuto meno nel lavoro organizzato nelle fabbriche : la libertà del lavoratore di organizzare, inventare , intervenire nel lavoro stesso→ E’ questo il punto chiave che preme alla filosofa : l’assenza di quella libertà che lo rende il lavoro umano, libertà intesa come intervento libero del pensiero del lavoratore.

CRITICA AL MARXISMO : L’aspetto del pensiero di Marx a cui S.W. rivolge la sua critica è quello secondo il quale lo sviluppo delle forze produttive sarebbe destinato, secondo il principio che ogni posizione (sociale, economica, politica) tiene in se la propria negazione, al capovolgimento rivoluzionario della società capitalistica, caratterizzata da sfruttamento ed oppressione, nella società comunista all’insegna della libertà.
Inoltre critica il fatto che Marx sembra aver classificato i modi di produzione in funzione del rendimento. W. Sottolinea la necessità che essi debbano essere analizzati in funzione dei rapporti tra pensiero e azione.

Certo, dal punto di vista del rendimento, il lavoro di fabbrica costituisce un progresso rispetto al lavoro del libero artigiano, ma dal punto di vista del rapporto tra pensiero e azione no.

Non la produzione, il rendimento o i prodotti, ma il lavoratore, con tutte le sue potenzialità liberamente utilizzabili da lui stesso deve essere al centro del lavoroSolo in tal modo il lavoro non sarà più la sede e lo strumento dell’oppressione, e non sarà più sentito come un obbligo, ma come un dovere spontaneamente emergente nell’individuo libero.

L’uomo libero quindi, è colui che sente il dovere di lavorare e di mettere nel suo lavoro tutta la sua intelligenza, inventiva e creatività.

L’uomo schiavo è colui che viene costretto a lavorare da poteri a lui estranei e che non può intervenire creativamente e liberamente nel suo lavoro.

                        Hannah Arendt

“Le origini del totalitarismo” : H. Arendt si propone in quest’opera di analizzare le cause e il funzionamento dei regimi totalitari (della Germania Nazista e dell’Unione Sovietica)

Le premesse del regime totalitario:

  • Antisemitismo
  • Imperialismo

H.Arendt muove dall’assunto che il totalitarismo costituisce una nuova forma di dittatura, non assimilabile o riconducibile ai tradizionali regimi tirannici o dittatoriali→ Esso nasce dal tramonto della società classista , nel senso che l’organizzazione delle singole classi lascia il posto ad una massa omogenea di individui isolati tra loro, la c.d società di massa, in cui gli uomini sono resi atomi, individui isolati, nella quale un elevato grado di  conformismo sociale  minaccia costantemente la libertà politica delle persone.

Il Totalitarismo mira alla trasformazione della natura umana tanto nelle sue componenti esterne(sociali) quanto in quelle interne(sfera privata), in modo da controllare la totalità della vita nei suoi molteplici aspetti.
Per conseguire il suo progetto di dominio totale, il Totalitarismo si sarebbe servito di 2 strumenti:

  • Ideologia totalitaria → Costruzione di una visione del mondo assunta come dotata di certezza assoluta, e perciò non sottoponibile a critica, secondo cui il regime totalitario rappresenterebbe un evoluzione necessaria della storia.
  • terrore → Principale strumento utilizzato per imporre coattivamente la propria ideologia. Esso si scaglia contro gli oppositori del regime e contro i nemici, che vengono di volta in volta definiti a seconda delle esigenze e tendenze politiche del regime.

Dal punto di vista organizzativo l’ideologia e il terrore si esplicano attraverso gli strumenti del partito unico e della polizia segreta che sono controllati dal capo supremo, dal dittatore, a cui rendono personalmente conto.

L’origine del totalitarismo risiede nella condizione di isolamento politico e di estraneazione  sociale dei singoli individui

 

In seguito alla pubblicazione dell’opera “Le origini del totalitarismo”,H.Arendt si sentì sollecitata ad affrontare tematiche filosofiche più generali.
Del resto, proprio le conclusioni teoriche sul totalitarismo rinviavano a problemi filosofici più generali, relativi al perché di un agire sociale e politico di quel genere nei tempi moderni.
Il risultato più organico delle nuove riflessioni della Arendt lo si ritrova nell’opera :

“vita activa, la condizione umana”
L’oggetto delle riflessioni, come suggerito da titolo, è la vita activa (l’agire umano) che si oppone alla c.d.vita completiva(il divino) → I 2 momenti, come avevano già affermato Platone, ma soprattutto Aristotele, della condizione umana
(E’ da notare che la Arendt, diversamente dai pensatori classici, parla di “condizione e non di “natura” umana→La sola affermazione che possiamo fare circa la c.d. “natura degli uomini”,osserva la Arendt, è che essi sono condizionati )

 

La “vita activa”, cioè l’agire umano si articola in 3 forme fondamentali, costituenti 3 aspetti fondamentali della condizione umana:

  • L’attività lavorativa (Animal laborans)L’attività che corrisponde allo sviluppo biologico del corpo umano. Il lavoro rende l’uomo in grado di provvedere al mantenimento della propria vita. Lìattività lavorativa è l’energia che si sprigiona e si consuma per provvedere alle esigenze fondamentali della vita, come per esempio il procacciamento del cibo.→ La sua condizione umana è la vita stessa.                                   
  • L’operare (Homo faber)L’attività che corrisponde alla dimensione non-naturale dell’esistenza umana. Il frutto dell’operare è un “mondo artificiale di cose”, nettamente distinto dall’ambiente naturale→ La sua condizione umana è l’essere-mondo
  • L’agire ( zoon politikon)E’ la sola attività che mette in rapporto diretto gli uomini senza la mediazione di cose materiali→ Corrisponde alla condizione umana della pluralità ed è inoltre la condizione di ogni vita politica.

Delle 3 manifestazioni della “vita activa”, la più importante, secondo la Arendt, è L’agire, la politica , grazie alla quale gli uomini comunicano tra loro non attraverso gli oggetti, ma attraverso il linguaggio(discorso) e le nobili gesta.

Questa è la gerarchia teorizzata da Aristotele, e messa in pratica nella Polis Greca e nella società romana(La Arendt vede soprattutto nella società romana l’elevato apprezzamento della vita politica)

Con la crisi dell’impero romano e l’affermarsi della società Cristiano.medievale, la civiltà della politica tende ad omogeneizzarsi in un'unica sfera di impegno della vita mondana in quanto separata dalla vita eterna(completiva) che acquisterà il primato rispetto “alla vita activa” stessa.


Il primato della vita eterna su quella mondana, non è però di origine cristiana, risale alla filosofia classica. Già con Platone e Aristotele era iniziato il processo di pensiero che avrebbe portato alla successiva svalutazione della “vita activa”a vantaggio della “vita completiva”, fondato sulla considerazione del mondo come qualcosa di preesistente all’uomo, derivante da Dio e sulla convinzione che nessuna opera prodotta dalle mani dell’uomo possa eguagliare, in bellezza è verità, le opere di natura divina.

La Arendt sostiene la necessità da una parte, di riaffermare quella gerarchia interna alla “vita activa”, entrata in crisi per opera del cristianesimo dopo la fine dell’impero romano e negata anche dal mondo moderno(per ragioni però diverse da quelle del cristianesimo), e dall’altra, di negare la tradizionale superiorità della “vita completiva” sulla “vita activa”→ Esse si trovano in una situazione di parità e di uguale dignità.

L’autrice ritiene che questo processo di svalutazione della “vita activa” e, al suo interno, di sparizione dell’agire politico a favore di una indistinta sfera del “fare”, sia stato uno sviluppo negativo, che la modernità ha portato a compimento→ In particolare la Arendt individua nella figura di Cartesio, l’iniziatore moderno di questa corrente di pensiero che radica nel soggetto, non più in Dio, la fonte della certezza e della verità.
Le conseguenze della svolta cartesiana sono:

  • Il rovesciamento interno alla “vita activa” dell’antica gerarchia→Il risultato è che l’attività preminente è quella del puro lavorare per la propria sopravvivenza, per la conservazione della vita (trionfo dall’animal laborans)
  • Il rovesciamento dell’ordine gerarchico tra”vita activa” e “vita completiva”→ La conquista della superiorità della “vita activa”sulla “vita completiva” è dovuta ad un iniziale trionfo dell’ homo faber su qualsiasi altro aspetto della vita umana (trionfo dovuto all’abbandono del tentativo di comprendere la natura, e generalmente di conoscere le cose non prodotte dall’uomo, e il volgersi invece esclusivamente alle cose che dovevano la loro esistenza all’uomo).

Ma la vittoria iniziale dell’homo faber, ossia dell’uomo produttore e creatore, che non ha più bisogno di un dio, porterà però conseguenze che condurranno alla disfatta dell’homo faber stesso.
Queste conseguenze derivano dalla desacralizzazione della vita individuale nell’epoca moderna della secolarizzazione e alla priorità e all’interesse verso la vita, ma una vita che non ha ormai più nulla di sacro e cristiano.→ Ciò che importa nella vita non è più l’immortalità, ma è la vita come bene più alto.La caduta la certezza dell’immortalità, dovuta al completamento del processo di secolarizzazione, ha portato ad un inevitabile trionfo dell’animal laborans, cioè al primato di quell’attività che ha come fine unico la conservazione della vita.

Completamente laicizzato, il mondo moderno, ha reso strumentali, cioè al servizio dell’animal laborans, l’azione e la ragione, li ha legati al singolo e ai suoi bisogni vitali, li ha staccati dalla pluralità, dall’esigenza di relazioni interpersonali libere.
E’ questa la condizione, misera e passiva, dell’essere umana nella modernità più recente.
L’età moderna, cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio dell’attività umana, termina nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto, ed è proprio tale passività che ha portato gli individui  all’estraneazione sociale e all’isolamento politico che hanno permesso l’affermarsi del totalitarismo.

Dal cupo pessimismo di “vita activa” trapela, proprio nelle pagine finali dell’opera, un barlume di speranza, derivante dalla forza del pensiero,, presente negli uomini che si dedicano all’arte e alla scienza, presente ovunque gli uomini vivano in condizioni di libertà politica.

 

                     Carl Schmitt(1888-1985)

Schmitt, uomo di destra, era destinato a gettare la basi di quella concezione della società e dello Stato su cui il nazismo potrà fondare il proprio regine (anche se il suo autoritarismo non prevedeva certo quelle tensioni irrazionalistiche, quelle aspirazioni di potenza e le rivendicazioni razioni che fecero del nazismo uno dei modelli di totalitarismo più spietati che si abbia mai visto)

Egli era fortemente ostile nei confronti del liberalismo e del parlamentarismo, in quanto fondati su una dottrina della divisione e dell’equilibrio dei "poteri", cioè un sistema di vincoli e di controlli sullo Stato che non può essere indicata come teoria dello Stato, invece ciò a cui Schmitt aspirava era  soluzione autoritaria, conservatrice, anticomunista, garante dello Stato→ a lui premeva il ripristino del principio d’autorità, bloccando così ogni forma di “costituzionalizzazione” delle istituzioni politiche.


FORTE CRITICA NEI CONFRONTI DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR→da lui definita“costituzione senza decisione”, dilaniata da conflitti interni(tra partiti) e dalle minacce rivoluzionarie. Una situazione “pluralistica”che riproponeva la necessità di un sovrano volto a riaffermare vigorosamente l’autorità dello Stato. Una fase dittatoriale avrebbe potuto preparare questo nuovo ordine.

Schmitt si proponeva come l’Hobbes del nuovo assolutismo: un teorico aperto alla considerazione della politica come rapporti di forza, come volontà di potenza.
Ciò che gli premeva è che il diritto fosse al servizio dello Stato.

POPOLO→un unità vivente, un insieme di individui ragionanti, attraversato da fremiti, spinte emotive, aspirazioni ricavate dalla propria storia che avrebbe contribuito a dare un senso alle scelte nazionali. Il popolo svolge una funzione molto importante, l’autoidentificazione del popolo con la propria autorità, costituiva il presupposto esistenziale di ogni unità politica.
Hitler, riconosciuto dalla volontà popolare come capo politico del popolo tedesco, realizzava quel rapporto tra capo e popolo al più alto livello esistenziale, poiché fondava il suo potere sull’uguaglianza della stirpe, uguaglianza che costituiva secondo Schmitt, una garanzia contro le possibili degenerazioni tiranniche, superiore a qualunque forma di controllo costituzionale.

Il ripristino del principio di autorità, corrispondeva  secondo Schmitt alla realizzazione del massimo di democrazia e alla radicale rimozione del liberalismo.→se ciò avesse suscitato reazioni astiose , ne sarebbe derivata finalmente una chiara distinzione amici/nemici.
La distinzione amico/nemico rappresenta la reale e concreta contrapposizione presente in ogni sfera pubblica→ la politica è terreno di conflitto. Non vi è politica al di fuori degli scontri radicali.

Schmitt, come si è detto, si sentiva un continuatore dell’opera di Hobbes, ma il sovrano di Hobbes non incontrava nessun limite all’esercizio del suo potere, e non era un tiranno perché il su potere era il “potere della ragione” .
Il sovrano di Schmitt era espressione, invece, di una volontà generale del popolo, che si auto identificava nella sua autorità.

      IL FEMMINISMO (V.Woolf; Beauvoir; Irigaray)

Il movimento femminista della prima ondata, nelle sue correnti liberale (uguaglianza di diritti) e socialista (uguaglianza delle condizioni materiali), ottenne il massimo delle sue conquiste all’indomani della prima guerra mondiale, sia in Gran Bretagna e negli Stati uniti, sia in Unione Sovietica.
Il movimento delle donne, però, entra in crisi durante la guerra e nell’immediato dopoguerra, una crisi che durerà quasi 50 anni. Questa però non determinerà la scomparsa totale del movimento, infatti è proprio in questo periodo, che alcuni pensatrici, non classificabili ne come liberali ne come socialiste, si porranno interrogativi molto seri a riguardo dei risultati ottenuti dalle lotte femministe, interrogativi che porteranno, nelle loro riflessioni, ad alcuni seri dubbi sulla validità dell’obiettivo dell’uguaglianza, e all’individuazione di un possibile percorso nuovo, che tenderà a sottolineare l’importanza della differenza fra uomini e donne in una società che deve garantire l’uguaglianza dei diritti e delle condizioni materiali per ciascun essere umano, indipendentemente dal suo sesso.

                         V.Woolf (1882-1941)

Le sue riflessioni riguardavano le condizioni delle donne colte di classe media.
“Una stanza tutta per sé”(1929)Sottolinea il fatto che alle donne è sempre mancata la condizione materiale per realizzare le loro vocazioni personali, condizione che invece è sempre stata garantita agli uomini colti di classe media.
Le donne sono state sempre tenute in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini, rispetto ai padri,mariti,fratelli, in un sistema patriarcale fondato sulla priorità assoluta dell’uomo rispetto alla donna.
Una stanza tutta per sé non rappresenta altro che  l’esistenza di quella condizione materiale, quel piccolo spazio di indipendenza, in cui la donna può dare voce alle proprie vocazioni. Un desiderio insito negli animi di tutte quelle donne, colte e di classe media, che hanno sempre desiderato esprimere la  propria arte. (differenza vista in chiave negativa)

“Le tre ghinee”(1938)Esaltazione della differenza tra uomo e donna, differenza volta a garantire la pace. È solamente coltivando tale differenza che le donne saranno in grado di aiutare gli uomini e migliorare in generale la vita.
V. Woolf, in quest’opera, espone dapprima, la necessità di imporre alle donne un educazione totalmente diversa da quella che viene imposta agli uomini(che forma alla guerra). L’educazione delle donne deve formare alla pace, devono essere insegnate solo le arti che si possono insegnare con poca spesa e che quindi possono essere esercitate anche da gente povera, deve essere insegnata l’arte dei rapporti umani, l’arte di comprendere la vita e gli altri, insieme anche alle arti minori come quella di conversare, di vestire, di cucinare ecc…
In secondo luogo la Woolf  sostiene l’importanza di un cambiamento nelle professioni cui accedono le donne, gestite solo dagli uomini. È fondamentale invece che le donne trasformino  tali professioni, trasferendo in queste il loro modo di essere e sentire, che è molto differente da quello degli uomini. Solo in questo modo potranno aiutare gli uomini contro la guerra.
Infine asserisce che, la differenza fondamentale tra uomo e donna risiede nei mezzi ,di cui i diversi sessi si avvalgono, per perseguire il comune obiettivo della pacedonna-sfera privata/uomo-sfera pubblica. (differenza vista in chiave positiva)

De Beauvoir, famosa scrittrice francese degli anni 40, scrive in un contesto storico terrificante (la seconda guerra mondiale), che aveva portato progressivi cambiamenti in quella che era la condizione della donna.
La guerra, infatti, aveva comportato un massiccio impegno da parte delle donne, che si trovarono costrette ad  entrare nei posti di lavoro lasciati dai milioni di uomini chiamati alle armi, e di conseguenza aveva costretto i governi dei paesi europei e degli Stati Uniti ad intensificare le forme di aiuto alle donne lavoratrici, per quel che riguardava la sfera familiare. Il diritto di voto,inoltre, fu riconosciuto subito dopo la guerra in quasi tutti i paesi europei.

Una delle sue opere di maggior rilevanza è “il secondo sesso” (1949) con la quale la scrittrice affronta il problema della condizione di subordinazione e di oppressione della donna attraverso una prospettiva esistenzialistica→ ogni essere umano è essenzialmente libero. Libero di scegliere la via della “trascendenza”, cioè della progettualità e della trasformazione del mondo che lo circonda, o la via dell’immanenza, cioè dell’accettazione delle cose e del mondo così come sono.

  • la prima via(trascendenza) è quella di chi vive per sé
  • la seconda via(immanenza) è quella di chi vive in sè

 

Questa condizione essenziale dell’essere umano  è comune a tutti, cioè sia agli uomini, sia alle donne.
L’opera è suddivisa in due parti:

  1. nella prima parte l’autrice cerca di dare una risposta al problema delle cause della subordinazione della donna, studiandone le trattazioni e i miti che ruotano intorno alla questione della subordinazione femminile.

La spiegazione biologica: l’inferiorità della donna a livello sociale è data dalla divisione dei compiti nella procreazione.
La spiegazione freudiana: Freud riduce la donna alla sua sessualità, alla sua anatomia, costruendo su di essa la teoria del’invidia del pene e della sua mancanza come segno di inferiorità insopprimibile della donna.
La spiegazione marxista: riduce la condizione di oppressione femminile a quella delle classi subalterne

Tutte queste spiegazioni circa la subordinazione del sesso femminile sono errate,        spiega De Beauvoir, perché non tengono conto del fondamento della natura umana: la libertà assoluta ed insopprimibile di ogni essere umano, indipendentemente dal suo sesso.
Queste spiegazioni sono poi state rafforzate nei miti sulla donna, presenti nel passato, nelle religioni, e anche nel presente nella letteratura maschile.

Sempre nella prima parte della sua opera l’autrice definisce il carattere unico della condizione di inferiorità femminile, non paragonabile agli altri tipi di oppressione e subordinazione a cui si è assistito nel mondo durate il corso della storia(razziale, neri, ebrei, proletari)→ mentre i neri, gli ebrei, i proletari avevano la possibilità di uccidere e sterminare i propri oppressori, la donna non può farlo, in quanto legata ai propri oppressori da un legame indissolubile. Nessuna frattura della società in sessi è possibile, e così la donna viene a configurarsi come l’“Altro” nel seno di una totalità da cui non può separarsi.

Ma la realtà è che la donna, in qualche modo, condizionata, ma non costretta, dalle circostanze in cui ha dovuto scegliere, è stata e continua ad essere COMPLICE dell’uomo nella condizione di inferiorità in cui l’uomo l’ha collocata.→ la donna ha scelto l’immanenza, l’uomo la trascendenza. La donna ha accettato di essere l’ “Altro” dell’uomo. 

Fonte: https://c1e0f1e1-a-62cb3a1a-s-sites.googlegroups.com/site/gionni555/download/dispense_giardini.doc?attachauth=ANoY7coEP3iasJRBuklpN1vGLYcaNvj2ceWk-PqOQzuBTQwu_Ge0_2IkvZmAyO57fkgkiZcb_pZ0QJlPcbOWFQG_aG-zFuQ8V9idD-dsdsceUcrM0SdL0JDu1cpyJuxPfiDxuwoUEi2KBB1bIph6ekg9heOKhWrxzOLHsdSlJgZcbhEnE4pCdQwDcWdi-Y7xNOiKKKu_Gvq_VJbZOefceeA0mxF3bWlNZsE92qN_JMSeGXT4cOesUZA%3D&attredirects=0

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