Dispensa stress ossidativo

Dispensa stress ossidativo

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Dispensa stress ossidativo

2. Introduzione allo stress ossidativo.

2.1 Lo stress ossidativo.

Il termine stress ossidativo indica l’insieme delle alterazioni che si manifestano a livello di

tessuti, cellule e macromolecole biologiche quando queste vengono esposte ad un eccesso di

agenti ossidanti (Corti et al., 2009).

In tutti gli organismi aerobi esiste un delicato equilibrio, detto ossido-riduttivo, tra la

produzione di sostanze ossidanti, tra cui le specie reattive dell’ossigeno (ROS), e il sistema

di difesa antiossidante che ha il compito di prevenire e/o riparare l’eventuale danno prodotto.

Tutte le forme di vita conservano, all’interno delle loro cellule, un ambiente riducente che

viene preservato da enzimi che mantengono lo stato ridotto attraverso un costante apporto di

energia metabolica. Disturbi del normale stato redox possono provocare effetti tossici

attraverso la produzione di specie chimiche reattive che danneggiano le componenti della

cellula incluse proteine, lipidi e acidi nucleici (Siciliano et al., 2007).

Le ROS e altre specie reattive vengono continuamente prodotte dal nostro organismo

attraverso numerosi processi biochimici (Uttara et al., 2009). Determinate quantità di

sostanze ossidanti sono infatti indispensabili per mantenere il corretto funzionamento

cellulare, regolando i meccanismi propri dell’omeostasi (Iorio, 2007).

Durante le reazioni di riduzione dell’ossigeno, però, le specie reattive generate possono

superare il valore soglia fisiologico. Se tali molecole non vengono neutralizzate dai sistemi

antiossidanti, si possono instaurare danni all’interno della cellula, in grado di condurre la

stessa ad apoptosi (Maiese et al., 2008).

Quindi, se si genera uno sbilanciamento tra la produzione di ROS e l’efficacia del sistema di

difesa antiossidante, si stabilisce una condizione di stress ossidativo, come mostrato in

figura 1 (Sompol et al., 2009).

 

Figura 1. Modificazione del normale equilibrio tra ROS e sostanze antiossidanti (da Nutrizione e

stress ossidativo. Vito Curci. 9 maggio 2009 Villa Lagarina (TN)).

2.2 Specie chimiche reattive.

Le specie chimiche reattive (SCR) sono ioni, semplici o complessi, che hanno la tendenza a

reagire, a seconda della loro natura e del mezzo in cui si trovano, con altre specie chimiche

con cui vengono a contatto. In genere agiscono da agenti ossidanti e questa caratteristica

conferisce loro la capacità di indurre danno ossidativo se vengono prodotte in eccesso (Iorio,

2007). A seconda dell’atomo responsabile della loro reattività, le SCR possono essere

classificate in specie reattive dell’ossigeno (ROS), specie reattive dell’azoto (RNS) e specie

reattive del carbonio (RCS). Queste, a loro volta, possono essere distinte in forme radicaliche

e non radicaliche a seconda che abbiano o meno, rispettivamente, almeno un elettrone

spaiato in uno degli orbitali più esterni (Iorio, 2007), come mostrato nella seguente tabella:

Specie chimica Formula Natura

Anione superossido ·O2_ R

Ossigeno singoletto 1O2* R (?)

Perossido di idrogeno H2O2 N-R

Idrossile HO· R

Alcossile RO· R

(Alchil)idroperossile ROOH NR

Ossido nitrico NO· R

Diossido nitrico NO2· R

Acido nirtoso HNO2 N-R

Perossinitrito ONOO- N-R

(Alchil)tiile (da R-SH) RS· R

R: specie radicalica. N-R: specie non radicalica. *: stato energetico attivato

Tabella 1. Specie reattive di maggiore interesse biologico (modificato da Iorio, 2007).

Tra le forme radicaliche, i radicali liberi sono definiti come specie chimiche reattive aventi

un singolo elettrone spaiato nell’orbitale esterno, come mostrato in figura 2 (Rahman 2007).

Questa caratteristica conferisce loro una configurazione instabile tale da renderle capaci di

reagire con diverse molecole quali proteine, lipidi, carboidrati e acidi nucleici e dalle quali

sottraggono un elettrone, ossidandole, nel tentativo di acquisire stabilità. In tal modo

vengono prodotti altri radicali liberi secondo reazioni che si propagano a catena (Iorio,

2007).

 

 

Figura 2. Meccanismo di generazione dei radicali liberi. (da www.healingbaily.com/condition/freeradicals.

htm).

6

Le SRC di natura non radicalica, invece, possiedono una struttura molecolare in cui tutti gli

elettroni sono disposti in coppie, generalmente impegnati a formare legami di tipo covalente

tra i vari atomi costituenti (Iorio, 2007).

È noto che le SCR hanno un duplice ruolo nei sistemi biologici, sia benefico che dannoso.

(Valko et al., 2006). Mostrano un effetto benefico quando, ad esempio, vengono utilizzate

dal sistema immunitario come agenti in grado di bloccare l’azione patogena di diversi

microrganismi o quando sono utilizzate come forma di comunicazione cellulare mediando la

trasmissione di segnali biochimici tra le cellule (Corti et al., 2009). Al contrario, se le

sostanze ossidanti sono presenti ad alte concentrazioni, e/o il sistema antiossidante non è in

grado di neutralizzarle, possono essere danneggiate diverse componenti della cellula: i

fosfolipidi di membrana, con perdita di compartimentazione cellulare e dei trasporti selettivi;

gli acidi nucleici, con accumulo di mutazioni ed alterazioni dell’espressione genica e le

proteine, dove l’ossidazione di alcuni gruppi amminoacidici causa modificazioni della

struttura e perdita di funzione enzimatica, recettoriale e di trasporto (Corti et al., 2009).

I radicali liberi centrati sull’ossigeno sono i principali sottoprodotti formati nelle cellule degli

organismi aerobi (Rahman, 2007). Le ROS rappresentano la maggior parte dei radicali che,

se prodotti in eccesso, danneggiano i sistemi biologici; più precisamente, possono dare il via

a reazioni autocatalitiche in modo tale che le molecole con le quali reagiscono sono esse

stesse convertite in radicali liberi che, a loro volta, sono in grado di propagare il danno

(Rahman, 2007). Tra le ROS prodotte a livello cellulare, le più comuni sono il radicale

idrossile (OH·), l’anione superossido (·O2_) e l’ossido nitrico (NO·) (Uttara et al., 2009).

Anche le forme non radicaliche come il perossido di idrogeno (H2O2) e il perossinitrito

(ONOO_) possono, in molti casi, indurre danno cellulare generando radicali attraverso varie

reazioni chimiche (Uttara et al., 2009).

In tutti i meccanismi di generazione delle ROS, la prima tappa è l’attivazione dell’ossigeno

molecolare (O2) da parte di sistemi cellulari che hanno evoluto una serie di metallo-enzimi in

grado di facilitare la produzione delle ROS, a seguito delle interazioni dei metalli ridotti con

l’ossigeno. Poiché i radicali liberi sono tossici, le cellule hanno un efficiente sistema di

regolazione che regola la produzione di ROS e di radicali liberi (Uttara et al., 2009).

L’·O2_ può ridurre lo ione ferrico (Fe3+) a ferroso (Fe2+); quest’ultimo, a sua volta, può

decomporre il H2O2 secondo la razione di Fenton:

7

step I Fe3+ + ·O2_ _ Fe2+ + O2

step II Fe2+ + H2O2 _ Fe3+ + ·OH + OH _ reazione di Fenton

in cui lo ione Fe2+, ossidandosi a ione Fe3+, cede il suo elettrone ad una molecola di H2O2 e

ne scinde uno dei legami covalenti generando un radicale libero, il radicale idrossile (OH·),

ed un anione, lo ione idrossile (OH _) (Iorio, 2007).

Combinando gli step I e II otteniamo la reazione di Harber-Weiss, secondo la quale, l’·O2_

può reagire con il H2O2 e indurre la formazione del ·OH e dello ione OH _, come mostrato

nella seguente reazione:

·O2_ + H2O2___·OH + OH _ + O2 reazione di Harber-Weiss

2.2.1 Meccanismi di generazione delle specie chimiche reattive.

La quantità totale delle SRC che vengono generate nelle cellule è determinata da diversi

fattori; in generale, si possono distinguere le due fonti di produzione delle SCR in endogene

ed esogene (Valko et al., 2006; Rahman, 2007).

Le risorse endogene includono i mitocondri, il metabolismo del citocromo P450, i

perossisomi e l’attivazione delle cellule infiammatorie (Valko et al., 2006; Rahman, 2007).

I mitocondri sono responsabili della produzione di ATP, attraverso la fosforilazione

ossidativa, che fornisce l’energia necessaria per le funzioni cellulari (Iorio, 2007).

In condizioni fisiologiche, l’1%-2% di O2 molecolare consumato dalle cellule animali è

convertito a ROS attraverso la perdita di elettroni dalla catena di trasporto mitocondriale

(ETC: mitochondrial electron transport chain). Per tale motivo, i mitocondri rappresentano

una fonte primaria di ROS endogene (McCord, 2000; Mancuso et al., 2006; Liu et al., 2009).

Diverse evidenze in letteratura dimostrano che la produzione e l’accumulo di ROS, aumenta

quando la catena respiratoria mitocondriale è danneggiata da componenti chimiche (inibitori

respiratori) o mutazioni in geni mitocondriali implicati nella biosintesi di polipeptidi che

costituiscono gli enzimi respiratori (Liu et al., 2009).

Sono stati identificati almeno due siti nella ETC dove si registra una sostanziale perdita di

elettroni: a livello del gruppo flavinico del complesso I e a livello del sito dell’ubichinone del

complesso III; da qui gli elettroni possono sfuggire e reagire con l’O2 molecolare portando

8

ad una attiva produzione di radicali liberi (McCord, 2000; Maiese et al., 2008) e H2O2 che,

anche se non è una specie radicalica, può comunque essere prodotta a livello mitocondriale

(Rahman, 2007).

La produzione eccessiva di ROS dovuta a disfunzione mitocondriale può causare

direttamente danno ossidativo a livello di macromolecole cellulari e condurre a instabilità

della membrana, accumulo di proteine modificate e mutazioni al DNA (Liu et al., 2009).

Fonti endogene di ROS sono rappresentate anche dalle cellule infiammatorie come i

neutrofili, gli eosinofili e i macrofagi. Questi ultimi, una volta attivati, danno il via ad un

incremento dell’assunzione di ossigeno; tale aumento, a sua volta, dà origine alla produzione

di una varietà di ROS incluso l’anione superossido, l’ossido nitrico e il perossido di idrogeno

(Rahman, 2007).

Anche il Citocromo P450 è un importante fonte di radicali liberi. La famiglia del citocromo P

450 (CYP, P450) è una superfamiglia enzimatica di emoproteine appartenente alla sottoclasse

enzimatica delle monoossigenasi. Spesso prendono parte a complessi con funzione di catena

di trasporto di elettroni, noti come “sistemi contenenti P450”. (Danielson, 2002). I CYP, P450

sono i maggiori attori coinvolti nella detossificazione dell’organismo, essendo in grado di

agire su un gran numero di substrati, sia esogeni (farmaci e tossine di origine esterna), che

endogeni (prodotti di scarto dell’organismo) (Danielson, 2002). In particolare, consentono

l’incorporazione di un atomo di O2 in un substrato organico (RH) e la riduzione del secondo

ad H2O, secondo la seguente reazione:

RH + O2 + 2H+ + 2 e_ _ ROH + H2O

Tuttavia, il mancato funzionamento del ciclo catalitico del citocromo P450 incrementa la

possibilità di generare ROS in particolare ·O2_ e H2O2 (Valko et al., 2006).

Altre sorgenti di ROS sono i microsomi e i perossisomi. I microsomi sono responsabili

dell’80% dell’H2O2 prodotta in vivo a livello dei siti di iperossia; i perossisomi, in condizioni

fisiologiche, sono importanti per la produzione di H2O2, ma no di ·O2_. Anche se il fegato è

l’organo primario dove il contributo dei perossisomi per la produzione complessiva di H2O2 è

significativa, anche altri organi che contengono perossisomi, come il rene, sono implicati in

questo meccanismo di generazione di H2O2 (Valko et al., 2006).

Recentemente, anche l’ossidazione perossisomiale degli acidi grassi è stata riconosciuta

come una potenziale importante fonte di produzione di H2O2 (Valko et al., 2006).

9

Le ROS possono essere prodotte anche attraverso un gran numero di processi esogeni (Valko

et al., 2006). Gli agenti ambientali possono generare direttamente, o indirettamente, le ROS.

È stata osservata induzione di stress e danno ossidativo dopo esposizione a diversi tipi di

xenobiotici: metalli (ridotti e non ridotti), ioni, radiazioni (UV, raggi gamma, raggi X),

farmaci (barbiturici), contaminanti ambientali e agenti cancerogeni (Iorio et al.,2007), come

mostrato nella figura sottostante.

 

Figura 3. Meccanismi di produzione delle specie reattive (da Nutrizione e stress ossidativo. Vito

Curci. 9 maggio 2009 Villa Lagarina (TN)).

 

 

2.3 Antiossidanti.

Il termine antiossidante indica tutte le molecole capaci di stabilizzare o disattivare i radicali

liberi prima che essi danneggino le cellule, secondo il meccanismo mostrato in figura 4.

Figura 4. Meccanismo con cui un antiossidante neutralizza un radicale libero

(da www.gmvirtual.com/acaibasics.html)

L’organismo umano ha evoluto sistemi altamente complessi di difesa antiossidante,

enzimatici e non enzimatici, i quali lavorano sinergicamente e in combinazione con altri

sistemi di protezione cellulare contro il danno ossidativo. Un antiossidante ideale dovrebbe

essere caratterizzato da: rapido assorbimento, alta efficienza nell’eliminazione dei radicali

liberi e nel chelare i metalli ridotti, capacità di svolgere la sua azione in domini acquatici e/o

di membrana (Rahman, 2007).

Gli antiossidanti sono classificati in endogeni ed esogeni; questi ultimi possono essere

ottenuti in parte dalla dieta o tramite l’assunzione di integratori alimentari. Alcuni

componenti alimentari che non neutralizzano i radicali liberi, ma che accrescono l’attività

endogena possono comunque essere classificati come antiossidanti (Rahman, 2007).

Gli antiossidanti si dividono in molecole di natura enzimatica e non enzimatica. Gli

antiossidanti enzimatici comprendono un numero limitato di proteine come le catalasi, la

glutatione perossidasi e le superossido dismutasi (Uttara et al., 2009).

Gli antiossidanti non enzimatici, a loro volta, possono essere distinti in antiossidanti ad

azione diretta ed indiretta. I primi, sono estremamente importanti nella difesa contro lo stress

ossidativo e comprendono l’acido ascorbico e lipoico, polifenoli e caratenoidi; la cellula

stessa può sintetizzare una minima quantità di queste molecole. I secondi includono agenti

11

chelanti e di legame per ridurre i metalli e prevenire la formazione dei radicali (Uttara et al.,

2009).

2.3.1 Antiossidanti enzimatici.

La superossido dismutasi (SOD) è un enzima appartenente alla famiglia delle

metalloproteine la cui funzione è quella di convertire il ·O2_ in O2 e H2O2 (Rahaman, 2007)

secondo la seguente reazione di dismutazione o di disproporzione:

·O2_ + ·O2_ + 2H+ _ H2O2 + O2

In questa reazione, una molecola di ·O2_ si ossida diventando ossigeno e l’atra molecola si

riduce e si protona diventando H2O2.

La SOD è presente in diverse isoforme, identificabili in base agli ioni presenti nel sito attivo

(rame, ferro o manganese), alla composizione amminoacidica e alla distribuzione negli

organismi. I geni che codificano per le SOD derivano da due geni ancestrali; da uno dei due

geni deriva il gruppo delle Mn-SOD e delle Fe-SOD ampiamente diffuso tra tutti gli

organismi aerobi, dai batteri alle piante fino all’uomo, dall’altro discende la famiglia delle

Cu/Zn-SOD, distribuito esclusivamente tra gli organismi eucaristici (Rahaman, 2007).

Nell’uomo sono presenti tre isoforme di SOD: la SOD1 è distribuita nel citoplasma, la SOD2

nei mitocondri, mentre la SOD3 è localizzata a livello extracellulare. La prima è un dimero

di peso molecolare di 32 kDa, mentre le altre due sono tetrametri con peso molecolare di 96

kDa. La SOD1 e la SOD3 contengono rame e zinco, mentre la SOD2 contiene il manganese

nel suo centro di reazione (rispettivamente Cu/Zn-SOD e Mn-SOD) (Rahaman, 2007).

Negli organismi aerobi, sono presenti due famiglie di enzimi, le catalasi e la glutatione

perossidasi, capaci di degradare il H2O2 (Izawa et al., 1996).

Le catalasi (CAT) sono metalloproteine, localizzate a livello dei perossisomi delle cellule

eucariotiche, il cui gruppo prostetico, la parte non proteica dell’enzima, è rappresentato dal

ferro (Izawa et al., 1996). Questi enzimi hanno la capacità di proteggere i tessuti dai

perossidi; la reazione catalizzata dalle catalasi è la decomposizione del H2O2 ad H2O ed O2

molecolare secondo la seguente reazione (Valko et al., 2006):

H2O2 + H2O2 _ 2 H2O + O2

12

Anche se il completo meccanismo di azione delle catalasi non è ancora noto, si pensa che la

suddetta reazione avvenga in due steps:

step I H2O2 + Fe3+-E _ H2O + O=Fe4+-E

stepII H2O2 + O= Fe4+-E _ H2O + Fe3+-E + O2

dove Fen+-E rappresenta il ferro nel gruppo eme dell’enzima.

Mel momento in cui il H2O2 entra nel sito attivo, interagisce con gli amminoacidi asparagina

(Ans 147) ed istidina (His 74), causando il trasferimento di un protone tra due atomi di

ossigeno. Gli atomi di ossigeno liberi inducono la formazione di H2O e reagiscono con il

ferro per formare O=Fe4+, il quale reagisce con una seconda molecola di H2O2 per riformare

Fe3+-E e produrre O2 e H2O (Izawa et al., 1996).

Le CAT hanno un’alta velocità di tourn-over: una molecola può convertire, ogni minuto,

approssimativamente 6 milioni di molecole di H2O2 ad H2O e O2 (Rahaman, 2007).

Quando i livelli di perossido di idrogeno sono troppo bassi per attivare le catalasi, la

decomposizione di tale SRC avviene per attivazione della glutatione perossidasi (Iorio,

2007), un enzima presente in due diverse forme, una selenio-dipendente (GPx), l’altra

selenio indipendente (glutatione-S-tranferasi, GST). Le differenze sono dovute al numero di

subunità, ai meccanismi catalitici e al legame del selenio nel centro attivo (Valko et al.,

2006; Rahaman, 2007).

Nell’organismo umano sono presenti quattro tipi differenti di GPx, le quali hanno la funzione

di ridurre i perossidi. La GPx agisce in associazione con il glutatione, una molecola presente

ad alte concentrazioni nelle cellule che rappresenta uno dei più importanti meccanismi

endogeni di difesa dai radicali liberi. La GPx utilizza come substrato il H2O2 o un perossido

organico (ROOH) e catalizza la conversione dei perossidi ad acqua o alcol e,

simultaneamente, reagendo con il H2O2, ossida il glutatione (Valko et al., 2006; Rahaman,

2007):

2GSH + H2O2 _ GSSG + 2H2O

2GSH + ROOH _ GSSG + ROH + H2O

13

In queste reazioni, la GPx catalizza la riduzione del H2O2 ad H2O e quella dei perossidi

organici ai corrispondenti alcoli stabili (ROH), utilizzando il glutatione come fonte di

equivalenti riducenti.

Negli organismi maggiormente evoluti, la GPx sembra aver largamente soppiantato il

bisogno delle catalasi nella difesa contro lo stress ossidativo. Inoltre, è un enzima molto

importante nel prevenire la perossidazione lipidica per mantenere la struttura e la funzione

delle membrane biologiche (McCord, 2000).

2.3.2 Antiossidanti non enzimatici.

Gli antiossidanti non enzimatici includono diversi tipi di molecole tra le quali ricordiamo la

vitamina E, un potente antiossidante liposolubile, che nell’uomo è presente in differenti

forme delle quali la più attiva è l’ _- tocoferolo (Valko et al., 2006). Ha un ruolo importante

nella prevenzione dell’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi, che rappresenta l’evento

chiave nello sviluppo del processo di perossidazione lipidica. Tale evento, scatenato

dall’azione di radicali liberi, si sviluppa attraverso delle reazioni a catena che continuano il

processo (Valko et al., 2006). La vitamina E è in grado di bloccare questo fenomeno

donando un atomo di idrogeno con un elettrone ai radicali perossilipidici, rendendoli in tal

modo meno reattivi e bloccando di fatto la perossidazione lipidica. Tale reazione redox

trasforma la vitamina E in un radicale _-tocoferossilico che è piuttosto stabile e che può

reagire con la vitamina C o con il glutatione per riformare l’_-tocoferolo (Valko et al., 2006).

Poiché lo sviluppo della perossidazione lipidica può determinare profonde alterazioni delle

membrane cellulari, si comprende il motivo per cui alla vitamina E è riconosciuto un ruolo

importante nel mantenere tali strutture indenni (Valko et al., 2006).

Un altro importante antiossidante è la Vitamina C, una molecola idrosolubile che può essere

presente in due forme, una ridotta (acido ascorbico) ed una ossidata (acido deidroascorbico)

tra loro interconvertibili. Come già detto, la vitamina C è implicata nella rigenerazione della

forma non radicalica della vitamina E, dopo che questa ha reagito con un radicale libero. In

determinate circostanze può agire da agente riducente: ad esempio, in presenza di metalli di

transizione (Fe3+ e Cu2+) può innescare la perossidazione lipidica. Ciò nonostante, l’azione

antiossidante è, in vivo, superiore a quella pro-ossidante (Iorio, 2007 ).

Un gruppo importante di antiossidanti non enzimatici è rappresentato dai tioli. I gruppi tiolici

(SH) sono essenziali per la protezione degli effetti dannosi delle ROS (Valko et al., 2006). Il

14

più importante antiossidante tiolico è il glutatione ridotto (GSH), un tripeptide formato da

cisteina, glicina e glutammato. Il GSH è tra i più efficaci antiossidanti prodotti a livello

intracellulare, è molto abbondante nel citosol (1-11 mM), a livello di nuclei (3-15 mM) e dei

mitocondri (5-11 mM) ed è considerato il maggiore antiossidante solubile in questi

compartimenti cellulari (Valko et al., 2006). Generalmente, la capacità antiossidante dei

composti tiolici è dovuta all’atomo di zolfo il quale può facilmente favorire la perdita di un

singolo elettrone. La vita della specie radicalica così generata, come il radicale tiile (GS·),

può essere significativamente più lunga di molti altri radicali generati durante lo stress

ossidativo (Valko et al., 2006).

La reazione del glutatione con un radicale R·, può essere così descritta:

GSH + R· _ GS· + RH

Il radicale così generato, può dimerizzare per formare il prodotto non radicalico GSSG:

GS· + GS· _ GSSG

Il glutatione ossidato (GSSG) è accumulato all’interno delle cellule e il rapporto GSH/GSSG

è un buon indice di stress ossidativo di un organismo. Le principali caratteristiche protettive

del GSH come meccanismo di difesa contro lo stress ossidativo sono dovute alle seguenti

proprietà (Valko et al., 2006):

_ è un cofattore di diversi enzimi di detossificazione contro lo stress ossidativo,

come la glutatione per ossidasi e la glutatione transferasi (Valko et al., 2006);

_ partecipa al trasporto degli amminoacidi attraverso le membrane plasmatiche

(Valko et al., 2006);

_ ha la funzione di “scavanger” (letteralmente, spazzare) nei confronti degli

idrossidi e dell’ossigeno singoletto, di detossificare il perossido di idrogeno e i

lipoperossidi attraverso l’azione catalitica della glutatione perossidasi (Valko et

al., 2006);

_ è in grado di rigenerare i più importanti antiossidanti, vitamina C ed E dalle loro

forme attive (Valko et al., 2006);

_ può ridurre il radicale tocoferolo della vitamina E direttamente, o indirettamente,

attraverso la riduzione del semideidroascorbato ad ascorbato (Valko et al., 2006).

15

Un altro antiossidante tiolico è la tioredoxina (TRX), una proteina con attività

ossidoriduttasica che è presente sia nelle cellule dei mammiferi che dei procarioti (Rahman,

2007). Contiene un disulfide e due cisteine attive ridotte all’interno di un sito attivo

conservato (Cys–Gly–Pro–Cys). Nella sua forma ridotta, la TRX contiene due gruppi SH

adiacenti che sono convertiti in una unità disulfide nella TRX ossidata quando essa subisce

reazioni redox con molteplici proteine (Valko et al., 2006):

thioredoxin-(SH)2 + protein-S2 _ thioredoxin-S2 + protein-(SH)2

Il terzo antiossidante tiolico è l’ Acido _-lipoico (ALA). È un disulfide derivato dall’acido

octanoico, può essere sia liposolubile che idrosolubile e, per questo, è largamente distribuito

nelle membrane cellulari e nel citosol sia di cellule eucariotiche che procariotiche. L’ALA è

rapidamente assorbito dalla dieta e convertito nella sua forma ridotta, l’acido diidrolipoico

(DHLA) (Valko et al., 2006). Entrambe le forme sono dei potenti antiossidanti e svolgono la

propria azione attraverso lo “scavenger” dei radicali liberi, chelano gli ioni metallici,

riciclano gli antiossidanti e riparano le proteine danneggiate dallo stress ossidativo. Il DHLA

ha un’azione fortemente antiossidante e può agire in sinergia con altri antiossidanti come il

glutatione, l’acido ascorbico e il tocoferolo. Esso può anche avere proprietà pro-ossidanti; ad

esempio, è in grado di ridurre lo ione ferro e di generare radicali contenenti zolfo che

possono danneggiare le proteine (Valko et al., 2006).

Altre molecole implicate nel processo di detossificazione dai radicali liberi sono la

melatonina, i carotenoidi e i flavonoidi.

La melatonina è un neuro-ormone sintetizzato principalmente dalla ghiandola pineale ed ha

molti effetti su un largo numero di funzioni fisiopatologiche. È un forte antiossidante che

può facilmente attraversare le membrane cellulari e la barriera ematoencefalica (Reiter et al.,

1997). La funzione principale della melatonina è quella di spazzare i radicali liberi prodotti

durante il metabolismo dell’ossigeno. A differenza di altri antiossidanti, la melatonina non

percorre un ciclo redox che le consentirebbe di agire come proossidante e promuovere la

formazione di radicali liberi. Per tale motivo, la melatonina, una volta ossidata, non può più

essere ridotta al suo stato precedente in quanto, dopo aver reagito con i radicali liberi, forma

numerosi prodotti finali stabili. Per questo motivo, la melatonina è definita un antiossidante

terminale (Tane et al., 2000).

I carotenoidi rappresentano una classe di pigmenti presenti nelle piante e in diversi

microrganismi. Studi epidemiologici hanno rilevato che un incremento del consumo di

carotenoidi, attraverso la dieta, diminuisce il rischio di sviluppare malattie età-dipendenti.

16

Questo è correlato con la capacità dei carotenoidi di eliminare fisicamente l’ossigeno

singoletto senza degradarlo e di reagire chimicamente con i radicali liberi. Possono anche

spazzare i perossidi prevenendo così il danno a livello di compartimenti lipofilici (Rahaman,

2000). La concentrazione dei carotenoidi e la pressione parziale dell’ossigeno sono fattori

importanti nell’esplicazione della funzione antiossidante; in particolare il _-carotene esibisce

proprietà antiossidanti a pressioni parziali dell’ossigeno basse, ma diventa un pro-ossidante

ad elevate pressioni dell’ossigeno ed ad alte concentrazioni di carotenoidi (Rahaman, 2000).

Infine ricordiamo i flavonoidi, composti polifenolici, metaboliti secondari delle piante, che

rappresentano una parte integrale della dieta umana (Valko et al., 2006). I flavonoidi

suscitano particolare interesse grazie alle loro proprietà antiossidanti, alla loro capacità di

chelare i metalli e al possibile ruolo svolto nella prevenzione di malattie croniche ed etàdipendenti

(Rahaman, 2007). Le proprietà biologiche dei falvonoidi dipendono

dall’estensione, dalla natura, dalla posizione dei gruppi sostitutivi e dal numero di gruppi

idrossilici; inoltre, questi fattori determinano se un flavonoide avrà azione antiossidante o

sarà un modulatore dell’attività enzimatica o se possiederà proprietà antimutagene o

citotossiche. L’attività più studiata dei flavonoidi è quella di protezione dell’organismo

contro lo stress ossidativo. Per esempio, i flavonoidi sono spazzini ideali dei perossidi e sono

degli effettivi inibitori della perossidazione lipidica, possono chelare gli ioni metallici e

prevenire così la rottura del perossido di idrogeno. Comunque, in determinate condizioni, i

flavonoidi possono mostrare anche un’attività pro-ossidante e si pensa che questa sia

direttamente proporzionale al numero totale di gruppi idrossilici (Valko et al., 2006).

2.4 Stress ossidativo, invecchiamento e malattie neurodegenerative.

Lo stress ossidativo svolge un ruolo cruciale sia durante il normale processo di

invecchiamento (Jha et al., 2009) che nella patogenesi di diverse malattie come le neoplasie,

l’ischemia e le malattie neurodegenerative (Butterfield et al., 2007).

Oggi si sta dedicando sempre maggiore attenzione alla comprensione dei fattori che sono alla

base del processo di invecchiamento cellulare (Govoni et al., 2001), che potrebbero aiutare a

comprendere le patologie involutive e degenerative che si possono manifestare in età

avanzata a carico di diversi organi e apparati. In questo contesto assumono particolare

importanza, per la frequenza e per il carico di disabilità che comportano, i processi

neurodegenerativi dell’encefalo. L’espressione delle alterazioni e del danno varia da

modificazioni modeste delle principali funzioni dei neurotrasmettitori e metaboliche, che

17

portano a compromissione della funzionalità neuronale, fino a modificazioni morfologiche

micro- e macroscopiche della struttura stessa dell’encefalo (Govoni et al., 2001).

I precisi meccanismi molecolari alla base di tali processi non sono ancora del tutto noti e

soprattutto non è nota la loro sequenza temporale, la gerarchia e la soglia tra fisiologia e

patologia (Govoni et al., 2001). Da qui l’incertezza sull’eziopatogenesi dei processi

neurodegenerativi che deve essere considerata eterogenea e multifattoriale. Tutto questo ha

portato a formulare diverse ipotesi di lavoro dirette su più fronti spesso trasversali a più

patologie. La domanda di fondo è rivolta a sapere se i meccanismi di neurodegenerazione,

che vengono di volta in volta individuati, siano specifici per una patologia o comuni a più di

esse. Una di queste ipotesi, trasversale all’invecchiamento e a più stati patologici, associa

l’accumulo di danno ossidativo con la perdita di funzionalità (Govoni et al., 2001).

Recentemente, si è osservato un crescente interesse nel capire il ruolo che lo stress ossidativo

svolge nella patogenesi dei disordini neurologici. Vi è una marcata evidenza che i radicali

liberi sono implicati nello sviluppo della malattia da ischemia-riperfusione, della malattia di

Parkinson (PD), della Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS), della sindrome di Down (DS) e

della malattia di Alzheimer (AD) (Markesbery, 1996).

Tessuti diversi presentano differente suscettibilità allo stress ossidativo; è ormai noto da

tempo che il sistema nervoso centrale (CNS) è particolarmente vulnerabile al danno da

radicali liberi per diverse ragioni che includono una limitata efficacia del sistema

antiossidante e un elevato consumo di ossigeno per produrre energia. Inoltre, il tessuto

cerebrale, se confrontato con altri tessuti, presenta un abbondante contenuto lipidico, in

particolar modo acidi grassi polinsaturi (PUFAS) i quali sono altamente suscettibili al

processo di perossidazione lipidica (Markesbery, 1996; Mariani et al., 2005; Lovell et al.,

2007).

Come precedentemente spiegato, lo stress ossidativo è il risultato di una incontrollata

produzione di ROS o RNS che altera la struttura di lipidi, proteine ed acidi nucleici (Sekler

et al., 2008).

La comprensione del danno ossidativo a livello degli acidi nucleici si deve a Mecocci e coll.

che, nel 1993, hanno studiato l’ossidazione di specifiche basi del DNA (Lovell et al., 2007).

Un buon marcatore biologico di stress ossidativo a livello del DNA è rappresentato

dall’8-idrossi-2’-deossiguanosina (8-OHdG) (Shen et al., 2006).

La deossiguanosina (dG) è uno dei costituenti del DNA e se ossidata si trasforma in 8-

OHdG. L’analita viene tagliato da enzimi, le endonucleasi, del sistema di riparazione del

DNA. Se il DNA non venisse correttamente riparato prima del meccanismo di replicazione,

18

la presenza dell’ 8-OHdG condurrebbe alla trasversione da G:C a T:A, mutagenesi o morte

cellulare (Shen et al., 2006).

Con l’invecchiamento i livelli di questa base nucleotidica modificata aumentano sia a livello

del DNA nucleare (n-DNA) che del DNA mitocondriale (mt-DNA) (Mariani et al., 2005).

Inoltre è stato riscontrato che il mt-DNA sembra essere più soggetto al danno rispetto al n-

DNA (Mariani et al., 2005); infatti, analisi dei tessuti cerebrali post mortem mostrano un

incremento di 8-OHdG di 10-15 volte nel mt-DNA rispetto al n-DNA (Allen et al., 1994).

È stato postulato che il danno a livello del mt-DNA potrebbe essere una causa del

danneggiamento delle funzioni mitocondriali che, a loro volta, portano ad una ridotta attività

metabolica (Govoni et al., 2001).

Le modificazioni della funzionalità del mitocondrio possono essere messe in relazione anche

con le principali patologie neurodegenerative. Nei soggetti affetti da malattia di Alzheimer

(AD) si è misurata una diminuzione del 25-30% dell’attività della citocromo ossidasi in

diverse regioni cerebrali; un calo del 50% è stato invece riscontrato in mitocondri purificati

da tessuto cerebrale di pazienti AD (Govoni et al., 2001).

Studi su tessuto cerebrale post mortem di pazienti in età avanzata e con malattie

neurodegenerative hanno mostrato un notevole incremento di altri marker tipici del danno

ossidativo quali la perossidazione lipidica, l’ossidazione delle proteine e la glicossidazione

(Mariani et al., 2005).

Ad esempio, è stato osservato un aumento dei livelli di malonildialdeide (MDA) e del

4-idrossi-2-nonenale (HNE), due aldeidi della perossidazione lipidica. Queste due molecole

risultano essere aumentati in diverse regioni cerebrali sia di soggetti sani in età senile che in

individui affetti da malattie neurodegenerative (Mariani et al., 2005).

Circa il ruolo dell’ossidazione delle proteine si può asserire che le specie reattive

dell’ossigeno possono interagire con residui amminoacidici, in particolare istidina, arginina e

lisina, formando funzioni carboniliche. Alcuni ricercatori hanno rilevato che i livelli

cerebrali di questi composti aumentano con l’invecchiamento senza tuttavia notare una

significativa differenza tra i tessuti provenienti da soggetti anziani e tessuti di pazienti AD.

Studi successivi, tuttavia, indicherebbero una maggior presenza di carbonilproteine

nell’ippocampo e nel lobulo parietale inferiore del cervello di pazienti affetti da AD (Govoni

et al., 2001).

L’eccessiva glicossidazione delle proteine potrebbe rappresentare un evento precoce della

degenerazione cellulare. I monosaccaridi possono indurre una modificazione irreversibile

delle proteine mediante due distinti meccanismi: il primo consiste nella formazione di

19

radicali liberi in presenza di metalli di transizione e ciò potrebbe originare gruppi carbonilici

reattivi, il secondo prevede il coinvolgimento di una glicazione non enzimatica che si traduce

nella formazione di composti stabili noti come composti finali di glicazione o AGE (Govoni

et al., 2001). Recentemente, maggiore attenzione è stata posta sul fenomeno della

modificazione delle proteine da parte dei composti AGE. Tali proteine modificate

sembrerebbero in grado di legarsi a recettori specifici presenti in diverse linee cellulari con

conseguente aumento della produzione di specie radicaliche dell’ossigeno. Usando anticorpi

specifici è stato possibile colocalizzare questi composti con la proteina tau iperfosforilata nei

gomitoli neurofibrillari e placche neuritiche presenti nell’encefalo di pazienti affetti da AD

(Govoni et al., 2001).

 

Fonte: http://simonadellemonache.com/dispensa%202%20stress%20ossidativo.docx

Sito web da visitare: http://simonadellemonache.com/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Dispensa stress ossidativo

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Dispensa stress ossidativo

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Dispensa stress ossidativo