Sicurezza nei luoghi di lavoro domande e risposte

Sicurezza nei luoghi di lavoro domande e risposte

 

 

 

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Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Sicurezza nei luoghi di lavoro domande e risposte

APPLICAZIONE GENERALE DEL DECRETO 81/08 – TITOLO I (ARTT. 1-61)

    1. La formazione per lavoratori in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro erogata prima dell’entrata in vigore dell’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre è valida?

 

In base all’art. 37 del D.lgs. 81/2008 il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:

  1. concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
  2. rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

Nel rispetto di quanto previsto dall’Accordo del 21 dicembre 2011, e fermo restando l’obbligo di aggiornamento, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione i lavoratori per i quali i datori di lavoro comprovino di aver svolto, alla data di pubblicazione dell’Accordo (11 gennaio 2012), una formazione nel rispetto delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento dei corsi.
Le previsioni relative al riconoscimento della formazione pregressa richiedono che il datore di lavoro comprovi lo svolgimento di tali attività formative con uno o più documenti idonei a dimostrare la durata, i contenuti e le modalità dei corsi in oggetto (ad esempio: verbali, registri di presenza, attestati, programmi dei corsi). In difetto, le previsioni di riferimento non possono operare, con la conseguenza che la situazione antigiuridica deve essere sanata nel più breve tempo possibile, nel rispetto delle modalità di cui all’Accordo ex articolo 37 del D.lgs. 81/08.

Gli addetti al primo soccorso devono seguire un corso specifico?

 

Gli addetti al primo soccorso devono frequentare il corso di formazione e gli aggiornamenti previsti dal Decreto Ministeriale 388 del 2003.

Un lavoratore di un’azienda appartenente al gruppo B di cui al D.M. 388/03, in possesso di diploma di laurea di educatore professionale con abilitazione sanitaria conseguito nell’anno 2008, può essere esentato dalla frequenza del corso completo di 12 ore per addetti al pronto soccorso aziendale, frequentando solamente l’aggiornamento previsto di 4 ore?

 

In relazione al D.M. 388/03 e alle circolari del Ministero del Lavoro e del Ministero della Sanità, il datore di lavoro designa i lavoratori addetti al pronto soccorso e li forma con una istruzione teorico-pratica, secondo il Decreto citato e le circolari ministeriali esplicative. Una possibile esclusione dall’obbligo di formazione può essere ammessa per quelle aziende che indicano come addetto al servizio di pronto soccorso un medico o un infermiere professionale.

Quanti addetti antincendio si devono nominare in una scuola?

 

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Fatta salva la valutazione dei rischi specifica, si ritiene opportuno avere almeno due addetti antincendio per ogni plesso. Per gli addetti antincendio la formazione deve essere conforme al Decreto Ministeriale del 10/03/98. A tal fine si suggerisce di rivolgersi al Comando dei Vigili del Fuoco.

Ho frequentato il corso per RSPP (moduli A, B e C), l’aggiornamento è da fare entro cinque anni dalla data di rilascio degli attestati?

 

L’aggiornamento è previsto solo per il modulo B e deve essere completato nel quinquennio che decorre dalla data di acquisizione del credito formativo.

Sottopongo una serie di quesiti inerenti la realtà degli stabili residenziali in condominio, aventi un solo lavoratore con mansioni di portiere e/o pulitore delle parti condominiali dello stabile.

  1. Ai sensi del Decreto 81/08 chi è il datore di lavoro? Il Condominio o l’amministratore condominiale pro tempore?
  2. Quali obblighi ha questo specifico datore di lavoro?
  3. In relazione alla formazione del dipendente, il datore di lavoro ha l’obbligo di servirsi di uno degli enti paritetici presenti sul territorio?

 

Si ritiene che, nel caso prospettato, il DL sia individuabile nell’amministratore condominiale pro tempore. Qualora il lavoratore rientri nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari dei fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di formazione e informazione di cui agli art. 36 e 37 del Decreto 81/08. A tale lavoratore devono essere forniti i necessari DPI in relazione alle effettive mansioni assegnate e qualora vengano fornite attrezzature di lavoro queste ultime dovranno rispondere alle disposizioni indicate al Titolo III del succitato decreto. Qualora il lavoratore non rientrasse nel contratto citato, lo stesso viene a definirsi come lavoratore ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) e pertanto sono a carico del DL tutti gli obblighi del Decreto 81/08 (VDR, RSPP, MC...).
La formazione dei lavoratori deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro.

Quali soggetti possono erogare i corsi stress lavoro correlato?

 

La formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza del lavoro e non solo in materia di stress lavoro correlato può essere erogata dal datore di lavoro o da persone da lui incaricate in possesso di adeguate competenze (Vedi Accordo Stato Regioni n. 221 del 21/12/2011). I docenti formatori devono possedere i requisiti previsti dal Decreto Interministeriale del 6 marzo 2013.

Una ditta, i cui dipendenti saltuariamente si mettono alla guida di autoveicoli (per la cui guida è sufficiente la patente B) per eseguire

«commissioni di lavoro», deve obbligatoriamente disporre i controlli alcolemici prescritti dalla legge 125/2001 e dettagliati dall’Accordo Stato Regioni del 16 marzo 2006?

L’Allegato I dell’Accordo Stato-Regioni del 16 marzo 2006 fa riferimento a «mansioni inerenti le seguenti attività di trasporto» tra le quali vi sono anche gli  «addetti

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alla guida di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria B, C, D, E». Si deve pertanto ritenere che sono compresi coloro che svolgono (anche di fatto) mansioni per attività di trasporto (commessi, autotrasportatori, ecc.), anche saltuariamente, e non anche chi guida, sia pure per ragioni di servizio, auto aziendali, ma che non svolge mansioni inerenti le attività di trasporto.

I corsi di aggiornamento per Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) possono essere eseguiti da un RSPP internamente all’azienda o devono essere tenuti presso un organismo accreditato?

 

La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori (art. 37, comma 12 del D.lgs. 81/08).
Dunque, al momento la formazione degli RLS può essere svolta da un qualsiasi soggetto formatore purché in collaborazione con gli organismi paritetici , ove presenti.

Gli operatori di PLE, nello specifico cestello elevatore oppure montaferetri con operatore a bordo ad azionamento elettrico o ad azionamento manuale, devono essere sottoposti a controlli volti ad accertare l’assenza di assunzione di sostanze stupefacenti?

 

Il punto 2 dell’Allegato I dell’Intesa della Conferenza Unificata Stato Regioni del
30 ottobre 2007, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza, tra le mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi, include le “Mansioni inerenti le attività di trasporto”, che vengono elencate.
Nel punto 2, lett. f) dell’Allegato I dell’Intesa citata, sono inclusi conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di veicoli con binario, rotaie o apparecchi di sollevamento; sono esclusi i manovratori di carri ponte, purché comandati da terra a mezzo di pulsantiera, e di monorotaie.
Nelle mansioni elencate è inserito anche il manovratore di “apparecchi di sollevamento”.
Sebbene la citata norma non riporti una definizione di apparecchio di sollevamento appare prudenziale adottare la definizione di apparecchio di sollevamento contenuta nella norma UNI ISO 4306/1: Apparecchio a funzionamento discontinuo destinato a sollevare e movimentare, nello spazio, carichi sospesi mediante gancio o altri organi di presa.
I mezzi di sollevamento si possono suddividere in due macro categorie:

  1. mezzi di sollevamento per persone,
  2. mezzi di sollevamento per cose o materiali.

In funzione della modalità di movimento possiamo definire un apparecchio di sollevamento mobile quello che è in grado di spostarsi durante il lavoro.
Alla stregua di tale definizione i montaferetri e le piattaforme di lavoro autosollevanti si possono considerare apparecchi di sollevamento mobile e, pertanto, si ritiene che siano da includere nelle mansioni soggette ad accertamento.

 

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Quali sono le procedure e i requisiti per accreditarsi come agenzia formativa presso la Regione Piemonte ed erogare corsi di formazione per R/ASPP?

Nella sezione del sito web della Regione Piemonte dedicata alla sicurezza nei luoghi di lavoro all’indirizzo: www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza/formazione-figure-dlgs-8108.html è possibile reperire tutte le indicazioni utili all’abilitazione dei soggetti formatori, alla realizzazione dei corsi, all’emissione degli attestati di frequenza e profitto nonché la modulistica da utilizzare per le comunicazioni con la Regione Piemonte in relazione alla formazione di R/ASPP.

Sono un ingegnere ambientale con laurea quinquennale e volevo ricevere alcune informazioni per diventare RSPP. A chi devo rivolgermi per il riconoscimento dei moduli A e B? Cosa comporta fare l’aggiornamento quinquennale?

 

I Moduli A e B sono riconosciuti dall’ art. 32 comma 5 del D.lgs. 81/08. Per poter svolgere il ruolo di RSPP deve conseguire il modulo C. Nel quinquennio deve frequentare corsi o seminari per raggiungere il monte ore richiesto dalla norma. Il quinquennio decorre dall’acquisizione del credito formativo modulo B e quindi nel suo caso dal conseguimento della laurea (ovvero dal 15/5/2008 se la laurea è precedente).

Una ditta senza dipendenti (l’organico aziendale conta una sola persona), la cui attività riguarda la produzione di inchiostri (cod. ATECO

20.3 e 24.3), si rivolge ad una società di lavoro interinale per avere due lavoratori da impiegare per la produzione. Quali oneri inerenti la sicurezza sono di competenza della ditta?

L’articolo 3, comma 5 del D.lgs. 81/08 stabilisce che nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del D.lgs. 276/03 e smi, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al Decreto 81/08 sono a carico dell’utilizzatore. Ciò significa che il datore di lavoro deve garantire le stesse tutele previste per i lavoratori dipendenti (valutazione dei rischi, informazione, formazione, nomina RSPP, sorveglianza sanitaria, fornitura DPI…).

Un lavoratore dispone di un attestato di frequenza a un corso di primo soccorso conseguito nell’anno 2004 (data antecedente all’entrata in vigore degli obblighi di frequentazione di uno specifico corso di 12 ore). Tale lavoratore può essere addetto al pronto soccorso in un’Azienda del gruppo C di cui al D.M. 388/2003?

 

Considerato che è stato sostenuto prima dell’entrata in vigore del DM 388/03, il corso è ritenuto valido ai sensi dell’art. 3, comma 5, dello stesso Decreto, a condizione che il lavoratore con cadenza triennale abbia ripetuto la formazione per quanto attiene alla capacità di intervento pratico. In caso di mancato rispetto di tale prescrizione normativa, si ritiene che debba essere conseguito ex novo l’attestato previsto.

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Sono da considerare lavoratori a tutti gli effetti, con conseguente aggiornamento della valutazione dei rischi, quei lavoratori pagati con i voucher INPS e assegnati a piccoli lavori per poche ore (esempio: innaffiare i fiori, pulire con attrezzature manuali piccole aree verdi…)?

Ai fini dell’applicazione del D.lgs. 81/08 è definito lavoratore la persona che indipendentemente dalla tipologia contrattuale svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato. Quindi, escludendo gli addetti ai servizi domestici e familiari e gli altri casi esclusi ex art. 3, comma 8, del D.lgs. 81/08, nel caso in cui i lavoratori di cui trattasi possano essere ricondotti alla definizione sopra riportata saranno creditori di tutte le misure di prevenzione previste dal decreto 81/08. Si consiglia di sentire INPS e INAIL per eventuali specifiche circolari in materia di sicurezza in relazione al lavoro occasionale accessorio (voucher).

Un minorenne che frequenta la scuola alberghiera, durante le vacanze estive va a lavorare come stagista in un ristorante. All’interno dello stesso, non ha un ruolo preciso ma passa da aiuto cuoco a cameriere. Il datore di lavoro cosa è tenuto a fare per essere in regola?

 

Lo stagista ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) del D.lgs. 81/08 è a tutti gli effetti un lavoratore, quindi il datore di lavoro deve assicurargli la stessa tutela prevista per tutti i dipendenti.

Nel caso di una piccola/media impresa che abbia più unità produttive ubicate nello stesso comune è possibile nominare più medici competenti, di cui uno con funzione di medico competente coordinatore?

 

Come stabilito dall’ art. 39 comma 6 del D.lgs. 81/08 e smi e chiarito dalla nota della Regione Piemonte prot. 22719 del 22.07.2010 il datore di lavoro può nominare più medici competenti quando sono presenti le seguenti condizioni:

  1. nei casi di aziende con più unita produttive;
  2. nei casi di gruppi di imprese;
  3. qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità.

L’impresa, in esame, rientrando nelle casistiche sopra citate può avvalersi della facoltà di nominare più medici competenti. Pertanto, come stabilito dalla suddetta nota, la nomina di più medici competenti operanti nella stessa unità produttiva richiede necessariamente la nomina di un medico coordinatore.
Tale medico deve avere, oltre un ruolo organizzativo, anche il compito di garantire una omogeneità di comportamento dei vari M.C. nell’ adempimento degli obblighi di cui agli art. 25 e 41 del D.lgs. 81/08. Inoltre deve assicurare una funzione di sintesi nella collaborazione alla valutazione dei rischi e nella stesura del protocollo sanitario.
Si ricorda, infine, che la nomina di un medico competente coordinatore lascia in capo a ciascun medico gli obblighi stabiliti a loro carico dall’art. 25 del D.lgs. 81/ 08 e che in capo al datore di lavoro e del dirigente restano gli obblighi stabiliti a loro carico dall’art 18 comma 1 lettera g (inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto) e lettera bb (vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l’obbligo di

 

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sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità).

In una casa di cura per anziani con più di 50 dipendenti il soggetto che ricopre la carica di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione deve essere interno o può essere anche un esterno?

 

L’art. 31, comma 6, del D.lgs. 81/08 stabilisce che nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori il Servizio di prevenzione e protezione debba essere istituito internamente all’azienda.

L’art. 37 comma 11 del D.lgs. 81/08 dà indicazioni in merito all’aggiornamento della formazione per i Rappresentanti dei Lavoratori per le aziende dai 15 lavoratori in su. Come si devono comportare le aziende che hanno un numero di lavoratori inferiori a 15?

 

Il D.lgs. 81/08 stabilisce che sia la contrattazione collettiva nazionale a dover disciplinare le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, e indica una durata minima solo per le imprese che occupano più di 15 lavoratori.

Esiste un elenco di organismi paritetici per la Regione Piemonte?

 

Esiste un elenco regionale degli organismi paritetici, pubblicato come allegato alla DGR n. 22-5962 del 17 Giugno 2013 e smi, dove sono indicati i soggetti che hanno dato comunicazione alla Regione Piemonte.

E’ necessario che il RSPP, quando svolge la formazione in merito alla sicurezza di base ai lavoratori in fase di assunzione, si avvalga della collaborazione degli organismi paritetici?

 

Il comma 12, dell’art. 37 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori», quindi anche la formazione in fase di assunzione. Per quanto riguarda il contenuto della collaborazione la norma non approfondisce l’argomento lasciando alle parti la libertà di definirlo. Si veda al proposito anche la premessa dell’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione interno in una struttura residenziale per anziani con più di 50 dipendenti deve essere assunto a tempo indeterminato dalla proprietà della struttura dove è responsabile oppure può avere, ad esempio, un contratto di collaborazione CoCoPro?

 

Ai sensi dell’art. 32 del D.lgs. 81/08, può svolgere l’incarico di RSPP il soggetto che ha le capacità e i requisiti professionali elencati nell’articolo stesso. La tipologia contrattuale del lavoratore non rileva ai fini dell’incarico a condizione che lo stesso svolga la sua attività all’interno dell’azienda.

 

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Sono uno specialista in medicina del lavoro e opero come medico competente in qualità di libero professionista. Capita di trovare personale nominato come addetto al primo soccorso in azienda che però non ha seguito gli appositi corsi definiti dal D.M. 388/03 in quanto volontari della Croce Rossa o del 118. La formazione di tali addetti può rispondere ai requisiti minimi identificati dagli «Obiettivi didattici e contenuti minimi della formazione dei lavoratori designati al pronto soccorso in azienda», così come descritti dagli specifici allegati del D.M. 388/03 o detti lavoratori per ricoprire l’incarico di addetti al primo soccorso ai sensi dell’Art 45 del D.lgs. 81/08 devono comunque frequentare gli appositi corsi?

Occorre verificare che i corsi frequentati per il ruolo di volontario siano equipollenti ai corsi di formazione previsti dal DM 388/03 e farsi rilasciare dall’ente formatore una dichiarazione in tal senso.

Svolgo l’incarico di RSPP in un paio di aziende. Volevo sapere se vige l’obbligo di svolgimento annuale dei test antidroga e antialcool per tutti i dipendenti.

 

Non tutti i lavoratori sono soggetti. I riferimenti normativi in materia di alcol sono la Legge 125/01 e l’Accordo Stato Regioni del 16/3/2006.
In materia di sostanze psicotrope sono il DPR 309/90, l’Intesa del 30/10/2007 e l’Accordo Stato Regioni del 18/9/2008 .

Una scuola può svolgere in proprio la formazione dei R-ASPP oppure deve rivolgersi necessariamente ad una agenzia formativa tra quelle che compaiono nell’elenco regionale per la formazione?

 

Le istituzioni scolastiche statali abilitate a svolgere attività di formazione per RSPP e ASPP nei confronti del proprio personale e di quello delle altre Istituzioni scolastiche sono indicate nel punto 4.1.1 del Provvedimento 26 gennaio 2006 (GU n. 37 del 14-2-2006) e sono riconducibili alle seguenti tipologie:

  1. Istituti tecnici industriali
  2. Istituti tecnici aeronautici
  3. Istituti professionali per l’industria e l’artigianato
  4. Istituti tecnici agrari
  5. Istituti professionali per l’agricoltura
  6. Istituti tecnici nautici
  7. Istituti professionali per le attività marinare.

Sono un RSPP di un Istituto Professionale, laureato in ingegneria, mi occupo di sicurezza dentro e fuori la scuola. Vorrei sapere se posso tenere corsi di informazione, formazione e aggiornamento per lavoratori, ASPP, preposti, datore di lavoro internamente alla scuola, e se posso tenere corsi di informazione e formazione e aggiornamento per lavoratori, ASPP, preposti, datori di lavoro, e lavoratori di altre scuole statali.

 

L’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011 per la formazione dei lavoratori e dei preposti non individua particolari requisiti per il soggetto organizzatore dei corsi. Il D.I. del 6 marzo 2013 definisce invece i requisiti che devono possedere i docenti.

 

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Rimane comunque obbligatoria la collaborazione con gli organismi paritetici dove presenti nel settore e nel territorio.
Per quanto riguarda gli R-ASPP rimangono validi gli Accordi del 26 gennaio 2006 e 5 ottobre 2006, che individuano come soggetti formatori anche gli Istituti Professionali per l’Industria.
Infine, per la formazione dei DL, che intendono svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi, i soggetti formatori sono individuati nel punto
1 dell’Accordo del 21 dicembre 2011 n. 223, che non comprende gli istituti professionali.

Nel caso di impresa con dipendenti somministrati, i costi relativi alla formazione in merito alla sicurezza e alla visita di idoneità lavorativa sono a carico dell’effettivo datore di lavoro (ovvero dell’agenzia di somministrazione) o dell’impresa presso la quale i lavoratori sono impiegati?

 

L’articolo 3 comma 5 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «Nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui all’articolo 20 e seguenti del D.lgs. 276/03 e smi, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato Decreto, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente Decreto sono a carico dell’utilizzatore». A sua volta il comma 5 dell’articolo 23 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 prevede che: «Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal D.lgs. 626/94 e smi. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso va indicato nel contratto del lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal D.lgs. 626/94 e smi. L’utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla Legge e dai Contratti collettivi». Dunque occorre verificare i contenuti del contratto con l’agenzia di somministrazione.

Un lavoratore assunto part-time per lavorazioni di muratura del cantiere è tenuto al corso di formazione su salute e sicurezza del lavoro?

 

Qualunque sia il rapporto contrattuale il lavoratore deve essere informato, formato e addestrato dal datore di lavoro. Per quanto riguarda la formazione ex art. 37, comma 1 del D.lgs. 81/08 questa è disciplinata dall’Accordo Stato Regioni rep. 221 del 21/12/2011, entrato in vigore in data 11/1/2012, che richiede per il settore edile una formazione generale di 4 ore e una formazione specifica di 12 ore, a cui vanno aggiunte, l’informazione, l’addestramento e l’eventuale formazione speciale (ponteggi, gru, ecc.). Il datore di lavoro assumendo tale ruolo con l’inizio del rapporto di lavoro assume tutti gli obblighi previsti dalla normativa prevenzionistica.

 

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Un’azienda intende incaricare come RSPP interno un proprio dipendente con contratto di apprendistato, in possesso dei requisiti di cui all’art. 32 del D.lgs. 81/08. E’ possibile?

Fatti salvi i vincoli della norma giuslavoristica, ai fini del D.lgs. 81/08 l’apprendista è equiparato al lavoratore e dunque può legittimamente svolgere il ruolo di RSPP.

Che cosa si intende per organismi paritetici?

 

Ai sensi del D.lgs. 81/08, per organismi paritetici si intendono gli organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per:

  1. la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;
  2. lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro;
  3. l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia;
  4. ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

Chiedo un chiarimento in merito all’Allegato I dell’Intesa Stato- Regioni del 16 marzo 2006 e all’Allegato I del Provvedimento della Conferenza Unificata 30 ottobre 2007. I lavoratori addetti alla movimentazione di carichi mediante l’utilizzo di paranco (portata di 200 kg) e di gru a bandiera ricadono nel caso di «conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie» e devono quindi essere sottoposti ad accertamenti sanitari per verificare l’assenza sia di tossicodipendenza sia di alcool dipendenza?

 

Sono esonerati dagli accertamenti i manovratori di carri ponte, gru a ponte (e di altri apparecchi di sollevamento tipo ponte, es. gru a portale, caratterizzati da movimenti ristretti e confinati, che operano sia all’aperto che al chiuso) comandati da terra mediante pulsantiera.
Utilizzando la categoria “apparecchi di sollevamento a struttura limitata” per delimitare il campo d’inclusione/esclusione, vengono esentati dagli accertamenti gli addetti a manovrare: paranchi, argani, apparecchi di sollevamento corredati da strutture metalliche di entità e sviluppo semplice, di portata non superiore a Kg 2.000, con equipaggiamenti di comandi ridotti e impianti elettrici semplici. Tra questi ultimi rientrano anche gli argani a cavalletto utilizzati in edilizia e gli argani a bandiera e a colonna presenti nelle officine.

Quali sono le modalità per comunicare i nominativi degli RLS all’INAIL?

 

Secondo quanto disposto dalle modifiche apportate dal D.lgs. 106/09 all’art. 18 del D.lgs. 81/08, la comunicazione all’INAIL va effettuata non più con cadenza annuale, ma solo in caso di nuova nomina o designazione . La procedura per tale

 

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comunicazione è contenuta nella circolare INAIL n. 43/2009 del 25/08/2009 disponibile nel sito www.inail.it
Per il momento, sono escluse da tale procedura tutte quelle Amministrazioni espressamente enunciate dall’art. 3, comma 2, del D.lgs. 81/08 (tra le quali gli Istituti scolastici pubblici di ogni ordine e grado), che riceveranno indicazioni in merito una volta emanati i previsti specifici Decreti attuativi.

In una industria tessile il Datore di Lavoro può ricoprire direttamente l’incarico di RSPP fino a 30 lavoratori? I lavoratori assunti con contratto a tempo determinato come vengono computati?

 

Sì, sino a 30 lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione.
Il computo viene fatto secondo l’art. 4 del D.lgs. 81/08, che prende in  considerazione i tempi determinati in caso di sostituzione e nel settore agricolo.

Tre soci di una Snc, che sono anche gli unici lavoratori della stessa, hanno sostenuto regolarmente corsi di primo soccorso e antincendio e hanno un medico competente che regolarmente svolge le visite mediche. E’ necessario che suddetta impresa di 3 persone (i soci stessi) nomini un RSPP, possieda un DVR e nomini un RLS?

 

E’ necessaria la nomina di un RSPP. E’ ugualmente obbligatoria la valutazione dei rischi, anche elaborata secondo le procedure standardizzate previste dal DI del 30 novembre 2012. Non è obbligatoria la nomina dell’RLS, in sua assenza opererà un RLST.

Sono un RSPP di una scuola superiore e sto organizzando la formazione per il personale della scuola. Ho stilato un programma di massima tenendo presente quanto previsto nell’Accordo Stato-Regioni 221/2011. Vorrei attivare la partecipazione degli organi paritetici (vedi art. 2 e 36 del D.lgs. 81/08). Per il comparto scuola a quale organo paritetico mi devo rivolgere?

 

L’Osservatorio Regionale per la Sicurezza nelle Scuole del Piemonte, costituito nel luglio 2003 ed i cui membri sono individuati con Decreto del Direttore Generale, operante presso l’Ufficio V dell’USR, è l’Organo Paritetico Territoriale definito dall’art. 2 comma 1 lettera ee) del D.lgs. 81/08 e smi,  “quale sede privilegiata per:

  1. la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;
  2. lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro;
  3. l’assistenza finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia di sicurezza;
  4. ogni altra attività o funzione assegnata dalla legge o dal contratto collettivo di riferimento”.

I compiti assegnati e le funzioni dell’Osservatorio sono descritti nell’art. 74 del CCNL del comparto scuola che così recita: “Tale organismo ha compiti di orientamento e promozione delle iniziative formative e informative nei confronti dei prestatori d’opera subordinati, degli altri soggetti ad essi equiparati e dei loro rappresentanti, di orientamento degli standard di qualità di tutto il processo formativo, di raccordo con i soggetti istituzionali di livello territoriale operanti in

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materia di salute e sicurezza per favorire la realizzazione di dette finalità. Inoltre, tali organismi assumono la funzione di prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti legislative e contrattuali non escludendo la via giurisdizionale”.
Le modalità di funzionamento sono individuate nel Regolamento adottato dall’Osservatorio medesimo. L’Osservatorio è presente sul sito della sicurezza dell’USR Piemonte al seguente indirizzo: http://sicurezza.usrpiemonte.it/

Sono un RSPP (macrosettori B4 e B9 ), entro l’anno devo conseguire l’aggiornamento di 60 ore però sono impossibilitata a frequentare un corso perché sto lavorando presso un cantiere dislocato in Spagna. Posso frequentare un corso on-line?

 

Per l’aggiornamento degli RSPP gli Accordi Stato Regioni prevedono la possibilità di utilizzare la modalità FAD.

Vorrei un chiarimento circa l’applicazione del D.lgs. 81/08: l’allegato II esclude le strutture di ricovero e cura dai casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dei rischi; le case di riposo per anziani classificate come R.A.F. (residenza assistenziale flessibile), senza direttore sanitario né utilizzo di apparecchiature elettromedicali ma con la presenza di infermieri e la possibile presenza di professionisti quali fisioterapisti rientrano nella definizione di struttura di ricovero e cura o va considerata come semplice struttura residenziale?

 

La definizione di RAF, presente sul sito della Regione Piemonte nella sezione della Sanità è la seguente: “Presidio residenziale, destinato a soggetti non autosufficienti, che offrono prestazioni sanitarie, assistenziali e alberghiere e un sufficiente livello di assistenza sanitaria.
Figure professionali presenti:
a.. il Medico di Medicina Generale che assicura l’assistenza medica b.. l’infermiere professionale
c.. l’assistente domiciliare e dei servizi tutelari per l’assistenza alla persona
d.. può essere presente il fisioterapista, il terapista occupazionale e l’animatore e.. altre figure professionali sanitarie (fisiatra, geriatra, psicologo,
ecc.) possono essere messe a disposizione dalla ASL.
Per quanto sopra si ritiene che la RAF rientri tra le strutture di ricovero e cura.

Seguo come RSPP esterno una società del settore industria, che ha in programma di superare i 200 addetti. Mi chiedo se, in base al D.lgs. 81/08:

  1. posso ancora svolgere il ruolo di RSPP esterno?
  2. Devo organizzare con il DL un servizio SPP con addetti ASPP?
  3. Il servizio SPP aziendale deve avere un suo RSPP interno?
  4. Gli ASPP sono equiparati a preposti?
  5. Dal momento che superano i 200 addetti quanto tempo ha il DL per organizzare e formare gli ASPP?

 

 

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  1. Rientrando nei casi dell’art. 31 comma 6 del D.lgs. 81/08, il servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
  2. RSPP e ASSP devono essere interni e devono essere in numero sufficiente ad assicurare lo svolgimento dei compiti di cui all’art. 32 (non esistono standard numerici).
  3. O lei assume (anche part time) un ruolo da interno oppure non potrà più operare come RSPP esterno.
  4. Gli ASPP non sono automaticamente dei preposti.
  5. Prima di superare i limiti dell’art. 31, comma 6.

Vorrei sapere se è possibile individuare un soggetto come Dirigente, come definito all’articolo 2 del D.lgs. 81/08, e eventualmente affidare allo stesso la delega ex articolo 16 nel caso di contratti a progetto?

 

A prescindere dal rapporto contrattuale, se un lavoratore svolge, anche di fatto (art. 299 del D.lgs. 81/08), il ruolo di dirigente ex art. 2 del D.lgs. 81/08 è un dirigente. Quindi, fatte salve rivendicazioni di tipo contrattuale da parte degli interessati, anche i soggetti con contratti a progetto sono individuabili come dirigenti. La delega art. 16 può essere affidata a persona competente, attribuendogli i poteri decisionali e di spesa e in tal caso il soggetto risponde come datore di lavoro delegato.

Gli addetti (guardie) di un istituto di vigilanza, che operano sempre singolarmente in attività di vigilanza, hanno comunque l’obbligo di frequentare i corsi di primo soccorso.

 

Il datore di lavoro, in questo caso, deve definire le procedure di primo soccorso e deve individuare gli addetti che devono essere formati tenendo conto delle particolarità del servizio che comporta il lavoro in solitudine e in luoghi isolati.

Nel documento di valutazione dei rischi deve essere valutato anche il rischio terremoto?

 

La valutazione deve riguardare tutti i rischi e quindi anche i rischi di instabilità delle strutture in caso di terremoto. Si ritiene, peraltro, che una valutazione di questo genere possa essere effettuata solo da un tecnico specializzato.

In sede di «Riunione annuale di Prevenzione e Protezione» i Rappresentanti dei Lavoratori (RLS) possono richiedere al Medico Competente informazioni quali quanti lavoratori sono risultati non negativi all’accertamento di assenza di tossicodipendenza,

quanti casi di patologie specifiche (sindromi ansioso-depressive, patologie tumorali, patologie apparato locomotore ecc.) sono emerse nei lavoratori?

L’articolo 25, lettera i), del D.lgs. 81/08 stabilisce il seguente obbligo a carico del medico competente: ”comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul

 

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significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;”
Dunque, i risultati anonimi collettivi non solo sono richiedibili dai Rappresentanti dei Lavoratori, ma esiste un preciso obbligo in tal senso a carico del medico competente.

Ai sensi del D.lgs. 81/08, quali sono i casi nei quali e con quali modalità è possibile una delega di funzioni?

 

E’ possibile in tutti i casi in cui non è vietata (obblighi di valutazione dei rischi e nomina RSPP). E’ richiesta la forma scritta, ma non è espressamente prevista la forma dell’atto pubblico, i contenuti sono quelli indicati nell’articolo 16 del D.lgs. 81/08. Deve essere comunicata ai lavoratori in modo tale che abbiano conoscenza della delega e dei suoi contenuti.

In relazione alla formazione di cui all’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2012, il Datore di lavoro che eroga la formazione all’uso di carrelli elevatori inclusi nell’Accordo citato è tenuto ad inviare 15 gg prima la comunicazione di inizio corso e il verbale finale alla Regione Piemonte?

 

Premesso che l’erogazione di tali corsi è riservato ad alcuni soggetti ben definiti dalla norma e che tali soggetti devono essere inseriti nell’elenco regionale per l’erogazione dei corsi «carrelli elevatori», la risposta è sì, anche il datore di lavoro che eroga la formazione all’uso di attrezzature ai propri lavoratori deve fare la comunicazione di avvio corso e la trasmissione dei verbali finali.

Nell’ambito della formazione ci si deve rivolgere obbligatoriamente agli organismi paritetici?

 

Ai sensi dell’art. 37 comma 12 del D.lgs. 81/08 la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (solo lavoratori e RLS) deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro. Le modalità di richiesta della collaborazione sono definite dagli accordi 221/CSR del 21/12/2012 e 153/CSR del 25/7/2012.

Scrivo per avere chiarimenti in merito ad un dubbio circa la formazione degli RLS. E’ vero che è obbligatorio organizzare uno stage in azienda di 4 ore?

L’articolo 37, comma 11 del D.lgs. 81/08 stabilisce che «La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate» e che «Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale». Il soggetto formatore, al quale si rimanda per maggiori chiarimenti, con la collaborazione dell’organismo paritetico, definisce il programma formativo per dare attuazione alla norma e agli accordi contrattuali. Lo stage in azienda dovrebbe dunque servire a completare il percorso formativo nella parte riguardante i «rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate».

 

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Sono un RSPP, laureato in ingegneria, e come tale opero in alcune aziende. Visti gli accordi Stato Regioni sulla formazione dei lavoratori, sembra che sia possibile da parte dell’RSPP essere docente nei corsi di formazione di lavoratori, preposti e dirigenti. Posso tenere tali corsi dove l’azienda risulta soggetto organizzatore del corso e il sottoscritto RSPP come docente e responsabile del corso?

L’Accordo 221/CSR del 21 dicembre 2011 prevede che, tra l’altro, per ciascun corso si debba individuare: il soggetto organizzatore del corso, il quale può essere anche il datore di lavoro; un responsabile del progetto formativo, il quale può essere il docente stesso; docenti interni o esterni all’azienda che devono dimostrare di possedere i requisiti di cui al D.I. del 6 marzo 2013.

In una ditta edile il datore di lavoro svolge i compiti del SPP, nel 2010, ha frequentato un corso di 16 ore, in base all’Accordo Stato Regioni del dicembre 2011, cosa dovrebbe fare?

 

Il corso effettuato nel 2010, se conforme al DM 16/1/1997 è valido e non deve essere rifatto o integrato, però entro cinque anni dalla pubblicazione dell’Accordo, quindi entro gennaio 2017, dovrà completare la frequenza di corsi di aggiornamento per un totale di almeno 14 ore.

Ai sensi dell’Accordo del 21 dicembre 2011, il Dirigente deve fare solo il corso di formazione di 16 ore previsto al punto 6 o deve fare anche la formazione prevista per i lavoratori?

 

L’Accordo CSR 221 del 21/12/2011 al punto 6 stabilisce che «La formazione dei dirigenti, così come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D.lgs. 81/08, in riferimento a quanto previsto all’articolo 37, comma 7, del D.lgs. 81/08 e in relazione agli obblighi previsti all’articolo 18 sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori», quindi i dirigenti che pure rimangono creditori dell’attività di informazione e addestramento, nonché di eventuale formazione speciale, non sono destinatari della formazione prevista per i lavoratori (4+n).

Sono un RSPP di alcuni istituti comprensivi e sto organizzando i corsi per il personale secondo l’Accordo Stato Regioni n. 221.

Volevo chiedere se ci sono delle controindicazioni sul fatto di tenerli contemporaneamente a più classi da 35 persone usando skype?

Relativamente alla formazione in modalità e-learning, si ribadisce che essa non consiste in una mera fruizione on line di materiali didattici o nel semplice scambio di e-mail o ancora nell’uso di un forum, ma in un modello formativo interattivo mediante una piattaforma informatica che consenta ai discenti di interagire fra di loro e con un tutor. Pertanto, non si ritiene conforme alla norma fare una formazione a distanza utilizzando skype, oltretutto a più classi ognuna di 35 persone.

I medici competenti devono risultare iscritti in qualche albo o elenco professionale?

 

 

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I sanitari che svolgono l’attività di medico competente in qualità di dipendenti o collaboratori di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore, liberi professionisti e dipendenti del datore di lavoro, sono tenuti a comunicare il possesso dei titoli e requisiti abilitanti per lo svolgimento di tale attività (Art. 38 comma 4 del Decreto 81/08) al Ministero della salute, il quale provvede all’aggiornamento annuale, effettuando verifiche anche a campione, dei requisiti e dei titoli auto certificati. L’elenco Nazionale dei medici competenti è tenuto presso l’Ufficio II della Direzione Generale della prevenzione sanitaria in base al Decreto dirigenziale 4 marzo 2009 (G.U. serie generale n. 146 del 26 giugno 2009).

Devo identificare il datore di lavoro in una amministrazione comunale. L’amministrazione mi chiede di identificare 5 datori di lavoro, ciascuno responsabile del proprio settore di competenza e con autonomi poteri di spesa sulla sicurezza. Mi dicono che secondo le leggi amministrative la prassi è questa. Vorrei sapere se ciò è conforme al D.lgs. 81/08?

 

La definizione di «datore di lavoro» riportata nell’art. 2 del D.lgs. 81/08 stabilisce che: «Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo». E’ quindi possibile che l’organo di vertice abbia individuato cinque dirigenti ognuno in relazione al proprio settore di competenza.

Un lavoratore dipendente, che ricopre il ruolo di custode per un’azienda, deve essere formato in base ai nuovi Accordi Stato-Regioni sulla formazione? Il lavoratore svolge mansioni di portierato che non prevedono l’uso del pc e neppure la presenza nei luoghi di lavoro durante il normale svolgimento delle lavorazioni, neppure saltuario.

 

Si deve essere formato. Di norma il percorso formativo è quello previsto per il settore di attività dell’azienda, ma se siamo di fonte all’ipotesi definita dall’Accordo del 21-12-2012:»I lavoratori di aziende a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso».

La formazione prevista per i dirigenti dall’ultimo Accordo Stato- Regioni viene indicata come sostitutiva di quella prevista per i lavoratori. E’ corretto considerarla sostitutiva anche delle ore aggiuntive previste per il preposto e di quella prevista per il datore di lavoro che svolge il ruolo di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione?

 

 

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La formazione dei dirigenti secondo l’Accordo è sostitutiva di quella dei lavoratori, mentre quella dei preposti è aggiuntiva. La formazione del Datore di lavoro è richiesta solo a chi svolge i compiti del SPP e non è formalmente sostitutiva.

Gli RLS possono visionare, previa richiesta al Datore di Lavoro, le prescrizioni che gli Organi di Vigilanza hanno comminato alla propria azienda?

 

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 50, comma 1, lettera f), del D.lgs.
81/08,  copia dei verbali dell’organo di vigilanza devono essere consegnati
ai rappresentati dei lavoratori per la sicurezza. Qualora gli RLS non siano destinatari dei suddetti verbali possono rivolgersi all’organo di vigilanza.

Vorrei sapere se la figura del RLS è compatibile con l’incarico di addetto al primo soccorso e antincendio, ovvero la stessa persona può ricoprire tutti gli incarichi suddetti?

 

Non ci sono incompatibilità in questo senso.

In un’azienda con lavoratori in cassa integrazione a 0 ore e con visita medica periodica in scadenza, devo procede ad effettuare le visite mediche o le sospendo fino a che non ritornano a lavorare?

 

Il rapporto di lavoro esiste anche durante la cassa integrazione, la sorveglianza sanitaria ha sia una finalità di prevenzione secondaria sia, in alcuni casi, di «diagnosi precoce» e la periodicità è di norma annuale. Tuttavia, un aggiornamento della valutazione dei rischi, effettuata in collaborazione con il Medico Competente, potrebbe modificare il protocollo previsto, tenendo conto della cassa integrazione.

Relativamente alla formazione dei lavoratori autonomi leggendo l’art. 21 del D.lgs. 81/08 pare che i lavoratori autonomi non abbiano l’obbligo ma la facoltà di frequentare corsi di formazione, analogamente dicasi per la sorveglianza sanitaria.

 

Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria e la formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro, queste costituiscono ai sensi dell’art. 21 comma 2 del D.lgs. 81/08 una facoltà del lavoratore autonomo.

La Delibera della Regione Piemonte n. 21-4814 del 22/10/2012 prevede che la sorveglianza sanitaria sia finalizzata da una parte ad escludere eventuali condizioni di alcol dipendenza e dall’altra alla verifica del rispetto di assunzione di bevande alcoliche attraverso l’esecuzione di test alcolimetrici. Una volta che sia gli screening con l’etilometro non diano un riscontro positivo e così pure l’anamnesi alcologica integrata con Audit C e successivo esame obiettivo confermino l’esito negativo, è obbligatorio per il datore di lavoro e/o il medico competente disporre anche l’analisi di laboratorio?

 

Il MC, ai sensi del D.lgs. 81/08, può usare in autonomia e discrezionalmente diversi strumenti per redigere la certificazione di idoneità/inidoneità alla mansione

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a rischio del lavoratore, il quale può fare legittimamente ricorso allo SPreSAL. In ogni caso, se il MC ha un fondato sospetto di dipendenza da parte del lavoratore può inviarlo al Ser.D dell’ASL, il quale ha il compito di certificare o meno lo stato di dipendenza del lavoratore ai sensi del DPR 309/90 e smi.
Il “fondato sospetto” del MC è atto clinico, indipendente dai valori risultanti dalle indagine strumentali.

E’ sempre obbligatoria la designazione dell’ASPP? Quali sono i criteri di scelta?

 

Non esistono criteri tassativi, ma la dimensione, l’articolazione e la complessità aziendale sono elementi che devono orientare la scelta. Il servizio di prevenzione deve essere costituito da un numero sufficiente di persone in modo da svolgere efficacemente i compiti di cui all’art. 33 del D.lgs. 81/08.

Volevo sapere se l’addetto primo soccorso designato dal datore di lavoro può essere anche esterno all’azienda?

 

Deve essere un lavoratore ex art. 2 del D.lgs. 81/08 e, soprattutto, deve essere in azienda quando è necessario il suo intervento.

La formazione generale va necessariamente attestata separatamente dalla formazione specifica oppure per entrambe può anche essere rilasciato un solo attestato?

 

Il modulo di formazione generale ex art. 37 del D.lgs. 81/08, costituisce credito formativo permanente, mentre la Formazione Specifica con riferimento alla lettera
b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, deve avvenire nelle occasioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 del medesimo articolo, in funzione dei rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. La formazione specifica è soggetta, inoltre, ad aggiornamenti previsti dal comma 6 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, con riferimento ai rischi individuati ai sensi dell’ articolo 28. Per questo motivo è consigliabile attestare separatamente la formazione generale da quella specifica, come peraltro previsto nella DGR n. 22-5962 del 17 Giugno 2013.

Il responsabile del progetto formativo (nominativo e firma) va necessariamente indicato nell’attestato considerato che l’Accordo Stato- Regioni del 21.12.2011 prevede come requisito minimo l’indicazione (e la firma) del soggetto organizzatore?

 

Gli attestati di frequenza e di superamento della prova di verifica vengono rilasciati direttamente dagli organizzatori dei corsi in base a:

  1. la frequenza del 90% delle ore di formazione previste al punto 4 (lavoratori);
  2. la frequenza del 90% delle ore di formazione previste ed il superamento della prova di verifica per i soggetti di cui ai punti 5 (preposti) e 6 (dirigenti).

Gli attestati devono prevedere i seguenti elementi minimi comuni:

  1. Indicazione del soggetto organizzatore del corso;
  2. Normativa di riferimento;

 

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  1. Dati anagrafici e profilo professionale del corsista;
  2. Specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del settore di riferimento e relativo monte ore frequentato (l’indicazione del settore di appartenenza è indispensabile ai fini del riconoscimento dei crediti);
  3. Periodo di svolgimento del corso;
  4. Firma del soggetto organizzatore del corso.

Nell’attestato non è necessario indicare il nominativo del responsabile del progetto formativo.

Ho una ditta individuale , lavoro da casa, non ho dipendenti e mi occupo di grafica e siti internet. Devo frequentare dei corsi per la sicurezza, sono obbligatori nel mio caso?

 

Nel suo caso, si applica l’art. 21 del D.lgs. 81/08; in merito alla necessità dei corsi di formazione, lo stesso articolo prevede una facoltà di partecipazione a dei corsi relativi alla sicurezza, sempre attinenti ai rischi professionali specifici legati al lavoro svolto.

Per poter accedere alla formazione per l’uso in sicurezza delle attrezzature di lavoro è necessario che il lavoratore abbia precedentemente partecipato ai corsi di formazione generale e specifica ai sensi dell’Accordo stato regione del 21/12/11?

 

Dal momento che la formazione ex art 37 deve essere fatta in fase di assunzione, questa normalmente precede o affianca la formazione specifica per l’abilitazione all’uso delle attrezzature.

Nel caso di azienda agricola a conduzione familiare, il titolare datore di lavoro è obbligato alla redazione del DVR e a frequentare i corsi di formazione (RSPP)? I coadiuvanti famigliari devono frequentare i corsi di formazione generale e specifica?

 

Premesso che nel quesito si parla di «titolare datore di lavoro” e che anche le imprese agricole a conduzione familiare possono avere dei dipendenti, il DL, in presenza di dipendenti, è obbligato alla redazione del DVR. La frequenza ai corsi di formazione per lo svolgimento dei compiti del servizio SPP è necessario qualora il DL intenda svolgere direttamente tali compiti. I componenti dell’impresa familiare sono soggetti all’art. 21 e hanno facoltà di frequentare i corsi di formazione per la sicurezza.
Nell’impresa familiare e in tutte le altre organizzazioni ove non vi sia, neppure di fatto (art. 299 D.lgs. 81/08), la figura del datore di lavoro, ma vi siano solo i componenti dell’impresa indicati nell’art. 21 del D.lgs. 81/08, non vi è invece l’obbligo della valutazione dei rischi.

Al fine di eliminare documenti cartacei, per le verifiche dei presidi antincendio e quelle del sistema di gestione aziendale relative alla sicurezza dei luoghi di lavoro vorremmo dotare il tecnico incaricato di un software, installato su dispositivo portatile, che gli permetta di compilare check list, verbali o simili, ad esempio, per controllo estintori, verifiche in cantiere…, salvare il tutto in un file e inviare tale documentazione via

 

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e-mail al Datore di Lavoro che ha richiesto la verifica. Questo sistema si può ritenere sufficiente a tutelare il Datore di Lavoro che ha commissionato la verifica circa gli obblighi di legge di tenuta della documentazione inerente le verifiche di cui sopra?

L’art. 53 del D.lgs. 81/08 consente «l’impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dal presente decreto legislativo».

Il noleggiatore che noleggia le attrezzature di cui all’articolo 73 comma 5 del D.lgs. 81/08 deve richiedere, ai sensi dell’art. 72 comma 2 del D.lgs. 81/08, il possesso della specifica abilitazione ivi prevista già a partire dal 12 marzo 2013 oppure dovrà farlo, in virtù della norma transitoria dell’Accordo Stato Regioni 22 febbraio 2012, decorsi i due anni dall’entrata in vigore dell’Accordo stesso?

 

Gli obblighi di cui all’art. 72 comma 2 sono cogenti fin dal 2008 e riguardano sia la formazione che l’eventuale abilitazione. I due anni indicati nel quesito fanno riferimento al tempo concesso a chi già alla data di entrata in vigore dell’Accordo utilizzava tali attrezzature. Pertanto, tale requisito dovrà essere verificato.

Il decreto interministeriale del 6 marzo 2013 sui requisiti dei formatori prevede all’art. 1 comma due che i criteri si applichino ai formatori dei corsi di cui agli artt 34 e 37 del D.lgs. 81/08.

Considerato che il comma 9 dell’art. 37 cita anche gli addetti antincendio e al primo soccorso, anche i docenti dei corsi antincendio e primo soccorso debbono rispettare i requisiti del decreto interministeriale del 6 marzo oppure continuano solamente a dover essere rispettati i criteri del DM 10 marzo 1998 e del DM 388/2003?

Il Decreto Interministeriale stabilisce che «Il prerequisito e i criteri si applicano a tutti i soggetti formatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro dei corsi di cui agli articoli 34 e 37 del D.lgs. 81/08 quali regolati dagli Accordi del 21 dicembre 2011». Dunque si applicano solo alla formazione regolata dagli Accordi 221 (lavoratori, lavoratori autonomi, preposti e dirigenti) e 223 (datori di lavoro - SPP).

I corsi di aggiornamento dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione possono essere svolti da Enti di Formazione non accreditati presso la Regione Piemonte?

 

I soggetti formatori autorizzati ad erogare corsi di aggiornamento sono i medesimi autorizzati a fare i corsi di formazione, e sono indicati all’articolo 32, comma 4 del D.lgs. 81/08 e al punto 4 dell’Accordo 26/1/2006, come chiarito nell’Accordo 5/ 10/2006.
Tali corsi possono essere svolti anche da Enti di Formazione non accreditati presso la Regione Piemonte quali, ad esempio, l’Università o le Associazioni sindacali. Tutti i soggetti formatori che erogano, in Piemonte, corsi di formazione e aggiornamento per R-ASPP, come previsto dalla DGR n. 22-5962 del 17 Giugno

 

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2013, possono essere inseriti negli elenchi regionali, consultabili al seguente indirizzo:
www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza/formazione-figure-dlgs-8108

Nelle Procedure standardizzate per la valutazione dei rischi non è previsto il «calcolo « del livello di rischio attraverso la formula: R=PxD. Ritenete che si possa omettere tale aspetto che poi a mio parere è un aspetto cruciale per chi fa valutazione del rischio, ovvero quantificare lo stesso rischio?

 

L’affermazione indicata nel quesito non è del tutto corretta. Il modulo 3 delle procedure standardizzate stabilisce che «La valutazione dei rischi sarà effettuata per tutti i pericoli individuati, utilizzando le metodiche
ed i criteri ritenuti più adeguati alle situazioni lavorative aziendali, tenendo conto dei principi generali di tutela previsti dall’art. 15 del D.lgs. 81/08 smi. Laddove la legislazione fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di valutazione (ad es. rischi fisici, chimici, biologici, incendio, videoterminali, movimentazione manuale dei carichi, stress lavoro-correlato ecc.) si adotteranno le modalità indicate dalla legislazione stessa, avvalendosi anche delle informazioni contenute in banche dati istituzionali nazionali ed internazionali. In assenza di indicazioni legislative specifiche sulle modalità di valutazione, si utilizzeranno criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle effettive condizioni lavorative dell’azienda e, ove disponibili, su strumenti di supporto, su dati desumibili da registro infortuni, profili di rischio, indici infortunistici, dinamiche infortunistiche, liste di controllo, norme tecniche, istruzioni di uso e manutenzione, ecc.»
Tra le «metodiche ed i criteri ritenuti più adeguati» ci può quindi essere anche quello a matrice comunemente definito PXD.
Sul piano metodologico la procedura appare chiara, forse il dubbio sorge in relazione al modello 3 dove sul piano documentale non è chiaro dove vada inserito questo riferimento.  Nella vaghezza delle indicazioni riportate,
essendo per definizione la valutazione dei rischi valutazione globale e documentata di tutti i rischi, si ritiene che un riferimento possa essere indicato in colonna 4.

Ho una impresa individuale senza dipendenti, sono sola, faccio commercio ambulante. Ho l’obbligo di fare il DVR e frequentare corsi come RSPP, primo soccorso e antincendio?

 

No, è soggetta agli obblighi dell’articolo 21 del D.lgs. 81/08.
Articolo 21 - Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile e ai lavoratori autonomi

  1. I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
  2. utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III;
  3. munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al Titolo III;
  4. munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

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  1. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
  2. beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
  3. partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

Accingendomi a programmare la formazione dei dirigenti della mia scuola, ho consultato il documento congiunto INAIL Regione Piemonte USR sulla formazione dei lavoratori. A pag. 7, nel paragrafo riguardante il programma formazione dirigenti è previsto questo argomento: “La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di responsabilità giuridica ex D.lgs. n. 231/01”.

Il D.lgs. 231/01 non si applica allo stato e agli enti pubblici, è corretto inserirlo nella formazione dei dirigenti delle scuole?

Sebbene gli Enti Pubblici Territoriali, lo Stato e gli Enti Pubblici non Economici siano esclusi dagli obblighi di redazione dei Modelli Organizzativi, è ormai prassi in via di consolidamento che gli stessi utilizzino i requisiti previsti dal D.lgs. 231/ 01 come requisiti per la qualificazione e l’accesso alla contrattazione dei propri fornitori.
Insomma, sebbene gli Enti Locali non siano soggetti «passivi» del D.lgs. 231/01, sono garanti dell’applicazione dei principi della Responsabilità Amministrativa delle organizzazioni che interagiscono con essi.
L’art. 16 del D.lgs. 81/08, comma 3, prevede che l’adozione e l’efficace attuazione di un Modello di Organizzazione e Controllo, con le caratteristiche indicate dall’art. 30 dello stesso D.lgs. 81/08, costituisce evidenza dell’attuazione dell’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da  parte del delegato delle funzioni trasferite.
Inoltre, la formazione dei dirigenti costituisce credito permanente e un dirigente della scuola potrebbe servirsene, in un futuro, nell’ambito di un rapporto di lavoro privato.
Alla luce di quanto sopra, sebbene le PPAA non siano soggetti obbligati in generale all’adozione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo di cui al D.lgs. 231/01, è corretto comunque inserire la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di responsabilità giuridica ex D.lgs. 231/01 nella formazione dei dirigenti delle scuole.

Nel caso in cui un comune indica una gara d’appalto per lavori in una scuola elementare di sua proprietà, a chi spetta l’elaborazione del DUVRI, non essendoci interferenze tra il comune e l’azienda appaltatrice?

 

La redazione del DUVRI compete al DL committente e quindi al comune. Nella fattispecie si applica l’art. 26 comma 3 ter del D.lgs. 81/08, che prevede che il soggetto che affida il contratto (comune) rediga il DUVRI recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard inerenti la prestazione, mentre il soggetto presso il quale deve essere eseguito il lavoro (scuola), prima dell’inizio   dell’esecuzione,

 

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deve integrare il documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi dell’appalto.

Per attivare un tirocinio presso un’azienda che opera nel settore informatico occorre, ai sensi del D.lgs. 81/08, avviare il tirocinante a visita medica?

 

Il tirocinante è a tutti gli effetti un lavoratore e le modalità per la sorveglianza sanitaria sono le stesse previste per i lavoratori. Pertanto, se è esposto a rischi lavorativi che richiedono la sorveglianza sanitaria, deve preventivamente essere sottoposto a visita medica e può essere impiegato solo dopo aver ottenuto il giudizio di idoneità.

Vorrei un chiarimento in merito alle disposizioni riguardanti l’aggiornamento della formazione per lavoratori, dirigenti e preposti previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.

 

Con riferimento ai lavoratori, è previsto un aggiornamento quinquennale, di durata minima di 6 ore, per tutti e tre i livelli di rischio basso, medio e alto.
Nei corsi di aggiornamento per i lavoratori non dovranno essere riprodotti meramente argomenti e contenuti già proposti nei corsi base, ma si dovranno trattare significative evoluzioni e innovazioni, applicazioni pratiche e/o approfondimenti che potranno riguardare:

  1. approfondimenti giuridico normativi
  2. aggiornamenti tecnici sui rischi ai quali sono esposti i lavoratori
  3. aggiornamenti su organizzazione e gestione della sicurezza in azienda
  4. fonti di rischio e relative misure di prevenzione.

Con riferimento ai preposti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. Con riferimento ai dirigenti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.lgs. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
L’obbligo di aggiornamento può essere ottemperato in una unica occasione o anche per mezzo di attività che siano distribuite nell’arco temporale di riferimento (il quinquennio).

Quali sono i compiti del responsabile del progetto formativo dei corsi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?

 

La figura del responsabile del progetto formativo dei corsi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è stata prima introdotta con l’Accordo Stato Regioni del 26 gennaio 2006 (formazione ASPP e RSPP) e, recentemente, confermata dagli Accordi n. 221 e n. 223 del 21/12/2011 (formazione lavoratori, dirigenti, preposti e datori di lavoro che intendono svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione).
Tuttavia, non viene fornita espressamente una definizione di tale figura né dagli accordi citati né dal D.lgs. 81/08.
I compiti e i doveri del responsabile del progetto formativo sono quindi legati agli adempimenti che i citati provvedimenti pongono a carico del soggetto organizzatore

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dei corsi di formazione (collaborazione nell’ambito della redazione del progetto formativo e delle metodologie didattiche, tenuta registro presenze, controllo regolarità erogazione del corso…).
La normativa non prevede direttamente sanzioni a carico del responsabile del progetto formativo, che risponde del proprio operato direttamente al soggetto organizzatore dei corsi dal quale ha ricevuto l’incarico.

Nel caso in una azienda subentrasse un RSPP dipendente, che ha frequentato specifici corsi per i moduli A, B e C, deve essere formato dall’azienda anche ai sensi dell’art. 37 del D.lgs. 81/08 (rischio basso, medio o alto in base all’attività, con formazione generale di 4 ore e la specifica)?

 

Con l’Interpello n. 18/13, la Commissione per gli Interpelli ha dato risposta ad una istanza, presentata dal Consiglio Nazionale dei Periti Industriali (CNAPI), relativa all’esistenza dell’obbligo di formazione, ai sensi dell’art. 37, per i lavoratori che svolgono le funzioni di RSPP in ambito scolastico.
La Commissione Interpelli ha stabilito che la formazione erogata agli RSPP e ASPP è superiore e quindi comprensiva, per contenuti e durata, a quella da erogare ai lavoratori ai sensi dell’art. 37 del D.lgs. 81/08.
Si ritiene che, alla luce delle indicazioni dell’interpello citato, qualora il soggetto abbia i requisiti per lo svolgimento di RSPP nel macrosettore in cui è assunto, non sia necessaria la formazione ex art. 37 del D.lgs. 81/08.

Il cosiddetto “decreto del fare” prevede che venga riconosciuto il credito formativo dei corsi di formazione in materia di salute e sicurezza per non creare sovrapposizioni; al momento, come si certifica tale riconoscimento di crediti formativi?

 

Il comma 14-bis dell’art. 37 del D.lgs. 81/08, inserito dall’art. 32 del Decreto- Legge 69/13, convertito con modificazioni dalla Legge 98/13, prevede che in tutti i casi di formazione e aggiornamento, previsti per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per     la durata e per i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati.
Le modalità di riconoscimento del credito  formativo e  i  modelli per mezzo  dei quali è documentata l’avvenuta formazione sono individuati tramite Accordo della Conferenza Stato-Regioni.
Per le modalità del riconoscimento di questi crediti occorre pertanto aspettare uno specifico Accordo della Conferenza Stato-Regioni di prossima emanazione.

Oltre a quanto previsto dal decreto 24 aprile 2013 (GU 20 luglio 2013) sulle attività sportive e relativo utilizzo del defibrillatore, gradirei sapere se nella Regione Piemonte vi sono «altri luoghi di lavoro» in cui è obbligatoria la presenza del defibrillatore e, ovviamente, del personale debitamente formato all’utilizzo?

 

Fatte salve le previsioni del DM 24/4/2013 (GU 20 luglio 2013) sulle attività sportive e relativo utilizzo del defibrillatore, il datore di lavoro, in collaborazione

 

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con il medico competente, sulla base dei rischi specifici presenti nell’azienda o unità produttiva, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento e i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo soccorso.
Si ritiene, pertanto, che il DL, in collaborazione con il MC, debba valutare anche i rischi di cui trattasi, individuando le relative misure di primo soccorso. In particolare, l’art. 4 del DM 388/2003 prevede che le attrezzature e i dispositivi per gli addetti al primo soccorso debbano essere appropriate rispetto ai rischi specifici connessi all’attività lavorativa dell’azienda, essere mantenute in condizioni di efficienza e di pronto impiego e integrate sulla base della valutazione dei rischi.

Il personale dipendente di autofficine addetto alla manutenzione di veicoli può essere sottoposto a controlli su uso di bevande alcoliche?

 

Se fanno solo gli autoriparatori non rientrano nelle categorie indicate nella norma, ma se usano carrelli elevatori o apparecchi di sollevamento sì.

Un condominio di 6 proprietari, senza amministratore, intende chiamare una impresa, che lavora con cestelli e attrezzature varie, per la potatura di alcuni alberi. Ora, per evitare brutte sorprese e verificare l’idoneità dell’impresa, cosa è necessario fare?

 

Dal tenore del quesito sembrerebbe evidenziarsi che il condominio è committente di lavori di potatura e non anche datore di lavoro. Nel qual caso, non rientrando i lavori di potatura nel titolo IV del D.lgs. 81/08, il condominio non assume specifici obblighi. Tuttavia per verificare l’idoneità dell’impresa affidataria dei lavori occorre quantomeno assicurarsi anche attraverso il certificato di iscrizione alla camera di commercio che si tratti di un’azienda che ha nel proprio oggetto sociale l’attività di potatura. Inoltre, occorre verificare che possieda persone e mezzi adeguati.
Per quanto riguarda i dipendenti, si può acquisire il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) e una dichiarazione riguardante l’elenco dei dipendenti con indicazione del contratto loro applicato. Per quanto riguarda le attrezzature si può acquisire una dichiarazione circa il possesso o la disponibilità di mezzi sottoposti alle verifiche periodiche e assicurati. Infine, si può richiedere una dichiarazione sostitutiva da parte del datore di lavoro dell’impresa circa l’adempimento degli obblighi di valutazione dei rischi e di formazione dei lavoratori.

Un dipendente di un’azienda è stato RLS per diversi anni ed è stato formato nel 2005. Ora è stato ri-eletto: deve frequentare di nuovo l’intero corso di formazione o solo l’aggiornamento? E se sì, di quante ore?

 

Fatti salvi gli eventuali accordi sindacali applicabili al caso specifico, si ritiene che il RLS non debba essere nuovamente formato, ma debba essere aggiornato rispettando le previsioni minime indicate nell’articolo 37, comma 11 del D.lgs. 81/08.

Chiedo chiarimenti in merito all’obbligatorietà di nomina di un RSPP INTERNO relativamente alle centrali termoelettriche ex art. 31, comma 6, lettera b) del D.lgs. 81/08.

 

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Il quesito è riferito alla definizione di centrale termoelettrica, ovvero cosa s’intende per centrale termoelettrica? Qual è la definizione corretta di tale entità ai sensi del D.lgs. 81/08?

Ad esempio: è indubbiamente una centrale termoelettrica quella di un impianto in cui si utilizza l’energia termica generata dalla combustione di combustibili (carbone, nafta, metano), trasformandola prima, attraverso un ciclo termico, in energia meccanica (presenza di una turbina) e poi, attraverso un alternatore, in energia elettrica. La produzione di energia termica ed elettrica può però avvenire anche tramite il funzionamento di motori a combustione interna (elettrica), generatori di vapore a recupero di calore (vapore); in questo secondo esempio comunemente chiamato centrale di cogenerazione, vige lo stesso obbligo di avere un RSPP INTERNO come nelle centrali termoelettriche? Si considera centrale termoelettrica qualsiasi tipo di centrale di cogenerazione? Anche centrali di piccola taglia che possono essere a servizio ad esempio di un centro commerciale o di un centro residenziale?

Non esiste da alcuna parte, nei documenti ufficiali, la definizione di centrale termoelettrica. Ci sono invece due casistiche di impianti di produzione di energia da fonte fossile di cui esistono varie definizioni: gli impianti di cogenerazione e quelli di microgenerazione.
Nelle definizioni di impianti di cogenerazione (D.lgs. 20/2007) compaiono diverse volte le casistiche impiantistiche classiche, che però vengono considerate tutte insieme. Ad esempio, se prendiamo in esame il DM 4/8/2011, all’allegato 1 è riportato un elenco di impianti oggetto del decreto, e si può notare che ci sono proprio tutti, dai grandi cicli combinati a gas alle microturbine o ai motori otto. L’idea quindi è che siano tutti, in sostanza, delle centrali termoelettriche, e valga quindi l’interpretazione più restrittiva per la nomina del RSPP.
In conclusione, si ritiene che si possano assimilare tutti gli impianti di produzione di energia elettrica mediante combustione di un vettore energetico liquido, solido o gassoso nella dizione di «centrale termoelettrica».

Premesso che in riferimento all’art. 48 del D.lgs. 81/08, la figura del RLST è già stata introdotta nel comparto Artigiano in applicazione dell’art. 18 comma 2 del D.lgs. 626/94, recepito successivamente sia dall’Accordo Interconfederale Nazionale ex D.lgs. 626/94 del 3/9/96, sia dall’Accordo Regionale Piemonte del 12/5/97. Poiché tali accordi prevedono il pagamento, da parte delle imprese artigiane, di una quota di rappresentanza a sostegno dell’operatività del RLST, come previsto del resto dall’art. 52 del D.lgs. 81/08, l’OPTA di Torino avanza i seguenti quesiti:

  1. il RLST è tenuto comunque ad operare in aziende artigiane non aderenti alla bilateralità, o che non hanno provveduto al versamento della quota di rappresentanza prevista dall’art. 52 del D.lgs. 81/2008?
  2. le attribuzioni previste dall’ art. 50 del D.lgs. 81/08 per i RLST, pur rientrando in ambito territorialmente e di comparto di competenza, sono da ritenersi unicamente funzionali all’interno delle aziende aderenti alla bilateralità?

 

L’ambito di intervento degli RLST è chiaramente definito dal Dlgs 81/08 che all’articolo 48  comma 1  prevede che   il  RLST «esercita le  competenze  del

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rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all’articolo 50 e i termini e con le modalità ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza».
Non si fa limitazione alle aziende che partecipano alla bilateralità anche perché al comma 3 dell’articolo 48 «Tutte le aziende o unità produttive nel cui ambito non è stato eletto      o designato il rappresentante dei lavoratori per     la sicurezza partecipano al Fondo di cui all’articolo 52".
Tuttavia il decreto interministeriale, previsto dal comma 3 art. 52 Dlgs 81/08, con il quale devono essere definite le modalità di funzionamento e di articolazione settoriale e territoriale del fondo, i criteri di riparto delle risorse nonché il relativo procedimento amministrativo e contabile di alimentazione e la composizione e le funzioni del comitato amministratore del fondo stesso, non è stato ancora emanato. Pertanto, il fondo non è attivo e non è possibile da parte delle aziende, eventualmente interessate, versare la quota dovuta.

Un’azienda con meno di 10 dipendenti è obbligata alla valutazione dei rischi con le nuove procedure standardizzate?

 

Fino al 31 maggio 2013 le aziende fino a 10 lavoratori, salvo quelle a rischio rilevante, potevano dimostrare l’avvenuta valutazione dei rischi attraverso la cosiddetta “autocertificazione”. Dal 1° giugno 2013 anche queste aziende devono possedere il documento di valutazione dei rischi, contenente un’analisi di tutti i rischi presenti in azienda (DVR), la descrizione delle misure di sicurezza e il programma di interventi adottato per mantenere o migliorare i livelli di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
A tal fine, come previsto dall’art. 29 del D.lgs. 81/08, sono state prodotte le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi approvate dalla Commissione Consultiva Permanente e pubblicate con Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012, che costituiscono uno strumento a supporto delle aziende di limitate dimensioni per redigere il proprio DVR.
Sull’utilizzo delle procedure standardizzate da parte delle aziende fino a 10 dipendenti è stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro l’Interpello n. 7/ 2012, il quale prevede che «qualora un’azienda con meno di 10 dipendenti abbia già un proprio DVR (...), tale documento non dovrà essere necessariamente rielaborato secondo le indicazioni delle procedure standardizzate».

Avrei il presente quesito da sottoporre alla vostra attenzione, circa i criteri di qualificazione dei formatori ai sensi del D.I. 06/03/2013: relativamente al paragrafo “AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE” come è da intendersi il termine “alternativamente”? Significa che le 24 ore di docenza nell’area tematica di competenza nell’arco dei tre anni costituiscono un’alternativa alla frequenza ai corsi di aggiornamento?

 

Significa che per ogni area tematica si possono fare 24 (72 ore per tutte e tre le aree tematiche) di docenza oppure 24 ore di frequenza ai corsi/seminari.

Il corso di aggiornamento per Addetto al Primo Soccorso può essere tenuto da un infermiere professionale?

 

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Il DM 388 così recita: «Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.» Pertanto, l’infermiere collabora ma non sostituisce il medico.

I corsi per addetti al primo soccorso e antincendio realizzati interamente con modalità FAD sono a tutti gli effetti validi?

 

Se per la parte teorica non esistono specifici divieti circa la possibilità di ricorrere a modalità FAD per i corsi per addetti al primo soccorso e antincendio, si ritiene che le prove pratiche e le esercitazioni debbano essere svolte in presenza.

In una piccola azienda nella quale il datore di lavoro, essendo nelle condizioni previste dalla normativa, ha deciso di svolgere direttamente i compiti di RSPP, è possibile comunque nominare uno o più ASPP per supportare il datore di lavoro nei suoi compiti inerenti la sicurezza sul lavoro?

 

No, nel caso di svolgimento diretto dei compiti del SPP non è prevista la nomina di ASPP, ciò non esclude che possa essere supportato da altri soggetti competenti.

Dalla lettura del D.lgs. 81/08, ultimo aggiornamento, non riesco a capire bene se le cartelle sanitarie possono essere depositate e mantenute in azienda o se devono rimanere in custodia al medico competente.

 

L’articolo 25 del D.lgs. 81/08 stabilisce che la «...cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente». Pertanto, al momento della nomina del MC, occorre stabilire chi e dove conserva le cartelle.

Il DL che intende svolgere direttamente il ruolo di RSPP deve possedere un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola media superiore?

 

Per il Datore di lavoro che svolge i compiti del SPP non è richiesto il diploma.

Dalla lettura dell’art. 31 del D.lgs. 81/08 “Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici…” pare possibile individuare un servizio esterno e non necessariamente una persona come RSPP. E’ pertanto possibile incaricare una società di servizi esterna per svolgere i compiti del servizio SPP?

 

Il servizio SPP deve essere costituito da persone aventi i requisiti di cui all’art. 32 e non da una società di servizi. Gli addetti e i responsabili dei     servizi, interni

 

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o esterni, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32.

Tenuto conto che non ho trovato indicazioni al riguardo nel D.lgs. 81/2008 e neanche nel DM 10 marzo 1998, vi chiedo qual è la periodicità dei corsi di aggiornamento degli addetti antincendio?

Anche la Circolare del Ministero dell’Interno n. 12653 del 23 febbraio 2011, pur fornendo indicazioni riguardanti l’aggiornamento, non dà indicazioni circa la periodicità.

La situazione normativa è quella descritta nel quesito e, quindi, non esiste un obbligo formale di aggiornamento. E’ altrettanto evidente che, per assicurare l’efficacia dell’intervento, il personale incaricato deve mantenere nel tempo le conoscenze, le competenze e le abilità acquisite con il corso di formazione iniziale e, da tale necessità, che si può far discendere l’obbligo dell’aggiornamento, la cui periodicità sarà stabilità anche in base alla valutazione dei rischi.

All’interno del capannone occupato da un’azienda è presente una seconda azienda che utilizza i servizi (igienici, fornitura energia elettrica...) della prima azienda che la ospita.

Esistono sicuramente delle attività che si sovrappongono temporalmente e spazialmente. E’ corretto redigere un DUVRI dal momento che non esiste alcun appalto di opere servizi e forniture ma unicamente la condivisione di uno spazio comune nel quale ciascuna azienda esercita la propria attività?

L’obbligo del DUVRI è previsto dall’art. 26 del D.lgs. 81/08 che si riferisce all’affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo. Al di fuori di tali casi i rischi di interferenza rientrano nel più generale obbligo di valutazione di tutti i rischi. Quindi in ogni caso, i datori di lavoro delle due imprese devono valutare i rischi e coordinarsi nell’applicare le misure di prevenzione e protezione.

Sono stato considerato inidoneo al lavoro notturno e vorrei sapere qual è la procedura per fare ricorso avverso al giudizio formulato dal medico competente.

 

Deve inviare un ricorso avverso al giudizio di inidoneità al lavoro del Medico Competente, ex art. 41, comma 9, del D.lgs. 81/08, al Servizio SPreSAL della ASL competente per territorio dell’azienda presso cui lavora.
Tale ricorso deve contenere, oltre ai dati personali, l’indicazione della ditta/società, l’attività svolta, la data dell’accertamento, il giudizio di inidoneità formulato a seguito dell’accertamento suddetto, che deve essere allegato in copia. Inoltre vanno indicate le motivazioni che contestano il giudizio formulato dal Medico Competente.

 

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La sorveglianza sanitaria per la verifica di assenza di rischi alcol correlati, prevista dal provvedimento della Conferenza permanente Stato- Regioni del 16 marzo 2006, può essere eseguita contestualmente alla sorveglianza sanitaria per la verifica dell’eventuale assunzione di sostanze stupefacenti, prevista dall’intesa della Conferenza permanente Stato- Regioni del 30.10.2007 e dell’Accordo Stato-Regioni del 18.09.2008, o tale contestualità pregiudica le condizioni di estemporaneità e imprevedibilità dei controlli richiesti dai disposti normativi?

Se non viene dato preavviso, non ci sono problemi a svolgere i due accertamenti contestualmente.

In base a quanto indicato dall’art. 29 comma 3 del D.lgs. 81/08: ”La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, […] in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità”. Nel caso in cui un’azienda cambi il Datore di Lavoro, è necessario rielaborare la Valutazione dei Rischi? In altre parole, il cambio di un datore di lavoro, rientra nel concetto di “modifiche all’organizzazione del lavoro significative”?

 

No, il cambio del datore di lavoro non comporta di per se una condizione di cui all’art. 29, comma 3. Ma è evidente che il nuovo datore di lavoro assumendo gli obblighi del D.lgs. 81/08 dovrà far propria la valutazione dei rischi eseguita dal suo predecessore oppure modificarla.

I lavoratori, i datori di lavoro e i lavoratori autonomi che partecipano a corsi di formazione organizzati ai sensi dell’Accordo del 22 febbraio 2012, per il tempo in cui utilizzano, a scopo didattico, le attrezzature di lavoro per le quali il corso viene organizzato, sono da considerarsi “lavoratori” come definiti all’art. 2 del D.lgs. 81/08?

 

Nella definizione di lavoratore contenuta nell’art. 2 del D.lgs. 81/08 è equiparata al lavoratore la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione. Alla luce di tale definizione, si ritiene che i partecipanti ai corsi di formazione di cui trattasi siano equiparati alla figura di lavoratore e, pertanto, debbano essere tutelati anche con riferimento alla sorveglianza sanitaria laddove quest’ultima risulti obbligatoria.

Gli infermieri possono ritenersi automaticamente addetti al primo soccorso aziendale senza dover frequentare il corso di 12 ore oppure nonostante la loro qualifica devono partecipare al corso di 12 ore per addetti al primo soccorso?

 

 

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Secondo il documento “Primi indirizzi applicativi del DM 388/2003”, approvato dal Coordinamento delle Regioni in data 2 marzo 2005, fermo restando l’obbligo dell’aggiornamento triennale, non sono tenuti a svolgere la formazione tutte quelle aziende od unità produttive che indicano come addetto al servizio di pronto soccorso un medico o un infermiere professionale.

Ai sensi dell’art. 37 del D.lgs. 81/08, oltre alla richiesta di collaborazione all’Organismo Paritetico è corretto coinvolgere gli RLS nella programmazione della formazione dei lavoratori?

 

La programmazione della formazione è argomento della riunione periodica e quindi è corretto che nei rapporti con gli RLS tale tema venga discusso.

Tenuto conto della Legge 292 del 5 marzo 1963, l’obbligo della vaccinazione antitetanica vige per tutti coloro che rientrano nelle categorie riportate dalla norma indipendentemente dalla attività effettivamente svolta o si può fare riferimento agli esiti della valutazione del rischio?

 

Come è noto l’articolo 1 della Legge 292/1963 stabilisce l’obbligatorietà della vaccinazione antitetanica per le seguenti categorie di lavoratori più esposti ai rischi dell’infezione tetanica: lavoratori agricoli, pastori, allevatori di bestiame, stallieri,             fantini, conciatori, sorveglianti e addetti ai lavori di sistemazione e preparazione delle piste negli ippodromi, spazzini, cantonieri, stradini, sterratori, minatori, fornaciai, operai e manovali addetti alla edilizia, operai e manovali delle ferrovie, asfaltisti, straccivendoli, operai   addetti alla   manipolazione delle immondizie,   operai   addetti   alla fabbricazione  della  carta e  dei  cartoni, lavoratori  del legno, metallurgici e metalmeccanici.
Secondo il principio di effettività, l’appartenenza o la non appartenenza alle figure lavorative sopra riportate non dipende dall’inquadramento formale del lavoratore, ma dalla sua effettiva applicazione alle lavorazioni di cui trattasi. Potrebbe essere utile, anche se non decisivo in caso di prassi contraria, che nel DVR si evidenziasse l’elenco delle mansioni e/o dei soggetti che concretamente svolgono effettivamente tali lavorazioni.

Indipendentemente dal fatto che il Datore di Lavoro ricopra o meno il ruolo di RSPP, esiste un numero limite di lavoratori entro il quale il Datore di Lavoro può ricoprire il ruolo di addetto al primo soccorso e/o di addetto al servizio di prevenzione incendi?

 

Il comma 1- bis dell’art. 34 del D.lgs. 81/08 stabilisce che: “Salvo nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di RSPP a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui al comma 2-bis”.
Oltre i 5 addetti, il Datore di lavoro deve organizzare un servizio Antincendio e di Primo Soccorso con diversi addetti nel quale può eventualmente ricoprire il ruolo di addetto.

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LUOGHI DI LAVORO, MACCHINE E DPI – TITOLI II, III (ART. 62-87)

    1. L’Allegato XIII del D.lgs. 81/08 prevede la disponibilità di docce, mensa e spogliatoio, oltre a servizi igienici e lavabi, in tutti i cantieri, anche se di limitata entità. Per i soli WC e lavabi è possibile fare una convenzione con un bar adiacente al cantiere? Per docce e locali mensa/ spogliatoio, è possibile fare una convenzione con proprietario di residenza privata adiacente al cantiere?

 

L’Allegato XIII al punto 3.5 ammette convenzioni solo con strutture idonee aperte al pubblico e non con privati. D’altra parte ovvie ragioni sconsigliano l’uso promiscuo di servizi igienici. Si ritiene che l’ipotesi del punto 3.5 valga a soddisfare gli obblighi del punto 3 (gabinetti e lavabi) e non anche per soddisfare gli obblighi contenuti in altri punti.

Volevo alcune informazioni riguardanti l’utilizzo in azienda di un carrello elevatore con motore a combustione interna. Non sono riuscito a trovare un riferimento normativo sul divieto di utilizzare questa tipologia di carrello all’interno di un’azienda. Esiste una normativa in merito?

 

L’emissione di gas di scarico nell’ambiente di lavoro deve essere abbattuta secondo l’art. 20 del DPR 303/56, ora punto 2.1.4 bis dell’allegato IV del D.lgs. 81/08 e smi. Il punto n. 2.4 dell’allegato VI “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi, indica che: “Le attrezzature mobili dotate di un motore a combustione possono essere utilizzate nella zona di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”. Inoltre il punto 2.1.4 bis dell’allegato IV”Requisiti dei luoghi di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi stabilisce che: “Nei lavori in cui si svolgano gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedire o a ridurre, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione”.

Una ditta ha acquistato un paranco da un fornitore X di portata 1000 kg. Al momento dell’installazione il fornitore X si è reso conto di dover apportare delle modifiche, a mio parere sostanziali, per motivi di ingombro legati al luogo dell’installazione , quali:

  1. sostituzione del gancio rispetto a quello previsto dal produttore (2 mm più piccolo)
  2. ulteriore foro nel punto in cui il paranco si attacca al carrello (sempre per motivi di ingombro).

Quali sono le responsabilità della ditta tenendo presente che il produttore non è stato neppure coinvolto in tutto questo?
In altre parole, siamo nell’ambito di modifiche che vanno oltre la ordinaria e straordinaria manutenzione per cui è prevista una nuova marcatura CE e dichiarazione di conformità?

Il costruttore deve certificare la singola macchina identificabile con la matricola. Se la dichiarazione di conformità non corrisponde alla macchina e al libretto d’uso

 

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e manutenzione, la stessa non deve essere accettata. E’ buona norma richiedere al costruttore una dichiarazione di corretta installazione e un collaudo.
L’articolo 71, comma 5 del D.lgs. 81/08 e smi ammette le modifiche apportate alle “macchine” come miglioria delle condizioni di sicurezza , sempre che le stesse non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore. Nel caso di modifiche “sostanziali” in tal senso si verrebbe a configurare una nuova immissione sul mercato della “macchina” ed il soggetto che ha apportato le modifiche sarebbe individuabile come “costruttore”.

Che periodicità hanno le verifiche periodiche degli impianti elettrici di una scuola. Quali fonti posso consultare per ottenere queste informazioni?

 

La periodicità delle verifiche è biennale. Per gli impianti di terra il riferimento normativo è il DPR 462/01, che all’art. 4, comma 1, stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolari manutenzioni dell’impianto nonché a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni cinque anni, ad esclusione di quelli installati in cantieri, in locali adibiti ad uso medico e negli ambienti a maggior rischio  in caso  di  incendio  per i quali la periodicità è biennale.
Per impianti elettrici nei «locali a maggior rischio in caso di incendio» (Norma CEI 64-8/7 Sezione 751) s’intendono gli impianti installati in ambienti che presentano in caso d’incendio un rischio maggiore di quello che presentano negli ambienti ordinari.
In particolare la citata Sez. 751 della Norma CEI 64-8/7 comprende:

  1. ambienti a maggior rischio in caso di incendio per l’elevata densità di affollamento o per l’elevato tempo di sfollamento in caso di incendio o per l’elevato danno.

I seguenti esempi sono tratti dall’allegato A della sez. 751 della Norma CEI 64-8/ 7:

  1. omissis
  2. Scuole di ogni ordine, grado e tipo, accademie e simili;

-   omissis
-
Nella Determinazione del 18 giugno 2012, n. 411 della Regione Piemonte, recante “Approvazione del Documento di indirizzo per la sicurezza degli Istituti scolastici del Piemonte”, sono indicati, tra altro, gli impianti normalmente presenti nelle scuole e i relativi obblighi di verifica.

L’ex art 48 del 303/56 divenuto art. 67 del D.lgs. 81/08 parla di notifica agli organi competenti quando è prevista la presenza di più di tre lavoratori. Se un azienda, nel corso degli anni, cresce e pertanto passa da due a quattro lavoratori, cosa deve fare?

 

La notifica di cui all’art. 67 del D.lgs. 81/08 si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori. Si tratta dunque di una previsione che si basa sulle dimensioni delle azienda che deve essere effettuata ex ante e che deve essere compatibile con la situazione di fatto. Non vi sono eccezioni. Se un’azienda, nel corso degli anni, cresce (passando da due a quattro lavoratori) e si rende necessaria una ristrutturazione e/o ampliamento occorrerà presentare la notifica ex art. 67.

 

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L’articolo 67, comma 3 del D.lgs. 81/08 prevede che “La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori” e la notifica, in forza del comma 1 dello stesso articolo va riferita alla costruzione e realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali nonché  ampliamenti e ristrutturazioni di quelli esistenti.

Nel corso di una attività di vigilanza presso una azienda agricola, quali azioni deve intraprendere l’UPG (prescrizione, diffida, disposizione) nei confronti del datore di lavoro o del coltivatore diretto del fondo nel caso in cui alcune attrezzature di lavoro (non a norma) vengono dichiarate fuori servizio perché obsolete o guaste?

 

Bisogna distinguere se le attrezzature sono effettivamente inservibili oppure al di là della dichiarazione di «fuori servizio» sono immediatamente utilizzabili. Nel primo caso ovviamente non si commette alcun reato a possedere dei «rottami». Nel secondo caso invece occorre distinguere tra coltivatore diretto e datore di lavoro. Nel primo caso, quindi in assenza di lavoratori, si applica solamente l’art. 21 del D.lgs. 81/08, uso di macchina non conforme. Quindi se al momento del sopralluogo la macchina veniva usata si contesterà la violazione dell’art. 21, se invece non veniva usata al più si potrà disporre con atto motivato che non venga utilizzata in futuro. Se si tratta di un datore di lavoro, può essere contestato l’art. 71. Se le verifiche necessarie a constatare l’effettiva inservibilità delle attrezzature dichiarate “fuori servizio” sono positive non si configura alcuna violazione alle norme di igiene e sicurezza del lavoro. In caso contrario è prevista l’applicazione delle procedure di cui al D.lgs. 758/94 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro” per la violazione dell’articolo 21, comma 1, lettera a) del D.lgs. 81/08 e smi con prescrizione nei confronti del coltivatore diretto del fondo e violazione, in presenza di un datore di lavoro, dell’articolo 71 del D.lgs. 81/08 e smi con prescrizione nei confronti dello stesso.

Per un carrello elevatore (elettrico, diesel…) occorrono denuncia e verifiche periodiche di cui all’allegato VII del D.lgs. 81/08 oppure è sufficiente la manutenzione prevista dal costruttore più verifica trimestrale funi e catene?

 

I carrelli elevatori non rientrano nelle attrezzature di cui all’allegato VII, tuttavia devono essere soggetti all’attività di manutenzione di cui ai commi 4 e 8 dell’art. 71 e alle disposizioni contenute nell’allegato VI del D.lgs. 81/08.

Dovendo verificare la rispondenza alle norme di legge sulla sicurezza e l’igiene del lavoro di una macchina utensile (centro di lavoro) costruita nell’anno 2001 e marcata CE secondo le norme in vigore all’epoca (Direttiva 98/37/CE e D.P.R. 459/96), vorrei sapere a quali leggi fare oggi riferimento, visto che sia la direttiva sia il decreto indicati sono stati abrogati rispettivamente dalla Direttiva 2006/42/CE e dal D.lgs. 17/10 che l’ha recepita.

 

L’aggiornamento della Direttiva Macchine con l’entrata in vigore della Direttiva 2006/42/CE (recepito con il D.lgs. 17/10) non impone un adeguamento alle macchine messe in servizio in vigenza della direttiva 98/37/CE . Quindi, nel caso

 

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prospettato, il riferimento tecnico rimane la Direttiva 98/37/CE e le eventuali norme armonizzate richiamate nella dichiarazione di conformità della macchina. Ovviamente occorrerà verificare se nel frattempo l’UE abbia o meno attivato clausole di salvaguardia sulla specifica macchina.

Qual è l’altezza minima delle unità di decontaminazione da utilizzare per la bonifica di manufatti in amianto in matrice compatta?

 

L’unità di decontaminazione, più propriamente definita sistema di decontaminazione, è normalmente inserita in strutture monoblocco all’interno delle quali sono ricavati lo spogliatoio sporco, lo spogliatoio pulito, il vano doccia e la chiusa d’aria. Tali monoblocchi vengono spostati nei diversi cantieri di bonifica. Per quanto riguarda l’altezza minima di tali strutture, si suggerisce di fare riferimento all’Allegato XIII del D.lgs. 81/08 che al punto 5 “Utilizzo di monoblocchi prefabbricati per i locali ad uso spogliatoi, locali di riposo e refezione” stabilisce che «5.1. Non devono avere altezza netta interna inferiore a m 2.40 ...».

Oltre all’art. 71 del D.lgs. 81/08, esiste qualche altro riferimento normativo in merito all’obbligatorietà del patentino per i lavoratori che utilizzano il muletto?

 

Il c.d. «patentino» altro non è che l’attività di informazione, formazione e addestramento richiesta dagli artt. 36, 37 e 73 del D.lgs. 81/08 e smi compresa l’abilitazione per alcune attrezzature di lavoro, tra cui le varie tipologie di carrelli elevatori con conducente a bordo, indicate nell’Accordo del 22/02/2012 della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Vorrei cortesemente sapere se dei loculi interrati o seminterrati di un cimitero sono da intendersi ambiente confinato ai fini della applicazione della vigente normativa (DPR 177/11)?

 

Anche con riferimento alla Guida Operativa ISPESL 2008, si ritiene che i loculi interrari e seminterrati, quando caratterizzati da accessi di dimensioni limitate, condizioni di aerazione sfavorevole e accessi dall’alto, possano intendersi quali ambienti confinati ai fini della legislazione vigente.

In caso di ponteggio auto sollevante è necessario richiedere alla ditta installatrice pimus e progetto del ponteggio? A quale normativa risultano soggetti?

 

Con circolare del Ministero del Lavoro n. 39 del 15 maggio 1980, su conforme parere della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro - i ponteggi a piani auto sollevanti (non i ponti sviluppabili) sono stati considerati soggetti alla disciplina autorizzativa di cui all’art. 30    del
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164. In passato quindi sono stati nel tempo autorizzati dal ministero del lavoro come ponteggi e ad essi sono state applicate le norme previste per i ponteggi metallici fissi. Non vi è dubbio invece che si tratti di macchine soggette alla Direttiva Macchine (oggi recepita con il D.lgs. 17/2010) ed al titolo III del D.lgs. 81/08. Il Ministero è nuovamente intervenuto sulla questione con la

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circolare 30 del 3/11/2006 nella quale si legge «Per ciò che riguarda altre attrezzature, quali ponti su cavalletti di altezza non superiore a metri 2, ponti sospesi, ponteggi a piani di lavoro auto sollevanti e ponti a sbalzo, questo Ministero è dell’avviso che non trovano attuazione né le norme relative al PiMUS né quelle relative alla formazione di cui al citato Accordo del 26 gennaio 2006". D’altra parte la disciplina richiamata contenuta nel D.lgs. 81/08 si riferisce oggi ai c.d. ponteggi fissi. In conclusione si ritiene che i c.d. ponteggi a piani sollevati siano da considerare attrezzature di lavoro disciplinate dal titolo III del D.lgs. 81/08, soggette alla direttiva macchine, devono essere installati conformemente alle istruzioni d’uso del fabbricante, da parte di lavoratori per i quali è richiesta una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73), e tali attrezzature devono essere sottoposte a verifiche periodiche (art. 71, comma 11 e allegato VII).

In data 12.03.2012, sulla gazzetta ufficiale n. 60, è stato pubblicato l’Accordo ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali e’ richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’art. 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni. (Repertorio atti n. 53/CSR).

In suddetto accordo però non si fa riferimento alla formazione rispetto all’utilizzo dei carroponte, mentre nel D.lgs. 81/08 la formazione per gli utilizzatori risulta obbligatoria. A questo proposito, sapreste indicarci a quale delle due normative fare riferimento in merito?

L’informazione e la formazione è obbligatoria per tutte le attrezzature di lavoro (art. 73, commi 1 e 2), quindi anche per il carroponte che, come le altre attrezzature di cui all’articolo 71, comma 7, richiede anche una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73 comma 4).
Il nuovo accordo regolamenta la previsione contenuta nell’art. 73, comma 5, e riguarda l’abilitazione all’uso delle attrezzature ivi previste, e ovviamente non esclude gli obblighi di informazione, formazione e addestramento sopra riportati.

Un autonomo utilizza un carrello elevatore con cestello per le sue lavorazioni di edilizia, deve seguire una formazione specifica per l’uso dell’attrezzatura di elevazione?

 

Premesso che in capo al lavoratore autonomo vi sono gli obblighi di cui all’articolo 21 e 94 del D.lgs. 81/08 e smi, in attuazione all’articolo 73, comma 5 dello stesso Decreto Legislativo, con l’Accordo del 22/02/2012 la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha previsto l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è prevista una specifica abilitazione degli operatori, ivi compresi i soggetti di cui all’articolo 21, comma 1 del D.lgs. 81/08 e smi. Tra queste attrezzature vi sono anche le piattaforme mobili elevabili ed i carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo. Inoltre si porta a conoscenza che il punto 3.1.4 dell’Allegato VI “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro” del D.lgs. 81/08 e smi prescrive al comma 1 che il sollevamento di persone è permesso soltanto con attrezzature di

 

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lavoro e accessori previsti a tal fine. Tuttavia il citato punto prevede l’utilizzo “a titolo eccezionale” di attrezzature utilizzate per il sollevamento di persone non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Inoltre qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza ed i lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro oltre all’assicurazione della loro evacuazione in caso di pericolo. Al riguardo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare del 10 febbraio 2011, ha reso note le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che nella seduta del 19 gennaio 2011 ha approvato un parere sul concetto di “eccezionalità” di cui al punto 3.1.4 dell’allegato VI al D.lgs. 81/08 e smi e con il documento 18/04/2012 della stessa Commissione consultiva sono state indicate le “Procedure tecniche da seguire nel caso di sollevamento persone con attrezzature non previste a tal fine”.

Dovendo provvedere alla formazione di utilizzatori di gru su camion (art. 73 D.lgs. 81/08) vorrei sapere quali sono i programmi per tale formazione?

 

I programmi formativi devono essere conformi all’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73 comma 5 del D.lgs. 81/08), che prende in considerazione anche le autogrù e le gru per autocarro.

Vorrei sapere se un montaferetri con operatore a bordo deve essere considerato una “piattaforma di lavoro mobile elevabile” e quindi se il lavoratore addetto deve effettuare la formazione specifica secondo quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 22.02.2012?

 

La definizione di “Piattaforme di lavoro mobili elevabili” contenuta nell’Accordo è la seguente: “macchina mobile destinata a spostare persone alle posizioni di lavoro, poste ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile, nelle quali svolgono mansioni dalla piattaforma di lavoro, con l’intendimento che le persone accedano ed escano dalla piattaforma di lavoro attraverso una posizione di accesso definita e che sia costituita almeno da una piattaforma di lavoro con comandi, da una struttura estensibile e da un telaio”. Il montaferetri potrebbe rispondere a tale definizione se è previsto uno sviluppo verticale superiore a 2 metri.

Vorrei sapere se un tosaerba con operatore a bordo (del tipo a 4 ruote con l’operatore che lo conduce seduto su seggiolino) deve essere considerato un “trattore agricolo o forestale” e quindi se il lavoratore che lo usa deve effettuare la formazione specifica secondo quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 22.02.2012?

 

I trattori agricoli o forestali sono definiti come “qualsiasi trattore agricolo o forestale a ruote o cingoli, a motore, avente almeno due assi e una velocità massima per costruzione non inferiore a 6 km/h, la cui funzione è costituita essenzialmente dalla potenza di trazione, progettato appositamente per tirare, spingere, portare

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o azionare determinate attrezzature intercambiabili destinate ad usi agricoli o forestali, oppure per trainare rimorchi agricoli o forestali. Esso può essere equipaggiato per trasportare carichi in contesto agricolo o forestale ed essere munito di sedili per accompagnatori”.
Al proposito, occorre verificare se l’attrezzatura di cui trattasi è stata omologata come trattore agricolo ex Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 19 novembre 2004, di recepimento della direttiva 2003/37/CE.

Gli enti bilaterali possono rilasciare patentini per addetti a macchine complesse?

 

Per quanto riguarda le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, l’Accordo del 22/2/2012 comprende tra i soggetti formatori gli enti bilaterali, quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera h), del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e smi, e gli organismi paritetici come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del D.lgs. 81/08 e per lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 51 del D.lgs. 81/08, entrambi istituiti nel settore di impiego delle attrezzature oggetto della formazione.

Quali sono gli obblighi gravanti sul datore di lavoro che affida a diverse imprese, la modifica e l’implementazione di una vecchia linea/ impianto (costituito da un insieme di rulliere motorizzate, gruppi girapallet ed elevatori) destinato al trasporto dei bancali di prodotti finiti, considerando che la linea/impianto è antecedente al DPR 459/96 e quindi sprovvisto di marcatura CE e sprovvisto della relativa documentazione tecnica?

 

Se si tratta di una nuova messa in servizio, gli obblighi relativi all’applicazione del D.lgs. 17/10 gravano sul «fabbricante» (persona fisica o giuridica che progetta e/ o realizza una macchina). Si deve quindi capire se la progettazione e realizzazione della macchina viene fatta dal committente, pur avvalendosi per i singoli interventi del lavoro di imprese esterne, o se il committente ha commissionato ad una impresa esterna tali incombenze.

Nello stabilimento in cui lavoro c’è un serio problema di pulizia e igiene dei bagni aziendali, visto lo sporco e il cattivo odore di urina che questi emanano. Vengono puliti sommariamente solo la mattina con acqua per mezzo di una pompa; i rubinetti sono a manopola e non a pedale, quindi non igienici, e i dosatori del sapone, quando c’è, sono in condizioni disastrose. Con la presente vorrei conoscere la normativa sulla pulizia dei bagni aziendali, nonché su quelli mobili tipo»SEBACH».

 

La problematica segnalata è affrontata in modo esaustivo dalla normativa vigente in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. Infatti, il Titolo II – Luoghi di lavoro del D.lgs. 81/08, all’articolo 63 comma 1, puntualizza esplicitamente che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV, e il soggetto obbligato a garantire tale conformità risulta essere il datore di lavoro (articolo 64 comma 1, lettera a). Altra indicazione sul fatto che i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate è contenuta all’articolo 64, comma 1, lettera d). Infine, nello

 

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specifico, nell’allegato IV sui requisiti dei luoghi di lavoro, al punto 1.13.4.1, troviamo la seguente prescrizione “Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori e in genere ai servizi di igiene e benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro”.
L’inosservanza a tali obblighi prevedono a carico dei responsabili l’applicazione di sanzioni penali con avvio delle procedure di cui al D.lgs. 758/94. Nei casi rappresentati nel quesito, sono previste sanzioni sia per il datore di lavoro sia per il dirigente. L’organo di vigilanza competente per territorio, ovvero il Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPreSAL) della ASL è il soggetto a cui inviare eventuali segnalazioni in questo senso.

Chiedo un chiarimento in merito alla data di scadenza delle imbracature di sicurezza per i sistemi anticaduta. La scadenza dei 5 anni va riferita alla data di costruzione del prodotto indicata sulla targhetta oppure dalla data di messa in uso?

 

La norma EN 361 non indica un termine fisso di obsolescenza, ma stabilisce che sia il costruttore a dover indicare (punto 7, lettera m) la durata di vita prevista. Detto questo, trattandosi di fibbie di nylon il loro «invecchiamento» inizia con la produzione e non solo con l’uso, tra l’altro risulterebbe alquanto problematico verificare la data di messa in uso poiché diversamente da quella di produzione risulterebbe difficile dimostrare quando quella imbracatura è stata indossata la prima volta.

Volevo sapere cosa è necessario fare per dichiarare fuori servizio un carroponte, che non verrebbe tuttavia dismesso visti i costi che comporterebbe la dismissione?

 

Occorre rendere inservibile l’attrezzatura (taglio del cavo di alimentazione, eliminazione pulsantiera di comando, ecc.) e rendere pubblica la messa fuori servizio (comunicazione all’INAIL e al personale, cartelli, ecc.).

Avrei un quesito da porre sull’abilitazione degli operatori macchine rif. CSR del 22.02.2012. In merito al riconoscimento della formazione pregressa (punto 9) si prevede la possibilità di (punto 9.3) poter far valere un corso effettuato, documentato con registro, elenco dei partecipanti, nominativi e firme dei docenti, contenuti. Questo può andare bene per operatori recentemente adibiti all’uso delle macchine (che sono stati formati da esperti aziendali interni e/o da ditte specializzate) ma per gli operatori di comprovata esperienza cosa posso fare? Esempio: escavatorista esperto con 20 anni di utilizzo della macchina, è lui che è docente e non deve avere un istruttore... E’ corretto “certificare”, ora per allora, per questi addetti, l’anzianità di servizio, le capacità teorico- pratiche da parte del Datore di Lavoro, dell’RSPP, del Preposto e del lavoratore stesso?

 

I casi indicati dal punto 9.1 dell’Accordo riguardano la formazione pregressa e non l’esperienza pregressa che non può quindi essere ritenuta in alcun modo sostitutiva.

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Viceversa il punto 9.4 riconosce, esclusivamente ai «lavoratori del settore agricolo», l’abilitazione se «in possesso di esperienza documentata almeno pari a 2 anni». Dunque, l’escavatorista in questione, a meno che non si tratti di lavoratore del settore agricolo, non potrà essere esonerato dalla frequenza del corso.

In qualità di privato cittadino e vorrei eseguire autonomamente lavori di decorazione della facciata esterna della mia abitazione. Per tale lavoro necessito di una piattaforma di lavoro elevabile (cestello) di piccole dimensioni. La ditta di noleggio, cui mi sono rivolto, asserisce il divieto di noleggio in assenza di apposito “patentino” (leggasi abilitazione di cui all’art. 73, comma 5, del D.lgs. 81/08).

L’art. 72 del medesimo decreto legislativo mi pare circoscriva tale obbligo al rapporto di lavoro subordinato, prevedendo l’obbligo di acquisizione e conservazione, da parte del noleggiatore, della dichiarazione del solo datore di lavoro e non di altri soggetti. Il quesito che pongo è dunque il seguente: il noleggiatore può noleggiare al privato cittadino, privo di abilitazione di cui all’art. 73, comma 5, del D.lgs. 81/08, una piattaforma di lavoro elevabile (con mezzo
richiedente patente B), per l’esecuzione personale e diretta di lavori presso la propria abitazione, senza alcuna forma di subordinazione lavorativa o di condizione riconducibile all’art. 21 stesso decreto?

Effettivamente l’art. 72, comma 2 del D.lgs. 81/08 impone al noleggiatore di acquisire «una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle disposizioni del presente Titolo e, ove si tratti di attrezzature di cui all’articolo 73, comma 5, siano in possesso della specifica abilitazione ivi prevista». Mancando in questo caso la figura del datore di lavoro la dichiarazione potrebbe anche non essere acquisita, ma ciò non toglie che nell’ambito del proprio potere contrattuale il noleggiatore possa decidere (ad esempio a tutela del proprio capitale) di noleggiare i propri mezzi solamente a soggetti in possesso dell’abilitazione prevista dall’art. 73, comma 5.
Tale abilitazione, infatti, non è richiesta solamente ai lavoratori, ma più in generale agli operatori. Sul punto è chiaro l’accordo 53/2012 laddove si legge: «Il presente accordo costituisce attuazione dell’articolo 73, comma 5 del D.lgs. n. 81/2008, ove si demanda alla Conferenza Stato, Regioni e Province autonome l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali é richiesta una specifica abilitazione degli operatori, ivi compresi i soggetti di cui all’articolo 21, comma 1 del D.lgs. n. 81/ 2008". Dunque sicuramente sono soggetti ad abilitazione anche i lavoratori autonomi.
Il caso del privato parrebbe rimanere ancora una volta escluso, ma occorrerebbe verificare se si tratta di un uso proprio oppure no, se vi possano essere rischi per terzi. A tal proposito si considerino anche le Linee guida della Regione Piemonte dell’agosto 2001 sull’applicazione delle norme relative ai cantieri edili laddove si prevede una equiparazione tra il committente che svolge direttamente lavori edili e il lavoratore autonomo giustificando tale interpretazione sulla base del fatto che la Direttiva Comunitaria 92/57 dice che lavoratore autonomo è qualsiasi persona, diversa dai lavoratori subordinati e dai datori di lavoro, che concorre alla realizzazione dell’opera.

 

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I carrelli elevatori a forche devono essere sottoposti a verifica biennale da ente certificato, come se fossero un mezzo di sollevamento ex DM 11 aprile 2011?

Per i carrelli elevatori a forche non è prevista la verifica ex art. 71,comma 11 del D.lgs. 81/08, così come specificato al punto 7 della circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 9 del 5-03-2013. Diverso è il caso dei carrelli a forche telescopiche che invece sono soggetti. Le verifiche sono disciplinate dal DM 11/4/2011.

Non mi è chiaro se in base all’Accordo del 22 febbraio 2012 anche il datore di lavoro degli utilizzatori può essere considerato accreditato quale soggetto formatore?

 

Sì, l’utilizzatore delle attrezzature e quindi il datore di lavoro (limitatamente ai propri lavoratori) può erogare tale formazione, ma solo a condizione di essere organizzato per la formazione medesima e di essere accreditato in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008.
Accordo 22 febbraio 2012 - Individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73, comma 5, D.lgs. 81/2008)
Punto 1. Individuazione dei soggetti formatori e sistema di accreditamento lettera f: le aziende produttrici/distributrici/noleggiatrici/utilizzatrici (queste ultime limitatamente ai loro lavoratori) di attrezzature di cui al presente accordo oggetto della formazione, organizzate per la formazione e accreditate in conformità al modello di accreditamento definito in ogni Regione e Provincia
autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata su GURI del 23 gennaio 2009 e in deroga alla esclusione dall’accreditamento prevista dalla medesima intesa.

Qual è il percorso formativo previsto per l’utilizzo dei DPI di III categoria anticaduta?

 

L’utilizzo di DPI di terza categoria anticaduta richiede competenze ed abilità che devono essere acquisite attraverso un percorso di formazione ed addestramento previsto dall’art. 77 comma 5 del D.lgs. 81/08.

Di quante ore deve essere l’addestramento obbligatorio per l’utilizzo dei DPI di III categoria?

 

Per l’addestramento obbligatorio relativo ai DPI di III categoria non è indicato un numero di ore, tuttavia esso deve prevedere il tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi formativi e cioè l’acquisizione delle abilità necessarie al corretto uso, manutenzione e conservazione dei DPI.

I Carrelli trilaterali utilizzati a servizio di magazzini meccanizzati costituiti da una cabina (aperta o chiusa) con conducente a bordo che eseguono manovre anche in altezza a quale categoria appartengono fra quelle previste dall’Accordo del 22 febbraio 2012?

 

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Fatto salvo che la verifica va fatta presso il costruttore, si ritiene che l’attrezzatura possa rientrare nella categoria delle piattaforme di lavoro elevabili (PLE).

Il lavoratore che non esegue l’aggiornamento previsto dall’Accordo in tempo utile perde l’abilitazione? Può continuare a condurre i mezzi oppure no?

 

Se perde l’abilitazione per mancato aggiornamento non può condurre il mezzo fino a quando non completa l’aggiornamento.

Se un lavoratore ha eseguito un corso per la conduzione dei mezzi di cui all’Accordo del 22 febbraio 2012, ad esempio nel 2008, deve fare solo il modulo di aggiornamento o deve rifare l’intero percorso formativo?

 

Per le modalità di riconoscimento della formazione pregressa, si faccia riferimento al punto 9 dell’Accordo citato.

I corsi di abilitazione previsti dall’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012, possono essere erogati a persone che non sono occupate e che, in prospettiva di un lavoro, richiedono di poter partecipare a tali corsi? Chiedo questo, perché molte aziende, in fase di selezione, prediligono l’assunzione di lavoratori già formati.

 

Si ritiene che l’acquisizione della specifica abilitazione per gli operatori che utilizzano le attrezzature di cui all’accordo citato possa essere ottenuta anche da operatori in attesa di occupazione.

Il Datore di lavoro che utilizza attrezzature di lavoro che richiedono l’addestramento secondo l’Accordo Stato Regioni ex art. 73 è soggetto all’obbligo di formazione?

 

Dalla lettura dell’art. 73, comma 1, lettere a e b, si evince che, in generale, il DL è il soggetto su cui ricade l’obbligo di formare i lavoratori. Tuttavia, se rientra nell’art. 21 (artigiani), comma 2, lettera b, è soggetto all’obbligo di formazione per l’utilizzo delle attrezzature. Nel caso utilizzi attrezzature a noleggio, ai sensi dell’art. 72 comma 2, il DL dovrà dimostrare al noleggiatore che gli operatori che utilizzano tali attrezzature sono debitamente formati ex art. 73.

Sono un artigiano installatore di impianti elettrici e ho mio figlio come coadiuvante; non ho nessun dipendente.

Un mio cliente mi ha richiesto la sottoscrizione dell’autocertificazione dell’idoneità tecnico professionale, a lui richiesta dall’ufficio tecnico comunale per l’installazione di un impianto antifurto; con questa autocertificazione dovrei dichiarare, ai fini di cui all’articolo 90 comma 9 lettera a) del Decreto Legislativo 81/08 e relativo allegato XVII, di essere un lavoratore autonomo in possesso dei requisiti previsti dall’allegato XVII, comma 2 del Decreto 81/08. Secondo tale allegato, dovrei esibire, oltre ad una visura della CCIAA e al DURC, specifica documentazione

 

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attestante la conformità alle disposizioni di cui al presente Decreto di macchine, attrezzature e opere provvisionali.

Vorrei capire quale sia questa documentazione, visto che utilizzo prettamente cacciaviti, pinze, forbici e trapani a batteria. Tra i documenti da esibire, vi sono anche gli attestati inerenti la propria formazione e la relativa idoneità sanitaria previsti dal suddetto decreto legislativo?

La documentazione riguarda le attrezzature per le quali è prevista documentazione certificativa o tecnica (macchine, scale..).
Per quanto riguarda la formazione e la sorveglianza sanitaria, la commissione interpelli ha ribadito che i componenti dell’impresa familiare hanno la facoltà di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare a corsi di formazione specifici.
Si precisa comunque che l’uso di attrezzature di lavoro e di DPI di cui al Titolo III del Decreto 81 richiede l’obbligo di informazione, formazione e addestramento.

L’allegato A, Titolo B), punto 1.1, lettera g stabilisce che “I soggetti formatori con esperienza documentata nella formazione per le specifiche attrezzature devono essere accreditati in conformità al modello definito in ogni Regione e Provincia Autonoma”.

Nel caso di imprese dislocate sul territorio nazionale, ovvero con diverse sedi in regioni differenti, è pensabile che un’impresa accrediti il personale formatore in un’unica Regione per svolgere attività nel resto del territorio nazionale?
Il soggetto formatore da accreditare in Regione, può essere un singolo professionista con esperienza documentata o deve essere l’azienda ad essere accreditata?

Non bisogna confondere il soggetto formatore con il formatore docente. Nell’ipotesi del punto 1.1 lettera g il soggetto formatore che organizza un corso in Piemonte deve essere accreditato in Piemonte. Ovviamente un corso effettuato in un altra regione da soggetto accreditato in quella regione è riconosciuto anche in Piemonte. Il soggetto da accreditare è sia il soggetto formatore sia il soggetto erogatore le cui definizioni sono riportate nella Deliberazione della Giunta Regionale 17 giugno 2013, n. 22-5962.

Gli operatori di transpallet elettrici con operatore a bordo in piedi e operatore a terra sono soggetti all’abilitazione all’uso di attrezzature specifiche di cui all’Accordo del 22 febbraio 2012?

 

Non essendo previsto un «operatore a bordo su sedile», sono esclusi entrambi.

Quali sono le modalità per poter avere l’abilitazione alla guida di un muletto? Si può avere tale abilitazione anche senza la patente?

 

Occorre frequentare un corso abilitante conforme all’Accordo Stato Regioni 53/ 2012 ex art. 73 del D.lgs. 81/08. I soggetti che possono erogare la formazione sono quelli indicati nell’accordo stesso. Se il muletto non viene guidato su strada non occorre la patente.

 

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Per quanto concerne la formazione all’uso di attrezzature di lavoro (carrelli, ple, gru, trattori...) secondo l’Accordo Stato-Regioni del 22 Febbraio 2012, è obbligatorio effettuare una comunicazione alla Regione, con la quale indicare i lavoratori che sono stati formati e addestrati?

Come previsto nella seconda edizione delle Indicazioni operative per la formazione alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, aggiornate con DD 239 del 1 aprile 2014, almeno 15 giorni prima dell’inizio del singolo corso è necessario inviare all’indirizzo ... una mail con indicazione del calendario e delle sedi del corso, per consentire l’attività di vigilanza da parte delle ASL. Alla fine del corso occorre inviare, al medesimo indirizzo di posta elettronica, il verbale finale del corso stesso, che contiene l’elenco dei lavoratori formati. Quanto detto non vale per i corsi di aggiornamento, né per le attività di addestramento.

Un carroponte installato, dove l’INAIL ha conferito il numero di matricola, può essere utilizzato senza che l’ente di controllo abbia eseguito la prima verifica di installazione?

 

Se si tratta di un carroponte nuovo la prima verifica va effettuata prima della scadenza del primo biennio dall’installazione (Allegato VII del D.lgs. 81/08 e DM 11 aprile 2011).

Quali sono le modalità di verifica del noleggiatore circa il possesso di specifica abilitazione degli operatori all’uso delle attrezzature di cui all’articolo 73, comma 5, del D.lgs. 81/08?

 

Il noleggiatore deve acquisire e conservare per tutta la durata del noleggio una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l’indicazione dei lavoratori incaricati dell’uso e che attesti la loro formazione e abilitazione per le attrezzature di cui trattasi.

Un generatore di calore con potenza superiore a 116 kW relativo all’impianto di riscaldamento di un fabbricato ad uso uffici è da considerarsi un attrezzatura di lavoro?

 

La Circolare n. 23 del 13/08/2012 del Ministero del Lavoro, al punto 4 recita testualmente «...alle centrali termiche non necessarie all’attuazione di un processo produttivo [...] non si applicano le disposizioni del DM 11 aprile 2011 ma continua ad applicarsi il DM 1/12/1975", relativo agli impianti di riscaldamento.

In caso di problematica podologica non derivante da infortunio (nel qual caso interverrebbe l’INAIL), alla luce dell’art. 76, comma 2, lettere c e d, del D.lgs. 81/08, i costi della fornitura del plantare ortopedico o dell’adeguamento della scarpa antinfortunistica, che (si dà per inteso) risponda ai requisiti tecnici e sia marchiata CE, alle speciali esigenze del lavoratore sono da imporre in capo al datore di lavoro (previa specifica prescrizione del medico competente o dell’ente pubblico in sede di visita ex art. 5, legge 300/70) o sono a carico del lavoratore?

 

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Si ritiene che gli obblighi derivanti dall’art 15 comma 2 e art. 76 comma 2 lettere c e d siano da intendere nel senso che l’attuazione delle misure di sicurezza (scarpa antinfortunistica adattata alle esigenze ergonomiche del lavoratore) non debbano in nessun caso comportare oneri a carico dei lavoratori.

In caso di cessazione per demolizione, vendita, trasferimento di apparecchi di sollevamento di cose e/o persone ex art. 71 comma 11 e Allegato VII del D.lgs. 81/08, a chi e con quali modalità va fatta comunicazione?

 

Il DM 11/4/2011 recante «Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’Allegato VII del D.lgs. 81/08, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo» (G.U. del 29.4.2011, n. 98, S.O. n. 111) stabilisce che:
[...]
5.3.3. Il datore di lavoro deve comunicare alla sede INAIL competente per territorio la cessazione dell’esercizio, l’eventuale trasferimento di proprietà dell’attrezzatura di lavoro e lo spostamento delle attrezzature.

Vista la Legge 977 del 17.10.1967, così come modificata dal D.lgs. 345/99 e dal D.lgs. 262/00, e le relative circolari esplicative, un minorenne può condurre un carrello elevatore elettrico e partecipare ai relativi corsi di formazione?

 

Il punto 27 dell’Allegato I della Legge 977/67 e smi stabilisce per i minori, tra gli altri, il divieto della conduzione di macchine operatrici semoventi con propulsione meccanica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CANTIERI – TITOLO IV (ARTT. 88-160)

    • Come gestisco il POS nel caso di una società snc con due soci amministratori al 50%, che si occupano di progettazione e gestione del cantiere, nominati come impresa affidataria, che formano una ATI con l’impresa esecutrice delle opere? Ogni ditta dovrà avere il proprio POS? Anche la società in questione che non opera direttamente sul cantiere? Inoltre tale società dovrà comunque avere il proprio RSPP, addetto antincendio, addetto primo soccorso, RLS, il proprio DVR?

 

I soci delle s.n.c. sono equiparati ai lavoratori, pertanto, la s.n.c. deve avere il proprio RSPP, addetto antincendio, addetto primo soccorso e redigere il DVR, ecc. Inoltre, ai sensi dell’art. 96 comma 1, del D.lgs. 81/08, compete anche al datore di lavoro delle imprese affidatarie la redazione del POS.

Dovrei eseguire dei lavori di ristrutturazione che probabilmente comporteranno l’intervento di più imprese. Vorrei sapere se è necessaria la comunicazione all’ASL competente e, in tal caso, le modalità di tale comunicazione ?

 

E’ necessaria la notifica all’ASL e alla DPL ai sensi dell’art. 99 del D.lgs. 81/08, con i contenuti indicati nell’Allegato XII del D.lgs. 81/08. Per le modalità si suggerisce di prendere contatti con l’ASL competente per territorio.

Dovrei seguire la sicurezza per un piccolo cantiere sotto i 100.000 Euro. Ho visto che all’art. 90 comma 11 in caso di lavori non soggetti a permesso di costruire e inferiori ai 100.000 Euro, il CSE svolge anche il ruolo di CSP. Cosa significa in pratica? Il Piano di sicurezza può essere fatto anche dopo l’affidamento dei lavori all’impresa o non va fatto per niente?

 

Se nel cantiere è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non in contemporanea, il committente, nel caso prospettato nella domanda, prima dell’affidamento dei lavori nomina il solo coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Tale soggetto, deve essere in possesso dei requisiti dell’art. 98 del D.lgs. 81/08 e, nel caso specifico, deve ottemperare agli obblighi stabiliti dall’art. 91 a carico del coordinatore per la progettazione e art. 92 a carico del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. Si segnala che il Ministero del Lavoro si è espresso specificando che in questi casi il coordinatore in fase di esecuzione deve essere nominato contestualmente all’incarico di progettazione (Circ. n. 30 del 29 ottobre 2009 e Interpello n. 2/14 del 13.3.2014).

Svolgo la funzione di coordinatore della sicurezza nei cantieri, mi sono sorti dei dubbi in merito all’idoneità tecnico professionale che devono avere:

 

  • le imprese familiari;
  • le società snc dove in cantiere lavorano due o tre soci con pari responsabilità e indipendenza lavorativa, anche decisionale.

 

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Si configurano come imprese e quindi devo richiedere POS, ecc. come da Allegato XV, o come lavoratori autonomi e quindi devo richiedere altri documenti secondo l’Allegato XVII?

In tutti i casi vige l’obbligo a carico del committente o del responsabile dei lavori della verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi con le modalità previste dall’allegato XVII del D.lgs. 81/08.
Nel caso prospettato, le imprese familiari e le imprese snc sono imprese il cui datore di lavoro nel rispetto degli obblighi previsti dall’ art. 96 c. 1 lett. g) deve redigere il POS. La verifica dell’idoneità tecnico professionale di tali imprese deve essere effettuata secondo i contenuti del punto 1 dell’allegato XVII, con l’eccezione del DVR per le imprese familiari.

Nei cantieri è sempre necessaria la presenza di un addetto antincendio e pronto soccorso, sia nel caso che operi un’unica impresa sia nell’ipotesi in cui nel cantiere operino più imprese?

 

Per assicurare un efficace intervento in caso di emergenza nel cantiere deve essere presente personale adeguatamente formato al ruolo di addetto antincendio e pronto soccorso. Eventuali indicazioni potranno essere oggetto di PSC o ricomprese nell’attività di coordinamento svolta dal datore di lavoro dell’impresa affidataria.

In una ATI tra lavoratori autonomi, si deve individuare il soggetto responsabile incaricato per l’assolvimento dei compiti di cui all’art. 97 del D.lgs. 81/08?

 

Per quanto riguarda i compiti dell’art. 97, i soggetti obbligati sono il datore di lavoro e il dirigente. Pertanto, è necessario individuare il soggetto che all’interno dell’ATI ricopre il ruolo di datore di lavoro ed eventualmente chi svolge il ruolo di dirigente.

Con quali modalità più imprese utilizzatrici possono gestire delle attrezzature in comune?

 

La gestione comune dell’attrezzatura da parte di più imprese utilizzatrici deve essere definita dal piano di sicurezza e coordinamento (PSC), redatto dal coordinatore per la sicurezza (art. 91).

Una pubblica amministrazione definisce un importo da destinare per lavori di manutenzione dei propri edifici e interventi di adeguamento di strutture e impianti, cioè opere di diverso tipo ed entità. Indice una gara di appalto per l’affidamento degli interventi ad una ditta in modo da avere un referente per l’esecuzione di tali opere manutentive. Ci saranno casi in cui le opere richiederanno la redazione di un PSC mentre altre, sia per entità sia per tipologia e rischi specifici, no. E’ bene precisare che, al momento, i lavori non sono noti, pur sapendo che si potrebbe avere bisogno di rifare una copertura, come di riparare un semplice wc. Di fronte ad una situazione poco definita, la PA in sede di contratto ritiene doveroso

 

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allegare e fare sottoscrivere anche il PSC. Al momento della sottoscrizione del contratto non è però ancora chiaro che tipo di opera si prevede di eseguire e quindi non ci sono elementi specifici su cui potere capire se necessario fare un PSC e che contenuti debba avere.

Se l’oggetto dell’appalto prevede, tra gli altri, lavori edili per i quali è prevedibile la presenza anche non contemporanea di più imprese devono essere nominati, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, il Coordinatore per la progettazione (CSP) e, prima dell’affidamento dei lavori, il Coordinatore per l’esecuzione dei lavori (CSE). Il CSP, tra gli obblighi previsti a suo carico dall’ art.
91 del D.lgs. 81/08, ha quello della redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). In assenza di alcuni elementi di conoscenza dei lavori in cui la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità delle amministrazioni aggiudicatrici “contratto aperto”, il PSC dovrà essere definito sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili e rinvierà ad un secondo momento, preventivo all’inizio dei lavori, la definizione degli aspetti operativi e organizzativi.

Quali documenti devono essere pretesi ai fini della verifica dell’idoneità tecnico-professionale di un’impresa straniera incaricata di eseguire opere in un cantiere sul territorio nazionale?

 

Per le imprese straniere extra comunitarie sono gli stessi previsti per le aziende italiane dall’Allegato XVII e dall’art. 90, comma 9, del D.lgs. 81/08.
Circa la verifica della regolarità contributiva ci si può riferire all’interpello n. 6/09 del 6.2.2009 e al vademecum del Ministero del lavoro del novembre 2010 sul “distacco dei lavoratori nell’Unione Europea”.
Per la documentazione tecnica specifica, ad esempio :

  • Pos, Pimus, Duvri, verifiche su attrezzature e impianti, ecc.
  • per rischi non considerati nella valutazione generale, e conseguente formazione specifica e sorveglianza sanitaria
  • ed in generale per aspetti non oggetto di norme nel paese d’origine, oppure non presenti fra le attività effettuate dall’impresa nel paese d’origine oppure ancora per rischi riferibili ad attività effettuate solamente in Italia

va fatto riferimento alle norme italiane e quindi vanno redatti i documenti o le integrazioni necessarie.
Circa la documentazione «tecnica» si ritiene che per gli aspetti generali in merito alla valutazione dei rischi, alla formazione, alla sorveglianza sanitaria è possibile che le imprese comunitarie dispongano della documentazione redatta secondo le norme del loro paese (ovviamente tradotte in italiano).

Dovendo progettare in qualità di RSPP di un azienda edile corsi di formazione per lavoratori addetti all’uso di DPI anticaduta per lavori in quota (non lavori sospesi su fune), chiedo se è stato progettato un percorso formativo specifico che preveda argomenti da trattare e durata minima del corso nonché le caratteristiche del docente.

Per l’utilizzo dei DPI anticaduta dei lavori in quota la norma indica l’obbligo di effettuare l’addestramento oltre alle attività di informazione e formazione    ma

 

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non indica tempi e modalità di tali attività. Si suggerisce di definire un programma che tenga conto delle reali ed effettive attività svolte dall’azienda edile in questione.

Qual è la differenza tra DUVRI e POS?

 

Il Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) è previsto dall’art. 26 comma 3 del D.lgs. 81/08 e viene redatto dal datore di lavoro committente in relazione a lavori in appalto e subappalto.
Il piano operativo di sicurezza (POS), previsto dagli articoli 89 e 96 del D.lgs. 81/ 08, contiene la valutazione dei rischi del singolo cantiere edile e deve essere redatto dal datore di lavoro dell’impresa esecutrice.

In un cantiere di allestimento fieristico in cui il Committente non predispone alcun documento di sicurezza (Piano di Sicurezza e Coordinamento o DUVRI) e non richiede alle ditte esecutrici i documenti o il Piano Operativo, si può ritenere idoneo il comportamento dell’impresa affidataria (avente uno o più sub-appaltatori) che comunque applica quanto previsto dall’art. 97 del D.lgs. 81/08?

 

L’impresa affidataria risponde dei propri obblighi e non delle eventuali responsabilità del committente, ma occorre tenere conto che la mancata predisposizione dei documenti di coordinamento da parte del committente può avere riflessi importanti sulla sicurezza delle imprese affidatarie e sub affidatarie. Pertanto, l’impresa affidataria deve esigere dal committente la predisposizione del PSC e/o del DUVRI nei casi in cui tali documenti sono obbligatori.
E’ bene ricordare che le attività di allestimento fieristico sono considerate cantiere e quindi si applica il Titolo IV capo I del D.lgs. 81/08, se non ricorrono le condizioni di esclusione di cui all’articolo 6 comma 3 del Decreto Interministeriale 22.07.2014.

Quando le caratteristiche di un ponteggio metallico rispettano quanto indicato nel Libretto delle Istruzioni del Fabbricante è necessario procedere alla stesura del PIMUS?

 

Sì, il Piano di montaggio uso e smontaggio ponteggi (PIMUS) deve essere redatto in tutti i casi di montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteggi metallici.

3.14 Quali tipi di sistemi di recupero di un infortunato o di una persona colpita da malore sono previsti per i ponteggi già realizzati e di
conseguenza dichiarati agibili?

L’evacuazione dal ponteggio e da altri punti del cantiere, anche di persone infortunate o colpite da malore, deve essere definita nell’ambito del piano di emergenza, che deve indicare, caso per caso, le modalità e i mezzi concretamente applicabili alla situazione del cantiere (art. 45).

A quale normativa risultano soggetti i ponteggi a piani auto sollevanti?

 

Con circolare del Ministero del Lavoro n. 39 del 15 maggio 1980, su conforme

 

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parere della Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro - i ponteggi a piani auto sollevanti (non i ponti sviluppabili) sono stati considerati soggetti alla disciplina autorizzativa di cui all’art. 30    del
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164. In passato quindi sono stati nel tempo autorizzati dal Ministero del Lavoro come ponteggi e ad essi sono state applicate le norme previste per i ponteggi metallici fissi.
Non vi è dubbio invece che si tratti di macchine soggette alla Direttiva Macchine (oggi recepita con il D.lgs. 17/10) e al titolo III del D.lgs. 81/08.
Il Ministero è nuovamente intervenuto sulla questione con la circolare 30 del 3/ 11/2006 nella quale si legge “Per ciò che riguarda altre attrezzature, quali ponti su cavalletti di altezza non superiore a metri 2, ponti sospesi, ponteggi a piani di lavoro auto sollevanti e ponti a sbalzo, questo Ministero è dell’avviso che non trovano attuazione né le norme relative al Pi.M.U.S. né quelle relative alla formazione di cui al citato Accordo del 26 gennaio 2006”.
D’altra parte la disciplina richiamata contenuta nel D.lgs. 81/08 si riferisce oggi ai
c.d. ponteggi fissi.
In conclusione, si ritiene che i c.d. ponteggi a piani sollevati siano da considerare attrezzature di lavoro disciplinate dal titolo III del D.lgs. 81/08, soggette alla direttiva macchine, devono essere installati conformemente alle istruzioni d’uso del fabbricante, da parte di lavoratori per i quali è richiesta una specifica informazione, formazione e addestramento (art. 73), e tali attrezzature devono essere sottoposte a verifiche periodiche (art. 71, comma 11 e allegato VII).

Un committente richiede la realizzazione di una serie di ponteggi che saranno utilizzati da ditte terze. Quali documenti dovranno essere consegnati alle ditte utilizzatrici per la cessione in uso dei ponteggi?

 

Il documento che deve «accompagnare» il ponteggio durante tutte le fasi di montaggio, uso, modifica e smontaggio si chiama PIMUS ed è previsto dall’art. 134 del D.lgs. 81/08.

In un cantiere di opera pubblica, con lavorazioni affidate ad un unica impresa, è stato redatto il piano di sicurezza sostitutivo. Successivamente, è stato autorizzato un subappalto e le imprese sono diventate 2. L’ente quindi nomina il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione. A questo punto, il coordinatore deve:

  • verificare la completezza del pss e aggiungere la stima degli oneri della sicurezza;
  • fare un PSC ex novo?

La ditta che aveva preparato il PSS, deve trasmettere anche il POS?

Deve redigere il PSC di cui è responsabile. Nel fare ciò può evidentemente tenere conto del PSS già redatto (e quindi assumerlo in tutto o in parte a secondo del giudizio che ne dà). L’impresa deve comunque redigere il proprio POS che dovrebbe avere, ex Allegato XV, contenuti diversi rispetto al PSS.

Sono validi i corsi di aggiornamento per CSP e CSE di cui al D.lgs. 81/08, Allegato XIV, erogati in modalità FAD?

 

 

 

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La questione della validità della FAD è controversa, si può ritenere che quando il legislatore ha voluto prevedere questo tipo di modalità formativa lo ha  espressamente indicato. Ad esempio, per i corsi di aggiornamento per RSPP, l’Accordo del 26/1/2006, punto 3, ha stabilito che gli stessi possano essere effettuati anche con modalità di formazione a distanza. Per quanto attiene i corsi di aggiornamento per CSE e CSP, l’allegato XIV al D.lgs. 81/08 invece non fornisce tale indicazione ma stabilisce che l’aggiornamento può essere svolto anche attraverso la partecipazione a convegni e seminari con un numero massimo di 100 partecipanti. In definitiva, per i corsi di aggiornamento per CSP e CSE il legislatore non ha indicato la modalità FAD.

Nelle organizzazioni mediamente complesse il Datore di Lavoro delega (seguendo l’art. 16) le attività, tra cui i compiti dell’art. 97, al Delegato (normalmente il Direttore di Cantiere). In cantieri di una certa dimensione o quando si hanno più cantieri da seguire il Delegato si fa “aiutare” dal “preposto” per il controllo delle ditte terze art. 97: verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento, nonché il coordinamento degli interventi di cui agli art. 95-96. Il “preposto” nella ns. organizzazione esegue, oltre ai compiti disciplinati dagli art. 19-96, i controlli sulle ditte terze esecutrici “in nome e per conto ” del Delegato senza la formalizzazione scritta di tale incarico. È necessario formalizzare il ruolo di controllo da parte dei “preposti” sulle ditte terze (compito del DL da noi delegato al Dirigente con procura notarile)?

 

Gli obblighi di cui all’art. 97 sono posti a carico di datore di lavoro e del dirigente.
Gli obblighi del Datore di lavoro possono essere trasferiti con delega
(ed eventuale subdelega) a persona competente nelle forme dell’art. 16. Il soggetto delegato risponde nel suo ruolo di datore di lavoro
delegato. Il preposto, ancorché menzionato nel comma 3 ter dell’art. 97, non è destinatario dell’obbligo specifico, ma può essere investito, nell’ambito aziendale, con semplice ordine di servizio, di compiti operativi a supporto dell’azione del dirigente e del datore di lavoro che rimangono responsabili dell’obbligo.

Porgo una domanda in merito alla trasmissione della notifica preliminare all’amministrazione concedente ex art. 90 comma 9 lettera c del D.lgs. 81/08: il Committente/Responsabile dei lavori ha l’obbligo di inoltrare all’ufficio tecnico comunale sia la notifica effettuata prima dell’inizio dei lavori sia tutti gli aggiornamenti della notifica effettuati in corso d’opera? oppure è sufficiente protocollare solamente la prima notifica, prima dell’inizio delle opere?

 

L’art. 90, comma 9 stabilisce che il committente o il RdL “trasmette all’amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, copia della notifica preliminare di cui all’articolo 99”.
L’articolo 99 invece stabilisce che «Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio dei lavori, trasmette all’Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare

 

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elaborata conformemente all’ALLEGATO XII, nonché gli eventuali aggiornamenti
...»
Quindi letteralmente di aggiornamenti si parla solo nell’art. 99 in relazione all’invio della notifica e per l’appunto dei suoi aggiornamenti all’Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti.
Tuttavia, si ritiene opportuno trasmettere anche all’amministrazione concedente copia delle modifiche alla notifica.

Le Linee Vita in Piemonte sono obbligatorie?

 

Il riferimento è la Legge Regionale 14 luglio 2009, n. 20 «Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica» (BURP 16 luglio 2009, n. 28) che, all’art. 15 (Norme in materia di sicurezza), introduce, in fase di ampliamento o ricostruzione degli edifici, l’obbligo di prevedere dispositivi utili a garantire la sicurezza in fase di manutenzione ordinaria e straordinaria del manufatto in tempi successivi all’ultimazione dello stesso. Sono fatti salvi tutti gli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia di sicurezza.
La Regione Piemonte con la modifica all’art. 15 della LR 20/09, disposta con l’art. 86 comma 14 della LR n. 3 del 25.3.2013 – BURP 28 marzo 2013, n. 13, ha disposto l’obbligo di installazione di apprestamenti di prevenzione di tipo permanente in dotazione all’opera:

  1. per le nuove costruzioni con tetti con altezza in gronda superiori ai 3 metri
  2. per gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione che interessino una copertura (con altezza in gronda maggiore di 3 metri) che comportino interventi strutturali.

In caso di effettuazione di soli lavori di manutenzione ordinaria non è obbligatoria l’installazione di apprestamenti permanenti.
La legge regionale entrerà in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione del “regolamento tecnico” che definirà le modalità attuative e i dettagli tecnici per l’installazione dei dispositivi permanenti.
Da quanto sopra esposto, risulta che, al momento, l’obbligo generale di installare i dispositivi permanenti, seppur vigente, non è ancora operante in quanto non è stato ancora emanato il “regolamento tecnico”, ma vige comunque l’obbligo di garantire che tutti i lavori in quota o svolti sulle coperture, anche i più piccoli e brevi, debbano avvenire garantendo adeguate condizioni di sicurezza per gli addetti.

Chi deve progettare le Linee Vita?

 

La progettazione della configurazione del sistema di ancoraggio e la verifica della idoneità strutturale alle forze di carico trasmesse da tale sistema alla struttura di supporto, compete ad un professionista abilitato.

Chi può montare le Linee Vita?

 

Un installatore in possesso di idoneità tecnico professionale, secondo l’art. 90 comma 9 e allegato XVII del D.lgs. 81/08, che, per la parte di propria competenza (seguendo il progetto), ne risponde ai sensi dell’art. 24 del decreto stesso.

Chi deve verificare le Linee Vita?

 

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La verifica finale fa parte della corretta installazione e quindi è di competenza dell’installatore. Sulle verifiche successive occorre fare riferimento alle indicazioni fornite dal costruttore nelle istruzioni d’uso.

I requisiti professionali del coordinatore progettazione ed esecuzione dei lavori, richiesti dall’art 98 - titolo di studio e esperienza lavorativa - sono da considerarsi alternativi tra loro oppure devono esistere entrambi?

 

Il coordinatore deve possedere entrambi i requisiti.

In un’opera pubblica di sistemazione urbana (pavimentazioni stradali, illuminazione pubblica e arredo urbano) in cui sono professionista esterno nominato Direttore dei Lavori e CSE, la Stazione Appaltante mi ha richiesto la redazione del DUVRI da affiancare al già redatto PSC, per far fronte a quanto previsto dall’art. 26 comma 3 del D.lgs. 81/08. A tal proposito avrei una serie di quesiti da porre:

Il DUVRI non è un documento che eventualmente dovrebbe essere consegnato al CSE e non da lui redatto?
Anche se fosse effettivamente il CSE a dover/poter redigere il DUVRI, che tipo di interferenze esso dovrebbe contemplare?
Le interferenze derivanti dall’ingresso in cantiere delle ditte addette alla manutenzione ordinaria? Tali interferenze sono attualmente gestite nel cantiere in oggetto con specifiche riunioni di coordinamento e relativi verbali che sanciscono di volta in volta le regole e le procedure da seguire nel corso dell’esecuzione.
Le interferenze derivanti dall’ingresso in cantiere del RUP per eventuali sopralluoghi? Ma essendo la supervisione dei cantieri una delle mansioni ordinarie proprie dei RUP, tali rischi non dovrebbero già essere contemplati all’interno del DUVRI già redatto dall’Amministrazione Pubblica?
Un’ultima considerazione mi porta a pensare che se si dovesse effettivamente redigere un DUVRI per ogni cantiere di opere stradali, ci si troverebbe in presenza di una molteplicità di DUVRI relativi alla medesima Amministrazione Pubblica facendo così venire meno il requisito di unicità che tale documento dovrebbe avere.
Vi chiedo pertanto cortesemente un chiarimento relativamente alla necessità di DUVRI all’interno dei cantieri temporanei di opere stradali e in merito all’obbligo di redazione del medesimo da parte del CSE.

La redazione del DUVRI non è compito del CSP/CSE, ma del datore di lavoro committente. Se le attività del cantiere interferiscono con altre attività in appalto il DUVRI dell’amministrazione deve essere aggiornato anche con la collaborazione del CSE, ma sempre da parte del datore di lavoro committente per la parte di sua competenza. Eventualmente il CSE potrebbe dover aggiornare il PSC in ragione dell’attività di coordinamento con le attività extracantieristiche interferenti.

Vi chiedo un chiarimento relativo ai corsi di aggiornamento di 40 ore per coordinatori della sicurezza nei cantieri. Se l’attestato di aggiornamento effettuato risale al 2011, il quinquennio per il prossimo

 

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aggiornamento scade nel 2016 o in ogni caso la data di riferimento è il 15 maggio 2013 e quindi la scadenza è il 2018?

Il primo quinquennio decorre dall’entrata in vigore del decreto 81 per chi era già abilitato, mentre decorre dalla data di abilitazione per quelli che hanno ottenuto tale abilitazione dopo l’entrata in vigore del decreto (15 maggio 2008). Il quinquennio successivo al primo decorre dalla scadenza del primo.

Dobbiamo eseguire dei lavori di impermeabilizzazione di un fabbricato per civile abitazione, il cui tetto è piano senza parapetti con accesso da cassa di scale, al quinto piano. La impresa aggiudicataria del lavoro, come abbiamo scoperto è una ditta individuale senza iscrizione alla cassa edile. Ci risulta che provvede ad assumere persone solo per gli appalti che si aggiudica, senza averne di fissi.

Come possiamo tutelarci? Quali documenti dobbiamo richiedere?

Per gli aspetti di iscrizione alla cassa edile può rivolgersi direttamente a loro. Per i lavori edili dovrà essere effettuata la verifica dell’idoneità tecnico professionale secondo i contenuti dell’art. 90 comma 9 e dell’allegato XVII del D.lgs. 81/08, che riportano una guida dettagliata degli adempimenti a carico del committente. Nel caso specifico, in relazione all’entità dei lavori occorre innanzitutto verificare se l’intervento sarà eseguito dal solo titolare o anche da lavoratori terzi, nel primo caso il soggetto sarebbe un lavoratore autonomo, nel secondo si configurerebbe un’impresa con relativi obblighi.

All’entrata in vigore del D.lgs. 494/96 svolgevo da oltre 5 anni le funzioni necessarie per avere i requisiti di CSE e CSP, al 15 maggio 2013 scadono i termini per l’aggiornamento quinquennale; ho letto sul sito dell’Ordine Architetti di Torino che fino al completamento delle 40 ore successivamente al 15 maggio sono sospese le funzioni e vorrei sapere se  è corretta questa indicazione.

 

Sicuramente dopo il 15/5/13, in assenza del prescritto aggiornamento, il soggetto non può accettare incarichi di CSP/CSE e cessa dagli incarichi in corso. In ordine al recupero di tali crediti la norma tace e vi sono
interpretazioni diverse da parte di ordini e collegi professionali.
Al momento si può solamente segnalare che, in riferimento all’analogo obbligo di aggiornamento richiesto per il ruolo di ASPP/RSPP, l’Accordo tra il
Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,
Repertorio Atti n. 153/CSR del 25/7/2012 ha previsto che tali soggetti possano recuperare l’operatività completando, sia pure in ritardo, l’aggiornamento richiesto. Sebbene tale norma non sia direttamente applicabile ai CSE/CSP, la stessa può fornire, per analogia, un quadro dell’orientamento sin qui seguito (a tal proposito si veda l’Interpello del Ministero del Lavoro n. 17/2013).

In un cantiere edile un’impresa può far lavorare delle persone con contratto di prestazione occasionale per lavori di manovalanza senza attestati di formazione?

 

 

 

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Fatta salva la regolarità del rapporto di lavoro per la quale si rimanda alla direzione provinciale del lavoro, i lavoratori in questione rientrano nella definizione di cui all’art. 2 del decreto 81/08, pertanto, nei confronti degli stessi devono essere assicurate dal datore di lavoro tutte le tutele previste, compresa una adeguata informazione, formazione e, quando previsto, addestramento in materia, nonché la sorveglianza sanitaria.

In un nostro cantiere in provincia di Torino, in cui stiamo ultimando una palazzina di due piani, durante la costruzione del tetto è stata posata una linea vita sul colmo. Vorrei sapere se possiamo procedere ad installare i pannelli solari (una giornata circa di lavoro con due operatori), avvalendoci soltanto della linea vita o se dobbiamo realizzare un ponteggio con parapetto ?

 

Nel tentativo di fornire una risposta completa al quesito posto, è corretto analizzare di seguito gli obblighi del datore di lavoro dettati dal D.lgs. 81/08 e smi in relazione ai lavori temporanei da svolgere in quota, citati nel Titolo IV, capo 2.
Il primo riferimento è quello all’art. 111 comma 1, che, nel caso di lavori temporanei in quota, prevede un obbligo di “scelta” in capo al datore di lavoro delle attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere (nel tempo) condizioni di lavoro sicure. L’attività di “scelta” è evidentemente subordinata ad un processo di valutazione dei rischi che tenga conto dei criteri dettati nelle lettere A e B seguenti, ovvero della priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale (A) e alle dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti (… B).
La prima osservazione è che la normativa attribuisce alle misure di protezione collettiva (come già indicato nelle misure generali di tutela dell’art. 15 comma 1 lettera I) un “valore“ di sicurezza maggiore rispetto alle misure di protezione individuale, tanto da considerare l’adozione delle prime prioritaria rispetto alle misure di protezione individuali. In poche parole nei lavori in quota, la normativa afferma che nella “valutazione del rischio” bisogna dare priorità all’utilizzo di ponteggi o parapetti provvisori piuttosto che a imbracature di sicurezza collegate a idonei punti di ancoraggio. La scelta in favore ai dispositivi di protezione collettiva per i lavori in quota è anche dettata dalle disposizioni dettate dall’art. 148 del decreto, relativamente ai lavori “speciali” da eseguire sulle coperture.
Nonostante questo principio, si ritiene che non possa comunque essere esclusa la possibilità di utilizzo di misure di protezioni individuali per i lavori in quota, in quanto espressamente previste dall’art. 115 comma 1, laddove viene indicato che quando nei lavori in quota non sono state adottate misure di protezioni collettive, è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione individuale. Estrema applicazione di questa “deroga” si ha appunto con le disposizioni concernenti l’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi.
Si segnala che l’impiego di dispositivi di protezioni individuali contro le cadute dall’alto, è comunque subordinato al possesso di requisiti specifici quali ad esempio, quelli di formazione ed addestramento ed idoneità degli addetti con predisposizione di procedure da adottare anche in caso di emergenza e di soccorso. Si consideri altresì che l’evoluzione normativa di varie regioni italiane, tra le quali la Toscana, il Veneto, la Lombardia, la Sicilia, l’Umbria, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino e la Provincia di Bolzano, ecc. compresa la Regione Piemonte

 

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con la modifica alla LR 20/2009, con l’obiettivo di tutelare i lavoratori che operano in quota, hanno, con disposizioni diverse, previsto l’adozione di misure di protezione in dotazione all’opera da utilizzare proprio con l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali. Per la Regione Piemonte i requisiti delle misure di protezione in dotazione all’opera, anche per la realizzazione di impianti con pannelli per la produzione di energia da fonti rinnovabili, sono demandati ai contenuti del Regolamento, attualmente non ancora pubblicato. L’evoluzione tecnica degli ultimi anni inoltre, ha portato sul mercato la disponibilità di vari tipi di soluzioni per la protezione degli addetti ai lavori in quota, quali punti di ancoraggio, linee vita, funi, dispositivi retrattili, imbracature, assorbitori di energia, ecc. costruiti in adempimento alla normativa tecnica specifica.
Tornando al processo di valutazione dei rischi citato, si demanda, in conclusione, l’adozione delle corrette misure di prevenzione e protezione contro il rischio di caduta dall’alto, alle scelte del datore di lavoro per ciascun singolo caso, considerando appunto le priorità dettate dall’art. 111 comma 1 A, ma anche, ad esempio, la durata dell’intervento (limitato tempo di esposizione), lo stato di formazione, di abilitazione e di idoneità dei propri lavoratori, le misure di protezione presenti sull’edificio e le sue caratteristiche (tipologia copertura, pendenze, ecc) e la possibilità di adozione di adeguate misure da adottare in caso di emergenza. (Nel caso di specie, ad esempio, la soluzione prospettata potrebbe non essere adeguata se la linea di ancoraggio fosse stata progettata solo per l’utilizzo da parte di un numero di lavoratori inferiore a quello richiesto per la posa dei pannelli e per le misure di emergenza).
Qualora sussistessero tutte le condizioni favorevoli sopraindicate, l’utilizzo delle linee vita e dei punti di ancoraggio sulla copertura per l’installazione dei pannelli fotovoltaici potrebbe ritenersi giustificato in vece di altri sistemi, ovviamente il processo di valutazione dovrà essere esplicitato nel piano operativo di sicurezza, redatto per i lavori in esame.

Chi ha regolarmente svolto un corso per addetti al montaggio/ smontaggio/trasformazione ponteggi, può essere esonerato alla formazione e addestramento per l’utilizzo dei DPI di III categoria contro le cadute dall’alto (Art. 77 c. 5 D.lgs. 81/08)?

 

Si ritiene che il corso per ponteggisti non esoneri il datore di lavoro
dall’obbligo di far fare addestramento sull’uso dei DPI anticaduta. I soggetti sono diversi, le procedure, le attrezzature e le circostanze possono essere diverse. Ciononostante il datore di lavoro potrà considerare il possesso del requisito formativo quale elemento di base per definire il programma dell’addestramento.

La rimozione di una copertura in cemento-amianto di un fabbricato industriale può avvenire lavorando in fune, con linee vita appositamente installate, senza predisporre ponteggi perimetrali, parapetti di protezione e reti anticadute in corrispondenza dei lucernari?

 

Per il caso di specie, vige l’obbligatorietà di adozione di sistemi di protezione collettiva per la protezione contro il rischio di caduta dall’alto, sia verso l’interno (reti,...) che verso l’esterno (ponteggi, parapetti provvisori) e solo in caso di dimostrata impossibilità di adozione dei dispositivi di cui sopra, potranno adottarsi linee vita o altri adeguati punti di ancoraggio per DPI anticaduta.  Diverso è    il

 

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discorso relativamente alla possibilità di l’utilizzo di linee vita o altri sistemi analoghi per piccole opere di manutenzione successive alla costruzione dell’edificio.

Lo scorso anno ho redatto il PSC per il rifacimento del tetto di un fabbricato di civile abitazione; il fascicolo allegato era già comprensivo delle schede riguardanti gli interventi futuri di manutenzione del fabbricato, con obbligo a carico del Committente di aggiornare lo stesso fascicolo in occasione di quegli interventi futuri.

Ora costui deve procedere con la ristrutturazione per cui sto elaborando un nuovo PSC.
La domanda è: posso omettere la redazione di un nuovo fascicolo visto che è presente quello per l’intervento dello scorso anno? In caso affermativo devo preoccuparmi, in qualità di CSP e CSE, che il Committente provveda al suo aggiornamento?

L’allegato XVI specifica chiaramente che «Per interventi su opere esistenti già dotate di fascicolo e che richiedono la designazione dei coordinatori, l’aggiornamento del fascicolo è predisposto a cura del coordinatore per la progettazione»

In riferimento all’ obbligo di prevedere specifiche misure di sicurezza per l’accesso, il transito e l’esecuzione dei lavori in copertura, è previsto, ai sensi dell’art. 115 del D.lgs. 81/08 - Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto, quanto segue:

  1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all’articolo 111,comma 1, lettera a), è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione idonei per l’uso specifico composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, conformi alle norme tecniche, quali i seguenti:
  2. assorbitori di energia;
  3. connettori;
  4. dispositivo di ancoraggio;
  5. cordini;
  6. dispositivi retrattili;
  7. guide o linee vita flessibili;
  8. guide o linee vita rigide;
  9. imbracature.
  10. Comma abrogato dall’art. 115 del D.lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
  11. Il sistema di protezione deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita,a parti stabili delle opere fisse o provvisionali.
  12. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.

Si chiede se la norma prevede la possibilità che questi dispositivi (ganci di ancoraggio,linee vita ecc) invece che avere la marcatura CE possano essere conformi a un progetto di un tecnico qualificato es. ingegnere e/ o architetto?

Il problema è complesso, ma può essere riassunto in questi termini:

 

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  1. i dispositivi di ancoraggio NON destinati ad essere incorporati permanentemente nelle opere di costruzione (cioè quelli portatili) e aventi la funzione di salvaguardare la persona da rischi per la salute e la sicurezza, sono da considerarsi come DPI , come tali debbono recare la certificazione CE del costruttore, ai sensi del D.P.R. 475/92;
  2. i dispositivi di ancoraggio destinati ad essere incorporati permanentemente nelle opere di costruzione (e quindi non indossabili e non portatili) non rientrano nella definizione di DPI e non rientrano nella normativa D.P.R. 475/92; questi dispositivi rientrerebbero nel campo di applicazione del regolamento UE n° 305/ 2011 sulla commercializzazione dei prodotti da costruzione e come prodotti da costruzione, marcati CE.

Si fa presente che il regolamento prevede delle deroghe per la marcatura CE dei prodotti da costruzione qualora siano stati fabbricati in un unico esemplare, non in serie : in questo caso si ricade nell’obbligo di sottoporre il proprio operato in fase produttiva alla sorveglianza ed alla responsabilità del direttore dei lavori del cantiere. Occorrerà non solo seguire un progetto preciso da parte di un professionista abilitato ma bisognerebbe anche redigere un manuale di istruzioni ed uso e di manutenzione che verosimilmente entrerà a far parte del fascicolo tecnico delle opere.

Come ci si deve comportare in un cantiere temporaneo all’interno del quale alcune lavorazioni vengono affidate ad un impresa di un paese UE. Quale documentazione si deve chiedere al fine della verifica dell’idoneità tecnico-professionale? E’ obbligatorio tradurre il Piano di Sicurezza e Coordinamento affinché possano produrre un Piano Operativo di Sicurezza?

 

L’azienda straniera operando in Italia assume tutti gli obblighi della
normativa italiana e di conseguenza deve essere in grado di dimostrare il possesso dei requisiti dell’allegato XVII del D.lgs. 81/08.
Per quanto riguarda la lingua del PSC  non vi è l’obbligo di tradurlo, ma
vi è la necessità che lo stesso sia utilizzabile dall’impresa. Se conoscono l’italiano non c’è problema, altrimenti sarà necessario avere un mediatore linguistico che possa tradurlo e possa garantire il raccordo anche rispetto al POS e ai verbali di coordinamento.

Se vengono apportate sostanziali variazioni ad un PSC da un professionista diverso rispetto a chi ha redatto la prima versione, prima dell’apertura del cantiere, occorre nominare un nuovo Coordinatore in fase di progettazione o è sufficiente che il Coordinatore in fase d’esecuzione apporti dette modifiche?

 

Il ruolo del CSP termina con la richiesta di presentazione delle offerte da parte delle imprese, mentre prima dell’affidamento dei lavori alle imprese deve essere nominato il CSE. Tra i compiti del CSE vi è anche quello di adeguare il PSC.

In generale le imprese edili devono redigere il DVR come ogni altra azienda, mentre il POS viene redatto per lo specifico cantiere. In occasione dell’avvio di un cantiere, è sufficiente richiedere alla ditta il POS o comunque bisogna chiedere anche il DVR?

 

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In fase di verifica dell’idoneità, il committente richiede e verifica il DVR. Prima dell’inizio dei lavori, il coordinatore richiede e verifica il POS.

Nel caso di piccoli interventi di manutenzione del tetto (tegole, camini, antenne, ecc.) si deve fare riferimento solo alla legge 81/08 o si deve adempiere ad altre prescrizioni?

 

Per la manutenzione ordinaria del tetto e per le opere da svolgere in edilizia libera, non vige l’obbligo previsto dalla Legge Regionale 3/13 di predisporre specifiche misure di prevenzione in dotazione all’opera sulla copertura, quali dispositivi di ancoraggio puntuali, linee vita, passerelle ecc., misure che sono funzionali alla manutenzione ordinaria ma che diventano obbligatorie solo per lavori di nuova costruzione, restauro, risanamento conservativo con opere strutturali su coperture con altezza di gronda maggiore ai 3 metri. Persiste ovviamente l’obbligo di effettuare tutti i lavori, anche i più piccoli e anche solo l’ispezione del tetto adottando tutte le misure di sicurezza previste dal Decreto 81/08. Il D.lgs. 81/08 affida al datore di lavoro, ma anche al lavoratore autonomo, degli obblighi sulla sicurezza sul lavoro per i quali sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare gli addetti, ad esempio, per quanto riguarda il rischio di caduta dall’alto. L’obbligo del piano operativo di sicurezza vige in capo al datore di lavoro e alle imprese familiari ma non ai lavoratori autonomi. Tale documento è obbligatorio solo per i lavori che rientrano nell’allegato X del D.lgs. 81/08 nell’elenco di lavori edili e ingegneria civile citati.

Un’impresa individuale, che non ha dipendenti a libro paga, che ingaggia una cooperativa per lavori stagionali, deve ottemperare agli obblighi di compilazione del DUVRI?

 

L’obbligo del DUVRI è posto a carico del datore di lavoro committente. Se il committente non è un datore di lavoro l’obbligo non si applica.

Spesso si verificano situazioni lavorative che prevedono l’intervento di una pluralità di lavoratori autonomi, che alla fine dipendono da un titolare. Si possono considerare dal punto di vista della sicurezza «imprese di fatto» e quindi richiedere tutta la documentazione di un’impresa con dipendenti?

 

Fatte salve le competenze della DTL circa la regolarità dei contratti di lavoro, l’impresa di fatto per definizione non prevede formalizzazione della sua costituzione, nonostante ciò i soci delle società anche di fatto sono equiparati ai lavoratori e, di conseguenza, sorgono tutti gli obblighi previsti dal Decreto 81/08.

Vorrei un chiarimento circa la normativa per i lavori in quota. Nello specifico si devono sostituire delle tegole in una zona del tetto e sistemare degli esalatori in un condominio vecchio di 15 anni. Poiché mi sono state fornite indicazioni diverse, dalle due imprese che ho contattato per far eseguire il lavoro, vorrei capire se esiste l’obbligo d’installazione di ponteggi?

 

 

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Se è possibile realizzare il lavoro dall’interno della piattaforma (alla quale l’operatore deve essere vincolato con idoneo sistema anticaduta) senza mai accedere al tetto e se è possibile eliminare con altri mezzi il rischio di caduta dei materiali dall’alto, la risposta è sì.

Allo stato attuale qual é il periodo di validità del DURC per un cantiere di committenza privata?

 

L’art. 31, comma 5, del D.L. 69/2013, convertito nella Legge 98/2013, entrata in vigore il 21 agosto 2013, interviene sulla validità temporale del DURC stabilendo che il Documento è valido per la durata di 120 giorni dalla data del suo rilascio. Sino al 31 dicembre 2014, la durata di 120 giorni di validità del DURC è estesa anche ai lavori edili per i soggetti privati (art. 31 comma 8 sexies D.L. 69/13).

Per le attività di manutenzione del verde in ambito pubblico e privato (sfalcio erba, piantumazione, taglio e potatura alberi) siamo in ambito di applicazione del Titolo IV Cantieri temporanei o mobili del D.lgs. 81/08 ed è quindi obbligatoria la redazione del POS?

 

Il campo di applicazione del Titolo IV non comprende la manutenzione di aree verdi ma solo le opere di sistemazione forestale e di sterro (limitatamente alla parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile).

In qualità di CSP e CSE devo occuparmi della completa demolizione di un fabbricato civile a due piani fuori terra più il sottotetto. Premesso che l’art. 155 del D.lgs. 81/08 vieta le demolizioni a macchina per “rovesciamento” (a tiro o a spinta) di strutture con altezza superiore a 5 metri, è corretto che l’impresa demolisca la parte di fabbricato sopra i 5 metri con una pinza idraulica oppure è obbligatorio demolire quella porzione esclusivamente con attrezzi manuali?

 

Di norma le attività di demolizione con uso di pinza idraulica non prevedono la demolizione per rovesciamento e, pertanto, non sono soggette alle limitazioni dell’art. 155 del D.lgs. 81/08.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SEGNALETICA DI SICUREZZA, MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI, VIDEOTERMINALI – TITOLI V,VI, VII (ARTT. 161-180)

    1. Come devono essere etichettate le tubazioni visibili che servono a contenere o trasportare sostanze pericolose utilizzate nei luoghi di lavoro in considerazione dell’entrata in vigore del regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging) sulla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e miscele pericolose?

 

L’Allegato XXVI del D.lgs. 81/08, che indica le prescrizioni per la segnaletica dei contenitori e delle tubazioni contenenti sostanze o preparati pericolosi, già prevede, nel richiamo alle successive modifiche e integrazioni alla normativa di settore, l’applicazione del Regolamento CLP. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota Prot. 14877 del 30/06/11 ha impartito le prime indicazioni esplicative in merito alle implicazioni dei regolamenti europei sulla “chimica”, tra cui il Regolamento CLP, nell’ambito della normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Titolo IX del D.lgs. 81/08, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “ Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”). Dal 1° giugno 2015, essendo entrato a regime il regolamento CLP, la segnaletica di sicurezza deve essere conforme a tale regolamento.

Considerato che nel D.lgs. 81/08 si fa riferimento a molteplici metodologie per la valutazione dei rischi da MMC, è corretto interpretare che tali metodi non siano obbligatori ma che l’azienda possa utilizzare solo i fattori che sono indice di rischio nella movimentazione e analizzare quelli senza ricorrere obbligatoriamente a NIOSH, MAPO o altro?

 

Secondo quanto previsto dal Titolo VI del D.lgs. 81/08, il DL valuta le situazioni di rischio in materia di MMC e adotta le conseguenti azioni di prevenzione tenendo conto delle indicazioni di cui all’Allegato XXXIII. Il ricorso a buone prassi e a linee guida non è un obbligo tassativo ma, come indicato dall’art. 168, comma 3 del Decreto 81/08, un semplice criterio di riferimento.

È corretto eseguire la valutazione dei rischi per soggetti “giovani” e “anziani” considerando per loro una massa di riferimento specifica (maschi: 20 kg - femmine: 15 kg) ridotta rispetto a quella standard? Oppure è preferibile non eseguire per queste categorie una valutazione del rischio specifica e tenere conto dell’invecchiamento individuale unicamente nell’ambito della formulazione del giudizio di idoneità da parte del medico competente?

 

Nell’ambito della valutazione dei rischi, si ritiene opportuno prevedere per questi soggetti l’attivazione di misure di tutela, a partire da indici di sollevamento più bassi rispetto agli altri. Si ritiene altresì che i valori limite di sollevamento per età e sesso vadano intesi, secondo lo schema seguente:
maschi 18-45 anni: 25 kg
maschi <18 o >45 anni: 20 kg
donne 18-45 anni: 20 kg
donne <18 o >45 anni: 15 kg

 

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(In conformità a quanto stabilito dall’Allegato A1 del Tecnical Report ISO TR 12295:2014)
Le masse di riferimento possono essere considerate come il peso massimo sollevabile in condizioni ideali. Chiaramente questi limiti vanno pesati per le condizioni di sollevamento e per frequenza e durata, secondo le indicazioni del NIOSH (Lifting equation). Il superamento di tali pesi durante i sollevamenti, anche occasionali, è un indicatore della possibile presenza di criticità nelle operazioni svolte: in queste condizioni non può essere assicurata la protezione per almeno il 90% della relativa popolazione di riferimento. Si noti che sia nello standard ISO 11228-1 che nella norma UNI EN 1005-2 tali masse di riferimento non sono considerate come limiti invalicabili bensì come indicatori di protezione minima delle varie popolazioni. Infatti, masse superiori anche ai 25 Kg sono elencate per popolazioni lavorative definite particolari: in queste condizioni, peraltro frequenti in certe mansioni (ad esempio, le operazioni di manutenzione ordinaria e/o straordinaria…), risulta necessario ricorrere a diverse misure per mantenere sotto controllo il livello di rischio (es. ausili, procedure organizzative, formazione, sorveglianza sanitaria, ecc…). Rimane comunque inalterato il concetto che il superamento di tali soglie diviene un indice importante di situazione a rischio.

Le azioni di sollevamento gravose svolte con l’intervento di 2 addetti, che sono piuttosto frequenti, non sono trattate dalla ISO 11228. In tal caso, è corretto eseguire la valutazione utilizzando l’equazione 4.3.3.3.2.1 della EN 1005-2, o l’equazione A.7.2 della ISO 11228-1, che tengono conto di questi aspetti specifici?

 

Mentre l’originale formula del NIOSH non prevede moltiplicatori aggiuntivi nel caso in cui il sollevamento venga effettuato da 2 operatori, sia la norma EN 1005- 2 che lo standard ISO 11228-1 (per quanto indicato nell’Allegato A.3.3) prevedono interventi correttivi degli indici di sollevamento quando questo sia effettuato da due o più lavoratori contemporaneamente. I differenti metodi di approccio delle due norme, anche se utilizzano metodi matematici diversi, non presentano sostanziali difformità, sottolineando entrambe la necessità di introdurre dei riduttori dell’indice finale, quando il sollevamento avvenga con queste modalità. Con la pubblicazione del Tecnical Report ISO TR 12295:2014 i moltiplicatori da applicare nelle formule di calcolo dell’Indice di Rischio sono però quelli riportati nell’Allegato
A.3 del medesimo: 0,67 nel caso di due addetti e 0,5 nel caso di  tre addetti.

Un indice di sollevamento (equazione A.7.2 della ISO 11228-1) pari a 1 può essere considerato un ”valore di azione” analogo a quello ex art. 201 del D.lgs. 81/08? In tal caso, è possibile considerare quale “valore limite di esposizione” un indice di sollevamento pari a 3? Oppure occorre considerare un indice di sollevamento pari a 1 come un “valore limite di esposizione”?

 

Premesso che i concetti di ”valore di azione” e di “valore limite di esposizione” e le loro implicazioni sul versante preventivo sono applicabili solo ove espressamente richiamati dal D.lgs. 81/08 (es. Capi II e segg. del Titolo VIII), si ricorda come, con l’art. 168 del decreto, il legislatore abbia ritenuto di imporre al datore di lavoro l’adozione delle misure per eliminare o ridurre il rischio da movimentazione manuale dei carichi a prescindere dall’individuazione di un esplicito ”valore    di

 

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azione” da cui far discendere tale obbligo. Inoltre l’indice di sollevamento (Lifting Index) di cui alla norma ISO 11228-1, indicata come criterio di riferimento per le finalità del citato art. 168, deriva dall’applicazione di un algoritmo in cui la massa di riferimento adottata esclude dalla protezione una certa quota di popolazione lavorativa (v. Tabella C.1 della norma citata).
Si ritiene, pertanto, (visto anche l’art 15 comma 1, lettera c del D.lgs. 81/08) che anche per valori inferiori a 1, e particolarmente quanto più prossimi a tale valore, debba essere valutata la possibilità di migliorare i fattori strutturali/organizzativi che incidono sul Lifting Index; data la variabilità del livello di esposizione presente in molte attività lavorative, anche se considerate omogenee, è inoltre probabile che la valutazione del rischio sia affetta da una discreta incertezza, che consiglia di considerare potenzialmente esposti anche lavoratori con un livello di esposizione borderline. Al contrario, un valore pari a 3 può essere assimilabile al “valore limite di esposizione”, essendo ritenuto assolutamente non adeguato per la maggior parte della popolazione lavorativa,ed essendo richiesta in tale caso un’immediata riprogettazione dei compiti e dei posti di lavoro.

Come deve essere organizzato un ufficio di un’azienda industriale in cui i lavoratori, non utilizzando il videoterminale in modo sistematico e abituale per almeno venti ore alla settimana, non rientrano nella definizione di “lavoratori addetti al videoterminale” di cui all’ art. 173 del D.lgs. 81/08?

 

Il comma 3 dell’art. 174 “Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti” del D.lgs. 81/08, prevede, indipendentemente dalla presenza dei cd “lavoratori addetti al videoterminale”, così come definiti dalla norma (art. 173), che i posti di lavoro vengano comunque organizzati e predisposti in conformità ai requisiti minimi di cui all’Allegato XXXIV del citato Decreto.

Sono un fornitore di arredi. Mi è stato chiesto da una scuola

di fornire sedute girevoli per un laboratorio informatico. Ho offerto delle sedute girevoli con regolazione della seduta senza
braccioli e con schienale fisso. Non so però se questa scelta è accettabile o se è richiesto lo schienale regolabile come nelle postazioni di lavoro ai terminali.

Se si tratta di un laboratorio informatico, è necessario che la seduta
rispetti l’Allegato XXXIV del D.lgs. 81/08. Pertanto, lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell’utente, deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell’ambito di tali regolazioni l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata.

In merito a quanto riportato dall’Allegato XXXIV del D.lgs. 81/08 le sedute dotate di uno schienale che si inclina automaticamente sulla base del peso del lavoratore sono da considerare conformi alle previsioni normative o bisogna comunque garantire la loro regolabilità manuale?

 

Tenuto conto di quanto previsto nell’Allegato XXXIV, sia nel punto che prevede che lo schienale «deve avere altezza e inclinazione regolabile», sia nel punto che afferma che «l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella
posizione selezionata», al momento, non è consentito l’utilizzo di una sedia senza regolazione manuale dello schienale.

Alla luce delle disposizioni dell’Allegato I del Decreto Interministeriale del 4 marzo 2013, può essere ammissibile l’esecuzione di una riparazione stradale di breve durata su strada urbana (ad es: chiusura di una piccola buca con conglomerato bituminoso a freddo) da parte di un solo operaio, cui spetterebbe sia la posa e rimozione della segnaletica sia l’esecuzione dell’intervento di riparazione?

 

Le operazioni di installazione della segnaletica, così come le fasi di rimozione, sono precedute e supportate dall’azione di uno o più operatori che, muniti di bandierina arancio fluorescente, provvedono a preavvisare all’utenza la presenza di uomini e veicoli sulla carreggiata. Pertanto, non si ritiene possibile che un solo operaio possa posare (o rimuovere) la segnaletica e contemporaneamente eseguire l’intervento di riparazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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AGENTI FISICI, SOSTANZE PERICOLOSE, AGENTI BIOLOGICI, PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE – TITOLI VIII, IX, X, XI (ARTT. 181-297)

 

    1. Un distributore di carburante (benzina, gasolio e gpl) deve tenere il registro degli esposti ai cancerogeni?

Ai sensi dell’articolo 236 del D.lgs. 81/08, il Datore di lavoro deve effettuare la valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria (art. 242). Gli stessi lavoratori sono iscritti nel registro degli esposti (art. 243).

Vorrei sapere cosa dice la legge per lo smaltimento dell’eternit. Un proprietario che non rimuove la copertura in eternit del suo capannone deve comunicarlo al comune?

 

La presenza di materiali contenenti amianto (MCA) in un edificio non comporta di per se un pericolo per la salute degli occupanti. Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto. Il problema sorge quando i materiali contenenti amianto sono danneggiati. Le situazioni di pericolo per la salute in relazione a MCA si possono riassumere nel seguente modo:

  1. danneggiamento per azione degli occupanti o per interventi manutentivi;
  2. deterioramento per effetto di fattori esterni (vibrazioni, infiltrazioni d’acqua, correnti d’aria);
  3. deterioramento per degrado spontaneo;
  4. materiali danneggiati o deteriorati o materiali friabili in prossimità di sistemi di ventilazione.

In queste le situazioni si determina la necessità di un’azione specifica, da attuare in tempi brevi, per eliminare il rilascio in atto di fibre di amianto nell’ambiente. I provvedimenti possibili possono essere:

  1. restauro dei materiali: quando le zone di danneggiamento sono di scarsa estensione (inferiori al 10% della superficie di amianto presente nell’area interessata);
  2. intervento di bonifica mediante rimozione, incapsulamento o confinamento dell’amianto. La bonifica può riguardare l’intera installazione o essere circoscritta alle aree dell’edificio o alle zone dell’installazione in cui si determina un rilascio di fibre.

E’ obbligo del proprietario valutare le condizioni di degrado dei MCA secondo quanto previsto dal DM 6/9/1994, attuando un programma di controllo e manutenzione e agendo di conseguenza con gli eventuali interventi necessari alla messa in sicurezza dei MCA. Eventuali situazioni di pericolo possono essere segnalate al Sindaco del proprio comune di residenza.
Si ritiene inoltre che se il capannone occupa un’attività lavorativa che rientra nel campo di applicazione del D.lgs. 81/08 il Datore di Lavoro nell’ambito dell’attività di valutazione dei rischi, sulla base dello stato dei materiali valutati ai sensi del DM 06/09/94, valuta il rischio di esposizione dei lavoratori eventualmente anche

 

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con monitoraggi ambientali (es. se i materiali contenenti amianto sono a vista all’intradosso).

Qual è il corso minimo che devono sostenere i lavoratori addetti alla rimozione e smaltimento amianto? Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell’amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano frequentato i corsi di formazione professionale di cui all’articolo 10, comma 2, lettera h, della Legge 257/92?

 

Si deve fare riferimento all’art. 10 del DPR 8/8/1994 - Predisposizione di specifici corsi di formazione professionale e rilascio di titoli di abilitazione, che applica le previsioni dell’art. 10 c. 2 lett. h) della Legge 257/92. Ciò è ribadito all’art. 258 c. 2 del D.lgs. 81/08. 1. I corsi di formazione vengono articolati in relazione al livello professionale del personale a cui sono diretti: a) operativo, rivolto ai lavoratori addetti alle attività di rimozione, smaltimento e bonifica; b) gestionale, rivolto a chi dirige sul posto le attività di rimozione, smaltimento e bonifica. 2. I corsi di livello operativo sono mirati all’acquisizione della sensibilizzazione alla sicurezza e della consapevolezza del rischio, nonché all’uso corretto dei sistemi di protezione e al rispetto delle procedure operative. Devono prevedere la trattazione almeno dei seguenti argomenti: a) rischi per la salute causati dall’esposizione a fibre di amianto; b) sistemi di prevenzione con particolare riguardo all’uso corretto dei mezzi di protezione respiratoria; c) finalità del controllo sanitario dei lavoratori;
d) corrette procedure di lavoro nelle attività di bonifica e smaltimento. 3. I corsi destinati al livello operativo hanno una durata minima di trenta ore. 4. I corsi di livello gestionale sono differenziati per gli addetti alle attività di bonifica (rimozione o altre modalità) di edifici, impianti, strutture, ecc. coibentati con amianto e per gli addetti alle attività di smaltimento dei rifiuti di amianto. 5. Tali corsi comprendono anche le responsabilità e i compiti della direzione delle attività, i sistemi di controllo e di collaudo, i criteri di scelta dei sistemi di protezione. Prevedono la trattazione almeno dei seguenti argomenti: a) rischi per la salute causati dall’esposizione a fibre di amianto; b) normative per la protezione dei lavoratori e la tutela dell’ambiente: obblighi e responsabilità dei diversi soggetti, rapporti con l’organo di vigilanza; c) gestione degli strumenti informativi previsti dalle norme vigenti; d) metodi di misura delle fibre di amianto; e) criteri, sistemi e apparecchiature per la prevenzione dell’inquinamento ambientale e la protezione collettiva dei lavoratori: isolamento delle aree di lavoro, unità di decontaminazione, estrattori e sistemi di depressione; f) mezzi di protezione personale, ivi compresi loro controllo e manutenzione; g) corrette procedure di lavoro nelle attività di manutenzione, controllo, bonifica e smaltimento; h) prevenzione e gestione degli incidenti e delle situazioni di emergenza. 6. I corsi destinati al livello gestionale hanno una durata minima di cinquanta ore. 7. Il rilascio dei relativi titoli di abilitazione avviene da parte delle regioni o province autonome previa verifica finale dell’acquisizione degli elementi di base relativi alla sicurezza e alla prevenzione del rischio da amianto con riferimenti specifici all’attività cui saranno addetti i discenti…

Quali sono le disposizioni sulla valutazione del rischio chimico e sulle schede di sicurezza delle sostanze pericolose?

 

 

 

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Il Regolamento UE n. 453 del 20 maggio 2010, modificando l’allegato II del REACH, ha disposto la modifica delle schede dati di sicurezza delle sostanze pericolose, prevedendo tra l’altro l’indicazione della doppia classificazione (CLP e Direttiva 67/548/CEE). Le imprese nella VdR devono tenere conto dei nuovi criteri di classificazione delle sostanze pericolose. Al riguardo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con Circolare 14877 del 30/06/2011, ha impartito le prime indicazioni esplicative in merito alle implicazioni del Regolamento REACH (Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizione delle sostanze chimiche), del Regolamento CLP (Classificazione, Etichettatura e Imballaggio delle sostanze e miscele pericolose) e del Regolamento 453/2010, inerente il contenuto delle schede dati di sicurezza, nell’ambito della normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Titolo IX del D.lgs. 81/08, Capo I “Protezione da Agenti Chimici” e Capo II “ Protezione da Agenti Cancerogeni e Mutageni”).

La circolare del Ministero del Lavoro del 25.01.2011 (Orientamenti pratici per la determinazione delle Esposizioni Sporadiche e di Debole Intensità - ESEDI- all’amianto) non contempla le attività lavorative che potrebbero avere un’esposizione indiretta all’amianto, poiché non direttamente coinvolto nel ciclo produttivo. Intendiamo, ad esempio, le varie mansioni operanti in fabbricati industriali in cui è presente contro soffittatura in fibro-cemento contenente amianto: oltre ad un monitoraggio periodico finalizzato alla quantificazione e verifica dei limiti, come può essere valutata, in ambito di valutazione dei rischi, l’esposizione di tali mansioni?

 

Oltre alla verifica periodica dei livelli di esposizione occorre prevedere la verifica periodica dello stato di degrado dei MCA e provvedere alla manutenzione degli stessi e/o intraprendere altre misure, che possono derivare dalla specifica valutazione del rischio (tra le quali la bonifica).

Sono un RSPP di una azienda metalmeccanica che usa modestissime quantità di sostanze pericolose: solventi, colle, grassi, oli. Ho eseguito la valutazione del rischio chimico e mi sembra di ricordare che l’aggiornamento va effettuato ogni tre anni ma non trovo questa indicazione su alcuna normativa.

 

L’aggiornamento della valutazione del rischio chimico per la presenza/uso di agenti chimici pericolosi (Capo I del Titolo IX del D.lgs. 81/08) va effettuato, ai sensi dell’articolo 223, comma 7 del citato decreto, periodicamente e comunque in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità. In presenza/ uso di agenti cancerogeni o mutageni (Capo II del D.lgs. 81/08), l’aggiornamento della valutazione, ai sensi dell’articolo 236, comma 5 del decreto, fatta salva una nuova valutazione in caso di modifiche significative del processo produttivo, va effettuata, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione.

In materia di valutazione del rischio da atmosfere esplosive e classificazione delle aree, è obbligatorio l’utilizzo della norma EN 1127- 1 e delle norme e guide EN 60079-10 e CEI 31-35 e CEI 31-56?

 

 

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Le norme armonizzate sono di adozione volontaria e costituiscono presunzione di conformità. L’adozione di standard diversi richiede la dimostrazione della loro pari efficacia.

Alcune aziende agricole vorrebbero avere conferma che la valutazione rumore va effettuata ogni 4 anni, mentre la valutazione del rischio legato all’esposizione delle vibrazioni va effettuata ogni qual volta cambiano le condizioni di esposizione, ma senza una periodicità specifica. E inoltre: sono sufficienti le misurazioni fornite dalla casa madre al momento dell’acquisto del mezzo oppure le rilevazioni rumore e vibrazioni vanno ripetute con il trattore fermo oppure ancora con il trattore stesso e la macchina operatrice in lavorazione su superfici diverse?

 

L’art 181 comma 2 del D.lgs. 81/08 stabilisce che la valutazione dei rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici è programmata ed effettuata con cadenza almeno quadriennale. Per quanto riguarda il rumore la valutazione deve prevedere delle misure fonometriche laddove si possa fondatamente ritenere che i valori inferiori di azione possono essere superati nelle condizioni operative. Per le vibrazioni la valutazione può essere valutata e misurata in base alle disposizioni dell’all. 35 del D.lgs. 81/08.

Lavoro in una postazione di lavoro vicina (circa 80 cm) ad un ripetitore, un ricevitore ed un lettore di carte di credito. Vorrei sapere se occorre valutare l’esposizione a campi elettromagnetici?

 

Le disposizioni specifiche in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici sono contenute nel Capo IV del Titolo VIII – Agenti fisici  e derivano dal recepimento della Direttiva 2004/40/CE.
Il 26 giugno 2013 è stata approvata la nuova Direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) che ha abrogato la direttiva 2004/40/CE. La nuova direttiva 2013/35/UE, dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 1° luglio 2016.
In attesa della opportuna riformulazione del Titolo VIII Capo IV del D.lgs. 81/08, ai fini del recepimento della nuova Direttiva, resta valido il principio generale di cui all’art. 28 del D.lgs. 81/08 (oggetto della valutazione dei rischi), ribadito relativamente agli agenti fisici all’art. 181 (valutazione dei rischi), che impegna il datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi quelli derivanti da esposizione a campi elettromagnetici e all’attuazione delle appropriate misure di tutela, a decorrere dal 1 gennaio 2009 (art. 306 – Disposizioni finali).

Il registro degli esposti deve essere inviato all’Inail territoriale o alla sede centrale di Roma? In caso di cessazione di attività a chi vanno inviate le cartelle sanitarie di rischio?

 

Ai sensi dell’articolo 243 comma 8 lettera a) del D.lgs. 81/08, copia del registro degli esposti va inviata ai Dipartimenti Territoriali INAIL. In caso di cessazione di attività, ai sensi dell’articolo 243 comma 5 del D.lgs. 81/08, le cartelle sanitarie di rischio vanno inoltrate soltanto ai Dipartimenti Territoriali INAIL.

 

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Gli indirizzi dei Dipartimenti Territoriali INAIL del Piemonte sono:

  1. DIPARTIMENTO TERRITORIALE TORINO: Via Bernardino Ramazzini 26- Torino 10128 Torino (TO), PEC: ...
  2. DIPARTIMENTO TERRITORIALE ALESSANDRIA: Via C. Lombroso, 14 -   15100

Alessandria (AL),     PEC: ...

  1. DIPARTIMENTO TERRITORIALE BIELLA: Via Aldo Moro, 13 - 13900 Biella 13900

Biella (BI) PEC: ...

Vista la necessità cogente di aggiornamento del registro esposti ad agenti biologici nel caso in cui i microrganismi/virus o altro vengano deliberatamente introdotti nel ciclo lavorativo, per esservi trattati, manipolati o trasformati per sfruttarne le proprietà biologiche a qualsiasi titolo, come, ad esempio, i laboratori ove i microrganismi vengono volutamente isolati, coltivati o trattati per accertarne la presenza, il tipo e/o la quantità nei campioni in esame, divenendo conseguentemente materie prime, almeno intermedie, delle varie fasi operative in cui si articola il processo analitico, mi chiedo se gli stessi obblighi di annotazione sul registro esposti sussistano anche nel caso dell’utilizzo della analitica PCR per accertare la presenza di microrganismi in un campione in esame.

 

Fatti salvi gli esiti della specifica valutazione del rischio e vista l’interpretazione delle linee guida del coordinamento delle regioni aggiornata al 1998, si ritiene che, nel caso dell’utilizzo dell’analitica PCR per accertare la presenza di microrganismi in un campione in esame possa non sussistere l’obbligo di annotazione sul registro degli esposti, a meno che la procedura non comporti uso di agenti dei gruppi 3 o 4.

Nel campo estetico i lavoratori possono utilizzare sorgenti LASER per la depilazione cutanea, per l’eliminazione di piccole imperfezioni della cute o per la stimolazione dei tessuti superficiali in associazione a farmaci ad uso topico.

Per fare ciò il Datore di lavoro può essere in possesso di sorgenti LASER di classe 3B o 4 che, sulla base delle indicazioni della Norma CEI 76-6, richiedono la nomina un Addetto Sicurezza Laser (ASL), esperto in materia, che supporta e consiglia rispetto all’uso sicuro di tali dispositivi medici e alle relative misure di prevenzione e protezione da porre in atto. Vi è qualche documento che definisce tale figura professionale?

Indicazioni sui requisiti di questa figura professionale sono contenute nel documento “Profilo Professionale Esperto valutazione dei rischi da radiazioni ottiche”, elaborato dai componenti del gruppo di lavoro CIIP (Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione) e disponibile al seguente indirizzo web: www.ospedalesicuro.eu

Sono un RSPP che opera in aziende agricole ed edili e vorrei acquistare un fonometro adatto alle misurazioni del rumore negli ambienti di lavoro. Quali sono le caratteristiche che deve avere il fonometro? Deve obbligatoriamente essere in classe 1 e avere i filtri d’ottava?

 

Si invita a fare riferimento al documento regionale “Raccomandazioni per la

 

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prevenzione dei rischi da rumore in applicazione del Titolo VIII, capo II, del D.lgs. 81/08, disponibile nel sito della Regione Piemonte all’indirizzo: www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/sicurezza

Il Medico Competente può effettuare un’audiometria ad un dipendente con mansione di addetto alle pulizie e di uso del muletto esposto a un valore < di 85 dBA se l’audiometria viene richiesta dal Datore di Lavoro dell’azienda?

 

L’art. 196 del D.lgs. 81/08 non prevede la sorveglianza sanitaria a richiesta del datore di lavoro. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 2 comma 10 del D.lgs. 262 del 18/8/2000 (protezione dei giovani sul lavoro), la sorveglianza sanitaria per il rischio rumore si attiva al superamento del valore superiore di azione (85 dBA) o a richiesta del lavoratore esposto ad un livello superiore al livello inferiore d’azione (80 dBA) qualora il MC ne confermi l’opportunità, ovvero in caso di provvedimento motivato dell’ Organo di Vigilanza. Interpretando l’art. 15, comma 1, lettera l e l’art. 18, comma 1, lettera c del D.lgs. 81/08, si ritiene che in sede di valutazione dei rischi potrebbero essere individuati ulteriori casi (ad esempio esposizione di poco inferiore al valore superiore di azione e contemporanea esposizione a sostanze ototossiche) che potrebbero prevedere la sorveglianza sanitaria come misura di prevenzione secondaria. Ovviamente una scelta di questo tipo dovrebbe essere giustificata all’interno del DVR.

Se la valutazione del rischio da agenti chimici è stata fatta con la metodologia del vecchio “Inforisk”, è obbligatorio procedere ad una revisione col nuovo metodo approvato dalla Regione Piemonte?

 

All’atto di approvazione del nuovo modello regionale revisionato (Determinazione
n. 847 del 29/10/13) è stato precisato che: tale modello non costituisce strumento vincolante sul territorio piemontese per la valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici da parte dei datori di lavoro per i quali permangono gli obblighi previsti dal D.lgs. 81/08 da assolvere con gli strumenti di valutazione del rischio ritenuti più idonei, dando quindi facoltà ai datori di lavoro di effettuare la valutazione prevista dalla norma di legge anche con altri strumenti o modelli di valutazione (non per forza quello piemontese).
Ciò premesso, nel caso la precedente valutazione fosse stata fatta utilizzando il vecchio «modello Inforisk», essa non risponde alle definizioni dell’attuale quadro normativo; infatti prima occorreva valutare se il rischio fosse maggiore di moderato mentre adesso se è superiore a irrilevante per la salute, quindi una stima, seppur recente, fatta con l’applicativo vecchio non risponde ai criteri previsti dalla vigente normativa.

Nel modello regionale per la valutazione del rischio chimico cosa si intende per processo “in pressione”? L’esempio fatto è quello della verniciatura a spruzzo; ma qual è la soglia da considerare come limite per definire il processo in pressione?

 

Qualunque incremento della pressione durante l’utilizzo della sostanza che determini un aumento della probabilità di dispersione è da considerare come processo in pressione. Es: nebulizzatore, sistemi a iniezione, trasporto.

 

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Per quanto riguarda il contatto cutaneo, nell’identificare la superficie esposta il modello regionale per la valutazione del rischio chimico prescrive di considerare sempre l’operatore non dotato di DPI.

  1. In quali situazioni si potrebbe presentare il caso di “piccola superficie esposta”?
  2. Se la stima del rischio cutaneo portasse ad un rischio > di irrilevante quale misura di prevenzione occorrerebbe adottare per abbassare il rischio sotto tale soglia?
  3. Come si potrebbe poi rivalutare il rischio a misura applicata?
  1. Per “piccola superficie esposta” si intende tutto ciò che è minore della mano (es: le dita).
  2. L’uso di DPI idonei, per materiale e tempi di contatto, forniti insieme ad adeguata informazione, formazione e addestramento all’uso (con procedure di conservazione e sostituzione) riduce la possibilità di contatto. L’uso di DPI dovrà essere riportato nel DVR quale misura di prevenzione del rischio per la salute e la sicurezza.
  3. Il metodo non è in grado di “ritarare” l’indice dopo l’introduzione dell’uso del DPI.

 

In generale il metodo sembra sovrastimare il rischio restituendo indici molto alti, soprattutto nei casi in cui il rischio è dato dalla somma vettoriale dei due indici (cutaneo e inalatorio), anche dopo l’applicazione delle varie misure specifiche previste all’articolo 225 del D.lgs. 81/08; come faccio, all’interno della valutazione del rischio, a sostenere che ho ridotto il rischio al livello più basso possibile?

I metodi di stima del rischio a indici hanno una impostazione cautelativa. Per giungere a situazioni con valori alti (es. >100), con ogni probabilità si parte già da condizioni rilevanti di gravità e/o quantitativi di sostanza utilizzata. In questi casi, è probabile che l’applicazione delle misure di contenimento del rischio più stringenti, quale il ciclo chiuso e confinato siano la misura più appropriata di contenimento del rischio oltre il quale il Datore di Lavoro non può arrivare se non sostituendo la sostanza con un’altra meno pericolosa.

Il modello regionale per la valutazione del rischio chimico definisce a pagina 9 punto B “sostanze o miscele caratterizzate da BASSA disponibilità”. Non è più corretto parlare di “BASSA volatilità”?

 

Il termine disponibilità è corretto. E’ stato utilizzato qui come viene utilizzato anche in altri modelli di valutazione del rischio chimico, intendendo un parametro che comprende non soltanto le sostanze liquide ma anche quelle solide e gassose.

Il modello regionale per la valutazione del rischio chimico riporta, al capitolo FATTORE GRAVITA’: “Nel caso in cui la sostanza o la miscela non risultino classificate ai sensi dell’attuale quadro normativo ovvero, per quanto riguarda le miscele, non vengano raggiunte le quantità percentuali delle diverse sostanze componenti necessarie per attribuire una categoria di pericolo, la sostanza o la miscela devono essere eventualmente valutate sulla base delle caratteristiche   tossicologiche

 

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note (letteratura scientifica, classificazione da parte di altri Enti...) e ad essi per analogia occorre associare un indice di gravità corrispondente alle relative classi di rischio (Tabella 1 – Effetti)”. Perché?

In quanto, come recita il D.lgs. 81/08, per “agenti chimici pericolosi” si intendono anche quegli agenti che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base al regolamento CLP, possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale.

Il modello regionale per la valutazione del rischio chimico riporta, al capitolo FATTORE GRAVITÀ: “I componenti classificati nocivi, sensibilizzanti, tossici e/o molto tossici, contenuti in miscele non pericolose (Punto 3 della Scheda di Sicurezza), vanno valutati nel complesso dell’esposizione personale. Il quantitativo di tali componenti, ai fini dell’individuazione del fattore di esposizione stimato sarà considerato pari al prodotto tra la percentuale di presenza della sostanza e il quantitativo della miscela. La sommatoria delle concentrazioni di componenti irritanti respiratori non dovrà essere effettuata salvo particolari condizioni espositive dovute ad alta volatilità dei componenti (vedi Figura 2. Livello di volatilità a pagina 17)”. Il punto sopra citato vale solo per il rischio inalatorio?

 

No, vale anche per il rischio cutaneo.

Vorrei un chiarimento circa la stima del rischio inalatorio nei lavori svolti completamente all’aperto, il testo recita: “DISPOSITIVI DI PROTEZIONE TECNICA - solo per attività che si svolgono in ciclo aperto e non confinato e/o con interventi manuali si applica il coefficiente (- 1) in caso di presenza ...”, tale dicitura si applica a luoghi di lavoro come i cantieri?

 

Per lavorazioni svolte in ciclo aperto si intendono lavorazioni eseguite senza segregazione e/o compartimentazione fra il lavoratore e il sito contenente l’agente chimico, e non le lavorazioni svolte in ambiente esterno non confinato.
Pertanto, sia che l’attività sia svolta in cantiere che in ambiente chiuso, si applica il coefficiente -1 solo in presenza di aspirazione rispondente alle caratteristiche riportate nella Tabella 6 del testo; se invece non è utilizzata una aspirazione ma il cantiere è all’aperto (non tutti i cantieri sono all’aria aperta) posso in analogia con un ambiente chiuso adeguatamente ventilato, applicare il fattore di correzione 0,5.
Infine, se in ambiente chiuso c’è un sistema di ricambio d’aria in aggiunta alla aspirazione localizzata posso fare la somma dei coefficienti, così come, per analogia, in ambiente esterno con aspirazione.

Nel nuovo documento del modello applicativo mi è sembrato di capire che anche nel caso in cui la sostanza o miscela non sia considerata pericolosa ma contenga composti classificati come nocivi, sensibilizzanti

 

 

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o tossici, questi debbano essere considerati nella definizione della gravità. È la corretta interpretazione?

Nel caso di miscele non pericolose, aventi schede di sicurezza indicanti la presenza di componenti pericolosi in Sezione 3 (premettendo che non sussiste l’obbligo di schede di sicurezza per miscele non pericolose se non in alcuni specifici casi), riteniamo opportuno non ignorare l’informazione.
Ad esempio:
Una miscela contenente toluene allo 0,1%, percentuale ben al di sotto di quella in grado di determinare la classificazione all’intera miscela, viene valutata per la quantità in peso presente della sostanza classificata come pericolosa (cioè il toluene stesso). Supposti 100 kg di miscela si valuteranno quindi soltanto 100 gr. di toluene, in caso tale miscela sia utilizzata nel compito lavorativo insieme ad altri prodotti con analoga classe di pericolosità i 100 gr. di toluene saranno sommati ai quantitativi di tali altri prodotti per una unica valutazione d’insieme.
Oltre a ciò si ricorda che non sussiste, tranne specifici casi, obbligo di redazione di una Scheda di Sicurezza in presenza di miscele Non Pericolose, e non sussiste obbligo di indicare alla sezione 3 della SDS i componenti che non concorrono alla classificazione della miscela anche se sono pericolosi.

Se un prodotto (miscela) è classificato pericoloso, però al suo interno ha dei componenti che a loro volta sono classificati rispetto ad altre classi di pericolosità, ma in percentuali che non determinano la classificazione dell’intero prodotto, esse devono comunque essere prese in considerazione oppure è sufficiente considerare solo la classificazione del prodotto (miscela)?

 

No, come specificato a pagina 14 del metodo, è stata fatta una precisa scelta di non considerare separatamente i componenti di una miscela se essa ha una propria classificazione di pericolosità per la quale si procede alla stima del rischio di esposizione. La stima eseguita scorporando percentualmente le gravità associate ai componenti pericolosi, siano essi maggiori al valore di soglia di classificazione o minori a tale valore, complica moltissimo il metodo di stima del rischio.

 

Fonte: http://www.regione.piemonte.it/sanita/cms2/images/allegati/quesiti_luglio_2015.pdf

Sito web da visitare: http://www.regione.piemonte.it/

Autore del testo: Il testo è stato redatto dal Gruppo di lavoro Info.Sicuri VA Regione Piemonte Assessorato Sanità, Livelli essenziali di assistenza, Edilizia sanitaria

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

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