Minotauro storia mito e leggenda

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Minotauro storia mito e leggenda

Una rara variante del mito di Teseo lambisce Brindisi. La ricorda fuggevolmente il geografo Strabone, accogliendo una tradizione aristotelica: "Quanto a Brentesion, si racconta che essa accolse una colonia di Cretesi di quelli giunti qui da Crosso con Teseo". Ciò che Strabone ci riferisce è un’eco razionalista del mito di Teseo e dei giovinetti ateniesi mandati in ostaggio a Creta, e vittime del Minotauro. In realtà la leggenda è concorde nell’indicare in Delo la prima tappa della fuga da Creta: in questa isola dell’Egeo approdarono i ragazzi capitanati da Teseo, subito dopo l’uccisione del Minotauro. Con loro era la bella Arianna, la principessa minoica che con il gomitolo li aveva aiutati nell’impresa di districarsi tra gli andirivieni ingannevoli del Labirinto.
A Delo, il giovane eroe figlio di Egeo – come un coreografo – inscena una danza della "salvezza", disponendo i compagni liberati uno dietro l’altro, intrecciati per le mani, e facendoli procedere in movimenti che mimavano il percorso dell’uscita dall’intricato edificio dedalico. Una danza collettiva per esprimere l’esultanza per la buona riuscita dell’impresa e per la scampata morte. Così la rievoca Plutarco, il poligrafo e sacerdote greco del II secolo dopo Cristo: "Nel viaggio di ritorno da Creta Teseo si fermò a Delo. Dopo aver sacrificato al dio e offerto come dono votivo l’immagine di Afrodite che aveva ricevuta da Arianna, eseguì insieme coi ragazzi una danza che dicono sia ancora in uso presso quelli di Delo e che riproduce i giri, i passaggi del Labirinto: una danza consistente in contorsioni ritmiche e movimenti circolari": gli antichi la chiamarono "danza delle gru" (ghéranos), giustificando spesso la denominazione con la disposizione dei ballerini in fila indiana, come fanno gli uccelli migratori.
Nel celebre vaso etrusco da Volci (570 avanti cristo circa), sette ragazzi e sette ragazze s’intrecciano alternativamente nel passo della gru. La danza dovette avere una vasta diffusione e qualche variante: ne parlano diffusamente gli antichi, da Doicearco a Luciano da Samosata, a Giulio Polluce, che nel II secolo dopo Cristo si diffondono sulle varie teorie del ballo.
Tuttavia, nel III secolo avanti Cristo, il poeta Callimaco precisa che nella "danza delle gru" si esibivano solo fanciulle, battendo il ritmo con il piede: la danza veniva accompagnata dal suono della cetra e guidata da un mimo che impersonava Teseo. È appunto questa l’immagine immortalata dall’affresco della Tomba delle Danzatrici rinvenuta a Ruvo di Puglia nel 1833: una schiera di fanciulle procedono tenendosi legate per le mani, in, maniera alternata (la terza con prima e la quinta; la quarta con la seconda e la sesta…); sono guidate da un ragazzo che veste una corta tunichetta, mentre le donne sono pesantemente ammantate da una lunga veste e da un largo scialle (himation) che copre testa e spalle. Detta il ritmo della danza un suonatore di cetra, posto ovviamente fuori dal coro dei danzatori. Il piede sinistro delle fanciulle poggia per terra, quasi a battere il tempo ("battendo con il piede il saldo suolo", diceva Callimaco); ad alcune di esse il piede destro invece si alza sulla punta: a indicare il movimento. Un altro giovane, anch’egli vestito con una tunichetta bianca, è inserito nel corteo, intrecciato alle fanciulle, pronto però a staccare la catena nel momento in cui il percorso della danza si invertirà e le fanciulle si gireranno a destra, e procederanno battendo a terra il piede destro.
La "danza delle gru" trova ulteriori indizi coreografici in Puglia: da un cratere apulo conservato a New York 8340 avanti Cristo circa), dove quattro fanciulle danzano intrecciandosi alla stessa maniera delle "gru" di Ruvo, a una arcaica placca fittile conservata a Taranto (Saturo) con tre fanciulli in movenza. Ma nella tomba di Ruvo il corteo si sviluppa con completezza. L’affresco decorava le quattro pareti di una tomba a semicamera di fine V-metà IV secolo avanti Cristo: qui era sepolto un cavaliere peucezio che volle giacere per l’eternità, portando con sé solo un "vaso finissimo su cui è dipinto un cavallo ed un guerriero galeato con testa crinita, opera di squisito pennello" (indicava al cronaca ottocentesca della scoperta). Ma volle circondarsi con la sequenza "cinemascope" di questa rituale danza del labirinto, fissata su lastroni di tufo (ora conservati, qua e là mutili, nel Museo Archeologico di Napoli). Perché mai questa scelta? Perché nella "danza delle gru" era simboleggiato il viaggio verso la morte, mimato dalle fanciulle nel loro procedere verso sinistra, e l’attesa rinascita alla vita allorché il coro si volgerà a ripercorrere i passi verso destra. È questa la speranza salvifica che l’antico signore di Ruvo aveva augurato a sé stesso? C’è da esserne certi se si applica l’interpretazione, ampiamente condivisa, di Karol Kérenyi, secondo cui nel mito e nella conseguente danza delle gru sarebbe da rintracciare una simbologia della morte e della vittoria sulla morte. Sosteneva a ragione lo studioso ungherese che per uscire dal labirinto si dovevano ripercorrere all’indietro,i propri passi, attuando un’inversione di 180°: ciò non poteva significare altro che un totale rovesciamento dell’esperienza compiuta. Quindi il passaggio dalla morte alla vita.
Kérenyi, assegnando alla "danza delle gru" la valenza di forma viva del labirinto, cioè la mimesi in positivo del passaggio, forniva la migliore interpretazione dell’affresco di Ruvo (benché da lui mai espressa). D'altronde lo stesso Kérenyi aveva sostenuto che "tutte le ricerche sul labirinto hanno dovuto prednere l’avvio dalla danza".
Nelle bianche vesti dei giovani conduttori e del musicista, nonché nell’uso della lira, qualche studioso ha voluto ravvisare un segnale iniziatici e pitagorico. Il filosofo e grammatico Mario Vittorino (attivo nel IV secolo dopo Cristo) non ha esitazione a collegare la "danza delle gru" all’armonia celeste: "Un’altra tradizione dice che gli uomini imitavano con questo canto sacro il corso e il canto armonico del mondo". Il mistero è già fitto perché lo si inzeppi con ulteriori elementi mistici. Ci basti rivelare il palpitante realismo del magnifico "diorama" raffigurato nel sepolcro di Ruvo, un "memento" visuale che doveva perpetuare le speranze di un ritorno alla vita, a ritmo di danza.
a cura di Alice G.
Bibliografia
Hermann Kern, Labirinti (Feltrinelli, Milano 1981)
K. Kérenyi, Nel labirinto (Bollati Boringhieri, Torino 1997)
R Cassano, LA tomba delle danzatrici in I Greci in Occidente. La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli (Electa, Napoli 1996, pp.117-19).
L.Todisco, La tomba delle danzatrici di Ruvo di Puglia in Le mythe grec dans l’Italie antique. (école Francaise de Rome, 1999, pp. 435-65).
Approfondimenti
La leggenda di Minosse e il Minotauro
Il mito del minotauro inizia a Tiro, città di cui era re Agenore, figlio di Poseidone e della mortale Libia.
Poseidone sposò Libia e da questa unione nacque Europa, fanciulla particolarmente bella di cui Giove s'invaghì e che rapì con l'inganno, prendendo sembianze di toro.
Da questa unione nacquero tre figli. Uno di questi era Minosse, famoso per la sua severità e giustizia, che regnò su Creta e fu signore del mare.
Minosse chiese a Poseidone, dio del mare, di mandargli un toro. Ricevere questo toro dal dio era la prova che l'Olimpo approvava il suo regno. In effetti, Poseidone mandò il toro, un toro di un bianco stupefacente, destinato ad essere sacrificato. Ma Minosse affascinato dalla sua bellezza non lo sacrificò; la sua forza era tale che il re di Creta, pieno di ammirazione, decise di utilizzarlo come toro da monta per i suoi greggi.
Quando Poseidone lo venne a sapere, al fine di punire Minosse, non solo convertì il bel toro in un animale pericoloso, ma fece anche in modo che Pasifae, moglie di Minosse, s'innamorasse del toro e si unisse a lui. Fu da questa unione che nacque il Minotauro, un mostro con il corpo di uomo e la testa di toro. Un mostro pericoloso e al tempo stesso di così alta stirpe, un pericolo da scongiurare che minacciava la pace ed il benessere del regno.
Il mosaico del labirinto con la figura del Minotauro morente - Museo di Piadena
Scavo archeologico del vicus romano di Bedriacum
Così Minosse lo rinchiuse in un palazzo la cui costruzione affidò ad un architetto ateniese di nome Dedalo il quale, iniziato da Atene a tutte le invenzioni dell'arte e dell'industria, costruì un palazzo a forma di labirinto: il labirinto di Cnosso, che doveva essere un inestricabile susseguirsi di camere, corridoi, sale, finti ingressi e finte porte, luogo dove perdersi e da cui fosse impossibile uscire.
Lo stesso Dedalo successivamente vi fu rinchiuso col figlio Icaro, e poté fuggire soltanto costruendosi delle ali fatte di penne e cera inventando così l'arte del volo. Racconta la leggenda che Icaro volò tropo vicino al sole, le ali si sciolssero ed egli cadde in quel mare, che presumibilmente da lui fu chiamato Icario. Soltanto Dedalo si salvò.
Il figlio di Minosse, Androgeo, giunse ad Atene per misurarsi con i giovani ateniesi nei giochi tauromachici, ma rimase ucciso dal toro di Maratona. Suo padre, pazzo di dolore, si strappò la corona dalla fronte accusando gli ateniesi di quell'omicidio. La morte di Androgeo doveva portare loro sfortuna e da lì in poi dovettero pagare un orribile tributo: gni nove anni Minosse esigeva che mandassero a Creta quattordici sudditi ateniesi, sette fanciulli e sette fanciulle vergini in pubertà, che sparivano nel labirinto, in sacrificio al Minotauro.
Quando Teseo vinse il toro di Maratona, erano già passati diciotto anni e Minosse stava per scegliere, per la terza volta, la schiera del sacrificio.
Secondo la narrazione più antica, Teseo sarebbe andato a Creta con la sua nave o con quella di suo padre per evitare un altro inutile sacrificio, ossia per uccidere il minotauro. Era partito con le vele nere ma suo padre gliene aveva data anche una bianca che avrebbe dovuto essere issata se fosse ritornato vittorioso.
In tutte le narrazioni, Teseo fu ricevuto a Cnosso da una figura di donna gentile, forse una dea come Anfitrite. Ma quando questi volle entrare spontaneamente nel labirinto, Arianna (nipote di Elio e Zeus, figlia di Minosse e Pasifae), signora del labirinto, ebbe pietà di lui e, per amore del giovane ateniese, tradì il proprio fratello, il Minotauro.
La morte del Minotauro
Non ci sono narrazioni di come Teseo riuscì ad ottenere il dono da Arianna, che doveva assicurargli l'uscita dal labirinto. Un disegno molto antico la rappresenta filando e mentre gli consegna il fuso col filo.
L'astuta ragazza suggerì a Teseo di fissare il capo del filo all'architrave dell'entrata del labirinto e di tenersi il gomitolo in mano senza perderlo mai, poiché gli sarebbe servito a trovare la via di uscita.
Il Minotauro dormiva nella parte più interna del labirinto. Teseo doveva afferrarlo per le sopracciglia e sacrificarlo a Poseidone. Con una mano si afferrarono a vicenda, e infine Teseo trafisse mortalmente il Minotauro.
Salito sulla nave con Arianna, Teseo durante la notte prese la via del ritorno. Teseo aveva promesso di corrispondere all'amore di Arianna sposandola una volta vinto il Minotauro. Consumarono il loro amore nella nave, ma prima dell'alba Teseo volle scendere a terra, e sbarcarono nell'isola di Dia, l'attuale Nasso. Dioniso apparve in sogno a Teseo e lo minacciò se non gli avesse ceduto Arianna. Egli si svegliò spaventato e la lasciò sull'isola immersa nel sonno. Quella stessa notte ella fu portata da Dioniso sul monte Drios, e scomparvero entrambi.
Teseo proseguì in direzione di Delo, dove ballò una danza che imitava le sinuosità del labirinto. Ma nella confusione di emozioni per la perdita di Arianna, si dimenticò di cambiare le vele nere con quella bianca.
Il padre Egeo, che attendeva il ritorno del figlio dall'alto delle mura, vide dall'Acropoli le vele nere che la nave portava alla partenza. Così, scorgendo quel segno di sventura, disperato, si uccise gettandosi in quel mare che da lui prese il nome.
R. Murray Schafer: La corona di Arianna
La corona di Arianna La corona di Arianna è il primo brano commissionato da Judy Loman a R. Murray Schafer. Ad esso sono poi seguiti, sempre su commissione di Judy Loman, Theseus per arpa e quartetto d’archi (una sorta di continuazione alla Corona di Arianna), e il Concerto per arpa e orchestra. La corona di Arianna è assolutamente innovativa e sperimentale. Musicalmente fa parte dell’opera musico-teatrale Patria IV che tratta del mito di Teseo e Arianna, del Minotauro e del Labirinto. È composta da una serie di danze, accompagnate dall’arpa. L’arpista è prima di tutto danzatrice: danza mentre suona, dando il ritmo con i sonagli attaccati alle caviglie nella Danza di Arianna, danza nei complessi movimenti necessari per l’uso degli strumenti a percussione da cui è circondata, tutti movimenti che nel loro complesso creano una vera e propria coreografia. Nel Risveglio di Arianna e nella Danza del labirinto alcune corde dell’arpa sono accordate ¼ di tono più in alto o più in basso del normale. Questo significa che l’arpista accorderà lo strumento durante l’esecuzione, e farà questo come compiendo un cerimoniale. La Danza del Toro e la Danza degli insetti della notte dal carattere diametralmente opposto – la prima irruenta, la seconda notturna e diafana – sfruttano decine di possibili effetti sonori dell’arpa, alternati a quelli delle percussioni. Infine, nella Danza del labirinto alla parte che l’arpista suona dal vivo ne è aggiunta una registrata, che, riprendendo la parte principale e arricchendola, forma un gioco di specchi atti a creare il labirinto mobile in cui risiedeva il Minotauro. è il primo brano commissionato da Judy Loman a R. Murray Schafer. Ad esso sono poi seguiti, sempre su commissione di Judy Loman, Theseus per arpa e quartetto d’archi (una sorta di continuazione alla Corona di Arianna), e il Concerto per arpa e orchestra. La corona di Arianna è assolutamente innovativa e sperimentale. Musicalmente fa parte dell’opera musico-teatrale Patria IV che tratta del mito di Teseo e Arianna, del Minotauro e del Labirinto. È composta da una serie di danze, accompagnate dall’arpa. L’arpista è prima di tutto danzatrice: danza mentre suona, dando il ritmo con i sonagli attaccati alle caviglie nella Danza di Arianna, danza nei complessi movimenti necessari per l’uso degli strumenti a percussione da cui è circondata, tutti movimenti che nel loro complesso creano una vera e propria coreografia. Nel Risveglio di Arianna e nella Danza del labirinto alcune corde dell’arpa sono accordate ¼ di tono più in alto o più in basso del normale. Questo significa che l’arpista accorderà lo strumento durante l’esecuzione, e farà questo come compiendo un cerimoniale. La Danza del Toro e la Danza degli insetti della notte dal carattere diametralmente opposto – la prima irruenta, la seconda notturna e diafana – sfruttano decine di possibili effetti sonori dell’arpa, alternati a quelli delle percussioni. Infine, nella Danza del labirinto alla parte che l’arpista suona dal vivo ne è aggiunta una registrata, che, riprendendo la parte principale e arricchendola, forma un gioco di specchi atti a creare il labirinto mobile in cui risiedeva il Minotauro. è il primo brano commissionato da Judy Loman a R. Murray Schafer. Ad esso sono poi seguiti, sempre su commissione di Judy Loman, Theseus per arpa e quartetto d’archi (una sorta di continuazione alla Corona di Arianna), e il Concerto per arpa e orchestra. La corona di Arianna è assolutamente innovativa e sperimentale. 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La Danza del Toro e la Danza degli insetti della notte dal carattere diametralmente opposto – la prima irruenta, la seconda notturna e diafana – sfruttano decine di possibili effetti sonori dell’arpa, alternati a quelli delle percussioni. Infine, nella Danza del labirinto alla parte che l’arpista suona dal vivo ne è aggiunta una registrata, che, riprendendo la parte principale e arricchendola, forma un gioco di specchi atti a creare il labirinto mobile in cui risiedeva il Minotauro. è il primo brano commissionato da Judy Loman a R. Murray Schafer. Ad esso sono poi seguiti, sempre su commissione di Judy Loman, Theseus per arpa e quartetto d’archi (una sorta di continuazione alla Corona di Arianna), e il Concerto per arpa e orchestra. La corona di Arianna è assolutamente innovativa e sperimentale. Musicalmente fa parte dell’opera musico-teatrale Patria IV che tratta del mito di Teseo e Arianna, del Minotauro e del Labirinto. È composta da una serie di danze, accompagnate dall’arpa. L’arpista è prima di tutto danzatrice: danza mentre suona, dando il ritmo con i sonagli attaccati alle caviglie nella Danza di Arianna, danza nei complessi movimenti necessari per l’uso degli strumenti a percussione da cui è circondata, tutti movimenti che nel loro complesso creano una vera e propria coreografia. Nel Risveglio di Arianna e nella Danza del labirinto alcune corde dell’arpa sono accordate ¼ di tono più in alto o più in basso del normale. Questo significa che l’arpista accorderà lo strumento durante l’esecuzione, e farà questo come compiendo un cerimoniale. La Danza del Toro e la Danza degli insetti della notte dal carattere diametralmente opposto – la prima irruenta, la seconda notturna e diafana – sfruttano decine di possibili effetti sonori dell’arpa, alternati a quelli delle percussioni. Infine, nella Danza del labirinto alla parte che l’arpista suona dal vivo ne è aggiunta una registrata, che, riprendendo la parte principale e arricchendola, forma un gioco di specchi atti a creare il labirinto mobile in cui risiedeva il Minotauro.

Fonte: http://static.scuolazoo.com/wp-content/uploads/2012/06/Il-labirinto-nei-miti.doc

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