Frege il pensiero ricerche logiche

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Frege il pensiero ricerche logiche

 

FREGE, GOTTLOB (1848-1925)

(Voce dell'enciclopedia di Gallarate; revisione della precedente di Francesco Barone)

Matematico e logico tedesco, nato a Wismar l’8 nov. 1848, morto a Bad Kleinen il 26 luglio 1925. Fu professore straordinario di matematica a Jena dal 1896. Frege è riconosciuto come il fondatore della moderna logica matematica; fu anche fautore del «logicismo», il progetto di derivare  tutti i concetti e i principi matematici da quelli della logica generale. Le opere principali (per un elenco più ampio vedi a fine voce) sono la Begrifsschrift (Ideografia) del 1879 [Bg], le Grundlagen der Arithmetik del 1884 [Gl] e i Grundgesetze der Arithmetik del 1893 (I vol.) e del 1902 (II vol.) [Gg]. Frege è considerato da molti il più grande logico dopo Aristotele. L’opera di Frege non è importante solo per la storia della logica. Essa ha anche un notevole valore filosofico, oltre che tecnico. Suddivideremo in tre parti l’analisi degli aspetti del suo pensiero: I. Logica e logicismo; II. Filosofia della matematica e platonismo; III. Filosofia del linguaggio.
I. Logica e  logicismo. Contributo fondamentale di Frege allo sviluppo delle teorie matematiche fu la ricerca del rigore delle definizioni e delle dimostrazioni, che devono procedere secondo le determinazioni dei concetti fondamentali, dei concetti composti via via introdotti e delle loro proprietà e relazioni, evitando il ricorso all'intuizione e agli equivoci provocati dall’affidarsi acriticamente al linguaggio comune. Di qui nacque il suo interesse per la costruzione di una speciale ideografia (Begriffsschrift) che evitasse le imprecisioni (e i conseguenti inganni) delle lingue parlate. L’ideografia così concepita veniva presentata esplcitamente come uno sviluppo dell'ideale leibniziano di lingua e calcolo universale. Nella parte introduttiva della Begriffsschrift veniva introdotta l'idea di sistema assiomatico, e veniva dispiegata nelle idee essenziali la logica elementare come la si conosce oggi, con la sua sintassi e la sua semantica. In quanto segue tratteremo: 1. La generalizzazione della nozione di funzione su cui si basa il linguaggio logico di Frege; 2. Il calcolo assiomatico basato sulla distinzione tra regole di inferenza e leggi logiche, comprendente sia il calcolo proposizionale che il calcolo dei predicati; 3. La semantica verofunzionale, il cui riconoscimento venne in parte bloccato dalla scoperta della contraddizione di Russell); 4. L’importanza dei risultati di Frege, che ebbero una rivalutazione tardiva.
1. Teoria delle funzioni. La chiave del lavoro di Frege è la teoria delle funzioni. La logica, per la prima volta nella sua storia, non venne basata sulla distinzione soggetto-predicato, ma sulla distinzione tra funzione e argomento. L'abbandono della distinzione grammaticale soggetto-predicato come base della logica è un passo che differenzia la logica di Frege da quella di Aristotele e permette l'unificazione di logica dei termini (aristotelica) e logica enunciativa o proposizionale (stoica) che erano rimaste per più di due millenni due branche separate della logica. Lo stesso Boole, l'ultimo innovatore nel formalismo logico, manteneva distinte le due logiche: gli stessi segni, come +, ´, 1, 0, avevano significato diverso in logica dei termini (unione disgiunta, intersezione, universo, classe vuota) e in logica degli enunciati (disgiunzione esclusiva, congiunzione, vero, falso), e in aritmetica (addizione, moltiplicazione, 1, 0).  Frege, al contrario, costruì un linguaggio logico universale in cui poter parlare dell'aritmetica. Egli, individuando una distinzione fondamentale tra forma grammaticale e forma logica (ripresa poi in modi diversi nella logica e linguistica del XX secolo), vide nella struttura funzione-argomento una forma invariante comune a diverse forme grammaticali. Ad esempio, due frasi, una all'attivo e l'altra al passivo, hanno differenti soggetti, ma ad esse soggiace la stessa struttura funzionale: "i greci vinsero i persiani" e "i persiani furono vinti dai greci" sono entrambe rappresentabili con una notazione del tipo "vinsero(g,p)", dove l'espressione "vinsero(x,y)" è una relazione a due posti, assimilabile a una funzione a due argomenti. Ogni relazione di questo genere, sia essa a un posto o a più posti, può  essere letta come una funzione che ha per argomenti individui e per valori valori di verità. Quello che Russell chiamerà "calcolo delle relazioni" è dato in queste osservazioni di Frege. Infine egli definì in generale “concetto” come “funzione che ha come valori valori di verità”. La soluzione tecnica che permise a Frege di fare la grande "unificazione" tra le due tradizioni della logica classica è l'invenzione dei quantificatori (cioè la concezione dei termini sincategorematici come "tutti" e "qualche" come espressioni funzionali di ordine superiore). Una espressione che in logica aristotelica costituisce un singolo enunciato ("tutti gli uomini sono mortali) diventa in Frege una connessione di due funzioni proposizionali: "x(uomo(x)> mortale(x)) [la formula si legge "per ogni x, se x è un uomo allora x è mortale]. La soluzione è analoga a quella degli stoici (che proponevano "se qualcosa è un uomo, allora è mortale"), con l'aggiunta dell'idea di "variabile" presa dalla matematica: il quantificatore universale """ vincola la variabile x per cui tutto ciò che segue al quantificatore dipende dal raggio di azione di quest'ultimo. L’altro quantificatore “qualche”, col significato di “esiste almeno un” (detto quantificatore esistenziale, simbolo “$”) si può definire nei termini di quello universale e del connettivo di negazione: “esiste almeno un x tale che...” equivale a “non tutti gli x non hanno...”.Con l'uso dei quantificatori la struttura generale degli enunciati generali (quelle rette da "tutti"), come pure quella degli enunciati retti da “qualche”, divenne una estensione propria della logica proposizionale. La parte proposizionale, che precede la presentazione del quantificatore, venne data da Frege con una base di connettivi limitata al non (Ø) e al se allora (>). Anche tali connettivi hanno ovviamente una interpretazione funzionale: sono quelle funzioni che assumono come argomenti valori di verità e hanno per valori ancora valori di verità (v. Logica Proposizionale). La prima definizione di connettivo verofunzionale risale alla chiara esposizione di Frege del significato del condizionale e della negazione fatta nella Ideografia. Qui e nel saggio “Über den Zweck der Begriffsschrift”(1883) Frege mostrò in dettaglio come con condizionale e negazione si potessero esprimere la congiunzione, la disgiunzione esclusiva, la disgiunzione inclusiva e il connettivo che attualmente si usa chiamare "NAND". Su questo tema, inteso semanticamente come composizione di pensieri, ritornò nella terza delle sue Logische Untersuchungen, pubblicata nel vol. III dei Beiträge zur Philosophie des Deutschen Idealismus (1923-1926), pp.36-51. Il calcolo proposizionale venne da Frege "immerso" in un calcolo dei predicati di ordine superiore, di cui venivano dati con chiarezza gli assiomi e le regole in modo del tutto analogo a quanto si fa nei manuali odierni (v. Logica dei Predicati con Identità). Anche sul tema della generalità e della quantificazione Frege continuò a riflettere nei suoi ultimi scritti. La continuità della riflessione di Frege sui principi fodamentali della logica e dell'idea di funzione di verità resta per noi un lascito che permane anche oltre le disavventure del fallimento del suo progetto fondazionale per la matematica e della sua tesi logicista.
2. Calcolo assiomatico. Con l'Ideografia Frege sviluppò un sistema assiomatico, e iniziò il suo progetto di riduzione della matematica alla logica, definendo il concetto di proprietà ereditaria e di antenato di una relazione e dando una caratterizzazione logica dell'induzione matematica (§27, formula 81). Frege definì infine il concetto di relazione biunivoca, che starà alla base della sua definizione di numero. Il sistema logico dell'ideografia, espresso in notazione contemporanea, presenta 9 assiomi; i primi sei, insieme alla regola del modus ponens posta da Frege alla base del suo sistema, e la regola di sostituzione, utilizzata anche se non resa esplicita, costituiscono un insieme completo di assiomi per la logica proposizionale:
1. p >(q > p)
2. [r >(q >p)] >[(r >q) >(r >p)]
3. [s >(q >p)] >[q >(s >p)]
4. (q >p) >(Øp > Øq)
5. ØØp >p
6: p >ØØp
Nel 1936, dieci anni dopo la presentazione fatta da Bernays di un metodo per dimostrare l'indipendenza degli assiomi,  Lukasievicz dimostrò la dipendenza del terzo assioma dai primi due. Altri due assiomi riguardano l'identità:
7. (a = b) >(Fa >Fb)
8. a = a
Infine il nono assioma introduce il principio di eliminazione del quantificazione universale e costituisce così la base del calcolo dei predicati:
9. "x Fx >Fa
Dato inoltre che Frege esplicitò nella sua opera il principio di introduzione del quantificatore universale (da Fa inferisci "x Fx, posto che a sia un nome arbitrario e Fa non dipenda da assunzioni che contengono a), si può immediatamente interpretare l'assioma 7 come esprimente il principio leibniziano di indiscernibilità degli identici (con il quantificarore anteposto alla fomula del conseguente). E' interessante notare che Frege inventò un sistema completo per la logica dei predicati del primo ordine anche se la sua è una logica di ordine superiore (v. Logica dei Predicati con Identità). Tale sistema offre implicitamente una teoria dei tipi, distinguendo rigorosamente tra oggetti, funzioni di primo livello e funzioni di livello superiore.
3. Semantica verofunzionale e antinomia di Russell. Con gli sviluppi successivi delle sue ricerche Frege aggiunse negli anni '90 alcuni concetti come la distinzione tra senso (Sinn) e significato (Bedeutung) [vedi oltre], che venne accolta nell'opera fondamentale, i Grundgesetze der Aritmetik. Qui Frege accettò come "oggetti" sia le estensioni dei concetti che i valori di verità, con due conseguenze: gli enunciati venivano considerati analoghi a nomi (nomi appunto di valori di verità) e veniva introdotto il concetto di "decorso di valori" di una funzione (in notazione moderna , cioè l'insieme degli x che costituicono i valori della funzione F). In questo modo Frege accolse e generalizzò l'idea, presentata nel suo precendente volume, Die Grundlagen der Aritmetik, di identificare i numeri con estensioni di concetti [vedi oltre]. Lo scopo esplicito di Frege era dare una fondazione logica alla matematica come espresso chiaramente nella prima pagina dei Grundgesetze: «Nelle mie Grundlagen der Arithmetik ho cercato di rendere probabile che l'aritmetica sia una branca della logica e che non abbia bisogno di ricavare un fondamento dimostrativo né dall'esperienza [contro J. Stuart Mill] né dall'intuizione [contro Kant]. In questo libro ciò dev'essere confermato dal fatto che le più semplici leggi dei numeri sono dedotte soltanto con mezzi logici». Nei Grundgesetze il numero di gli assiomi venne diminuito in vista del maggior numero di regole (i primi 9 assioni della Ideografia sono "compattati" in soli quattro assiomi), ma questo non salvò Frege dalla possibilità di derivare una contraddizione a partire da un suo assioma, il V, che in notazione moderna si può esprimere con: « ("x) (Fx « Gx). L'assioma legittima l'appello alle estensioni (decorso dei valori) dei concetti e comporta che due estensioni di concetti sono identiche se (e solo se) i loro rispettivi concetti si applicano agli stessi oggetti. Se ogni concetto è definito per ogni oggetto, allora l'assioma ci garantisce che ogni concetto ha una estensione, o, in altri termini, che data una proprietà è possibile derivarne una classe. Questo principio generale (chiamato solitamente "principio di comprensione") non è valido, come dimostrò brillantemente Russell individuando un'antinomia nel sistema di Frege a partire da questo assioma (la classe estensione del concetto “non appartenere a se stessi” appartiene a se stessa se e solo se non appartiene a se stessa). Frege pubblicò la lettera di Russell in appendice a Grundgesetze (vol. II) (v. Antinomia), e diede una risposta al paradosso; sfortunatamente la sua risposta non funzionava e venne dimostrata errata da Lukasievicz nel 1938. L'antinomia diede inizio a una discussione sui fondamenti della matematica, che offrì differenti soluzioni (v. Fondamenti). Lo stesso Frege nei suoi ultimi scritti, pubblicati postumi, abbandonò il logicismo e delineò una teoria della fondazione geometrica della matematica, avvicinandosi così alle idee kantiane contro cui si era scagliato nei suoi primi scritti, soprattutto in Gl (1894), che peraltro rappresenta a tutt'oggi un classico della filosofia della matematica).
4 Fortuna della logica di Frege. Oltre al fallimento del suo programma, la complessità e difficoltà anche grafica della scrittura logica di Frege rese difficile cogliere la novità dei risultati espressi; le reazioni dei recensori non furono entusiaste, anche per la preferenza data alla scuola booleana. Ci volle dunque tempo prima che le idee di Frege si mostrassero nella loro reale importanza. Ch.S. Peirce, che, unitamente a Schröder, era il massimo rappresentante della scuola booleana, inventò i quantificatori solo nel 1885 e senza alcuna idea di sistema assiomatico. Peano, il cui simbolismo fu preferito per la sua maggiore semplicità grafica, non aveva all'inizio una chiara idea di calcolo logico, ma pensava solo a una riscrittura dei concetti e degli enunciati matematici in lingua simbolica, con l'intento di ridurli al minimo numero. Per questo Frege sosteneva a ragione che dell'ideale leibniziano Boole e la sua scuola avevano sviluppato solo l'idea di calculus ratiocinator e Peano aveva sviluppato solo l'idea di lingua charcteristica. Solo la sua ideografia forniva al contempo un linguaggio e un calcolo assiomatico, cioè un sistema formale assiomatico nel senso moderno (ove si distinguono il linguaggio e l'apparato deduttivo). La grandezza di Frege come inventore della moderna logica matematica fu però offuscata da due fattori: (a) la sua distanza dalla visione delle scuole booleana e peaniana dei domini di discorso e il suo ricorso a un dominio universale che avrebbe dovuto essere trattato da un linguaggio universale; (b) la scoperta dell’antinomia di Russell e il conseguente fallimento del suo progetto fondazionalista (è sempre da ricordare che Russell, comarono Carnap e altri dopo di lui, restarono legati al progetto logicista in forme diverse). Ma, se l’antinomia di Russell demolisce il progetto logicista di Frege, non toglie a Frege i meriti per la invenzione della logica matematica e della semantica formale moderna. Molte delle sue idee vennero note dopo i riconoscimenti di  Russell nei Principles of Mathematics del 1903. La interpretazione di Frege come anticipatore del pensiero assiomatico moderno venne riconosciuta esplicitamente da Hilbert nel 1928, dopo che la sua semantica era stata ripresa e svilppata da L. Wittgenstein nel Tractatus del 1921 con il metodo delle tavole di verità. Tarski avrebbe in seguito dato una versione rigorosa del concetto di condizioni di verità e del vero e del falso come significato (denotazione) degli enunciati. Aspetti più sofisticati del suo sistema logico, come la distinzione tra senso e significato, vennero sviluppati formalmente da logici come Rudolf Carnap (già suo allievo) e Alonzo Church. E soprattutto, se oggi assistiamo a un proliferare di sistemi logici alternativi, il calcolo dei predicati come presentato da Frege resta ancora l'ossatura di base della logica contemporanea, che ha sviluppato su di esso una serie di risultati metalogici, alcuni dei quali abbozzati anche dallo stesso Frege. La sua insistenza su un dominio universale e il rifiuto dei domini di interpretazione tipici della logica di Boole è l'aspetto che più ha reso ostica la logica di Frege ai contemporanei; anche per questo aspetto alcune riflessioni storiografiche più recenti tendono a rivalutare l'apporto della scuola algebrica booleana, da Peirce a Whitehead (coautore con Russell dei Principia Mathematica); al contempo però altri autori ritornano sull'idea fregeana di un dominio universale e della possibilità della quantificazione universale non ristretta (Timothy Williamson).
II. Filosofia della matematica e platonismo. La filosofia della matematica di Frege nacque dalla vivace reazione contro le due tendenze fondamentali nella filosofia della matematica dei suoi tempi: la logica psicologistica (il cui maggior rappresentante per Frege è Benno Erdmann), per cui la logica è lo studio delle leggi psicologiche del pensare, e le teorie formalistiche della matematica che riducono i numeri ai segni numerici e la matematica a gioco di segni. La dottrina di fondo di Frege è una concezione oggettiva degli enti matematici e logici, che sussistono in sé, con le loro leggi, indipendentemente dal pensiero conoscente. I principi su cui tale concezione si basa furono delineati nelle Gl e sono (i) separare sempre il soggettivo dall'oggettivo; (ii) chiedersi il significato di un'espressione nel contesto di un enunciato; (iii) distinguere sempre oggetto e concetto (Gl, Intr., p. x). Vediamo le conseguenze dei tre principi a partire dall'ultimo. Il principio (iii)è legato alla particolare ontologia di Frege: oggetto e concetto sono entità che fungono da riferimento a diversi tipi di espressione linguistica, espressioni sature (nomi) e espressioni insature (predicati e funzioni). Questa distinzione è alla base di una "gerarchia dei livelli" che è per certi versi un’anticipazione della teoria dei tipi di Russell. In questa gerarchia i numeri sono oggetti, quindi al livello base della gerarchia. Frege definisce i numeri come estensioni di concetti. Questo aiuta a capita la visione di Frege che considera i numeri come oggetti e non – come alcuni autori prima di lui – come proprietà di oggetti. La tesi di Frege è che un’asserzione numerica (dire quanto cose vi sono di un certo tipo) contiene un’asserzione su un concetto (Gl, III, §46). Un’attribuzione numerica come "gli apostoli sono 12" riguarda il concetto di "apostoli" e dice che il numero 12 cade sotto il concetto di "apostoli". Il numero non può essere una proprietà di oggetti, perché non vi è alcun apostolo che ha come proprietà il 12. Il numero 12, in questo caso, è quell'oggetto che è l'estensione del concetto "apostoli", ma anche del concetto "mesi dell'anno solare" e "segni dello zodiaco", ecc. Russell dirà più semplicemente che i numeri sono classi di classi, in questo caso il 12 è la classe di tutte le dozzine, come 2 è la classe di tutte le coppie. Ma per Frege la questione era più complessa, perché una stessa classe può essere vista come diversi concetti: ad esempio una classe di soldati può essere vista come 1 esercito, 5 divisioni, 25 reggimenti, 100 compagnie, 400 plotoni o 4000 persone. Frege usò così il concetto di corrispondenza biunivoca (definito nella Ideografia) come la possibilità di far corrispondere uno a uno gli oggetti che cadono sotto un concetto agli oggetti che cadono sotto un altro concetto. In tal modo definiva la "equinumerosità" di due concetti (quelli i cui oggetti sono in corrispondenza biunivoca) e poteva infine definire il numero spettante a un concetto F come l'estensione del concetto "equinumeroso a F". Con passaggi rigorosi Frege passò poi a definire la classe dei numeri naturali, lo zero e il concetto di successore di un numero. La sua intenzione era cioè definire quelli che Peano assumeva come concetti primitivi e dimostrare le proposizioni che il matematico italiano aveva assunto nella sua celebre assiomatizzazione dell’aritmetica. Il principio (ii), chiamato anche "principio del contesto" ci porta in un altro tipo di problemi in particolare connessi alla lotta contro lo psicologismo: se si chiede il significato di una parola in isolamento è facile cadere nella risposta di Locke per cui il significato è un'immagine mentale. Ma un'immagine mentale è soggettiva, e varia da persona a persona. Quindi occorre ancorare il significato di una espressione al contesto dell'enunciato in cui compare, perché solo ciò che è esprimibile nel linguaggio ha il carattere di oggettività. Il linguaggio, come diceva Frege in uno dei suoi primi scritti, è uno strumento essenziale come la vela e l'uso del vento per la navigazione (a remi si va molto più lenti). La definizione di "oggettività" legata alla esprimibilità linguistica non vuol dire che Frege pensasse che il pensiero oggettivo si riduca a linguaggio; al contrario il pensiero è oggettivo e indipendente dal linguaggio; ma solo con il linguaggio possiamo avere accesso ad esso.  Frege sviluppò negli ultimi anni l'idea di un regno dei "pensieri", un terzo regno accanto al mondo fisico e al mondo psichico (soggettivo). Questa tematica venne elaborata ampiamente nel saggio "Der Gedanke" del 1918, e ripresa "mondanamente" da Popper che parla del "terzo mondo" delle costruzioni culturali, una versione deplatonizzata del terzo regno fregeano). La visione fregeana del terzo regno dei pensieri oggettivi è una difesa estrema del principio (i)definito nelle Grundlagen: la lotta di Frege contro l'idea di fondare la logica sulla psicologia trova in questa mitologia un rifugio sicuro. Egli raggiunse così la maggior parte dei matematici sull'atteggiamento platonista. Anche se la filosofia della matematica di Frege appare per certi aspetti superata, le sue Grundlagen der Arithmetik segnano una svolta decisiva nella filosofia della matematica, fornendo alcune critiche definitive a teorie preconcette e a visioni ingenue presentate dai filosofi prima di lui, in particolare le forme superficiali di empirismo e di formalismo. Abbiamo accennato alla crisi del riduzionismo logicista e al suo fallimento nella versione fregeana; ma questo non vuol dire che la prospettiva fregeana fosse disarmata di fronte alle critiche. Ad esempio Frege aveva alcune risposte originali alle critiche dei suoi contemporanei, e in particolare all'idea che con il logicismo la matematica si sarebbe ridotta a una serie di tautologie o sillogismi, e non avrebbe quindi alcun valore conoscitivo. Questa era la posizione di Poincaré, che ribadiva l’evidente fecondità della matematica giustificata più facilmente dalla visione kantiana del sintetico a priori. Su questo punto la risposta di Frege è duplice: da una parte la matematica è come la pianta rispetto al seme; fuori di metafora, dai principi logici e le regole logiche si può dedurre l'intero edificio, ma la conoscenza degli sviluppi che partono da pochi principi è pur sempre una nuova conoscenza rispetto ad essi. Dall'altra le equazioni matematiche, pur essendo analitiche a priori, forniscono nuova conoscenza in un modo preciso e originale. Infatti, come Frege era solito ribadire nelle sue lettere a Peano e Russell, equazioni numeriche come 2 + 2=2 . 2 mostrano come uno stesso riferimento (Bedeutung) – in questo caso il numero 4 – può essere determinato da diverse precedure calcolistiche (cioè viene dato da espressioni con diverso senso o Sinn). La dicotomia senso/riferimento è un cardine della filosofia di Frege che ha applicazioni sia in filosofia della matematica che in filosofia del linguaggio.
III. Filosofia del linguaggio. La filosofia del linguaggio del XX secolo è innegabilmente connessa al pensiero di Frege. Mentre da una parte la logica di Frege è stata accolta senza eccezioni, e dall'altra il suo riduzionismo logicista è stato per lo più abbandonato, le sue riflessioni sul linguaggio nate dalla riflessione sul formalismo logico hanno avuto un ruolo differente; né accolte né respinte, hanno stimolato una tale massa di letteratura critica da far considerare il logico tedesco come il fondatore della filosofia del linguaggio contemporanea. Il libro di M. Dummett su Frege uscito nel 1973 è stato forse il primo lavoro che ha richiamato l'importanza del suo pensiero nella filosofia del linguaggio contemporanea. Libri successivi hanno contribuito a collocare storicamente Frege nella cultura del suo tempo, ma non intaccano la sua influenza sui pensatori successivi. Egli ha avuto un’influenza fondamentale sui due principali rappresentanti della filosofia del linguaggio comune e sulla filosofia del linguaggio formale, cioé Wittgenstein, che lo considerò un maestro ben più profondo di Russell, e Carnap, suo allievo a Jena e di cui abbiamo gli appunti delle lezioni di Frege. Frege influenzò la svolta antipsicologista di Edmund Husserl e il pensiero del filosofo John Austin, che tradusse in inglese le sue Grundlagen. Non è difficile indicare i concetti principali che Frege ha lasciato alla filosofia del linguaggio del XX secolo: (a) il concetto di asserzione e la separazione tra predicazione e asserzione; (b) la distinzione tra Sinn e Bedeutung;(c) la discussione sulla nominazione; (d) il principio di composizionalità; (e) il problema del discorso indiretto; (f) il problema degli indicali. Esaminiamoli uno per uno.
(a) Il concetto di asserzione è centrale nella logica di Frege; nella Ideografia introdusse il segno (composto di un tratto verticale e un tratto orizzontale) per indicare che ciò che segue viene asserito come vero. Il segno resta nella logica successiva come segno di derivazione, per indicare che ciò che lo segue è derivato da un insieme di premesse (se l'insieme è vuoto, ciò che segue il segno deriva unicamente da assiomi logici). Frege diede importanza al significato filosofico del segno, che per lui era un modo di distinguere – come già Kant prima lui – un contenuto di pensiero (una predicazione) da una asserzione. La distinzione è evidente nelle formule condizionali, dove il contenuto degli enunciati componenti non è asserito, ma viene asserita la verità del condizionale (in "Se piove mi bagno", non si asserisce né che piove, né che mi bagno). Tale segno, a differenza dei connettivi logici, non può essere iterato. Negli ultimi scritti, e in particolare in "Der Gedanke" (1918), Frege ritornò sul concetto di asserzione e sul segno di asserzione come aspetto centrale della sua filosofia, ribadendo la distinzione tra pensiero e giudizio e – a livello linguistico – tra enunciato (Satz) e asserzione (Behauptung). La distinzione a livello ontologico riguarda in generale la differenza tra il contenuto concettuale e l'azione (mentale o linguistica) con cui questo viene trattato: Frege discusse soprattutto l'azione dell'asserire, ma i suoi successori, da Reichenbach ad Austin, hanno elaborato teorie che considerano i diversi tipi di azione linguistica con cui si può trattare uno stesso contenuto concettuale, dando luogo al campo di studi degli atti linguistici. (b) La distinzione tra significato (Bedeutung tradotto anche con "riferimento " o "denotazione"), senso (Sinn) e rappresentazione (Vorstellung) di un segno o simbolo divenne centrale a partire dagli articoli degli anni '90: il significato è l'oggetto denotato (ed ha valore oggettivo), la rappresentazione è l'immagine soggettiva che accompagna il simbolo, mentre il senso è l'aspetto sotto il quale l'oggetto ci viene dato: per esempio, «la stella del mattino» e «la stella della sera» hanno senso diverso e lo stesso significato (il pianeta Venere). Cercando di superare gli inganni della lingua per creare un linguaggio formale non equivoco, Frege discusse diversi aspetti del linguaggio naturale nel tentativo di definire il concetto di "senso" di un enunciato come ciò che viene compreso o afferrato quando si afferra l'enunciato. Anche se non diede mai una definizione esplicita di senso come condizioni di verità, come fece alcuni anni dopo Wittgenstein nel Tractatus, si avvicinò, specialmente nella sua ultima opera, a tale definizione (Gg I, §32). (c) Il problema della nominazione è un caso particolare del problema del rapporto tra espressione linguistica e contenuto; la complessa posizione di Frege dipende dalla sua teoria del senso e riferimento. Ogni nome esprime un senso che è un modo in cui viene dato il riferimento, ma vi possono essere nomi con un senso e senza riferimento (come i nomi di entità fittizie) che danno luogo a enunciati con senso e privi di valore di verità. Ma Wittgenstein, e Kripke dopo di lui, sosterranno come J.S. Mill, che i nomi propri si riferiscono direttamente agli oggetti, senza alcuna mediazione concettuale. Su come avrebbe potuto rispondere Frege a una critica di questo tipo si sono scritti diversi volumi. Un’ipotesi di Evans e McDowell sostiene che per Frege non si può parlare propriamente di nomi privi di riferimento, se non in senso appunto "fittizio" che dà luogo a pensieri "fittizi" che non sono veri e propri pensieri. In Gg §28 Frege ricorda che in una ideografia i nomi correttamente formati devono sempre riferirsi a qualcosa. Ma anche nel linguaggio naturale un nome, per essere correttamente usato, deve radicarsi in un rapporto diretto con l'oggetto; il senso esprime il modo in cui il nome viene usato nella comunità linguistica e rappresenta le procedure con le quali si identificano l'oggetto cui il nome si riferisce. (d) Il principio di composizionalità e l'uso della sostitutività. Il principio di composizionalità, è il principio per cui il contenuto di un enunciato è funzione del contenuto delle parti componenti. Il principio vale sia per il senso che per il riferimento. Non vuol dire che il riferimento del tutto è letteralmente composto dal riferimento delle parti (la capitale della Svezia, cioè la città di Stoccolma, osservò una volta Frege, non ha tra le sue parti componenti la Svezia stessa). Il principio di composizionalità è un requisito fondamentale di ogni teoria del linguaggio di tradizione fregeana. Il principio è suffragato dal principio di sostitutività salva veritate, che Frege utilizzò su ispirazione di Leibniz (Frege aveva accostato Leibniz attraverso Trendelenburg prima di scrivere la Ideografia; ma in seguito si dedicò alla lettura delle opere del suo famoso predecessore). Se in un enunciato sostituiamo una parte con un'altra con lo stesso riferimento (senso) allora il riferimento (senso) del tutto non cambia. Se in "La stella del mattino è un pianeta" sostituisco "la stella del mattino" con "la stella della sera" (termine con lo stesso riferimento), allora, se il primo enunciato è vero, sarà vero anche l'enunciato ottenuto sostituendo il termine coreferenziale. (e) Discorso indiretto. Tra i problemi individuati da Frege, a prescindere dalle soluzioni da lui proposte, abbiamo il problema del discorso indiretto o degli atteggiamenti proposizionali (nella terminologia di Russell); Frege usava distinguere sempre chiaramente segni e oggetti, relativamente al tipo di discorso che viene fatto. Ripropose così in nuova terminologia quello che i medievali chiamavano "modo formale" e "modo materiale" e che lui chiamava la differenza tra "uso" e "menzione". Uno stesso termine può essere usato o menzionato. Se viene menzionato, il termine stesso diviene l'oggetto del discorso, il riferimento, e occorre avere un nome per questo oggetto; il nome in questo caso è l'espressione stessa unita alle virgolette di citazione. In un discorso in cui cito i miei oggetti sono le espressioni linguistiche (nomi, predicati...) e non i loro riferimenti. Ma che accade in un discorso indiretto, dipendente da un "che", come in "x dice che p", o "x crede che p"? Qui non si cita, dunque non si parla di espressioni; ma l'autore del resoconto verbale non sostiene la verità della proposizione, ma dice solo che qualcun altro la crede o la dice. E la verità del suo resoconto sarà indifferente al valore di verità della proposizione riportata (se dico che x crede che 2 + 2 = 5 e x lo crede, il mio resoconto è vero anche se è falso che 2 + 2 = 5). Quindi il riferimento o significato della proposizione riportata nel discorso indiretto non puo' essere il vero o il falso. Per Frege in questo caso il riferimento è il senso ordinario, cioè il pensiero espresso dall'enunciato. In conclusione nel discorso indiretto non ci riferiamo al riferimento ordinario, ma a un riferimento indiretto che si identifica con il senso ordinario. Per alcuni, come R. Carnap e M. Dummett, ci si dovrebbe fermare qui; per altri, come A. Church, questa soluzione fregeana impone di assumere una sequenza infinita di sensi, a seconda di quanto sia incassato l'enunciato indiretto ("x crede che y crede che z crede che...."). (e) Il problema degli indicali. La concezione fregeana del pensiero come qualcosa di oggettivo e appartenente a un terzo regno, né psichico né fisico, trova la sua chiara esemplificazione nei teoremi matematici, uguali per tutti. Non a caso l'esempio preferito da Frege era il teorema di Pitagora. Ma questa visione del pensiero trova un ostacolo nella lingua naturale che è sempre dipendente dal contesto delle situazioni fisiche e psichiche in cui avviene un proferimento. Frege diede molta importanza a questi aspetti della lingua naturale, proponendo una visione che fa dipendere la comprensione del pensiero dalla comprensione degli aspetti indicali della lingua. A differenza di enunciati come "2 + 2 = 4" che sono veri indipendentemente dal luogo e tempo del proferimento, enunciati come "io sono stanco" o "l'erba del prato è verde" dipendono da tempo, luogo e circostanze del proferimento. Un enunciato del genere, fuori dal contesto, non potrà mai essere valutato come vero o falso. Ma insieme alle circostanze del proferimento e al tempo e al luogo, ogni enunciato della lingua naturale potrà anch'esso esprimere un pensiero che sarà vero o falso eternamente (se l'erba del prato è verde oggi, sarà vero per sempre che in questo giorno l'erba del prato era verde). Si può quindi comprendere meglio la visione del terzo regno dei pensieri, che venne da Frege proposto prima di tutto per la filosofia della matematica, ma che si può generalizzare a ogni tipo di pensiero, anche quelli espressi in linguaggio naturale.
- Opere: Tra i suoi scritti: Begriffsschrift, eine der arithmetischen nachgebildete Formelsprache des reinen Denkens, Halle, 1879; Die Grundlagen der Arithmetik, eine logisch-mathematische Untersuchung über den Begriff der Zahl, Breslavia, 1884 (2a ed. 1934; rist., Hildesheim 1961); "Funktion und Begriff", Vortrag gehalten in der Sitzung vom 9. Januar 1892 der Jenaischen Gesellschaft für Medizin und Naturwissenschaft, Jena, 1891; "Ueber Sinn und Bedeutung", in «Zeits. f. Philos. u. phil. Kritik », 1892, pp. 25-50; "Ueber Begriff und Gegenstand", in « Viertelj. wiss. Phil. », 1892, pp. 192-205; Grundgesetze der Arithmetik, begriffsschriftlich abgeleitet, 2 voll., Jena 1893-903 (rist. I vol., Hildesheim 1962; ed. minore, ivi 1966); Ueber die Begriffsschrift des Herrn Peano und meine eigene, in « Berichte über die Verhandlungen der Königl. Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig », Math.-phys. Klasse, 1896, pp. 361-78. Cfr. anche: Funktion, Begriff Bedeutung. 5 logische Schriften, a cura di G. Patzig, 2a ed. riv., Gottinga, 1966; Kleine Schriften, a cura di I. Angelelli, Darmstadt, 1967 (comprende tutti gli scritti minori di Frege finora editi in tedesco, tra cui alcuni qui sopra indicati, una lettera di Hilbert a Frege, e note marginali di Scholz e di Husserl a opere di Frege; bibl. degli scritti finora pubbl., pp. 423-27). II Nachlass scientifico, conservato nell'archivio dell'Istituto di logica, matematica e ricerche sui fondamenti, dell’Università di Münster, è stato pubblicato a cura di H.Hermes, F.Kambartel E F. Kaulbach: Nachgelassene Schriften, Meiner, Hamburg, 1969; L'epistolario, a cura di G.Gabriel, H. Hermes, F. Kambartel, C. Thiel, A. Veraart: Wissenschaftlicehr Briefwechsel, Meiner, Hamburg, 1976. Di Frege,  a partire dalla raccolta Aritmetica e logica, a cura di L. Geymonat (Einaudi, 1948) sono state tradotte in italiano tutte le opere maggiori in edizioni diverse. Tra queste traduzioni si ricordano Logica e aritmetica (Boringhieri, 1965) a cura di C. Mangione, parte dell'epistolario con il titolo Alle origini della nuova logica (Boringhieri, 1983) a cura di C. Mangione, Scritti postumi (Bibiopolis, 1986) a cura di E. Picardi, Principi fondamentali della matematica (Teknos 1995 a cura di C.Cellucci),  Ricerche logiche, Guerini, a cura di M. Di Francesco con trad. di R. Casati e introduz. di M. Dummett; Senso, funzione e concetto (Laterza, 2000) a cura di C. Penco e E. Picardi.
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Bibl. Libri su Frege: I. Angelelli, Studies on G. Frege, a. Traditional Philosophy, Dordrecht, 1967; M. Beaney, Frege. Making Sense, Duckworth, London, 1996; D. Bell, Frege's Theory of Judgement, Blackwell, Oxford, 1979; W. Carl, Frege’s Theory of Sense and Reference, Cambridge U.P., Cambridge, 1994;  A. Church,  A Bibliography of Symbolic Logic e Additions . Corrections to a Bibliogr. of Symbolic Logik, in «The Journal of Symbolic Logic», 1936-38; G. Currie, Frege, an introduction to his Philosophy, Havester Press, Sussex, 1982; R. de Monticelli, Dottrine dell'intelligenza. Saggio su Frege e Wittgenstein, De Donato, Bari, 1982; M. Dummett, Frege, Philosophy of Language, Duckworth, London, 1973; tr. it. parziale (a cura di C. Penco) Filosofia del linguaggio, Saggio su Frege, Marietti, Casale, 1983; M. Dummett,The interpretation of Frege’s Philosophy, Duckworth, London, 1981; M. Dummett, Frege and Other Philosophers, Clarendon Press, Oxford, 1991; M. Dummett, Frege, Philosophy of mathematics, Duckworth, London, 1991; R. Egidi, Ontologia e conoscenza matematica. Un saggio su G. Frege., Firenze, 1963;  A. Kenny, Frege, Penguin Books, London, 1995, tr.it. Einaudi, Torino, 1999; M. Mariani, Frege, Laterza, Bari, 1994, C. Penco, Vie della scrittura, Frege e la svolta linguistica in filosofia, Angeli, Milano, 1994 (2000); E. Picardi, La chimica dei concetti, Il Mulino, Bologna, 1994; W. V.O. Quine, La via d'uscita di Frege, in «Riv. Filos.», 1955, pp. 371-86; M.D.Resnik Frege and the Philosophy of Mathematics, Cornell U.P., Ithaca-London, 1986; N. Salmon, Frege’s puzzle, MIT press, Cambridge (Mass), 1986; H. Sluga, Gottlob Frege, Routledge & Kegan Paul, London, 1980; C. Thiel, Sinn und Bedeutung in der Logik Gottlob Freges, Anton Hain, Meisenheim a.Glan 1965  (Reidel, Dordrecht, 1968); P.Tichy, The foundations of Frege’s Logic De Gruyter, Berlin-New York 1988; M. Trinchero, La filosofia dell'aritmetica di G. Frege, Giappichelli, Torino,1967; N. Vassallo, La depsicologizzazione della Logica, Un confronto tra Boole e Frege, Angeli, Milano, 1995; F. von Kutschera,  Gottlob Frege, Eine Einführung in sein Werk, De Gruyter, Berlin, 1989; J. D. B. Walker, A Study of Frege, Oxford, 1965;  J. Weiner, Frege in Perspective, Cornell Univ. Press, Ithaca, 1990; C.Wright  Frege’s conception of numbers as objects, Aberdeen U.P., Aberdeen, 1983;
Antologie su Frege: M. Schirn  (a cura di) Studien zu Frege (3 voll), Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad Canstatt, 1976; C. Wright (a cura di), Frege, Tradition and Influence, Blackwell, Oxford, 1984; L. Haaparanta - J. Hintikka, Frege synthesised, Essays on the Philosophical and Foundational Work of Gottlob Frege , Reidel, Dordrecht, 1986; J.Biro - P. Kotatko (a cura di), Frege: Sense and Reference one hundred years later, Kluwer, Dordrecht, 1995; M.Schirn Frege: Importance and legacy, De Gruyter, Berlin, 1996; T. Ricketts (a cura di) The Cambridge Companion to Frege, Cambridge U.P., Cambridge, 2004;  M. Beaney, E. Reck, Frege: Critical Assessments of Leading Philosophers, Routledge, London, 4 volumes (2004).

 

Fonte: http://www.dif.unige.it/epi/hp/penco/pub/FREGE_gal.doc

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