Principio di Pascal pressione nei fluidi

Principio di Pascal pressione nei fluidi

 

 

 

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Principio di Pascal pressione nei fluidi

Una prima proprietà importante di una sostanza è la sua densità assoluta o più semplicemente densità ro(da non confondersi con la densità relativa), definita come il rapporto tra la sua massa e il suo volume:
ro=m/V
Per un fluido omogeneo la densità può dipendere da fattori quali pressione e temperatura:

  • per i liquidi la densità varia molto poco al variare di temperatura e pressione, quindi anche per ampie variazioni di queste ultime possiamo considerare rocostante;
  • per i gas la densità dipende sensibilmente da pressione e temperatura, ed è quindi necessario precisare questi parametri quando si dá la densità di un gas.

La densità si misura in Kg/m³ o in g/cm³, con la conversione: 1 g/cm³ = 1 · 10³ kg/m³.


Direttamente dipendente dalla densità è il peso specifico, definito come il rapporto tra il peso di un corpo ed il suo volume. Esso non è altro che ro*g:
ro*g=P/V=m*g/V
L'unità di misura del peso specifico, quando la densità è misurata in kg/m³, è il N/m³.Consideriamo una porzione di fluido in quiete contenuto in un recipiente. L'elemento considerato abbia ad esempio forma cilindrica e spessore molto piccolo, quale ad esempio quello di un foglio di carta (circa 1· 10-4): il fluido che circonda la porzione isolata eserciterà delle forze su quest'ultimo e poiché l'intera massa fluida si è supposta in quiete le forze esercitate sulle basi del cilindro si bilanceranno (per qualunque orientazione nello spazio e trascurando la superficie laterale in quanto infinitesima).
disco immerso

Poiché il disco ha uno spessore infinitesimo, è possibile trascurare la differenza di profondità del fluido tra le due superfici: in queste condizioni la forza F è indipendente dall'orientazione del disco, che possiamo considerare addirittura una sola superficie.
Definiamo la pressione come:
pressione=intensita` forza normale/superficie
o, in simboli:
p=F/S
Le unità di misura della pressione nei vari Sistemi di Misura sono:


Sistema

Unità

Simbolo

Valore

S.I.

Pascal

Pa

1 N/m²

c g s

Baria

 

1 dyn/cm²


Fuori sistema sono usati anche:

  • il bar, usato soprattutto in meteorologia, in particolare il suo sottomultiplo millibar;
  • il millimetro di mercurio, in simbolo mmHg o torr:
  • l'atmosfera, in simbolo atm, definita come la pressione esercitata da una colonna di mercurio alta 76 cm, al livello del mare, a 45° di latitudine e a 0°C.

La pressione in un punto all'interno di un volume di liquido, considerandone la densità rocostante, si calcola attraverso la legge di Stevino. Il principio di Pascal ci dice come si trasmettono variazioni di pressione attraverso il fluido stesso. Con questi elementi possiamo spiegare il paradosso idrostatico ed il principio dei vasi comunicanti.

LA LEGGE DI STEVINO


Per i liquidi, in generale, la densità è dappertutto costante e si può vedere che la pressione aumenta linearmente con la profondità.
Prendiamo una colonna di liquido di sezione di area A ed altezza h (la risultante delle forze sul piano orizzontale sarà nulla in quanto la colonna considerata si suppone non avere accelerazione in senso orizzontale). La massa di tale colonna liquida è:
m=ro*V=ro*A*h
ed il suo peso è:
P=m*g=ro*A*h*g
Indichiamo con po la pressione in cima alla colonna.
somma delle pressioni
Alla base della colonna la pressione sarà maggiore di quella alla sommità, perché oltre alla forza di pressione sarà presente il peso della colonna. Indicando con p la pressione sul fondo, la forza verso l'alto esercitata dalla superficie inferiore per bilanciare la forza esercitata dalla parte superiore sarà ( dalla definizione, per i moduli si ha  F = p · A ):
p*A
ovvero
p=p(0)+ro*g*h


Il risultato è appunto che la pressione aumenta linearmente con la profondità e ad una profondità h essa è aumentata di una quantità ro*g*hrispetto alla pressione po della quota di riferimento rispetto cui è misurata la profondità h.

Questo risultato è noto come Legge di Stevino.

 

 

 

 

IL PRINCIPIO DI PASCAL

sfera con pistoneSe applichiamo una forza di intensità F ad un pistone che comprime il liquido contenuto in un recipiente di forma sferica, vedremo che quest'ultimo zampillerà dai fori con getti di lunghezza pressappoco uguale e direzione iniziale perpendicolare a quella della parete sferica. La velocità di fuoriuscita del liquido, inoltre, sarà tanto più elevata quanto maggiore è l'intensità della forza applicata.
Tale fenomeno si spiega ammettendo che la pressione applicata dal pistone si trasmetta invariata a tutto il liquido e la formalizzazione di ciò va sotto il nome di principio di Pascal :
una pressione esercitata in un punto di una massa fluida si trasmette in ogni altro punto e in tutte le direzioni con la stessa intensità (su superfici uguali).


Spieghiamo questo fenomeno utilizzando la legge di Stevino che ci dice che la pressione p in un punto P a profondità h dalla superficie libera del liquido è :
p=p(0)+ro*g*h
Poiché i liquidi sono praticamente incomprimibili, aumentando la pressione po di una quantità deltap(0), la densità ronella precedente equazione rimarrà costante e di conseguenza in P avremo un nuovo valore di pressione p'   :
p'=(p(0)+deltap(0))+ro*g*h
la variazione di pressione avvenuta nel punto P dopo il cambiamento di quella alla quota di riferimento è:
deltap=p'-p=deltap(0)

Quindi anche nel punto P la pressione è aumentata di un valore deltappari a deltap(0)e da ciò deduciamo che la variazione di pressione si è trasmessa ad ogni porzione del fluido ed in ogni direzione ( quindi anche alle pareti del recipiente), confermando quanto enunciato dal principio.

 

ILPARADOSSO IDROSTATICO


Una conseguenza della legge di Stevino è che la pressione dipende solo dalla profondità alla quale essa viene misurata e non dalla forma del recipiente che contiene il fluido.


Il valore della pressione in un punto all'interno di un liquido contenuto in un recipiente non dipende dalla forma di quest'ultimo. Ciò si dimostra considerando il fatto che le pareti del recipiente si deformano finché la loro forza elastica non fa equilibrio alla pressione del fluido e quindi, agli effetti della pressione, equivalgono alla presenza di altre parti di liquido.
Consideriamo i tre recipienti:
vasi
aventi ugual base e riempiti con uno stesso liquido fino ad una altezza h. La pressione sul fondo di ogni recipiente dovuta al peso del liquido, secondo la legge di Stevino, assume lo stesso valore nei tre vasi.
La forza F che agisce sul fondo è:
F=p*A
quindi

ovvero la forza è uguale al peso del liquido di volume V = A·h, cioè il peso del liquido contenuto nel vaso (1).

Il paradosso idrostatico consiste proprio in questo: pur essendo il peso del liquido contenuto nei vari recipienti diverso a seconda dei casi, la forza esercitata sul fondo ( nelle condizioni sopra indicate ) è uguale per tutti e tre i casi e pari al peso del liquido contenuto nel recipiente (1).
vaso largo
Per il recipiente (2) il peso del liquido contenuto è maggiore del peso del liquido in (1) e, per quanto detto sopra, maggiore della forza esercitata sul fondo. Il paradosso in questo caso si spiega con il fatto che parte del peso del liquido contenuto è sostenuto dalla forza normale R, avente componente P' verso l'alto, esercitata dalle pareti del recipiente stesso. In effetti la porzione di liquido ombreggiata è sostenuta dai lati del recipiente.
vaso stretto

Per lo stesso principio nel caso del recipiente (3) la forza di reazione delle pareti del recipiente avrà una componente P' verso il basso che andrà a sommarsi al peso del liquido a quella quota e darà comunque come risultato una forza F di intensità equivalente al peso del liquido contenuto in (1) ( in questo caso il peso del liquido contenuto in (3) è minore di quello contenuto in (1) ).

 

 PRINCIPIO DEI VASI COMUNICANTI


Conseguenza della legge di Stevino ( vedi anche il paradosso idrostatico ) è che in un sistema di vasi comunicanti il fluido contenuto raggiunge la stessa quota indipendentemente dalla forma dei recipienti.
vasi comunicanti
Potendo scrivere la legge di Stevino nella forma p - p(0)=ro*g*h,
vaso
cambiando variabili come in figura la formula precedente può essere riscritta come:
p(2) - p(1)= - ro*g*(y(2)- y(1))
dove p1,y1 e  p2, y2 sono rispettivamente pressione e quota dei punti 1 e 2 dal livello di riferimento che questa volta è stato preso sul fondo del recipiente contenente il fluido.
Da ciò segue che la quota raggiunta da un fluido nei due bracci di un tubo ad U è la stessa.
Anche in questo caso la differenza di pressione tra due punti qualsiasi si calcola attraverso la formula (*), in quanto per la legge di Stevino si ha differenza di pressione solo in corrispondenza di variazioni di quota: congiungendo i due punti A e B con tratti orizzontali e verticali si hanno variazioni di P solo nei segmenti verticali.
Quindi la differenza di pressione   pB - pA   è la somma algebrica delle differenze sui segmenti verticali da A a B, cioè ro*g*(y(2) - y(1))
tubi ad U
Se il tubo è riempito con liquidi non miscibili di densità diverse ro(1)e ro(2), le altezze raggiunte dal fluido nei due rami saranno diverse: h1 e h2. Sulla superficie S di separazione tra i due liquidi agiranno rispettivamente verso il basso e verso l'alto le pressioni idrostatiche delle colonne h1 e h2. In condizioni di equilibrio le due pressioni si bilanceranno:
ro(1)*g*h(1)=ro(2)*g*h(2)
da cui:
h(1)/h(2)=ro(2)/ro(1)
Pertanto due liquidi non miscibili in vasi comunicanti raggiungono altezze inversamente proporzionali alle proprie densità.

Notiamo che possiamo vedere il principio dei vasi comunicanti nella forma sopra enunciata come caso particolare di questa ultima formula: se il liquido contenuto è uno solo ro(1)=ro(2)e quindi h1 = h2, ovvero l'altezza raggiunta nei due bracci del tubo ad U è la stessa.

 

 

 

MISURE DI PRESSIONE

Per effettuare misure di pressione i metodi che sfruttano i principi della statica dei fluidi sono quelli che si basano sulle variazioni di quota raggiunte da colonne di liquido sottoposte a pressioni di riferimento o a pressioni incognite. Gli strumenti di questo tipo che prenderemo in considerazione saranno:

I BAROMETRI A MERCURIO

Il barometro di Torricelli è uno strumento a mercurio per la misura della pressione atmosferica.
Ideato da Evangelista Torricelli nel 1643, consiste in un lungo tubo di vetro riempito di mercurio e immerso con l'estremità aperta in una bacinella piena anch'essa di mercurio.
Lo spazio all'interno del tubo al di sopra della colonna di mercurio contiene solo vapori di quest'ultimo, la cui pressione alle temperature ordinarie è trascurabile (la pressione di vapore del mercurio a 20 °C è pari a 160,12 10-3Pa).
La colonna si alzerà tanto quanto necessario ad equilibrare la pressione atmosferica esercitata sulla superficie libera del fluido della bacinella : se indichiamo con p2 = 0 la pressione della sommità della colonna ( a quota y2 ) e con patm la pressione sulla superficie a quota y1del mercurio della vaschetta, la legge di Stevino nella forma
p(2) - p(1)= - ro*g*(y(2) - y(1))
dà :
p(atm)=ro*g*h
dove h=y(2) - y(1).

Il barometro di Torricelli

 

 

 

 

IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE

Se si pesa un corpo immerso in acqua si nota che la bilancia segna un valore inferiore a quello che segnerebbe se il corpo venisse pesato in aria. Evidentemente il processo di pesatura in acqua implica l'esistenza di una forza che bilanci parzialmente la forza di gravità.
Ciò va sotto il nome di Principio di Archimede :

un corpo immerso in un fluido in equilibrio subisce una spinta diretta dal basso verso l'alto di intensità pari al peso del volume del fluido spostato.

principio di solidificazione
Possiamo dare una prima spiegazione del fenomeno avvalendoci della dimostrazione teorica che diede Stevino nel 1586.
In un fluido stazionario di densità roisoliamo un volume V per mezzo di una superficie di contorno impermeabile e priva di massa, di area S. Essendo la massa m del fluido contenuto in S in equilibrio, il suo peso m*g=ro*V*gsarà controbilanciato dalle forze esercitate su esso dal fluido circostante e poiché tali forze dipendono solo dalle condizioni all'esterno di S, qualsiasi altro oggetto avente la stessa superficie esterna S necessariamente verrà sospinto verso l'alto dalle stesse forze, cioè da forze la cui risultante è sempre uguale al peso del fluido spostato.
Abbiamo supposto il fluido in equilibrio e quindi la forza di Archimede non solo è diretta verso l'alto ma deve passare per il centro di massa della porzione di fluido spostato : quest'ultimo punto è detto centro di spinta e non coincide necessariamente con il centro di massa di un corpo immerso.


Una spiegazione più dettagliata la possiamo dare attraverso un bilancio di forze (secondo le leggi di Newton), partendo dal fatto che in equilibrio statico la forza risultante deve essere nulla.
Se, come in figura, misuriamo la forza peso di un corpo di massa m per mezzo di un dinamometro, vediamo sperimentalmente che il valore segnato (F(d)) dallo strumento quando il corpo è immerso è inferiore al valore della forza peso misurata in aria (P).
Le forze verticali agenti sul corpo pesato in immersione sono la forza di gravità Pe la forza del dinamometro F(d)agenti in versi opposti, una forza F(1)diretta verso il basso esercitata dal liquido che si trova sopra il corpo ed una forza F(2)diretta verso l'alto dovuta all'acqua che preme sulla superficie inferiore del corpo.
Le forze applicate sulla superficie laterale del corpo dal fluido circostante, poiché quest'ultimo si trova equilibrio statico, si bilanceranno e quindi non dovranno essere tenute in considerazione.
Visto che il dinamometro indica una forza minore del peso, il modulo di F(2)dovrà essere maggiore di quello di F(1): la differenza tra queste due forze è detta spinta idrostatica o spinta di Archimede ed è una forza diretta verso l'alto perché la pressione sul fondo del corpo immerso è maggiore di quella sulla sommità.

Se ora si immagina di sostituire il corpo iniziale con un ugual volume di fluido in equilibrio, si avrà che la spinta S=F(2) -F(1)che agisce sul volume di fluido sarà uguale a quella che agiva sul corpo iniziale poiché il volume che circonda gli elementi in questione è lo stesso.
La spinta verso l'alto sarà quindi pari al peso del fluido contenuto nel volume (ricordiamo che roè la densità del fluido):
S=P(f)=ro*g*V

Si noti che comunque questo risultato non dipende dalla forma del corpo né dal tipo di fluido in cui esso è immerso.

 

L'EQUILIBRIO

Per discutere i diversi casi di equilibrio di un corpo immerso in un liquido (prendiamo un caso particolare di fluido) è necessario confrontare le forze agenti su di esso: il peso di intensità P e la spinta di Archimede di intensità S.
I tre casi che possono verificarsi per un qualsiasi corpo immerso in un fluido sono:

  1.   P > S : il corpo affonda;
  2.   P = S : il corpo è in equilibrio in ogni posizione;
  3.   P < S : il corpo galleggia.

corpi immersi

Nel caso (3) il corpo emerge dal liquido diventando un galleggiante, in modo che la spinta dovuta al peso dell'acqua spostata dalla parte immersa sia pari al peso dell'intero corpo.
Poiché il peso del corpo è dato dal peso specifico del materiale di cui è costituito e la spinta che esso riceve dal fluido è uguale al peso specifico del fluido in cui è immerso moltiplicata per il volume occupato, per stabilire il tipo di equilibrio è sufficiente confrontare i pesi specifici.

 

CARATTERISTICHE DEL MOTO DI UN FLUIDO


Velocità lineare v:

    • se vè costante nel tempo per ogni punto dello spazio ( ma può variare da un punto all'altro ) allora il moto si dice stazionario : un esempio di ciò è una corrente molto lenta;
    • se vè funzione del tempo per ogni punto dello spazio il moto si dice non stazionario ; un esempio di ciò sono le ondate di marea
    • se vvaria in modo irregolare da punto a punto e da un istante all'altro il moto si dice turbolento ; un esempio di ciò sono le rapide e le cascate.
  • Velocità angolare delle particelle del fluido attorno ad un punto:
    • se in corrispondenza di ogni punto gli elementi di fluido hanno velocità angolare nulla attorno a tale punto il moto si dice irrotazionale ;
    • se in corrispondenza di ogni punto gli elementi di fluido hanno velocità angolare non nulla attorno ad un punto il moto è rotazionale;

una piccola ruota a palette immersa nel fluido in moto ci indica se tale moto è irrotazionale o meno a seconda che la rotella si sposti senza ruotare o no.
Per formulare leggi che regolino il moto dei fluidi consideriamo un fluido ideale, cioè un fluido incomprimibile e non viscoso; consideriamo inoltre il caso che si muova di moto stazionario e irrotazionale.

Nel moto stazionario la velocità vin ogni punto è costante nel tempo, cioè ogni particella che transita per un qualsiasi punto P lo fa sempre con la stessa velocità in modulo e verso. Perciò se tracciamo il percorso di una particella, questo sarà anche il percorso di ogni altra particella che arriva in P : lo spazio occupato dalla corrente è quindi proprio un campo vettoriale.
La curva che descrive il moto della particella si chiama linea di flusso ed è tangente alla velocità della particella in ogni suo punto.
linea di flusso
Nel moto stazionario le linee di flusso non si incrociano mai, in quanto se lo facessero una particella che arriva al punto di incrocio potrebbe proseguire lungo una linea o l'altra, quindi in uno stesso punto potrebbe avere differenti valori di velocità, contrariamente all'ipotesi stessa di stazionarietà.
È possibile quindi dire che per il moto stazionario esiste una sola linea di flusso per ogni punto del fluido e che l'insieme delle linee di flusso è fisso nel tempo. Prendendo un fascio di linee di flusso otteniamo una superficie tubolare detta tubo di flusso
tubo di flusso
Per semplicità d'ora in avanti faremo coincidere il tubo di flusso con il condotto reale entro il quale scorre il fluido, ma teniamo presente la natura vettoriale del fluido un moto.
Per l'ipotesi di incomprimibilità del fluido osserviamo che il volume del fluido che in un certo tempo attraversa la sezione del condotto non varia con la sezione, altrimenti si avrebbe accumulo o rarefazione di fluido in alcune regioni nelle quali la densità aumenterebbe o diminuirebbe in contraddizione con l'ipotesi di incomprimibilità.

  • Comprimibilità : se un fluido può muoversi senza modificare di molto la propria densità si dice incomprimibile. Si può ritenere in generale che i liquidi fluiscano incomprimibilmente.
    Anche i gas, che sono molto comprimibili, possono fluire senza importanti variazioni della loro densità, come ad esempio nel moto dell'aria relativo alle ali di un aereo che voli a velocità subsonica ;

 

L'EQUAZIONE DI CONTINUITÀ


Supponiamo di avere un condotto di sezione variabile. Per ipotesi il fluido sia incomprimibile (viscoso o meno): ad un certo volume di fluido entrante nel tubo corrisponderà un ugual volume di fluido uscente .
tubo di flusso
Se all'entrata, nel punto 1, la velocità del fluido è v(1)e la sezione del condotto è A1, nell'intervallo di tempo delta tsarà passato un volume di fluido
deltaV(1)=A(1)*v(1)*delta t
Nel punto 2 la velocità del fluido non sarà necessariamente la stessa del punto 1 : sarà una certa velocità v(2)corrispondente ad una sezione A2 del tubo. Nello stesso intervallo delta tdi tempo uscirà quindi dal punto 2 un volume di fluido
deltaV(2)=A(2)*v(2)*delta t
Per l'incomprimibilità del fluido questi volumi saranno uguali e quindi :
A(1)*v(1)*delta t=A(2)*v(2)*delta t

A(1)*v(1)=A(2)*v(2)
Questa equazione è detta equazione di continuità.

La grandezza Av è detta portata in volume Q(v)e dall'equazione di continuità si deduce che in una corrente stazionaria di un fluido incompressibile la portata in volume ha lo stesso valore in ogni punto del fluido :
Q(v)=Av=costante
Nel caso di fluidi viscosi, poichè la velocità varia sulla sezione del condotto, v sarà la velocità media e varrà:

Qv= cost

 

LA EQUAZIONE DI BERNOULLI


Consideriamo ora un fluido ideale che scorra in un tubo di sezione e quota variabile :
acqua che scorre nei tubi
Lo spostamento del fluido nel condotto porterà la massa che si trova tra i punti 1 e 2 a trovarsi dopo un intervallo di tempo delta ttra i punti 1' e 2'. La variazione tra le figure (a) e (b) riguarda le porzioni di massa fluida ombreggiate nella figura sotto (in figura sono indicati i moduli dei vettori disegnati: in tutta questa sezione tratteremo direttamente con i moduli delle grandezze vettoriali in questione):
acqua che scorre nei tubi
p(1) + ro*g*y(1) + (1/2)*ro*v(1)*v(1) = p(2) + ro*g*y(2) + (1/2)*ro*v(2)*v(2)
Poiché i due punti sono stati presi a caso nel condotto è possibile ripetere questo ragionamento per qualsiasi coppia di punti e quindi concludere che
p + ro*g*y + (1/2)*ro*v*v = costante
detta equazione di Bernoulli.

L'equazione di Bernoulli è rigorosamente applicabile solo a moti stazionari poiché le grandezze che intervengono devono venir valutate lungo una stessa linea di flusso : la costante che compare nell'equazione non è in generale la stessa per tutte le linee di flusso. Se il flusso è irrotazionale si può dimostrare che la costante è la stessa per tutte le linee di flusso.
È da notare inoltre che, come per le particelle materiali, le leggi della statica sono un caso particolare di quelle della dinamica : considerando infatti il caso in cui v(1)=v(2)=0la penultima equazione si può anche scrivere come
p(2)-p(1)=-ro*g*[y(2)-y(1)]
che è una delle forme in cui possiamo scrivere la legge di Stevino.



I FLUIDI VISCOSI

Nel ricavare le leggi che regolano il moto di un fluido ideale lo abbiamo supposto incomprimibile e non viscoso, limitandoci al caso del moto stazionario e irrotazionale.
Queste condizioni nei fluidi reali non sono sempre soddisfatte : le regole finora ricavate costituiscono una buona approssimazione dei fenomeni reali nei casi in cui il fluido in questione si scosti di poco dalle condizione richieste (fluido ideale, moto stazionario).
Quando le caratteristiche reali del fluido si scostano molto da quelle del fluido ideale abbiamo a che fare con un fluido viscoso il cui moto è regolato da leggi diverse da quelle ricavate in precedenza.
Quando un fluido scorre in un tubo il passaggio tra moto laminare e turbolento (supponendo le pareti del tubo perfettamente liscie) avviene quando si supera una certa velocità critica vo.
vento sulla superficie terrestre
Se il suolo fosse uniformemente liscio e l'atmosfera stabile (ovvero se gli strati d'aria non tendessero a salire al di sopra del livello occupato), anche il vento fluirebbe in strati paralleli e negli strati più bassi verrebbe frenato solo dall'attrito con il suolo.
In realtà vi sono variazioni notevoli di attrito offerto dal suolo in punti differenti della crosta terrestre : ben diverso è il profilo del suolo sul mare o in una zona di foresta. Nelle zone di transizione tra queste due configurazioni si ha formazione di vortici, dovuti all'incontro della massa fluida con ostacoli di vario genere.


*Una spiegazione molto semplice della formazione del vortice a causa della variazione del profilo del condotto entro il quale scorre il fluido è il salto di un gradino da parte di una corrente liquida.
gradino
Nel caso di una variazione brusca del profilo di confinamento del liquido, come appunto è il gradino, il fluido immediatamente a valle del dislivello tende a rimanere in quiete in un primo tempo, separandosi da quello che fluisce in orizzontale : da ciò si forma una superficie di discontinuità per la velocità e successivamente si ha la formazione del vortice.


*I vortici liberi si formano anche nel caso in cui si ha contatto tra masse fluide che si differenziano solo per velocità.
Questo avviene ad esempio quando due correnti distinte di velocità diverse vengono a confluire in un medesimo condotto (ad esempio alla confluenza di due fiumi).
confluenza di correnti

 

 

Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=112569

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