Determinismo genetico

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Determinismo genetico

Atti del convegno sugli OGM tenutosi a Roma il 20 luglio 2010

AGRICOLTURA E BIOTECNOLOGIE

Gianni Tamino

Docente di biologia, Università di Padova

Riassunto

Contrariamente a quanto si crede, inserire un gene estraneo in un organismo per transgenesi non significa solo determinare uno specifico carattere, ma provocare vari effetti a catena.  Nel 2002 il premio Nobel Dulbecco chiarì che l’introduzione di un nuovo gene in una cellula, altera la funzione di un gran numero di altri geni.  
Quali alterazioni potrebbe provocare la diffusione nell’ambiente di OGM non è facilmente prevedibile, ma sicuramente si dovrebbero adottare criteri cautelativi.

 

I limiti della transgenesi

Il riduzionismo biologico e il determinismo genetico sono concetti collegati e molto diffusi nella società. Il riduzionismo nasce da un’esigenza reale: quella di semplificare, scomporre, analizzare la realtà complessa riducendola in ciò che è più semplice, vale a dire nelle sue componenti essenziali. Ma si pone un problema quando le conoscenze parziali, acquisite attraverso questo metodo, vengono considerate sufficienti per spiegare ogni aspetto dell’insieme scomposto. In pratica, non sempre, partendo da alcuni elementi di un sistema, si possono far derivare tutte le successive proprietà attraverso una costruzione razionale, matematica. Non si può eludere la necessità di andare a verificare se la somma delle proprietà di ogni singola parte corrisponda davvero alla realtà che si cerca di descrivere. Quando ciò non accade e si interpreta un sistema complesso come la somma delle proprietà che derivano dalla conoscenza delle singole parti che lo compongono, si compie un errore metodologico.
A partire dal riduzionismo biologico si approda spesso al determinismo genetico, per cui ogni carattere di un organismo vivente è determinato solo da un gene. Spesso, infatti, si sente dire che ogni nostro carattere fisico, fisiologico o comportamentale è predeterminato dai nostri geni e i titoli sui giornali si sprecano: “scoperto il gene dell’intelligenza”, “trovato il gene dell’omosessualità”, sono alcuni tra i titoli più clamorosi. Wilson nel suo libro Sociobiologia. La nuova sintesi ritiene che i comportamenti dell’uomo siano tutti spiegabili sulla base di geni che, determinando un particolare comportamento, conferiscono a chi li ha un valore adattativo, aumentando la probabilità di avere una prole numerosa e forte (anche se risulta difficile spiegare l’omosessualità in quest’ottica, anziché come scelta).
Ma come spiega S.J. Gould nel saggio del 1987 Il sorriso del fenicottero: “La grande maggioranza dei biologi sostiene che la vita, come risultato della propria complessità strutturale e funzionale, non può essere risolta nei suoi costituenti chimici e spiegata nella sua interezza da leggi fisiche e chimiche, che operano a livello molecolare…. La vita acquisisce i propri principi dalla struttura gerarchica della natura. Man mano che i livelli di complessità salgono lungo la gerarchia dell’atomo, della molecola, del gene, della cellula, del tessuto, dell’organismo e della popolazione, compaiono nuove proprietà, come risultato di interazioni e di interconnessioni che emergono a ogni nuovo livello.”
A livello genetico molecolare, il riduzionismo ha portato all’enunciazione del cosiddetto “Dogma Centrale”, secondo il quale dal DNA, all’RNA, alle proteine vi sarebbe un flusso unidirezionale d’informazione e tutte le proprietà degli organismi deriverebbero da questo flusso. Ma, di per sé, un frammento di DNA non ha informazione né per la sua duplicazione né per la sintesi proteica, ma ha bisogno di un contesto in cui questo si realizzi. In altre parole l’informazione emerge dal contesto delle relazioni e non è una proprietà intrinseca del singolo elemento chimico, come si deduce, invece, dalla logica del dogma centrale.

Ci si sta sempre più rendendo conto che il programma genetico, come un complesso spartito musicale, non potrebbe estrinsecarsi senza “un'orchestra di cellule” e senza specifici strumenti epigenetici in grado di renderlo manifesto.
La conferma del dogma centrale e del determinismo genetico doveva arrivare dal “Progetto genoma umano”, grazie al quale si doveva riconoscere il gene come punto di partenza di ogni carattere umano. In realtà tale progetto è servito a smentire il dogma: il numero dei geni verificato dal progetto è, infatti, ben inferiore al numero delle proteine e quindi la spiegazione della complessità di un organismo non risiede solo nei geni ma anche nelle relazioni tra i geni, che possono sfruttare regolarità ambientali.
Un esempio di visione riduzionista si riscontra nella produzione di organismi transgenici (o OGM), cioè di quegli organismi che si vuole predeterminare in qualche caratteristica, inserendo nel loro DNA un gene estraneo. Naturalmente certi OGM possono funzionare: per esempio inserendo nei batteri geni come quello dell’insulina umana o altri geni utili come produttori di farmaci, si sono ottenuti risultati positivi. Ma, al di là del fatto che non si sa dove il nuovo gene andrà a finire e quali effetti avrà, quando si passa da un organismo più semplice, come i batteri, a organismi più complessi, ogni nuovo gene determina profonde alterazioni nella rete di relazioni tra i geni.
Nella realizzazione degli OGM, come già detto, si ritiene sufficiente inserire il gene estraneo per determinare un nuovo specifico carattere, ma i geni agiscono come una rete di un sistema complesso, in cui ogni gene interagisce con gli altri. Così, anche se nel trasferimento di geni da un organismo a un altro non ci sono limiti, tuttavia l’ingegneria genetica non è in grado di operare con precisione e non è possibile prevedere quali saranno le interazioni con gli altri geni e con il metabolismo dell’organismo. A questo proposito, nel 2002, il premio Nobel Dulbecco, ha dichiarato: “Introducendo un nuovo gene in una cellula, la funzione di un gran numero di altri geni viene alterata: non è sufficiente introdurre un gene nell'organismo per determinarne l'effetto, che invece dipende da quali altri geni sono già presenti.”  
Vi è poi un problema legato ai tempi dell’evoluzione confrontati con quelli dell’inserimento di un nuovo gene; George Wald, Premio Nobel per la Medicina nel 1967 e professore di Biologia all'Università di Harvard ha dichiarato: "La tecnologia del DNA ricombinante (ingegneria genetica) mette la nostra società di fronte a problemi senza precedenti non solo nella storia della scienza, ma anche nella storia della vita della Terra. Essa mette nelle mani umane la capacità di riprogettare gli organismi viventi, i prodotti di circa tre miliardi di anni di evoluzioni." Analogamente Vittorio Sgaramella (V CONGRESSO INTERNAZIONALE “Scienza e Società” Roma, 27-28 novembre 2008) ha affermato: Can we realistically hope to succeed in manipulating organisms genotype in a trait, locus, stage, cell specific way, and not to interfere with the organism functions?” (Possiamo realisticamente sperare di avere successo nella manipolazione del genotipo degli organismi su un singolo tratto, su uno specifico locus, a uno stadio cellulare e in maniera specifica per ogni cellula, senza interferire con le funzioni dell'organismo?).

L’impatto ambientale degli OGM

La diffusione nell’ambiente degli OGM, che non sono il risultato della lenta evoluzione naturale, può alterare gli equilibri ecologici: il polline può contaminare coltivazioni e piante spontanee diffondendo senza controllo il gene estraneo. Se il gene produce vantaggi rispetto ad altre piante o riduce l’effetto dei parassiti, la pianta così contaminata potrebbe divenire una “superinfestante”, riducendo la biodiversità naturale e agricola. Se poi consideriamo il caso specifico dei geni inseriti nella soia e nel mais, cioè un gene che rende resistente la pianta agli erbicidi o che produce una tossina contro gli insetti infestanti, è facile capire che: 1) una pianta resistente a un erbicida permette all’agricoltore di usare dosi massicce e inquinanti per l’ambiente di questa sostanza chimica, che sarà ben presente anche nella pianta stessa e nel cibo da essa derivato; 2) gli insetti bersaglio della tossina, inserita per manipolazione, potrebbero diventare presto resistenti al nuovo veleno, che si concentra in modo differente in rapporto alla crescita e alle diverse parti della piante, mentre per gli insetti utili, che si nutrono dei parassiti, la tossina potrebbe essere letale.
Quali alterazioni la diffusione nell’ambiente di OGM potrebbe provocare non è facilmente prevedibile, ma sicuramente si dovrebbero adottare criteri cautelativi, che però sono stati rifiutati dagli Stati Uniti, che non hanno sottoscritto il protocollo di Cartagena sulla biodiversità e sulla diffusione in ambiente naturale degli OGM.
Proprio negli Stati Uniti, dove le coltivazioni transgeniche sono diffuse da vari anni, è stato possibile fare una ricerca sugli impatti ambientali di tali coltivazioni. Nel lavoro del 2009, che si basa esclusivamente su dati forniti dal Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, “Impacts of Genetically Engineered Crops on Pesticide Use: The First Thirteen Years”, coordinato da Charles Benbrook (www.organic-center.org), viene ampiamente documentato che tra il 1996 e il 2008, nelle aree coltivate con soia o mais transgenici, l’uso di erbicidi e di insetticidi è aumentato in misura notevole. La principale conseguenza di questo incremento è stata la proliferazione di molte piante spontanee resistenti al glifosato, l’erbicida utilizzato nella coltivazione di soia trangenica.
Lo studio dimostra non solo che i semi transgenici non riducono l’uso di pesticidi, ma anche che vi è un veloce adattamento di alcune infestanti al glifosato, aumentando i costi degli agricoltori e diminuendo la produzione.
Di fronte all’impatto dei pesticidi sull’ambiente, la Royal Society, ha pubblicato uno studio sulle strategie da sviluppare per intensificare la produzione agricola in vista della crescita della popolazione mondiale. Il rapporto “Reaping the Benefits: Science and the Sustainable Intensification of Global Agriculture” assegna alla ricerca scientifica un ruolo di primo piano, con l’obiettivo di realizzare una nuova rivoluzione verde che però sia più sostenibile, necessiti di meno acqua e meno fertilizzanti, non eroda ulteriormente i suoli, con piante più resistenti alle malattie, alla salinità, al calore e ai metalli pesanti. Secondo l'Accademia britannica le risposte ai problemi che i paesi devono affrontare in termini di ambiente e cibo devono essere immediate e a lungo termine, e dovranno includere approcci diversificati. Pur non escludendo il ricorso all’ingegneria genetica, lo studio mette in luce come la sicurezza alimentare dipenda anche dai consumi (il cibo c’è, ma non ne è garantito l’accesso) e che i vecchi OGM, modificati per essere resistenti agli insetti o tolleranti ai pesticidi, possono creare problemi di resistenza nelle infestanti e negli insetti.
Va ricordato, poi, che per ovviare alla contaminazione ambientale attraverso il polline, si è pensato di inserire i geni nel DNA dei cloroplasti, ma uno studio pubblicato sul numero di gennaio 2003 di Nature, condotto da Jeremy Timmis dell'University di Adelaide, mostra come geni estranei possano spostarsi dai cloroplasti al DNA del nucleo della cellula e in questo modo disperdersi nell'ambiente con il polline.

L’impatto alimentare e sanitario degli OGM
Anche in tema di salute i cibi derivati da OGM, nascondono rischi per l’uomo: ogni volta che si ingerisce un prodotto alimentare transgenico, questo può provocare allergie o intossicazioni, che magari non vediamo immediatamente, ma che possono produrre effetti a distanza di tempo.
Sappiamo inoltre che per identificare i geni introdotti negli organismi transgenici e renderli riconoscibili, si inserisce come marcatore un fattore di resistenza agli antibiotici; questo marcatore però, una volta arrivato nell’apparato digerente attraverso un alimento che lo contiene, potrebbe trasferire tale resistenza ai batteri che normalmente convivono con l’uomo e questi a loro volta potrebbero trasferire questa resistenza a batteri patogeni; a quel punto quel fattore di resistenza renderebbe nullo l’utilizzo dell’antibiotico specifico privandoci di una delle potenziali armi di difesa più importanti contro le malattie infettive. È il caso, ad esempio, della patata Amflora della BASF, recentemente autorizzata dalla Commissione Europea per usi industriali, ma con sottoprodotti impiegabili come mangimi. Questa patata transgenica contiene fattori di resistenza a due antibiotici, kanamicina e neomicina, ancora utilizzati in medicina umana. Per queste ragioni l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Agenzia europea per i farmaci erano contrarie all’autorizzazione.
Un ulteriore problema è posto dall’impiego dei diserbanti associati agli OGM: oltre l’80% delle piante transgeniche sono rese infatti resistenti a un diserbante. Il più comune è il Roundup della Monsanto o glifosato, pubblicizzato come quasi innocuo perché rapidamente metabolizzato. Tuttavia, Hardell ed Eriksson nel 1999 hanno evidenziato un aumento di linfomi non Hodgkin correlati all’uso di glifosato e agli effetti dei suoi metaboliti.

Ma il rischio forse più rilevante dell’utilizzo di OGM è dato dal fatto che i geni esogeni, inseriti in modo casuale, determinino un’instabilità genica, che può favorire spostamenti di porzioni di DNA, con conseguente alterazione dell’espressione dei geni dell’organismo reso transgenico. Una conferma a tale ipotesi viene da un recente studio australiano che indica come piante non contenenti allergeni possano provocare allergie dopo la transgenesi (Prescott et al., 2005). Infatti i ricercatori del centro di ricerche Csiro (Commonwealth scientific and industrial research organization) hanno evidenziato che inserendo geni di fagioli nei piselli si possono ottenere effetti del tutto imprevedibili: i fagioli che contenevano naturalmente geni di resistenza agli insetti non provocano allergie, ma, inseriti per transgenesi questi geni nei piselli, li rendevano allergenici.  L'allarme ha imposto l'immediato stop al progetto.
Altri elementi di preoccupazione vengono da uno studio dell’istituto di ricerche francese Criigen (pubblicato nel 2008) sui mais NK 603 e MON 810, in cui si evidenziava che il primo era in grado di provocare alterazioni del peso degli animali alimentati con mangimi che lo contenevano, mentre il secondo, in base a studi fatti dalla stessa Monsanto (produttrice di entrambi i mais), altera alcuni parametri nei reni e nel fegato degli animali alimentati con esso, indicando un disturbo agli organi deputati alla disintossicazione dell'organismo. Anche in questo secondo caso, inoltre, erano riscontrabili alterazioni nella crescita (decremento di oltre il 3% in peso).
Uno studio recente, commissionato dal ministero austriaco per l’Agricoltura e la Salute e realizzato da Jürgen Zentek dell’Universitá di Vienna, ha dimostrato che topi nutriti con mais GM hanno dato vita a una prole nella terza e quarta generazione ridotta di numero e di peso con differenze statisticamente rilevanti. Al contrario, topi alimentati con mais non GM si sono riprodotti in modo più efficiente.
Molti di questi effetti riscontrati in diversi laboratori, potrebbero avere una spiegazione in alterazioni provocate dagli OGM sui sistemi di controllo dell’espressione genica a livello epigenetico, cioè di quelle modificazioni dell’espressione dei geni che avvengono senza alterare la sequenza del DNA (azione di istoni, metilazioni, micro RNA ecc.).
Infine va ricordato che Werner Mueller ha verificato che il tratto transgenico inserito nelle piante, una volta immesso nel corpo umano, non viene interamente degradato nel tratto intestinale, ma penetra nel sistema linfatico e nel sangue e si deposita negli organi, dove può svolgere una funzione immunomodulatoria dagli effetti ancora sconosciuti.

OGM e fame nel mondo
Umberto Veronesi, in una lettera aperta inviata nel 2005, affermò che “si sono aperte strade infinite grazie alla bioingegneria, cioè alla capacità di trasferire e modificare geni nelle piante e negli animali. Ha significato di debellare la piaga della fame grazie a piante resistenti a malattie e parassiti, e a raccolti più ricchi in virtù di semi modificati”.  Ma per le agenzie internazionali come la FAO, gli OGM non hanno debellato la fame nei paesi poveri. La fame, infatti, non dipende tanto dalla produzione di cibo (oggi nel mondo viene prodotto più cibo di quanto servirebbe, dati FAO), quanto dall’accesso da parte di popoli e persone agli alimenti, che oggi sono nelle mani di pochi paesi e delle loro multinazionali (come aveva già messo in luce il premio Nobel per l’economia Amartya Sen). Nel mercato globale si produce dove costa meno (paesi poveri) e si vende dove si è disposti a pagare di più (paesi ricchi). Gli OGM non risolvono questo problema, ma anzi lo aggravano a causa del controllo delle multinazionali sulle sementi.
Emblematico da questo punto di vista è il caso dell’Argentina, un paese potenzialmente in grado di sfamare dieci volte tanto la sua popolazione e uno dei più grandi produttori di soia transgenica.
In un suo comunicato del 27/11/2002, Save the Children, durante una grave crisi economica, affermava: “Tre bambini muoiono ogni giorno in Argentina per fame o per malattie legate alla malnutrizione. Il 63% dei nati nell’ultimo anno, circa 222.000 bambini, sono figli di famiglie indigenti, con scarse possibilità di soddisfare il fabbisogno alimentare minimo. Sono in tutto 8,6 milioni i bambini e gli adolescenti argentini che vivono in povertà. Almeno 2,6 milioni di loro hanno meno di cinque anni.

Conclusioni
Il genoma di ogni organismo, e degli organismi superiori in particolare, si trova in uno stato dinamico, in contrasto con la visione della genetica classica di un genoma stabile e statico. Probabilmente vi sono ulteriori aspetti del funzionamento del DNA, a partire dalle porzioni non contenenti informazione genetica, che devono essere studiate per capire il significato adattativo di tali strutture. Per queste ragioni risulta importante individuare tutti i diversi effetti che può provocare l’introduzione di geni estranei sul funzionamento dell’informazione genetica: quanto abbiamo già verificato dovrebbe comunque portare a un periodo di riflessione sull’impiego degli OGM.
Come ricordava l’epidemiologo Lorenzo Tomatis, recentemente scomparso: “Adottare il Principio di Precauzione e quello di Responsabilità significa accettare il dovere di informare e impedire l'occultamento di informazioni su possibili rischi per la salute ed evitare che si continui a considerare l'intera specie umana come un insieme di cavie sulle quali saggiare tutto quanto è capace di inventare il progresso tecnologico.”

 

Bibliografia

 

BENBROOK C . - “Impacts of Genetically Engineered Crops on Pesticide Use: The First Thirteen Years”, 2009 (www.organic-center.org)

BUIATTI M. - “Lo stato vivente della materia”, UTET, 2000

BUIATTI M. -  “Epigenesi: la benevola ambiguità”, in : Evoluzione biologica e i grandi problemi della Biologia, Accademia Nazionale dei Lincei, XXXI Seminari sulla Evoluzione Biologica, 2004 ( www.lincei.it/centrolinceo/bioxxxischeda5.html)

CRICK F.H.C. – “The Central Dogma of Molecular Biology”, Nature 227: 563, 1970

DULBECCO R. - Repubblica del 22/11/2002

GOULD S. J. - “Il sorriso del fenicottero”, Feltrinelli, 1987

HARDELL L. and M. ERIKSSON – “A case-control study of non-Hodgkin lymphoma and Exposure to Pesticides” , Cancer, 15 Marzo 1999, Vol. 85, n.6.

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NAPOLI G. e L. CALLEGARINI - “Allergie alimentari e cibi transgenici”, Ambiente Risorse Salute, n.73: 20, 2000

PRESCOTT V. E., CAMPBELL P. M., MOORE A., MATTES J., ROTHENBERG M. E., FOSTER P. S., HIGGINS T. J. V. and HOGAN S. P. – “Transgenic Expression of Bean α-Amylase Inhibitor in Peas Results in Altered Structure and Immunogenicity”  Journal of Agricultural and Food Chemistry , Volume 53, Issue 23 (November 16), 2005

ROYAL SOCIETY - “Reaping the Benefits: Science and the Sustainable Intensification of Global Agriculture”,  2009 (http://www.eco-risk.at/de/stage1/download.php?offname=FOOD-DNA-risk&extension=pdf&id=69)

SGARAMELLA V., V CONGRESSO INTERNAZIONALE “Scienza e Società”, Roma, 27-28 novembre 2008

TAMINO G. e PRATESI F. – “Ladri di geni” Editori Riuniti, Roma, 2001

TAMINO G. - “Il bivio genetico” Edizioni Ambiente, Milano, 2001

TAMINO G. - “Il riduzionismo biologico tra tecnica e ideologia”. In “Il gene invadente”, autori vari, Baldini Castoldi Dalai editore, 2006

VELIMIROV A., C. BINTER, J. ZENTEK and U. HERZOG – „ Biological effects of transgenic maize NK603xMON810 fed in long term reproduction studies in mice“, Report, in Forschungsberichte der Sektion IV Band 3/2008, Bundesministerium für Gesundheit Familie und Jugend Sektion IV, Editor. Herausgeber, Medieninhaber und Hersteller: Bundesministerium für Gesundheit, Familie und Jugend, Sektion IV Radetzkystraße 2, 1031 Wien. p.109, 2008 
(http://www.botanischergarten.ch/Food-Zentek/Velimirov-Austrian-Maize-Study-20081111.pdf)

WALD G. - “The case against genetic Engineering”, in "The Recombinant DNA Debate": Jackson e Stich, eds., 1976

WILSON E. O. - “Sociobiologia. La nuova sintesi” Zanichelli, 1979

 

 

Fonte: http://www.isde.padova.it/download/OGM:AGRICOLTURA%20E%20BIOTECNOLOGIE-TAMINO.doc

Sito web da visitare: http://www.isde.padova.it

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