Betlemme

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Betlemme

Betlemme è una città della Cisgiordania, capitale del Governatorato di Betlemme dell'Autorità Nazionale Palestinese, ed è famosa soprattutto perché i Vangeli e la tradizione cristiana la indicano quale luogo di nascita di Gesù Cristo; per questo motivo vi sorge la Basilica della Natività.
Si trova a circa 10 km a sud di Gerusalemme, ad un'altezza di 765 m sul livello del mare. Il suo agglomerato urbano comprende anche le cittadine di Beit Jala e Beit Sahour.
Secondo la Bibbia, a Betlemme nacque anche Davide, secondo re di Israele; essa è quindi menzionata da Luca come "la città di Davide". Secondo una profezia biblica (cfr. Mi 5,1), il Messia doveva essere suo discendente e nascere nella sua città. Secondo i Vangeli, la nascita di Gesù adempì questa profezia. Betlemme ("بيت لحم") significa "Casa del pane" (che deriva dall'ebraico, dove "לחם" = "Pane"), ma "بيت لحم" potrebbe anche significare "Casa della carne" se viene tradotta dall'arabo ("لحم" = "Carne"), ma non mancano altre etimologie che fanno riferimento a un antico santuario (bayt) di una divinità femminile siriaca (Lehem). La stella di Betlemme viene chiamata comunemente stella cometa.
Nel 637, poco dopo la conquista di Gerusalemme da parte delle forze musulmane, 'Omar ibn al-Khattāb, il secondo Califfo visitò Betlemme e promise che la Basilica della Natività sarebbe rimasta a disposizione dei cristiani.[1] Una moschea dedicata a Omar fu edificata vicino alla Basilica, sul luogo nella città dove egli pregò.[2] Betlemme passò poi sotto il controllo dei califfati islamici degli Omayyadi nell'VIII secolo e degli Abbasidi nel IX secolo. Un geografo persiano scrisse nella metà del IX secolo che nella città sorgeva una chiesa ben conservata e molto venerata. Nel 985, il geografo arabo al-Muqaddasi visitò Betlemme, e si riferì alla sua chiesa come alla "Basilica di Costantino, il cui uguale non esiste in tutto il paese."[3] Nel 1009, durante il regno del sesto califfo fatimide al-Hakim bi-Amr Allah, la Basilica della Natività fu demolita per suo ordine. Fu presto ricostruita dal suo successore Ali az-Zahir per riprendere le relazioni tra Fatimidi ed Impero bizantino.

BETLEMME NELLA SACRA SCRITTURA

Betlemme, la 'casa del pane', Bèt-Lahm nell'antica lingua siro-caldaica, viene talvolta chiamata nella Bibbia anche Betlemme di Giuda, per evitare confusioni con l'omonima località nel territorio della tribù di Zabulon, che fu patria di uno dei Giudici di Israele, Ibsan (l'odierna Beth-Lehem che si trova 12 km ad Ovest di Nazaret). Identificata con l'antica Efrata, è a volte chiamata, sempre per lo stesso motivo, Betlemme-Efrata. Luca usa l'espressione 'città di David'.

Betlemme ha radici profonde nel passato: ne parla già il Libro della Genesi, quando riferisce la morte di Rachele. Anche se il Genesi è stato redatto, nella sua forma definitiva, probabilmente nel periodo post-esilico (V sec. a.C.), le tradizioni che in esso vengono tramandate risalgono a tempi ben remoti, ai tempi dei Patriarchi (XVII-XVI sec. a.C.).
"Rachele ... ebbe un parto difficile ... Or avvenne che, mentre la sua anima si partiva pose (al figlio) nome Benoni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Rachele dunque morì e fu sepolta sulla strada di Efrata, cioè Betlemme" (Gen 35, 16. 19).

A Betlemme nacquero Elimelec e Noemi sua moglie. Dopo il soggiorno nella terra di Moab, a Betlemme ritornò Noemi, vedova, con la nuora moabita Rut, a sua volta vedova; a Betlemme la dolce e remissiva Rut conobbe l'agiato Booz. Bella, ricca di significato è la benedizione con la quale gli anziani ed il popolo santificano, le nozze di Rut e Booz:
"La donna che entra nella tua casa il Signore la faccia essere simile a Rachele e a Lia che edificarono la casa di Israele e faccia che tu diventi potente in
Efrata e ti acquisti un nome in Betlemme. Sia la tua casa come la casa di Fares che Tamar generò a Giuda, per la discendenza che il Signore ti darà da questa giovane" (Rut 4, 11-12).
Benedizione bella, benedizione profetica: dal figlio di Booz e Rut, Obed, nacque Iesse; da Iesse nacque David, progenitore dell'Emmanuele, del Messia.

Da Rama a Betlemme, su ordine dell'Altissimo, si recò Samuele per sacrificare ["La mia venuta è pacifica; vengo per sacrificare al Signore" (1 Sam 16, 5)] e per ungere re di Israele il giovane David, il prestante pastore, al posto di Saul che era incorso nell'ira divina ["Il Signore si era pentito di averlo fatto re su Israele" (1 Sam 15, 35)]. David, tuttavia, fu riconosciuto re dalla tribù di Giuda, e quindi da tutto Israele, soltanto molti anni dopo, e cioè alla morte di Isboset, figlio minore di Saul.

A Betlemme nacquero anche i tre nipoti di David: Ioab, l'eroico soldato e generale; Abisai, l'amico caro al cuore del re; Asrael, il valoroso che morì combattendo. Indubbiamente Betlemme era madre di eroi: vide nascere anche Elcana, l'uccisore di Gob, il gigante filisteo fratello di Golia.
Roboamo (2 Cron 11, 6) fortificò Betlemme, che venne a far parte di un sistema di città armate contro le invasioni degli Egizi, sempre convinti di avere dei diritti sul territorio palestinese.

In Michea troviamo Betlemme nel contesto di una grande profezia:

"E tu, Betlemme Efrata
pur essendo piccola tra i capoluoghi di Giuda
da te mi nascerà colui
che deve regnare su Israele... Egli starà ritto
e pascerà con la potenza del Signore
con la maestà del nome del Signore, suo Dio… E lui sarà la nostra pace" (Mi 5, 1-3).

Questa profezia si intreccia con quelle di Isaia:
"Ecco la giovane (la vergine, almah) concepisce e partorisce un figlio che chiamerà Emmanuele" (Is 7, 14); "Un rampollo spunterà dal tronco di lesse un virgulto germoglierà dalle sue radici" (Is 11,1); "Avverrà in quel giorno che la radice di lesse si ergerà a segnale per i popoli, ad essa si rivolgeranno ansiose le genti, e gloriosa sarà la sua sede" (Is 11, 10).
Alla pienezza dei tempi, dal seme di David e da Betlemme, la borgata di dove era David, venne il Cristo. Con brevi parole, Matteo ["Nato Gesù in Betlemme di Giuda... (2, 1)] e Luca ["Or avvenne che, mentre essi erano là, si compirono i giorni in cui essa doveva partorire e partorì il suo figlio..." (2, 6-7)], ci narrano la nascita del Bambino.
Betlemme esce dalla Bibbia ed entra nella storia con un episodio drammatico: la strage degli Innocenti. Erode, che aveva ordinato ai Magi di riferirgli dove si trovasse il re dei Giudei, vedendosi da essi deluso, "si adirò grandemente e mandò a uccidere tutti i fanciulli che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio, dai due anni in giù" (Mt 2, 16).
LA GROTTA DELLA NATIVITA'
Nelle cronache

Il vangelo, nel riferire la nascita del Redentore, è estremamente breve. Matteo dà la notizia per inciso: "Nato Gesù in Betlemme di Giuda al tempo del re Erode, ecco dei Magi arrivare dall'Oriente" (2,1). E' quasi strano che Matteo, l'Evangelista delle profezie, non si riporti qui a Michea che, 750 anni prima, aveva annunciato questo avvenimento. Luca non aggiunge molto: "Anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di Davide, chiamata Betlemme, perché era della casa e della famiglia di Davide, per farsi iscrivere con Maria sua promessa sposa che era incinta" (2, 4) e in 2, 7 dà l'unico particolare che serva ad ambientare la Natività: "Partorì il suo figlio primogenito, lo avvolse in pannolini e lo depose in una mangiatoia, perché non vi era posto per loro nell'albergo".

Non è possibile sapere esattamente se la grotta fosse una delle infinite cavità naturali, che si trovano nei pressi di Betlemme, o un antro adibito a stalla in una qualche locanda. Comunque, la tradizione che risale alla prima metà del II sec., è esplicita : si tratta di una grotta-stalla.
S. Giustino Martire (155-160 - Dialogus cum Tryphone) spiega: "Siccome Giuseppe non potè prendere alloggio nel villaggio, occupò una grotta assai vicina a Betlemme e, mentre erano là, Maria dette alla luce Cristo e l'adagiò nella mangiatoia..."

Origene (ca. 248 - Contra Celsum) parla della venerazione annessa alla grotta, come di cosa certa: "A proposito della nascita di Gesù, se qualcuno dopo il vaticinio di Michea, e la storia scritta nel Vangelo dai discepoli di Gesù, desidera altre prove, sappia che oltre a quello che è raccontato nel Vangelo sulla di lui nascita, si mostra a Betlemme la grotta nella quale è nato e, nella grotta, la mangiatoia dove fu ravvolto in fasce. E quello che si mostra è così conosciuto in questi luoghi, che anche gli estranei alla nostra fede sanno come Gesù, che i Cristiani adorano e ammirano, è nato in una grotta".
Eusebio lascia intendere che la grotta si trova sotto la chiesa di Costantino, ed Eteria specifica: "Nella chiesa (di Betlemme) vi è una grotta dove è nato il Signore".

S. Girolamo (395 - Lettera a Paolino) conferma la profanazione del luogo sacro da parte di Adriano: "Betlemme ora nostra... era ottenebrata da Tammuz, cioè Adone, e nella grotta, dove una volta vagì Cristo, veniva pianto l'amante di Venere". Egli descrive l'antro (386 - Lettera a Marcella) come un "piccolo buco nella terra" e accenna anche (PL 23, 411 - Contra Iohannes Hierosolymitanum) all'esistenza di altre grotte, stando nelle quali poteva udire i fedeli che pregavano alla Natività.
Ancora in S. Girolamo (ELS 102 - Omilia della Natività) troviamo un riferimento a dei mutamenti: "Oh, se potessi vedere quella mangiatoia dove giacque il Signore! Ora noi, come per onore di Cristo, abbiamo tolto quella lutea e messo l'argentea; ma è per me Più preziosa quella che è stata tolta. L'oro e l'argento sono per la gentilità; per la fede cristiana conviene questa mangiatoia lutea... Ammiro il Signore che, pur essendo il creatore del mondo, non nacque fra l'oro e l'argento, ma nel luto". Gli studiosi hanno discusso sul vero significato del termine luteum: indica una greppia di argilla e paglia, oppure una "cosa povera" come la pietra? La seconda interpretazione sembra più logica anche perché, alla fine del passo, l'autore dice che il Signore è nato nel luto, cioè nella povertà, sulla nuda pietra. I resti-reliquie componenti la mangiatoia sono conservati a Roma, sin dal XII sec., in Santa Maria Maggiore.
Al tempo dell'Anonimo di Piacenza (570 - ELS 108), la grotta è ancora ornata d'oro e d'argento. Egli dice che "la bocca della spelonca per entrare è molto piccola". Queste parole confermano che inizialmente esisteva una sola scala dì accesso. Un antico gradino, ritrovato in situ, indica che l'antica scala era formata da due rampe: partiva nel mezzo della navata centrale, andando prima da nord a sud, poi da sud a est.
Bernardo Monaco (ca. 870 - ELS 116, 2) nota: "Betlemme ha una chiesa molto grande in onore di S. Maria, nel cui mezzo è la cripta sotto uno scoglio, il cui ingresso è a mezzogiorno e l'uscita a oriente. In essa si mostra il Presepio del Signore ad occidente della stessa cripta; il luogo però, nel quale vagì il Signore, è ad oriente ed ha un altare dove di celebra la messa". Da queste cronache si dovrebbe concludere che le due scale, attualmente esistenti, sono state costruite tra il 570 e l'870. Tuttavia, è più probabile che questa trasformazione, fatta allo scopo di facilitare il flusso dei fedeli e dei visitatori durante la liturgia, sia avvenuta durante i lavori di Giustiniano. Per una qualche ragione, l'Anonimo di Piacenza non vide che un solo ingresso, o accomunò le due entrate nell'espressione 'bocca della spelonca'.
Già S. Girolamo accenna ad un altare e la Descrizione Armena (VII sec. - ELS 111) ne conferma l'esistenza. Secondo Willibaldo (723-6 - ELS 114) sembra si tratti di un altarino portatile: "E ivi, sopra (la grotta) vi è edificata la chiesa. E sopra dove il Signore è nato ora vi sta un altare e un altro altare più piccolo è fatto cosicché quando quelli vogliono celebrare dentro la grotta, prendendo l'altare piccolo lo portano dentro per il tempo che celebrano la Messa e dopo lo levano".

Daniele e Teodorico, (1172) parlano di un solo altare formato da una lastra di marmo sostenuta da 4 colonnette, sotto il quale c'è una stella scolpita nel marmo. Il motivo, probabilmente di molto anteriore, ci viene descritto da P. Giacomo da Verona (1335 - ELS 141, 2) : "Vi è un altare molto devoto e sotto di esso v'è una stella marmorea e questo è quel luogo dove la Vergine Maria partorì suo Figlio Gesù Cristo e su quel luogo si fermò la stella che apparve ai Magi venuti dall'Oriente per venerarlo".
Alla fine del VI sec., cioè dopo la costruzione della basilica di Giustiniano, i due ricordi evangelici, quello della nascita e quello della deposizione nella mangiatoia, ci vengono presentati dalle fonti letterarie con localizzazioni ben distinte. E' infatti nel VI-VII sec. che deve esser stata scavata nella roccia la piccola abside sopra il luogo della Natività. Arculfo (670 - ELS 110, 2) riferisce: 'Poi nella medesima città, nella parte orientale, ultimo angolo, vi è una grotta quasi per metà naturale, la cui interna ultima parte è detta presepio del Signore in cui la madre depose il nato figlio, ed un altro luogo contiguo allo stesso presepio, ma più vicino a chi entra, si dice che sia proprio il luogo della natività del Signore". Da Arculfo abbiamo conferma che sia la grotta che la Basilica erano rivestite di marmi. Epifanio (IX-XI sec. - ELS 117) vede ancora "due grotte riunite, decorate con oro e pitturate come nuove".
A poco a poco i rivestimenti marmorei delle pareti dell'absidina della Natività e del presepio sparirono e la roccia riaffiorò, nuda come al momento della nascita del Bambino: così la vede Bartolomeo de Saligniaco (1518).
Il muro est e forse anche la volta della grotta erano ornati di mosaici e di pitture. Giovanni di Würzburg (1165 -ELS 131) riferisce l'esistenza di due versi in mosaico dorato: "Angelicae lumen virtutis et eius acumen - hic natus vere Deus est de virgine Matre."
Giovanni Focas (1177 - ELS 133, 6) descrive il mosaico dell'absidina dando molti dettagli: "Una mano perita d'artefice dipinse dal vero nella spelonca i Misteri che si compirono in essa... Vi è la Vergine sul letto, reclinata, con la sinistra posta sotto il gomito dell'altra, appoggiato il volto sulla destra guardando, il Fanciullo... Poi l'asino, il bove e la mangiatoia, il Fanciullo ed il gruppo dei pastori... Il cane, più vivo delle altre bestie, sembra osservare intento l'insolita visione... 1 Magi discendendo dai loro, cavalli, presi i doni in mano, col ginocchio piegato, li offrono riverentemente alla Vergine".
Il fumo delle candele e delle lampade ad olio, nonché l'abitudine di appendere dei quadri, rovinarono irreparabilmente i mosaici. Nel 1461 Lodovico de Rochechouart osserva che, seppure integra, la pittura della volta è offuscata; nel 1666 G. Bremont (Viaggi, libro 11) conferma: "Il pavimento di marmo bellissimo, le mura sono incrostate fino all'altezza di sei piedi et il resto, come la volta, è ornato di mosaico al presente tutto negro di fumo".
Durante i secoli la grotta fu abbellita e restaurata. Nel 1636 P. Veniero ricorda l'esistenza di diversi quadri, tra cui uno di scuola veneta (Palma il Giovane?), raffigurante la Natività. Scampato all'incendio del 7 maggio 1869, sebbene un po' bruciacchiato, è conservato ora nel Convento della Flagellazione di Gerusalemme.

Oggi
Come abbiamo visto, la grotta è sempre stata localizzata sotto la basilica, con la quale comunicava mediante una, poi mediante due scale. Le facciatine dei due ingressi risalgono al tempo dei Crociati; dello stesso periodo sono anche le porte, che devono avere subito non poche traversie. Una, infatti, è montata capovolta. Sulle facciatine e sulle colonnette, numerosi graffiti di pellegrini in latino, italiano, arabo e armeno.
Scesa una delle due scale, si entra nella grotta, di forma grossolanamente rettangolare (12,30 x 3,50 m.) e piuttosto buia. La rischiarano 48 lampade, 21 delle quali appartengono ai Latini.
La roccia primitiva è visibile soltanto nell'insenatura del presepio. Le pareti sono state adattate, durante i lavori giustinianei per reggere i marmi che, dal pavimento, andavano fino alla volta.
La volta esistente è in muratura, come la piccola abside della Natività, aperta ad est fra le due scale; anche questi sono lavorì giustinianei. La decorazione della volta fu distrutta dall'incendio del 1869 e la volta stessa. danneggiata dal terremoto del 1927.
Ai lati dell'arco dell'absidina si alzano due colonne di pietra rosa, molto simili, salvo le dimensioni, alle colonne della basilica. 1 resti musivi dall'absidina, riparati nel 1944, sono pochi, e non bastano a chiarire la descrizione di Focas. In basso abbiamo le lettere centrali dell'iscrizione latina 'Gloria in excels:is Deo et in terra pax hominibus'. Sopra, nel mezzo, si potrebbero vedere la Vergine, la mangiatoia, rappresentata come una cassetta, una parte del corpo del Bambino, avvolto in fascie. In un'altra scena abbiamo il lavacro del neonato; in un'altra ancora, l'annuncio ai pastori.
In basso, ai piedi dell'altare, la stella latina che ricorda la Natività.

Il presepio, il luogo della mangiatoia, ha pavimento e cielo più bassi di quelli del resto della grotta. La volta è sostenuta da una colonna di pietra rosa, anche essa simile per sagoma a quelle della basilica, sebbene più piccola. Si vedono poi due sottili colonne crociate con capitello, su una delle quali molti pellegrini hanno inciso delle croci; una colonna di marmo bianco, con la parte superiore a tortiglione, del tipo usato per sostenere i cibori, ed infine una quinta colonna, nella parte interna del presepio, che sorregge il cielo della grotta.

Di fronte al presepio c'è un piccolo altare che ricorda i Magi: è l'altare dove i Latini celebrano la Messa.
Sopra l'altare dei Magi e nel fondo del presepio si trovano due notevoli tele di Giovanni Baglioli, ravennate, dipinte a Gerusalemme nel 1875-6 e sistemate dove le vediamo, nel 1885: si tratta di un'adorazione dei Pastori e di un'adorazione dei Magi (tela firmata). Dello stesso autore è anche la Gloria posta in alto sopra il presepio.

L'impiantito del presepio non è originale ed i molti ritocchi che esso lascia vedere sono ben giustificati dalla grande usura provocata dallo strusciare dei piedi dei fedeli. L'impiantito della grotta è coperto di lastre di marmo, che un tempo deve essere stato bianco.
Tre pareti della grotta sono rivestite con un pesante coltrone di amianto, donato nel 1874 dal Maresciallo MacMahon, Presidente della Repubblica Francese, a seguito dell'incendio del 1869. (I fori che in esso si vedono, non servono che a far passare le corde delle lampade). Al di sotto esistono tuttora i marmi crociati; al di sopra sono appesi quadri privi di valore artistico. Intorno all'absidina della Natività e al presepio pendono drappi, sempre in lotta con il fumo delle candele e con le mani dei visitatori, modesti sostituti delle fastose tappezzerie latine che abbellivano la grotta fino al 1869.
La grotta della Natività è chiusa verso ovest da un muro che viene a formare un piccolo vestibolo, con volta leggermente più alta e pavimento leggermente più basso. Sul muro di separazione si vedono pochi resti di pitture di santi, che ricordano quelle della cappella del campanile. Dalle crocette e dai graffiti incisi sull'intonaco, si può dedurre che il luogo anticamente fosse visitato. L'esistenza di questo muro, di struttura giustinianea, che, creando il vestibolo, ha un poco rimpicciolito la grotta, e la presenza di pitture fanno pensare che nel vano si volesse commemorare un qualche ricordo, probabilmente quello di S. Girolamo, Paola ed Eustochio.

 

Fonte: http://www.larapedia.com/geografia/Betlemme.html

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