Ecologia e gestione dei rifiuti

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Ecologia e gestione dei rifiuti

Gestione integrata dei rifiuti

La gestione dei rifiuti dovrebbe essere innanzitutto integrata in funzione delle specificità territoriali, per esempio la presenza o meno di aree industriali, la presenza di impianti a cui avviare la varie frazioni di rifiuti raccolti separatamente, o separati a valle della raccolta indifferenziata, come avviene nel caso delle cartiere per la carta da riciclare, delle vetrerie per il vetro da riciclare, degli impianti di compostaggio per recuperare la frazione organica dei rifiuti, ecc.
La gestione integrata fa ricorso a tutte le forme di gestione dei rifiuti stessi: dalla raccolta differenziata, al riciclo dei materiali (vetro, carta e cartone, metalli, ecc), al recupero energetico delle frazioni con più alto potere calorifico (plastica/gomma, carta, legno, tessuti) fino al corretto smaltimento in inceneritori o in discarica. Peraltro, la gestione dei rifiuti dovrebbe essere improntata a logiche di tipo industriale, in grado di stimolare i diversi operatori, pubblici e privati, a misurarsi con criteri di conduzione aziendale e competitività, per realizzare un sistema di gestione efficace, efficiente ed economico.
Gerarchia nella gestione rifiuti
Secondo la Commissione Europea la gestione dei rifiuti dovrebbe essere basata fondamentalmente su quattro principi: prevenzione nella formazione dei rifiuti (minori quantitativi di rifiuti prodotti e riduzione della loro pericolosità), riuso e riciclaggio (di materia), recupero energetico della frazione a più alto potere calorico, miglioramento dello smaltimento finale delle frazioni residuali (discarica) e monitoraggio ambientale.
Oltre alla prevenzione nella produzione dei rifiuti, comunque dovrà essere incentivato il recupero degli stessi, preferibilmente tramite riciclo di materia e secondariamente tramite recupero energetico.
I rifiuti a cui prestare maggiore attenzione ai fini del recupero sono quelli di imballaggio (carta e cartone, plastica, vetro, legno), le batterie, i rifiuti elettrici ed elettronici e i veicoli da rottamare. Infine il rifiuto che non può essere riciclato o riutilizzato, dovrebbe essere correttamente incenerito (con recupero energetico), usando la discarica in via residuale, e cioè per poter smaltire correttamente le scorie degli inceneritori stessi, i rifiuti non inceneribili o non recuperabili in altro modo. Sia gli inceneritori che le discariche richiedono un monitoraggio accurato ed efficiente, le cui risultanze dovrebbero essere rese pubbliche, al fine di poter rassicurare i cittadini sul possibile impatto ambientale e sanitario di questi impianti a tecnologia più o meno complessa.
Le varie forme di smaltimento dei rifiuti
Per ciò che concerne le discariche si deve prioritariamente distinguere:
Discarica: il termine indica un impianto dotato degli idonei presidi tecnologici in grado di:

  • isolare il rifiuto dall’ambiente circostante (terreno) tramite la posa in opera di uno strato di argilla impermeabile e di manti di polietilene ad alta densità
  • captare e smaltire tramite torce il biogas (costituito prevalentemente da metano), che si forma per effetto della biodegradazione anaerobica dei rifiuti a matrice organica
  • captare e smaltire il percolato (colaticcio che si forma per effetto del dilavamento ad opera delle acque meteoriche sull’ammasso dei rifiuti e che contiene sostanze inquinanti quali: ammoniaca, nitrati, solfati, cloruri, metalli pesanti, composti organo alogenati).

Questo genere di impianto di discarica si definisce sanitary landfill.
Abbandono di rifiuti: il termine identifica uno smaltimento abusivo (non a norma)di rifiuti e cioè un abbandono sul suolo o in strada o in aree comunque non dotate di tutti i presidi di una discarica (vedi sopra). In questo caso, ovviamente, sia il biogas che si forma che il percolato si immettono direttamente nell’ambiente.
Gli impatti ambientali
Inceneritori: Le emissioni possono contenere oltre a polveri, ossidi di azoto e di zolfo, metalli pesanti, diossine e furani
Tutti gli impianti devono essere dotati di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni e gli impianti di ultima generazione sono dotati anche di un sistema di prelievo in continuo delle diossine.
Discariche: l’impatto ambientale maggiore è costituito dalla formazione del percolato e dalla sua potenziale infiltrazione nel sottosuolo fino a raggiungere le falde acquifere sotterranee e dalla formazione del biogas (gas generato dalla fermentazione aerobica e anaerobica dei rifiuti ammassati). Tuttavia negli impianti di discarica autorizzati e controllati (sanitary landfill) percolato e biogas (quest’ultimo utilizzabile anche a fini energetici) vengono captati, minimizzando l’impatto ambientale degli stessi impianti di discarica fino ad annullarlo.
Un altro possibile problema connesso agli impianti di discarica che ricevono rifiuti a matrice organica, è l’emissione di odori sgradevoli, dovuti alla formazione di sostanze odorigene a seguito della fermentazione aerobica e anaerobica dell’ammasso dei rifiuti. Queste sostanze odorigene nella stragrande maggioranza dei casi esibiscono una bassa soglia olfattiva, mentre la soglia di tossicità è anche di alcuni ordini di grandezza superiore a quella olfattiva stessa. Pertanto le sostanze odorigene non risultano avere una particolare rilevanza igienico-sanitaria, pur arrecando un fastidioso disturbo olfattivo che può portare anche ad elevate percezioni del rischio da parte della popolazione.
Compostaggio: si tratta di impianti a tecnologia non complessa (capannoni industriali pavimentati e con aspirazione) dove avviene la biodegradazione controllata in condizioni di aerobiosi dei rifiuti organici. Attraverso questa biodegradazione dei rifiuti organici si ottiene un materiale “compost” che viene utilizzato come ammendante (migliorativo delle condizioni dei suoli in quanto apporta materiale organico prontamente disponibile) per suoli agricoli impoveriti dalle monoculture.
Questi impianti hanno un basso impatto ambientale, in quanto gli eventuali piccoli quantitativi di percolato vengono captati, così come i cattivi odori dovuti al processo fermentativo.
In Campania attualmente gli impianti di compostaggio mancano: se ne sta costruendo uno a San Tammaro (CE) che presumibilmente entrerà in funzione entro marzo 2008 servendo un bacino di circa 200.000 abitanti. Questa mancanza contribuisce alla non chiusura del ciclo virtuale della gestione dei rifiuti, in quanto la frazione organica raccolta separatamente deve essere avviata fuori regione per poterla recuperare.

 

Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=73160

Sito web da visitare: https://www.docenti.unina.it

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