Messico

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Messico

Stato dell'America Latina, il Messico confina a Nord con gli Stati Uniti, a Sud con Belize e Guatemala; è bagnato ad Ovest e Sud-Ovest dall'Oceano Pacifico e si affaccia ad Est sul Golfo del Messico. Il suo territorio, esteso quasi sei volte e mezza quello dell'Italia, è caratterizzato da un'altitudine media elevata (1000 m) e dalla presenza di numerose catene montuose e di imponenti vulcani. Nonostante la vicinanza e l'influenza degli Stati Uniti, il Messico è un tipico Paese latino-americano. La dominazione spagnola ha lasciato un'impronta profonda, senza tuttavia cancellare la cultura degli Amerindi, derivata dalle civiltà precolombiane dei Maya, dei Toltechi e degli Aztechi, fiorite in questa regione. La popolazione, costituita prevalentemente da Meticci e da Amerindi, ha un tasso d'incremento naturale tra i più elevati dei Mondo così da essersi quintuplicata in poco più di cinquant'anni. Il processo di urbanizzazione molto intenso ha determinato una crescita rapida e disordinata delle maggiori città, come la capitale, che è un esempio di esplosione urbana. Paese tra i più importanti dell'America Latina, il Messico è riuscito, nel secondo dopoguerra, a rafforzare notevolmente le proprie strutture produttive e ad attuare, in parte, la riforma agraria e la nazionalizzazione di vari settori. Ciononostante presenta notevoli squilibri socio- economici e situazioni di grande arretratezza e povertà. Il processo di democratizzazione, ostacolato dal permanere di oligarchie economiche, procede tra notevoli difficoltà e frequenti sono gli scontri ed i disordini a sfondo socio- politico. Drammatica è la condizione di vita degli Indios in certe aree, come nello Stato del Chiapas, esteso come la Baviera e controllato da una trentina di famiglie di proprietari terrieri che hanno monopolizzato il potere. Contro la povertà, l'ingiustizia e lo sfruttamento si è scatenata la rivolta armata zapatista.
Il territorio dei Messico, compreso tra gli Stati Uniti a Nord, il Guatemala e il Belize a Sud-Est, è bagnato dalle acque dell'Oceano Pacifico e del Golfo del Messico ed è percorso, in senso Nord-Sud, da catene montuose, le sierre, che racchiudono l'Altopiano Centrale : la Sierra Madre Orientale, la Sierra Madre Occidentale e la Sierra Madre del Sud. La maggior parte del territorio (all'incirca i 4/5) ha un'altitudine superiore a 1000 m s.l.m. Tra il 19 e il 20 parallelo di latitudine Nord si innalza un poderoso apparato di vulcani, tutti di notevole altezza. I più elevati sono l'Orizaba (5700 m) e il Popocatépetl (5 452 m). Fanno parte del territorio messicano anche la Penisola di California, arida e semidesertica, e la Penisola dello Yucatan, una piatta ed arida distesa di suoli calcarei, che si protende tra il Golfo del Messico e il Mar Caribico. 1 fiumi sono piuttosto scarsi; i più importanti sono il Rio Bravo del Norte, che per lungo tratto segna il confine con gli Stati Uniti e sbocca con il Rio Panuco nel Golfo del Messico, e il Colorado, proveniente dall'altopiano omonimo, che si getta nel Golfo di California.
Benché buona parte dei territorio del Messico sia posta nella fascia tropicale, l'altitudine diversa determina una notevole varietà di situazioni climatiche; a tale fattore si aggiunge anche la disposizione del sistema montuoso, che impedisce l'afflusso dei venti umidi provenienti dall'Oceano negli altipiani interni. Steppa e vegetazione xerofila caratterizzano la costa del Pacifico, gli altipiani interni e la Penisola della California; il clima è molto caldo e le piogge raggiungono minimi di 50-60 mm all'anno. Il versante Est della Sierra Madre Orientale è scarso di vegetazione nel troncone settentrionale che presenta un clima di tipo tropicale, con temperature massime di 40 °C; quello meridionale è caratterizzato da forte umidità ed è ricco di rigogliose foreste d'essenze pregiate; qui la piovosità è assai elevata: si raggiungono anche i 3000 mm annui. L'Altopiano Centrale dei Messico, attraversato da Est ad Ovest dall'ampio tavolato della Meseta, ha un clima abbastanza umido (da 500 a 1000 mm di pioggia all'anno); le temperature e le colture variano in rapporto all'altitudine. Fino a 1 000 m di altezza, nelle cosiddette terras calientes (terre calde) si coltivano prodotti tropicali: manghi, canna da zucchero, cotone, caffè, banane. Nelle tierras tempiadas (terre temperate dai 1 000 ai 2 500 m) il clima temperato è favorevole ad una produzione agricola varia e agli insediamenti: è infatti la fascia in cui si addensa la popolazione. Nelle successive tierras frias (terre fredde), oltre i 2 500 m, si hanno temperature sempre più basse ed una vegetazione costituita da conifere e da praterie.
Non abbiamo prove di un’origine autoctona dell'uomo americano; secondo le teorie più accreditate, i primi esseri viventi sono giunti nel continente attraverso lo stretto di Bering, che in era glaciale, a causa dei ritiro delle acque, offriva come un ponte alle popolazioni asiatiche in cerca di nuove terre. La prospettiva di trovare un clima più mite e buona selvaggina avrebbe poi spinto tali gruppi sempre più a sud, fino all'attuale Messico e oltre. Notizie ancora incerte si riferiscono all'insediamento delle popolazioni Maya nel Guatemala e nell'Honduras, e alla conquista dello Yucatàn che divenne in seguito la loro terra di elezione. Notizie più definite riguardano invece gli Aztechi, ultimi arrivati nelle terre dell'altopiano dei Messico, che già aveva conosciuto le migrazioni dei Toltechi, dei Tepanechi e di altre tribù. Una delle più antiche popolazioni dei Messico fu quella degli Olmechi. La loro civiltà fiorì tra il 1200 e il 1000 a.C. sulla costa del Golfo del Messico. Gli Olmechi attribuivano grande importanza al culto dei giaguaro, rappresentato nelle più svariate forme. Intorno all'800 d.C. si insediarono in Messico i Toltechi che esercitarono una grande influenza politica e spirituale sulla civiltà messicana. Costruirono templi di forma piramidale, come il tempio di Kuculcan (chiamato ”Castillo” dagli Spagnoli), situato a Chichén ltzà. La civiltà tolteca tramontò intorno al 1200. Un'altra popolazione del Messico precolombiano erano gli Huastechi appartenenti al gruppo etnico maya che veneravano una dea della terra e un dio del vento e che solevano costruire alti templi a pianta circolare. Grandi rivali degli Aztechi furono gli Zapotechi. Sottoposti al pagamento di oppressivi tributi da parte degli Aztechi (che li avevano costretti a rifornirli di prigionieri da destinare ai loro sacrifici umani) gli Zapotechi accolsero i conquistatori spagnoli come liberatori e li sostennero nelle guerre contro i rivali. Gli Zapotechi furono anche i creatori del più antico calendario delle civiltà precolombiane. In base ad esso, l'anno risultava costituito da 260 giorni, divisi in quattro stagioni di 65 giorni ciascuna a loro volta composte da 5 parti di 13 giorni.
Verso il 2000 a.C. nel territorio dello Yucatan meridionale e nelle regioni degli odierni stati del Guatemala e dell’Honduras si stanziarono tribù nomadi provenienti dal settentrione: i Maya. Come tutte le popolazioni dell'America centrale, erano a uno stadio di civiltà assai primitiva e per secoli non ebbero storia. Fu verso il 300 a.C. che la civiltà maya cominciò a differenziarsi, iniziando un processo destinato a raggiungere vette altissime nell'espressione artistica e nell'organizzazione sociale e politica.

Le "città-stato"

La civiltà Maya, fiorita fra il IV ed il XV secolo d.C., si sviluppò nei territori corrispondenti agli odierni stati messicani dello Yucatàn, Campeche, Chiapas e Tabasco, oltre che in Guatemala, Honduras ed El Salvador. Il momento della massima espansione maya va dal 600 al 900 d.C. In questo periodo essi diedero vita a province autonome reggentesi come le città-stato dell'antica Grecia. Le più ricche di fama e di storia furono Tikal, Copan, Palenque, Uxmal, Chichen ltza. A capo di ogni città-stato vi era un re al quale venivano attribuiti poteri quasi divini. Il suo più alto titolo onorifico era “halach uinic” (il vero uomo) e il suo assolutismo era legge consapevolmente accettata. Egli si preparava fin da bambino al difficile compito dì rappresentare presso i suoi sudditi l'altissima dignità di cui sarebbe stato investito. Presso i Maya il titolo di re era tramandato di padre in figlio e rimaneva comunque nell'ambito della famiglia anche quando il re non aveva eredi diretti. Fin da bambino il futuro sovrano veniva sottoposto a cure ed attenzioni che oggi non esiteremmo a definire crudeli: gli veniva appiattito il cranio, rimodellato il naso, tatuato il viso, gli erano ornati di pietre preziose il naso e i lobi delle orecchie. Fin dai primi giorni della sua nascita, la testa era posta fra due assi di legno legate insieme, in modo che sotto la continua pressione il cranio si appiattisse e diventasse più largo. Secondo la religione Maya questo uso fu donato dagli dei per conferire un'aria più nobile e per rendere le teste più adatte a ricevere carichi da trasportare.

Un popolo religioso e pacifico
La religione, profondamente sentita, univa in una grande, sola comunità le popolazioni delle città-stato sparse su un così grande territorio. La massima divinità del loro culto era denominata “Hunahpu”, iddio supremo e inoperoso. Il dio del sole, adorato come datore di vita, si chiamava “Itzamna”, il "Serpente Piumato", Quelzacoatl era il dio buono che aveva proibito i sacrifici umani ed aveva istruito le prime tribù nella caccia, nella pesca e nelle varie arti. C'erano inoltre divinità della pioggia e del terremoto, dell'agricoltura e delle stelle. Secondo il racconto della creazione maya contenuto nel libro sacro intitolato "Popol Vuh", Hunahau (il signore del regno dei morti) insieme al "Serpente Piumato" fece sorgere la terra dal mare, facendone quindi scaturire ogni cosa necessaria alla vita; infine creò l'uomo servendosi della pannocchia di mais. I Maya raffiguravano il cosmo come un immenso albero che, innalzandosi dalla terra verso il cielo, protendeva i rami a formare le quattro parti del mondo; ciascuna di queste era governata da uno dei figli del dio supremo Hunahpu. Ognuno di questi dei regnava in particolare su un determinato colore, su uno dei quattro elementi (fuoco, terra, aria, acqua) e su una delle quattro parti di 65 giorni in cui si divideva l'anno sacro di 260 giorni. I Maya avevano perfezionato una sofisticata tecnica di misurazione del tempo. Essi distinguevano quattro tipi di calendari: - uno rituale di 260 giorni, contrassegnato da 13 numeri e 20 segni; - uno solare di 365 giorni, suddiviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno, più i cinque restanti; - uno di mezzo anno lunare di 177 giorni; - un calendario regolato sul pianeta Venere, suddiviso in 584 giorni. Il culto si differenziava da quello azteco soprattutto perché i sacrifici umani erano molto rari. Si offrivano invece animali domestici, fiori, frutta. L'aldilà era formato da una complessa architettura di 13 cieli e 9 inferni: i cieli stavano uno sopra l'altro e vi soggiornavano gli dei sotto il governo dei quattro figli di Hunahpu. li numero 4 si ritrovava anche nel mito delle quattro distruzioni catastrofiche che l'universo aveva subito dalla sua creazione. I Maya credevano di vivere nella quinta ricreazione, ma non se ne aspettavano la fine da un momento all'altro, con il cuore angosciato come gli Aztechi. I Maya erano un popolo pacifico, sapevano trasformarsi in guerrieri in caso di necessità, ma la loro occupazione primaria era coltivare la terra: mais, legumi, cotone e cacao. Non c'erano fiumi nella loro terra: l'acqua indispensabile ai campi veniva dal cielo. Si comprende, quindi, perché nei loro templi l'immagine del dio della pioggia( Chac )sia stata raffigurata con tanta insistenza.
La casa del contadino era una comune capanna a pianta quadrata impastata con fango e fascine, ma gli edifici pubblici erano costruzioni veramente imponenti. Dal pietrisco calcareo della penisola yucatana i Maya traevano le pietre da costruzione, pietre che venivano cementate con calcina. Il monumento centrale di ogni città era l'alta piramide tronca sulla cui sommità sorgevano i templi degli dei. Una ripida scala portava al tempio, talvolta le scale erano quattro, una per ogni lato. Le piramidi potevano raggiungere l'altezza di 60 metri, i gradini simboleggiavano le suddivisioni delle sfere celesti. Di fronte all'ampia e ripida scalinata centrale si trovavano delle stele rettangolari (alte fino a 4 metri), davanti alle quali erano posti gli altari in pietra, di forma piatta e rotonda. Il più grande e presumibilmente anche il più antico insediamento urbano dell'impero maya è Tikal con la piramide "Tempio 2" alta 70 metri. Chichén ltzà, centro cultuale e città del dio della pioggia Chac, era sede della fonte sacra Zenotes, situata nella zona nord della città e consacrata allo stesso dio della pioggia. Questa fonte aveva un diametro di 60 metri e una profondità di 40. Al vertice della gerarchia sociale era posta la casta sacerdotale: i sacerdoti di rango superiore si occupavano degli aspetti scientifici, dalla scrittura all'osservazione degli astri, dall'architettura sacra alle pratiche mediche. 1 sacerdoti di rango inferiore presiedevano invece ai sacrifici. Il gioco della “pelota” assumeva carattere sacro poiché si riteneva che potesse influenzare il corso del sole nel cielo. Durante le competizioni, che si svolgevano in luoghi sacri circondati da mura, la palla doveva passare attraverso anelli di pietra fissati alle pareti. Considerata la più importante fra le culture indie del continente americano, la cultura maya si distinse per le Cognizioni acquisite nel campo dell’astronomia, della matematica (particolarmente per l'uso dello zero), dell'urbanistica e della scrittura ideografica; quest'ultima è ancora oggi decifrabile solo in parte. Quando gli Spagnoli intrapresero la conquista dell'America Centrale, la civiltà maya era in declino e alcune delle bellissime città sacre dello Yucatàn giacevano già abbandonate. 1 Messicani di oggi sono in gran parte discendenti diretti degli Aztechi. Ma chi erano gli Aztechi e da dove erano venuti ? Una suggestiva leggenda circonda di mistero la storia di questo popolo bellicoso e fiero, narrata in poetico linguaggio nella "Cronica Mexicayotl" redatta dopo la conquista spagnola.

Una poetica leggenda

Le tribù degli Aztechi, in origine nomadi e cacciatori, nel corso del XIII secolo si stabilirono, assieme ad altre tribù Nahua alle quali appartenevano, sull'altopiano messicano, trasferendosi dalla mitica regione di Aztlán (da cui il nome della popolazione) situabile nel Messico nord-occidentale. Secondo la leggenda narrata in poetico linguaggio nella "Cronica Mexicayotl", gli Aztechi giunsero dalle fredde foreste del nord America in cerca della terra che l’oracolo di Uitzilopochtli aveva loro profetizzato. L'oracolo parlava di un fico d'India a tre rami germogliato su una roccia in mezzo all'acqua e di un'aquila reale posata sui rami che teneva un serpente prigioniero tra gli artigli. Giunti sull'altopiano centrale, si rallegrarono per alcuni segni premonitori della "terra promessa" e una notte il dio apparve in sogno al sacerdote Serpente-Aquila e lo incitò a proseguire nella ricerca della roccia sulla quale fioriva il cactus. Allora il popolo guidato dal sacerdote si mise nuovamente in cammino e trovò il grande lago che aveva sognato nel suo peregrinare e fondò la città cui diede nome Tenochtitlan ("cactus su una pietra"): era l'anno 1325. Tra il XIV e il XV secolo, gli Aztechi diedero vita a un potente regno con capitale Tenochtitlàn, fondata sulle isole del lago Texcoco (oggi prosciugato), là dove ora sorge Città del Messico. La terra nella quale si erano insediati gli Aztechi non era disabitata: molti popoli vi avevano già stabile dimora. Tra questi i più evoluti erano i Toltechi, fondatori della città di Tula. Il grande popolo nomade giunto dal nord seppe riconoscere la superiorità degli abitanti di Tula: dalla civiltà tolteca apprese elementi culturali e religiosi che dovevano divenire fondamentali nella storia della sua stessa civiltà.

Un vasto impero

I commercianti occupavano un posto importante nella società azteca anche perché raggiungendo le contrade più lontane essi assumevano il compito di osservatori politici e dovevano riferire, una volta tornati a Tenochtitlan, sull'organizzazione delle città vassalle che, appunto per la loro lontananza dalla capitale del regno, non potevano essere regolarmente controllate. E si trattava di un regno molto vasto: all'inizio del XVI secolo si estendeva dalle regioni dei Pacifico al Golfo del Messico e dall’altopiano di Anahuac alle foreste del Guatemala. Nella gerarchia sociale, articolata in sacerdoti, nobili, liberi, servi della gleba e schiavi, il vertice era costituito, oltre che dal re, dai due sacerdoti di maggiore dignità che si occupavano rispettivamente, del tempio di Huitzilopochtli e dei tempio di Tlaloc. Tra i sudditi la percentuale più alta era costituita dai “maceualli”, i contadini che vivevano in gruppi di famiglie legate fra loro da vincoli di parentela su ampi poderi loro assegnati dal re. Il mais era la coltivazione più diffusa: veniva seminato in marzo e raccolto in luglio, se le piogge erano arrivate puntuali. Tutti gli aspetti della vita quotidiana vennero dagli Aztechi raffigurati in opere d'arte e d'artigianato che oggi sono preziosa testimonianza di una civiltà tanto recente e tanto rapidamente annientata. Gli abitanti della città potevano dedicarsi a tutte le attività caratteristiche di una fiorente civiltà: potevano essere vasai, tessitori, orefici, scultori, commercianti, oppure potevano intraprendere la carriera militare. L'arte in cui eccellevano era la tessitura : la tela insieme con varie qualità di corda e con l'ossidiana, la dura roccia vulcanica abbondante sull'altopiano, era il principale prodotto di scambio che essi portavano nelle regioni del sud, barattandola con le penne degli uccelli tropicali che servivano ad abbellire i loro costumi coloratissimi, e soprattutto col cacao, il prezioso frutto da cui estraevano la bevanda nazionale che ancor oggi conserva il nome in lingua nahuatl : la cioccolata. Nel 1519 sbarcarono in Messico i conquistadores spagnoli, guidati da Hernàn Cortés, in cui gli Aztechi credettero di identificare il re divinizzato Quetzalcoatl ( il re-sacerdote tolteco Ca Acatl accolto poi nel pantheon azteco col nome di Quetzalcoatl, "serpente piumato verde" . Secondo la leggenda azteca il re Ca Acatl avrebbe lasciato la sua capitale Tollan per emigrare verso il paese dell'aurora. I popoli del Messico attesero per secoli il suo ritorno e gli Aztechi furono, inizialmente, vittime della tragica identificazione di Quetzalcoatl con Cortés). Gli uomini di Cortés ebbero facilmente ragione della resistenza degli Aztechi (che avevano deposto Montezuma, il re che era andato incontro a Cortés e gli aveva consegnato la città, ed avevano eletto suo fratello Cuitlahuac) grazie alle armi da fuoco. L'occupazione del Messico avvenne fra gli anni 1519 e 1522.

La religione

Come presso tutte le altre civiltà precolombiane, la divinità era essenzialmente simboleggiata dalle forze cosmiche; nella teologia azteca un posto preminente era occupato dagli dei solari, della pioggia e del vento. Huitzilopochtli era il dio del sole che proteggeva la tribù e la spingeva alla guerra per procurare vittime umane da sacrificare. Gli Aztechi erano convinti che questo dio li avesse assistiti nella loro migrazione verso il Messico: egli era perciò diventato il protettore del regno e nella consacrazione del suo tempio principale, nell'anno 1486, gli vennero sacrificati 70.000 prigionieri di guerra. Agli dei della pioggia apparteneva Tlaloc ("colui che fa germogliare") che era anche signore dell'aldilà e aveva per simbolo l'albero della vita. Secondo gli Aztechi il cielo era articolato in 13 parti, ognuna sede di una divinità, e gli inferi in 9. In base alla loro visione dei mondo, il cielo e gli inferi costituivano due enormi e altissime piramidi, i cui vertici erano agli antipodi, e in cui la superficie di contatto delle rispettive basi veniva a coincidere con la superficie terrestre, che altro non era se non un disco piatto, circondato dalle acque. Per quanto riguarda il mondo dell'aldilà gli Aztechi credevano nell'esistenza di tre differenti regni dei morti. Nel primo, dimoravano tutti coloro che venivano uccisi nei sacrifici, così come i caduti in battaglia e le donne morte di parto. Nel secondo, corrispondente al regno del dio della pioggia Tlaloc, trovavano riposo tutti gli annegati e coloro che erano stati colpiti da fulmini, nonché i lebbrosi e i paralitici. Nel terzo, finivano tutti gli altri morti. Tra i valori etici, gli Aztechi attribuivano un’importanza primaria all'amore per la verità, all'onestà, alla fedeltà nella monogamia e alla parità di diritti fra i due sessi. Gli Aztechi possedevano vari calendari. Ve n'era uno rituale, detto tonalpohalli, di 260 giorni, suddiviso in 13 mesi di 20 giorni ciascuno. Quello solare, detto Xiuitl, era di 365 giorni, suddiviso in 18 mesi di 20 giorni con in più 5 giorni intercalari. Esigeva che a ogni ventesimo giorno, e quindi 18 volte all'anno, venissero celebrate grandi festività, ma soprattutto richiedeva che, per assicurare il giro del sole nella sua orbita giornaliera, si offrisse durante tali cerimonie del sangue umano alle divinità solari. Senza questi sacrifici gli Aztechi ritenevano che la vita sulla terra si sarebbe estinta. Al sacrificio umano erano generalmente deputati i prigionieri di guerra e, di conseguenza, per procurarsi sempre nuove vittime, gli Aztechi intraprendevano continue campagne militari contro i loro vicini, imponendo loro regolari tributi umani. Le forme di sacrificio del corpo umano erano varie. In primo luogo figurava la cerimonia dell'offerta del cuore, che veniva strappato dal corpo vivo della vittima. Vi erano poi cerimonie di immolazione col fuoco, nonché sacrifici gladiatori. Infine vi erano pratiche di scorticamento, durante le quali alle vittime veniva levata la pelle, mentre erano ancora in vita. Tra i sacrifici incruenti erano molto apprezzate le offerte di fiori, di incenso o di frutti vari. Un valore rituale aveva anche il gioco della palla, ”ollama”, disputato nei pressi dei templi. Ad esso era attribuito un significato simbolico, in rapporto al moto del sole.

Cenni storici : dopo l’indipendenza

Tutta la storia del Messico si fonda su due parole: "terra e libertà; nessun candidato alle elezioni in questo Paese trascurerebbe questi due punti nel suo programma. Nonostante oggi il Messico sia una Nazione industrializzata, i suoi abitanti rimangono contadini, ed è nelle campagne che si devono cercare i protagonisti della lunga ricerca di terra e di libertà. Quando nel 1519 i primi conquistadores approdarono sulle coste del Messico, incontrarono una delle civiltà antiche più evolute, quella degli Aztechi, e calpestarono un territorio abitato da circa 15 milioni di Indios. Un secolo dopo solamente un milione di autoctoni era sopravvissuto. Nonostante, infatti, nel 1542 le leggi spagnole avessero formalmente abolito la schiavitù, le difficili condizioni di vita degli Indios non erano migliorate. Ancora per molti decenni gli abitanti locali continuarono a morire per le repressioni spagnole, le malattie, la malnutrizione. Questo sino al 1810, quando Indios e meticci insorsero e, dopo dieci anni di lotte, ottennero l'indipendenza dalla madrepatria Spagna. Raggiunta l'indipendenza, il Messico non conquistò tuttavia la stabilità politica. Per molti anni questa terra fu scossa da colpi di Stato, da movimenti rivoluzionari (uno dei più noti fu quello guidato da Emiliano Zapata e da Pancho Villa contro la dittatura del generale Porfirio Diaz, 1876-1911) e da massacri, essendo oggetto di contesa tra Francia e Stati Uniti. Solo nel 1938 nacque il Messico moderno, quando le terre vennero ridistribuite ai contadini e il petrolio nazionalizzato e tolto al controllo statunitense. Attualmente il Messico è una repubblica federale (31 Stati più il Distretto Federale di Città del Messico) di tipo presidenziale con capitale Città del Messico. Il Messico dà oggi facilmente asilo politico a profughi provenienti da altri Paesi americani ed europei, ha una moderna legislazione e si adopera efficacemente per mediare le crisi ricorrenti nella sfera latino-americana e per favorire l'instaurarsi di governi democratici. Purtroppo il Messico è anche uno dei Paesi più indebitati nel mondo e le "guerre" commerciali con gli Stati Uniti, alle quali solo recentemente ha posto fine l'accordo NAFTA (North American Free Trade Agreement), non aiutano certo la Nazione ad uscire da questa situazione. I problemi del Paese sono accentuati dall'inarrestabile esplosione demografica, che ha fatto di Città del Messico una delle città più popolose dei mondo e che ha alimentato e continua ad alimentare un'emigrazione clandestina verso gli USA.
A 117 km dalla città di Merida, capitale dello stato dello Yucatan, sorge quello che è universalmente riconosciuto come il più importante centro maya dell’età postclassica, anche se è evidente un influsso tolteco negli edifici della zona nord. Gli edifici riportati alla luce sono suddivisi in due zone da una strada trasversale: a nord l’area di influenza tolteca, a sud l’area più antica. L’area nord è dominata dal “Castillo”, o “Tempio di Kukulcan”, in stile maya-tolteco. La piramide fu chiamata così dagli spagnoli forse perché, sopra di essa, il conquistatore dello Yucatán, Francisco de Montejo, nel 1533 aveva installato il suo quartier generale. Anche a prima vista il monumento rivela l'impronta tolteca con le teste del Serpente Piumato poste alla base delle quattro rampe di scale che conducono alla sommità e con le colonne serpentiformi del tempio eretto sopra di essa. Colonne di cui la testa del rettile, con le fauci aperte raso terra, forma il piede, il corpo il fusto e la coda, con i crotali, il capitello della colonna. Non furono i Toltechi a scoprire il Serpente Piumato, che già sedeva al primo posto nel panteon di Teotihuacán (come dio della pioggia e della fertilità) quando essi arrivarono e nella loro lingua nahuatl lo chiamarono Quetzacoatl , ma certo furono essi che lo valorizzarono e lo diffusero in tutto il Messico e furono essi che lo portarono qui in mezzo ai Maya.
Il numero totale dei gradini delle quattro rampe, più quello del basamento del tempio è 365, corrispondente ai giorni dell’anno e sotto la piramide ve ne è un'altra più antica con un altro tempio alla sommità. In questo tempio fu trovato un Chac mol (scultura tipicamente tolteca) unitamente a un trono di pietra a forma di giaguaro, dipinto in rosso e con il pelame incrostato di madreperla e di giada, che è invece scultura di provenienza tipicamente maya. Il Chac mol sorregge con lo stomaco il piatto su cui il sacerdote poneva il cuore della vittima. Anche la duplice sala a volta e il fregio di questo tempio sotterraneo sono autenticamente maya, il che sta a dimostrare che, nella cronologia dei monumenti, questo, nascosto nel ventre del Castillo, risale a poco dopo l'arrivo dei Toltechi. L’influsso tolteco si denota a Chichen Itzà nella presenza ricorrente dei chac mol e dei serpenti.
Il Giuoco della palla di Chichén ltzá è il più imponente che si possa vedere in tutto il Messico (l'area di gioco misura m. 95x35) ma è solo uno dei sei che possedeva la città. La sua importanza è sottolineata dai due piccoli templi che sono collocati all'estremità dell'edificio e dal piccolo, ma egualmente maestoso, Tempio dei Giaguari, che si articola in due santuari: uno basso aperto verso l'esterno e uno alto aperto verso l'area di gioco e dominante tutto il muro est dell'edificio. Tutto il monumento è un inno alla concezione tolteca del mondo. Le terrazze degli spettatori che corrono lungo l'area di gioco, sotto i due anelli collocati al centro del muro di contenimento, sono bordate da un lunghissimo serpente piumato che sporge la sua testa fuori del muro alla estremità; l'architrave del Tempio dei Giaguari riposa sopra le solite colonne serpentiformi e una modanatura a forma di serpente circonda la base del tempio. Le teste del rettile si inarcano nel vuoto agli angoli. Ma se tutto questo non bastasse, è nelle figurazioni dei bassorilievi che corrono lungo la base della terrazza che si vede consacrata la quintessenza di tutto quanto è tolteco. Si tratta di alcune fasi del gioco. I sette giocatori di ogni squadra convergono verso uno stesso punto che è costituito da una palla decorata con un cranio umano. Dalla bocca del teschio esce la lingua bifida di un serpente. Al di sopra della palla si svolge una scena molto significativa. Il primo giocatore della squadra di sinistra tiene nella mano destra un coltello di selce e, nella sinistra, la testa dei primo giocatore della squadra avversaria. Il decapitato è in ginocchio e dal collo sanguinante guizzano fuori sette serpenti. Questo riferimento al numero sette sta a ricordare la dea Chicomecoatl che vuol dire, appunto, sette serpenti, e sette era la cifra simbolica del mais. In questo gioco della palla i giocatori non potevano servirsi né delle mani né dei piedi e dovevano riuscire a far passare la palla attraverso anelli collocati ad almeno cinque metri da terra.
Usciti dal Gioco della Palla ci attende un'altra emozione. Sul basamento di una lunga piattaforma, davanti al Tempio dei Giaguari, lunghe file di teschi scolpiti su un muro ci fissano con le loro occhiaie vuote. Si chiama lo Tzompantli, cioè il Muro dei crani. Qui sopra venivano esposti, infilati su pertiche, i crani dei prigionieri sacrificati. Consideriamo che, secondo quanto si sa, il numero dei prigionieri sacrificati ogni giorno, poteva arrivare a molte migliaia! Tra gli edifici della parte meridionale di Chichen Itzà (in stile maya) risalta per la curiosa forma a chiocciola l’osservatorio astronomico o “Caracol” che peraltro è stato fortemente rimaneggiato in periodo tolteco. La torre circolare munita di scala a chiocciola è l’unico monumento di tale forma esistente in terra maya.
Imbocchiamo un lungo viale che porta lontano, verso la giungla. Dopo circa trecento metri siamo sulla sponda del Cenote Sacro. Cenote significa pozzo . Sul fondo del cenote sono stati ritrovati numerosi oggetti votivi e scheletri di adulti e di bambini. Quest’orribile rito che consisteva nell’annegare nell’acqua torbida giovani donne e fanciulli, continuò anche durante il dominio spagnolo. Il rito doveva essere di origine tolteca.
Il Messico è una Repubblica federale presidenziale, composta da 29 Stati, ciascuno con un proprio governatore ed una propria Assemblea, da un Distretto federale e da 2 Territori, troppo scarsamente popolati per poter essere Stati federali. Il Congresso, articolato in due Camere, esercita il potere legislativo. Al Presidente della Repubblica, che è anche Capo del Governo, spetta il potere esecutivo. Nel 1993, insieme a Canada e Stati Uniti, il Messico ha dato vita al NAFTA, l'associazione per il libero commercio del Nordamerica.
La geografia umana del Messico ha le sue prime basi nell'organizzazione territoriale creata dagli antichi Atzechi. Questi avevano la loro capitale a Tenochtitlan, in quella che è oggi la capitale del paese; e così strade e centri che ruotano intorno alla capitale sì sono modellati sull'antico tessuto della civiltà precolombiana. Di elevata altitudine e quindi a clima temperato, questa regione è rimasta come in passato la parte più popolosa del paese. Ma profonde trasformazioni si sono avute con la conquista spagnola e ciò in funzione delle varie forme di sfruttamento. Tra queste s'impose subito l'allevamento del bestiame, in rapporto al quale sorsero le prime grandi haciendas su terre vastissime assegnate agli encomenderos, i latifondisti spagnoli. Ancora più determinante fu lo sfruttamento minerario che arricchì il paese in modo prodigioso, facendo nascere nuove e belle città. Già alla fine del secolo XVII esistevano in Messico 35 vivaci città cui facevano capo vari centri minori. Si ebbe nel contempo la formazione dell'uomo ispano-messicano, nato da un meticciamento sempre più profondo ed esteso, benché si conservassero ampie zone, specialmente nel nord, di intatta popolazione india. Nell'epoca coloniale, la prosperità economica contribuì a far aumentare soprattutto la popolazione bianca e meticcia, mentre gli indios si riducevano, sterminati dalle epidemie. Il Messico, grande circa 6 volte l'Italia ha oggi una popolazione di oltre 82 milioni di abitanti (42 abitanti/kmq). Questa popolazione è in rapido accrescimento a causa dell'elevata natalità specie nelle campagne. La sua distribuzione sul territorio è squilibrata: la densità è maggiore nella regione dell'Anáhuac (50 abitanti/kmq) a causa del forte urbanesimo e minore nel sud (5-10 abitanti/kmq) per la scarsa valorizzazione delle terre. Questa popolazione che fino a mezzo secolo fa era considerata in grandissima parte rurale, oggi è urbanizzata per circa il 67 per cento. I contadini vivono nei pueblos, villaggi che mantengono un aspetto pittoresco ma anche povero. Il resto della popolazione vive nelle città che si addensano soprattutto nell'Altopiano Centrale, grazie al clima temperato e alla maggiore concentrazione di attività produttive. Un particolare cenno merita la capitale, Città di Messico (il cui agglomerato urbano detiene il primato dell'America Latina), che ospita da sola circa un quinto dell'intera popolazione messicana. Sulla capitale vedi : “Città del Messico, la metropoli più popolosa del mondo”.
Guadalajara (2 245 000 abitanti) è la seconda città messicana per importanza economica. Il suo apparato industriale è assai diversificato. Particolare rilevanza hanno le distillerie di tequila, la bevanda nazionale.
Monterrey (1 917 000 abitanti), quasi ai confini con gli Stati Uniti, è importante centro siderurgico.
Puebla de Zaragoza (836 000 abitanti) è posta a 2 162 m di altitudine ed è celebre per la sua architettura di tipo coloniale.
Veracruz (306 000 abitanti) è il maggior porto dei Messico.
Di notevole interesse culturale sono Teotihuacan, Azcapotzalco, Chichén ltza, per i resti delle civiltà precolombiane.
Esercitano un forte richiamo turistico anche i centri balneari, come Acapulco o Cancun.
Nel cuore dell'altopiano messicano, al centro di un antico cratere vulcanico, giace caotico e assordante un «mostro» del nostro secolo: è Città del Messico, la città più grande del mondo. Al ritmo di crescita attuale nel 2000 la capitale messicana sarà la città più densamente popolata dell'intero pianeta, con oltre 30 milioni di abitanti, ammassati in uno spazio che costituisce soltanto lo 0,1% del territorio nazionale.
Assediata ogni giorno da migliaia di contadini che, sfuggendo alla povertà delle campagne accorrono qui in cerca di dimora e di lavoro, la città diventa sempre più povera e le possibilità di impiegare un'enorme massa di mano d'opera diventano giorno dopo giorno sempre più scarse; a ciò si aggiunge il fatto che ogni anno nascono qui 1 milione e mezzo di bambini che una volta adulti chiederanno altrettanti posti di lavoro. A un ritmo del genere risulterà impossibile soddisfare una simile richiesta. Gli immigrati dalle campagne comunque continuano a riversarsi nella grande metropoli, sistemandosi con fatalistica rassegnazione in povere borgate poste ai bordi della periferia. Qui per centinaia di metri si allineano, lungo strade prive di asfalto, caseggiati bassi e tutti uguali, costituiti generalmente da 2 vani, uno sul fronte ed uno sul retro, che funge da cucina. In questi locali di quattro metri per quattro vivono spesso nuclei familiari di 8-10 persone di tutte le età. Sono quartieri nei quali manca quasi completamente la presenza dell'amministrazione pubblica, che non è stata capace di adeguarsi al grande boom demografico degli ultimi 50 anni: mancano le strade, gli acquedotti, le fognature, la rete elettrica e telefonica.
I confort della modernità i nuovi venuti se li procurano da sé, collegandosi abusivamente ai fili delle linee elettriche, ed acquistando l'acqua dai venditori ambulanti; il lavoro scarseggia e la grande università della città sforna ogni anno migliaia di laureati che non hanno la possibilità di un impiego. La disoccupazione e la miseria dilagante hanno stimolato però la fantasia dei messicani: i più poveri infatti non chiedono più l'elemosina ai semafori, ma si travestono con parrucche colorate e volti dipinti intrattenendo per pochi pesos gli automobilisti imbottigliati nel terribile traffico che attanaglia la città. E di automobilisti ce ne sono tanti se si pensa che sono 3 milioni e mezzo i veicoli che circolano nella città. I veicoli insieme a centinaia di altre attività industriali, dai cementifici alle industrie chimiche, dalle industrie siderurgiche alle farmaceutiche scaricano nell'aria oltre 4 milioni e 350.000 tonnellate di gas inquinanti, rendendo l'atmosfera della città pressoché irrespirabile. Il grado di inquinamento di Città del Messico è almeno quattro volte superiore ai limiti stabiliti dall'organizzazione mondiale della sanità. In grande aumento infatti sono le malattie dell'apparato respiratorio, della pelle, del cuore. Questa grave situazione ha portato negli ultimi tempi a decisioni e proposte a loro modo inquietanti: l'amministrazione ha deciso di sospendere l'ora di ginnastica all'aria aperta per i bambini delle scuole, perché ritenuta dannosa anziché benefica per la loro salute; il governo degli USA ha stanziato un indennizzo in denaro per i cittadini statunitensi che si rechino a lavorare a Città del Messico, per risarcirli del danno fisico che potrebbero subire; provocatoria infine la proposta del movimento ecologista messicano, che intende installare in mezzo al traffico, speciali cabine all'ossigeno in cui è possibile respirare a pagamento! La causa principale del grave ristagno di veleni sulla città è la sua stessa posizione geografica: vista dall'alto essa appare come adagiata sul fondo di una grande tazza dove difficile è il ricambio dell'aria e dove ristagnano di conseguenza fumi e gas. Il governo messicano ha comunque stanziato negli ultimi anni grosse somme impegnandosi a risolvere questo problema. Altra grande spina nel fianco di questa smisurata città è quella della “vasura” cioè la spazzatura, che viene depositata in discariche a cielo aperto, in una infernale ”ciudad de la vasura” (città della spazzatura) che si trova nelle vicinanze dell'aeroporto. In attesa di una soluzione, assai difficile da trovare, migliaia di pepenadores, cercatori di spazzatura, vivono ogni giorno cercando in mezzo a queste masse di rifiuti qualcosa di utile da recuperare o da rivendere.

L’economia: agricoltura, allevamento, pesca

A partire dagli anni Cinquanta il Messico ha realizzato un notevole potenziamento delle proprie strutture produttive, collocandosi tra i primi Paesi in via di sviluppo dell'America Latina. La sua economia è di tipo misto, in quanto assai consistenti sono gli interventi e i controlli dello Stato. Grazie al forte impegno statale sono state realizzate importanti infrastrutture ed opere idrauliche, che hanno consentito il decollo industriale. Questo è stato possibile anche per il consistente contributo degli Stati Uniti, con i quali il Messico intrattiene intensi rapporti commerciali e dai quali continua a ricevere notevoli aiuti finanziari. Nonostante la crescita rilevante, il Messico presenta una situazione per molti aspetti " problematica, con tassi di disoccupazione e d'inflazione elevatissimi e forti squilibri sociali ed economici, in relazione sia alle regioni sia ai settori produttivi. Nelle campagne, ad esempio, il reddito rimane bassissimo, l'analfabetismo e la mortalità infantili sono notevolmente elevati.
L'agricoltura occupa ancora un posto di rilievo nell'economia messicana; assorbe infatti il 28% della popolazione attiva. La riforma agraria ha abolito il latifondismo, distribuendo circa la metà delle terre coltivabili alle comunità di villaggio (ejidos) e a piccoli proprietari; tuttavia le terre più fertili del Paese sono rimaste nelle mani di pochi grandi proprietari che, grazie ai loro capitali, possono utilizzare tecniche produttive più avanzate ma mantengono i contadini in una situazione di sfruttamento assoluto. Pagati spesso non in denaro, ma con buoni acquisto, sono obbligati a spenderli in spacci interni all'azienda, gestiti dagli stessi proprietari. L'agricoltura è in larga misura di pura sussistenza e dà redditi bassissimi. Colture prevalenti per il consumo interno sono quelle del mais, dei fagioli, del frumento, dell'orzo, dell' avena, del sorgo e del riso. Fra le piante industriali notevole peso hanno quelle delle fibre tessili (cotone e sisal, le agavi per la produzione di bevande (tequila e pulque). La canna da zucchero, il caffé, il cacao, i frutti tropicali e gli ortaggi sono in gran parte esportati. Il Messico dispone di un buon patrimonio boschivo (21,4% del territorio), da cui si ricava legname pregiato: mogano, ebano, sandalo, cedro, legno di rosa. La notevole estensione dei prati e dei pascoli (38% del territorio) consente un buon allevamento di bovini, ovini ed equini, praticato principalmente nelle «tierras frias». La pesca ha i centri principali sul Golfo della California. Il pescato (gamberi giganti, acciughe, sardine e tonni) è in buona parte esportato.

L’economia: risorse minerarie e industrie

Il Paese è tra i massimi produttori di argento, piombo, zinco e zolfo, ma possiede anche oro, rame, ferro, antimonio, molibdeno ecc. Oltre ai giacimenti di carbone, importanti sono quelli di petrolio e di gas naturale, il cui sfruttamento, insieme alla buona disponibilità di energia idroelettrica, ha consentito l'avvio dell'industrializzazione. Negli ultimi decenni, infatti, le fortune minerarie del Messico si sono rinnovate con la scoperta di vasti giacimenti di petrolio nella fascia atlantica, che fanno di questa nazione il maggior produttore dell’America Latina e il quinto nel mondo, originando una forte industria chimica.
L'esportazione di greggio, inoltre, ha dato al Paese mezzi per svincolarsi, almeno in parte, dall'ingerenza pesante del capitale straniero. Accanto all'industria estrattiva, particolarmente importante per il Messico, nel settore secondario si sono sviluppate le industrie a questa collegate e quelle di trasformazione dei prodotti agricoli. Notevole impulso hanno avuto anche i settori siderurgico, meccanico, petrolchimico, chimico, tessile ed alimentare. Le industrie hanno i loro maggiori centri a Città del Messico e nel triangolo Monterrey-Saltillo-Monclova, nel Nord-Est.
La presenza straniera particolarmente nei settori automobilistico («Volkswagen», «Renault», «Datsun»), elettromeccanico ed elettronico («Philips», «General Electric») si spiega con i bassi costi della manodopera. La percentuale di occupati nel settore terziario è alta, ma si tratta di occupazioni poco produttive. In grande espansione il turismo, per le meravigliose attrattive naturali, archeologiche, balneari. Il governo messicano ha svolto una febbrile attività per stipulare accordi di libero scambio nell'ambito del Gruppo dei Tre (Messico, Colombia, Venezuela), dell'America Centrale istmica, e del Nordamerica (NAFTA). Il NAFTA gioverà molto al Messico del Nord, dove già in molte fabbriche manifatturiere di proprietà americana, poste proprio sul confine, operai messicani montano pezzi prodotti in USA a un decimo del costo di un lavoratore statunitense. C'è timore che si allarghi la povertà del Sud, dove la popolazione india è prevalente ed è a contatto con i focolai di guerriglia dell'America Centrale. L’esasperazione degli indios, che si battono anche per vedere riconosciuta la loro identità culturale, esplode ogni tanto in rivolte come quelle dell’esercito zapatista (dal nome di Emiliano Zapata, eroe, assieme a Pancho Villa, della rivoluzione del 1910).

Le principali organizzazioni economiche delle Americhe

Alla fine del 1992, i governi di Canada, USA e Messico hanno firmato il NAFTA (North American Free Trade Agreement = Accordo Nordamericano per il Libero Commercio), programmando di abbassare le barriere doganali entro il 2000. Si forma così un mercato di oltre 370 milioni di abitanti, dal Polo Nord ai Caraibi tropicali, aperto sui traffici dei due oceani: l'Atlantico, in contatto con il mercato comune dell'Unione Europea, e il Pacifico, oltre il quale vi sono il Giappone e alcuni piccoli Stati ad alta produttività e l'immensa Cina in rapido sviluppo.
Un accordo coraggioso, perché unisce due Paesi con oltre 20.000 dollari di reddito annuo pro capite a un Paese i cui abitanti ne hanno solo 3.400 di media. Potrebbe essere il primo passo verso una Comunità dei paesi americani. Ma c'è chi teme che esso dia via libera alle multinazionali, crei disoccupazione negli USA (per l'afflusso di altri lavoratori messicani) e occupazione mal pagata nel Messico. Un effetto del NAFTA sarà probabilmente un’ accresciuta specializzazione di alcune produzioni e attività nei tre Stati: legname nel Canada, cereali e carne negli USA, frutta e ortaggi nel Messico. Gli USA spostano verso sud le attività a maggiore contenuto di manodopera e si concentrano nelle nuove tecnologie. Di fronte al NAFTA, il Sudamerica ha cominciato a formare unioni economiche di gruppi di Stati, che prendono sigle diverse: Mercosur (Mercato Comune del Cono Sud), Mercato Comune Centroamericano, Patto Andino, Comunità dei Caraibi… Il Gruppo dei Tre (Colombia, Venezuela, Messico) può fare da collegamento con il NAFTA.

I problemi del Paese

Da quanto finora si è detto emergono i vari problemi del Messico. L'obbiettivo più importante è quello di avere un governo più efficiente, la cui politica economica sia finalmente capace di tradurre in reddito per gli abitanti le immense potenzialità naturali dell'agricoltura e del sottosuolo. Un secondo problema è costituito dal pesante indebitamento con l'estero, che non potrà essere assorbito senza una politica che limiti in modo molto severo le importazioni e i consumi. Un terzo problema è l'elevata natalità, che ormai da molti anni spinge i messicani delle campagne a tentare le avventure, entrambe rischiose, del trasferimento nella grande metropoli o quella dell'emigrazione, spesso clandestina negli Stati Uniti. Problema a sé è l'espansione, al limite del mostruoso, di Città di Messico: una città che detiene molti primati, oltre a quello del numero di abitanti, per esempio l'affollamento dei mezzi pubblici, la lentezza del traffico nelle ore di punta, l'inquinamento atmosferico, il frastuono, ecc. In altre parole, il problema di fondo con cui si deve misurare questo paese è di passare dal ruolo di nazione sottosviluppata (sia pure tra le più avanzati) a quello di moderno paese industrializzato. Il più grosso ostacolo al raggiungimento di questo traguardo è la costante carenza di capitali.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Messico.doc

Sito web da visitare: http://www.studenti.it

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