Regole grammaticali

Regole grammaticali

 

 

 

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Regole grammaticali

L’ORDINE ALFABETICO

Le lettere della lingua italiana sono elencate in un ordine preciso che si chiama Alfabeto:

A  B  C  D  E  F  G  H  I  J  K  L  M  N  O  P  Q  R  S  T  U  V  W  X  Y  Z.

Per ordinare delle parole secondo l’ordine alfabetico, va considerata la prima lettera di ogni parola.

Es. APE  è prima di CANE.

Se le prime lettere sono uguali, vanno considerate le seconde, e così via…

Es. AQUILA è prima di ASINO.

 

UN ALLEATO SPECIALE: IL VOCABOLARIO

Il vocabolario (o dizionario) è un libro in cui sono raccolti i vocaboli (parole) di una lingua.
Per ogni vocabolo, nel dizionario troviamo:

  • come si scrive correttamente (ortografia)
  • come si pronuncia
  • come si divide in sillabe
  • come si analizza grammaticalmente
  • il suo significato (a volte più di uno)
  • alcuni esempi di come si usa
  • l’etimologia (l’origine di quella parola)

 

Osservazioni:
esistono anche dei dizionari speciali che ti possono aiutare. Ad esempio

  • il vocabolario dei sinonimi e dei contrari (che ti aiuta a trovare parole simili o contrarie a quella cercata ed è molto utile quando scrivi un testo)
  • il vocabolario che traduce i vocaboli di una lingua in un’altra lingua.

LA DIVISIONE IN SILLABE

 

La divisione in sillabe serve per andare a capo in modo corretto.

Ricordiamo le sillabe difficili:

 . le DOPPIE si dividono sempre (es. mam-ma).

. CQ si dividono sempre (es. ac-qua).

. MP e MB si dividono sempre (es. im-pa-ra-re, bam-bi-no).

. PR- BR – FR – GR – TR – DR – CR: sempre unite

. GNA - GNE - GNI - GNO – GNU: sempre unite

. SCI – SCE: sempre unite.

. GLIA – GLIE – GLI – GLIO –GLIU: sempre unite.

 

 

Parole che fanno eccezione

 

Eccezione di CE

 

Alcune parole vogliono  CIE:

cielo, cieco, società, specie, superficie, sufficiente, insufficiente, efficiente, deficiente, socievole, pasticciere, braciere, crociera arciere artificiere.

Si usa CIE anche nei plurali dei nomi che al singolare terminano in CIA preceduta da una vocale.

Es. CAMICIA           CAMICIE,                 FARMACIA         FARMACIE

 

Eccezioni di GE

Alcune parole vogliono GIE:

Effigie, igiene e loro derivati.

Si usa GIE anche nei plurali dei nomi che al singolare terminano in GIA preceduta da una vocale.

Es. VALIGIA         VALIGIE      CILIEGIA       CILIEGIE

 

Eccezioni di GN

 

Alcune parole con GN vogliono la I anche se dopo c’è una vocale:
compagnia (es.fammi compagnia), e alcuni verbi che hanno la radice che finisce in GN, alla prima persona plurale (es.disegn-iamo, sogn-iamo, segn-iamo, ecc)

 

Eccezioni di SCE

Alcune parole vogliono SCIE:

scienza,coscienza, usciere e loro derivati (es. onnisciente, scientifico, scienziato, fantascienza, scientificamente, cosciente, coscienzioso, incosciente, coscienziosamente, scie – plurale di scia - ecc…)

 

Eccezioni di QUO

Il gruppo QU si usa quando dopo la U c’è un’altra vocale. Ma ci sono delle parole che fanno eccezione e che vogliono la C anche se dopo la U c’è una vocale:
CUORE, CUOCO, SCUOLA, CUOIO, TACCUINO, PERCUOTERE, RISCUOTERE, SCUOTERE, CIRCUITO, ARCUATO, PROFICUO, COSPICUO, INNOCUO, EVACUAZIONE, CUI  (pronome, ad es.le persone a cui voglio bene).

 

IL SUONO QQ

 

L’unica parola italiana che si scrive con la doppia Q è SOQQUADRO (= confusione visiva, disordine).

IL SUONO CQ

 

Si usa il suono CQ:

  • nella parola ACQUA e in tutti i suoi derivati (ad es. acquario, acquaio, acquitrino, acquerugiola, acquolina, acquedotto, acquazzone, acquavite, subacqueo, acquerelli, annacquare, sciacquare, risciacquare,  ecc..)

 

  • nei verbi ACQUISTARE, ACQUISIRE, ACQUIETARE, ACQUATTARSI e in tutti i loro derivati (es. acquisto, acquattato, ecc..) 
  • nel passato remoto di alcuni verbi e solo in alcune persone:

nascere: NACQUI, NACQUE, NACQUERO;
tacere: TACQUI, TACQUE, TACQUERO;
piacere: PIACQUI, PIACQUE, PIACQUERO;
giacere: GIACQUI, GIACQUE, GIACQUERO).

 

IL SUONO GLI

 

In alcune parole il gruppo GLI mantiene i due suono G e L distaccati: GLICINE, GLICERINA, NEGLIGENZA ANGLICANO, GEROGLIFICO.

 

LA LETTERA Z

 

La Z non si scrive doppia nelle parole che finiscono in ..zia, ..zio, ..zione (es. vizio, stazione, eccezione, ecc..).

 

MONOSILLABI ACCENTATI

 

Si usa mettere l’accento quando la voce “cade” sull’ultima lettera di  una parola.
PERO nome di albero (il pero è fiorito) non è PERO’ congiunzione (non ho fame però mangio)

I MONOSILLABI ACCENTATI

Ci sono alcune parole che vogliono l’accento per non confonderle con altre con significato diverso:

(verbo: non mi dà la penna)

(giorno: tre volte al dì)               
È (verbo: non è tornato)
(in quel luogo)       
(in quel luogo)
(affermazione: dimmi di sì)
,  (non ho fame né sete)

 (la bevanda),         

 

(quando significa se stessi),
CHÈ (quando significa perché) Es. Vieni dentro, chè è freddo!

DA (preposizione semplice: vengo da Roma)
DI (preposizione semplice: sono di Luca)
E (congiunzione: il cane e il gatto)
LA (articolo determinativo)
LI (pronome: li ho chiamati stamattina)
SI (pronome: si sono svegliati ora).
NE pronome personale (me ne vado)        
TE pronome personale (vengo da te)
                      
SE congiunzione (se vai, ti seguo)
CHE        congiunzione (dico che….) o pronome relativo (le penne che hai preso)

 

Altri monosillabi vogliono l’accento:


(verbo: non mi dà la penna)

(giorno: tre volte al dì)               
È (verbo: non è tornato)
(in quel luogo)       
(in quel luogo)
(affermazione: dimmi di sì)
,  (non ho fame né sete)

 (la bevanda),         

 

(quando significa se stessi),
CHÈ (quando significa perché) Es. Vieni dentro, chè è freddo!

DA (preposizione semplice: vengo da Roma)
DI (preposizione semplice: sono di Luca)
E (congiunzione: il cane e il gatto)
LA (articolo determinativo)
LI (pronome: li ho chiamati stamattina)
SI (pronome: si sono svegliati ora).
NE pronome personale (me ne vado)        
TE pronome personale (vengo da te)
                      
SE congiunzione (se vai, ti seguo)
CHE        congiunzione (dico che….) o pronome relativo (le penne che hai preso)

 

I monosillabi NON accentati sono:
STO – STA – FU – FA – VA – TU – TE - TRE – RE – BLU – SU – ME – SO – STA – TRA – QUI – QUA
VA L’ACCENTO PERò SUI MULTIPLI DI TRE (ES. ventitré, centotrè…)

L’APOSTROFO (elisione)

 

 

L’apostrofo si usa

  • per segnare un’ELISIONE, cioè  quando una vocale finale di parola “sparisce” davanti ad un’altra che inizia anche lei per vocale.

Es. LA OCA (L’OCA) D’ACCORDO, SENZ’ALTRO

  • Nella parola un poco (un po’) e anche nei verbi di comando (modo imperativo)
  • In alcuni imperativi (verbi di comando) perché la parola è stata accorciata di qualche lettera:

da’ (sta per dai: da’ subito la penna a Luca!)         
di’ (sta per dici: di’ quello che sai!)
fa’ (sta per fai: fa’ presto!)
sta’ (sta per stai: sta’ fermo!)
va’ (sta per vai: va’ via di qui!)
to’ (sta per togli nel senso di prendi: to’, io non lo voglio).

IL TRONCAMENTO
Alcune parole possono perdere la parte finale che davanti a parole che iniziano per consonante.
Es. ho avuto un gran male di mare.
È un grande bello ragazzo.
Questo modo di scrivere si chiama TRONCAMENTO.
Le parole che subiscono il troncamento non vogliono l’apostrofo .

LA PUNTEGGIATURA
I segni di punteggiatura più importanti sono i seguenti:

IL PUNTO FERMO
Indica una pausa lunga e separa una frase dall’altra.
Dopo vuole la lettera maiuscola

IL PUNTO INTERROGATIVO (O DI DOMANDA)
Serve per esprimere una domanda, per chiedere qualcosa, per interrogare.
Dopo vuole la lettera maiuscola

IL PUNTO ESCLAMATIVO
Si usa quando si vuole esprimere un sentimento come meraviglia, stupore, paura, dolore, gioia, ecc,  ma anche per comandare o per fare una battuta spiritosa.
Dopo vuole la lettera maiuscola

LA VIRGOLA
Serve per fare una pausa breve  in una frase un po’ lunga, per collegare insieme più frasi dello stesso discorso o per fare un elenco
Dopo vuole la lettera minuscola

I DUE PUNTI
I due punti servono all’inizio di un elenco che si sta per fare; per spiegare meglio quello che si è appena detto (per fare un esempio o un’osservazione);prima di un discorso diretto;
Dopo vogliono la lettera minuscola

IL PUNTO E VIRGOLA
Il punto e virgola serve per separare due frasi che però sono molto legate l’una all’altra.
E’ una pausa un po’ più breve del punto e un po’ più lunga della virgola.
Dopo vogliono la lettera minuscola

I PUNTINI DI SOSPENSIONE
Servono per interrompere una frase quando non è necessario finirla subito; per dare alla frase un tono di mistero o un tono scherzoso
ATTENZIONE: dopo i tre puntini di sospensione, SE LA STESSA  FRASE DOPO CONTINUA, NON CI VA LA MAIUSCOLA

LE VIRGOLETTE
Si inseriscono dopo i due punti per introdurre un discorso diretto e si chiudono quando il discorso diretto è finito e riprende a parlare il narratore.
Dopo vogliono la lettera maiuscola.

LE PARENTESI
le parentesi servono per inserire una precisazione che spiega meglio un testo.
Es. La mia vicina di casa (si chiama Lisa) viene dalla Romania.
IL DISCORSO DIRETTO
Osserva:
La farfalla chiede alla coccinella :” Vuoi venire con me?”.
La coccinella risponde: “ Volentieri!”.

Quando riportiamo in un testo quello che sta dicendo un personaggio scriviamo un DISCORSO DIRETTO.

Il discorso diretto è introdotto da verbi come dire, domandare, rispondere, spiegare, esclamare, aggiungere, ecc …
Dopo uno di questi verbi bisogna scrivere
: “Lettera maiuscola …..! oppure ? oppure. oppurepoi ”.

La nuova frase inizia con la lettera maiuscola.

Le virgolette aperte fanno aprire la bocca al personaggio, le virgolette chiuse la fanno chiudere.
Esempi:
Claudia chiede a sua cugina : “Cosa vuoi in regalo per il tuo compleanno?”.
Federico e Stefano ammettono: “Va bene, siamo stati noi.”.
Il gatto esclama: “E’ inutile che scappi, topolino, tanto ti prendo!”.
La nonna prese il libro e cominciò a raccontare: “C’era una volta …”.

UN NARRATORE UN PO’ INVADENTE
A volte può capitare che il narratore si inserisca in mezzo al discorso diretto per spiegare chi sta parlando.
In questo caso si spezza il discorso diretto con delle lineette, lasciando la lettera minuscola alle parole del narratore.

Es. “Sta’ un po’ dritto – dice la maestra altrimenti ti viene la gobba!”.
“Ma insomma! – protestò Luca Chi è che mi prende la gomma senza chiederla?”.
“  Martina! – chiamò la mamma dal terrazzo – Vieni su chè è pronto!”.

IL  DISCORSO INDIRETTO.

Nel discorso indiretto i personaggi non parlano direttamente, ma è sempre il narratore che racconta i loro dialoghi.
Per trasformare il discorso diretto in discorso indiretto devo cambiare alcuni verbi e usare alcune paroline importanti: come  CHE, SE, DI ecc…
Es.
D.D.    La sorellina chiede a Nicola: “Sai dov’è la mamma?”
D.I.     La sorellina chiede a Nicola SE sa dov’è la mamma.

D.D.    La mamma ricorda a Pietro: “E’ ora che tu faccia i compiti!”
D.I.     La mamma ricorda a Pietro CHE è ora che lui faccia i compiti

D.D.    Il vigile ordina ai bambini: “ Passate sulle strisce!”.
D.D.    Il vigile ordina ai bambini DI passare sulle strisce.

L’H NEL VERBO AVERE

Il verbo AVERE, nel modo indicativo tempo  presente, alla  1°, 2° e 3° persona singolare e nella 3° plurale VUOLE L’H

IO HO (1° PERS. SING.)
TU HAI (2° PERS. SING.)
EGLI HA (3° PERS. SING.)
NOI ABBIAMO
VOI AVETE
ESSI  HANNO (3° PERS. PLUR.)

Attenzione a non confondere:
Ho       con      O         (congiunzione)
Hai      con      AI        (preposizione articolata)
Ha       con      A         (preposizione semplice)
Hanno con      ANNO (i 12 mesi)

Un trucchetto per non confonderli:
Sostituisci mentalmente:
il suono O con AVEVO
il suon AI con AVEVI
il suono A con AVEVA
il suono ANNO con AVEVANO:
se le frasi “funzionano bene”, allora hai di fronte il verbo avere e ci va l’H.

es. io ho (avevo) fame : la frase “funziona”, quindi è verbo avere e ci va l’H
io vado A (aveva) casa :  la frase “non funziona” quindi non è verbo avere e NON ci va l’H
ricorda sempre:
…ATO, …ITO, …UTO, ….. L’H HAN SEMPRE VOLUTO!
Es. io ho mangiato, tu hai dormito, egli ha bevuto.

ARE, …ERE, …IRE, ….L’H FAN FUGGIRE!
Es. vado a mangiare, poi a correre, poi a dormire.
L’ACCENTO NEL VERBO ESSERE
Il verbo ESSERE nel tempo indicativo presente, alla  3° persona singolare vuole l’accento:
io sono
tu sei
egli è
noi siamo
voi siete
essi sono

attenzione a non confondere
E’ verbo essere da E congiunzione (che non ha l’accento)
Per riconoscerlo facilmente prova a sostituirlo con ERA. Se la frase “funziona”, allora è verbo essere e ci va l’accento.
Es. La mamma e il babbo sono partiti (la mamma era il babbo sono partiti) : non funziona, quindi non è verbo essere, quindi non ci va l’accento

La mamma è buona (la mamma era buona): OK, funziona, quindi è verbo essere, quindi ci va l’accento

LE ESCLAMAZIONI
(O INTERIEZIONI) PROPRIE

L’ESCLAMAZIONE (O INTERIEZIONE) è una parte invariabile del discorso con la quale esprimiamo un sentimento improvviso di gioia, stupore, perplessità, dolore, spavento,...
In molte esclamazioni troviamo la lettera H: bisogna quindi fare attenzione a non confonderle con il verbo avere!!!
Come fare?
Ricordati che il verbo avere ha sempre l’H all’inizio di parola (ho, hai, ha, hanno), nelle esclamazioni, invece, l’H è in mezzo o alla fine (Fa eccezione EHI! che si può scrivere anche HEI!)
Esistono molti tipi di INTERIEZIONI. Quest’anno studieremo quelle “proprie”.

Ecco le esclamazioni più comuni:

INTERIEZIONI PROPRIE

AHI ! OHI ! AHIMÉ ! OHIMÉ ! esprimono DOLORE;

OHI ! OHÉ ! OLÀ ! EHI!         esprimono RICHIAMO;

DEH ! SU! ORSU’!                 esprimono PREGHIERA;

AUFF ! UFF!                           esprimono IMPAZIENZA;

OHIBÒ ! BHE’?                      esprimono INCREDULITÀ; NEGAZIONE;

EHM !                                     esprimono LIEVE MINACCIA;

MAH ! BOH!    UHM!              esprimono  INCERTEZZA, DUBBIO;

PUH ! PUAH !                        esprimono DISPREZZO, RIPUGNANZA.

AH! EH! IH! OH! UH!             esprimono VARI SENTIMENTI …

Le parti del discorso

Le parti del discorso possono essere variabili o invariabili:

VARIABILI:

NOMI  (Luisa, vigile)

ARTICOLI (un,la..)

VERBI (essere, andare,..)

AGGETTIVI  (bello, buona,..)

PRONOMI  (io,voi, …)

 

INVARIABILI

PREPOSIZIONI (di, in,..)

AVVERBI (lontanamente, spesso, ..)

ESCLAMAZIONI  (ahimè!, oh…)

CONGIUNZIONI (e, o, ..)

 

           


Il nome è una parte variabile del discorso.

L’articolo

L’articolo è una parte variabile del discorso costituito da una parola che si mette prima del nome.
Si distinguono in:

ARTICOLI DETERMINATIVI
e
ARTICOLI INDETERMINATIVI

GLI ARTICOLI DETERMINATIVI

 

MASCHILI

FEMMINILI

 

SINGOLARI

 

IL , LO

 

LA

 

PLURALI

 

I , GLI

 

LE

 

RICORDA:

LO si usa davanti ai nomi comuni, maschili, singolari che cominciano con:

  • Z (lo zio),
  • S IMPURA, cioè s seguita da consonante (lo scoiattolo),
  • GNO (lo gnomo),
  • PS (lo psicologo),
  • X (lo xilofono).

LO si apostrofa (L’) davanti ai nomi comuni, maschili, singolari che cominciano con una vocale (lo albero = l’albero).

GLI si usa davanti ai nomi comuni, maschili,plurali che cominciano con:

  • Z (gli zii),
  • S IMPURA, cioè s seguita da consonante (gli scoiattoli),
  • GNO (gli gnomi),
  • PS (gli psicologi),
  • X (gli xilofoni).

LA si apostrofa (L’) davanti ai nomi comuni, femminili, singolari che cominciano con una vocale (La arancia = l’arancia).

Gli articoli indeterminativi

 

 

MASCHILI

 

FEMMINILE

 

SINGOLARI

 

UN, UNO

 

UNA

RICORDA:
UNO si usa davanti ai nomi comuni, maschili,singolari che cominciano con:

  • Z (uno zio),
  • S IMPURA, cioè s seguita da consonante (uno scoiattolo),
  • GNO (uno gnomo),
  • PS (uno psicologo),
  • X (uno xilofono).

UNA si apostrofa UN’ davanti ai nomi comuni femminili singolari che cominciano con una vocale (un’anatra).
Ricorda:
LA e UNA si apostrofano anche davanti agli aggettivi  e ai pronomi femminili singolari che cominciano con una vocale).
Es. un’esile fanciulla (aggett.)
L’altra (pron.)

 

Un bambino
triste

 

Un bambino
arrabbiato

 

disegno

 

disegno

 

disegno

 

Un bambino
spaventato

 

disegno

 

Un bambino
felice

 

Un bambino

 Osserva:                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

 

Un nome può essere precisato meglio se è accompagnato da un aggettivo, che ci dice com’è quel nome (dal latino, aggettivo significa “che aggiunge”).
Felice, triste, arrabbiato, spaventato sono qualità e l’aggettivo che precisa queste qualità si chiama AGGETTIVO QUALIFICATIVO.

maschile

 L’aggettivo concorda sempre con il nome a cui si riferisce (legge della concordanza):
                                                  il nonno giocherellone
                                                 

femminile

                                                la nonna giocherellona

singolare

  



                                               l’autista prudente

plurale

  

gli autisti prudenti

 

I gradi dell’aggettivo qualificativo

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
L’aggettivo che abbiamo conosciuto fino ad ora è l’aggettivo qualificativo DI GRADO POSITIVO, che è la forma più semplice.

IL GRADO COMPARATIVO

 Ma esistono anche altri gradi che sono il COMPARATIVO e il SUPERLATIVO.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              A volte ci capita di esprimere giudizi su persone, animali, cose o situazioni confrontando e paragonando le loro qualità.
Es. la mia bambola nuova è più nuova della tua
Il cane di Marco è meno aggressivo di quello di Franca
La tua mela è grossa come la mia.
Prendiamo quattro pastelli:

Disegno di quattro pastelli:
uno blu di due quadretti,
uno giallo di due quadretti,
uno verde di quattro quadretti e
uno rosso di sei quadretti

  


Osserva:
 

Grado comparativo DI maggioranza

 

La misura dei pastelli è stata confrontata

 

Il pastello rosso è più grande di quello verde

 

Disegno
di un pastello   verde medio e uno rosso grande

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Il comparativo può essere
di UGUAGLIANZA (come..) es.il bambino biondo è alto come quello bruno.
di MINORANZA (meno di..) es. il bambino biondo è meno alto di quello bruno.
di MAGGIORANZA (più di..) es. il bambino biondo è più alto di quello bruno.

IL GRADO SUPERLATIVO

  


Un altro grado dell’aggettivo, oltre al grado positivo e al grado comparativo, è quello del SUPERLATIVO.
Noi usiamo il superlativo quando esprimiamo una qualità al massimo grado.

Disegno di tanti bambini, tra cui una più alta degli altri.

 Osserva

 

Disegno di Erika da sola.

 Erika è la più alta della classe.

 

   Erika è altissima.

IL GRADO SUPERLATIVO

  



  

PUO’ ESSERE:

                                       

1. RELATIVO: la qualità “più alta” è al massimo grado, ma in relazione ai compagni di classe.
(relativo = in relazione a qualcuno o a qualcosa)

  

2. ASSOLUTO: la qualità “altissima” è al massimo grado e non ci sono neanche confronti con qualcuno o qualcosa (assoluto = libero da relazioni, senza limiti). Attenzione: il superlativo assoluto si può esprimere in molti modi:

  • molto alta                               - alta alta             - estremamente alta
  • super alta                               - assai alta
  • stra-alta                                 - iper-alta
  • mega-alta                              - extra-alta
  

 

 


I GRADI DELL’AGGETTIVO QUALIFICATIVO
Schema riassuntivo

Grado POSITIVO

Morbido

Precisa una qualità

Grado COMPARATIVO

DI MAGGIORANZA : Più morbido di
DI MINORANZA : Meno morbido di
DI UGUAGLIANZA:  Morbido come …,       Morbido tanto quanto

Precisa un confronto tra due termini di paragone

Grado SUPERLATIVO

ASSOLUTO

 

Morbidissimo
Molto morbido
Morbido morbido
Super morbido
Estremamente morbido, ecc…

Non precisa nessun confronto
La qualità è espressa in modo assoluto

RELATIVO

Il più morbido di…  (o tra….)
Il meno morbido di…  (o tra…)

Precisa un confronto fra un elemento e un gruppo di elementi ben definito

Aggettivi qualificativi particolari


Grado positivo

Grado comparativo di maggioranza

Grado superlativo assoluto

BUONO

più buono di o MIGLIORE di

buonissimo o OTTIMO

CATTIVO

più cattivo di o PEGGIORE di

cattivissimo o PESSIMO

GRANDE

più grande di o MAGGIORE di

grandissimo o MASSIMO

PICCOLO

più piccolo di o MINORE di

piccolissimo o MINIMO

ALTO

più alto di o SUPERIORE a

altissimo o SUPREMO ( o SOMMO)

BASSO

Più basso di o INFERIORE a

bassissimo o INFIMO

ESTERNO

più esterno di o ESTERIORE

ESTREMO

INTERNO

Più interno di o INTERIORE

INTIMO


Attenzione:  naturalmente, non si potrà dire ad es.”lui è più migliore di me” , perché migliore è già comparativo; si dirà invece:”lui è migliore di me”.
Ecco altri superlativi assoluti particolari:
acre                                ACERRIMO
celebre                            CELEBERRIMO
aspro                              ASPERRIMO
misero                             MISERRIMO
integro                                  INTEGERRIMO

 

Il verbo

Il verbo è una parte variabile del discorso.
E’ la parola più importante della frase.
Può indicare:
- un’azione;
- un movimento;
- un modo di essere;
- un modo di sentire.
Il verbo è formato da una parte invariabile, la radice, e da una parte variabile, la desinenza.
Esempi:
   Don   –        are
(radice)      (desinenza)

Tem    -     ere

      (radice)       (desinenza)

Cap    -      ire

     (radice)        (desinenza)

a seconda della desinenza che hanno all’infinito, i verbi si possono dividere in tre CONIUGAZIONI:

- se terminano in ARE sono della PRIMA CONIUGAZIONE
- se terminano in ERE sono della SECONDA CONIUGAZIONE
- se terminano in IRE sono della terza coniugazione.

I verbi ESSERE e AVERE sono di CONIUGAZIONE PROPRIA

I verbi FARE e DIRE appartengono alla II coniugazione anche se terminano in ARE (in latino infatti erano chiamati fac – ere e dic – ere).

 

I TEMPI DEI VERBI

Ogni verbo può avere dei TEMPI SEMPLICI o dei TEMPI COMPOSTI.
I tempi semplici sono formati da una sola parola, mentre i tempi composti sono formati da due parole.
I tempi composti di un qualsiasi verbo si formano con il  tempo semplice del verbo essere o del verbo avere più il participio passato di quel verbo (i participi passati sono quelli che terminano in –ATO, -ITO, - UTO).

I verbi ESSERE e AVERE, dunque, aiutano a volte tutti gli altri verbi e per questo si chiamano AUSILIARI (ausilio = aiuto).

Ma ci sono alcuni casi in cui questi due verbi sono indipendenti.

Quando ESSERE non è ausiliare ma INDIPENDENTE, indica:

  • un MODO DI ESSERE (es. è grande, sono stanco).

 

  • uno STATO (è un albero, sono dei veri amici).

Quando il verbo AVERE non è ausiliare ma INDIPENDENTE, indica:

  • POSSEDERE (io HO una bicicletta).

 

  • SENTIRE (tu HAI sonno).

 

I modi dei verbi

Ogni verbo può essere coniugato in diversi tempi, ma anche in diversi MODI.
I MODI dei tempi si dividono in due grandi gruppi:
i MODI FINITI e i MODI INDEFINITI.

  • I MODI FINITI si chiamano “finiti” perché indicano la persona che fa l’azione e il momento in cui la fa (tempo). Essi si chiamano:

    INDICATIVO

CONGIUNTIVO
MODI FINITI
CONDIZIONALE

IMPERATIVO

Ogni tempo di questi modi si può riferire al presente o al passato. Solo l’indicativo ha anche il futuro.
Le persone che compiono queste azioni di modo finito sono:

IO                                                          (I persona)
TU                                                        (II persona)                 singolare
EGLI/ESSO/ESSA/ELLA/LUI/LEI (III persona)

NOI                                                      (I persona)
VOI                                                      (II persona)                 plurale
ESSI/ESSE/LORO                             (III persona)

2. I MODI INDEFINITI non indicano né la persona, né il tempo in cui si svolge l’azione. Essi si chiamano:

INFINITO

PARTICIPIO                             MODI INDEFINITI

GERUNDIO


Aggiungere tavole dei verbi regolari delle tre coniugazioni, + essere e avere (far lasciare almeno 7/8 pagine per le seguenti spiegazioni:).
Il modo indicativo
Il modo indicativo esprime un’azione certa. E’ il modo della realtà.
Es. L’anno scorso andai a visitare Venezia.
Andai = l’azione è certamente avvenuta nel passato.
Es. Camminavo in mezzo alla folla.
L’azione,prolungata nel tempo, è certamente avvenuta nel passato.
Es. Oggi sono a Roma
l’azione avviene certamente nel momento in cui si parla.
Es. Quando tornerò, avrò tante cose da raccontarti
L’azione deve ancora avvenire, ma avverrà certamente.
Il MODO INDICATIVO ha OTTO tempi:


TEMPI SEMPLICI

TEMPI COMPOSTI

PRESENTE
Io amo

PASSATO PROSSIMO
Io ho amato

IMPERFETTO
Io amavo

TRAPASSATO PROSSIMO
Io avevo amato

PASSATO REMOTO
Io amai

TRAPASSATO REMOTO
Io ebbi amato

FUTURO SEMPLICE
Io amerò

FUTURO ANTERIORE
Io avrò amato

il modo congiuntivo
Il congiuntivo può esprimere, a seconda delle situazioni, dubbio, speranza, timore, possibilità, ecc…
Consegnare ai bambini le tre vignette già disegnate e con i fumetti.
I vignetta:
 

 


Viene espresso un dubbio (sembra che sia…) e una speranza (spero che me ne diano…).

 


Viene espressa una possibilità ( temo che non arrivi..)
Il MODO CONGIUNTIVO è dunque il modo della PROBABILITA’ (è possibile che avvenga, ma non certo)
Il modo congiuntivo ha QUATTRO TEMPI:

TEMPI SEMPLICI

PRESENTE

Che io parli

IMPERFETTO

Che io parlassi

TEMPI COMPOSTI

PASSATO

Che io abbia parlato

TRAPASSATO

Che io avessi parlato

LA PREPOSIZIONE
La preposizione è una delle parti invariabili del discorso e serve a collegare le parole nella frase e metterle in relazione tra di loro.
Le preposizioni si dividono in semplici ed articolate
Le PREPOSIZIONI SEMPLICI sono:

DI  A  DA  IN  CON  SU  PER  TRA  FRA

  

 


Alcune preposizioni semplici si fondono, a volte, con l’articolo determinativo e formano le PREPOSIZIONI ARTICOLATE

 

 

IL

LO

LA

L’

I

GLI

LE

DI

DEL

DELLO

DELLA

DELL’

DEI

DEGLI

DELLE

A

AL

ALLO

ALLA

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AI

AGLI

ALLE

DA

DAL

DALLO

DALLA

DALL’

DAI

DAGLI

DALLE

IN

NEL

NELLO

NELLA

NELL’

NEI

NEGLI

NELLE

CON

COL

- -

- -

- -

COI

- -

- -

SU

SUL

SULLO

SULLA

SULL’

SUI

SUGLI

SULLE

PER

PEL (SOLO POETICO)

- -

- -

- -

PEI
(SOLO POETICO)

- -

- -

 

L’ARTICOLO PARTITIVO
L’articolo partitivo sostituisce il plurale degli articoli indeterminativi (che manca) e indica una parte di un insieme, una quantità. Esso può essere sostituito da “un po’ di…”, “una parte di…” “alcuni o alcune…”
Es. ho invitato degli amici.
Attenzione: non confondere gli articoli partitivi con la preposizione articolata DI+ art (che significa “che appartiene a..”)
Es.
Queste calze sono delle mie sorelle (appartengono a…) : PREPOSIZIONE ARTICOLATA
Ho comprato delle calze (= alcune calze): ARTICOLO PARTITIVO

 

Fonte: http://files.maestradaniela-bis.webnode.it/200000232-aba44ac9a7/Quaderno%20delle%20regole%20di%20Grammatica.doc

Sito web da visitare: http://files.maestradaniela-bis.webnode.it

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