Ingegneria PLC

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Ingegneria PLC

CONTROLLORI LOGICI PROGRAMMABILI PLC

Introduzione ai comandi elettronici e ai controllori logici programmabili

L’ automazione di una qualsiasi operazione di un processo produttivo viene conseguita attraverso un complesso di apparecchiature di vario tipo, opportunamente connesse tra loro in modo da realizzare un comando automatico; questo può essere considerato un sistema la cui costituzione ed il cui funzionamento sono genericamente descrivibili con l’ aiuto dello schema a blocchi della figura 1.
Un comando automatico si può immaginare costituito da tre parti, ciascuna delle quali assolve ad una precisa funzione:
  • blocco di elaborazione;
  • blocco di attuazione;
  • blocco di comunicazione.

Il blocco di elaborazione, detto anche blocco di comando, è quella parte cui viene demandato il coordinamento di tutte le operazioni necessarie per effettuare l’ automazione richiesta, naturalmente in condizioni di assoluta sicurezza sia delle persone che delle apparecchiature e dei prodotti.
Il blocco di attuazione, detto anche blocco di potenza o di lavoro, costituisce la parte che realizza l’ operazione da automatizzare.
Il blocco di comunicazione, detto anche blocco di interfaccia, è formato da tutti gli elementi che consentono lo scambio delle informazioni tra le altre due parti costituenti il comando.
L’ interfaccia E/A (elaborazione/attuazione) è quella che consente il flusso di informazioni dall’ unità di elaborazione agli attuatori; viceversa l’ interfaccia A/E (attuazione/elaborazione) consente il flusso contrario, che in gergo prende il nome di retroazione o feedback.

A proposito del blocco di comunicazione si osserva che spesso viene trascurato, ed il comando automatico si immagina costituito dalla sole due parti di comando e potenza come indicato nello schema di figura 2.
L' interfaccia E/A viene inserita nel gruppo di potenza, mentre quella A/E, che esegue la retroazione, viene considerata come componente del gruppo di comando.
Si vedrà tra breve quali sono le apparecchiature utilizzate per realizzare i tre blocchi appena descritti.
Il funzionamento di un comando automatico comprende le seguenti fasi in successione ciclica:
  • mediante l’ impiego di opportuni sensori si prelevano informazioni sull’ andamento del processo; tali sensori costituiscono l’ interfaccia A/E, mentre le informazioni che essi inviano sono i cosiddetti “segnali di ritorno dal campo” o “consensi”;
  • nell’ unità di elaborazione, ovvero nel “cervello” del sistema di comando, avviene l’ elaborazione di tali informazioni (calcoli matematici, calcoli logici, decisioni delle azioni da comandare);
  • i risultati dell’ elaborazione sono le informazioni che devono essere inviate agli organi attuatori; esse si dicono segnali di comando ed arrivano al blocco di potenza attraverso l’ interfaccia E/A.

Gruppo di potenza
La parte di potenza può essere realizzata con le seguenti tecnologie:

  • pneumatica,
  • oleodinamica,
  • elettromeccanica,
  • mista.

Nel primo e nel secondo caso il blocco di potenza comprende rispettivamente attuatori pneumatici o oleodinamici azionati da valvole direzionali; nel terzo caso esso è costituito da uno o più motori elettrici, di vario tipo, azionati da contattori.
Si hanno gruppi a tecnologia mista in tutti quei casi in cui sono utilizzati contemporaneamente due o più tipi di attuatori; in automazione il caso più frequente è quello di motori elettrici e cilindri pneumatici.

 


Gruppo di comando
Il gruppo di comando può essere realizzato ricorrendo ad una delle seguenti tecnologie:

  • pneumatica,
  • oleodinamica,
  • elettromeccanica,
  • elettronica.

Le tecnologie pneumatica ed oleodinamica consistono nel realizzare l’ unità di elaborazione per mezzo di valvole pneumatiche o oleodinamiche di vario tipo, opportunamente collegate tra di loro.
I blocchi di comando elettromeccanici sono costituiti dai diffusissimi quadri elettrici a relè.

I comandi elettronici possono essere classificati come indicato in figura 3.
I sistemi a logica cablata sono costituiti da schede elettroniche ideate e costruite per eseguire un determinato compito.
Essi possono anche raggiungere un buon grado di versatilità nel senso che, mediante l’ utilizzazione di opportuni dispositivi (ad esempio le memorie), è possibile intervenire su alcuni parametri per modificarli.
Nonostante tali possibilità restano sempre apparecchiature dedicate e pertanto non solo sono inservibili per altre applicazioni, ma spesso non possono essere adattate neanche alla stessa macchina per cui sono state progettate e costruite, quando questa richiede delle varianti di funzionamento.
La ricerca di prodotti aventi il requisito della flessibilità, caratteristica sempre più richiesta poichè riduce notevolmente i costi dell’ automazione, ha favorito lo sviluppo dei comandi elettronici a logica programmabile.
Questi presentano infatti il grande vantaggio di adattarsi ai mutamenti del ciclo produttivo semplicemente attraverso la modifica di un programma, senza dover intervenire sull’ impianto.
Dopo aver utilizzato per un certo periodo apparecchiature già presenti sul mercato ma orientate ad altre applicazioni, come i calcolatori elettronici, si è passati all’ uso di un prodotto industriale specifico, il “controllore logico programmabile”, ideato e sviluppato in funzione dell’ esigenza di flessibilità dei gruppi di comando dei sistemi automatici.
Quando le applicazioni sono particolarmente complesse, o riguardano i livelli gerarchici superiori dell’ automazione, come ad esempio il controllo di un intero reparto produttivo, si usano i cosiddetti calcolatori di processo.
Essi sono dei veri e propri computer realizzati in modo da poter operare anche in ambienti particolarmente difficili (ad esempio le linee produttive) dove possono trovarsi a contatto di polvere, umidità, agenti di contaminazione chimica, vibrazioni, ecc..
La scelta della tecnica da utilizzare per la costruzione del gruppo di comando non è sempre semplice, dipendendo da numerosi parametri tra i quali
  • tipologia del gruppo di potenza,
  • costi di acquisto, di messa in servizio e di manutenzione,
  • distanza tra il comando e gli attuatori,
  • durata del ciclo di lavorazione,
  • tipologia dei sensori da utilizzare,
  • quantità delle informazioni da trattare.

Tra tutte le combinazioni possibili per costruire il comando automatico, quelle che rivestono maggiore importanza per l’ elevata frequenza con cui vengono applicate sono riportate nella tabella 1.


GRUPPO DI POTENZA

GRUPPO DI COMANDO

APPARECCHIATURE USATE

COMANDO AUTOMATICO

Elettromeccanico
(Motori elettrici)

Elettromeccanico

Relè

Elettromeccanico

 

Elettronico

Schede
PLC

Elettronico

 

Pneumatico

Valvole

Interamente pneumatico

Pneumatico
(Cilindri)

Elettromeccanico

Relè

Elettropneumatico a logica cablata

 

Elettronico

PLC
PC

Elettropneumatico a logica programmabile (Pneutronico)

 

Oleodinamico

Valvole

Interamente oleodinamico

Oleodinamico
(Cilindri)

Elettromeccanico

Relè

Elettroidraulico

 

Elettronico

PLC
Schede

Oleotronico

Tab. 1 - Tipologie più frequenti dei comandi elettronici

Gruppo di comunicazione
Le informazioni scambiate tra il comando ed il blocco di potenza sono costituite da segnali che possono essere

  • on/off,
  • analogici,
  • digitali.

La tipologia delle apparecchiature utilizzate per la realizzazione del blocco di comunicazione dipende, ovviamente, dalle tecnologie adottate per la costruzione delle altre due parti del comando automatico.
Nelle tabelle 2 e 3 sono date alcune tra le soluzioni più frequenti.

GRUPPO DI POTENZA

GRUPPO DI COMANDO

TIPO DI INTERFACCIA ELABORAZIONE/ATTUAZIONE

Elettromeccanico

Elettromeccanico

Contattori

 

Elettronico

Azionamenti elettronici

 

Pneumatico

Distributori (valvole) a comando pneumatico

Pneumatico

Elettromeccanico

Elettrodistributori

 

Elettronico

Elettrodistributori

 

Oleodinamico

Distributori (valvole) a comando oleodinamico

Oleodinamico

Elettromeccanico

Elettrodistributori

 

Elettronico

Elettrodistributori
Azionamenti elettronici

Tab. 2 - Apparecchiature usate per realizzate l’ interfaccia E/A

 

 

DESCRIZIONE DEL SISTEMA PLC
Le brevi note delle pagine precedenti, relative all' architettura dei comandi automatici, hanno permesso di evidenziare il contesto generale in cui si inserisce l' apparecchiatura oggetto della discussione, il con­trollore logico programmabile o PLC (Programmable Logic Controller).
Come si può dedurre da quanto già detto, confrontando i sistemi cablati e programmabili, essi sono stati ideati e progettati per eliminare gli inconvenienti caratteristici della logica a relè.
Allo scopo si sostituiscono fisicamente, oltre che per le funzioni svolte, all' insieme dei componenti elettromeccanici che sono necessari a realizzare un quadro di comando con logica elettrica cablata.


GRUPPO DI POTENZA

GRUPPO DI COMANDO

TIPO DI INTERFACCIA ATTUAZIONE/ELABORAZIONE

Elettromeccanico

Elettromeccanico

Microinterruttori elettrici
Finecorsa elettrici
Sensori di prossimità

 

Elettronico

Trasduttori di posizione (potenziometri - encoder)
Trasduttori di velocità
(dinamo tachimetriche)

 

Pneumatico

Finecorsa pneumatici

Pneumatico

Elettromeccanico

Microinterruttori elettrici
Finecorsa elettrici

 

Elettronico

Sensori magnetici

 

Oleodinamico

Valvole di sequenza

Oleodinamico

Elettromeccanico

Microinterruttori elettrici
Finecorsa elettrici

 

Elettronico

Sensori magnetici

Tab. 3 - Apparecchiature usate per realizzate l’ interfaccia A/E

 

 

Sfruttando le grandi potenzialità offerte dalla tecnologia elettronica, ed in particolare dall' uso dei microcomputers, i PLC sono in grado di garantire, oltre ai requisiti di flessibilità, prestazioni impensabili per qualsiasi apparecchiatura elettromeccanica quali

  • elaborazione di segnali analogici,
  • effettuazione di operazioni matematiche,
  • memorizzazione dati,
  • visualizzazione dati,
  • trasferimento dati,
  • collegamenti operativi con altri PLC, con calcolatori e con controlli numerici.

Un PLC può quindi essere definito come un sistema elettronico che consente di realizzare, in modo flessibile, l' unità di elaborazione di un comando automatico, e più in generale qualsiasi operazione di controllo industriale.
Per chiarire il funzionamento del PLC, nonché il concetto di flessibilità, si può immaginare il controllore programmabile come un magazzino di funzioni dal quale l' utente preleva, istante per istante, quella che gli necessita.

Il mezzo attraverso il quale le funzioni di controllo possono essere prelevate dal magazzino ed utilizzate quando servono é il programma, ovvero la lista delle istruzioni opportunamente compilata dall' utente.
Da quanto appena affermato si deduce che il PLC é un sistema composto di due parti profondamente diverse tra loro:
  • l' insieme “materiale” dei circuiti elettronici e delle apparecchiature necessarie per fornire le varie funzioni (hardware);
  • l' insieme “immateriale” delle istruzioni che formano il programma utente sulla base delle esigenze specifiche (software).

Il principio di funzionamento del sistema PLC può essere sintetizzato nello schema della figura 4.
Esso opera attraverso l' elaborazione dei segnali di ingresso, che gli giungono dai sensori di campo, e l' emissione all' indirizzo degli attuatori dei segnali di uscita come stabilito dal programma logico.


CONFRONTO TRA UN COMANDO ELETTROMECCANICO ED UN PLC

Questa trattazione é interamente dedicata allo studio dei controllori programmabili; essi vengono sempre più utilizzati per realizzare il blocco di comando elettronico, a logica programmabile, da affiancare alla parte di potenza delle macchine indipendentemente dalla loro tipologia costruttiva (elettromeccanica, pneumatica, oleodinamica, mista).
Per esaminare le caratteristiche principali del comando elettronico a programma, viene di seguito eseguito un confronto tra le peculiarità di un sistema elettromeccanico e di un sistema programmabile.
Nel primo caso si ha che:

  • le funzioni del comando sono determinate, all' interno di un quadro elettrico, dai collegamenti in serie o in parallelo tra gli elementi di commutazione, realizzati con contatti normalmente chiusi (NC), normalmente aperti (NA) e di scambio (NC + NA), di vari dispositivi elettromeccanici come relè, temporizzatori, contatori, comparatori, ecc..
  • Il funzionamento del sistema si descrive mediante gli schemi elettrici funzionali.
  • I dispositivi elettromeccanici sono installati in un apposito armadio, che prende il nome di quadro, e cablati secondo lo schema funzionale.
  • La composizione ed il cablaggio del sistema dipendono dal particolare comando da realizzare.
  • Dal quadro vengono derivati i collegamenti tra il comando e le apparecchiature di campo (attuatori e sensori).
  • Risiedendo la logica funzionale nella scelta dei componenti e nel particolare cablaggio eseguito, eventuali modifiche di funzionamento della macchina o dell' impianto richiedono variazioni, sia della composizione del quadro che del suo cablaggio, e pertanto un elevato costo ed un notevole spreco di tempo.
  • Il costo di messa in servizio è rilevante, per gli stessi motivi indicati al punto precedente, essendo in questa fase particolarmente frequenti le modifiche da apportare al sistema per giungere al suo corretto funzionamento.

In un sistema di comando realizzato per mezzo di PLC si ha che:

  • le funzioni che deve svolgere l' unità di governo sono determinate mediante un programma che risulta indipendente dal tipo di sensori ed attuatori usati, poiché considera solo lo stato dei segnali in ingresso sul controllore.
  • Il software può essere scritto scegliendo il linguaggio di programmazione più congeniale fra i due-tre solitamente disponibili in ogni PLC.
  • La composizione del sistema è indipendente dalle particolari funzioni da realizzare; il PLC é sempre lo stesso qualunque sia il suo compito.
  • Il cablaggio si riduce al solo collegamento dei sensori e degli organi di azionamento degli attuatori al PLC.
  • Essendo la logica funzionale contenuta nel programma memorizzato sul controllore, essa può modificarsi altrettanto facilmente di come può scriversi.
  • Variazioni funzionali e messa in servizio possono essere effettuate a costi non elevati, non richiedendo modifiche costruttive e di cablaggio.

Il PLC é un prodotto che, introdotto sul mercato dalla General Motors nel 1969, ha ormai raggiunto uno standard consolidato e pertanto viene offerto, dalle principali case costruttrici, in versioni che non si differenziano tra una casa e l' altra se non per prestazioni marginali.
La flessibilità, l' eliminazione di gran parte dei cablaggi (sostituiti dalla più comoda programmazione), l' elevata affidabilità e l' ormai ottimo rapporto costo/prestazioni sono i motivi per cui i PLC rappresentano oggi la soluzione ottimale di molti problemi di automazione a tutti i livelli ed in tutti i settori industriali.


L’ HARDWARE DEL PLC

L' hardware di un controllore programmabile é costituito da tre parti fondamentali:

  • unità centrale, che organizza tutte le attività del controllore;
  • unità ingressi/uscite (schede I/O), che consente il collegamento tra l' unità centrale ed il sistema da controllare;
  • unità di programmazione, che costituisce l' interfaccia uomo/macchina, ovvero il dispositivo che permette di inserire il programma nella memoria del PLC.

A volte a queste tre unità fondamentali si affiancano altre apparecchiature, dette periferiche, che ampliano le prestazioni del controllore e facilitano il dialogo con l' operatore.
Tali periferiche sono:

  • simulatori, ovvero dispositivi che, emulando ciò che accade sul campo, permettono una rapida messa a punto del programma;
  • stampanti, che consentono di trascrivere i programmi su un supporto cartaceo facilmente leggibile ed archiviabile;
  • dispositivi di memorizzazione di massa, che permettono di conservare i programmi sviluppati anche quando non sono installati sul PLC, evitando così di doverli riscrivere quando servono.

Nella figura 5 viene illustrato lo schema a blocchi dell' hardware di un PLC; essa, oltre a dare un quadro riassuntivo di quanto detto circa gli elementi contenuti nell’ apparecchio, mette in evidenza il percorso delle informazioni.

Classificazioni dei PLC
I controllori programmabili possono essere classificati in base a diversi criteri.
Con riferimento alla quantità di ingressi ed uscite che gestisce un PLC si dice:

di gamma (o taglia) bassa quando può controllare un numero massimo di 64 I/O;
  • di gamma media quando controlla un numero di I/O compreso tra 64 e 512;
  • di gamma alta quando controlla più di 512 I/O (normalmente 1024 o 2048).

Se occorre gestire un numero di I/O superiore a 2048, oppure intermedio tra due gamme, si ricorre al collegamento di più PLC.
Il modello Sysmac C2000H della Omron, ad esempio, offre la possibilità di collegare 32 PLC, ciascuno dei quali gestisce 2048 I/O; in configurazione massima il numero di I/O indirizzabili é pertanto di 65536.
Quando si parla di gestione di un numero di ingressi/uscite, si intende sempre complessivamente; dire 64 I/O significa che il PLC gestisce un massimo di 64 punti, che possono essere o ingressi o uscite, secondo una determinata combinazione come ad esempio 32 I + 32 O oppure 48 I + 16 O ecc..

Da questo punto di vista tutte le case costruttrici producono modelli caratterizzati da un’ estrema versatilità, che consente un dimensionamento corretto in qualsiasi situazione.
In base al criterio costruttivo adottato i PLC possono essere:
  • monoblocco (o compatti),
  • modulari.

Si dicono monoblocco (o compatti) quando vengono offerti in una configurazione rigida che non può essere modificata.
In taluni casi il numero degli I/O può essere aumentato con il collegamento ad un' unità di espansione (anch' essa di tipo rigido) generalmente uguale, sia nella forma che nelle prestazioni, all' unità base.
Nella figura 6 é illustrato un PLC di questo tipo con 32 I/O ripartiti in 20 ingressi e 12 uscite; esso può essere connesso ad un' unità di ampliamento per gestire 40 ingressi e 24 uscite.
I PLC compattisono generalmente di gamma bassa.
Un PLC si dice modulare quando é configurabile dall' utente in base alle esigenze specifiche, assemblando in un rack o su una base varie schede di concezione modulare aventi ciascuna una determinata funzione.

Nella figura 7 é illustrato il rack di un PLC modulare di taglia media, in cui è inserita la sola apparecchiatura di alimentazione elettrica, mentre otto posti (slot) sono disponibili per altrettante unità I/O ed uno é libero per la CPU.
Nella figura 8 é illustrato lo stesso PLC della figura 7 nella sua configurazione massima, ottenuta utilizzando la scheda processore (CPU) visibile accanto all' alimentatore e otto schede I/O.
I PLC di taglia media e alta sono sempre di tipo modulare; in taluni casi sono modulari anche i PLC di gamma bassa.
Dal punto di vista dell' impiego i PLC si possono classificare in:
  • sequenziali,
  • multifunzione.

I PLC sequenziali possono essere compatti o modulari, di taglia piccola o media; i controllori multifunzione sono necessariamente modulari e generalmente di taglia grande.
I primi sono impiegati nella realizzazione degli automatismi che funzionano secondo una logica sequenziale; in pratica questi sono i controllori della prima generazione ovvero quelli nati per sostituire i quadri elettromeccanici.
Ovviamente, rispetto ai primi gli attuali PLC sequenziali sono molto migliorati e svolgono, oltre a quelle logiche, anche altre funzioni come ad esempio:

  • calcoli matematici,
  • elaborazione di segnali digitalizzati oltre che On/Off,
  • conteggio veloce.

I PLC multifunzione sono impiegati in tutti quei casi in cui, oltre alle funzioni caratteristiche della logica sequenziale, sono richieste alcune delle seguenti prestazioni:

  • misura,
  • regolazione (PID),
  • posizionamento,
  • controllo assi,
  • dialogo tra PLC e periferiche,
  • comunicazione tra PLC.

Queste funzioni, una volta svolte esclusivamente da apposite apparecchiature, sono state via via assegnate a moduli speciali per PLC nell' ottica della cosiddetta integrazione dei livelli di automazione della fabbrica.


L’ unità centrale del PLC
In questo capitolo verranno analizzate le principali caratteristiche strutturali e di funzionamento di un’ unità centrale, indipendente­mente dalla tipologia costruttiva del PLC.
Come riportato nello schema a blocchi della figura 5, essa è costituita dalle seguenti entità fondamentali:

  • alimentatore,
  • processore (CPU),
  • memorie (dati e programma).

Alimentatore
Il microprocessore necessita di alimentazione ad una tensione continua e stabilizzata di pochi volt (in genere 5 V); altri dispositivi com­plementari, come ad esempio i circuiti adibiti al test autodiagnostico, richiedono una tensione di 12 o 24 V sempre in corrente continua.
L' unità centrale di ciascun PLC é equipaggiata pertanto con un alimentatore in cui sono raggruppati tutti i dispositivi necessari per for­nire tale alimentazione quali:

  • trasformatore,
  • raddrizzatore,
  • stabilizzatore.

Le più comuni caratteristiche di un alimentatore sono:

  • tensione di rete applicabile in ingresso (in genere 110 o 220 V);
  • corrente di uscita, che varia a seconda dei modelli in base alla quantità di moduli che deve supportare; valori tipici sono compresi tra 0.1 e 15 A;
  • separazione galvanica tra entrata e uscita dell' apparecchio, che evita disturbi provenienti dalla rete di alimentazione;
  • protezione per i cortocircuiti costituita generalmente da un fusibile di tipo rapido;
  • segnalazione attraverso un led (individuabile dalle sigle “Power” oppure “AC” oppure “ON”) del funzionamento o meno dell' unità, della presenza della tensione di rete in ingresso e della disponibilità di tensione in uscita, correttamente trasformata e stabilizzata.

La selezione della tensione di rete può avvenire, a seconda dei modelli, in modo automatico, mediante un selettore manuale oppure tra­mite un connettore jumper posizionato in prossimità dell’ alimentatore stesso.
In alcuni modelli monoblocco di taglia piccola è stato scelto, al fine di ridurre l’ ingombro dell’ apparecchiatura, di non installare l’ ali­mentatore; in tal caso é prevista una morsettiera tramite la quale collegare una fonte in C.C., di solito a 24 V.
Per il collegamento dell’ alimentatore ai circuiti esterni é invece disponibile una morsettiera multipla con le uscite a 5, 12 e 24 V; tutta­via nella maggior parte dei casi l' utente non deve effettuare alcun cablaggio poiché

  • se il PLC é di tipo monoblocco i collegamenti sono già predisposti dal costruttore;
  • se é di tipo modulare i morsetti vengono inseriti nell' apposito connettore del bus quando la scheda alimentatore viene installata sul rack; il bus é infatti un circuito stampato, montato in fondo al rack, contenente solo piste di collegamento e connettori femmina cui si collegano i maschi dei vari moduli del PLC.

In caso di interruzione momentanea di alimentazione da parte della rete, alcuni tipi di PLC hanno una protezione che interviene, met­tendo a zero le uscite tramite un bit di sistema, quando l’ evento indesiderato ha durata superiore a un tempo compreso tra 10 e 200 msec. (a seconda dei modelli).
Succede infatti che in alcuni casi lo stato logico degli ingressi (0 o 1) possa essere confuso se manca l' alimentazione agli stessi, mentre il PLC sta ancora elaborando e quindi erogando delle uscite; è conveniente quindi, onde evitare malfunzionamenti, asservire lo stato logico delle uscite a un bit sistema che ne inibisca il funzionamento (tecnicamente la definizione è messa a zero), in caso di mancanza di alimentazione.
In tal caso il sistema riprenderà ad operare quando l’ alimentazione ritornerà ad un valore almeno pari, nella maggior parte dei casi, all’ 85% del valore nominale.
Qualora l’ interruzione di tensione abbia durata inferiore a 10 msec., il circuito di protezione non interviene e la funzionalità del PLC viene garantita dalla presenza dei condensatori interni all’ alimentatore; durante questo intervallo di tempo, infatti, questi componenti continuano ad erogare la potenza elettrica necessaria al funzionamento dell’ apparecchio, senza che si scarichino a tal punto da rendere inaffidabile il funzionamento dei circuiti di ingresso.
Oltre all' alimentatore il PLC è tipicamente provvisto di una batteria tampone, in genere al litio, che ne salvaguarda l' autonomia di ali­mentazione in caso di black-out; la sua durata varia dai due ai cinque anni, a seconda delle fun­zioni che vengono ad essa asservite.
In relazione alla tipologia del PLC, la pila supporta la sola area di memoria sistema (firmware), o anche l' area di memoria dedicata al programma (se esso è scritto su dispositivi RAM).
In alcuni modelli, quando la tensione ai morsetti della batteria scende al di sotto di un certo valore (circa 2 V), si ac­cende sul pannello un apposito indicatore a led.
Quando si verifica questa situazione, ed il PLC sta funzionando con la RAM, occorre provvedere immediatamente alla sostituzione della batteria tampone; è infatti molto importante disporre in qualsiasi momento di un accumulatore in perfetta efficienza, poiché l' improv­visa perdita di dati dalla RAM può dar luogo a seri inconvenienti.


CPU (Central Processing Unit)
Il cuore del PLC è costituito da un microcontrollore (da non confondersi con un microprocessore), la cui evoluzione tecnologica segue quella di tutte le macchine a base informatica; sono in commercio infatti PLC che utilizzano microcontrollori della prima generazione (Z8 della Zilog, 8051 della INTEL), fino agli attualissimi dispositivi ad alto grado di integrazione e alte velocità di elaborazione (INTEL i386).
Il perchè della scelta di questo tipo di dispositivo in qualità di governo di un PLC, a discapito di un microprocessore, è da ricercarsi nella sue intrinseche semplicità di interfacciamento e di programmazione.
Benchè la produzione a costi relativamente bassi di microprocessori sempre più potenti sia alla base del forte sviluppo dei sistemi di ela­borazione e di controllo digitale, il loro utilizzo nei sistemi di controllo ha avuto una certa limitazione, principalmente dovuta all' ob­bligo di dover collegare alla CPU altri componenti in mancanza dei quali non è in grado di funzionare.
Un microprocessore, infatti, necessita di memoria esterna su cui vanno caricati i dati ed i pro­grammi ed un circuito di interfaccia I/O che gli consenta di colloquiare con le periferiche.
La necessità di ridurre al minimo la circuiteria esterna e lo sviluppo delle tecniche di integrazione hanno indotto alcuni costruttori di circuiti integrati a fabbricare particolari dispositivi, i microcontrollori, contenenti, oltre ad un microprocessore, anche gli altri accessori necessari per farlo funzionare e per poterlo collegare facilmente a qualsiasi dispositivo.
Per la loro completezza circuitale, questi dispositivi possono essere considerati dei microcomputer.
La fetta di mercato a cui sono destinati è, oltre alla produzione di schede di sistema per PLC, quella delle apparecchiature dove siano ri­chieste capacità di controllo ad un costo contenuto: elettrodomestici, centraline per autoveicoli, strumentazioni elettroniche, apparecchi fotografici non sono che alcune fra le innumerevoli applicazioni che vedono il microcontrollore nella veste di dispositivo di comando.
Il primo microcontrollore, l' 8048, fu proposto sul mercato dalla Intel intorno al 1980; da allora, il continuo sviluppo della tecnica di in­tegrazione ha portato i costruttori a non identificare più un singolo dispositivo con una sigla, ma a raggrupparne un certo numero di af­fini sotto la denominazione famiglia.
I dispositivi appartenenti a una famiglia hanno una architettura in comune e un unico set base di istruzioni, ma vengono forniti in un ampio intervallo di configurazioni, con diversi tipi e quantità di periferiche di ingresso/uscita.
Una delle famiglie di microcontrollori più diffuse è la 8051 della Intel, della quale viene riportato in figura 9 lo schema a blocchi del di­spositivo base (80C51); di questa viene fornita una sommaria descrizione, rimandando a testi appropriati per ulteriori approfondimenti.



Fig. 9 - Architettura del microcontrollore Intel 80C51

La CPU implementata è a 8 bit, con frequenza di clock che può andare da 12 MHz a 33 MHz, a seconda del modello.
La famiglia 8051 presenta, come dotazione di base:

  • 32 linee bidirezionali di I/O;
  • una unità seriale di tipo full-duplex, ovvero capace di trasmettere e ricevere simultaneamente;
  • due canali per temporizzazioni;
  • due linee di interruzione.

Internamente all’ integrato sono presenti due ben distinte aree di memoria: una, genericamente definita “di sola lettura”, destinata a contenere il programma, mentre l’ altra, di tipo RAM, adibita all’ immagazzinamento dei dati.
A proposito dell’ area programmi, i dispositivi appartenenti alla famiglia 8051 possono essere prodotti in versione ROM o EPROM.
Nel primo caso sarà il costruttore che, su indicazione dell’ utente, provvederà ad inserire il programma all’ interno del chip all’ atto della produzione dell’ integrato.
Nel secondo caso viene data ampia possibilità all’ utente di riutilizzare il dispositivo per diverse applicazioni.
L’ area RAM, di dimensioni comprese tra 128 e 512 byte, viene utilizzata principalmente:

  • per la mappatura di quattro banchi da otto registri presenti nel dispositivo;
  • come registro di controllo delle varie periferiche inglobate nel componente.

Se la quantità di memoria (sia ROM che RAM) presente nell’ integrato è insufficiente per le necessità dell’ utente (è ciò che accade, ad esempio, nei PLC), è comunque possibile espanderla fino a 64 Kbyte per entrambe le tipologie, indirizzandola tramite 16 linee di 2 port.
Nei modelli più recenti ed evoluti della famiglia 8051 sono stati inseriti ulteriori dispositivi, quali ADC con risoluzione fino a 10 bit, comparatori analogici, watchdog e uscite PWM.

Ritornando all’ applicazione relativa al PLC, nel microcontrollore vengono eseguite le istruzioni del programma che, in base ai segnali che arrivano dai rilevatori sul campo, generano le uscite corrispondenti.
In particolare le funzioni svolte sono:

  • eseguire l' acquisizione dei segnali di ingresso, creandone una immagine negli appositi registri della memoria dati;
  • controllare la sequenza con cui le istruzioni del programma prestabilito vengono lette nella memoria programma, interpretarle se­condo i loro codici operativi e infine eseguirle secondo lo stato logico assegnato agli ingressi;
  • interrompere la sequenza normale del programma in presenza di salti, di richiami a sottoprogrammi e interruzioni;
  • generare le uscite abilitate dall' elaborazione delle varie istruzioni del programma, aggiornandole di volta in volta a ogni ciclo di scansione.

La memoria del PLC
La memoria di un PLC, costituita tipicamente da dispositivi a semiconduttore di tipo RAM, ROM, PROM, EPROM, EEPROM, può es­sere suddivisa, in base alla sua funzione, in:

  • memoria di sistema,
  • memoria di programma,
  • memoria dati.

Memoria di sistema
La memoria di sistema conserva tutte le informazioni che servono per la gestione ed il controllo del funzionamento della CPU e che pertanto costituiscono il vero e proprio “sistema operativo” (firmware) del PLC; tra queste, ad esempio, si hanno

  • le routine che, generando tutta una serie di autotest iniziali, consentono alla macchina di avviarsi;
  • i dati del setup, che configurano il PLC secondo le specifiche desiderate dall’ utente; impostati via software, consentono ad esempio di stabilire la durata del tempo di scansione , la modalità operativa all’ accensione, la lingua utilizzata nei messaggi sull’ unità di programmazione, i parametri inerenti alla comunicazione seriale tra diversi PLC, ecc;
  • le librerie, che consentono di tradurre in linguaggio macchina i parametri relativi ai dispositivi simulati dal PLC, passati dall’ utente durante la scrittura del programma.

Data la primaria importanza delle informazioni presenti nella memoria di sistema, il costruttore le immagazzina (ad eccezione dei dati del setup) nella ROM del microcontrollore, allo scopo di impedirne una involontaria cancellazione.

Memoria di programma
In questa memoria vengono registrate le istruzioni del programma che il PLC deve eseguire.
Normalmente il controllore offre la possibilità, attraverso la commutazione di un selettore, di usare in alternativa tra loro una RAM o una EPROM, al fine di sfruttare le caratteristiche positive di entrambe.
Per sviluppare e mettere a punto il programma si utilizza la memoria RAM; questa può essere scritta e corretta, restando installata nel PLC, mediante l' unità di programmazione del controllore.
Nel funzionamento normale conviene sfruttare le caratteristiche delle EPROM che offrono i notevoli vantaggi di non poter essere acci­dentalmente modificate, di non aver bisogno di batteria tampone in caso di mancanza di alimentazione elettrica e di poter essere dupli­cate.
Quest' ultima proprietà si dimostra utile per l' archiviazione dei programmi e per il trasporto degli stessi da un PLC ad un altro.

Memoria dati
La memoria dati è suddivisa in due parti:

  • memoria di ingresso,
  • memoria di uscita.

Nella prima viene memorizzato lo stato, continuamente aggiornato, dei sensori di campo collegati al controllore.
Nella seconda il processore scrive, ad ogni esecuzione del programma, lo stato delle uscite che deve essere trasmesso all' esterno.
Sono necessariamente realizzate con memorie RAM; nel funzionamento normale sono accessibili solo al processore, ma per favorire la fase di messa a punto è possibile attivare una modalità di lavoro che consente l' accesso alla memoria dati anche all' utente.
In questo modo diventa possibile, si­mulando lo stato, o come si dice in gergo “forzando gli I/O”, verificare la rispondenza del pro­gramma alle specifiche.

La capacità di memoria, cioè il numero di byte che il PLC consente di memorizzare, è una delle caratteristiche salienti della macchina: una memoria programma di 24 Kbyte sta a significare che si può sviluppare un programma che, tolta la parte di memoria che serve per il firmware, potrà comprendere un numero di istruzioni che occupano, ad esempio, un massimo di 12000 word (1 word = 2 byte = 16 bit).
Poichè il PLC basa il suo funzionamento sull’ utilizzo di un microcontrollore, è evidente come la sezione di memoria ROM presente all’ interno del dispositivo venga gestita come memoria di sistema, mentre la sezione RAM svolga la funzione di memoria dati.
Per quanto riguarda la memoria di programma, questa viene ottenuta inserendo delle cartucce di memoria (RAM, EPROM o EEPROM) esterne al microcontrollore, ma da esso comandate, in ordine alle caratteristiche di funzionalità ed economicità.
In pratica sono di solito installate memorie di tipo RAM che, supportate dalla pila tampone, soddisfano l' esigenza di velocità elevate e di costo relativamente basso.
Quando il programma è stato messo a punto e testato si travasa in una cartuccia EPROM o EEPROM, avente funzioni di back-up; per ogni evenienza il programma applicativo è quindi disponibile in copia, e potrà essere in ogni momento reinstallato sul PLC.


Altri dispositivi dell' unità centrale
I tre componenti fondamentali dell' unità centrale (CPU, memorie ed alimentatore) sono affiancati da altri dispositivi che, pur essendo secondari dal punto di vista teorico, non lo sono da quello pratico.

Selettore della modalità operativa
Tutti i PLC possono essere usati in almeno due diverse modalità operative selezionabili tramite un comando esterno: il modo esecu­zione ed il modo apprendimento o programmazione.
In modalità programmazione le uscite sono disabilitate e pertanto possono essere introdotti o editati programmi; in modo esecuzione le uscite vengono abilitate e quindi il programma contenuto in memoria é operante.
Alcuni PLC hanno una terza modalità di lavoro detta di monitoraggio che consente di attivare le funzioni di simulazione del PLC per effettuare la messa a punto del programma; in tal caso si avrà un selettore a tre posizioni.
In alcuni modelli é previsto un indicatore led esterno che informa l' utente del modo di funzionamento in atto.

Connettore per unità di programmazione
Per inserire i programmi nella memoria del controllore occorre collegare ad esso una delle unità di programmazione previste dal co­struttore; è necessario quindi un opportuno dispositivo di comunicazione tra la memoria di programma ed il programmatore.

Selettore RAM/EPROM
Si è gia discusso della possibilità di funzionamento sia con RAM che con EPROM; per rendere possibile questa prestazione il PLC deve essere dotato di uno zoccolo portamemoria estraibile, per l' interscambio RAM/EPROM e viceversa, oppure di un zoccolo porta EPROM supplementare e di un selettore che avvisa il processore circa il tipo di memoria che deve leggere.

Circuiti di autodiagnosi
Durante il funzionamento del programma il controllore esegue un test autodiagnostico; se si verifica un guasto ad uno qualsiasi dei di­spositivi controllati si interrompe la scansione del programma e si apre il contatto di uno speciale relè, detto “di RUN” presente all’ in­terno del PLC.

Relè di RUN o inibitore delle uscite
Si tratta di un dispositivo di sicurezza che in modo esecuzione è attivato e pertanto abilita le uscite.
Quando si verifica una qualche irregolarità rilevata dall' autodiagnosi o viene a mancare tensione, il relè si disattiva automaticamente interrompendo il programma e disabilitando le uscite.
Tale dispositivo può essere fornito di due contatti esterni utilizzabili, da parte dell’ operatore, per realizzare un allarme in caso di guasto.

Indicatori dello stato degli I/O
Sul pannello frontale dei controllori monoblocco sono sempre previsti led luminosi, in quantità pari al numero dei punti I/O, che si ac­cendono quando gli ingressi o le uscite corrispondenti sono attive; nel caso dei PLC modulari sono disposti su ciascuna scheda I/O in modo da risultare sempre ben visibili.

Morsetterie I/O
Ogni controllore presenta una morsettiera su cui cablare gli ingressi e le uscite esterne.
Allo scopo di non dover ricablare tutti i punti I/O ogni volta che si deve smontare il PLC, spesso tali morsettiere sono separabili da esso per mezzo di un connettore speciale appositamente predisposto.

Connettore per espansione I/O
Nel caso dei PLC monoblocco è previsto un connettore per collegare all' unità centrale un' eventuale unità di espansione allo scopo di aumentare il numero degli I/O disponibili.

Sistema di raffreddamento
I PLC possono operare senza problemi fino ad una temperatura di circa 50°C; quando si prevede, in prossimità del controllore, il verifi­carsi di temperature superiori si inserisce nell' unità centrale un ventilatore per favorire lo smaltimento del calore.


Unità ingressi/uscite (I/O)
I moduli di I/O collegano il PLC agli organi di rilevazione e agli attuatori del processo automatico da controllare.
La loro funzione è quella di trasformare i segnali elettrici provenienti dai dispositivi esterni alla logica programmabile in segnali inter­pretabili dalla CPU e viceversa.

Ingressi binari (ON/OFF)
I dispositivi di ingresso binario (ON/OFF) trasducono una tensione tutto o niente in uno stato logico interpretabile dalla CPU del PLC.

 

INGRESSO ON/OFF 24 V C.C.

TENSIONE IN VOLT

STATO LOGICO

0 - 5
11 - 24
6 - 10

0 (LOW)
1 (HIGH)
NESSUNO STATO

Tab. 4 - Stati logici di un ingresso ON/OFF 24 V C.C.

Il costruttore definisce un range di tensione per il quale l' ingresso deve considerarsi allo stato logico 1 o 0: si avrà, per esempio, che alla chiusura di un interruttore l' ingresso corrispondente sul PLC sarà allo stato 1, mentre quando lo stesso interruttore sarà aperto lo stato logico dell' ingresso sarà 0.
Nella tabella 4 si possono verificare le corrispondenze tra i valori di tensione ai capi dell' ingresso e i relativi stati logici acquisiti dalla CPU, nel caso in cui i sensori siano alimentati alla tensione di 24 V in c.c. e abbiano un funzionamento di tipo ON/OFF:

  • se la tensione sarà compresa tra 0 e 5 V lo stato logico dell'ingresso sarà 0, cioè si considera che il circuito a esso collegato sia aperto;
  • se la tensione sarà compresa tra 11 e 24 V lo stato logico dell' ingresso sarà 1, cioè si considera che il contatto a esso connesso sia chiuso;
  • per evitare errori nell' interpretazione, si prevede un range di tensione ibrido, che non dia luogo a cambiamenti di stato logico; nel caso in esame la tensione compresa tra 6 e 10 V non cambia lo stato logico assunto dall' ingresso.

La CPU quindi interrogherà periodicamente i vari ingressi traducendo il loro stato logico nella memoria dei dati.
Per evitare danneggiamenti irreparabili dovuti a sovratensioni o ad altre interferenze, il modulo di ingresso viene costruito con disac­coppiatori ottici realizzati con un led e un fototransistor, che interrompono la continuità galvanica con il campo.
Il led emette una luminosità che è modulata dal segnale di ingresso; a sua volta il fototransistor trasforma le variazioni di luce che riceve in variazioni del segnale elettrico sui terminali di uscita.
Fanno parte integrante del modulo:

  • un circuito comprendente un trigger di Schmitt che opera una quadratura dell' onda, in modo da ottenere due soli livelli (alto e basso) corrispondenti agli stati logici 1 e 0;
  • un secondo circuito, costituito da un filtro passa-basso che elimina le componenti parassite ad alta frequenza; da notare che tanto più elevata è l' immunità ai disturbi dovuta a un filtraggio più raffinato, tanto più alto risulta essere il tempo di commutazione (tempo ne­cessario affinché il segnale che ha raggiunto l' ingresso sia memorizzato nel registro immagine della memoria dati del PLC).

Per gli ingressi in corrente continua si distingue tra due moduli di input, detti a logica negativa e a logica positiva.
NPN (logica negativa)
Avrà un collegamento interno per cui il dispositivo di ingresso (sensore, trasduttore) sarà collegato tra il morsetto di input del modulo e la fase negativa dell' alimentazione, mentre la conseguente fase positiva sarà collegata al morsetto comune del modulo PLC.
PNP (logica positiva)
Con i moduli a logica positiva il sensore sarà cablato tra il morsetto di input e la fase positiva dell' alimentatore; il morsetto comune del modulo sarà collegato alla fase negativa dell' alimentatore.
Ogni unità di ingresso può essere collegata a più sensori; sono divenute ormai uno standard le schede a 8 o 16 ingressi nel caso di PLC di taglia piccola o media, mentre per PLC di taglia media o grande si possono raggiungere le 64 entrate.
È possibile contare infine sull' utilizzo di ingressi veloci i quali, non essendo filtrati, hanno un tempo di commutazione molto più breve degli altri; tipicamente vengono impiegati per collegamenti a dispositivi quali gli encoders ottici, o in situazioni in cui sia richiesto lo svolgimento di task rapide, cioè quei sottoprogrammi che vanno attivati in condizioni di massima velocità disponibile.
Oltre agli encoders ottici, i dispositivi più spesso collegati agli ingressi del PLC sono finecorsa, pulsanti, selettori, contatti di relè.
Sebbene le circuiterie ideate per acquisire i segnali dal campo siano molteplici, è possibile comunque ricondurle a tre ca­tegorie princi­pali; si hanno quindi realizzazioni:

  • per soli segnali in corrente continua (5 - 12 - 24 V),
  • per soli segnali in corrente alternata (110 - 220 V),
  • universali.

Un ingresso universale potrà funzionare con segnali sia in C.A. sia in C.C., ma a un costo decisamente superiore rispetto agli altri.
Nelle figure 10 e successive sono rappresentati gli schemi di cablaggio e gli schemi interni di alcuni ingressi in C.C. e C.A..

 

(ON/OFF) trasducono gli stati logici assegnati al registro immagine delle uscite in segnali elettrici che commu­tano fisicamente il punto di uscita.
I dispositivi di commutazione delle uscite possono essere di tipo elettronico o elettromeccanico; si avranno quindi uscite a triac, transi­store e relè, a seconda del tipo di carico che si dovrà comandare.
Questo potrà funzionare in corrente continua o alternata, ed essere alimentato ad una determinata tensione in funzione della potenza da esso assorbita.
Per questo motivo possono essere trovati in commercio PLC con uscite:
  • a relè per carichi in C.A. (110 - 220 V),
  • a triac per carichi in C.A. (110 - 220 V),
  • a relè per carichi in C.C. (5, 12, 24 V),
  • a transistor per carichi in C.C. (5, 12 ,24 V).

Naturalmente la scelta della configurazione di uscita da utilizzare va fatta considerando anche l’ intensità di corrente assorbita dagli or­gani di comando degli attuatori e quella massima che può circolare nei circuiti di uscita del PLC, che viene indicata dal costruttore nelle specifiche.
Qualora la prima risultasse più elevata della seconda, diventa necessario realizzare un servocomando del dispositivo da pilotare; ciò si configura, ad esempio, facendo commutare dall’ uscita un contattore ausiliario che a sua volta agisce sull’ elemento di comando dell’ attuatore.
Anche per i moduli di uscita sono previsti circuiti di protezione per i disturbi e circuiti optoisolatori; è inoltre affidato a fusibili il com­pito di operare una protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti.
Il tempo di commutazione di una uscita, cioè l' intervallo che intercorre tra la presenza di un determinato stato logico nella memoria del PLC riservata alle uscite e la commutazione fisica del punto di uscita, varia a seconda dei dispositivi; per gli organi elettromeccanici è compreso tra alcuni millisecondi e una decina di millisecondi e dipende essenzialmente dal tempo di eccitazione dei relè, mentre per le uscite di tipo elettronico è molto inferiore (qualche decina di microsecondi).
I dispositivi da collegare alle uscite di un PLC sono prevalentemente bobine di relè, contattori, elettrovalvole a solenoide e lampade di segnalazione.
Il numero standard di uscite collegabili per ciascun PLC va da un minimo di 4 a un massimo di 64.
Nelle figure 14 e successive sono rappresentati gli schemi di cablaggio e gli schemi interni di alcune uscite in C.C. e C.A.

 

Ingressi analogici
Nei moduli ON/OFF il segnale viene determinato da uno stato logico 0 o 1.
Nel caso di una funzione che varia nel tempo e assume valori diversi che devono essere decodificati, si parla di grandezza analogica.
La gestione di questo tipo di segnale può avvenire in due modi: digitalizzazione del segnale oppure rilevazione di soglia.

Digitalizzazione del segnale.
Si utilizza un dispositivo denominato convertitore analogico/digitale che opera una trasformazione della grandezza misurata in una pa­rola digitale di n bit.
La risoluzione, cioè il grado di precisione con cui la grandezza viene controllata, dipende dal numero di bit disponibili nel dispositivo (tipicamente 8, 12, 16).
Per esempio, se il dispositivo è a 8 bit e si vuole controllare una variazione di temperatura da 0 ° a 10 °C, si avranno 28 (256) combina­zioni possibili di temperatura misurata, con una precisione data dalla relazione
(10 - 0) / 256 = 0. 039 °C
cioè il dispositivo sarà in grado di sentire una variazione di 0.039 °C, al di sotto della quale non si genera alcun cambiamento del codice di uscita digitalizzato.

Rilevazione di soglia.
Con questa tecnica viene confrontato un livello di riferimento (quasi sempre fisso) con il valore della grandezza in esame: se quest’ ultimo ha entità inferiore al livello di riferimento si avrà livello logico 0, mentre quando sarà maggiore si avrà livello logico 1.

Indipendentemente dalla circuiteria con la quale sono realizzati, i moduli di ingresso analogici possono ricevere un segnale in tensione (tipicamente -10/+10 V) o in corrente (4/20 mA); sono equipaggiati con i dovuti dispositivi che ne permettono la regolazione e l' adatta­bilità ai vari trasduttori, con compensazione dell' errore di guadagno, linearizzazione del segnale, compensazione dell' errore di offset e compensazione della temperatura del giunto freddo, nel caso di interfacciamento con termocoppie.

Uscite analogiche
Parallelamente a quanto succede per gli ingressi di tipo analogico, un convertitore digitale/analogico trasformerà, nelle uscite, un valore digitale, contenuto in una stringa di bit che occupa una certa locazione di memoria nel PLC, in un valore di tensione da -10 a +10 V op­pure in corrente da 4 a 20 mA.
Le tipiche applicazioni di queste uscite sono quelle della regolazione della velocità di motori elettrici, del comando di valvole proporzio­nali, del controllo di processi continui.

Nei PLC muniti di ingressi/uscite analogici, la CPU è comunque sempre isolata dai convertitori A/D - D/A mediante l’ interposizione di optoisolatori.

Moduli speciali
Oltre ai collaudati moduli di ingresso e di uscita di tipo digitale e analogico, viene prodotta anche una schiera di moduli per applicazioni particolari, che soddisfano le esigenze della fabbrica automatica.
La strada imboccata dai produttori di PLC è quindi quella di asservire a funzioni speciali dei moduli speciali; i benefici che se ne trag­gono sono:

  • liberare la CPU dall' onere di gestire tali funzioni speciali, demandando a essa la sola gestione delle operazioni fondamentali di con­trollo;
  • la possibilità di offrire all' applicazione (controllo assi, posizionamento, conteggio veloce, ecc.) una velocità di risposta molto elevata.

Questi moduli si prefigurano come dei dispositivi di preelaborazione del segnale, in quanto sono dotati di un proprio microprocessore.
Costruiti per soddisfare le esigenze di funzioni particolari (ad esempio sentire tensioni estremamente deboli come quelle delle termocop­pie, o applicazioni con frequenze di commutazione elevate) e per ridurre il carico di lavoro della CPU del PLC, i moduli speciali con­sentono soprattutto di ampliare notevolmente l' utilizzo del PLC in ambito industriale.

Moduli intelligenti
Sono denominati “intelligenti” quei moduli, aggiuntivi alla dotazione normale del PLC, che sono provvisti di un proprio processore.
Ad esempio, vengono prodotti dei moduli in grado di trasformare direttamente un valore analogico in digitale senza utilizzare la CPU del controllore programmabile per l' operazione di conversione.
Hanno un campo di applicazione variabile e le seguenti caratteristiche:

  • a seconda della configurazione è possibile collegare ingressi in corrente, in tensione, per termocoppie;
  • possibilità di scegliere il numero di vie da scrutare in base al programma che si è costruito, inibendo in tal modo le vie non utilizzate; questo si traduce in una minore durata nello svolgimento del programma stesso, che non deve più “perdere tempo” a controllare dei punti non sfruttati;
  • si possono elaborare direttamente i valori convertiti, in quanto la conversione delle misure avviene in unità direttamente utilizzabili dall' operatore nel programma (unità fisiche, unità normalizzate). Per esempio, se un sensore 0 -100 °C fornisce un segnale in corrente 4 ÷ 20 mA, dichiarando i limiti di 4 mA per 0 °C e di 20 mA per 100 °C le misure disponibili nella parola registro saranno comprese tra 0 e 100 °C e verranno espresse direttamente nell' unità di misura della grandezza fisica controllata.

Moduli per l' interfacciamento di termocoppie
Questi moduli sono confezionati in modo da poter ricevere segnali direttamente da termocoppie; tali segnali sono caratterizzati dal presentare un livello bassissimo di tensione (difficilmente superiore a 100 mV).
Il modulo compie operazioni di filtraggio, linearizzazione, amplificazione del segnale e conversione in valore digitale; uno speciale cir­cuito compensa la temperatura del giunto freddo, che altrimenti falserebbe la misura effettuata.


Moduli di conteggio veloce
Quando la frequenza dei segnali di ingresso assume valori rilevanti, le entrate normali del controllore non riescono a soddisfare le esi­genze del caso, poiché la scansione del PLC è troppo lenta (al massimo qualche decina di msec.) rispetto all’ intervallo di tempo con cui commutano i segnali di ingresso.
In questo caso si utilizzano particolari moduli di ingresso veloce, che sono equipaggiati con un proprio processore in grado di rilevare segnali che arrivano anche a 80 KHz.
Le applicazioni tipiche sono quelle di conteggio pezzi, misure di lunghezza o di posizione, misure di velocità, misure di durata.
Una particolare funzione svolta da questi moduli è la camma elettronica; grazie a questa opzione viene consentito di fissare un certo numero di soglie che, confrontate con il valore corrente misurato, determi­nano l' attivazione di un certo numero di uscite secondo una matrice predefinita.
Generalmente un modulo di conteggio veloce è completamente autonomo rispetto al programma principale gestito dalla CPU del PLC, e il tipo di funzione da effettuare (conteggio semplice o bidirezionale, misura di lunghezza, di velocità, camma elettronica, ecc.) viene determinato con la confi­gurazione software.
Una variante di questo oggetto è in grado di gestire segnali in codice Gray inviati da un encoder assoluto.

Moduli di posizionamento assi
Il modulo di comando assi costituisce una valida soluzione per il controllo sincronizzato di più assi; il processore esegue infatti il pro­gramma stabilito e controlla in tempo reale la retroazione del motore asservito.
Il segnale di retroazione può essere fornito da trasduttori resolver o da encoder calettati sullo stesso asse del movimento.
Lo spostamento dell' attuatore è controllato tramite un programma interno al modulo, costituito da una serie di passi che descrivono i movimenti da effettuare al fine di realizzare traiettorie anche molto complesse.
Il modulo genera un treno di impulsi a frequenza variabile da programma, che comanda tipicamente dei motori passo passo; la fre­quenza è crescente all' avviamento, costante a regime, decrescente alla decelerazione del motore.
Il modulo possiede una propria memoria interna di dati nella quale vengono inserite le quote in base alla procedura di apprendi­mento; dispone inoltre di contatori che consentono di effettuare sequenze ripetitive del programma funzione.

Moduli ASCII
Questi moduli permettono lo scambio di informazioni in formato ASCII tra il PLC ed eventuali periferiche.
Il codice ASCII è un codice che consente, tramite l' utilizzo di 8 bit, di codificare un qualsiasi carattere alfanumerico e determinati ca­ratteri di controllo.
Per evitare quindi l' occupazione di memoria RAM del PLC si utilizzano tali moduli, che sono configurati con una propria memoria RAM e un proprio processore.
Se richiesto durante l’ esecuzione del programma, Il PLC invierà al modulo un codice corrispondente al messaggio da trasmettere prece­dentemente memorizzato e, conseguentemente, il modulo ASCII provvederà a trasferirlo alla periferica (monitor, visualizzatori, stam­panti, computer).
Un classico esempio di utilizzo è l' invio di messaggi di tipo diagnostico a visualizzatori, che monitorizzano lo stato dei processi auto­matici di fabbrica.

Moduli di comunicazione
Lo scambio di dati, messaggi, informazioni tra un insieme di PLC è possibile tramite i moduli di comunicazione; questi gestiscono i protocolli di comunicazione per le diverse tipologie di reti informatiche che possono essere coinvolte nel sistema (bus di campo, reti proprietarie, ETHERNET, etc.)
Generalmente ogni casa produttrice di PLC sfrutta un suo protocollo di comunicazione; attualmente esiste una regolamentazione che normalizza tali protocolli al fine di evitare che la comunicazione sia possibile esclusivamente tra apparecchiature provenienti dalla stessa fabbrica.

Moduli PID (Proportional Integrative Derivative)
I moduli PID (Proporzionale Integrativo Derivativo) vengono impiegati nelle applicazioni ad anello chiuso, dove determinate caratteri­stiche funzionali debbono rimanere invariate.
Nelle applicazioni di controllo (di temperatura, di flusso, di livello, ecc.) vengono stabiliti dall’ operatore i valori prefissati (set point) del processo, ovvero i valori che dovrebbero essere mantenuti dal sistema a fronte di qualsiasi variazione ambientale.
I moduli PID consentono il confronto tra questi parametri di riferimento del processo e i dati effettivamente rilevati dal campo; qualora manchi la convergenza, il modulo è in grado autonomamente di generare dei messaggi di errore e dei segnali in grado di attivare le soluzioni atte a riportare il processo al normale funzionamento, in base del programma precedentemente memorizzato.

Orodatario
Nei PLC più recenti può essere inserito all' interno dell’ unità centrale un orologio calendario.
Questo accessorio consente di elaborare programmi dove è necessario attivare dei processi in determinate ore del giorno, consi­derando anche le variabili giorno della settimana/mese/anno.
Generalmente le funzioni caratteristiche dell' orodatario sono programmazione temporale, giornale e misurazione di durata.
Programmazione temporale
Questa funzione permette di programmare eventi a orari e date predefinite; è possibile stabilire, ad esempio, che l' accensione del riscal­damento di un edificio avvenga dal 21 ottobre 1998 al 21 marzo 1999, dal lunedì al sabato, dalle ore 6:00 alle 14:30.

Giornale
È possibile attribuire una data e un' ora a eventi che accadono, servendosi di determinate system-words (parole sistema) che ne memoriz­zano i valori correnti; successivamente, dato un segnale esterno o tramite un bit sistema, si ha la possibilità di far emettere al PLC un messaggio (visualizzazione su display o stampa) che indica l' ora e la data in cui un certo evento si è attivato.

Misurazione di durata
Servendosi di parole sistema predefinite all' interno del PLC, si possono effettuare misurazioni dell’ intervallo di tempo intercorso tra due eventi.
Al verificarsi di ciascun evento, vengono immagazzinati in apposite word i valori correnti relativi a data e ora; successivamente queste word verranno manipolate con operazioni aritmetiche, al fine di fornire informazioni circa la durata di un determinato processo.

Moduli di backup

Sono moduli che, inseriti in due PLC differenti e collegati tra loro, permettono di avere una funzionalità di backup.
Attraverso tali moduli il processore del PLC principale informa costantemente il processore situato nel PLC di riserva sullo stato delle operazioni in esecuzione; quest’ ultimo, che esegue lo stesso programma, può, in caso di malfunzionamento del PLC primario, sostituirlo in tempi brevissimi nella gestione degli ingressi e delle uscite.

LA SCANSIONE DEL PLC

Il PLC ha un funzionamento ciclico di tipo sequenziale; è in grado di eseguire le funzioni programmate con ripetività, da quando viene alimentato e messo in stato di RUN fino a quando o lo si porta in stato di STOP e si toglie alimentazione oppure si presentino condizioni che generino situazioni di guasto o di errore, con conseguenti malfunzionamenti e fermate del ciclo.
Il ciclo che compie è denominato ciclo di scansione, mentre il tempo che impiega a compierlo si chiama tempo di scansione.
Ciascun PLC è costruito per operare secondo uno dei seguenti tipi di scansione:

  • sincrona di ingresso e di uscita;
  • sincrona di ingresso e asincrona di uscita;
asincrona di ingresso e di uscita.

La scansione sincrona di ingresso e di uscitaè schematizzata nella figura 18.
Questo ciclo si configura in una lettura dello stato di tutti gli ingressi presenti, con successiva elaborazione sequenziale delle istruzioni del programma precedente­mente stabilito; solo alla conclusione di questa fase avviene l’ attivazione delle uscite.
La CPU acquisisce tutte le informazioni riguardanti lo stato dei moduli di ingresso, una dopo l' altra, con una certa gerarchia data dall' indirizzamento dei punti di in­put; lo stato logico di questi input viene memorizzato nella parte di memoria dedi­cata (memoria dati), formando quindi una sorta di immagine dello stato logico di tutti gli ingressi.
Segue poi l' elaborazione del programma da parte della CPU; durante questa fase gli stati delle uscite che man mano si determinano sono assegnati al registro imma­gine delle uscite, senza che siano inoltrati ai moduli di output.
Solamente dopo l’ esecuzione dell’ ultima istruzione del programma tutte le uscite vengono effettivamente aggiornate, in modo sequen­ziale con gerarchia data dall’ indirizzamento dei punti di output.
Terminato un ciclo la scansione riprende dal primo passo, ripetendosi in continua­zione; questo vale, ovviamente, finché il PLC è mante­nuto in stato di RUN.
Se durante lo svolgimento del ciclo appena descritto si verifica una variazione degli ingressi, è quasi certo che questa non potrà essere rilevata che all' inizio di una nuova scansione.
Bisogna infatti considerare che la maggior parte del tempo di scansione è riservato all’ esecuzione delle istruzioni del programma, ed è quindi molto probabile che una modifica degli ingressi avvenga proprio durante questa fase; di conseguenza la CPU non potrà tenere conto di questo evento durante l’ elaborazione in corso.
Il tempo di risposta, ovvero il tempo che passa tra la variazione degli ingressi e la corrispondente variazione delle uscite, è quindi di so­lito sempre superiore al tempo di scansione.
L' inconveniente non si dimostra particolarmente grave per molte applicazioni, dato l' ordine di grandezza molto piccolo di questo tempo; è infatti di solito compreso tra 5 e 45 msec. a seconda della quantità di istruzioni contenute nel programma e del tipo di CPU.
La scansione sincrona di ingresso ed asincrona di uscita é schematizzata in figura 19.
Questo tipo di ciclo è sincrono di ingresso in quanto tutti gli input vengono letti contemporaneamente, ed asincrono di uscita poichè l' invio dei risultati alle uscite viene fatto in tempi diversi.
Gli ingressi vengono letti tutti ed una sola volta all' inizio della scansione; le uscite vengono invece trasmesse all' esterno via via che maturano i risultati durante lo svolgimento del programma: ogni uscita viene perciò attivata nel momento in cui è stata elaborata la fun­zione logica ad essa assegnata.
Con questo tipo di scansione si ha un aggiornamento delle uscite più rapido di quello che consente il ciclo precedente.

Il terzo modo di operare è quello asincrono di ingresso e di uscitaed è schematizzato nella figura 20.
Gli ingressi sono aggiornati ogni volta che durante lo svol­gimento del programma la CPU incontra un’ istruzione che la obbliga a acquisirne lo stato.
Se un bit del registro immagine delle uscite viene modificato durante l’ elaborazione, si ha un immediato invio dello stato logico risultante al modulo di output corrispondente.
Questo modo di funzionamento di un PLC, molto simile a quello di un computer, con­sente di ottenere un tempo di risposta notevolmente ridotto rispetto ai primi due casi.

La scansione non è che una delle attività svolte dalla CPU dal momento in cui viene ali­mentata; questa e tutte le altre funzioni possono essere effet­tuate grazie a un sistema ope­rativo, memorizzato su ROM, residente nella scheda proces­sore.
La figura 21 mostra un dia­gramma di flusso delle opera­zioni sequenziali che vengono compiute dalla CPU di un PLC OMRON Sysmac C20H; da notare che la fase di inizializzazione viene eseguita soltanto alla messa in tensione del PLC, mentre le altre operazioni sono svolte ciclicamente in modo ripe­titivo.
Generalmente i PLC hanno un timer di macchina, denominato watchdog (cane da guardia), che viene regolato ad un certo valore (tipicamente 150 msec.); questo congegno ha la funzione di fermare il ciclo se la scan­sione supera tale tempo massimo, onde evitare che si generino dei cicli di programmi ripetitivi (loop) dovuti a malfunzionamenti.
Nel processo di scansione è piuttosto interessante definire la differenza esistente tra una situazione di errore e una di allarme; questa va­ria tra macchina e macchina, e ad essa si può risalire esclusivamente consultando il relativo manuale di funzionamento.
Nel modello C20H una situazione di errore si verifica, ad esempio, nel caso di:

  • interruzione dell’ alimentazione per più di 10 msec.;
  • errore nella CPU, con watchdog timer superiore a 30 msec.;
  • errore nella memoria, derivante o da DIP switch male impostati o da EPROM non installata nel modo corretto;
  • mancanza dell’ istruzione di fine programma;
  • errore sul bus di collegamento con gli altri moduli;
  • errore di sistema, come tempo di scansione maggiore di 130 msec.

Una situazione di allarme si verifica, ad esempio, nel caso di:

  • batteria scarica;
  • errore nell’ area di registrazione del setup;
  • superamento del tempo di scansione a causa di errori nel programma.

È importante che il tempo di scansione sia il più breve possibile, principalmente per due motivi:

  • avere un tempo di risposta del PLC il più ridotto possibile (indipendentemente dal tipo di scansione implementata sulla mac­china);
  • evitare malfunzionamenti (per esempio alcuni timer rapidi non funzionano al meglio con tempi di scansione superiori ai 10 msec.).

Nel ciclo di scansione vi sono delle operazioni precostituite sulle quali l’ operatore non può intervenire, e altre che invece hanno una du­rata variabile, a seconda del numero di moduli di I/O da scrutare e della lunghezza del programma.
Al fine di aiutare l’ operatore nella scrittura di programmi compatti e veloci, i costruttori forniscono delle tabelle che riportano i tempi richiesti da ogni operazione che costituisce il ciclo di scansione.

Cicli monotask, bitask, multitask
In genere un PLC è equipaggiato con un microprocessore che gestisce il ciclo di scansione della macchina; in gergo questo tipo di lo­gica programmabile viene denominata monotask poiché risulta essere uno solo il lavoro (programma) da eseguire.
Si sono sviluppate recentemente anche macchine bitask che possono lavorare su due programmi, che vengono immagazzinati in due ipotetici contenitori chiamati task master e task fast.
La task master contiene il lavoro che il PLC deve eseguire correntemente; la task fast (rapida) è invece destinata alle elaborazioni di breve durata con tempi di risposta brevi ( < 2 msec.), e viene attivata su eventi esterni oppure interni al PLC o ancora in modo periodico.
La comparsa di una situazione particolare (per esempio input su ingressi rapidi, raggiungimento valore di preselezione di contatore ra­pido o del temporizzatore rapido), interrompe la normale scansione in task master e attiva la task rapida; il PLC esegue il piccolo pro­gramma custodito nella task fast, per poi tornare al punto in cui si era interrotto nella task master e proseguire il ciclo normale.
Questa architettura è dunque in grado di intervenire in modo opportuno rispetto a problematiche diverse, anche se la gestione delle due task è affidata a un unico processore.
Se la modalità bitask può essere sufficientemente apprezzabile per risolvere determinate situazioni, risulta insufficiente per livelli di gestione più complessi; non è in grado, infatti, di risolvere i problemi che intervengono qualora dovessero essere gestiti contemporaneamente più avvenimenti di carattere diverso.
Rimane comunque validissima l' applicazione dei sistemi a interrupt per la gestione di situazioni di allarme, dove la task master viene interrotta momentaneamente per eseguire il programma (in task fast) che risolve o semplicemente segnala l’ anomalia.
A livelli di gestione di automazioni medio - alte, l' architettura monotask o bitask non è più in grado di svolgere le operazioni complesse necessarie, ed ecco allora una evoluzione ulteriore dei PLC: la struttura multitask, progettata per una gestione dei sistemi automatici più integrata e completa.
La sua configurazione vede da una parte la presenza di più task, ognuna dedicata a funzioni diverse, che possono essere eseguite simul­taneamente, grazie a un' architettura hardware multiprocessore.
La struttura multitask prevede una serie di task indipendenti governate da una. task principale; tra queste si possono ricordare:
  • task master,
  • task di interrupt,
  • task rapida,
  • task ausiliaria,
  • task sistema.

In ciascuna task si potranno dichiarare dei moduli di I/O non configurati in altre task; in questo modo si potranno avere scansioni molto più veloci in quanto ogni task scandirà solo gli I/O che gli interessano e non tutti quelli presenti, abbreviando notevolmente i tempi di risposta.

Criteri per la di scelta del PLC (Hardware)
Per valutare correttamente un PLC non bisogna dimenticare che esso si compone di due parti di natura molto diversa tra loro come l' hardware ed il software; il giudizio deve essere complessivo, ossia riferito alle prestazioni consentite dall' insieme della macchina e delle tecniche di programmazione che essa utilizza.
In questo paragrafo si fissa l' attenzione sui parametri che consentono la valutazione dell' hardware; in linea di massima la potenzialità di un controllore programmabile é valutabile in base ai quattro parametri:

  • numero di entrate e di uscite esterne;
  • capacità della memoria di programma espressa in word;
  • tipo e numero degli elementi funzionali interni;
  • velocità di scansione.

La scelta deve essere ponderata con particolare attenzione quando si utilizza un PLC monoblocco che ha delle caratteristiche fisse.
Nel caso dei controllori modulari, le prestazioni possono essere aumentate in funzione delle esigenze e quindi un eventuale sottodimensionamento in fase di scelta é meno grave che nel caso precedente.
Naturalmente quanto appena detto si riferisce alla valutazione delle prestazioni funzionali mentre dal punto di vista della validità costruttiva, dell' affidabilità e dell'assistenza valgono gli stessi criteri che si utilizzano per scegliere una qualsiasi altra apparecchiatura elettromeccanica o elettronica.

La norma CEI 17.3 fascicolo 1035 definisce il contattore o teleruttore come un dispositivo meccanico di manovra, capace di stabilire, sopportare ed interrompere correnti in condizioni ordinarie del circuito ed in condizioni di sovraccarico. Il congegno, generalmente previsto per un numero elevato di operazioni, ha una sola posizione di riposo, ed il suo azionamento è automatico. La posizione di riposo corrisponde ordinariamente alla posizione di apertura dei contatti principali. Quando la posizione di riposo corrisponde alla posizione di chiusura dei contatti principali, il contattore si definisce chiuso in riposo.

La funzione di conteggio veloce é quella che consente ai PLC di ricevere segnali che hanno un' elevata frequenza come, ad esempio, quelli provenienti dai rilevatori di posizione angolare denominati encoder (tipicamente 10 KHz).

Questa eventualità è dovuta al fatto che gli ingressi lavorano a 24 V e il microprocessore a 5 V; una mancanza improvvisa della tensione di rete determina la scarica dei condensatori presenti nell’ alimentatore. Ciò produce il passaggio al di sotto della soglia dei 24 V in uscita dall’ alimentatore ben prima di quello relativo ai 5 V, per cui il microprocessore può continuare a lavorare anche quando gli ingressi non sono più in grado di funzionare correttamente.

Il cui significato verrà chiarito in un successivo capitolo.

La definizione di questo termine verrà fornita in un paragrafo successivo; per ora si identifichi la “scansione” con il periodo necessario affinchè venga svolto l’ intero programma contenuto nell’ apposita area di memoria del PLC.

Questa modalità di funzionamento è quindi del tutto simile a ciò che avviene in un microprocessore quando è chiamato a gestire una richiesta di interrupt.

 

Fonte: http://www.webalice.it/mascellino/LezionidiImpianti/PLC%20UNICO.doc

Sito web da visitare: http://www.webalice.it/mascellino/

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