Titanio

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Titanio

Il titanio viene scoperto nel 1791 in una valle della Cornovaglia (Menachan Valley) dal reverendo inglese William Gregor. Il parroco, un mineralogista dilettante istruito al sacerdozio a Bristol e Cambridge, analizzando la sabbia del fiume Herford nei pressi della sua parrocchia, estrae per mezzo di un magnete una polvere nera (che oggi sappiamo essere l’ilmenite, FeTiO3), la quale viene trattata con acido cloridrico, eliminando il ferro ed ottenendo un residuo marrone rossastro; questo, a sua volta, è disciolto in acido solforico concentrato, permettendo la produzione dell’ossido impuro di un nuovo elemento. Con un’ulteriore procedura spesso utilizzata per ridurre un minerale a metallo (il minerale polverizzato viene fuso con carbone di legna in polvere), Gregor ottiene un nuovo elemento metallico di scarsa purezza. Il religioso propone di chiamare la polvere magnetica “Menaccanite” (dal nome della sua città, Menachan) oppure “Georgium” in onore del re d’Inghilterra.

Nel 1795 il chimico tedesco Heinrich Klaproth, analizzando dei minerali provenienti dall’Ungheria, individua lo stesso ossido studiato da Gregor, ora conosciuto come rutilo (TiO2); egli dimostra che la “Menaccanite” ed il rutilo sono minerali composti da uno stesso elemento metallico, battezzato “titanio” ispirandosi ai Titani, che secondo la mitologia greca erano i giganti, figli primogeniti della terra e del cielo, costretti a vivere nascosti sotto terra, tra le fiamme.

 

I.2. Processi di produzione.

Lo sviluppo di un processo per la produzione di titanio ad elevata purezza a partire dal minerale richiede oltre un secolo, a causa della tendenza di tale metallo a reagire con ossigeno, idrogeno, carbonio ed azoto, formando soluzioni solide interstiziali. Klaproth, Vauquelin ed Heinrich Rose provano ad isolare l’elemento puro, ma senza successo; nel 1825 J. J. Berzelius mette a punto diversi tipi di titanio elementare amorfo molto impuro; nel 1849 Wöhler prova ad eliminare l’aria dal minerale, ma probabilmente produce il nitruro di titanio; nel 1887 Lars Fredrik Nilson ed Otto Pettersson preparano titanio puro al 95% riducendo il tetracloruro di titanio (TiCl4) con sodio in un cilindro d’acciaio a tenuta stagna; Moissan utilizza il forno elettrico per ottenere titanio puro al 98%. I due processi fondamentali che permettono di preparare titanio ad elevata purezza vengono sviluppati da Hunter nel 1910 e da Kroll nel 1937. Matthew Hunter ottiene per la prima volta titanio metallico puro al 99.9% tramite il riscaldamento di tetracloruro di titanio con del sodio a 700 - 800°C. William Justin Kroll, un rifugiato tedesco negli Stati Uniti, inventa un processo di magnesio-riduzione, che rende possibile la produzione commerciale del titanio metallico puro. Il processo Kroll, nella sua forma originale o con qualche modifica apportata, è tuttora il metodo principale utilizzato per estrarre titanio metallico dai suoi minerali. Oggigiorno, un altro metodo per ottenere titanio metallico puro è la riduzione elettrolitica del tetracloruro di titanio (processo Dow-Howmet). Il prodotto di riduzione dei tre processi (Hunter, Kroll e Dow-Howmet) è poroso (spugna di titanio) e viene convertito in prodotti metallici di titanio attraverso una sequenza di operazioni di fusione e tramite un appropriato processo di deformazione o di colata.

 

I.3. Applicazioni storiche ed attuali.

I primi utilizzi applicativi del titanio (fine anni Trenta) riguardano il settore militare: carri armati, aerei, sommergibili, etc. Gli studi sulle possibili applicazioni, iniziati nel periodo fra le due guerre mondiali, sfociano nel secondo dopoguerra con i primi casi d’uso del titanio nell’industria aeronautica ed aerospaziale; nel 1947 sono solo due al mondo i produttori di titanio (il Bureau of Mines ed E.I. Du Pont de Nemours Inc.). Negli anni Cinquanta altri cinque gruppi industriali degli Stati Uniti iniziano a produrre titanio, spinti dalla domanda proveniente soprattutto dal settore aerospaziale: nel 1952 il metallo viene impiegato per le palette ed i dischi del compressore del motore Pratt & Whitney J57. Per gli stessi motivi e per la domanda proveniente dal settore militare, anche in altre parti del mondo (Cina, Giappone, Unione Sovietica) iniziano a svilupparsi industrie del titanio. Dalla seconda metà del XX° Secolo, il suo utilizzo aumenta sempre più (negli anni Sessanta si hanno le prime applicazioni nel settore industriale) perchè le elevate proprietà meccaniche e la bassa densità delle leghe di titanio consentono di realizzare strutture con peso inferiore al 50% di quello delle strutture realizzate con acciai convenzionali.

Attualmente, grazie soprattutto all'ottimo rapporto resistenza/peso, il titanio viene usato nelle costruzioni aeronautiche, per la realizzazione di componenti per turbine, motori per jet, strutture aeree, etc. È, inoltre, particolarmente indicato in tutti i casi in cui è richiesta una particolare resistenza alla corrosione; viene anche usato per la fabbricazione di contenitori per rifiuti nucleari, di caldaie e tubazioni per i desalinizzatori per la potabilizzazione dell'acqua marina. Anche nel campo delle costruzioni navali il suo utilizzo è in aumento. In chirurgia medica le leghe di titanio, grazie alla loro ottima biocompatibilità, vengono usate con successo per la realizzazione di valvole cardiache, come rivestimento per apparecchi bioimmersi come i pacemakers, articolazioni per le anche, perni per ossa frantumate, apparecchi acustici, etc.; in chirurgia maxillofacciale queste leghe sono impiegate per la realizzazione di lamine di ricostruzione (pelli artificiali). Inoltre, a seguito del suo successo come materiale di rivestimento per il museo di Guggenheim a Bilbao in Spagna, il titanio viene valutato come materiale architettonico; infine, è utilizzato per fare montature per occhiali, pezzi per automobili, motociclette, biciclette, sci, mazze da golf e racchette da tennis.
La particolare applicazione del titanio nel settore automobilistico verrà dettagliatamente discussa in seguito.

 

I.4. Costi ed aspetti tecnologici.
 
Nonostante la sua grande diffusione come elemento impuro in natura, il costo del titanio metallico puro utilizzabile per scopi industriali è tuttora piuttosto elevato a causa delle caratteristiche del mercato mondiale, tipicamente oligopolistico. In particolare, il mercato mondiale del titanio è fortemente influenzato dalla domanda (piuttosto discontinua) proveniente dall’industria aeronautica (che richiede un prodotto puro, pagato anche ad alto prezzo), manca una quotazione ufficiale del prezzo del titanio (fattore determinante nel produrre un mercato poco trasparente), si è creato nel corso degli anni un circolo vizioso di basse previsioni di vendita, bassi investimenti e, quindi, basso sviluppo dell’industria, alimentato dagli alti costi che permangono quando gli investimenti sono scarsi.

Inoltre, il prezzo del titanio metallico puro rimane elevato poiché gli attuali processi industriali, basati principalmente su tetracloruro di titanio, non permettono di ottenere il metallo puro a condizioni vantaggiose dal punto di vista economico; infine, lo sviluppo di componenti in titanio è frenato non solo da motivi economici, ma anche da problemi tecnologici: spesso, infatti, gli impianti ed i processi produttivi che permettono di ottenere un determinato componente, ad esempio in acciaio, non sono adatti alla realizzazione dello stesso componente in titanio e, quindi, anziché sostituire l’attrezzatura e le tecnologie esistenti sostenendo grosse spese a breve termine, i produttori preferiscono rinunciare ai vantaggi conseguibili a lungo termine  attraverso l’utilizzo del titanio. E’ necessario, perciò, mettere a punto nuove ed economiche tecnologie che conseMinerali del titanio.

II.1. Il titanio in natura.

Il titanio è il nono elemento più diffuso all’interno della crosta terrestre, costituendone lo 0,6% in peso, ed è, sempre per abbondanza, il quarto elemento metallico fra i metalli strutturali dopo alluminio, ferro e magnesio (la sua concentrazione è circa 1/20 di quella dell’alluminio ed 1/10 di quella del ferro, ma ben 100 volte quella del rame).

Esso non si trova allo stato puro in natura, ma si presenta sotto forma di ossidi complessi, generalmente diossido di titanio cristallino (TiO2) in cui sono presenti varie impurità (soprattutto ferro ed elementi alcalini); queste conferiscono una colorazione scura, eliminando il bianco candido del diossido allo stato puro ed impedendone l’utilizzo diretto come pigmento bianco. Il diossido di titanio grezzo può essere trovato in Australia, Brasile, Cina, Canada, la Sierra Leone, India e Sri Lanka, Norvegia, Africa del sud e Stati Uniti (Georgia). I materiali utilizzabili commercialmente per ricavare titanio (materiali titano-ferrosi) contengono quantità variabili di diossido di titanio (dal 10% al 95%); inoltre, in tali materiali, spesso il titanio elementale è associato ad altri tipi minerali, mentre la parte titano-ferrosa è legata solitamente ai composti di ferro.

Anche se presente in piccole quantità in gran parte dei minerali, in ciottoli, nel suolo, nelle piante, nella cenere di carbone, etc., i minerali da cui effettivamente si ricava titanio, cioè quelli contenenti oltre l’1% in peso del metallo, sono per lo più rocce ignee, in cui esso forma il componente acido dei magmi basici ed il componente basico dei magmi acidi. Nel primo caso il titanio è presente sotto forma di titanati ed i minerali più importanti in cui lo troviamo in questa forma sono ilmenite (FeTiO3), leucoxene (un mineraloide prodotto dall’alterazione dell’ilmenite, da cui una parte del ferro è stata lisciviata) e perovskite (CaTiO3); i minerali del secondo caso, invece, contengono titanio in forma di ossido e sono principalmente rutilo ed anatase (entrambi TiO2, sono forme polimorfe). Esistono anche forme intermedie tra i due casi, ad esempio i silicati (sfeno CaTiSiO5), in cui il titanio è presente soprattutto come elemento basico (zirconi minerali e allumino silicati), ma anche in sostituzione del silicio.

Il titanio è presente anche nelle meteoriti ed nel sole. Le rocce ottenute durante la missione lunare dell'Apollo 17 indicano una presenza di 12,1% TiO2; le analisi delle rocce ottenute durante le missioni iniziali dell'Apollo mostrano percentuali più basse.

 

II.2. Fonti di titanio utilizzate industrialmente.

Attualmente le fonti di titanio di maggior interesse sono ilmenite, rutilo, leucoxene ed anatase. L'ilmenite è presente principalmente come sabbia nera in Australia, Africa del Sud, India, USA e Malesia, ma anche in depositi di roccia dura in Canada, Norvegia ed USA. La sua composizione è molto variabile a causa dell’alto contenuto di impurità, tra cui primario è il ferro che può essere ossidato parzialmente alla forma trivalente (ferro ferrico); essa contiene tipicamente percentuali di titanio del 53% e di TiO2 variabili tra 45% e 60%, tenendo presente che generalmente le sabbie sono più ricche in diossido di titanio rispetto alle rocce. Inoltre, l’ilmenite può essere utilizzata direttamente in uno dei due processi per produrre diossido di titanio puro (processo dal solfato) oppure per ottenere un prodotto contenente circa 92% di TiO2 con ferro come sottoprodotto. Il leucoxene è un ilmenite alterata, concentrata ad un contenuto di diossido di titanio maggiore (oltre 60%) ed è, quindi, direttamente collegata alla presenza di giacimenti di ilmenite sulla crosta terrestre. Il rutilo si trova in giacimenti di sabbia situati in Australia, Sierra Leone ed Africa del Sud. Esso contiene una quantità di diossido di titanio intorno al 95%, insieme ad impurità di silicio, ossidi di ferro, vanadio, niobio, tantalio, e tracce di composti di stagno, cromo, molibdeno, e viene utilizzato nel processo di produzione di diossido di titanio puro dal cloruro, dato che questo tipo di processo richiede un minerale di alta purezza. L’anatase è una forma polimorfa del rutilo, vale a dire che ha la sua stessa formula chimica ma diversa forma cristallina; lo sviluppo di depositi naturali di anatase è ancora ai primordi.
Nonostante il rutilo abbia una maggiore percentuale di diossido di titanio nella sua formula rispetto all’ilmenite, si cerca di sfruttare maggiormente quest’ultima dato che i suoi giacimenti (ignei o sedimentari) sono molto comuni (348 milioni di tonnellate sulla crosta terrestre), mentre quelli di rutilo (solo sedimentari) stanno progressivamente esaurendosi (18 milioni di tonnellate). Inoltre, il rutilo non è concentrato in depositi ignei come l’ilmenite ed è quindi meno utile come minerale; tuttavia, nei depositi detritici sedimentari, noti come “giacimenti detritici”, possono essere entrambi presenti come minerali utilizzabili ed al mondo ci sono abbastanza di questi depositi da fornire titanio per decadi, se non per secoli.

ntano l’uso del titanio in produzioni su ampia scala, e non solo in mercati ristretti o di nicchia come accade attualmente.

Proprietà fisiche del titanio.

Il titanio (di cui è riportata in seguito una scheda con i principali valori numerici delle proprietà), situato nel IV gruppo della tavola periodica con numero atomico 22, ha proprietà eccellenti dal punto di vista ingegneristico; esso mostra bassa densità, alta resistenza (resistente quanto l’acciaio e due volte più dell'alluminio), basso modulo di elasticità, bassa conducibilità termica, bassa espansione termica, eccellente resistenza a corrosione, facilità di lavorazione, biocompatibilità, periodo di dimezzamento radioattivo estremamente corto (che consente il suo uso nei sistemi nucleari), non è magnetico ed è in grado di sostenere temperature estreme (grazie al suo alto punto di fusione). Inoltre, il titanio è immune all'attacco corrosivo dell'acqua salata o degli ambienti marini (ha quindi uso potenziale negli impianti di desalificazione per convertire l'acqua di mare in acqua dolce, è usato per gli alberi portaelica e per componenti e parti delle navi esposte all'acqua salata; inoltre, un anodo di titanio ricoperto di platino è stato usato per assicurare la protezione catodica dalla corrosione dell'acqua salata) ed esibisce un’eccezionale resistenza ad una vasta gamma di acidi, di alcali, di acque naturali e di prodotti chimici industriali; infine, offre una grande resistenza agli attacchi di erosione (è almeno venti volte più resistente all’erosione rispetto alle leghe rame-nichel), alla cavitazione ed agli urti.

Il titanio estratto dai minerali, una volta reso puro, si presenta bianco e brillante, è duttile solo se contiene quantità di ossigeno trascurabili, si brucia in aria ed è l'unico elemento che si brucia in azoto puro. Il titanio naturale presenta cinque isotopi, tutti stabili, con masse atomiche da 46 a 50; inoltre, sono conosciuti altri otto isotopi instabili. Il metallo naturale è noto per diventare molto radioattivo dopo il bombardamento con i deuteroni; le radiazioni emesse sono principalmente positroni e raggi gamma duri.

Il titanio può esistere in due forme cristalline: la prima è alfa e corrisponde ad una struttura cristallina esagonale compatta, stabile a basse temperature, mentre la seconda è beta che ha una struttura cubica a corpo centrato, stabile alle alte temperature. Nel titanio non legato (titanio puro, senza elementi in lega aggiunti), la fase alfa è stabile a tutte le temperature fino a 882°C, dove si trasforma in fase beta; questa temperatura è conosciuta come temperatura di “beta transus” e la fase beta è stabile da 882°C al punto di fusione. Questo metallo ha una temperatura di ebollizione pari a 3285°C ed un alto punto di fusione (1660°C), in virtù del quale il titanio può essere considerato per applicazioni in blindature balistiche. Infatti, l’alta temperatura di fusione tende a ridurre la predisposizione alla fusione ed all'accensione delle blindature durante l'impatto balistico; la buona durezza e la leggerezza sono fattori aggiuntivi per considerare il titanio in questa applicazione.

Il titanio è resistente ad ossidazione fino a circa 600°C ed è un metallo reattivo che può accogliere e dissolvere interstizialmente elementi quali ossigeno, idrogeno, azoto; generalmente, però, il titanio trova impiego fino a temperature di circa 540°C, poiché la trasformazione allotropica da struttura HCP a struttura BCC limita ulteriormente la sua massima temperatura di applicazione. 

Il titanio è caratterizzato da un basso valore di densità (4.54 g/cm3), approssimativamente 56% di quella dell’acciaio; a parità di peso (ad esempio 1 kg), quindi, il titanio occupa un volume doppio rispetto all’acciaio, o, in altri termini, con il primo è possibile realizzare componenti più leggeri. Perciò, il titanio è resistente quanto l'acciaio, ma è il 56% più leggero; inoltre, è 60% più pesante dell'alluminio, ma due volte più resistente. La densità è considerabilmente influenzata dalla quantità e dalla densità degli elementi in lega; ad esempio, una lega contenente alluminio come elemento in lega è probabile sia molto più leggera di una che contiene un’apprezzabile quantità di stagno. Generalmente, le leghe beta sono le più pesanti perché contengono elementi in lega, come il molibdeno, che hanno un’alta densità. La combinazione di bassa densità lineare ed alta resistenza produce rapporti resistenza/peso particolarmente favorevoli, superiori a quasi tutti quelli degli altri metalli.  

Il titanio possiede un coefficiente di espansione termica significativamente più basso di quello delle leghe ferrose; questa proprietà gli permette di essere molto più compatibile con materiali ceramici o con vetri rispetto agli altri metalli, specialmente quando sono implicate guarnizioni metallo/vetro o metallo/ceramico.

Il titanio ha modulo di elasticità (103 GPa) a valori che sono circa 50% di quelli dell’acciaio; questo basso modulo significa eccellente flessibilità, che è la proprietà basilare per il suo utilizzo in dispositivi dentali (sostegni, ecc.) e dispositivi protesici umani (giunti dell'anca, impianti dell'osso, ecc.); l’eccellente biocompatibilità del titanio fornisce un motivo supplementare per la rapida espansione del titanio nell’uso per protesi corporee. Altre applicazioni includono le molle, i soffietti, le aste delle mazze da golf e le racchette da tennis.

Il titanio ha un ottima duttilità (se contiene quantità trascurabili di ossigeno) e può essere stampato a caldo in molte forme diverse; la formabilità a freddo, invece, è scarsa a causa della forte tendenza del metallo a riacquisire la sua forma originaria.

Il titanio è virtualmente non magnetico, proprietà che lo rende ideale ad applicazioni in cui l’interferenza elettromagnetica deve essere minimizzata; altre possibili applicazioni comprendono alloggiamenti per apparecchiature elettroniche e strumenti di registrazione per pozzi profondi. La permeabilità magnetica del titanio CP è 1.00005-1.0001 a 955 H m-1.

Il titanio è ampliamente usato per trattare cloro gassoso umido o bagnato e si è guadagnato una buona reputazione per le eccezionali prestazioni in questo servizio. La natura fortemente ossidante del cloro umido passiva il titanio con conseguenti basse velocità di corrosione ed offre, quindi, una soluzione ai problemi di corrosione per crevice che si possono avere quando le temperature di servizio del cloro umido eccedono i 70°C. I prodotti chimici e le soluzioni contenenti cloro e titanio sono completamente resistenti alle soluzioni dei cloriti, degli ipocloriti, dei clorati, dei perclorati e del diossido di cloro; il metallo è stato usato per trattare questi prodotti chimici nell'industria della carta per molti anni senza tracce di corrosione.
Considerazioni simili si applicano generalmente ad altri composti degli alogenuri e degli alogeni; particolare interesse dovrebbe essere dato ai fluoruri acquosi acidi ed agli ambienti gassosi del fluoro, che possono essere altamente corrosivi per le leghe di titanio.

In generale, il titanio ha un’eccellente resistenza agli acidi ossidanti, come nitrico e cromico, in un vasto intervallo di temperature e di concentrazioni. Questo metallo è molto usato per trattare l'acido nitrico nelle applicazioni commerciali e presenta basse velocità di corrosione in acido nitrico all’interno di un ampio range di condizioni. Alla temperatura d'ebollizione e per temperature maggiori, la resistenza a corrosione del titanio è molto sensibile alla purezza dell'acido nitrico; generalmente, più alta è la contaminazione e maggiore è il contenuto di ioni metallici nell'acido, migliori sono le prestazioni del titanio. Questo è in contrasto con gli acciai inossidabili, che spesso sono influenzati in modo negativo dagli agenti contaminanti. Siccome il suo stesso prodotto di corrosione (Ti4+) è altamente inibitore, il titanio presenta spesso alte prestazioni nei flussi di riciclo dell'acido nitrico, come i cicli della caldaia.

Molti flussi acidi industriali contengono agenti contaminanti o costituenti che sono ossidanti in natura (ad esempio prodotti di corrosione a monte del flusso) e, quindi, passivano il titanio in mezzi acidi normalmente aggressivi. I livelli di concentrazione degli ioni metallici a 20-100 ppm  possono fornire un’inibizione estremamente efficace alla corrosione. Potenti inibitori per il titanio in mezzi acidi riducenti comprendono ossigeno, cloro, bromo, nitrati, cromati, permanganati, molibdati e ioni metallici cationici, come ferrico (Fe3+), rameico (Cu2+), nicheloso (Ni2+) e molti ioni di metalli preziosi. La resistenza utile a corrosione del titanio non legato aumenta significativamente quando la concentrazione dello ione ferrico viene incrementata di quantità molto piccole; questo potente fenomeno di inibizione dello ione metallico consente al titanio di essere utilizzato con successo in apparecchiature per il trattamento di acido cloridrico (HCl) caldo e di soluzioni acide di H2SO4 nei processi di lisciviazione dei minerali del metallo.
Anche se l'inibizione è possibile nella maggior parte degli acidi riducenti, la protezione del titanio dalle soluzioni di acido fluoridrico è estremamente difficile da realizzare. L'acido fluoridrico provoca generalmente una corrosione generalizzata molto veloce in tutte le leghe di titanio e dovrebbe, quindi, essere evitato.

In condizioni di servizio, le proprietà di scambio termico del titanio si avvicinano a quelle dell'ottone ammiragliato ed a quelle delle leghe rame-nichel; ci sono parecchi motivi per questo:

  • la grande resistenza del titanio consente l'uso di apparecchiature a contatto con solventi;
  • il film d’ossido superficiale sul titanio sembra avere caratteristiche insolite e vantaggiose;
  • l'assenza di corrosione nei mezzi dove il titanio è generalmente usato produce superfici lucenti e lisce;
  • l’eccellente resistenza ad erosione - corrosione del titanio permette velocità di funzionamento significativamente più alte.

 

In conclusione, la resistenza ambientale del titanio dipende soprattutto da un film d’ossido superficiale (principalmente TiO2) molto sottile, tenace ed altamente protettivo, molto stabile al di sopra di un certo range di pH, di potenziale e di temperatura , la cui formazione è particolarmente favorita quando il carattere ossidante dell'ambiente aumenta; per questo motivo, il titanio resiste generalmente agli ambienti leggermente riducenti, neutri ed altamente ossidanti fino a temperature ragionevolmente alte. Il titanio sviluppa ossidi superficiali molto stabili con alta integrità, tenacia e buona aderenza. L'ossido superficiale sul titanio, se graffiato o danneggiato, è in grado immediatamente di ricostruirsi in presenza di aria o di acqua.
La presenza di comuni ambienti ossidanti o di speci contaminanti spesso estende i limiti utili delle prestazioni del titanio in molti ambienti altamente aggressivi; queste speci inibitrici includono aria, ossigeno, prodotti di corrosione delle leghe ferrose, altri ioni metallici specifici e/o altri composti ossidanti dissolti.
La gamma di applicazione del titanio, già vasta, può essere espansa unendolo in lega con determinati elementi nobili o imponendo potenziali anodici (protezione anodica).
Inoltre, il titanio presenta generalmente una grande resistenza ai cloruri ed alle varie forme di corrosione localizzata; il titanio è usato nelle soluzioni saline di cloruri ed in altre soluzioni saline oltre l’intervallo di piena concentrazione, in particolare quando le temperature aumentano. In soluzioni saline vicino a velocità di corrosione nulla ci si può aspettare un pH oltre il range 3 – 11; i cloruri metallici ossidanti, quali FeCl3, NiCl2, o CuCl2, estendono la passività del titanio fino i livelli molto più bassi di pH. Un fattore limitante nell'applicazione del titanio in ambienti in cui sono presenti cloruri acquosi può essere la corrosione per crevice del metallo in giunti metallici, guarnizioni, su interfacce metalliche, ecc.

 

PROPRIETA’ FISICHE DEL TITANIO

 

Informazioni generali

 

Stati

 

Energie

Calore di atomizzazione: è l’energia richiesta per dissociare una mole di una data sostanza in atomi.

 

 

Ossidazioni ed elettroni

 

 Apparenza e caratteristiche
 

 

Reazioni

 

Potenziali di riduzione a temperatura ambiente

 

Altre forme

 

Raggi

 

Conduttività

 

Abbondanza

 


V. Il titanio e le sue leghe.

 

Il titanio e le sue leghe sono classificati in tre grandi categorie in base alle fasi predominanti presenti nella microstruttura a temperatura ambiente. Come detto precedentemente, a temperatura ambiente il titanio ha struttura cristallina esagonale a massimo impaccamento, chiamata alfa; a circa 882°C, la fase alfa si trasforma in una struttura cubica a corpo centrato, chiamata beta, che è stabile fino al punto di fusione, che varia tra 1650°C e 1700°C circa. La temperatura di tale trasformazione allotropica è funzione del contenuto di elementi in lega ed è fortemente influenzata dagli elementi interstiziali ossigeno ed azoto; gli elementi in lega favoriscono o la fase alfa o la fase beta oppure sono neutrali. L’alluminio, che và in soluzione solida nel titanio come elemento sostituzionale, stabilizza la fase alfa, innalzando la temperatura di trasformazione alfa-beta; tra gli altri alfa stabilizzatori ci sono carbonio, ossigeno ed azoto, che formano soluzioni solide interstiziali nel titanio. Gli effetti di rinforzo di questi ultimi elementi interstiziali scompaiono nel range di temperatura da 260°C a 430°C, mentre gli effetti di rinforzo dell’alluminio rimangono fino a circa 540°C. Oltre all’effetto di rinforzo, entro questi limiti gli elementi interstiziali causano infragilimento. I beta stabilizzanti, come idrogeno (interstiziale), rame, silicio, palladio, cromo, niobio, ferro, manganese, molibdeno, tantalio e vanadio, abbassano la temperatura di trasformazione alfa-beta, rendendo la fase beta stabile alle basse temperature; stagno e zirconio, infine, sono altamente solubili in entrambe le fasi e sono sostanzialmente neutrali nelle quantità presenti nelle leghe attuali, agendo come rinforzanti della fase alfa.

A 25°C, le leghe commerciali di titanio alfa e alfa-beta hanno densità che varia nel range 4.37 - 4.56 g/cm3, mentre quelle beta raggiungono valori di 4.94 g/cm3.

I moduli di elasticità e la rigidità aumentano con l'incremento del contenuto di elementi in lega interstiziali e di alluminio, e con la temperatura di ricottura; con l’addizione di elementi beta stabilizzanti, invece, essi decrescono rispetto a quelli del titanio puro, poiché aumenta l'indurimento. Sia nel titanio puro che nelle leghe di titanio commerciali, modulo di elasticità e rigidezza decrescono con l'aumento della temperatura.

A 25°C, le leghe di titanio usuali hanno resistività elettrica di circa 150x10-6 ohm*cm; il coefficiente lineare di espansione termica a 25°C per le leghe alfa e alfa-beta è di 9.5x10-6 K-1; il calore specifico delle leghe è simile a quello del titanio commercialmente puro, mentre la conducibilità termica è solo la metà.

Siccome la struttura cubica del titanio beta contiene un maggior numero di piani di scorrimento rispetto a quelli presenti nella forma esagonale alfa, il titanio beta è più facilmente deformabile; le leghe nelle regioni beta ed alfa-beta sono, perciò, formabili a caldo. Le leghe beta e alcune leghe alfa-beta contengono, oltre a molibdeno o vanadio, elementi in lega a causa dei quali la fase beta, nel range di temperatura tra 550°C e un massimo di 860°C, subisce una decomposizione eutettoidica in fase alfa e in un composto intermetallico. Questo processo è usualmente associato ad infragilimento e riduce la stabilità termica; deve, quindi, essere evitato durante la produzione e la lavorazione dato che riduce la deformabilità. Per sistemi che presentano decomposizione eutettoidica della fase beta, il processo di lavorazione procede più lentamente a temperatura inferiore. In seguito alla fase di lavorazione, l'indurimento delle leghe di titanio può essere ottenuto in vari modi. Ad esempio, può essere precipitato un composto intermetallico dalla fase alfa per tempra e ricottura (leghe Ti-Cu); oppure, in leghe con elementi beta stabilizzanti, la fase beta metastabile può essere formata in aggiunta alla fase alfa per solubilizzazione, tempra ed ageing. Nell’ageing la lega viene trasformata, attraverso una fase intermedia omega, in fase alfa e in fase beta stabilizzata per arricchimento di elementi in lega. Entrambi questi processi sono utilizzati nell'industria per migliorare le proprietà meccaniche delle leghe di titanio.

Le leghe alfa sono saldabili, non trattabili termicamente, stabili fino a circa 540°C, resistenti e tenaci alle temperature criogeniche, resistenti all’intaglio e al creep, ragionevolmente duttili, più resistenti ad ossidazione rispetto alle leghe beta o alfa-beta e relativamente difficili da stampare. Le leghe beta generalmente sono trattabili termicamente, saldabili, resistenti al creep a temperature intermedie, stabili fino a circa 300°C, resistenti ad alte temperature per brevi periodi, relativamente fragili sotto i -70°C ed abbastanza formabili a temperatura ambiente. Le leghe alfa-beta sono più che altro un compromesso tra le leghe a singola fase alfa e quelle a singola fase beta; esse sono trattabili termicamente, stabili fino a circa 430°C, non resistono al creep ad alte temperature, hanno una buona resistenza e sono più formabili delle leghe alfa. Comunque, esse sono meno tenaci delle leghe alfa e, per la maggior parte, sono più difficili da saldare.

Il titanio commercialmente puro (non legato) costituisce circa il 35% della produzione, mentre le leghe di titanio coprono il rimanente 65%.

 

V.1. Il titanio commercialmente puro.

Ci sono sei tipi di titanio commercialmente puro (CP) ed ognuno contiene una diversa quantità di impurezze; il titanio CP “Grade 1” è il più puro. In generale, sono solo tre le tipologie di maggior rilievo ed esse sono mostrate in Tabella 1; queste contengono dal 99.01% al 99.5% di titanio, più piccole quantità di ferro, carbonio, idrogeno, azoto ed ossigeno. Tali elementi sono presenti normalmente in forma residuale e non hanno un effetto significativo sulle proprietà meccaniche; quindi, in senso stretto, il titanio CP è una lega di titanio e di elementi interstiziali. Inoltre, un tipo contiene da 0.15% a 0.20% di palladio per migliorare la resistenza agli ambienti debolmente riducenti, come acido solforico ed acido cloridrico diluiti.

 

Fonte: http://www.ing.unitn.it/~colombo/Ti%20in%20auto/Relazione_versione_02-07.doc

Sito web da visitare: http://www.ing.unitn.it/~colombo

Autore del testo: Sartori F.

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