Corrosione dei metalli

Corrosione dei metalli

 

 

 

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Corrosione dei metalli

LA CORROSIONE

Col termine CORROSIONE si indicano i fenomeni chimici ed elettrochimici indesiderati, che causano, col passare del tempo, la degradazione o addirittura la distruzione di un materiale  metallico se tra il metallo stesso e l’ambiente circostante sussistono le condizioni necessarie al suo degrado (es.: combinazioni spontanee con sostanze presenti nell’ambiente).

Per esempio:

  • Una lamiera d’acciaio ad alta temperatura si ossida
  • Una lastra di zinco immersa in una soluzione di acido solforico si dissolve
  • Una lamiera d’acciaio all’aria si arrugginisce, cioè si corrode

 

La corrosione, in pratica, aggredisce i metalli e le leghe metalliche alterandone le proprietà fisiche, meccaniche e tecnologiche. Essa altera perciò la qualità “pensata” in fase  di progettazione, causando l’inefficienza degli organi meccanici e delle strutture.

LA CORROSIONE E’ UN PROCESSO LENTO ED INSIDIOSO.

E’ un processo lento in quanto determina i suoi effetti negativi dopo mesi e mesi; è insidioso perché quando si mostrano i suoi effetti ormai è tardi ed i danni sono irreparabili.
I danni causati dalla corrosione sono immensi: si stima che, nei vari paesi, le spese sostenute per fare fronte alle perdite o alla riparazione dei materiali sommino a migliaia di milioni di euro all’anno.
E’ necessario che il tecnologo abbia una buona conoscenza dei materiali e dei processi che ne possono causare la corrosione. Solo così, in fase di progettazione, si possono prevedere e prevenire le cause del degrado, adottando accorgimenti che prolunghino la “vita” dei materiali, anche a costo di un maggiore costo iniziale del prodotto.
Le probabilità di resistenza alla corrosione di un materiale sono essenziali agli effetti della determinazione della qualità di un prodotto.
L’impiego di materiali speciali, inossidabili, si giustifica soltanto per applicazioni particolari. Occorre utilizzare ugualmente i materiali che sono soggetti alla corrosione, prevedendo in fase di progettazione gli accorgimenti che prevengono o attenuino i fenomeni di degrado, tenendo conto della funzionalità del prodotto, le esigenze del committente, la “vita” del prodotto stesso ed il prezzo di mercato.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CORROSIONE

Si distinguono due gruppi:

  • FATTORI ESTERNI

 

  • pH dell’ambiente umido a contatto con le superfici dei metalli
  • Temperatura
  • Correnti elettriche esterne
  • FATTORI INTERNI
  • Proprietà chimiche dei materiali metallici
  • Microstruttura
  • Tensioni interne
  • Deformazioni (sollecitazioni)
  • Stato superficiale del materiale (finitura)

Tra i fattori esterni, quello che maggiormente influisce sulla corrosione è il pH, che rappresenta una scala di misura dell’acidità o della basicità di una soluzione.
L’uso della funzione pH permette di affermare che (a 25 °C) la soluzione è:

  • Acida se il pH è < 7
  • Neutra se il pH è = 7
  • Basica se il pH è > 7.

E’ possibile visualizzare, attraverso un  grafico, l’andamento della velocità di corrosione dei materiali metallici in funzione del pH dell’ambiente umido in cui si trovano.
Per i metalli “nobili” come l’oro ed il platino l’azione corrosiva non varia con il pH e risulta abbastanza bassa;
Per i metalli cosiddetti “anfoteri” (che si comportano da base in presenza di acidi oppure da acidi in presenza di basi), tipo alluminio, zinco, piombo, la corrosione aumenta in modo significativo sia con l’acidità che con la basicità del singolo elemento ed ha un minimo in corrispondenza di un certo  valore del pH;
Altri metalli come ferro, nichel e magnesio sono fortemente corrosivi in ambiente acido (basso valore del pH); in ambiente basico, al contrario, il loro strato protettivo superficiale si rafforza rendendoli stabili e praticamente immuni dalla corrosione.

Ad ogni incremento della temperatura, diminuisce generalmente la resistenza alla corrosione di metalli e leghe posti in ambienti corrosivi, poiché le molecole, gli atomi o ioni incrementando la  loro energia cinetica possono reagire più facilmente.

Per quanto riguarda i fattori interni, c’è da dire che una buona finitura dello stato superficiale del materiale migliora la resistenza alla corrosione.

MORFOLOGIA DELLA CORROSIONE

Dal punto di vista della forma, la corrosione può essere:

  • Uniforme
  • Puntiforme (vaiolatura)
  • In fessura
  • Intercristallina
  • Per cavitazione
  • La CORROSIONE UNIFORME manifesta un attacco regolare in tutta la superficie esposta dell’oggetto. La superficie di contorno si conserva parallela a quella iniziale.
  • La VAIOLATURA (o PITTING) si manifesta con effervescenze e formazione di piccole cavità o crateri sulla superficie esterna. Un esempio è la corrosione atmosferica.
  • La CORROSIONE IN FESSURA vede il concentrarsi del fenomeno in corrispondenza di interstizi (di larghezza inferiore a 0,1 mm) tra superfici di materiali diversi a contatto.
  • La CORROSIONE INTERCRISTALLINA si manifesta lungo il contorno dei grani cristallini, ed il suo effetto e particolarmente debilitante.
  • La CORROSIONE PER CAVITAZIONE è un fenomeno simile all’usura meccanica, e si determina per effetto di brusche variazioni di pressione (cioè “cavitazione”) nel liquido (o nel vapore) in cui è immerso l’oggetto (pale di pompe e di turbine).

TIPI DI CORROSIONE

 

Rispetto all’ambiente esterno, la corrosione si distingue:

    • In ambiente umido, quando l’oggetto si trova a contatto di una soluzione
    • In ambiente secco, quando l’oggetto non viene a contatto con una soluzione ma solo con l’atmosfera priva di umidità
    • Coatta, quando la corrosione avviene sotto sforzo, per fatica, sotto l’azione di campi elettrici circostanti.

 

CORROSIONE IN AMBIENTE UMIDO

Può essere:

    • Chimica
    • Elettrochimica

 

La CORROSIONE CHIMICA avviene quando la superficie del metallo è ricoperta da un velo liquido (condensa).

La CORROSIONE ELETTROCHIMICA si ha quando due metalli diversi sono collegati tra loro con continuità elettrica in presenza di un elettrolita (liquido conduttore che funziona da veicolo per gli ioni). I due metalli manifestano differenze di potenziale, cioè uno dei due si comporta da anodo rispetto all’altro e si corrode.


 

  • CORROSIONE CHIMICA

Gli agenti che determinano questo tipo di corrosione sono:

  • L’acqua, presente nel velo liquido
  • I gas atmosferici disciolti nel velo liquido (per esempio: anidride carbonica, anidride solforosa, presenti nelle atmosfere industriali e urbane, che rendono acida l’umidità che si condensa).

 

Nella corrosione chimica rientra in pratica la corrosione atmosferica, cioè l’azione ossidante sui metalli dell’aria e degli altri gas contenenti ossigeno che provocano, in generale, la trasformazione dei metalli in ossidi.

Quando l’ossigeno è posto a contatto con due metalli, preferenzialmente ossida il metallo “meno nobile”, cioè quello che richiede una minore energia di formazione di ossido.
Considerato l’idrogeno (ossidato sotto forma di acqua), è stato possibile costituire la seguente serie di ossidi metallici disposti secondo l’ordine crescente di energia libera di formazione:

Mg O       Al2   O3         Zn O       Fe O       H2   O       Ni O       Pb O       Cu2  O       Cu O
Si ossida più facilmente                                                           

Si ossida meno facilmente Secondo la serie suddetta, l’acqua (che è l’ossido dell’idrogeno) è capace di ossidare i metalli
che si trovano in posizione superiore ad essa (a sinistra, come Mg, Al, Zn, Fe), che sono meno
nobili ed hanno una energia libera di formazione inferiore.
Viceversa i metalli i cui ossidi hanno un’energia di formazione superiore (come il rame o il piombo), rispetto all’acqua, non sono in alcun modo distrutti dal contatto con essa.
Con riferimento alla figura a lato, se l’ossido  di un metallo ad energia di formazione elevata (nobile) è posto a contatto con un metallo meno nobile (il cui ossido richiede un’energia di formazione minore), si verifica il passaggio dell’ossigeno dal primo metallo (ossidante) che si riduce al secondo metallo (ossidato) che diventa ossifo.

- La Passivazione

 

La passivazione è un fenomeno di natura chimica che può impedire o comunque rallentare la corrosione dei materiali metallici, che altrimenti avverrebbe.
La PASSIVAZIONE consiste in una ossidazione superficiale che si arresta dopo che si è costituito un sottile strato di ossido aderente al metallo e che impedisce una ulteriore ossidazione. Il sottile strato superficiale, costituito da sostanze presenti nell’ambiente aggressivo o ossigeno assorbito sulla superficie del metallo, aderendo perfettamente alla parte della superficie del pezzo a contatto con l’ambiente aggressivo (es.: aria, acqua …), diviene protettivo del metallo sottostante.
Il fenomeno riguarda numerosi metalli come alluminio, nichel, rame.
Molti metalli e leghe, sotto l’azione dell’ossigeno dell’aria, subiscono un’ossidazione superficiale con profondità e velocità diverse a seconda della natura di altri gas presenti e della temperatura.


 

Perché possa avvenire il fenomeno della passivazione, il sottile strato protettivo deve ostacolare la diffusione dell’agente ossidante (generalmente ossigeno), per cui deve essere compatto, cioè deve essere denso e poco poroso. Se lo strato superficiale ossidato viene asportato meccanicamente ed il pezzo non viene posto nuovamente a contatto dell’aria, non può passivarsi e può corrodersi.
La figura a lato illustra il meccanismo di passivazione dell’acciaio inossidabile. Questo si ricopre di uno strato di “film” passivo costituito da ossido di cromo, che a sua  volta è parte integrante della lega stessa.
Il “film” superficiale è spesso molto sensibile ai contaminanti che lo circondano (es.: sporco, polveri, liquidi
…) al punto tale da pregiudicare la sua omogeneità e resistenza e farne quindi decadere le proprietà tecnologiche
e anticorrosive. Per questi motivi si attua una “passivazione indotta” mediante l’utilizzo di appropriati prodotti chimici.

SOLO IL PLATINO E L’ORO NON SUBISCONO OSSIDAZIONE

  • CORROSIONE ELETTROCHIMICA

 

Il processo di corrosione si innesca perché uno ione del metallo lascia il reticolo cristallino e passa in soluzione nell’ambiente esterno (liquido, solido o gassoso), mentre nel metallo rimangono cariche elettriche in eccesso  rispetto alla posizione di equilibrio.
Il fenomeno prende il nome di pila galvanica.

Per meglio comprendere le modalità del processo corrosivo, è bene riportare la scala          dei         potenziali
elettrochimici            standard, tramite la quale è possibile individuare la tendenza naturale di un elemento chimico ad ossidarsi  (cessione di elettroni, comportamento anodico, corrosione) oppure a ridursi (acquisto di elettroni, comportamento catodico, no corrosione), assumendo come riferimento l’idrogeno (d.d.dp
= 0 [V]).


 

-     PILA GALVANICA

Si considerino due metalli diversi, per esempio rame e zinco, immersi in una soluzione elettrolitica costituita da acido solforico diluito in acqua.
Con riferimento alla tabella che fornisce la serie dei potenziali elettrochimici dei metalli, posto uguale a  zero il potenziale dell’idrogeno, i metalli nobili, cioè quelli la cui corrosione è difficile, hanno un potenziale positivo rispetto all’idrogeno, mentre i metalli reattivi, meno nobili, che hanno la tendenza a mandare in soluzione gli ioni, hanno un potenziale negativo e si corrodono.

Esempio: Lo zinco, metallo più elettronegativo, invia ioni positivi nella soluzione ed elettroni, attraverso un filo di collegamento, al rame. Si forma così una pila costituita da un anodo (zinco) e da un catodo (rame). La  corrosione
riguarda il metallo dal quale sono partiti gli elettroni: l’anodo di zinco. Il catodo resta inalterato.

-     TIPI DI CORROSIONE ELETTROCHIMICA

  • Corrosione elettrochimica dei metalli

 

Si abbiano due pezzi metallici, per esempio uno di zinco ed uno di ferro, a contatto entrambi con un liquido elettrolitico. Poiché i due metalli hanno potenziali elettrici differenti (lo zinco è più elettronegativo, cioè meno nobile del ferro), si produrrà una corrente di elettroni, esterna alla soluzione, dallo zinco verso il ferro. Lo zinco, perdendo elettroni, diviene anodo (elettrodo positivo), mentre il ferro diventa catodo. L’anodo di zinco invia ioni in soluzione e si corrode.

Se invece i due pezzi metallici fossero rispettivamente di rame e di ferro, essendo il ferro più elettronegativo, si avrebbe un passaggio di elettroni dal ferro al rame, sempre esternamente al velo liquido. Il ferro diventa anodo, invia ioni in soluzione e si corrode, mentre il catodo rame rimane inalterato.


 

  • Corrosione elettrochimica delle leghe ferrose

Se in una matrice costituita da una soluzione solida di  un metallo non nobile (più reattivo) sono presenti cristalli di metalli più nobili, la presenza di un elettrolita (per esempio l’umidità) porta alla formazione di micropile che causano delle correnti il cui risultato sono corrosioni localizzate.
Consideriamo per esempio un acciaio, costituito da cristalli di ferrite e da cristalli di cementite. Le due strutture assumono potenziali diversi se sono esposti all’umidità:     la     cementite    si
comporta da catodo e la ferrite da anodo, corrodendosi.
Quando la lega ferrosa è bagnata da una soluzione elettrolitica, elettroni della ferrite si trasferiscono verso la cementite. La ferrite assume quindi la funzione di anodo. Gli ioni della ferrite vanno verso la goccia liquida. La ferrite si corrode.

  • Corrosione per aerazione differenziale

 

Si ha quando l’ossigeno, dell’atmosfera o no, ricopre la superficie di un pezzo metallico mentre le zone vicine sono impermeabili (perché costituite da sabbia, argilla, tessuti ecc.) ma conduttrici perché impregnati di elettroliti.
Succede in:

In questi casi, nella zona di separazione delle tre fasi (metallo, aria, soluzione), si determina una concentrazione di ossigeno maggiore rispetto a quella presente sotto il pelo libero. Per questo si crea localmente una pila tra la parte metallica a contatto con la zona più ricca di ossigeno (che si comporta da catodo) e la parte metallica a contatto della zona più povera di ossigeno (che funge da anodo e si corrode).


 

Questo tipo di corrosione avviene anche nelle cricche o fessure superficiali dei materiali  metallici che si sono formate in seguito a lavorazioni meccaniche od a trattamenti termici.
Consideriamo per esempio un pezzo metallico sulla cui superficie è una cricca ricoperta da una goccia di soluzione elettrolitica. La concentrazione di ossigeno è maggiore nella parte di goccia che ricopre la cricca, rispetto alla parte di goccia che ricopre il fondo della fessura. La zona superiore della cricca assume quindi un potenziale meno elettronegativo e funge da catono, mentre il fondo della cricca è più elettronegativo e funge da anodo, corrodendosi.
Gli elettroni si trasferiscono da un grano all’altro della struttura e gli ioni del ferro vanno in soluzione, cosicché la cricca diviene sempre più profonda.

Corrosione nelle acque

La corrosione di strutture in immersione in acqua si differenza dalla corrosione atmosferica per  la diversa presenza di ossigeno. Infatti in acqua la corrosione è praticamente nulla in assenza di ossigeno, se non concorrono altri elementi. Il processo di corrosione in acqua è assai complesso poiché dipende da molti fattori relativi all'ambiente, ovvero dalla composizione dell'acqua, dalla sua temperatura ed eventuale velocità di flusso. La composizione può essere delle più varie, secondo la provenienza, i trattamenti ed i materiali inquinanti. La presenza dell'ossigeno nell'acqua favorisce entro certi limiti la formazione di uno strato di ossidazione passivante i cui componenti, peraltro, possono venir disciolti nell'acqua e far proseguire la corrosione senza presenza evidente di ruggine. Poiché generalmente gli strati di acqua più vicini alla superficie a contatto con l’aria sono più ricchi di ossigeno di quelli inferiori, si creano differenti gradi di passivazione e quindi celle di corrosione fra le varie zone. Solidi, dissolti nell'acqua, sali, ecc. possono aumentare la conducibilità dell'acqua.
La tabella seguente fornisce una possibile classificazione delle acque in funzione della durezza:

Durezza (gradi francesi = grammi di CaCO3 in 100 litri)

Denominazione acque

< 6

Acque dolci

6 ÷ 12

Acque moderatamente dure

12 ÷ 18

Acque dure

Y  18

Acque molto dure

-     Corrosione nelle acque dolci

Acque dolci sono le acque piovane, le acque di superficie (fiumi, laghi …), le acque sotterranee. Un elemento che influisce sul potere corrosivo dell’acqua è la percentuale di sali in essa disciolti.
La percentuale di bicarbonati e di carbonati di calcio e magnesio individua la durezza dell’acqua. Altri sali presenti nell’acqua sono i cloruri, i nitrati, i solfati ecc.
Quando i sali sono presenti in scarsa percentuale (come nell’acqua piovana), si parla di scarsa durezza dell’acqua. In tali condizioni non si ha la formazione di un velo protettivo e la probabilità che l’oggetto si corroda è elevato. Se i sali presenti nell’acqua sono in concentrazione superiore ed aumenta quindi la durezza dell’acqua, i materiali metallici si ricoprono di uno strato incrostante protettivo (precipitazione di carbonato di calcio) e le acque sono meno corrosive.
Lo strato protettivo incrostante sulla superficie da proteggere deve essere uniforme. In presenza di una pur piccola mancanza o interruzione dello strato, si innesca il processo corrosivo.
La velocità dell’acqua, se elevata, può rimuovere i rivestimenti protettivi od anche gli strati passivanti formatisi. Se l’acqua trascina particelle solide dure, può avere un maggior effetto abrasivo. La velocità può anche portare una maggior presenza di ossigeno, tale da fornire passività, ma nello stesso tempo, favorisce la soluzione e l’esportazione continua dei composti di ossidazione; infatti si riscontra frequentemente, in presenza di velocità anche solo di 4 o 5 m/sec, una corrosione superiore a quella verificata in condizioni statiche.


 

Se l’acqua è in grado di sciogliere l’incrostazione calcarea, si dice che è “aggressiva”. L’acciaio al carbonio in questa acqua si corroderà in maniera attiva alla velocità corrispondente all’apporto di ossigeno.
Nella figura a lato è rappresentata la corrosione di tubi di acciaio al carbonio di un acquedotto.
Anche negli acciai inossidabili vi è possibilità di insorgenza di corrosione localizzata (tipo “pitting”) in caso di presenza di cloruru, ossigeno e temperatura.

 

In genere, le ghise sono maggiormente resistenti alla corrosione rispetto agli acciai al carbonio. Ciò grazie alla presenza di grafite che ha una “nobiltà” maggiore del ferro.
Il rame (figura a lato) resiste molto bene in acqua potabile, ma può subire corrosione  localizzata per pitting in presenza di SO4 ed in condizioni stagnanti. Resti carboniosi sulla superficie della tubazione dovuti a residui di lavorazione o decomposizione delle paste di saldatura, provocano forature.

-     Corrosione nelle acque di mare

L'acqua di mare, per la presenza di cloruro di sodio, è più corrosiva. L’elevata conducibilità elettrica esalta i fenomeni corrosivi di tipo galvanico.
L’acqua di mare, pur avendo un elevato contenuto di carbonati, non ha tendenza incrostante.
Col termine “fouling” si intende l’insieme di organismi anche microscopici, di natura animale o vegetale, che si sviluppano nella parte immersa delle strutture. Esso può creare condizioni anaerobiche e favorire batteri o condizioni di aerazione differenziale, con conseguente distruzione o degrado dei rivestimenti protettivi.
Il forte potere depassivamente dei cloruri impedisce l’utilizzo di alcuni acciai inossidabili in ambiente marino.
A lato è illustrato il caso della corrosione per cavitazione di un’elica marina.
In presenza di moto relativo ad alta velocità tra ambiente e materiale (palette di una  girante) o di bassa pressione (parte alta di apparecchiature) o in presenza di vibrazioni, la tensione può scendere al di sotto della tensione di vapore del fluido e dar luogo a bolle gassose che, collassando, generano onde d'urto che possono causare fenomeni di fatica e deformazioni permanenti del materiale. Le superficiali diventano spugnose a causa dei profondi crateri che si vengono a formare.


 

CORROSIONE IN AMBIENTE SECCO

E’ una corrosione di natura chimica e si ha quando un materiale metallico è posto, in assenza di umidità, in una atmosfera gassosa diversa da quella normale (cloro, ossigeno secco …) oppure normale ma ad elevata temperatura.
Si può avere:

  • Corrosione dovuta a fumi presenti nell’aria
  • Corrosione a caldo
  • Corrosione del vapor d’acqua in pressione

 

  • CORROSIONE DOVUTA A FUMI PRESENTI NELL’ARIA

La corrosione, in assenza di umidità, avviene in presenza di una reazione chimica diretta con gas come ossigeno, anidride carbonica e solforosa, componenti del cloro contenuti nell’aria.
Altri gas che possono accelerare i processi di corrosione sono:

  • Composti dello zolfo, ossido di carbonio, ossido di azoto (sostanze che, nelle zone industriali, sono immesse nell’atmosfera dai camini degli impianti, dagli scarichi degli autoveicoli);
  • Cloruri, che, nelle zone marine, sono trasportate dal vento ricco di salsedine.

 

L’azione corrosiva può avvenire con modalità diverse:

  • Il gas si diffonde negli spazi del reticolo cristallino
  • Il gas reagisce col metallo formando prodotti gassosi che prolungano il processo corrosivo sempre più in profondità.

 

La figura a lato illustra la corrosione delle barre metalliche (ferri) in una trave in cemento armato di una struttura esposta nel periodo invernale al cloruro presente nell’ambiente in seguito alla disintegrazione del copriferro in calcestruzzo a causa dei cicli di gelo- disgelo.

I cloruri accelerano i processi di corrosione atmosferica perché producono sali “igroscopici”, cioè capaci di mantenere a lungo bagnata la  superficie,  facilitando  l’aggressione  anche  dei  sistemi superficiali
protettivi anticorrosivi.
Nelle atmosfere marine e negli ambienti ricchi di cloruri, neanche gli acciai inossidabili sono utilizzabili, in quanto risulta attaccato chimicamente anche lo strato passivato superficiale composto da ossidi id cromo, con conseguente progressiva corrosione degli strati sottostanti.
Nella figura a lato è illustrata la relazione tra la deposizione dei cloruri e la distanza dal  mare.


 

  • CORROSIONE A CALDO – OSSIDAZIONE A CALDO

 

Più grave della corrosione dovuta ai fumi dispersi nell’aria, è la corrosione dei materiali metallici che “lavorano” in presenza di fumi “caldi”. Il fenomeno è detto “corrosione a caldo” e, quando è l’ossigeno che causa l’azione corrosiva, lo stesso fenomeno è denominato ossidazione a caldo”.

Temperature massime di esercizio di alcuni acciai in ambienti contenenti fumi caldi ossidanti, sono:

Acciaio al Carbonio

T = 565 °C

Acciaio al Cromo (12 %)

T = 700 °C

Acciaio al Cromo-Nichel 18-8

T = 790 °C

L’ossidazione superficiale progredisce dalla superficie all’interno dei pezzi in tre modi:

  • Lo strato superficiale, screpolandosi, lascia delle fessure attraverso le quali l’ossigeno entra e si combina col metallo sottostante;
  • Per diffusione degli atomi di ossigeno, che attraversano lo strato superficiale ossidato;
  • Per diffusione degli atomi del metallo, che attraversano lo strato superficiale ossidato e si combinano con l’ossigeno atmosferico.

 

Lo strato superficiale ossidato ha di solito una massa volumica maggiore di quella del metallo da cui si è formato per cui, quando lo spessore è consistente, si stacca in forma di scaglie.

La formazione di ossido di ferro è dovuta alla permanenza eccessiva di un acciaio a temperatura elevata in ambiente ossidante. Durante il raffreddamento all’aria si forma un rivestimento costituito da tre ossidi, secondo il seguente processo:

    • Il ferro inizialmente si ossida a Fe O (quanto più elevata è la temperatura, tanto maggiore è l’ossido nella scaglia);
    • Subito dopo l’Fe O si ossida a Fe2   O3   (ruggine rossa);
    • Se non vi è ossigeno a sufficienza, Fe2 O3 reagisce con l’Fe O formando Fe3 O4 (ruggine nera), che è friabile e non in grado di proteggere l’acciaio sottostante dalla corrosione.
  • CORROSIONE DEL VAPOR D’ACQUA IN PRESSIONE

Il vapor d’acqua in pressione ha potere corrosivo nei riguardi di gran parte delle leghe metalliche quando si trova ad una temperatura superiore a 500 °C.
E’ l’ossigeno proveniente dalla decomposizione dell’acqua, che provoca la corrosione; esso forma sulle superfici metalliche una pellicola di ossido, che in seguito si stacca (in presenza di azioni meccaniche), consentendo all’attacco corrosivo di proseguire in profondità.
Nel caso di leghe ferrose  debolmente legate con cromo, molibdeno e vanadio, il prodotto  della  corrosione  è  un  ossido    che
protegge il materiale sottostante in quanto difficilmente si verifica il distacco della pellicola formatasi.

Altre sostanze che, ad elevate temperature, attaccano i materiali metallici, sono:

  • L’idrogeno

 

La corrosione da idrogeno è anche detta “danneggiamento da idrogeno” ed è una corrosione localizzata.
L’idrogeno atomico, ad elevate temperature e pressioni, si diffonde nell’acciaio, reagendo con la cementite e formando metano. Si ha una decarburazione dell’acciaio stesso.
Poiché il metano non può uscire dalla struttura, è causa di pressione localizzata nell’interno del materiale con formazione di microfessure.

  • L’idrogeno solforoso

 

La corrosione dovuta all’idrogeno solforoso avviene per temperature comprese tra 550 e 750 °C, durante la lavorazione di acciai allo stato grezzo che contengono composti dello zolfo.
Il prodotto della corrosione si presenta sotto forma di scaglie di solfuro di ferro, combinato con carbonio ed altri elementi, e costituisce una pellicola facilmente asportabile.

  • L’azoto

 

L’attacco da azoto avviene in ambienti in cui la temperatura è superiore ai 430 °C. Esso provoca nel materiale metallico una nitrurazione, cioè un indurimento superficiale dovuto all’assorbimento dell’azoto.


 

CORROSIONE COATTA

E’ un tipo di corrosione “imposta per forza”, cioè “costretta ad avvenire” a causa di azioni  esterne quali sforzi, campi elettrici ecc.

Si può avere:

  • Corrosione sottosforzo
  • Corrosione per correnti vaganti
  • Corrosione intergranulare

 

  • CORROSIONE SOTTOSFORZO (TENSIOCORROSIONE)

Tale corrosione è provocata dall’azione combinata di tensioni, applicate o residue (dovute per esempio all’incrudimento subito dal materiale in seguito a lavorazioni plastiche a freddo od a trattamenti termici), e di un mezzo corrosivo.
E’ un tipo di corrosione localizzata, che si manifesta inizialmente mediante la comparsa di screpolature e di cricche, perpendicolari alle sollecitazioni di trazione, che si propagano generalmente attraverso i grani cristallini (corrosione transgranulare).
Lo sforzo di trazione applicato determina una concentrazione delle tensioni presso la punta della cricca che, a causa della contemporanea azione corrosiva, si estende in larghezza ed in profondità. La punta della cricca si comporta da anodo, mentre i prodotti della corrosione, aderenti alle pareti interne della cricca, si comportano da catodo.
La cricca si estende con una velocità di 0,5 ÷ 1 mm/h, diminuendo la sezione resistente dell’oggetto fino a causarne la rottura.
Quando l’oggetto metallico è sottoposto ad una serie di sollecitazioni cicliche, la corrosione che avviene in presenza di un agente chimico è detta “per fatica”.
Per effetto degli allungamenti e degli accorciamenti elastici del materiale, la pellicola passivata  si rompe, consentendo all’agente corrosivo di venire a contatto con il materiale. Si formano una serie di cricche localizzate, transgranulari, perpendicolari alla direzione degli sforzi.
Parti di strutture (per esempio funi metalliche o alberi di pompe), sottoposte a vibrazioni in ambienti anche debolmente corrosivi, si rompono dopo un numero modesto di cicli.

  • CORROSIONE PER CORRENTI VAGANTI

Si ha quando delle correnti fuoriescono da un punto di una struttura metallica verso un ambiente liquido od  umido (per esempio il terreno).
A questo tipo di corrosione non spontanea sono interessati le strutture metalliche, i cavi, le condotte ed i serbatoi.
Le correnti vaganti sono disperse, nei terreni umidi, dalle  reti  elettriche  a  corrente  continua  provenienti   da
impianti di trazione elettrica (tranvie, ferrovie a C.C.), dalla messa a terra di macchinari.


 

La zona di ingresso della corrente continua nel metallo assume un comportamento catodico, mentre le zone di uscita assumono un comportamento anodico e pertanto sono quelle che si corrodono.
Immaginando una vettura tranviaria che procede sulla rotaia, la corrente elettrica perviene al mezzo di trasporto tramite il cavo aereo (catodo) e, attraverso le ruote, viene scaricata sulla rotaia. Da questa, la corrente dovrebbe ritornare al generatore ma, poiché la rotaia non è ben isolata dal terreno, il flusso elettrico in parte si disperde nel terreno (elettrolita) raggiungendo eventuali condotti interrati. La corrente percorre le condutture metalliche parallelamente e ne esce in prossimità del generatore, ove il circuito si chiude.

Si ha:

  • Nei punti maggiormente lontani dal generatore la rotaia si comporta da anodo e la condotta da catodo. Quindi è la rotaia che si corrode, mentre la condotta rimane protetta.
  • Nella zona prossima al generatore la rotaia si comporta da catodo e la condotta da anodo. In questo caso si corrode la condotta.

 

Un caso importante riguarda le strutture in cemento armato i cui “ferri” possono subire  corrosioni per correnti vaganti disperse, che penetrano attraverso le porosità del cemento (qualora sono presenti umidità ed ossigeno tra il ferro ed il cemento). Per questo è importante compattare le pigiate tramite vibrazioni.

  • CORROSIONE INTERGRANULARE E’ un tipo di corrosione, rilevabile solo

al microscopio, caratterizzata da una dissoluzione localizzata dei soli bordi dei grani, senza che ne siano interessati internamente i grani stessi.
I prodotti della corrosione non  appaiono sulla superficie del materiale,  per cui non vi è alcun segno premonitore.
Al   fenomeno,   che   interessa   alcune
leghe del nichel e specialmente gli acciai inossidabili, possono attribuirsi numerose cause:

  • Una maggiore tensione dei bordi dei grani rispetto alla matrice dei grani stessi (microtensione);
  • L’addensamento delle impurezze nei bordi;
  • La precipitazione dei carburi di cromo durante i trattamenti termici;
  • La presenza nel reticolo di vacanze e dislocazioni, che causano distorsioni;
  • La diversa orientazione cristallografica.

 

Tutte queste eterogeneità sono in grado di creare microplile locali capaci, in ambienti adatti, di alimentare il processo di corrosione. I contorni dei grani fungono da anodo.
La corrosione intergranulare è normale e frequente se il materiale è stato “sensibilizzato”.
La “sensibilizzazione” consiste nella permanenza ad alta temperatura (450 ÷ 850 °C per gli  acciai inossidabili austenitici, oltre 950 °C per gli acciai inossidabili ferritici), anche per pochi minuti, del materiale, che è quindi aggredito dagli agenti corrosivi (acido solforico, acido nitrico, acqua di mare, petrolio ecc.).

 

Fonte: http://www.itisconegliano.it/studenti/CORROSIONE_sito.pdf

Sito web da visitare: http://www.itisconegliano.it

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Corrosione dei metalli

 

 

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