Inceneritori

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Inceneritori

Termovalorizzatori e inceneritori: il quadro della situazione

La Germania è stata uno dei primi paesi al mondo a introdurre gli inceneritori e attualmente sta dismettendo i suoi impianti.

In Italia il termine inceneritore ha assunto nel tempo un carattere negativo, a causa del fatto che i primi inceneritori erano fortemente inquinanti. Le innovazioni tecnologiche susseguitesi nel corso di oltre vent'anni hanno però migliorato la situazione, ed infatti nelle altre nazioni europee (ad esempio nei paesi nordici, spesso considerati progrediti per quanto riguarda la sensibilità alle tematiche ambientali) il termine termovalorizzatore non esiste, e si continua ad usare il termine inceneritore. La stessa normativa italiana in materia non usa il termine "termovalorizzatore", bensì quello di "inceneritore".

Di fatto, un termovalorizzatore è un inceneritore che usa il calore prodotto come in una piccola centrale elettrica, anche se con rendimenti inferiori. La differenza sostanziale è che un semplice inceneritore distrugge i rifiuti senza alcun'altra utilità, mentre un termovalorizzatore oltre a distruggere i rifiuti, riutilizza il calore così generato per produrre energia, riducendo la necessità di utilizzare altri impianti alimentati con fonti fossili (petrolio, carbone) e riducendo in questo modo le emissioni di anidride carbonica (CO2), uno dei gas responsabili del cosiddetto "effetto serra".

Tuttavia, appare evidente che il riuso ed il riciclo sono nettamente più "valorizzanti" dell'incenerimento: per esemplificare, si risparmia molta più energia riutilizzando e riciclando una bottiglia di plastica di quanta energia non si ricavi dalla sua combustione. Sono inoltre da considerare le emissioni più o meno tossiche che si ottengono con l'incenerimento, e che invece con il riciclo ed il riuso sono pressochè assenti.

In Italia, la produzione di energia elettrica tramite incenerimento dei rifiuti è indirettamente sovvenzionata dallo Stato: infatti questa modalità di produzione è considerata come "da fonte rinnovabile" alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico. Pertanto chi gestisce l'inceneritore può vendere all'Enel la propria produzione elettrica ad un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità (vendendola all'Enel) usando metano, petrolio o carbone. I costi di tali incentivi ricadono naturalmente sulle bollette. L'Unione Europea ha inviato una infrazione all'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici e considerandola come "fonte rinnovabile". A tal proposito già nel 2003 Il Commissario UE per i Trasporti e l’Energia, Loyola De Palacio, in risposta ad una interrogazione dell’On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito (20.11.2003, risposta E-2935/03IT) il fermo no dell’Unione Europea all’estensione del regime di sovvenzioni europee per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, previsto dalla Direttiva 2001/77, all’incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del Commissario all’energia: “La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell’articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile”. Il fatto che una legge nazionale (Legge 1.3. 2003, art. 43) proponga di includere, nell’atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77, i "rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non biodegradabili", non rende meno grave la palese violazione di quanto dettato dalla direttiva europea.

I termovalorizzatori/inceneritori sono dotati di sistemi di controllo e riduzione delle emissioni che ne fanno, a detta di alcuni, una realtà compatibile con le esigenze di tutela ambientale tanto che, come dimostrano numerosi esempi, sono talvolta inseriti all'interno di svariati contesti urbani in tutto il mondo (ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenhagen e Tokyo). Queste tesi sono contestate da diversi studi come quelli su nanopatologie e nanopolveri presentati nell'estato 2005 anche alla Camera dei Lords di Londra.

In Europa sono attivi attualmente 304 impianti di termovalorizzazione/incenerimento, in 18 Nazioni. Paesi quali Svezia, Danimarca e Germania ne fanno ampio uso; in Olanda (ad Avr e Amsterdam) sorgono i più grandi termovalorizzatori/inceneritori d'Europa, che permettono di smaltire fino ad un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno. Anche in Olanda comunque come in Germania la politica è quella di bruciare sempre meno rifiuti per cercare di dismettere un giorno gli impianti esistenti. A tal proposito sono attuate amplissime forme di raccolta differenziata e riduzione alla fonte anche con una legge nazionale sul riutilizzo delle bottiglie di vetro e di plastica (ogni cittadino paga una cauzione sulle bottiglie di plastica e vetro che gli viene restituita con un bonus per il supermercato quando riconsegna le bottiglie negli speciali spazi presso i centri commerciali). E si sta utilizzando sempre di più anche l'energia eolica e sperimentando in interi quartieri quella solare.

In Italia i termovalorizzatori sono ancora poco diffusi, anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle resistenze di parte della popolazione. A Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano, vi è uno dei più moderni termovalorizzatori/inceneritori in esercizio in Europa. A Brescia, in prossimità della città, c'è un termovalorizzatore che soddisfa da solo circa un terzo del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) ed è stato oggetto di diverse infrazioni da parte dell'Unione Europea.
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Funzionamento

Il funzionamento di un termovalorizzatore può essere suddiviso in sette fasi fondamentali:

   1. Arrivo dei rifiuti — Provenienti dagli impianti di selezione opportunamente dislocati sul territorio (ma anche direttamente dalla raccolta del rifiuto tal quale), i rifiuti sono conservati in un'area dell’impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Con una gru i materiali sono depositati nel forno.
2. Combustione — Il forno è dotato di griglia mobile per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante il trattamento. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo così alta la temperatura (fino a 1000 °C e più).
3. Produzione del vapore — La forte emissione di calore prodotta dalla combustione dei rifiuti porta ad ebollizione l'acqua contenuta in un'apposita caldaia per la produzione di vapore.
4. Produzione di energia elettrica — Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata ad un motoriduttore ed alternatore, trasforma l'energia termica in energia elettrica.
5. Estrazione delle scorie — Le componenti dei rifiuti che resistono alla combustione (circa il 10% del volume totale ed il 30% in peso, rispetto al rifiuto in ingresso) vengono raccolte in una vasca piena d'acqua posta a valle dell'ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discarica.
6. Trattamento dei fumi — Dopo la combustione i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l'abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera.
7. Smaltimento ceneri — Le ceneri residue della combustione (circa il 30% in peso ed il 10% in volume del materiale immesso nell'inceneritore) sono normalmente classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso)intercettate dai sistemi di filtrazione sono normalmente classificate come rifiuti speciali pericolosi. Entrambe, sono normalmente smaltite in discariche per rifuti speciali; vi sono recenti esperienze di riuso delle ceneri pesanti.

Termovalorizzatori e raccolta differenziata

La termovalorizzazione dei rifiuti non è contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo. La strategia adottata dall'Unione Europea e recepita in Italia con il Decreto Legislativo n° 22/97 affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di gestione integrata del problema. Pertanto, se il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la loro pericolosità, il passaggio successivo riguarda l'esigenza di riutilizzare i prodotti (es. bottiglie) ed infine, ove non sia possibile, riciclare i materiali (es. vetro).

Infine, solo per quanto riguarda il materiale che non è stato possibile riutilizzare e poi riciclare, si propone l'incenerimento con recupero energetico al posto dello smaltimento in discarica. Sicuramente il ricorso all'incenerimento indifferenziato deve essere assolutamente evitato, anche se per uscire da situazioni di "emergenza" può apparire una via più "comoda".

 

In Italia, mentre il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo (è oggi intorno al 21,5% per merito, soprattutto, delle regioni del Nord), il ricorso alla termovalorizzazione è ancora limitato e rappresenta, con circa il 10,5%, uno dei valori più bassi in Europa. Da questo squilibrio scaturisce un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica che interessa attualmente oltre il 51,2% dei rifiuti urbani prodotti, con conseguenze ambientali che si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove molti impianti sono ormai saturi e la raccolta differenziata stenta a decollare (dati tratti dal Rapporto Rifiuti 2004 dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti).

Garanzie sanitarie e ambientali

I termovalorizzatori /inceneritori non possono operare se non dotati di sistemi avanzati di trattamento fumi e abbattimento delle emissioni; sono in linea con le leggi locali e le direttive dell’Unione Europea, proprio per la impossibilità ad operare al di fuori delle norme. In Italia però diversi impianti d'incenerimento/termovalorizzazione hanno avuto negli ultimi anni, come quello di Brescia, diverse infrazioni europee a carico per il mancato rispetto di normative. L'esperienza ed i dati registrati da enti pubblici di controllo presso i termovalorizzatori/inceneritori regolarmente in funzione, permettono di affermare che i valori delle emissioni sono effettivamente al di sotto dei limiti di legge. Diversi nuovi rilevano però l'insorgenza del problema delle cosidette nanopatologie causate da nanopolveri (nanoparticelle inorganiche della misura variabile da Pm 2,5 a Pm 0,1) che nessun filtro al mondo è in grado di bloccare. Ma la legge non riconosce ancora la pericolosità delle nanoparticelle e quindi il problema se a livello scientifico è evidente dal punto di vista legale è difficilmente contrastabile.
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Il problema della diossina

Le diossine sono tossiche per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio questo è il principale problema: l'organismo umano non le smaltisce. Pertanto anche una esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute sia umana che animale (si veda in proposito la voce diossina).
È bene quindi sottolineare che la soglia minima di sicurezza per tali sostanze è ancora oggetto di investigazione scientifica; inoltre, i limiti imposti dalla UE sulle emissioni (0,1 nanogrammi/m3), corrisponderebbero alle concentrazioni medie che è possibile ottenere applicando le migliori tecniche presenti sul mercato e non a valori basati su studi medici. Si deve altresì riportare che le tecnologie hanno concesso l'abbassamento dagli alti valori concessi negli anni passati ad un valore che già al camino è molto basso, ma che in considerazione dei punti di massima ricaduta in relazione allo specifico impianto, costituisce un apporto di inquinante nettamente inferiore ad altre attività umane. Pertanto, pure in assenza di un valore certo di tollerabilità umana, si può ritenere che il limite di Legge sia corettamente commisurato alla possibilità tecnologica di contenimento dell'inquinante.

Per quanto riguarda la presenza di diossina nelle emissioni gassose prodotte dagli inceneritori, normalmente i valori di questa sostanza sono inferiori rispetto ai limiti imposti dalla legge.

Recentemente l'EPA, ha sostenuto che oramai il problema delle diossine non sono più gli inceneritori di rifiuti, ma il cosiddetto "backyard" (gli USA avevano una tradizione di mini-incenerimento domestico), e le combustioni incontrollate.

Bisogna considerare comunque che la diossina è rilevabile normalmente presso numerosi altri impianti industriali, nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone (potature e barbecue), nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani avviati in discarica. Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea. Ciò non toglie che a loro volta gli animali, esposti ai fumi contenenti diossina, possano accumulare diossina che finisce poi nella catena alimentare umana.

 

 

Emissioni

A partire dagli anni ottanta si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio gas acidi come l'anidride solforosa) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri. Si è passati dall'utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con rendimenti massimi di captazione degli inquinanti rispettivamente del 70 e dell'85%, ai filtri elettrostatici o filtri a manica che garantiscono rendimenti notevolmente superiori (fino al 99%).

Accanto a ciò, sono state sviluppate misure di contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorando l'efficienza del processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l'utilizzo di temperature più alte, di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime di alte turbolenze e grazie all'immissione di aria per garantire l'ossidazione completa dei prodotti della combustione.

Sistemi multistadio

Per intervenire su specifiche sostanze come mercurio, diossine e furani, sono stati definiti sistemi di depurazione dei fumi del tipo a multistadi, che permettono di raggiungere valori minimi di emissioni nocive, quasi da rendere impossibile la loro misurazione con gli strumenti di rilevazione oggi disponibili. Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratteristica che li accomuna è quella di essere concepiti a più sezioni di abbattimento; il che permette ad ognuno di questi di raggiungere elevate efficienze, anche nel caso si verifichi un'anomalia di uno degli stadi che compongono la linea di depurazione.

Vanno poi citate le attrezzature specificatamente previste per l'abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico. La prima di queste tecnologie, definita Riduzione Selettiva Catalitica (SCR), consiste nell'installazione di un reattore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che miscelandosi con i fumi e attraversando gli strati dei catalizzatori, trasforma gli ossidi di azoto in acqua e azoto gassoso, gas innocuo che compone circa il 79% dell'atmosfera. La seconda tecnologia, chiamata Riduzione Selettiva Non Catalitica (SNCR) presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti e consiste nell'iniezione di un reagente (urea che in temperatura si dissocia in ammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell'impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra 850 °C e 1.050 °C con la conseguente riduzione degli ossidi di azoto in azoto gassoso e acqua.
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Abbattimenti dei microinquinanti

Altri sistemi sono stati messi a punto per l'abbattimento dei microinquinanti (metalli pesanti e diossine). Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che di vapore, la maggior parte di essi viene fatta condensare nel sistema di controllo delle emissioni e si concentra nel cosiddetto "particolato fine" (ceneri volanti). Il loro abbattimento è affidato all'efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione superiore al 99% delle polveri prodotte.

Per quanto riguarda l'abbattimento delle diossine il controllo dei parametri della combustione e della post-combustione, sebbene in passato fosse considerato di per sé sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative più stringenti, è attualmente accompagnato da un ulteriore intervento specifico basato sulle proprietà chimicofisiche dei carboni attivi. Questo ulterire processo di depurazione viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, consistente nel passaggio dalla fase vapore a quella condensata adsorbita su superfici solide dei carboni attivi. Tale passaggio di stato è favorito dall'abbassamento della temperatura e dall'utilizzo di materiali particolari con spiccate caratteristiche adsorbenti come il carbone attivo. Un carbone di media qualità può esibire 600 m² di superfice ogni grammo. Queste proprietà garantiscono abbattimenti dell'emissione di diossine e furani tali da premettere di operare al di sotto dei valori richiesti dalla normativa.

 

Rispetto delle norme di legge

Le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti, tali da consentire non solo il rispetto dei valori limite adottati dalla normativa vigente in Italia (Decreto Legislativo 503/1997), ma anche quelli del Decreto Legislativo 133/2005 (decreto di recepimento della Direttiva 2000/76/CE) in vigore dal 28 dicembre 2005.

Il provvedimento regola tutte le fasi dell'incenerimento dei rifiuti, dal momento della ricezione nell'impianto fino alla corretta gestione e smaltimento delle sostanze residue:

    * disciplina i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti
* i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli stessi impianti
* i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti
* i criteri temporali di adeguamento degli impianti già esistenti alle disposizioni del presente decreto
* prevede che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni, così da essere coinvolti nelle eventuali opportune decisioni

Critiche

L'impiego dei termovalorizzatori viene spesso proposto come un'alternativa all'uso delle discariche, ma le proposte di costruzione di termovalorizzatori sono spesso accompagnate da polemiche anche molto aspre e contestazioni territoriali (NIMBY, ovvero non nel mio giardino). Si riportano qui le principali critiche:

    * Il termine termovalorizzatore (presente solo nel vocabolario italiano) viene criticato, perché secondo alcuni servirebbe a nascondere il fatto che l'impianto si basi di fatto sull'utilizzo di un inceneritore.
* La costruzione di termovalorizzatori si porrebbe in concorrenza con altre strategie di contenimento del "problema rifuti", quali la riduzione del quantitativo di rifiuti prodotti, la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio o il riuso.
* Le emissioni di sostanze tossiche (in particolare la diossina e i furani), seppur ormai minime ed entro i limiti di legge, sono ritenute da alcuni comunque significative, in quanto protratte nel tempo nello stesso luogo. L'obiettivo di minimizzare le emissioni di diossina contrasta in parte con il recupero dell'energia, in quanto una elevata temperatura di combustione ed un veloce raffreddamento dei fumi (condizioni ideali per ridurre la formazione di diossina) sono incompatibili con una massima efficienza nel recupero dell'energia termica ([1], [2]).
* La materia destinata ai termovalorizzatori (le cosiddette ecoballe, il CDR ma anche il rifiuto tal quale) dovrebbe avere caratteristiche tali da scongiurare quanto più possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente durante la fase di stoccaggio e di trasporto prima dell'utilizzo, ma questo passaggio purtroppo in alcuni casi non avviene ancora con la necessaria trasparenza e accortezza, e nelle ecoballe finiscono materiali che sarebbe bene non bruciare.
* I termovalorizzatori producono ceneri da smaltire comunque in discarica (circa il 30% in peso rispetto ai rifiuti in entrata) e altre sostanze di scarto che costituiscono rifiuti speciali più difficili e costosi da smaltire.
* I termovalorizzatori/inceneritori producono nanoparticelle inorganiche che causano le cosidette nanopatologie (tra queste anche diverse forme di cancro). Nessun filtro al mondo è in grado di fermare particolato di misura inferiore a Pm 2,5. Le nanoparticelle girano nell'aria per centinaia di chilometri possono depositarsi sul terreno (e quindi finire nel cibo e nella verdura) o essere direttamente respirate da essere umani o animali.

Le associazioni ambientaliste generalmente si oppongono alla costruzione di inceneritori e termovalorizzatori. In Italia viene anche criticata una eccessiva politica di incentivazione della termovalorizzazione che finirebbe per penalizzare e ridurre la quota dei rifiuti destinati alla raccolta differenziata, rendendola economicamente meno vantaggiosa. Tale "sussidio all'incenerimento" viene pagato da tutti nelle bollette ENEL alla voce "contributi energie rinnovabili", fatto questo piuttosto singolare e che va contro le direttive UE.
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Conclusioni

Le soluzioni per la gestione dei rifiuti sono essenzialmente di quattro tipi:

    * smaltimento in discarica;
* incenerimento o termovalorizzazione;
* riciclaggio;
* riduzione e riuso.

 

Tipicamente, soprattutto in assenza di una politica di gestione dei rifiuti orientata al riciclo, alla riduzione ed al riuso, l'alternativa alla costruzione di un termovalorizzatore più praticata è la creazione di una discarica, che ha anch'essa emissioni inquinanti ed un impatto ambientale certamente negativo.

Troppo spesso il complesso problema della gestione dei rifiuti viene affrontato in modo superficiale o strumentale, talvolta anche con l'infiltrazione della criminalità organizzata, che spesso lucra sulla gestione illegale dei rifiuti pericolosi. Per affrontare correttamente il problema dei rifiuti, sempre più urgente in molte nazioni, è prioritaria un'informazione corretta ed esauriente, la chiarezza, la trasparenza e la concertazione.

Fonte: http://files.meetup.com/229945/Termovalorizzatori%20e%20inceneritori.doc

Sito web da visitare: http://files.meetup.com

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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