Legge di Coulomb

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Legge di Coulomb

 

La legge di forza fra cariche elettriche

Fin dal 1700 i fisici tentarono di descrivere il tipo di forza che si produce fra corpi eletrizzati.
In questo senso di notevole importanza fu un'osservazione sperimentale svolta da Franklin verso il 1745.
Esso aveva notato che introducendo una sferetta carica in un recipiente di forma sferica,cavo all'interno, sulla sferetta non si produce alcuna forza.
Franklin era un buon osservatore dei fenomeni naturali, ma non aveva conoscenze applicate nelle teorie fisiche e matematiche, perciò non seppe dare un'interpretazione del fenomeno.
Alcuni anni dopo però, Priestley, esperto nelle teorie newtoniane, ravvisò nel comportamento della sferetta carica una stretta analogia con quello di una sfera materiale contenuta in un'altra sfera cava: questo era ora interpretabile grazie ad un precedente teorema dimostrato da Newton.

Il teorema dice che se le uniche forze agenti tra la sfera cava e la sfera materiale sono quelle previste dalla legge di gravitazione, allora la forza agente sulla sfera materiale risulta nulla. Dunque, come scriveva lo stesso Priestley: possiamo dedurre da questo esperimento che l'attrazione dell'elettricità è soggetta alle stesse leggi della gravitazione e che va perciò secondo i quadrati delle distanze; dal momento che è facile dimostrare che la terra è a forma di guscio, un corpo dentro di essa non sarebbe attratto da un suo lato piuttosto che da un altro.
In conclusione,dal comportamento della sferetta carica nella sfera cava e carica, Priestley era in grado di dedurre che la forza tra due qualunque cariche q1 e q2 molto piccole distanti d fra loro avrebbe dovuto essere del tipo seguente:

F è proporzionale a q1q2/d2

L'ipotesi di Priestley fu condivisa da molti ricercatori dell'epoca; fu tuttavia il lavoro sperimentale del fisico francese Charles Augustin de Coulomb a spazzare via quasi ogni dubbio sulla validità di questa legge e a far sì che essa venisse accettata da tutto il mondo scientifico.
le misure di Coulomb furono realizzate mediante una bilancia a torsione così costituita: un sottilissimo filo metallico F sostiene un' asticciola b molto leggera, rigida e di materiale isolante ed è tenuto in tensione da un piccolo peso C. agli estremi dell'asticciola sono disposte,da una parte, una sferetta metallica molto piccola (raggio di circa 1cm) e dall'altra, un discheto di carta avente il duplice scopo di contrappesare la sferetta metallica e di smorzare le oscillazioni dell'asta B. Il dispositivo è contenuto in una scatola cilindrica V di vetro avente lo scopo di proteggere la bilancia dagli agenti esterni. Nel recipiente V può essere calata una seconda sferetta, caricabile dall'esterno. la funzione di questa seconda sferetta è quella di caricare, per contatto, la sferetta posta all'estremità di B e di produrre poi le forze elettriche da studiare sperimentalmente.
dopo il contatto delle due sferette la forza repulsiva agente tra le due sferette determina una rotazione dell'asticciola B. Questa rotazione non prosegue però indefinitamente perchè la torione del filo determina un momento di forze opposto a quello associato alla forza repulsiva elettrica. Si giungerà così a una posizione di equilibrio, in corrispondenza della quale l'angolo di rotazione della sbaretta avrà un certo valore che indicheremo con α 1. In questa nuova posizione la distanza tra le sferette cariche vale d1 e la forza agente fra di esse è proporzionale ad α 1.
'esperimento prosegue ora con una torsione manuale del filo, ottenuta ruotando la manopola A di un certo angolo β2. In tal modo l'asticciola B si porta in una nuova posizione che forma, rispetto alla posizione di riposo, un angolo α 2 minore di α 1. In questo nuovo assetto, la distanza tra le due sferette è data da D2 e la forza agente fra di esse è proporzionale all'angolo α 2 + β 2 .
con una sequenza di operazioni come quella ora descritta si riece a determinare una serie di coppie di va laro forza-distanza tra le sferette, in base alla quale si può verificare la legge espressa dalla precedente formula.
Tramite la legge di coulomb si può riconoscere la legge di forza tra cariche. Si troverà appunto che essa è del tipo:
F è proporzionale a 1/d²
dove F indica la forza agente fra le due cariche e D la distanza fra i loro baricentri.
Le ricerche di Coulomb non consentivano di individuare un'eventuale dipendenza della forza agente tra le cariche del mezzo materiale nel quale esse si trovavano immerse. Ricerche successive condussero invece a perfezionare la formula nel modo seguente:

con K dipendente, appunto, dal mezzo materiale che circonda le cariche. nel S.I. i valori delle cariche sono espressi in coulomb (simbolo C) e con tale misura K0 assume il valore:

 

Definizione del campo elettrico

La legge di Coulomb traduce formalmente l'idea che fra due cariche elettriche si produce una forza.
 Questa legge contiene le grandezze caratteristiche di ciascuna delle due cariche interagenti (il loro valore e segno e la loro distanza reciproca) e nel mezzo in cui si trovano, mediante il valore della costante k.
 Dal punto di vista logico la forza F espressa dalla legge di Coulomb è dunque del tipo:

In quanto formula che consente di determinare l'entità della forza tra le cariche, la legge di Coulomb, opportunamente verificata sul piano sperimentale, è ineccebile e non lascia dubbi sulla sua validità. Le difficoltà nascono, invece, quando ci si comincia a chiedere in quale modo si stabilisca la forza espressa dalla legge di Coulomb.
 La risposta a tale domanda non fu determinata solo dall'analisi degli effetti magnetici e, soprattutto, dallo studio di quei fenomeni (detti elettromagnetici) in cui si manifesta il contemporaneo prodursi dei due tipi di effetto.
 Avremo modo di tornare più volte sull'argomento: per il momento ci limiteremo a osservare che, storicamente, al problema di stabilire com si produca la forza fra due cariche elettriche furono date varie risposte riconducibili alle due seguenti:

- la prima afferma che la forza tra le cariche si stabilisce "a distanza" e istantaneamente, cioè nel momento stesso in cui le due cariche vengono create.
 - la seconda, invece, afferma che la forza tra le cariche è il risultato dell'interazione fra ciascuna carica e un ente fisico misurabile che viene generato dell'altra carica.

Tale ente fisico richiede, per propagarsi, un tempo finito anche se brevissimo, e, quindi, l'istante in cui si stabilisce la forza tra le due cariche non è quello stesso in cui le due cariche vengono create.
 Questo ente fisico pervade tutto lo spazio ed è denominato genericamente campo.
 Secondo il modello campo la seguente formula:

andrebbe allora così riscritta:

dove a sua volta:

Per convincersi maggiormente della differenza tra le due impostazioni, si osservi che, nel primo caso (impostazione coulombiana), se in P non ci fosse la carica q 2, non solo non si avrebbe la forza, ma P sarebbe da considerarsi fisicamente "vuoto"; nel secondo caso, invece, non ci sarebbe la forza ma P sarebbe comunque sede di un ente reale, il campo elettrico

Procediamo ora alla formalizzazione della grandezza fisica, campo nel caso particolare ma, come si vedrà, molto importante, in cui esso sia generato da una sola carica puntiforme q1 supposta nel vuoto.

Si definisce vettore campo elettrico generato P dalla carica q1 il vettore E espresso dalla relazione seguente:

E= F/q

dove q indica il valore di una carica (detta carica esploratrice) molto piccola (così piccola da non modificare sostanzialmente il campo prodotto da q1) posta in P, e F indica la forza agente su q determinabile in base alla legge di Coulomb.

 

Fonte: http://jervo.altervista.org/appunti/Fisica/campoelettrico.doc

Sito web da visitare: http://jervo.altervista.org

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