Rame e le sue leghe

Rame e le sue leghe

 

 

 

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Rame e le sue leghe

INTRODUZIONE

Scopo dell’esperienza da noi condotta è quello di analizzare  l’effetto di alcuni trattamenti termici sulle leghe Rame–Berillio. In particolare sono stati analizzati gli effetti prodotti da trattamento criogenico e invechiamento sulla durezza, che verrà misurata col metodo Brinnel.

 I risultati ottenuti dovevano poi venire confrontati con quelli forniti dalla ditta che produce il materiale, in pratica si doveva verificare l’incremento della durezza col tempo di invecchiamento.
Si deve però premettere che i dati a noi forniti erano ottenuti avendo prima solubilizzato la lega e poi avendola fatta invecchiare. Nel nostro caso invece si è proceduto anche ad un trattamento criogenico, i cui effetti saranno discussi nel seguito.

 

2 RAME E LE SUE LEGHE

 

2.1 RAME

 

Conosciuto fin dalla preistoria, il rame è rimasto nell’uso corrente, come si evince dal grafico, più a lungo di qualsiasi altro metallo, ha una storia di 600 anni di applicazioni basate sulla sua unica combinazione di proprietà, la facilità di lavorazione, la buona resistenza alla corrosione, l’attitudine a formare leghe e l’elevata conducibilità. E’ il solo metallo comune colorato, il metallo puro ha un colore rosso, mentre nelle sue leghe il colore va dal bianco (argenti al nichel e cupro-nichel) al giallo oro. Il Cu ha un reticolo cristallino cubico a facce centrate, si trova allo stato puro come rame nativo, ma soprattutto sottoforma di vari minerali, principalmente solfuri e carbonati basici.
L’elemento si presenta in cristalli malformati o masse filiformi e arborescenti dal colore caratteristico. I giacimenti principali del rame nativo, importante per la produzione del metallo, si trovano negli USA, Bolivia, Cile, Russia e Zaire.

2.2 PRODUZIONE

 

Prevede varie fasi della lavorazione per arrivare al metallo partendo dai minerali; essi vengono concentrati per flottazione in celle della capacità di 28 cm3, in modo da raggiungere un tenore del metallo intorno al 25%-35%.
La sua estrazione viene eseguita “per via secca” utilizzando le seguenti lavorazioni:

  • Arrostimento parziale in aria, in modo da ottenere una miscela di ossidi e solfuri di Cu e Fe,
  • Fusione ossidante della miscela in presenza di silice e carbone ottenendo la mettalina (miscela solfuro di Cu monovalente e solfuro di Fe,
  • Fusione della metallina in presenza di silice nel convertitore di Bessemer, trasformando il solfuro di Cu in ossido,
  • Riduzione di tali ossidi per dare il metallo.

 

E’ da riscontrare che le varietà di rame risultano difficili da lavorare perché sono tenere ed impastano l’utensile, mal si prestano per la saldatura autogena a causa della loro elevata conducibilità e perché sono facilmente soggette a reazioni gassose. Il rame si impiega senza problemi nella saldo-brasatura.
La maggior parte dei prodotti del rame è disponibile sia in forma di getti che di forgiati.

 

2.3 PROPRIETA’ DEL RAME

 

Le proprietà fisiche del rame purosono riportate qui a fianco, con il termine puro si intende una percentuale del metallo che oscilla tra il 99.85% ed il 99.99%.Rame ad elevata purezza è usato per getti mentre in forma di lavorato è disponibile come piastre, lamiere, nastri e fogli, barre e profilati laminati od estrusi.

Proprietà     

Valore

Temperatura fusione

1083 °C

Temperatura di ebollizione

2595 °C

Calore specifico (medio a 20°C)

0.092 cal\(g °C)

Calore latente di fusione

205 J\g

Conducibilità termica

0.94 cal\(cm2s°C)

Resistività elettrica (a 20°C)

1.7241x10-8 Ohm m

Densità

8.90 g\cm

Modulo di elasticità medio

120\kN\mm2

Var. volume con la fusione

4% circa

Coeff. dilat. lin. (0-20°C)

16.8x10-6\°C

 

proprietà meccaniche; la resistenza meccanica del rame è relativamente bassa, ma la sua duttilità è elevata ed i fili possono essere tirati a 450 N\mm2. Per la sua configurazione cristallina il rame non presenta un accentuato snervamento nella prova di trazione, in genere viene specificata la tensione convenzionale con deformazione permanente dello 0.2%. Le basse temperature danno luogo ad elevata resistenza meccanica e duttilità, viceversa per le alte temperature riducono la resistenza meccanica e possono avere effetti negativi sulla duttilità. Tuttavia per la maggior parte delle applicazioni la duttilità e la resistenza alla corrosione sono i principali criteri di scelta e la resistenza meccanica viene considerata di importanza secondaria. La resistenza a fatica dipende dal numero di cicli, come viene mostrato nel grafico a fianco, (riferiti ad un carico di 232N\mm2 ad una T=250°C) senza dei valori asintotici, valori medi per il rame addolcito sono 70-85 N\mm2 a 50x106 cicli e 90-120 N\mm2 a 100x106 cicli

 

resistenza alla corrosione; in atmosfera normale e in acqua la resistenza è elevata, per la pellicola superficiale di ossido che svolge azione protettiva. Il metallo non è attaccato dai prodotti alcalini, eccetto che dall’ammoniaca, mentre l’acido nitrico e cloridrico lo dissolvono rapidamente. Aggiunte di leganti (boro, litio, cadmio) riducono la velocità di ossidazione a temperatura ambiente ed alle alte con lo sviluppo di una pellicola protettiva, tuttavia esse riducono la sia conducibilità che la facilità di lavorazione aumentando la resistenza meccanica.

 

conducibilità; oltre il 50% di tutto il rame è impiegato per scopi elettrici. Tale proprietà viene ridotta dalle lavorazioni a freddo come pure dall’aggiunta di leganti, in generale all’aumentare della resistenza meccanica diminuisce la conducibilità (p.e. l’aggiunta dell’1% di cadmio riduce la conducibilità del 5%). Un fattore molto dannoso per la conducibilità è rappresentato dalle impurezze che introducono dei problemi in condizioni operative, per cui bisogna operare un controllo delle impurezze quando viene utilizzato per applicazioni elettriche.

 

riciclabilità; il rame riciclato conserva le stesse caratteristiche chimico-fisiche e tecnologiche del primario, per questo, ad esempio in Italia, il 40% dei semilavorati di rame e leghe è ottenuto riciclando rottami.
Esistono delle limitazioni sia nell’uso che nei processi a cui può essere sottoposto, a causa delle reazioni chimiche che si hanno con ossigeno ed idrogeno. Il rame può dar vita ad un sistema di leghe con l’ossigeno, esso può reagire con l’idrogeno ad elevate temperature. Quest’ultimo diffonde all’interno del metallo solido combinandosi con l’ossigeno per dar luogo a vapore d’acqua che esercita una pressione sufficiente a produrre delle cricche (infragilimento da idrogeno).
Tali reazioni gassose si possono verificare nella saldatura o nella saldo-brasaturamediante idrogeno od idrocarburi, oppure nella tempra in presenza di questi gas. Tale pericolo può essere eliminato aggiungendo un ossidante durante le operazioni di raffinazione e colata, facendo attenzione che un piccolo eccesso di deossidante riduce la conducibilità. E’ da notare che seppure il rame ha un bassissimo contenuto di ossigeno può acquisirlo nel corso dei processi di lavorazione.

2.4 LEGHE DI RAME

 

Metalli costituenti

Lega

Rame

 

Rame + zinco

Ottone

Rame + stagno

Bronzo

Rame + stagno + fosforo

Bronzo al fosforo

Rame + stagno + zinco

Bronzo per cannoni

Rame + alluminio

Bronzo all’alluminio

Rame + nichel

Cupro-nichel

Rame + zinco + nichel

Argento al nichel

Rame + silicio

Bronzo al silicio

Rame + berillio

Bronzo al berillio

Il rame costituisce per un vasto e definito gruppo di leghe che possiedono proprietà molto simili a quelle del metallo: alta resistenza alla corrosione e buone caratteristiche di lavorabilità. Le leghe si possono classificare come segue:

 

 

 

  • Alluminio, fino al 12%,  leghe in fase sia singola che doppia, possiedono un’elevata resistenza meccanica ed alla corrosione;
  • Berillio, fino al 2%, conferisce le proprietà di tempra per precipitazioneche danno vita alle leghe di rame di maggiore resistenza meccanica.

 

  • Nichel, forma una serie continua di leghe con elevata resistenza alla corrosione  migliorata resistenza meccanica;
  • Stagno, forma una serie di leghe binarie che vengono impiegate in forma di getti e forgiati;

 

  • Zinco, fino al 40%, rappresenta l’elemento singolo in lega più importante formando un vasto campo di ottoni per getti e forgiati
  • Zirconio, fino al 3%, le leghe vengono impiegate in applicazioni ad alta temperatura che richiedono buona conducibilità.

3. LEGHE RAME-BERILLIO

 

3.1 GENERALITA’

Le leghe CuBe in questi ultimi anni, soprattutto in Europa, hanno visto diminuire il loro utilizzo a causa della pericolosità durante la lavorazione, legata all’emissione di gas e fumi, che se respirati sono causa di gravi malattie dell’apparato respiratorio.
Le lavorazioni considerate rischiose sono la macinatura, il taglio mediante abrasivi, la levigatura, le lavorazioni mediante metodi elettrochimici, trattamenti termici ad alta temperatura, saldatura, fusione e colata. Il limite di sicurezza è fissato in 2 microgrammi per metro cubo di aria.
Quelle non rischiose sono invece formatura, stampaggio, lavorazioni alle macchine utensili, pulizia, soldering, rivestimento e in particolare le ferite provocate da utensili in lega CuBe non richiedono particolari interventi di pronto soccorso.

La produzione di componenti in lega CuBe parte dalla colata semicontinua con la quale si producono billette rettangolari dedicate alla laminazione o a processi di estrusione, oppure lingotti per gli usi di fonderia. Distinguiamo due tipi di prodotti: quelli lavorati e quelli colati, i primi ottenuti tramite cicli di lavorazione intervallati da trattamenti termici di ricottura, gli altri per colata in stampi sfruttando la buona fluidità che consente di ottenere geometrie complesse.

 

3.2 PROPRIETA’ E APPLICAZIONI

 

La buona conducibilità termica e resistenza a fatica consentono l’utilizzo del CuBe per stampi in sistemi ad iniezione per i quali sono richieste anche doti di resistenza a stress termici e durezze elevate. Si producono cosi stampi che possono riprodurre accuratamente dettagli complicati.
La lega CuBe viene utilizzata per applicazioni a temperature criogeniche alle quali rimane un buon conduttore sia elettrico che termico, conservando anche una buona resistenza a snervamento.

 

Le leghe CuBe hanno una buona combinazione fra la resistenza alla corrosione e le proprietà fisico-meccaniche. Sono immuni agli attacchi corrosivi in ambienti ricchi di cloro e zolfo, inoltre possono subire Stress-corrosion cracking solo in presenza di ossigeno, ammoniaca e umidità.
Le materie plastiche influenzano le leghe a seconda dei componenti volatili che emettono: le resine non provocano nessun attacco, il plivinilcloruro produce, durante la combustione, fumi che corrodono.
Sfruttando le proprietà di queste leghe possono essere prodotti utensili da lavoro manuale con particolari caratteristiche alcune delle quali, la non produzione di scintille durante usi violenti od il fatto che non si magnetizzano, ne caratterizzano l’uso in particolari ambienti od in presenza di atmosfere contaminate (es. Manutenzione in presenza di gas infiammabili). Queste leghe sono però molto sensibili all’Acetilene che a contatto con il Cu, può reagire formando un Acetilide esplosivo.In questo tipo di ambiente si dovrà aver cura di usare utensili con un tenore di Cu minore del 50% (leghe di Monel).

 

Resistenza a fatica e resilienza vengono sfruttate in molti tipi di interruttori, controlli termostatici e relè elettromagnetici. Altri dispositivi che sfruttano queste proprietà sono quelli atti ad individuare energie vibratorie che, quindi devono avere alta sensibilità ai piccoli segnali.

 

La bassa suscettibilità magnetica e resistenza alla corrosione sono adatte a componenti che sfruttano bassi campi magnetici (applicazioni petrolifere, biomediche, strumenti di navigazione) richiedono una sede trasparente ai campi magnetici.

 

Durezza e conducibilità elettrica e termica (applicazioni per resistance spot welding).Il prodotto della conducibilità elettrica per quella termica misura l’attitudine della lega nel gestire il calore, generato per effetto Joule, in un sistema elettrico.Un materiale con un alto valore di questo prodotto minimizza il calore generato mediante bassa resistività elettrica e lo distribuisce mediante convezione ed irraggiamento sfruttando l’alta conducibilità termica. Il buon livello di durezza a temperature moderate e elevate garantisce la resistenza alla deformazione dell’utensile durante il processo.

 

4. PREPARAZIONE DEI CAMPIONI

L’analisi effettuata è volta a caratterizzare il comportamento della lega HOVADUR CuCoNiBe sottoposta a differenti cicli di trattamenti termici che ne modificano la microstruttura. Per questo è necessario preparare un set di campioni tale da permettere di seguire l’evoluzione dei fenomeni.
Il materiale in esame è stato fornito sotto forma di billette di lunghezza 15 cm circa e sezione quadrata di lato 1,5 cm.
Sono stati quindi ricavati 5 parallelepipedi uguali che in seguito hanno subito i trattamenti termici decisi. Inoltre da un cilindro di puro rame è stato ricavato un campione che è servito da confronto con la lega di rame in analisi.
Per seguire la variazione dei valori di durezza del materiale in relazione ai trattamenti termici subiti, dopo ogni ciclo di “invecchiamento”, si è tagliata una lamina di qualche mm di spessore e con area pari alla sezione.
Ogni lamina veniva poi inglobata in resina per permetterne una migliore maneggevolezza date le piccole dimensioni. Per osservare la osservare la microstruttura della lega tramite il microscopio ottico, è stato necessario passare alla macchina lucidatrice utilizzando in successione carte smeriglio di varia grossezza (220, 800, 1200, 4000); per passare poi alla lucidatura vera e propria tramite dischi ricoperti di panno su cui vengono depositate paste abrasive.
Ottenuto un buon livello di lucidatura, si è attaccata chimicamente la metà della superficie di ogni lamina, così da evidenziare i bordi grano e poter fare le opportune considerazioni sulla microstruttura. L’attacco chimico è stato condotto con successo da una soluzione di Persolfato di Ammonio secondo appropriati tempi di applicazione (40 sec circa).
Il resto del campione veniva liberato dallo strato di ossido tramite vari passaggi con carte smeriglio 800 e 1200 così da permettere la misura della durezza, prima del reinserimento in forno per un ulteriore ciclo di invecchiamento.

 

5. PROVA DI MICRODUREZZA

La prova di microdurezza può essere eseguita secondo diverse metodologie, scegliendo la più adatta in relazione al tipo di materiale in esame, ai trattamenti da esso subiti, al tipo di superficie.
Per la prova di microdurezza dei campioni studiati, si è scelto di utilizzare il metodo BRINELL, secondo il quale una sfera d’acciaio duro è premuta con un carico prefissato e costante contro la superficie del campione.
La superficie del provino deve essere liscia, piana, esente da ossidi e impurezze; quindi dopo un’ adeguata preparazione, si applica il carico per il tempo ben definito. Il diametro dell’impronta lasciata dall’indentatore,una volta rimosso il carico, si misura con un microscopio a basso ingrandimento.
Il risultato della prova è espresso come rapporto fra carico applicato e area dell’impronta:

dove P è il carico espresso in Kg/mm2, D e d sono rispettivamente il diametro della sfera e quello dell’impronta espressi in mm, nonostante HB venga indicata convenzionalmente con un numero.
La prova fornisce sempre lo stesso risultato, anche variando il cricho applicato e il diametro dell’indentatore, purché venga eseguita in modo tale da mantenere inalterata la geometria dell’impronta che è definita dal rapporto d/D. Mentre, per uno stesso campione, la geometria dell’impronta non cambia mantenendo inalterato il rapporto P/D!!!
L’esperienza insegna che le condizioni di lavoro ideali si hanno per un valore del rapporto d/D = 0.375. La norma dell’Unificazione Italiana prescrive che il risultato della prova BRINELL venga considerato valido solo se il rapporto d/D è compreso tra 0.24 e 0.6.
La prova BRINELL non è il migliore dei metodi di analisi della durezza dei materiali ricotti, per i quali il profilo dell’impronta risulta essere alquanto irregolare e poco delineato, viceversa, su materiali incruditi esso risulta essere preciso e ben marcato.

Vedi la normativa per prove di durezza BRINELL nell’appendice A.

 

6. METODI DI INDAGINE METALLOGRAFICA

 

6.1 MICROSCOPIA OTTICA

 

I metodi d’indagine propri della metallografia hanno lo scopo di approfondire la conoscenza delle proprietà intrinseche dei metalli come la struttura e le propietà meccaniche e fisiche. L’analisi può essere condotta macroscopicamente o microscopicamente con l’ausilio del microscopio ottico o elettronico.
La nostra indagine è stata condotta principalmente con un microscopio di tipo ottico. L’osservazione dei campioni è fatta con il microscopio metallografico, che si differenzia dal microscopio comune perché il campione metallico può essere osservato solo per riflessione. L’ obiettivo del microscopio raccoglie solo la luce che è riflessa dal campione a differenza del microscopio comune che raccoglie la luce che attraversa l’ipotetico campione.
Il microscopio metallografico permette di osservare i grani del cristallo ed eventuali precipitati della lega.
Dopo aver preparato i campioni inglobandoli, lucidandoli e avendoli sottoposti ad eventuale attacco chimico, li abbiamo osservati al microscopio mettallografico. Questo ci ha permesso di vedere: i costituenti della lega che si differenziano per il colore; la forma dei grani; e sfruttando l’effetto di luce ed ombra la diversa altezza dei grani o il diverso orientamento dei piani.
In questi ultimi due casi gli effetti di luce ed ombra s’invertono variando l’angolo sotto il quale la luce colpisce il campione.
Per ogni provino, dopo essere stati trattati chimicamente e termicamente, sono state fatte una serie di fotografie, per evidenziare la differenza tra zone attaccate chimicamente e non, e tra provini che hanno subito trattamenti termici differenti nella durata degli stessi.

 

6.2 MICROSCOPIA ELETTRONICA

 

Il microscopio metallografico usato, come tutti i microscopi ottici, ha un potere risolutivo inferiore a 1000-1500 ingrandimenti che permette una visione generale della grana cristallina, dei precipitati di maggior dimensione .
Per lo studio dei precipitati di minor dimensione vengono usati microscopi elettronici dotati di un potere risolutivo nettamente superiore; quelli d’interesse maggiore sono il tipo a trasmissione o T.E.M. e quello a scansione o S.E.M..
Nel caso in questione, per l’identificazione di precipitati di dimensione molto piccole, si è usato il S.E.M..
L’acronimo S.E.M. sta per  Scanning Electron Microscopy.
Il microscopio a scansione elettronica permette l’uso di un ampia gamma d’ingrandimenti che vanno da 15X a 500000X, possedendo una profondità di campo, differenza tra massima e minima distanza di focalizzazione, che risulta essere adeguata alla messa a fuoco di superfici con elevate variazioni topografiche. I diversi punti del campione vengono esplorati da un sottile fascio d’elettroni ad elevata energia che viene prodotto da un cannone elettronico e focalizzato con un sistema di lenti magnetiche .
Una parte degli elettroni che colpiscono la superficie del materiale, elettroni primari, conservano la loro energia e vengono riflessi, e sono definiti elettroni radiodiffusi, mentre gli altri perdono la loro energia trasferendola agli elettroni del materiale .Gli elettroni incidenti che hanno energia sufficiente, riescono a ionizzare i livelli energetici più esterni degli atomi del materiale che emettendo un fotone, producono i raggi X.
I raggi X prodotti possiedono energie che sono caratteristiche degli atomi da cui provengono e possono essere sfruttati per ottenere, mediante un trasduttore, informazioni sulla composizione chimica del campione sotto forma di uno spettro che riporta i picchi relativi agli elementi. L’intensità della linea di un elemento è direttamente proporzionale alla concentrazione dello stesso, l’analisi quantitativa si basa sul confronto dell’intensità con quella di un campione standard.
Per individuare la natura dei precipitati più piccoli dei nostri campioni, si è osservato uno dei campioni al S.E.M. che ha dato uno spettro di energia di questo tipo:

7. TRATTAMENTI TERMICI

 

7.1 TRATTAMENTO DI SOLUBILIZZAZIONE

 

I passi principali per il trattamento di solubizzazione sono:

 

  • Riscaldamento: la lega viene riscaldata fino alla temperatura di solubilizzazione Ts, dove le condizioni di equilibrio permettono la soluzione solida delle due fasi.
  • Mantenimento sopra Ts: il trattamento deve essere condotto per un tempo sufficiente al fine di ottenere la completa dissoluzione della fase q e per raggiungere una omogeneizzazione chimica.
  • Rapido raffreddamento: si procede poi ad un rapido raffreddamento per ottenere una soluzione sovrassatura evitando quindi la precipitazione della fase q (vedi fig.7.1).

 

 

  Fig.7.1: Stadi principali del trattamento di solubilizzazione

 

La fase di riscaldamento è molto importante perché non ci devono essere gradienti di temperatura all’interno del materiale, in seguito ai quali si instaurerebbero delle tensioni che  potrebbero causare delle distorsioni nel pezzo. I parametri caratteristici del trattamento termico (Ts, Teq, durata del trattamento e velocità di riscaldamento) per ogni tipo di lega sono stabiliti dalla normativa.
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Nel trattamento termico non deve essere favorita la nucleazione della fase q, o di qualsiasi altra fase eterogenea a bordo grano, è per questo motivo che si procede ad un rapido raffreddamento; in questo modo si “congela“ la composizione della soluzione, ed si ottiene una soluzione sovrassatura.
Dal punto di vista energetico ad una soluzione sovrassatura non corrisponde un minimo dell’energia libera, in questo modo la condizione che si è raggiunta è una condizione metastabile, alla quale corrisponde un valore di DG maggiore rispetto al  DGmin e questa sarà la forza motrice che permetterà la precipitazione della fase q.

 

7.1.1. SOLUBILIZZAZIONE DELLA LEGA CuBe

La solubilizzazione si realizza portando la lega rame berillio ad una temperatura lievemente al di sotto della temperatura di solidus (fig. 7.1), questo permette di sciogliere la massima quantità di berillio, senza arrivare alla fusione del pezzo. Si procede quindi al rapido raffreddamento a temperatura ambiente al fine di ottenere una soluzione sovrassatura in berillio.

La temperatura di solubilizzazione dipende dal tipo di lega; nel caso delle high-strengt è di 760-800°C, per le high-conductivity di 900-955 °C.

Temperature al disotto di questi intervalli possono portare ad una ricristallizzazione incompleta ed alla dissoluzione di una quantità di berillio insufficiente per soddisfare l’indurimento richiesto. Temperature al disopra, al pari di tempi troppo lunghi di trattamento a temperature appropiate, possono portare ad un ingrossamento del grano, o addirittura a fusione del pezzo trattato questo però solo nel caso di temperature troppo elevate

La durata del trattamento dipende dalle dimensioni del pezzo; si deve ottenere una temperatura uniforme per garantire una solubilizzazione omogenea.
All’incirca il trattamento dura un’ora per pollice di spessore, questo garantisce il raggiungimento della temperatura prestabilita. Il prolungamento del tempo di solubilizzazione non aumenta la quantità di berillio solubilizzato, ma può portare ad un indesiderato effetto secondario di ingrossamento del grano.
Raffreddamenti troppo lenti o interrotti dovrebbero essere evitati perché permettono la precipitazione del berillio che causa una durezza troppo elevata ed uno scarso risultato di eventuali successivi trattamenti di invecchiamento.
Il trattamento di solubilizzazione a cui sono sottoposte queste leghe è in contrasto con quelli utilizzati per le altre leghe del rame, condotti normalmente a bassa temperatura e per tempi lunghi, questo perché la quantità di berillio e la sua dispersione influisce sulla conducibilità elettrica.

                                 Fig.7.1.1: Diagramma di stato della lega CuBe.

 

 

7.2 TRATTAMENTO DI INVECCHIAMENTO

 Il trattamento d’invecchiamento è quello che permette una precipitazione omogenea della fase q.
Il rapido raffreddamento, che porta ad una soluzione sovrassatura, induce nel materiale uno stato tensionale molto elevato a causa dei gradienti di temperatura che vengono istaurati durante la fase C (raffreddamento), vedi Fig. 7.1.
Altro fenomeno legato al raffreddamento veloce è il congelamento del numero di vacanze che sono in equilibrio termodinamico alla Ts ; e che così vengono ritrovate alla temperatura ambiente. In questo modo il materiale risulta omogeneamente tensionato favorendo in questo modo una precipitazione omogenea.
La temperatura alla quale viene condotto l’invecchiamento, deve essere tale da poter permettere che il fenomeno avvenga in tempi non troppo lunghi, la cinetica del processo deve essere cioè ragionevolmente veloce.
Il trattamento d’invecchiamento ha dunque il fine di aumentare la durezza del materiale, che avviene per nucleazione ed accrescimento dei precipitati.
In fig.7.2.1 viene mostrato quale sia l’effetto di questa precipitazione sulla durezza.
Il grafico ha comunque un andamento del tutto generale e si avranno variazioni a seconda del materiale.

 

                    Fig.7.2.1: Diagramma Durezza-tempo

 

Nel processo di indurimento possiamo individuare alcune zone caratteristiche:

GPI - clusters di sloluto: piccole aggregazioni di soluto dette zone di GPI.Inizialmente sono poche e causano un modesto aumento di durezza.
GPII - Questi clusters col tempo aumentano sia di numero che di dimensioni con conseguente aumento della durezza.
qI - precipitato coerente.: si forma un precipitato di fase q la cui composizione stechiometrica è quella giusta ma la struttura cristallina è ancora quella della matrice nel quale si è formato. La durezza continua ad aumentare
qII - precipitato incoerente: in questo stadio del trattamento il precipitato incoerente qI modifica la propria struttura diventando quella propria della fase q, che da appunto l’indurimento.
Overaging - Overaging: a questo punto l’unica cosa che il materiale può fare è quella di ingrossare il grano, con conseguente calo delle proprietà meccaniche.

 

A cosa è dovuta la forza motrice che fa avvenire la precipitazione e l’accrescimento dalla fase q?
Il processo deve essere favorito termodinamicamente, e, come già accennato, la temperatura alla quale viene condotto l’invecchiamento deve essere sufficientemente elevata affinché il fenomeno sia osservabile ma sempre inferiore alla temperatura di solubilizzazione.

Approccio termodinamico

Quando precipitano clusters di soluto, essendo questi dei difetti, il reticolo della matrice viene distorto, nascono così tensioni “reticolari” che aumentano proporzionalmente con le dimensioni del precipitato, ciò significa che associato al cluster si ha sempre un notevole campo di sforzo, dovuto alla deformazione elastica del reticolo della matrice, e quindi affinché possa avvenire la precipitazione incoerente deve essere fornita una certa quantità di energia denominata DG(strain).
Associata alla trasformazione di fase a- a+q vi è invece una forza motrice dovuta al fatto che la concentrazione di soluto è sovrassatura e tende a farlo precipitare, DG>DGmin, che può essere considerata come energia di volume DGvol., ed un’energia dissipata , che serve per creare la nuova superficie del precipitato quando diventa incoerente DGsup.
Nella fig. 7.2.2 è rappresentato l’andamento dell’energia libera  in funzione della temperatura e della struttura monofasica  o bifasica e della relativa DG.
Il bilancio completo di energia si scrive come

Inizialmente DG(sup.) = 0 poiché il precipitato è coerente e non devo spendere energia per creare nuove superfici. In questa prima fase DG (volume) fornisce l’energia necessaria affinché i precipitati possano crescere opponendosi a DG (strain).
Ad un certo punto la forza motrice finirebbe, ma ora subentra il passaggio da precipitato coerente a incoerente con DG (strain).= 0 e la forza motrice DG viene spesa per creare nuove superfici.

                                              Fig.7.2.2: Andamento di G rispetto a T

 

 

 

7.2.1 Invecchiamento della lega CuBe

 

Il trattamento d’invecchiamento della lega prevede un riscaldamento fino ad una temperatura appena inferiore a Teq, per generare la nucleazione e la crescita dei precipitati di berillio che sono responsabili dell’indurimento. Il raffreddamento avviene all’aria.

La temperatura di invecchiamento è compresa tra 260-400°C e il tempo è variabile tra le 0.1 – 4 h nel caso delle high-strength e fra i 425-565°C per 0.5-8h per le high-conductivity.

Nella fig.7.2.2 è diagrammato l’andamento della durezza in funzione del tempo d’invecchiamento.
Scopo della nostra esperienza sarà quello di verificare l’andamento della curva di fig.7.2.2, in particolare arrivare al tempo di invecchiamento per cui è massima la durezza e verificarne il successivo calo.
La solubilità del Berillio nel Rame decresce con la temperatura e, quindi, queste leghe sono induribili per precipitazione. Ad esempio la sequenza di precipitazione di una lega CuBe è la seguente:

 

  • Nucleazione omogenea di GP
  • Precipitazione di g¢¢
  • Precipitazione di g¢

La leghe gettate presentano dendriti di Cu a e particelle di Be intermetalico di circa 10-6 m (nela dimensione maggiore).
Le morfologie che si presentano sono diverse in base all’intervallo di solidificazione:

  • Be primario, che si forma durante la prima solidificazione, ha morfologia tipo “Chinese script”
  • Be secondario, che si forma dopo la solidificazione della fase primaria, ha morfologia colonnare
  • La fase b,che si forma al peritettico, ha una rete interdendritica attorno alla fase a ricca di Cu. Questa fase si decompone nelle fasi a e g durante la trasformazione eutettica al raffreddamento fino a una temperatura .

Successivi trattamenti termomeccanici riducono il Be primario as una dispersione di piccole particelle quasi sferiche e,  di norma dissolvono la fase b.
I precipitati coerenti sia nelle higth-strenngth che nelle  higth-conducivity hanno dimesioni tali da non poter essere risolti con metodi ottici, devono quindi essere ricercati con metodi a trasmissione elettronica.

Fig.7.2.2: Andamento delle proprietà della lega CuBe, in particolare la durezza.

 

7.3 TRATTAMENTO CRIOGENICO

Il processo criogenico consiste nell’ abbassare la temperatura di un oggetto a circa 88K (-185°C), questa operazione serve ad eliminare le tensioni che sono venute a crearsi durante la fase di colata del pezzo. Il trattamento criogenico produce un effetto di allineamento nella struttura molecolare e rende la struttura quasi isotropica.
Il trattamento criogenico abbassa l’energia cinetica delle molecole, questa e’ responsabile della distanza interatomica che cosi una volta raggiunta la temperatura alla quale si effettua il trattamento e’ quasi nulla e permette alle molecole di avvicinarsi.
Il trattamento criogenico aumenta la resistenza all’usura, crea una struttura molecolare più densa che fornisce una superficie di contatto maggiore cosi da ridurre l’attrito. Il trattamento non cambia solo la superficie esterna del pezzo, ma l’intera struttura, aumenta la vita del pezzo e ne diminuisce la fragilità.

 

Fonte: http://www.ing.unitn.it/~colombo/CUCONIBE/allcube.doc

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Rame e le sue leghe

 

 

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