Trasmissioni meccaniche

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Trasmissioni meccaniche

 

In generale si dicono trasmissioni quei meccanismi che trasmettono il moto rotatorio di una macchina (o di un organo di questa) ad un'altra macchina (o di un altro organo).
Qualunque sia il meccanismo impiegato, si definisce rapporto di trasmissione ε il rapporto fra la velocità angolare dell’organo di ingresso (movente) e la velocità angolare dell’organo di uscita (cedente):

  I meccanismi per la trasmissione del moto rotatorio sono: Le ruote di frizione, le ruote dentate, le trasmissioni con organi flessibili.

 

            5.1 Trasmissioni con ruote di frizione

  Questo meccanismo può, in linea di principio, essere impiegato per trasmettere il moto anche tra assi sghembi ma tale applicazione nella pratica non viene mai impiegata. Le ruote di frizione vengono impiegate, pertanto, solo per trasmettere il moto tra assi paralleli oppure tra assi incidenti.

 

            5.1.1 Assi paralleli

  Le ruote di frizione che trasmettono il moto fra assi paralleli sono costituite da due tronchi di cilindro, come mostrato schematicamente in fig.5.1.
Nella figura sono mostrate due ruote di frizione a contatto esterno in prospettiva a) ed in pianta b) e due ruote a contatto interne c).
Affinché non si verifichi slittamento deve essere V1 = V2 = V ossia ω1 r1 = ω2r2 e, di conseguenza, il rapporto di trasmissione sarà dato dall’inverso del rapporto tra i raggi:

 


Fig.5.1

  Il rapporto di trasmissione sarà positivo se le due ruote girano nello stesso senso come nel caso di contatto interno mostrato in fig.5.1,c); viceversa sarà negativo se ω1 ed ω2 hanno verso opposto.
La trasmissione del moto avviene per l’attrito fra le due ruote che è conseguente al fatto che esse sono mantenute a contatto da una forza di chiusura N.
Detta F la forza periferica che agisce su ciascuna ruota, per l’equilibrio dinamico deve risultare:

  Se il rendimento della trasmissione fosse pari ad 1, risulterebbe:

  Ricordando che il rendimento meccanico è:

 se si tiene conto del rendimento, risulta:

            Esempio 5.1
Si vuole calcolare il momento resistente che è possibile vincere con la trasmissione con ruote di frizione avente le seguenti caratteristiche:
r1 = 5 cm; r2 = 10 cm
N = 1000 N
Materiale delle ruote: acciaio
h = 95%
Il rapporto di trasmissione vale:

  Dalla tabella a pag.2.I (cap.2) ricaviamo che il coefficiente d’attrito cinetico dell’acciaio su acciaio vale (almeno) 0,15, per cui il valore della forza periferica che la ruota motrice può sviluppare è:

per cui risulta:

  Il momento resistente che è possibile vincere risulterà quindi pari a:

  Se la trasmissione è accoppiata ad un motore che gira ad una velocità n1 =3000 giri/min, le potenze saranno pari a:

P1 = M1 w1 = m1 n1 2p/60 = 1178 W ≈ 1,18 kW
P2 = M2 w2 = M1 w1 h  ≈ 1,13 kW

 

            5.1.2 Assi incidenti

  In fig.5.2 sono rappresentate due ruote di frizione per trasmissione tra assi incidenti (con contatto esterno) in prospettiva a) ed in vista laterale b).


Fig.5.2

  Come si può osservare dalla figura, risulta:

            5.1.3 Caratteristiche delle trasmissioni con ruote di frizione

  Le trasmissioni con ruote di frizione offrono notevoli vantaggi tra i quali: dolcezza di funzionamento, silenziosità, economicità di realizzazione e di manutenzione (non è necessaria alcuna lubrificazione che anzi sarebbe dannosa), elevato rendimento meccanico.
Dall’esempio numerico proposto si evince che queste trasmissioni non possono realizzare elevati valori della forza periferica.
Questo aspetto costituisce un vantaggio ed uno svantaggio contemporaneamente: se, per una causa accidentale si verifica un brusco aumento del momento resistente (dovuto ad esempio ad una “impuntatura” di qualche organo allegato al cedente) non potendosi superare un dato valore della coppia trasmessa la trasmissione slitta senza compromettere l’integrità di nessun organo. Lo svantaggio risiede nel fatto che, con tali trasmissioni, non è possibile trasmettere elevate potenze né è possibile garantire nel tempo la corrispondenza delle posizioni angolari relative fra movente e cedente.

 

            5.2 Trasmissioni con ruote dentate

  Per superare i limiti delle trasmissioni con ruote di frizione si impiegano le ruote dentate. In esse la trasmissione del momento avviene tramite una forza periferica che non è dovuta all’attrito fra due superfici ma alla spinta che si scambiano due profili materiali che costituiscono dei risalti (ricavati sulle ruote) che vengono detti denti.

            5.2.1 Profili coniugati

  Due profili materiali si dicono coniugati se la normale comune ai due profili passa per il centro di istantanea rotazione.
In fig.5.3 sono rappresentati due profili coniugati. Il moto relativo tra i due profili può esser rappresentato da una rotazione con velocità Ω attorno al centro di istantanea rotazione C.
La velocità relativa tra i due profili è :

  La sua direzione sarà, per tanto, ortogonale a  ed Ω. Se i profili sono coniugati,  ha la direzione della normale comune n e, di conseguenza,  ha la direzione della tangente comune t; ne segue quindi che non esiste componente della velocità relativa in direzione normale ai due profili nel punto di contatto e dunque essi non tendono né a compenetrarsi né a distaccarsi.


Fig.5.3

 
L’evolvente
Un evolvente è una curva generata da un punto appartenente ad una retta che rotola senza strisciare su di una circonferenza; quest’ultima è detta circonferenza base dell’evolvente.


Fig.5.4

  Dalla definizione e dalla fig.5.4  è facile capire che risulta:

E che in ogni punto dell’evolvente, la normale alla evolvente stessa è la rete rotolante. Un diverso punto della retta che rotola sulla stessa circonferenza di base, genera un’evolvente identica a quella generata dal punto considerato in fig.5.4. In altri termini, ciò che caratterizza un’evolvente è soltanto il raggio della circonferenza di base.
In fig.5.5 sono mostrate due evolventi diverse a contatto con un punto P.


Fig.5.5

  Si considerino due circonferenze C1 e C1 (rappresentate a tratti o punti) di centri O1 ed O2, che siano tangenti in un punto C.
Il moto (piano) relativo tra le due circonferenze sarà una rotazione attorno a C con velocità pari ad .
Si consideri poi la tangente comune t alle due C1 e C2 passante per C ed una retta n, passante anche essa per C, inclinata di un angolo δ rispetto alla retta t.
Si considerino ancora le due circonferenze Cb1 e Cb2 di centri O1 ed O2 per le quali la n risulta essere la tangente comune passante per C.
Un punto P, appartenente alla n, quando quest’ultima rotola senza strisciare su Cb1 e su Cb2, genera due evolventi, a contatto nel punto P. Per entrambe, la normale comune è la n che (per costruzione) passa per il centro di istantanea rotazione.
I profili dei fianchi dei denti si ottengono da evolventi le quali sono concettualmente ricavate nel modo descritto.
Le due circonferenze C1 e C2 possono esser viste come le ruote di frizione cinematicamente equivalenti alle ruote dentate considerate poiché risulta:

e vengono dette circonferenze primitive.
Le due Cb1 e Cb2 vengono dette circonferenze base. Dalla figura si vede che:

e quindi:

  Dalla descrizione della costruzione delle due evolventi, si comprende che esse si scambieranno una reazione normale N che ha sempre la direzione della retta n ; quest’ultima viene detta retta di spinta e l’angolo δ è detto angolo di spinta.

            5.2.2 La spinta tra i denti

  Sulla ruota 1 agisce un momento M1 che, ridotto alla circonferenza primitiva C1, è pari ad una forza F:

  E’ evidente quindi che, all’aumentare dell’angolo di spinta, a pari forza utile F, aumentino sia il carico sui denti N che quello sui cuscinetti S; quest’ultimo in fatti è dato da:

  Per quanto motivo, normalmente, l’angolo di spinta è: 15°δ25°.

            5.2.3 Dimensioni caratteristiche fondamentali

  In fig.5.6 è rappresentata una ruota dentata. Si definiscono:
r = raggio della circonferenza primitiva
rt = raggio della circonferenza di testa
rp = raggio della circonferenza di piede

 


Fig.5.6

p = passo = arco della circonferenza primitiva compreso tra due profili omologhi consecutivi.
m = modulo = p/π
a = addendum = distanza radiale tra la circonferenza primitiva e quella di testa.
d = dedendum = distanza radiale tra la circonferenza primitiva e quella di piede.
Nel proporzionamento modulare si pone a = m; d = 7/6 m oppure d = 1,25 m.
E’ infine da osservare che due ruote per poter ingranare l’una con l’altra devono avere lo stesso modulo e lo stesso angolo di spinta.

 

            5.3 ROTISMI

  Un’insieme di ingranaggi che formano una catena cinematica è detta rotismo.
Se gli assi delle ruote sono paralleli tra di loro, le ruote sono cilindriche ed il rotismo è detto piano. Se gli assi sono incidenti le ruote sono coniche ed il rotismo è detto sferico.
In fig.5.7 sono rappresentati schematicamente due rotismi costituiti il primo da due ruote cilindriche (fig. 5.7,a) ed il secondo da due ruote coniche (fig. 5.7,b).


Fig.5.7

  Le ruote sono indicate mediante le loro circonferenze primitive; la dimensione indicata con b è la dimensione assiale della ruota.
La distanza  è detta interasse.
Se si considera una qualsiasi sezione dello spazio appartenente ad una coppia di ruote è evidente che, durante il moto relativo delle ruote, attraverso tale sezione dello spazio ,passeranno un ugual numero di denti di una ruota e dell’altra. Detti z1 e z2 il numero di denti di ciascuna ruota, per una rotazione pari a 2π della prima ruota, verranno a contatto z1 denti della prima ruota con altrettanti denti della seconda. Alla rotazione J1=2π della prima ruota, corrisponderà una rotazione della seconda ruota data da:

  Di conseguenza, il rapporto di trasmissione sarà:

  Se il rapporto di trasmissione è maggiore di 1 il rotismo è riduttore; se, invece risulta ε<1, il rotismo è detto moltiplicatore.
Il rapporto può essere positivo o negativo a seconda che movente e cedente abbiano lo stesso verso di rotazione ovvero verso opposto.
Il rapporto  è, ovviamente, sempre positivo e viene indicato come rapporto di ingranaggio.
Se tutti gli assi che compongono un rotismo occupano posizioni fisse nello spazio il rotismo è detto ordinario. Se invece alcuni degli assi sono mobili, il rotismo è detto epicicloidale.

  La classificazione dei rotismi si può dunque sintetizzare secondo lo schema che segue:


5.3.1 Rotismi ordinari

            Rotismi ordinari semplici
In fig.5.8 è rappresentato un rotismo ordinario semplice costituito da ruote cilindriche. Si osservi che la velocità periferica è la stessa per tutte le ruote


Fig.5.8

  Il rapporto di trasmissione è dato da:

  Come si può osservare, quindi, il rapporto di trasmissione dipende solo dalla prima e dall’ultima ruote; le ruote oziose.
Le ruote oziose, pur non avendo nessuna influenza sul valore di ε, condizionano il suo segno: per ruote tutte a contatto esterno, come in figura, se le ruote oziose sono in numero dispari, risulterà w1/ w2 > 0. In oltre, le ruote oziose consentono di realizzare elevati valori dell’interasse  senza ingombro eccessivo del rotismo.
E’ infine da osservare che le ruote oziose, realizzando più meccanismi in serie, abbassano il valore del rendimento dell’intera catena cinematica.

            Rotismi ordinari composti
In fig.5.9 è rappresentato schematicamente un rotismo ordinario composto. Come si può osservare, le ruote 2 e 3 sono montate su di uno stesso asse e, pertanto, ruotano con la stessa velocità angolare; analoga situazione si verifica per le ruote 4 e 5.


Fig.5.9

  Poiché risulta ω2 = ω3 e ω4 = ω5, il rapporto di trasmissione è:

  Non vi sono quindi ruote oziose; inoltre, come si vede dalla relazione, è possibile realizzare rapporti di trasmissione elevati.

            5.3.2 Rotismi epicicloidali.

  Come già detto in precedenza, nei rotismi epicicloidali alcuni degli assi non sono fissi; essi sono dotati di un moto di rotazione attorno ad un’altro asse.
In fig.5.10 è rappresentato schematicamente un rotismo epicicloidale semplice.


Fig.5.10

  Esso è essenzialmente costituito da:
- Una ruota A a dentatura esterna che ruota attorno all’asse a
- Una ruota B a dentatura interna che ruota attorno all’asse b coincidente con l’asse a. L’asse b, coincidente con l’asse a è detto asse principale del rotismo epicicloidale.
- Una o più ruote C che ingranano con le ruote A e B. Le ruote C sono folli (libere di ruotare) nei cuscinetti montati nel portatreno.
- Un portatreno P, che porta gli assi delle ruote C, collegato ad un terzo albero il cui asse è coincidente con a e b.
E’ evidente che gli assi delle ruote C non sono fissi ma ruotano attorno all’asse principale del rotismo epicicloidale.
Le ruote A e B sono dette ruote solari; le ruote C sono dette ruote planetarie.
In un rotismo epicicloidale vi sono quindi tre assi mobili: a, b e p. Vi sono dunque 3 possibilità:
1) Il moto entra da un asse ed esce dagli altri due. In questo caso il rotismo viene detto compensatore.
2) Il moto entra da due assi ed esce dal terzo. In questo caso il rotismo è detto combinatore.
3) L’asse di uno dei due solari viene bloccato; il moto entra dall’asse del portatreno e viene raccolto da quello dell’altro solare. In questo caso si ha un riduttore epicicloidale.

  Una relazione che lega le velocità dei tre assi a, b e p del rotismo epicicloidale è stata proposta dal Willis; egli ha definito un rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario ε0 che rappresenta il rapporto di trasmissione che si avrebbe se il portatreno fosse fermo, ovvero è il rapporto tra le velocità dei due solari in un riferimento solidale al portatreno:

  I rotismi epicicloidali si possono ancora dividere in:
a) Rotismi a dentatura esterna se entrambi i solari sono a dentatura esterna.
b) Rotismi a dentatura interna se entrambi i solari sono a dentatura interna.
c) Rotismi a dentatura mista se uno dei due solari è a dentatura esterna e l’altro è a dentatura interna.

Rotismi epicicloidali semplici
Come già detto, uno schema di rotismo epicicloidale semplice è rappresentato in fig.5.10.
Il rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario è:

  Il segno di ε0 è negativo.
E’ facile comprendere che i rotismi epicicloidali semplici sono sempre a dentatura mista.

            Rotismi epicicloidali composti
In fig.5.11 sono rappresentati rotismi epicicloidali composti piani. In fig 5.11,a) il rotismo è a dentature esterna, in fig.5.11,b) è a dentatura mista, in fig.5.11,c) è a dentatura interna.


Fig.5.11

  Per i rotismi epicicloidali composti si definisce il rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario, nello stesso modo di quello visto nel paragrafo precedente:

 

  Il segno di ε0 si ricava osservando, a portatreno bloccato, se il verso di rotazione dei due solari è concorde (ε0 > 0) oppure discorde (ε0 < 0). Così, ad esempio, nella fig.5.12 è rappresentato il rotismo di fig.5.11,a) con i versi di rotazione dei solari (ed ) a portatreno fermo. Come si può osservare, essi sono concordi e quindi ε0 > 0. In modo analogo si può facilmente controllare che risulta ε0 < 0 per un rotismo epicicloidale a dentatura mista (V.fig.5.11,b) e che risulta ε0 >0 per un rotismo a dentatura interna (V.fig.5.11,c).

Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=98144

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