Progettazione delle reti territoriali

Progettazione delle reti territoriali

 

 

 

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Progettazione delle reti territoriali

 

APPRENDIMENTO PERMANENTE E SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO
La Rete Territoriale Toscana per lo sviluppo dell’apprendimento permanente

 

Premessa
In quest’ultimo periodo il panorama politico italiano ha approvato una serie di provvedimenti legislativi in materia di istruzione, formazione professionale e apprendimento permanente che costituiscono una risposta, seppur in ritardo, alle sollecitazioni da parte dell’Unione Europea di dotarsi, in questo periodo di crisi economica globale, di strategie legislative affinché l’apprendimento permanente e la mobilità possano divenire una realtà. Le raccomandazioni del Consiglio verso gli stati membri prevedono l’adozione di misure finalizzate a rilanciare e a migliorare i sistemi di istruzione e di formazione affinché tutti i cittadini si trovino nella condizione di realizzare appieno le proprie potenzialità di crescita culturale, formativa e occupazionale . In questo contesto gli interventi adottati dall’Italia nell’ultimo anno mirano a realizzare un sistema integrato di riferimento dell’apprendimento per tutto l’arco della vita (lifelong) e in ogni luogo (lifewide) basato sul riconoscimento, sulla promozione e sull’accrescimento delle competenze del capitale umano acquisite in tutti i contesti, sul lavoro, nella vita quotidiana e nel tempo libero. Per la prima volta si legifera in tema di apprendimento permanente e lo si fa con una legge sulla riforma del mercato del lavoro, la Legge 92 del 28 giugno 2012, che riconosce appunto, all’art. 4 commi dal 51 al 68, il diritto di ogni persona all’apprendimento permanente in ogni fase della vita nell’ambito di un sistema condiviso e territorialmente integrato dei servizi di istruzione, formazione e lavoro che individua, valida e riconosce il patrimonio culturale e professionale accumulato dalla persona nella propria storia personale, formativa e professionale per sviluppare una crescita economica, favorire l’occupabilità dei giovani, l’invecchiamento attivo e la cittadinanza attiva. In particolare, all’art. 4 comma 51 si definisce ufficialmente il concetto di apprendimento permanente intendendolo, “in linea con le indicazioni dell’Unione Europea, […] qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale, informale , nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale.
La legge contiene inoltre una serie di norme che dettano le condizioni per istituire il Sistema nazionale di certificazione delle competenze (commi dal 64 al 68): standard di certificazione delle competenze e dei relativi servizi; criteri per la definizione e l’aggiornamento, almeno ogni tre anni del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali; le modalità di registrazione delle competenze certificate, anche con riferimento al libretto formativo ed alle anagrafi del cittadino; l’istituzione del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, accessibile e consultabile per via telematica.
Nella Conferenza Unificata del 20 dicembre 2012, è stata raggiunta l’intesa sull’apprendimento permanente e gli indirizzi per l’individuazione di criteri generali per la promozione ed il sostegno alla realizzazione di reti territoriali ai sensi dell’art. 4 comma 55. Con questa “dichiarazione” le parti si impegnano ad attuare misure che assicurino al cittadino l’offerta integrata sul territorio di servizi di documentazione, riconoscimento, validazione e certificazione delle esperienze e degli apprendimenti acquisiti nei tre settori; a rendere più efficaci gli interventi anche attraverso l’ottimizzazione e lo sviluppo dei sistemi di rilevazione dei fabbisogni professionali e di competenze; ad assicurare i servizi di orientamento permanente; a potenziare le azioni dei sistemi integrati di istruzione, formazione e lavoro in termini di innalzamento della qualità e dell’efficienza, coerentemente con la strategia di Europa 2020.
Le parti si impegnano inoltre a promuovere e sostenere la realizzazione di reti territoriali costituite dall’insieme dei soggetti pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro, nonché dei poli tecnico professionali. Alla realizzazione delle reti concorrono anche: le università, le imprese, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, l’osservatorio sulla migrazione (art. 4 comma 56, L, 92/12). In particolare, le parti individuano otto obiettivi specifici delle reti, come indicato al punto B.4 dell’Intesa:

  1. creare sinergie tra i sistemi di apprendimento formali, non formali e informali e fra i diversi soggetti dell’offerta, ivi compresi i CPIA, i servizi per il lavoro e le imprese, condividendo analisi dei fabbisogni, progettualità e risorse umane;
  2. qualificare gli standard e gli obiettivi specifici dei diversi percorsi e servizi;
  3. promuovere il contratto di apprendistato e qualificarne il contenuto formativo, con particolare riferimento al primo e terzo livello (d.lgs n. 167/2011);
  4. favorire azioni condivise di orientamento permanente a partire dalle azioni e dalle misure di coordinamento dell’offerta;
  5. realizzare azioni di accompagnamento rivolte a giovani e adulti finalizzate al rientro nel sistema educativo di istruzione e di formazione e/o all’inserimento/reinserimento nel mercato del lavoro;
  6. promuovere la formazione permanente e continua.

Durante la Conferenza Unificata è stato inoltre sancito un accordo sull’orientamento permanente per sviluppare e condividere una strategia nazionale, fondata sulla centralità della persona, al fine di superare la frammentazione degli interventi e delle politiche attivate, di realizzare il raccordo tra i sistemi che svolgono funzioni orientative e di definire standard minimi di servizio.
Conseguentemente ai sopracitati interventi legislativi, il 16 gennaio 2013 è stato emanato il decreto legislativo n. 13 che definisce e rende operativo il nuovo Sistema nazionale di certificazione delle competenze, ai sensi dell’art. 4 commi 58 e 68 della L. 92/12. Il decreto si propone di far emergere e far crescere le competenze professionali acquisite non solo sul lavoro ma anche nel tempo libero, in modo da promuovere la mobilità geografica e professionale, favorire l'incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, accrescere la trasparenza degli apprendimenti e la spendibilità delle certificazioni in ambito nazionale ed europeo.
Nel febbraio 2013, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPR n. 263/2012 che contiene le norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei Centri di istruzione per gli adulti che sostituiranno e incardineranno gli “storici” Centri Territoriali Permanenti”, costituitesi con l’Ordinanza Ministeriale n. 455 del 1997, e gli istituti serali. A partire dall'a.s. 2014/2015, i nuovi Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA) realizzeranno un'offerta formativa strutturata per livelli di apprendimento finalizzata al conseguimento di titoli di studio ed al rilascio di certificazioni formali.

  1. Il framework di riferimento per lo sviluppo dell’apprendimento permanente

 

E’ linguaggio comune sostenere che le diverse istituzioni debbano organizzarsi in un “sistema” per affrontare i nuovi problemi e che corpi sociali individuali e isolati non siano più in grado di dominare e dirigere la crescita della dimensione culturale, sociale e produttiva.
Tuttavia, oggi, concetti come diritto all’apprendimento, educazione permanente, lifelong learning, sistema educativo integrato iniziano a collocarsi per la prima volta in Italia anche all’interno di un quadro normativo nazionale e richiedono, oltre ad una adeguata riflessione, la definizione di indicazioni operative.
Sicuramente l’attenzione all’apprendimento in tutto il corso della vita richiede, al di là del riconoscimento di valore, l’individuazione e l’attuazione di nuove misure e di nuove modalità operative che necessitano di essere sviluppate coerentemente in un quadro di riferimento teorico e metodologico per non rischiare di essere rilegata ad una dimensione puramente contingente di programmazione e individuazione di misure di intervento e di coperture finanziarie.
E’ infatti possibile incorrere nel rischio di considerare il sistema di lifelong learning  riconducendolo riduttivamente alle modalità attraverso le quale può essere organizzato, all’insieme delle strutture che erogano servizi, alle forme corsuali con le quali si cercano di fornire risposte alle nuove domande di accesso ai saperi esistenti: si tratta di definire il problema riducendolo riduttivamente alle attività attraverso le quali si esplica e di considerare le reti di strutture in termini meramente sommatori e funzionali.
In questo modo si può perdere di vista il significato che il sistema formativo integrato assume in quanto strumento per sviluppare capacità individuali e collettive di direzione e controllo sui processi stessi di trasformazione e di innovazione.
A partire dalla necessità di declinare il concetto di apprendimento permanente nella varietà dei sotto-sistemi dell'istruzione, della formazione professionale, dell’educazione non formale e della formazione continua, dell’orientamento come guidance, del lavoro come contesto di apprendimento che richiede formazione non solo in ingresso, ma continua, si comprende che il sistema formativo si fonda sull’adeguamento e sull’integrazione tra i suddetti sotto-sistemi, a cui si aggiunge anche la rivalutazione dell’ambito informale dell’apprendimento.
La giustificazione di un sistema locale integrato di lifelong learning non risiede infatti solo nella necessità di garantire servizi integrati all’utenza rispetto ai bisogni di educazione, istruzione, formazione professionale, ma risiede anche nella necessità di investire sulla crescita di competenze di un territorio per favorirne lo sviluppo. Solo consentendo l’apprendimento diffuso della comunità locali e la crescita dei saperi locali possano ingenerarsi efficaci e virtuosi meccanismi di innovazione e trasformazione. Un sistema locale di lifelong learning diventa dunque presupposto necessario per lo sviluppo del territorio: diventa il presupposto per una gestione intenzionale della crescita delle conoscenze locali e richiede l’esplicitazione della componente formativa che sta dietro ogni  processo innovativo, in quanto processo di apprendimento che genera nuove conoscenze e nuovi saperi. In qualunque settore ciò accada. Ricondurre a sistema tutto ciò e poterlo gestire è sicuramente un’operazione complessa, ma per sostenere uno sviluppo locale integrato, democratico e sostenibile occorre partire dalla valorizzazione delle risorse e dai saperi che il territorio possiede e utilizza, sia per esprimere i propri bisogni, sia per formulare possibili risposte. Ciò significa che per attivare qualunque azione di trasformazione e sviluppo è necessario partire dal potenziale di conoscenza espresso dai saperi collettivi, dotazione del capitale umano nelle diverse aree territoriali: questa dotazione esprime quel capitale immateriale, produzione ideale di saperi, che trova espressione e sviluppo nei diversi aspetti di un territorio e nei diversi settori di gestione. È il sistema dei saperi che caratterizza il territorio nei suoi aspetti materiali e immateriali, di cui si alimenta il settore produttivo, che sta alla base dell’organizzazione dei servizi sanitari, che sta dietro l’organizzazione dello spazio, che presiede alle relazioni sociali, che si apprende, si trasforma e si costruisce attraverso l'educazione informale, non formale e formale.
Affinché sia chiamato in causa il sistema dei saperi locali occorre dunque che i bisogni e le risposte ad essi siano individuate localmente e quindi sia la comunità stessa a poter essere protagonista dei processi di sviluppo cha la riguardano. Comunità locale intesa nelle sue differenti componenti e livelli di espressione, che devono essere messe in grado di ricercare e costruire risposte adeguate ai propri bisogni, a partire dalla valorizzazione dei propri saperi. Solo così, proprio questi saperi potranno essere modificati e trasformarsi, trovando alimento da nuove conoscenze e contributi che si innestano tuttavia efficacemente e in maniera funzionale, valorizzando il pregresso.
Si comprende dunque come parlare di sistema locale di lifelong learning assuma anche il senso di un’operazione strategica per consentire lo sviluppo di un territorio investendo sul patrimonio immateriale di saperi di cui il territorio è espressione.
La costruzione di un sistema integrato di lifelong learing è interpretabile  dunque per la sua duplice valenza: da una parte strumento per l’attivazione di processi di governance democratica e partecipativa, proprio attraverso le reti, per consentire alle comunità locali (nella componente istituzionale, associativa e del no-profit, produttiva) di essere protagoniste della propria crescita, e dall’altro strumento per declinare le possibilità offerte dal concetto di apprendimento permanente attraverso la varietà dei canali dell'istruzione, della formazione professionale, dell’educazione non formale e della formazione continua.
Ma come si traducono questi principi, che ora hanno anche una base normativa, in azioni concrete e sostenibili? Quali sono gli elementi che caratterizzano un sistema integrato per l’apprendimento permanente attuabile a livello nazionale? quale significato assume per lo sviluppo dei territori? Se le reti, i servizi di orientamento e la certificazione delle competenze sono indicate nella normativa come misure atte a dare concretezza al sistema, su quali presupposti teorici si fondano e quali sono gli strumenti operativi che danno loro concretezza?
Sono solo alcune delle domande che possono nascere dall’analisi della legge e per cercare di trovare risposte o comunque percorsi viabili di attuazione della normativa, non è possibile prescindere dalla considerazione che le Regioni e i territori in questi ultimi anni, e sicuramente a partire dal Memorandum del 2000, hanno comunque lavorato nella direzione di un sistema integrato di servizi per l’apprendimento permanente. Molte quindi le pratiche esistenti, più o meno normate, più o meno istituzionalizzate e formalizzate, che diventa importante valorizzare per costruire modelli regionali e nazionali.

 

2. Contributi regionali per lo sviluppo dell’apprendimento permanente: il caso toscano
In Toscana, dopo la Legge regionale 32/2002 e i successivi documenti normativi, è nell’ottica di una integrazione sistemica tra i vari segmenti dell’istruzione, dell’educazione formale e non formale, che si è reso necessario definire un quadro organico a livello territoriale, come necessario presupposto per creare un reale sistema integrato per il diritto all’apprendimento. La normativa ha offerto un quadro di riferimento sul piano progettuale e gestionale, ma soprattutto ha ricondotto il problema ad una prospettiva territoriale potenzialmente in grado di valorizzare al massimo la vocazione territoriale non tanto e non solo per il riconoscimento di specificità del territorio, ma come sostegno operativo allo sviluppo del sistema educativo locale come base per la costruzione di una concreta società della conoscenza funzionale allo sviluppo del territorio.
La normativa regionale nel corso degli anni ha peraltro richiesto, oltre alla messa a punto della dimensione tecnico-procedurale della programmazione integrata, anche la sperimentazione di modalità partecipative di rilevazione dei bisogni, analisi, programmazione e gestione dei servizi come risposta integrata ai problemi dei soggetti e della comunità, a garanzia di una reale partecipazione e gestione locale del sistema formativo territoriale, con particolare riguardo all’importante ruolo che in questo ambito di programmazione può e deve svolgere il sistema produttivo locale e l’associazionismo.
L’approccio integrato locale ha inoltre teso a integrare esigenze che tradizionalmente sono state perseguite e realizzate attraverso percorsi separati: le esigenze dello sviluppo economico e le esigenze dell’acquisizione di conoscenze e competenze. «Ciò che appare caratterizzare questa nuova concezione è la considerazione di come i processi messi in moto per raggiungere l’obiettivo dello sviluppo, in realtà possono determinare  anche risultati utili all’organizzazione di una società più coesa, consapevole ed evoluta. In effetti, se ogni sviluppo economico trova nelle capacità innovative, la possibilità di affermazione e se le capacità innovative nascono da una continua ed ampia formazione che superi i tradizionali momenti temporali dell’istruzione (adolescenza e giovinezza), per considerare, invece, tutto l’arco della vita, attraverso la formazione, allora non si raggiunge solo l’obiettivo dello sviluppo, ma si trasferiscono anche strumenti di conoscenza che aumentano la consapevolezza del diritto individuale a vivere una cittadinanza attiva, informata, consapevole» .
Il modello dell'apprendimento permanente si coniuga dunque alla considerazione del locale, della comunità locale, e non parte dalla rigida costruzione dell'offerta formativa come nel modello scolastico, ma intende sottolineare l’esigenza e l’opportunità di partire dalla domanda di sviluppo di cui il territorio è portatore attraverso i molteplici e diversificati bisogni di conoscenza dei suoi abitanti.
Tale modello richiama, anzi necessita di un sistema a rete, autonomo, flessibile e allargato di servizi educativi, formativi, di istruzione e di orientamento in grado di soddisfare proprio i bisogni che il territorio esprime.
Si comprende come un sistema educativo locale così inteso non si realizzi semplicemente sulla base della costruzione di reti locali di apprendimento permanente, ovvero sulla base dell’insieme delle offerte formative territoriali che le agenzie e i servizi educativi possono differenziare rispetto a istruzione, formazione professionale, educazione non formale: la centralità non può più essere nell'organizzazione autoreferenziale dei contenuti, perché deve essere rintracciata nella capacità di ciascuna struttura di garantire, per la parte che la riguarda, l'apprendimento delle conoscenze e delle competenze rispondenti ai bisogni espressi dai singoli e ai bisogni di sviluppo che il territorio nel suo complesso esprime. In tal caso il Networking locale assume un valore diverso per le agenzie coinvolte: «non è la loro distribuzione nel medesimo territorio a costituire da sola il sistema educativo locale, che invece sta in piedi e si alimenta come risorsa indispensabile di educazione permanente della comunità locale nella misura in cui agenzie e servizi realizzano un effettivo lavoro di rete formativa per la costruzione personale, individuale e collettiva, dei saperi avanzati della società locale. In tal caso, il sistema educativo locale è l'ombrello interistituzionale ed interassociativo dell'azione integrata degli interventi di educazione e di formazione attorno alla comune ed articolata progettualità pedagogica della comunità che apprende, i cui operatori, come lavoratori della conoscenza, adottano metodologie e tecnologie educative di ricerca e di partecipazione per la soluzione dei problemi dello sviluppo locale all'interno del più ampio sviluppo nazionale e transnazionale» .
In questo contesto si sono andate configurando le componenti del modello di sistema educativo locale nei suoi diversi livelli,:
livello politico strategico: attraverso la messa a punto di un modello di funzionamento della Conferenza dei Sindaci, organo di programmazione previsto dalla normativa, che riunisce i Sindaci (o Assessori delegati) della zona;
livello istituzionale di programmazione: attraverso la costruzione di Tavolo/gruppi di lavoro permanenti di lavoro composto dai referenti  tecnici delle amministrazioni con funzione di supporto alla programmazione;
livello di concertazione: attraverso la costituzione di Tavoli con i diversi attori locali (come nel caso dell’istruzione o dell’ambiente) o attraverso l’istituzione di Forum territoriale (dell’educazione degli adulti o dell’educazione ambientale); 
livello gestionale di coordinamento: attraverso l’individuazione di una struttura di gestione e di coordinamento delle reti, in grado di fare la regia dei Tavoli delle agenzie e degli operatori;
livello operativo di azioni: costituzione di reti di operatori (organismi) per l’analisi dei problemi e la realizzazione di interventi.
L'obiettivo di politica culturale di una tale operazione è stato attivare un meccanismo locale per la costituzione di spazi istituzionali di educazione permanente che si esplicano anche attraverso l’esercizio di funzioni di programmazione e gestione del sistema formativo, ma che trovano concretezza operativa nelle diverse azioni.  Sicuramente l’impianto sopra indicato ha trovato modalità attuative diverse da territorio a territorio sia  in relazione alla definizione degli organi di supporto di gestione sia, soprattutto, in relazione alla costruzione delle reti territoriali e del loro funzionamento.
Tuttavia le pratiche di lavoro di rete comunque attivate e rese operative possono rappresentare un patrimonio di esperienze e soluzioni procedurali da rilevare, valorizzare, modellizzare e trasferire nel rispetto delle nuove indicazioni normative e nel nuovo scenario che la Legge 92 del 28 giugno 2012 prospetta per l’apprendimento permanente.

 

  1. La struttura del sistema secondo la L. 92/2012

Il sistema di apprendimento permanente delineato dalla normativa  cancella il sistema dell’Istruzione e dell’Educazione  come fino ad oggi lo abbiamo conosciuto in Italia avvicinandoci  ai paesi europei più avanzati nel settore e si struttura nei seguenti elementi fondamentali:
a – la rete territoriale dei servizi
b – l’orientamento permanente
c – l’individuazione, la validazione degli apprendimenti e la certificazione delle competenze
d - un sistema informativo interoperativo nell’ambito della dorsale unica informativa ai fini del monitoraggio, della valutazione,  della tracciabilità e conservazione degli atti rilasciati;

    1.  La Rete territoriale dei servizi

La rete costituisce l’elemento caratterizzante del nuovo sistema del diritto all’apprendimento per tutta la vita. Ingloba, per l’apprendimento formale,  il sistema dell’Istruzione compresa l’Università e i Centri di Ricerca,  l’Istruzione Tecnica Superiore, l’Istruzione e  Formazione Professionale, la Formazione Professionale regionale. Per l’apprendimento non formale ingloba le Organizzazioni educative e formative qualunque sia la loro natura e forma. Ricomprende tutte le occasione di  apprendimento informale, l’apprendistato  e i servizi del lavoro. Fanno parte delle rete anche le imprese e le organizzazioni sindacali e datoriali nonché le organizzazioni a supporto dell’impresa-

La Rete dei servizi è una struttura flessibile e a geometria variale, non pubblica ma riconosciuta dall’ente locale, non gerarchizzata e ad adesione non obbligatoria. Non ha scopo di lucro e la partecipazione al sistema e il suo coordinamento sono su  base volontaria. In sede di prima istituzione è’ promossa dalla Regione ma ha un proprio coordinamento eletto dai membri della rete e può anche sub-articolarsi a livelli zonali. In quanto organismo autonomo può divenire, attraverso sue rappresentanze,  interlocutrice degli enti locali in tutte le questioni ove questi ultimi debbano istituire politiche legate all’apprendimento  formale, non formale, informale. Gli enti locali a loro volta posso trovare forme di interlocuzione con la rete.

Scopo principale della rete,  e sua missione precipua,  è quello di offrire servizi educativi e formativi nei tre settori dell’apprendimento individuati dalla legge 92/2012 a chiunque ne faccia richiesta ed abbia i requisiti per accedervi, per questo rappresenta un sistema atto a facilitare  al cittadino la conoscenza delle opportunità che gli vengono proposte anche attraverso le articolazioni territoriali quali le Conferenze Zonali per l’Istruzione e la Formazione o i Centri per l’impiego.

La rete si pone come momento innovativo nel panorama educativo nazionale e si assume in prima persona,  ed in maniera unitaria, il servizio dell’offerta educativa e formativa che, nei limiti concessi dall’ordinamento statale e dalla programmazione di competenza regionale,  per quanto riguarda l’apprendimento formale, induca nel cittadino comportamenti idonei a renderlo sempre più consapevole delle opportunità utili per la sua crescita culturale e  per l’ acquisizione di competenze spendibili nel mondo dell’occupazione.

Il coordinamento della rete utilizza un proprio web site ufficiale costruito e manutenuto dalla contribuzione  degli aderenti nella consapevolezza che il successo delle loro performance educative o formative  dipendono dal grado di informazione che ciascuno di essi è in grado di fornire  al cittadino.

La rete si dota di un regolamento che preveda le modalità di funzionamento del coordinamento e degli obblighi che ciascun aderente si assume in quanto membro della rete.

 

    1.  L’orientamento permanente

Il sistema dell’orientamento permanente è l’altro elemento indispensabile per la costruzione della società della conoscenza e per rendere effettivo il diritto all’apprendimento permanente.

Il sistema dell’orientamento permanente è il supporto indispensabile per la rete dei servizi.
Sebbene la rete abbia come finalità anche l’informazione essa non si addentra nella valutazione del singolo individuo e non lo accompagna nel percorso a lui più consono.

Informazione e orientamento appartengono a due piani diversi, come può facilmente comprendersi, per cui il sistema dell’orientamento presuppone personale appositamente formato, sia di derivazione pubblica (scuola,  centri per l’impiego)  che di derivazione privata con accredito regionale (consulente educativo).

Nel sistema di offerta di servizi proposto dalla  rete il sistema dell’orientamento permanente assume due specificità:

  1. la prima che potremmo definire “generale” conduce il cittadino all’interno dell’offerta formativa offerta dalla rete cercando di fargli individuare quale sia il percorso che maggiormente incontra i suoi bisogni educativi o formativi;
  2. La seconda appartiene al genere di orientamento che segue il processo di educazione o formazione del singolo cittadino e si identifica con l’azione del mentore che lo accompagna passo dopo passo valutando i risultati e suggerendo le eventuali correzioni o cambiamenti.

L’orientamento, sia pubblico che privato, trova la sua legittimazione all’interno di linee guida nazionali che determinano le modalità generali su cui deve basarsi il sistema regionale che può, invece,  articolarsi in specificità legate alle varie realtà territoriali.

 

    1. Individuazione, validazione degli apprendimenti e certificazione delle competenze

E’ questa la fase caratterizzante tutto il sistema dell’apprendimento permanente, ma anche la più complessa poiché abbisogna di una struttura sistemica molto complessa che deve prevedere modalità di:

  1. individuazione
  2. validazione
  3. certificazione

Va ricordato che la certificazione delle competenze non è un percorso obbligatorio cui ogni cittadino deve sottoporsi. La certificazione riveste solo un aspetto funzionale: è necessaria qualora sia richiesto dimostrare le competenze possedute  o quando si desideri veder mettere nero su bianco una propri aespereinza formativa di vita.

Si è detto che con l’ avvento del sistema dell’apprendimento permanente viene a cessare un modo di educare e formare vecchio di oltre un secolo le cui conseguenze sono riassumibili in queste due proposizioni, ovviamente per quanto riguarda uno stretto rapporto fra apprendimento e mondo del lavoro:

  1. chiunque può richiedere la  certificazione delle proprie competenze acquisite durante  la propria esperienza prescindendo dalle certificazioni o titoli acquisiti o meno durante il percorso di vita;
  2. il titolo di studio del sistema dell’Istruzione, come sempre comunemente inteso, cambia di valore;

Da una concezione che privilegiava il titolo di studio (per la mobilità sociale verticale per esempio o per l’ingresso nel mondo del lavoro) si passa ad accentuare principalmente il possesso delle competenze e delle abilità possedute in quanto, ai fini dello sviluppo culturale e lavorativo di una persona non sempre il titolo di studio corrisponde alle sue capacità e competenze. Il titolo di studio certifica un percorso di acquisizione di conoscenze che non sempre si esprimono in competenze. Pertanto queste ultime devono essere accertate.

Se è facile individuare i presupposti conoscitivi per i percorsi formali, non altrettanto facile lo diventa per i percorsi non formali e informali.
Per i percorsi formali il titolo o la certificazione è l’elemento classico di individuazione delle conoscenze. Per i percorsi non formali,  informali e dell’apprendistato necessitano modalità nuove in grado, nel caso si richieda la certificazione, di dimostrare le proprie pregresse esperienze sia attraverso una documentazione eventualmente posseduta, sia attraverso apposite dichiarazioni personalmente rese.

Questa  prima fase non dovrebbe presentare, comunque,  molte criticità, in quanto l’aspetto fondamentale è quello della volontà del singolo di sottoporsi a verifica magari supportando questa volontà con un documentazione idonea ove possibile.

La seconda fase, quella valutativa, nel particolare momento storico, presenta invece criticità relativamente al modo di riferire le competenze possedute dal singolo al repertorio nazionale delle figure professionali che attualmente è in fase di elaborazione, mentre esistono i repertori a livello regionale. Un’altra difficoltà è che ancora non sono stati stabiliti a livello nazionale i requisiti minimi su cui calibrare le competenze possedute dal singolo.

In via sperimentale e nell’attesa del repertorio nazionale delle figure e di requisiti minimi il sistema regionale può rappresentare un primo momento di start up.

Il sistema toscano possiede, nel suo repertorio 286 figure professionali declinato in aree di attività per cui per una figura sono necessarie più aree di attività e 1.130 aree di attività declinate in conoscenze e competenze attinenti a quella specifica area che da sola non costituisce una figura ma ne rappresenta una  parte.  E’ molto importante che la valutazione e certificazione delle competenze non necessariamente porti al riconoscimento di una figura professionale ma possa  anche riguardare singole competenze riscontrabili nelle aree di attività.
Se per esempio la figura regionale del panificatore prevede oltre al possesso di competenze specifiche sul modo di fare il pane anche competenze relative al modo di gestire il negozio di vendita chi necessita di vedersi riconosciute solo competenze relative alla panificazione sarà valutato in base a questa specifica area di apprendimento tralasciando quella della gestione.
Questo tipo di sperimentazione determina riconoscimenti di competenze validi a livello regionale in mancanza di un  repertorio nazionale.

Non di facile soluzione è anche chi certifica le competenze oltre che ad individuarle e valutarle. La normativa vigente affida ai diversi enti competenti per materia, detti “enti pubblici titolari”,  questo tipo di attività. Essi sono:

  1. il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
  2. Il Ministero del Lavoro
  3. Il Ministero dello sviluppo economico
  4. Le regioni e le province autonome

Gli enti pubblici titolari possono autorizzare o accreditare soggetti pubblici o privati per espletare le attività di cui al presente punto 4 che vengono definiti “enti titolati”.

In via sperimentale gli enti pubblici titolari potrebbero accreditare soggetti privati, separatamente o raggruppabili in un unico organismo per il compimento delle azioni previste.

 

  1. Il Progetto di Rete Regionale Toscana

Alla luce delle considerazioni espresse nelle pagine precedenti il progetto prevede in una prima ricognizione di pratiche di lavoro di rete già in atto sul territorio toscano con particolare riferimento ad alcune zone della Provincia di Pisa e Firenze.
La rilevazione di buone pratiche e la loro analisi sulla base delle indicazioni fornite dalla normativa, potrà costituire la base per la definizione di modelli di lavoro di rete per l’integrazione dei servizi su base territoriale e porrà le premesse per un’azione di rafforzamento di tali reti in funzione della operativizzazione degli altri due elementi strutturali del sistema di apprendimento permanente definito dalla L. 92/2012, ovvero:
– l’orientamento permanente
– l’individuazione, la validazione degli apprendimenti e la certificazione delle competenze.

Obiettivo della prima fase è la costruzione di linee guida per la costruzione, gestione e finalizzazione delle reti per rispondere ai bisogni territoriali di apprendimento permanente in un quadro di sistema formativo integrato. I modelli di rete diventeranno la base per definire e sperimentare gli altri elementi strutturali del sistema definito dalla L. 92/2012.
Obiettivo della seconda fase di progetto è costruire e sperimentare modelli territoriali di sistema che siano in grado di  considerare in maniera integrata tutti gli elementi strutturali della normativa: quindi definire modelli di orientamento permanente e di procedure di certificazione e riconoscimento delle competenze.

Se la prima fase del progetto potrà essere realizzata dal Gruppo Promotore del Progetto, la fase successiva dovrà essere negoziata e sostenuta dai territori stessi.

I risultati della ricerca, formalizzati  nelle diverse fasi di realizzazione, verranno messi a disposizione della Regione Toscana e della Conferenza Unificata Stato/Regioni, oltre che del Tavolo di Lavoro sull’Apprendimento Permanente.

La ricerca inoltre, in relazione al problema della certificazione delle competenze, intende approfondire 
il  rapporto tra competenze, standards ed istruzione degli adulti.
L’azione si propone di affrontare due contenuti: che cosa sono e come si costruiscono gli standards e l’ipotesi di un modello di organizzazione e di sviluppo degli standards nella dinamica tra centro e periferia, ossia tra nazionale e locale. Di conseguenza, l’obbiettivo primario dell’azione diventa quella della produzione di standards sia per il livello  locale che per quello nazionale.
Il secondo obbiettivo si concentra sulla formazione di esperti in grado sia di sviluppare le loro competenze nel campo specifico sia di qualificarsi come corpo intermedio di progettazione e di implementazione delle conoscenze del settore dell’educazione degli adulti.
Il terzo obbiettivo intende dare corpo ad un modello di sistema nazionale di standards  che sia punto di riferimento per le diverse azioni formative e sia, nello stesso tempo, capace dei necessari processi di adattamento e di sviluppo.
Le esperienze di intervento sulle quali verrà attivata la ricerca sono quelle formative e di produzione che agiscono oggetti formativi  propri delle organizzazioni  delle attività dei CTP mirate alla definizione e sviluppo di standards locali e nazionali. Tali pratiche formative e di produzione si svolgeranno in un contesto protetto, quello della ricerca, che ne potenzia la visibilità e ne cura l’emergere di nuovi apprendimenti.

 

Promotori
Azione promossa da EdaForum  nazionale, Coordinamento IX Commissione Conferenza Regioni, Indire, Università degli studi di Firenze.
Proposta progettuale a cura di Giovanna Del Gobbo, Nadia Garuglieri, Elio Satti, Paolo Sciclone, Antonella Zuccaro.

Tempi
Si definiscono solo i tempi della fase di rilevazione,, analisi e modellizzazione di buone pratiche di lavoro di rete.
Si prevede l’avvio a settembre 2013 e la predisposizione di un rapporto di ricerca per dicembre 2013.


 


In particolare con la Raccomandazione sul Programma Nazionale di Riforma 2012 dell’Italia del 5 giugno 2012 l’Unione Europea ha richiesto di “attuare il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche a livello nazionale per promuovere la mobilità del lavoro”. Ancora oggi, infatti, non è stata realizzata una disciplina organica in materia di apprendimento permanente e certificazione delle competenze comunque acquisite dalla persona. Questo tema è stato affrontato per la prima volta a livello normativo con il Testo Unico per l’Apprendistato dove si afferma che le competenze acquisite dall’apprendista in assetto lavorativo sono certificate secondo modalità definite dalle regioni, sulla base del repertorio delle professioni e registrate sul libretto formativo del cittadino. Con l’Accordo Stato Regioni del 19 aprile 2012 per la “definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite per l’apprendistato” è stato depositato il primo tassello per la definizione di un quadro nazionale di standard per la certificazione delle competenze. Anche a livello regionale, si possono osservare alcune realtà (per esempio Lombardia e Toscana) che, con modalità differenziate, si stanno muovendo in questa direzione.

“Per apprendimento formale, si intende quello che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento  di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato” (comma 52);  “per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da una scelta intenzionale della persona che si realizza al di fuori dei sistemi di istruzione, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese” (comma 53); “per apprendimento informale si intende quello che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero” (comma 54)

Per orientamento permanente si intende il “processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi e interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative” (art. 1 della Conferenza, come riferito nella risoluzione del Consiglio Europeo del 21 novembre 2008).

Satti E., Il Sistema di Educazione degli Adulti nella Regione Toscana, «LLL, Focus on Lifelong Learning. Educazione degli adulti, lo stato dell'arte», I (2005), n. 1 – 2, (http://rivista.edaforum.it/numero1/satti.htm)

Orefice P., Pedagogia, Roma, Editori Riuniti, 2007, p. 145

Fonte: http://www.agorale.insidesupport.org/uploads/docs/Progetto_Rete_Territoriale_luglio_20131.doc

Sito web da visitare: http://www.agorale.insidesupport.org/

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