Verga la vita

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Verga la vita

GIOVANNI VERGA (1840 - 1922)

LA VITA
1840-1865
Nasce a Catania il 2 settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizioni economiche e di origine nobiliare. Ad undici anni inizia gli studi alla scuola di Antonino Abate, letterario e patriota, e, poi, del canonico Mario Torrisi. Il tipo di educazione ricevuta è, sul piano politico, patriottica risorgimentale e, sul piano letterario, sostanzialmente romantica.
Si iscrive alla facoltà di legge ma non termina gli studi, tutto preso dalle vicende storico-politiche (dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia). Di questa educazione testimoniano le prime prove narrative: l'inedito Amore e patria,ispirato alla rivoluzione americana e scritto a 17 anni, I carbonari della montagna pubblicato nel 1861 a spese dell'autore il quale vi impegnò la somma destinata al proseguimento degli studi di giurisprudenza che infatti interruppe. Nello stesso anno si arruola nella guardia nazionale di Catania e svolse un’intensa attività di giornalista (fu tra i fondatori e i redattori di tre giornali, il primo dal titolo assai significativo, «Roma degli Italiani», che ebbero tutti una breve durata). Nel 1863 il periodico fiorentino "Nuova Europa" pubblica a puntate il romanzo Sulle lagune. Una peccatrice (1866) e Storia di una capinera (1871).
1865-1872
Dopo la morte del padre, nel 1865 si stabilisce a Firenze dove frequenta l'ambiente letterario di Francesco Dall'Ongaro, giornalista, professore di letteratura drammatica e autore del noto testo teatrale «Il fornaretto di Venezia». Conosce i poeti Giovanni Prati e Aleardo Aleardi e la scrittrice Caterina Percoto, autrice di racconti di ambiente paesano. Diventa autore di uccesso dapprima con il romanzo Una peccatrice (1866) e quindi con Storia di una capinera edita nel 1871. Fondamentale, negli anni fiorentini, è l'incontro con Luigi Capuana con il quale inizia un rapporto d'amicizia e un sodalizio letterario. Così scriveva ai familiari: «Firenze è davvero il centro della vita politica e intellettuale d’Italia; qui si vive in un'altra atmosfera.»
1872-1894
·  Si trasferisce a Milano, città in cui sono vivacissimi gli scambi letterari: nasce in quegli anni la Scapigliatura; sono attivi, negli stessi anni, Giuseppe Giacosa e Federico De Roberto.
·  Tra il 1873 e il 1876 escono i romanzi Eva, Tigre reale, Eros, la raccolta di novelle Primavera e altri racconti, e, nel 1874, il bozzetto di ambiente siciliano Nedda in cui, per la prima volta, la tematica mondana viene abbandonata. Nella seconda metà degli anni Settanta la sua scrittura diventa una scrittura narrativa come "ricerca di verità".
·  Nel 1877 Capuana inizia una battaglia letteraria per il Verismo e comincia a scrivere il romanzo Giacinta che appunto a quella poetica si ispira.
·  Nel 1878 in una lettera all'amico Salvatore Paola, Verga esprime quella che sarà la tematica dei Malavoglia: "un lavoro" che sia "una specie di fantasmagoria della lotta per la vita che si estende dal cenciaiolo al ministro e all'artista..."
·  Nel 1881, preceduto dalle novelle di Fantasticheria (1880) e di Vita dei campi (1878), appare I Malavoglia, nello stesso anno in cui appare Malombra di Fogazzaro. L'imprevisto insuccesso del romanzo denota la preferenza dei lettori che tende verso il clima letterario creato dai romanzi di quest'ultimo.
·  Pur scoraggiato, Verga continua a pubblicare: I ricordi del capitano D'Arce (1881), Il marito di Elena (1882), le raccolte di novelle: Novelle rusticane (1883), Per le vie (1883, ispirate all'esistenza squallida della plebe cittadina e della gente della metropoli lombarda), Drammi intimi (1884).
·  Intanto inizia la nuova attività di autore per il teatro con alterne vicende di successi e di fiaschi: Cavalleria rusticana (interpretata dalla Duse) trionfa a Torino, In portineria cade a Milano.
·  Nel 1887 scrive Vagabondaggio (raccolta di novelle che riprende il tema delle novelle «Per le vie») e l'anno dopo esce a puntate su "Nuova Antologia" Mastro-don Gesualdo.
·  Nel 1893 si ritira nella sua Catania dopo aver vinto una causa (contro il musicista Pietro Mascagni) per i diritti d'autore di Cavalleria rusticana: la cifra, cospicua, gli permette di ripianare i debiti. Vive in una sorta di isolamento scontroso, geloso dell'esagerata ammirazione che i suoi concittadini avevano per il poeta Mario Rapisardi (1884–1912). La sua naturale avversione agli intrighi che vedeva trionfare nel mondo letterario, e poi alcuni dispiaceri e lutti familiari, lo allontanarono sempre più dall'esercizio dell'arte.
1894-1922
·  Si stabilisce definitivamente a Catania, con brevi soggiorni a Milano e a Roma dove, nel 1895 si incontra, insieme a Capuana, con Zola, maestro del Naturalismo francese.
·  Prosegue la produzione per il teatro: La Lupa è rappresentata a Torino nel 1896.
·  Con l'andare degli anni si fa sempre più vivo in lui l'interesse per le vicende politiche: fedele alle sue idealità patriottiche e unitarie, si oppone al movimento separatista dei "Fasci siciliani" e nel 1896 si fa sostenitore della necessità, per l'Italia, di una rivincita africana e di una più incisiva politica coloniale. Nel 1911 accoglie con entusiasmo la decisione della campagna libica e nel 1912 aderisce al partito nazionalista.
·  Nel 1911 riprende a lavorare alla Duchessa di Leyra, il terzo romanzo del "ciclo dei vinti" ma scrive un solo capitolo che sarà pubblicato postumo.
·  Negli anni che precedono la prima guerra mondiale, in un clima letterario che continua a preferire autori del post–verismo, le opere di Verga perdono interesse, ma dopo la guerra, in seguito al saggio "Giovanni Verga" di Luigi Russo (1919), il riconoscimento dei suoi meriti si fa sempre più largo e unanime e l'arte verghiana comincia ad essere apprezzata in quello che ha di più originale e di più vivo.
·  Nel 1920 è solennemente festeggiato a Roma e a Catania in occasione del suo ottantesimo compleanno: le onoranze hanno il loro coronamento nella nomina a senatore il 3 ottobre.
·  Muore a Catania il 27 gennaio 1922, colto da una paralisi cerebrale.
L'ATTIVITÀ LETTERARIA
L'attività letteraria di Verga può essere divisa in tre fasi:
- la narrativa storico-patriottica degli esordi;
- i romanzi mondani;
- la produzione verista.
In Sicilia ebbe una formazione letteraria provinciale, come si nota leggendo i suoi tre romanzi giovanili. In particolare, I carbonari della montagna (1861) è un romanzo storico (un genere che stava ormai passando di moda) che Verga dedicò ai suoi modelli di allora, Francesco Domenico Guerrazzi e Alexandre Dumas.
Fondamentale nel suo cambiamento di interessi fu l'abbandono dell'isola nel 1869, quando Verga partì per Firenze. Introdotto dal poeta Francesco Dall'Ongaro nella buona società cittadina, si dedicò allo studio della vita borghese che aveva davanti agli occhi, con un particolare interesse per le figure femminili e le vicende sentimentali, come si può capire dai titoli dei romanzi che scrisse in questo secondo periodo "mondano": Una peccatrice (1866), Eva (1873), Eros (1875). Grande successo riscosse in particolare Storia di una capinera (1871), il racconto della monacazione forzata della protagonista che, innamorata del marito della sorella, muore in preda alla disperazione.
Se il romanzo Il marito di Elena (1882) continuò lungo questa linea di ricerca espressiva, la produzione successiva a quella fiorentina prese un'altra strada. Nel 1872, quando si trasferì a Milano, capitale dell'editoria, frequentò gli scapigliati Arrigo Boigo e Giuseppe Giacosa, grazie anche all'appoggio di Salvatore Farina, uno scrittore allora molto celebre. Qui fu raggiunto dall'amico Luigi Capuana, scrittore e critico letterario teorico del verismo.
La svolta letteraria si può datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata una novella intitolata Nedda, definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non è più urbano ma rurale; la storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti sono umili contadini. Anche qui protagonista della vicenda è una donna, ma la sua situazione è tragica e concreta, non astratta e sentimentale.
Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro del lavoro dello scrittore catanese, sia nelle novelle, sia nei romanzi.
I due volumi di racconti Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883) contengono alcuni dei capolavori verghiani, testi divenuti celebri come La lupa, La roba (storia di Mazzarò, un contadino diventato proprietario terriero ma rimasto vecchio e solo, ridotto alle soglie della pazzia), Rosso Malpelo (un ragazzo destinato a lavorare e a morire in miniera, ricalcando il tragico destino del padre), Cavalleria rusticana (racconto di un duello mortale scatenato dalla gelosia).
I ROMANZI DELLA MATURITÀ
I Malavoglia (1881) racconta la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino a Catania. Protagonista del romanzo è tutto il paese, fatto di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità.
Grazie a una scrittura sapiente che riproduce alcune caratteristiche del dialetto e che riesce ad adattarsi ai diversi punti di vista dei vari personaggi, il romanzo crea l'illusione che a parlare sia il mondo raccontato, rinunciando così alla presenza in "prima linea" dell'autore.
Mastro-don Gesualdo (1889), invece, mette in risalto la storia del protagonista che dà il titolo al romanzo. Di origini modeste, Gesualdo riesce a vincere il suo destino di miseria e diventa ricco. Il matrimonio con la nobile Bianca Trao non cancella la sua modesta estrazione sociale: persino la figlia Isabella si vergogna del padre. Rimasto solo, Gesualdo muore nel palazzo ducale di Palermo, abbandonato dai suoi e ignorato dalla servitù che si prende gioco di lui.
Anche qui l'ambiente è siciliano (il romanzo è ambientato a Vizzini) e la lingua rispecchia in modo tecnicamente molto raffinato la realtà che fa da sfondo al romanzo.
Fu un insuccesso inatteso e Verga, amareggiato, si ritirò a Catania abbandonando la scrittura. Il progettato "ciclo dei vinti", cioè coloro che nella lotta per l'esistenza sono destinati ad essere sconfitti, che prevedeva altri tre romanzi ambientati a un livello sociale progressivamente superiore (La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso), restò così incompiuto.
Il successo arrivò a Verga per altre vie.
- Cavalleria rusticana, di cui lo stesso Verga elaborò una versione teatrale (rappresentata nel 1884 con discreto consenso di pubblico), fu musicata da Pietro Mascagni (1890) e fu un successo che continua tutt'ora.
- I Malavoglia offrirono lo spunto per il film La terra trema (1948) di Luchino Visconti, momento importante del cinema neorealista.
- Oggi tutti gli studiosi di letteratura sono unanimi nel riconoscere allo scrittore siciliano grandissima statura narrativa.
COME SCRIVE VERGA
Per riprodurre la società nel modo più "vero", Verga la osserva scrupolosamente, studiando l'ambiente fisico ed il dialetto, documentandosi sui mestieri e sulle tradizioni; inoltre usa uno stile impersonale in modo che il lettore si trovi - come dice lui stesso - «faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro attraverso la lente dello scrittore». Così sembra che i personaggi e le vicende si presentino da sé, e chi legge ha l'impressione di essere messo a diretto confronto con la realtà di cui si parla.
Per ottenere l'impersonalità Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell'ambiente che sta descrivendo, evita cioè di esprimere il suo personale giudizio e i suoi sentimenti. E per rendere ancora più vera e impersonale la rappresentazione, lo scrittore costruisce una lingua nuova: è la lingua nazionale (non usa il dialetto siciliano perché vuole che le sue opere siano lette in tutta l'Italia) arricchita di termini di origine dialettale, di modi di dire e proverbi, di una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo.
I MALAVOGLIA
E' il primo romanzo del "Ciclo dei vinti" rimasto incompiuto, in cui lo scrittore manifesta la sua visione amara della vita. Il romanzo narra le disavventure di una famiglia umile di pescatori di Acitrezza (Catania) che cerca di migliorare le sue condizioni economiche. «I Malavoglia» raccontano la storia amara di una sconfitta nella quale si esprime il pessimismo radicale di Verga. Non c’è speranza di cambiamento per gli oppressi, soggetti ad una legge di natura, quella della vittoria del più forte e della selezione naturale, che essi non possono controllare. E questa condizione degli umili diventa emblematica di quella dell’intera umanità. L’unico valore positivo che si afferma nel mondo verghiano è quello della dignità umile ed eroica con cui l’uomo sopporta il proprio destino, rinunciando a inutili ribellioni.
Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.
Il movente dell'attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo delle passioni che la determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquille, e il suo disegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del meglio di cui l'uomo è travagliato cresce e si dilata, tende anche ad elevarsi e segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. Nei "Malavoglia" non è ancora che la lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca diviene avidità di ricchezze, e si incarnerà in un tipo borghese, "Mastro-don Gesualdo", incorniciato nel quadro ancora ristretto di una piccola città di provincia, ma del quale i colori cominceranno ad essere più vivaci, e il disegno a farsi più ampio e variato. Poi diventerà vanità aristocratica nella "Duchessa de Leyra"; e ambizione nell'"Onorevole Scipioni", per arrivare all'"Uomo di lusso", il quale riunisce tutte coteste bramosìe, tutte coteste vanità, tutte coteste ambizioni, per comprenderle e soffrirne, se le sente nel sangue, e ne è consunto. A misura che la sfera dell'azione umana si allarga, il congegno della passione va complicandosi; i tipi si disegnano certamente meno originali, ma più curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, ed anche tutto quello che ci può essere di artificiale nella civiltà. Persino il linguaggio tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti, di tutti gli artifici della parola onde dar rilievo all'idea, in un'epoca che impone come regola di buon gusto un eguale formalismo per mascherare un'uniformità di sentimenti e d'idee. Perché la produzione artistica di cotesti quadri sia esatta, bisogna seguire scrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri per dimostrare la verità, giacché la forma è così inerente al soggetto, quanto ogni parte del soggetto stesso è necessaria alla spiegazione dell'argomento generale.
Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano. Nella luce gloriosa che l'accompagna dileguandosi le irrequietudini, le avidità, l'egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano in virtù, tutte le debolezze che aiutano l'immane lavoro, tutte le contraddizioni, dal cui attrito sviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario copre quanto c'è di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l'attività dell'individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti. Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del benessere materiale alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della sua opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada quest'immensa corrente dell'attività umana, non si domanda al certo come ci va. Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sovravvegnenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.
I "Malavoglia", "Mastro-don Gesualdo", la "Duchessa de Leyra", l'"Onorevole Scipioni", l'"Uomo di lusso" sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile al più elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l'esistenza, pel benessere, per l'ambizione - dall'umile pescatore al nuovo arricchito - alla intrusa nelle alte classi - all'uomo dall'ingegno e dalle volontà robuste, il quale si sente la forza di dominare gli altri uomini, di prendersi da sé quella parte di considerazione pubblica che il pregiudizio sociale gli nega per la sua nascita illegale; di fare la legge, lui nato fuori della legge - all'artista che crede di seguire il suo ideale seguendo un'altra forma dell'ambizione. Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà com'è stata, o come avrebbe dovuto essere.
Milano, 19 gennaio 1881.
Il centro di tutto è una barca da pesca: la tartana dei Malavoglia chiamata "Provvidenza". La "Provvidenza" è la barca più vecchia del villaggio, ma aveva il nome di buon augurio. Era anche essa una persona nella famiglia esemplare dei Malavoglia, la più onesta e compatta del paese.
Intorno al gran tronco, il nonno Padron 'Ntoni, testa della casa, si stringono altre sette persone appartenenti a tre generazioni. Padron 'Ntoni e la Provvidenza sono i due poli di quel mondo domestico. Quando il maggiore dei nipoti, 'Ntoni, è tolto al lavoro per la leva di mare, il nonno tenta un affare, compra a credito una grossa partita di lupini, li carica sulla barca e li affida al figlio Bastianazzo perché li vada a vendere a Riposto. La barca di notte naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti. La "Provvidenza" è gettata inutile sulla spiaggia. A Padron 'Ntoni rimane il debito dei lupini.
Dopo quella triplice sciagura, tutto sembra accanirsi contro i Toscano-Malavoglia: Luca, il secondo dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa; Maruzza, la nuora, muore nel colera del '67. Il debito dei lupini si mangia la casa, la cara «casa del nespolo» che era l'orgoglio, la ragione di vita del vecchio; e già il debito aveva impedito le nozze della nipote, la Mena, creatura di silenzio e sacrificio. Non è finita: un nuovo naufragio della "Provvidenza" rattoppata lascia Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il primogenito 'Ntoni, che da quando ha fatto servizio militare in continente non si rassegna alla miseria dei pescatori, si dà al contrabbando e finisce in galera dopo aver ferito un doganiere. Lia, la sorella minore, abbandona il paese e non torna più. Mena dovrà rinunciare a sposarsi con compare Alfio e rimarrà in casa ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore, ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la «casa del nespolo» che era stata venduta.
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare perché si sente indegno del focolare domestico di cui ha profanato le leggi e la sacralità.
Gli Elementi e i Temi:
·  La presenza di un folla di personaggi tra i quali non emerge un protagonista singolo, a sottolineare un tipo di organizzazione sociale semplice ancora basato sulla famiglia patriarcale;
·  Il desiderio di star meglio che spinge padron 'Ntoni a tentare l’affare dei lupini e il giovane 'Ntoni a cercare fortuna lontano: tentativi entrambi falliti di uscire dalla condizione assegnata dal destino;
·  La brutalità della lotta per la sopravvivenza, dominata da un’ineluttabile legge economica;
·  La religione della famiglia, l’attaccamento al focolare e agli affetti, unica difesa possibile contro l’avidità del mondo, a patto che si accontenti di quello che si ha;
·  L’impossibilità di staccarsi dal proprio ambiente e dalla propria condizione, pena la rovina.
ALTRE OPERE più SIGNIFICATIVE
Mastro-don Gesualdo: è il secondo romanzo del "Ciclo dei Vinti", che doveva comporsi di cinque romanzi; in realtà l’autore si limitò ai primi due pensando di aver già dimostrato in essi la tesi che si era proposto: l’uomo, qualunque sia la sua posizione nella vita, è un vinto della vita stessa e deve sottomettersi al destino.
Ne è un esempio Mastro-don Gesualdo, un manovale che è diventato ricco e rispettato a forza di duro lavoro e di sacrifici. Si innalza anche socialmente, sposando la nobile Bianca Trao che lo sposa per riparare ad uno sbaglio, ma non lo ama. Nasce Isabella che non è figlia di Gesualdo, ma egli considera la bimba come sua e la fa educare nei collegi più aristocratici.
Morta Bianca, che a poco a poco si era affezionata al marito, Isabella si mostra ostile al padre sebbene egli sia disposto a soddisfare tutti i suoi capricci, anche quello di sposare un duca squattrinato che dissipa il patrimonio di Gesualdo, accumulato in tutta la vita. Quando Gesualdo si ammala, Isabella lo relega in una stanzetta del suo palazzo dove muore solo, sognando la sua casa e i suoi poderi, e rimpiangendo quella roba destinata a persone che non lo amano, come suo genero, il duca Leyra.
Le Novelle Rusticane: è una raccolta di novelle che descrivono con precisione la gente e gli ambienti siciliani.
Vita dei Campi (1880): è una raccolta di novelle, in cui, con stile asciutto e colorito, Verga ritrae la vita rude della sua gente di Sicilia.
·  Nei nove racconti, tra cui La lupa, Cavalleria rusticana, Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, L’amante di Gramigna, il principio dell’impersonalità trova la sua prima espressione compiuta attraverso la rappresentazione obiettiva, anche se umanamente partecipe, dei meccanismi che regolano la vita, delle lotte feroci che essa impone.
Tuttavia emerge ancora dalla raccolta la sacralità di certi principi elementari del mondo contadino della sua terra che Verga vede inviolati: principi che si manifestano in modo ancora mitico, attraverso una sorta di arcaica liturgia. La Lupa, nella novella omonima, sa che il genero, col quale ha stretto un legame incestuoso, la ucciderà, ma quando vede lontano la falce dell’uomo brillare al sole, va consapevole incontro alla morte, che accetta come necessaria conseguenza della sua aberrante passione. Anche in Cavalleria rusticana la legge dell’onore si mescola a quella del sangue, secondo un rituale antichissimo, residuo di una civiltà primitiva, agli albori della storia.
·  Talvolta la lotta per l’esistenza si configura come conflitto tra l’individuo, originalmente buono, e la società corrotta e corruttrice, perché intessuta di un gioco di egoismi che tendono a soverchiarsi. Ma il "primitivo" verghiano, pur ribellandosi ai comportamenti di questa società, è un vinto in partenza: Jeli il pastore si ribella al "signorino", che gli ha rubato la moglie e l’onore, e lo uccide, ma andrà in galera; Rosso Malpelo riesce in apparenza ad adeguarsi alle leggi della giungla (e si chiede perché la madre di Ranocchio morendo si disperi "come se il figlio fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana"), ma alla fine si rassegna alla sconfitta, e sparisce nella cava durante un’esplorazione.


IL QUADRO STORICO
L'Italia era appena costituita in unità e i problemi esistenti diventavano più acuti e pressanti perché il nuovo stato era prima diviso in tanti staterelli diversissimi tra loro per condizioni politiche, economiche e culturali.
In Italia la questione sociale dei rapporti fra patronato e masse lavoratrici era complicata:

  1. dalle differenze sociali ed economiche fra Nord e Sud (la "questione meridionale");
  2. dalla scarsa partecipazione della plebe rurale al Risorgimento che aveva sentito come un fatto borghese, estraneo ai suoi interessi;
  3. dalla riluttanza delle masse contadine alla nuova struttura politico–sociale (il "brigantaggio" dell'Italia meridionale);
  4. dalle difficoltà di bilancio;
  5. dalla tendenza delle classi egemoni e dei gruppi industriali a costituire, a spese delle masse meridionali e contadine, l'accumulazione del capitale per fondare l'industria italiana.

Per un approfondimento del periodo storico consiglio l'ipertesto:
Il regno d'Italia, 1861-1913

DEFINIZIONE
·  E' un movimento letterario e artistico italiano che ispirandosi al Naturalismo francese e al Positivismo teorizza una rigorosa fedeltà alla realtà effettiva (al «vero») delle situazioni, dei fatti, degli ambienti, dei personaggi e una corrispondenza con il sentire e il parlare dei soggetti che vengono rappresentati.
·  Richiamandosi al naturalismo francese delle opere di Emile Zola, ma anche ad Alessandro Manzoni e alla scapigliatura, il movimento tende a descrivere la vita della gente umile, dei reietti dalla società che si affannano nella lotta per la sopravvivenza, contro la fatalità del destino.
DOVE e QUANDO
·  Si sviluppa negli anni successivi all'Unità e prosegue fino al primo decennio del Novecento, raggiungendo la piena maturità nell'ultimo trentennio dell'Ottocento.
·  Fu elaborato nell'ambito del vivace ambiente milanese dove erano assai forti gli influssi della cultura europea ma si allargò a tutta l'Italia diffondendosi in alcune regioni più che in altre:
Sicilia (de Roberto; Capuana; Verga)
Campania (Serao; Di Giacomo);
Sardegna (Deledda)
Calabria (Misasi)
Toscana (Fucini; Pratesi; Lorenzini)
Piemonte (Cagna; Giacosa; De Marchi; De Amicis)
Friuli e Veneto (Dall'Ongaro, Caterina Percoto)
·  La diversa diffusione del verismo dipende dalla posizione delle regioni in Italia, in quanto la scoperta della realtà dei veristi riguarda le due situazioni socio-geografiche estreme presenti sul piano nazionale: da un lato Firenze, capitale provvisoria fino al 1871 e centro politico italiano, dall'altro la Sicilia arretrata, semifeudale e a un livello ancora rurale. Successivamente a Firenze, dove sono nate le prime pagine dei tanti romanzi veristi, si affianca Milano, che è la città più importante dell'economia imprenditoriale nazionale.
·  E' assai caratteristico che i maggiori veristi siano siciliani (Verga e Capuana) e, nel contempo, la loro formazione avvenga in ambiente settentrionale, soprattutto a Milano: nel centro culturale più attivo della penisola vengono a contatto con le proposte del naturalismo francese e prendono coscienza della loro autentica vocazione di scrittori.
LE CARATTERISTICHE
·  Accettazione delle leggi scientifiche che regolano la vita associata e i comportamenti: lo scrittore cerca di scoprire le leggi che regolano la società umana, muovendo dalle forme sociali più basse verso quelle più alte, come fa lo scienziato in laboratorio quando cerca di scoprire le leggi fisiche che stanno dietro ad un fenomeno.
·  attenzione alla realtà nella dimensione del quotidiano: lo scrittore predilige una narrazione realistica e scientifica degli ambienti e dei soggetti della narrazione;
·  piuttosto che raccontare emozioni, lo scrittore presenta la situazione quotidiana come una indagine scientifica, ricercando le cause del suo evolversi, che sono sempre naturali e determinate (determinismo o darwinismo sociale); anche la vita interiore dell'uomo, spiegabile in termini psico–fisiologici, può essere oggetto di uno studio scientifico o sociale:
... l'oggetto sono i "documenti umani", cioè fatti veri, storici; e l'analisi di tali documenti dev'essere condotta con "scrupolo scientifico" ... (G. Verga)
·  l'artista deve ispirarsi unicamente al vero cioè desumere la materia della propria opera da avvenimenti realmente accaduti e preferibilmente contemporanei, limitandosi a ricostruirli obiettivamente ovvero rispecchiando la realtà in tutti i suoi aspetti e a tutti i livelli sociali.
·  necessità di una riproduzione obbiettiva ed integrale della realtà, secondo quel canone dell'impressionalità che è l'applicazione in letteratura del principio scientifico della non interferenza dell'osservatore sugli oggetti osservati (deriva dal Positivismo);
·  a causa delle diversità regionali rappresentate dagli scrittori anche il modo di scrivere cambia nel verismo dando spazio ai dialetti, eliminando tutte le forme di raffinatezza retorica e accademica e introducendo la mimesi linguistica.
LE REGOLE
·  L'artista deve ispirarsi unicamente al vero, cioè deve desumere la materia della propria opera da avvenimenti realmente accaduti e preferibilmente contemporanei, limitandosi a ricostruirli obiettivamente rispecchiando la realtà in tutti i suoi aspetti e a tutti i livelli sociali; è la teoria verghiana dell'impersonalità: il narratore entra pienamente nei suoi personaggi per raccontare documenti umani.
·  Il narratore è colui che raccoglie il fremito delle passioni, delle sofferenze e lo rivela, impassibile, senza biasimi o esaltazioni, mettendosi in parte per lasciar parlare l'evidenza dei fatti, la logica delle cose: teoria verghiana dell'impersonalità.
·  L'autore deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole. In tal modo la sua mano «rimarrà assolutamente invisibile» nell'opera. Il lettore avrà così l'impressione non di sentire un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si svolgono sotto i suoi occhi.
·  Il narratore, nel far parlare i suoi personaggi, usa il loro linguaggio: uno stile stringato, una sintassi semplice e disadorna, una lingua paesana e viva, continuamente intercalata da espressioni popolaresche e proverbiali che mettono in luce l'oggettività della narrazione (senza intrusioni autobiografiche).
·  La lingua e lo stile devono essere aderenti ai personaggi, agli ambienti, attingendo possibilmente alle risorse dei dialetti regionali. Il linguaggio è liberato da ogni raffinatezza teorica e accademica.
·  Al riguardo si parla di mimesi linguistica dell'autore (mimetizzazione = nascondersi nell'ambiente circostante in modo da risultare non–visibile).
·  Capuana respinge la subordinazione della letteratura a scopi estrinsechi quale la dimostrazione "sperimentale" di tesi scientifiche e l'impegno politico e sociale. La "scientificità" non deve consistere nel trasformare la narrazione in esperimento per dimostrare le tesi scientifiche, ma nella tecnica con cui lo scrittore rappresenta, che è simile al metodo dell'osservazione scientifica. La scientificità insomma si manifesta solo nella forma artistica, nella maniera con cui l'artista crea le sue figure e organizza i suoi materiali espressivi.
·  Secondo Verga, la rappresentazione artistica deve possedere "l'efficacia dell'esser stato", deve conferire al racconto l'impronta di cosa realmente avvenuta; per far questo deve riportare "documenti umani". Neppure basta che ciò che viene raccontato sia reale e documentato, deve anche essere raccontato in modo da porre il lettore faccia a faccia col fatto nudo e schietto, in modo che non abbia l'impressione di vederlo attraverso la "lente dello scrittore". Per questo lo scrittore deve "eclissarsi", cioè non deve comparire nel narrato con le sue reazioni soggettive e con le sue riflessioni.
I TEMI E I SOGGETTI
Lo scrittorre verista:
·  si occupa di situazioni quotidiane reali, vissute cioè nella scottante realtà nazionale: le plebi meridionali, il lavoro minorile, l'emigrazione;
·  cerca il vero attraverso l'analisi delle classi subalterne, però la verità non porta al progresso ma svela una condanna a morte;
·  predilige gli ambienti delle plebi rurali perché non ancora contaminate dai pregiudizi della convenzione sociale;
·  predilige gli ambienti regionali e gli strati sociali piccolo–borghesi;
·  gli ambienti sociali sono in maggioranza cittadine di provincia, di campagna, miniere o ambienti di piccola e media borghesia e di aristocratici decaduti.
·  Il verismo italiano ebbe una forte caratterizzazione regionale e, poiché le realtà regionali italiane erano profondamente diversicate, diversi furono pure i temi e gli ambienti rappresentati dai veristi.
·  Al nord, la maggiore articolazione della compagine sociale, con l'affermarsi, accanto ai ceti elitari, di una media e piccola borghesia costituita da professionisti e da ceti impiegatizi legati all'apparato industriale, porta all'ampliamento della "base sociale" della letteratura, cioè al numero degli autori e dei lettori, parallelamente a nuove a varietà letterarie, dal romanzo di consumo al romanzo di appendice. La nuova cultura positivista, i nuovi usi e modelli di comportamento legati alla rivoluzione tecnologica, spostano l'attenzione su nuovi tipi umani e su nuovi problemi: protagonista dei romanzi e del teatro, accanto al contadino e al pescatore, è l'impiegato (De Marchi). Nuovi eroi, come è stato osservato, sono l'industriale, lo scienziato, il medico e il maestro (De Amicis). I nuovi temi sono quelli della famiglia, fondamentale cellula della società e quelli dell'adulterio e della prostituzione.
·  Al sud, il verismo, non essendovi un proletariato urbano o i bassifondi di una capitale tentacolare da "studiare", si interessò all'umile vita dei contadini e dei pastori con le loro passioni elementari. Ad un mondo «pressochè vergine e ignoto, il mondo del meridione e delle isole, delle plebi contadine e artigiane, chiuse nella loro opaca renitenza alle forme e agli statuti della civiltà moderna, affioranti per così dire dal buio di una civiltà arcaica, stranamente sopravvissuta dietro le barriere di una secolare solitudine». Questa fu infine la vocazione del verismo italiano, e nel ritrarre la vita dei contadini e delle plebi il verismo ottenne i suoi migliori risultati. Non a caso gli scrittori più rappresentativi della corrente, da Verga a Capuana, da De Roberto alla Deledda, furono meridionali o isolani.
LE OPERE più SIGNIFICATIVE
Il romanzo Giacinta di Luigi Capuana può essere considerato una delle opere più rappresentative del Verismo. Narra di un caso di suicidio che viene studiato, dall'autore, con una fermezza scientifica se non addirittura clinica. Altro colosso del verismo è I Malavoglia di Giovanni Verga, opera che tratta la lotta, ai livelli più bassi della scala sociale siciliana, per i bisogni primari della vita quando comincia a farsi viva nell'anima delle persone la voglia di benessere. L'ambiente umano è umile, culturalmente lontano dal narratore che lo descrive senza interventi personali cosicché possa risultare assolutamente veritiero. Altre opere importanti sono: I Viceré di Federico De Roberto e Canne al vento di Grazia Deledda, che narrano le vicende di miserie, rancori e liti di un ceto aristocratico ormai decaduto
DEFINIZIONE
·  Il termine positivismo designa un movimento filosofico che ebbe larga diffusione nell'Europa dell'Ottocento, influenzando il pensiero filosofico e quello scientifico, storico e letterario. Esso fonda la conoscenza sui fatti reali e deriva la certezza esclusivamente dall'osservazione propria alle scienze sperimentali.
·  Le origini del positivismo sono da ricercarsi nell'illuminismo inglese e francese: dal primo dedurrà le matrici empiristica e utilitaristica, dal secondo il principio che il progresso di tutta la conoscenza dipende dal progresso della scienza positiva. Il pensiero positivista trovò un ambiente favorevole al suo sviluppo a partire dal 1830: progresso delle scienze naturali, prime applicazioni tecniche delle scoperte scientifiche e loro riflessioni in campi sociali ed economici.
DOVE e QUANDO
·  Ambiente favorevole allo sviluppo del positivismo fu quello formatosi a partire dal 1830 con il progresso delle scienze naturali, le prime applicazioni tecniche delle scoperte scientifiche e la nuova importanza assunta dal lavoro.
·  Il maggiore rappresentante del positivismo fu il francese A. Comte, ma il positivismo si diffuse anche in Inghilterra, soprattutto per merito di John Stuart Mill, impegnato a sottrarre la scienza morale alle sue consuete incertezze per stabilire invece per essa un fermo complesso di regole. Il maggiore esponente in Inghilterra fu Charles Darwin, ma una certa importanza ebbe anche Herbert Spencer.
·  In Germania il positivismo si colloca in una posizione più propriamente definita «materialismo»: deriva dal positivismo franco-inglese e dal forte progresso compiuto dalle scienze naturali e dalla biologia.
·  In Italia seguaci del positivismo furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò, il quale concepì la filosofia come disciplina dell'organizzazione dei dati scientifici e operò un'originale riforma delle dottrine evoluzionistiche dello Spencer.
CARATTERISTICHE
·  Reazione agli esiti irrazionalistici del romanticismo e la riconnessione con alcune istanze della riflessione illuministica.
·  Fiducia nella ragione, nella scienza e concezione deterministica dell'agire umano.
·  Estensione del metodo sperimentale a campi in passato di pertinenza della morale o della metafisica.
·  Fondazione di nuove discipline, come la sociologia o il rinnovamento metodologico di varie discipline aventi per oggetto l'uomo, quali medicina, fisiologia, biologia e psicologia.
·  Nozioni quali evoluzione, lotta per la sopravvivenza ed ereditarietà o presupposti culturali quali il determinismo, il metodo sperimentale e la dipendenza dei comportamenti umani dalle condizioni ambientali.
·  Assunzione della razionalità scientifica a unico paradigma, criterio e modello del sapere.
·  Il sapere scientifico, dicono i positivisti, si basa sui fatti e non su intuizioni irrazionali e arbitrarie o su idee vaghe e confuse metafisiche. La nuova scienza non vuole scoprire il "perché" dell'esistenza di un comportamento, ma più concretamente il "come" e quali ne siano le leggi di funzionamento.
·  Il positivismo considera l'uomo e lo spirito come fenomeni da studiare con lo stesso distacco e obiettività con cui sono osservati i fenomeni fisici e chimici. Il tema principale del positivismo è il progresso: la convinzione cioè che lo sviluppo dell'umanità proceda secondo uno schema implicante il raggiungimento di gradi di conoscenza scientifica e di benessere socioeconomico via via più elevati. Di conseguenza, le estetiche e le poetiche direttamente connesse con esso privilegiarono gli aspetti sociali del fenomeno artistico e individuarono come essenziale al poeta e all'artista l'impegno sociale (con inevitabile riduzione del diritto all'espressione individuale).
·  L'uso del termine "positivo" rivela un'ideologia o un programma d'azione economica, sociale, politica che vede nella scienza e nella tecnica il fondamento dei suoi ideali e lo strumento per realizzarli (ogni conoscenza riguardante questioni di fatto è basata, quindi, sui dati "positivi" dell'esperienza). La sua fede assoluta e quasi mistica nella scienza lo fa diventare, in certi casi, come la metafisica (infatti considera la scienza come unica conoscenza valida e efficace).
IL POSITIVISMO SOCIALE DI A. COMTE
·  La scienza, cioè la ricerca delle leggi che regolano il mondo fenomenico, è l'unica forma di conoscenza possibile, e l'unico metodo valido per l'indagine è quello oggettivo, sperimentale; la metafisica è priva di ogni fondamento;
·  I fenomeni sono in relazione fra loro, legati da un rapporto costante di causa ed effetto;
·  Tra scienza e progresso vi è un rapporto inscindibile, la scienza deve porsi a fondamento di tutto l'ordine sociale (è di questo periodo la nascita della sociologia).
·  Sul piano ideologico la borghesia trovava in questi principi la conferma della sua ottimistica aspirazione ad un progresso continuo della società, da attuarsi pacificamente, senza traumi o scontri di classi. Fu questo l'aspetto che più incise e più ampiamente fu recepito.
LA DOTTRINA EVOLUZIONISTA
·  Nelle sue opere Darwin sostiene che la specie si evolve positivamente e indefinitamente nel tempo, a prezzo però di una lotta feroce che gli individui e i gruppi combattono per la sopravvivenza e che elimina i più deboli.
·  Sul piano ideologico, l'evoluzionismo di Darwin da una parte sembrò offrire la giustificazione della prevaricazione dei potenti a danno degli inermi, sia in politica interna sia in politica internazionale (colonialismo e imperialismo); dall'altra parve confermare le ipotesi socialiste di lotta di classe.
·  Sul piano letterario, molti naturalisti e veristi costruirono sulla base di questi fattori esterni la psicologia dei loro personaggi, molti traendo dal darwinismo conclusioni pessimistiche: le leggi della selezione naturale condizionano spietatamente gli uomini.
IL DETERMINISMO
·  Secondo alcuni esponenti del positivismo la concezione deterministica vale non solo per i fenomeni naturali e per la vita singola e associata, ma anche per i fatti stessi della coscienza umana, che perciò vanno visti in rapporto con fattori biologici, ereditari e ambientali (determinismo psicologico).
CHE COS'È SCIENZA
·  Sono scientifiche le affermazioni che rispettano i criteri seguenti:
1) Osservazione sperimentale dei fatti e raccolta dei dati relativi a un certo fenomeno.
2) Formulazioni di leggi di spiegazione del fenomeno.
3) Verifica sperimentale di queste leggi.
4) Rifiuto delle ipotesi non verificate.
·  Tutte le altre affermazioni, per esempio quelle dell'arte, della religione, della filosofia non positiva, sono legittime ma non scientifiche, cioè non appartengono alla vera conoscenza; lo stesso vale per tutti i tentativi di rispondere a domande "ultime" attraverso ipotesi evidentemente non verificabili.
·  Da questa pretesa del positivismo di fornire un criterio per distinguere ciò che fa parte del sapere da ciò che ne è escluso deriva un'importante conseguenza: se vi è una conoscenza vera, vi sarà anche un modo giusto, cioè scientifico, per condurre le azioni dell'uomo. La scienza diventa così la guida più sicura nella vita pratica, il che spiega lo straordinario successo che questa dottrina incontrò nella società del suo tempo.
·  La tesi fondamentale del positivismo sostiene che il metodo scientifico è unitario e in linea di principio non dipende dall'oggetto che si studia: sarà quindi possibile costruire delle scienze umani e sociali, rivolte all'analisi dei comportamenti individuali e collettivi del tutto simili a quelle naturali e dotate di eguale valore scientifico. In prospettiva, ciò consentirà di spiegare e prevedere il comportamento dell'uomo e della società così come si fa per un pianeta o per una cellula.
·  Anche lo studio dell'uomo, secondo i positivisti, va sottratto all'influenza della religione e della metafisica, così come era già accaduto per i fenomeni naturali: in questo modo si potranno realizzare grandi progressi, controllando e regolando la vita sociale in modo scientifico e razionale.
I PRINCIPALI ESPONENTI
Il termine si affermò dopo il successo del Corso di filosofia positiva (1830 - 42) del francese Auguste Comte; il positivismo si diffuse presto in tutta Europa influenzando l'evoluzionismo di Charles Darwin e di Herbert Spencer, ed i principi etici, economici e sociali di J. Mill e di J. Stuart Mill; in Italia il più rappresentativo esponente del positivismo fu Roberto Ardigò.

 

Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/49490/5190/GIOVANNI%20VERGA.doc

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