Iliade trama breve riassunto

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Iliade trama breve riassunto

LA TRAMA DELL'ILIADE

I fatti narrati nell’Iliade si svolgono in un periodo assai breve della guerra di Troia, cioè a circa sette settimane del decimo anno di guerra.
In questa guerra si scontrarono i Troiani e gli Achei, e gli dei dell’Olimpo schierati con gli uni o con gli altri.
La guerra fa da sfondo al tema centrale: l’ira di Achille, offeso dal sommo comandante dell’esercito acheo, Agamennone.
Sebbene la decisione dell’eroe di ritirarsi dal conflitto provochi gravi perdite agli achei, Achille respinge ogni tipo di conciliazione; concede però all’amico Patroclo di partecipare ad una battaglia in vece sua. Quest’ultimo si scontra con Ettore e viene ucciso. Achille in preda alla furia e al dolore, riprende le armi, sfida a duello Ettore e lo uccide, infierendo sul cadavere. Alla fine, davanti al dolore del padre, che viene a supplicarlo nella sua tenda, gli rende il corpo perché riceva una degna sepoltura.
ILIADE, UOMINI ED EROi
Gli uomini mortali e gli dei immortali sono collocati nell’Iliade su due diversi piani: in contrasto con il mondo degli eroi che obbediscono alle leggi del dovere e dell’onore, che non sorridono quasi mai e combattono e muoiono rassegnati, il poeta crea il mondo delle creature divine, che non devono temere la morte e godono la loro interminabile vita, spesso senza le remore della moralità. Ma se sono superiori agli uomini per la loro immensa forza, sembrano tuttavia inferiori ad essi in tema di spiritualità.
Non c’è in tutto l’Olimpo un solo nume che per grandezza d’animo pareggi Ettore, per saggezza ed eloquenza superi Odisseo, per volontà e forza possa reggere il confronto con Achille e Aiace Telamonio. E così, dicasi delle dee rispetto alle donne mortali. E così Andromaca è più grande e nobile dell’astiosa e rissosa Era; la stessa Elena supera in grazia la capricciosa Afrodite.
C’è dunque poco o nulla di sacro in questa famiglia di dei che, sotto l’impero di Zeus, a sua volta sottoposto ai decreti ineluttabili del Fato, litigano, si riconciliano, parteggiano e combattono ora per gli Achei, ora per i Troiani. La loro grandezza è tutta esteriore, appariscente. Diremo anzi che sono più poeticamente grandi quando sono meno dei: come Teti quando piange con il figlio, o Efesto che nella sua fucina lavora per preparare le armi ad Achille, o Ermes che accompagna il vecchio Priamo disperato alla tenda di Achille.

 

 

TRAMA ODISSEA

Telemaco, il figlio di Odisseo, era ancora un bambino quando suo padre era partito per la Guerra di Troia. Al momento in cui la narrazione dell’Odissea ha inizio, dieci anni dopo che la guerra stessa è terminata, Telemaco è ormai un uomo di circa vent’anni, e condivide la casa paterna con la madre Penelope e, suo malgrado, con un gruppo di uomini turbolenti ed arroganti, i Proci, che intendono convincere Penelope ad accettare il fatto che la scomparsa del marito è ormai definitiva e deve, di conseguenza, scegliere tra di loro un nuovo marito.
La dea Atena, che è la protettrice di Odisseo, in un momento in cui il dio del mare Poseidone (che invece è suo nemico giurato) si è allontanato dall’Olimpo, discute del suo destino con il re degli dei Zeus. Quindi, assunte le sembianze di Mente, re dei Tafi, va da Telemaco e lo esorta ad andare al più presto in cerca di notizie del padre. Telemaco le offre ospitalità e insieme assistono alle gozzoviglie serali dei Proci, mentre il cantastorie Femio recita per loro un poema. Penelope si lamenta del testo scelto da Femio, ovvero il “Ritorno da Troia”[1], perché le ricorda il marito scomparso, ma Telemaco si oppone alle sue lamentele.
Il mattino seguente Telemaco convoca un’assemblea dei cittadini di Itaca e chiede loro di fornirgli una nave ed un equipaggio. Accompagnato da Atena (che stavolta ha assunto le sembianze del suo amico Mentore) fa quindi vela verso la casa di Nestore, il più venerabile dei guerrieri greci che avevano partecipato alla guerra di Troia, che aveva fatto ritorno nella sua Pilo. Da qui Telemaco, accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato, si dirige via terra verso Sparta, dove incontra Menelao ed Elena che si sono alla fine riconciliati. Gli raccontano che che erano riusciti a fare ritorno in Grecia dopo un lungo viaggio durante il quale erano passati anche per l’Egitto: lì, sull’isola incantata di Faro, Menelao aveva incontrato il vecchio dio del mare Proteo che gli aveva detto che Odisseo era prigioniero della misteriosa Ninfa Calipso. Telemaco viene così a conoscenza anche del destino del fratello di Menelao Agamennone, re di Micene e capo dei greci sotto le mura di Troia, che era stato assassinato dopo il suo ritorno a casa da sua moglie Clitennestra con la complicità dell’amante Egisto.
Intanto Odisseo, dopo svariate peripezie delle quali dobbiamo ancora apprendere, ha trascorso appunto gli ultimi sette anni prigioniero sulla lontana isola della Ninfa Calipso. Il messaggero degli dei Ermes la convince però a lasciarlo andare, e Odisseo si costruisce a questo scopo una zattera. La zattera, dato che il dio del mare Poseidone gli è nemico, fa inevitabilmente naufragio, ma egli riesce a salvarsi a nuoto toccando alla fine terra sull’isola Scheria sulla cui riva, nudo ed esausto, cade addormentato. Il mattino dopo, svegliatosi udendo delle risa di ragazze, vede la giovane Nausicaa che era andata sulla spiaggia accompagnata dalle sue ancelle per lavare dei panni. Odisseo le chiede così aiuto, ed ella lo esorta a chiedere l’ospitalità dei suoi genitori Arete e Alcinoo. Questi lo accolgono amichevolmente senza nemmeno, dapprima, chiedergli chi egli sia. Resta parecchi giorni con Alcinoo, partecipa ad alcune gare atletiche ed ascolta il cieco cantore Demodoco esibirsi nella narrazione di due antichi poemi.
Il primo narra di un altrimenti poco noto episodio della guerra di Troia, “La lite tra Odisseo ed Achille”; il secondo è il divertente racconto della storia d’amore tra due déi dell’Olimpo, Marte e Afrodite. Alla fine Odisseo chiede a Demodoco di continuare ad occuparsi della guerra di Troia, e questi racconta dello stratagemma del Cavallo di Troia, episodio nel quale Odisseo aveva svolto la parte dell’indiscusso protagonista. Incapace di dominare le emozioni suscitate dall’aver rivissuto quei momenti, Odisseo finisce per rivelare la sua identità, ed inizia a narrare l’incredibile storia del suo ritorno da Troia.
Dopo aver saccheggiato la città di Ismaro, nella terra dei Ciconi, lui e le dodici navi della sua flotta persero la rotta a causa di una tempesta che si abbatté su di loro. Approdarono nella terra dei pigri Lotofagi e finirono per essere catturati dal Ciclope Polifemo riuscendo a fuggire, dopo aver subito gravi perdite, con lo stratagemma di accecargli l’unico occhio con un tronco d’albero appuntito. Sostarono per un periodo alla reggia del signore dei venti Eolo, che diede ad Odisseo un otre di pelle che racchiudeva tutti i venti, un dono che avrebbe garantito loro un rapido e sicuro ritorno a casa. Purtroppo i marinai aprirono sconsideratamente l’otre mentre Odisseo dormiva: Tutti i venti uscirono insieme dall’otre, scatenando una tempesta che ricacciò le navi indietro da dove erano venute.
Pregarono Eolo di aiutarli nuovamente, ma egli rifiutò di farlo. Rimessisi in mare finirono per approdare sulla terra dei mostruosi cannibali Lestrigoni: solo la nave di Odisseo riuscì a sfuggire al terribile destino. Nuovamente salpati , giunsero all’isola della maga Circe, che con le sue pozioni magiche trasformò in maiali molti dei marinai di Odisseo. Il dio Ermete venne quindi in soccorso di Odisseo e gli donò un infuso a base di erbe magiche, utile come antidoto contro l’effetto delle pozioni di Circe. In questo modo egli costrinse la maga a liberare i suoi compagni dall’incantesimo. Ulisse diventò poi l’amante di Circe, tanto che restò con lei sull’isola per un anno. Alla fine, i suoi uomini riuscirono a convincerlo del fatto che era giunto il momento di ripartire.
Grazie anche alle indicazioni di Circe, Odisseo e la sua ciurma attraversarono l’Oceano e raggiunsero una baia situata all’estremo limite occidentale del mondo conosciuto. Lì, dopo aver celebrato un sacrificio in loro onore, Odisseo scese nel mondo dei morti, ed evocò lo spettro dell’antico indovino Tiresia affinché gli facesse da guida. Incontrò poi lo spettro di sua madre, che era morta di crepacuore durante la sua lunga assenza, ricevendo così per la prima volta notizie di quanto succedeva nella sua casa, messa in serio pericolo dall’avidità dei Proci. Incontrò poi molti altri spiriti di uomini e donne illustri e famosi, tra i quali il fantasma di Agamennone che lo mise al corrente del suo assassinio.
Quando tornarono all’isola di Circe questa, prima della loro nuova partenza, li mise in guardia sui pericoli che li attendevano nelle rimanenti tappe del loro viaggio. Riuscirono a fiancheggiare indenni gli scogli delle Sirene e passare in mezzo alla trappola rappresentata da Scilla, mostro dalle innumerevoli teste, e dal terribile gorgo Cariddi, approdando sull’isola Trinacria. Qui i compagni di Odisseo – ignorando gli avvertimenti ricevuti da Tiresia e Circe – catturarono ed uccisero per cibarsene alcuni capi della sacra mandria del dio del sole Elio. Questo sacrilegio fu duramente punito con un naufragio nel quale tutti, tranne Odisseo stesso, finirono annegati. Lui fu spinto dai flutti sulle rive dell’isola di Calipso, che l’aveva costretto a restare con lei come suo amante per sette anni. Solo da poco era riuscito ad andarsene.
Dopo aver ascoltato con grande interesse e curiosità la sua storia i Feaci, che sono un popolo di abili navigatori, decidono di aiutare Odisseo a tornare a casa: nottetempo, mentre è profondamente addormentato, lo portano ad Itaca approdando in un luogo nascosto. Da qui riesce a raggiungere la capanna di quello che era un tempo uno dei suoi schiavi, il guardiano di porci Eumeo. Odisseo decide di fingersi un mendicante, in modo di riuscire ad ottenere informazioni su quanto sta succedendo nel suo palazzo e nel suo regno. Dopo aver cenato insieme, racconta ai suoi contadini e braccianti una falsa storia della sua vita. Dice loro di essere nativo di Creta e di aver guidato un gruppo di suoi conterranei a combattere a Troia al fianco degli altri Greci, di aver quindi trascorso sette anni alla corte del re dell’Egitto e di essere alla fine naufragato sulle coste tesprote e da lì venuto ad Itaca.
Intanto Telemaco, che avevamo lasciato mentre si trovava a Sparta, fa vela verso casa e riesce a scampare ad un’imboscata tesagli dai Proci. Dopo essere sbarcato sulla costa di Itaca, va anche lui alla capanna di Eumeo. Finalmente il padre ed il figlio si incontrano: Odisseo si rivela a Telemaco (ma non ancora ad Eumeo) ed insieme decidono di uccidere i Proci. Dopo che Telemaco è tornato a palazzo per primo Odisseo, accompagnato da Eumeo, fa ritorno nella sua casa ma continua a restare travestito da mendicante. In questo modo osserva il comportamento violento e tracotante dei Proci, e studia il piano per ucciderli. Incontra anche sua moglie Penelope, che non lo riconosce, e cerca di capire le sue intenzioni raccontando anche a lei di essere cretese e che un giorno sulla sua isola aveva incontrato Odisseo. Incalzato dalle ansiose domande di Penelope, dice anche che di recente in Tesprozia ha avuto notizia delle sue più recenti avventure.
La vecchia nutrice Euriclea capisce la vera identità di Odisseo quando si spoglia per fare un bagno, mostrando una cicatrice sulla coscia che si era procurato da bambino, ed egli la costringe a giurare di mantenere il segreto. Il giorno dopo, su suggerimento di Atena, Penelope spinge i Proci ad organizzare una gara per conquistare la sua mano: si tratterà di una competizione di abilità nel tiro con l’arco ed i Proci dovranno servirsi dell’arco di Odisseo, che nessuno a parte lui stesso è mai riuscito a tendere. Nessuno dei pretendenti riesce a superare la prova e a quel punto, tra l’ilarità generale, quello che è creduto un vecchio mendicante chiede di partecipare a sua volta: Odisseo naturalmente riesce a tendere l’arma e a vincere la gara, lasciando tutti stupefatti. Prima che si riprendano dalla sorpresa rivolge quindi l’arco contro i Proci e, con l’aiuto di Telemaco, li uccide tutti. Odisseo e il figlio decidono poi di far giustiziare dodici delle ancelle della casa che erano state amanti dei Proci e uccidono il capraio Melanzio che era stato loro complice. Adesso Odisseo può finalmente rivelarsi a Penelope: la donna esita e non riesce a credere alle sue parole, ma si convince dopo che il marito le descrive alla perfezione il letto che lui stesso aveva costruito in occasione del loro matrimonio.
Il giorno dopo, insieme a Telemaco, va ad incontrare suo padre Laerte nella sua fattoria, ma anche il vecchio accetta la rivelazione della sua identità solo dopo che Odisseo gli ha descritto il frutteto che un tempo Laerte stesso gli aveva donato. Gli abitanti di Itaca hanno seguito Odisseo con l’intenzione di vendicare le uccisioni dei Proci loro figli: quello che sembra essere il capo della folla fa notare a tutti che Odisseo è stato la causa della morte di due intere generazioni di uomini ad Itaca, prima i marinai e coloro che l’avevano seguito in guerra dei quali nessuno è sopravvissuto, poi i Proci che ha ucciso con le sue mani. La dea Atena però interviene nella disputa e convince tutti a desistere dai propositi di vendetta.

 

TRAMA ENEIDE

I: Una tempesta causata da Giunone, irata contro i Troiani, fa approdare Enea lungo le coste presso Cartagine. Con l’aiuto della madre Venere, Enea viene bene accolto dalla regina Didone, alla quale racconta la fine di Troia.

II: Racconto di Enea: durante la distruzione della città, Enea riesce a scappare con il padre Anchise e il figlio.

III: Racconto di Enea: partiti da Troia, Enea si rende conto che una nuova patria lo attende in Occidente.

IV: Dopo la partenza di Enea da Cartagine Didone si uccide profetizzando l’eterno odio tra Cartagine e i discendenti dei Troiani.

V: I Troiani giungono in Sicilia dove svolgono dei giochi in onore di Anchise.

VI: Enea arriva in Campania dove consulta la Sibilla ed entra nel mondo dei morti. Qui incontra: Deifobo caduto a Troia, Didone, Palinuro, il timoniere, e il padre che gli mostra la sua eroica discendenza.

VII: Enea arriva alla foce del Tevere e riconosce in essa la terra promessagli dal padre. Qui stringe un patto con il re Latino, ma interviene Giunone che fa scagliare contro di loro il principe Rutolo, Turno. Enea non può più sposare la principessa Lavinia.

VIII: Enea è costretto a risalire il Tevere dove trova degli alleati in Evandro, re di un piccolo gruppo di Arcadi, e in una coalizione di Etruschi.

IX: Con Enea assente il campo troiano è in una situazione critica.

X: Enea irrompe nella scena e uccide l’alleato di Turno, Mezenzio, che a sua volta uccide Pallante protetto di Enea.

XI: Dopo la sua vittoria Enea piange l’amico morto. Le sue offerte di pace non hanno successo.

XII: Turno accetta di sfidare Enea a duello, ma un intervento di Giunone fa riprendere la guerra. Enea sconfigge Turno e lo uccide nel nome di Pallante.

 

 

 

Fonte: http://www.maremontagna.altervista.org/alterpages/files/Iliade-Odissea-Eneide.docx

Sito web da visitare: http://www.maremontagna.altervista.org

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