Decadentismo Europeo

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Decadentismo Europeo

INTRODUZIONE

Il Decadentismo è un movimento culturale, artistico, letterario, che nasce in Francia negli ultimi decenni dell’ Ottocento e si estende fino a comprendere un lungo e vasto periodo. Il Decadentismo si protende dalle ultime espressioni del Realismo, con cui per un certo periodo si complica, fino quasi ai giorni nostri, attraverso scuole, tendenze, correnti, movimenti, poetiche, anche distanti fra loro ideologicamente (come, per esempio, il crepuscolarismo e il futurismo).
La parola Decadentismo deriva da “decadént”, termine usato dalla critica francese accademica, con intenzione spregiativa, contro i “poeti maledetti”. Essa chiamava decadenti, quegli artisti ribelli che contestavano sia l’ arte tradizionale, sia ogni forma di vita individuale e sociale predeterminata: artisti moralmente instabili, ma depositari, secondo loro, di un modo nuovo e autentico di sentire la vita e l’arte. Essi non si offesero e usarono questo appellativo come vessillo di battaglia nella loro rivista “Le Decadént”, uscita nel 1886.
Oggi il termine Decadentismo non ha alcun significato dispregiativo: infatti la parola serve ad indicare sul piano storico-culturale la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo. In Italia la parola ha finito per indicare tutta la letteratura del Novecento.

DECADENTISMO EUROPEO

 

Sul finire dell’ Ottocento, precisamente nell’ ultimo decennio del secolo, si percepisce nella letteratura un tono nuovo. Dietro a questa svolta culturale si scorge una violenta reazione alla cultura del Verismo e alla filosofia del Positivismo, ritenute ormai remote, figlie del loro tempo, del tutto estranee ai mail attuali, troppo povere e grettamente legate ai fatti.
Il Positivismo ed il Verismo erano l’espressione di un mondo piccolo-borghese che, studiando il vero, si proponeva di modificare l’ordine esistente, in virtù della teoria del progresso.
Nel decennio 1870 – 1880, e specie verso la sua fine, è evidente una accanita ricerca di nuove vie che nasce dall’ insoddisfazione per la poesia accademica tradizionale (i parnassiani) e dalla rinunzia al culto del dato oggettivo che, teorizzato dal Positivismo, era diventato anche l’atteggiamento mentale della classe borghese tutta volta all’ ordine, alla realizzazione del guadagno. Un gruppo di poeti, artisti, intellettuali, rifiuta polemicamente questa visione della vita, questa etica. Ne derivano una produzione artistica e una serie di comportamenti di vita, un costume che – esemplati perfettamente in Rimbaud – caratterizzeranno questa fine secolo (e non solo in Francia).
La bandiera dell’ anticonformismo, inalberata dai decadenti, è di origine romantica. Era stato il Romanticismo all’ inizio del secolo ad arricchire la tipologia letteraria di un nuovo mito umano: il ribelle, che nelle varie letterature si chiama Ortis, Werther, Obermann.
Parigi è un pullulare di riviste letterarie, di gruppi e di cenacoli che esprimono la visione antiborghese, di cui abbiamo già parlato. Edmund Wilson ha notato acutamente che il poeta decadente “si isola dalla società educandosi alla disciplina dell’ indifferenza”: disposto a coltivare la propria sensibilità unica e personale anche più di quanto non l’abbiano coltivata i romantici, finisce per spostare i confini della letteratura, trasferendola da un mondo oggettivo a un mondo soggettivo.
Il Decadentismo incarna la nuova sensibilità in personaggi esemplari, in miti umani, che di questo complesso periodo della storia europea sono l’espressione: abbiamo così una vera e propria tipologia dell’ eroe decadente.
La letteratura europea conoscerà tanti eroi decadenti, ma il capostipite è Des Esseintes. Protagonista del romanzo “A ritroso” di J.K.Huysmann, è un ribelle “freddo” a cui manca la confusa, ma sempre ricca, vita interiore dei ribelli romantici. Il romanzo si concluda con la confessione di una sconfitta: la fuga dal reale non regge alla prova.
Per quanto riguarda la letteratura inglese si parla, per buona parte dell’ Ottocento, di mentalità, di gusto, di ideali “vittoriani”. Nei “Ritratti immaginari” di Walter Pater, la preparazione e la cultura vastissima si traducono nella creazione di un mito umano, nell’ elaborazione di un’ arte del vivere, basata tutta sul culto della bellezza.
Un attacco ben più grave doveva subire la mentalità vittoriana dall’ opera e dal comportamento di Oscar Wilde. Il suo “Ritratto di Dorian Gray” è senz’ altro “il classico del decadentismo in Inghilterra” (Praz). È significativo che il “Ritratto di Dorian Gray” approdi alla stessa conclusione di “A ritroso”. Il culto esclusivo della bellezza, l’estromissione della vita perseguiti con tanto puntiglioso accanimento falliscono: Des Esseintes avverte che la sua costruzione sarà inesorabilmente travolta dalle onda della mediocrità umana; sul volto di Dorian Gray alla fine si scavano le rughe e i segni della sofferenza; cioè, della vita.
Des Esseintes e Dorian Gray sono solo gli iniziatori di una serie di eroi decadenti che si presentano in tutta l’Europa. Ci saranno le liriche di Reiner Maria Rilke, “L’uomo senza qualità” di Robert Musil, i romanzi di Joseph Roth. In Italia, l’estetismo nel “Piacere” di D’Annunzio, il cui protagonista, Andrea Sperelli, è quasi la versione italiana del Des Esseintes di Huysmann; l’isolamento dagli “altri”, la impossibilità di una dimensione sociale alimenteranno tanta produzione di Pascoli e di Pirandello.

Esponenti del Decadentismo europeo

 

I più notevoli rappresentanti di questo nuovo gruppo di artisti, che confusero la vita individuale e sociale con l’arte, sono Jean Morèas, Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Stèphanè Mallarmè, Arthur Rimbaud.
Essi credono nel Simbolismo, cioè in una maniera assai originale e nuova di interpretare la realtà e di cogliere il valore e la funzione della parola, la quale è per essi la proiezione immediata dell’ anima sorpresa dalla emozione, dalla radice profonda e misteriosa delle cose.
La parola insomma, rimossa ogni limitazione tradizionale, si svela e si nasconde, si fa chiara e cupa, carnale e aerea, nebulosa e trasparente, cangiante a seconda delle condizioni psichiche del poeta, che la avverte dentro di sè come vitale e urgente.

 

Aspetti del Decadentismo europeo

 

Il Decadentismo è la trasposizione letteraria di una crisi complessa che investa l’Europa fra la fine dell’ Ottocento e i primi del Novecento. Si sviluppa dopo il fallimento del Positivismo che, insistendo sullo scientismo, aveva perduto di vista il valore della verità assoluta. Al Positivismo reagivano filosofie diverse, generalmente spiritualistiche: la Fenomenologia, lo Spiritualismo, il Neoidealismo, l’ Esistenzialismo ed altre ancora, tutte diverse tra loro, ma tutte concorde nel recupero antipositivistico dei valori veri e totali dell’ uomo.
Comunione diretta fra l’ uomo, cioè il poeta, e l’ ignoto, cioè il tutto, è per i decadenti la poesia, immedesimazione istantanea dell’ artista con la totalità delle cose. Respinta ogni mediazione razionale fra il poeta e il mondo, la parola poetica perde la sua funzione tradizionale (quella cioè di esprimere in maniera statica e razionale un concetto) e diventa dinamica come l’anima; si fa, come dice Mario Sansone, incarnazione della profonda realtà dell’ anima, segno della unione fra il poeta e il mondo oscuro che lo circonda. Poichè la poesia deve dare immagine immediata e “totale” delle emozioni, deve creare un’ atmosfera che sveli le sfumature più fuggevoli e sottili del sentire. Nella parola poetica si confondono suoni, rilievi, profumi, sapori, colori, secondo una concezione che risale a Richard Wagner e a Charles Baudelaire.
Le componenti culturali del Decadentismo vanno individuate nel “superomismo” di Nietzsche, nell’ “intuizionismo” di Bergson e nella scoperta dell’ inconscio di Freud.

La filosofia di Nietzsche

Friedrich Nitzsche (1844 – 1900), filosofo tedesco, afferma che il sapere è falso e ipotetico perchè noi non possiamo che conoscere le “apparenze” della realtà, la quale invece è costituita dalla “vita” dominata dagli “istinti”. La gran massa degli uomini (“branco”) è istintivamente orientata verso l’ accettazione di un “capo”, di un “padrone”, perchè, essendo incapace di scelte autonome, si sente protetta nel seguire quelle impostelle dall’ uomo forte. Pochi sono, invece, gli uomini dotati dell’ istinto che il filosofo definisce “la volontà di potenza”, e sono questi che hanno il diritto e il dovere di elevarsi sulla massa e di comandare (“superuomini”). Inoltre, se la vita è dominata dagli istinti, le varie “morali” storiche (tra cui quella cristiana) non hanno alcuna ragione di essere in quanto fondate su principi astratti e su infondate conoscenze della realtà: queste morali sono frutto della paura e vengono accettate per vigliaccheria. Le uniche morali possibili sono quella dei padroni e quella dei servi. La prima è fondata sulla consapevolezza del superuomo che è compito suo determinare e affermare i “valori” e che a nessun altro è dato di esprimere giudizi sul suo operato.
Quella di Nietzsche è una filosofia della crisi ed è espressione di una critica radicale della civiltà occidentale. Tre sono le fasi del pensiero niciano:
1.  l’ influenza di Schopenhauer e Wagner;
2. la critica nella metafisica e della morale; la trasvalutazione di tutti i valori; l’ affermazione della volontà di potenza;
3. il nichilismo.
La filosofia di Nietzsche si inserisce, come gli atteggiamenti decadenti esaminati, nel più vasto movimento di reazione antipositivistica e di polemica contro la tirannia della ragione scientifica. Contro l’ angusto conformismo dei principi democratico-egualitari e contro la piatta fiducia in un deterministico progresso, Nietzsche leva con accenti lirici la sua protesta, esaltando invece la forza, l’ Eros gioioso e libero, il vitalismo e, all’ apice di tutto, lo spirito agonistico e la volontà di potenza. Sono queste le componenti di quello che egli definì lo “spirito dionisiaco”. Questo momento dionisiaco si realizzerà nel superuomo che, spezzando ogni remora e condizionamento, incarnerà pienamente un nuovo esemplare di umanità, al di là della morale comune coi suoi concetti di bene e di male, di pietà per i falliti ed i deboli, destinati in questa lotta a soccombere. La morale comune è, per Nietzsche, una forma di mascheramento.
Alla presenza della filosofia niciana, va notata la introduzione di nuovi motivi nel Decadentismo, cioè: l’ attivismo, il vitalismo che cerca l’ avventura per esplicarsi nel bel gesto, per attuare le componenti super-umane del protagonista, la “disponibilità”, la ricerca del rischio e dell’ esperienza di vita al di là del bene e del male.

L’ intuizionismo di Bergson

Per il filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859 – 1941), la vita consiste in uno slancio vitale che crea perennemente e imprevedibilmente infinite “forme” fuori del tempo e dello spazio convenzionali. Il suo processo, puramente spirituale, implica l’esistenza di un unico indivisibile momento ideale (“durata”) nel quale il passato è conservato nel presente e da questo nasce spontaneamente il futuro. La materia e la spazialità nascono da un momento di inerzia dello “slancio vitale”. Le scienze positive possono darci nozioni inerenti alla materia, ma solo l’ intuizione può rivelarci la “durata”, può svelarci il principio generatore della vita (“intuizionismo”).
Bergson utilizza i risultati già conosciuti nella sua epoca, e indebolendo la fiducia nella scienza, aveva aperto la via all’ affermazione di valori spiritualistici, religiosi, misitici o comunque irrazionalistici.
Secondo Bergson, il tempo è “puramente una successione di istanti che si susseguono in un ben determinato ordine rettilineo (passato, presente e futuro); per la realtà della coscienza il tempo è invece qualcosa di irriducibile all’ istante, è durata, è processo fluido che conserva il passato e crea il nuovo”.
Il senso più profondo della realtà noi lo cogliamo non con l’ intelligenza, ma con l’ istinto che al suo grado più alto diventa  intuizione. Tramite l’intuizione noi penetriamo all’ interno delle cose, cogliamo nel profondo il divenire stesso della realtà. Bergson ritiene che una forma di intuizione “sia già presente nell’ arte, in quanto essa penetra nell’ anima delle cose infinitamente più a fondo di qualunque pur minutissima descrizione scientifica, di qualunque riproduzione fotografica per quanto precisa...”.

La scoperta dell’ inconscio di Freud

L’ austriaco Sigmund Freud (1856 – 1939), fondatore della psicanalisi, determinò la presenza di tre livelli o zone della psiche: l’ inconscio, il subconscio (o “subconscienza”) e la coscienza. La prima è la zona più misteriosa dell’ individuo umano e rappresenta la sede degli istinti più primordiali e il campo di un’attività psichica assolutamente libera da ogni controllo della volontà. Questa attività latente, che condiziona enormemente l’evoluzione psichica dell’individuo, è all'origine della formazione dei cosiddetti “complessi” e pertanto costituisce un momento assai rilevante nell’economia esistenziale dell’uomo. Addentrarsi nell’incoscio è assai arduo: un tentativo terapeutico, che si rivelò al Freud abbastanza proficuo, consiste nell’analisi dei sogni. Il “subconscio” è una zona - al limite della coscienza - in cui dominano ancora gli istinti naturali ma non senza che il soggetto ne abbia una qualche consapevolezza. La “coscienza” è invece la sede in cui l’attività psichica si esplica sotto il dominio della volontà e, quindi, applicando o non applicando deliberatamente le norme del vivere civile (in altre parole è la sede in cui si manifestano la “cultura” e la “moralità” dell’individuo).
Sigmund Freud elaborava la sua psicanalisi, proprio mentre maturavano l’ intuizionismo bergsoniano e il proustiano idoleggiamento della memoria. Freud faceva oggetto d’ indagine quel disagio della civiltà che era presente nell’ opera di Huysmann, di Wilde, di Rimbaud, nell’ atteggiamento di estraneità e ribellione al mondo contemporaneo dominato da sempre più spettacolose conquiste della scienza: atteggiamento che si esplicava nell’ estetismo, nella fuga vera e propria verso terre lontane.
Ancora, Freud, riprendendo un tema caro a Nietzsche, indagherà sul meccanismo psicologico per cui l’uomo si maschera a se stesso, si autoinganna; spiegherà come alla base di tanti atteggiamenti che apparentemente si accordano con la morale riconosciuta ci siano la repressione, il senso di colpa, la sublimazione della libido.
L’ influenza della psicanalisi sulla letteratura è stata enorme. Essa si è manifestata sia nel campo nella critica, sia nel campo della vera e propria creazione artistica. Ha influenzato la critica, in quanto ha fornito nuovi mezzi  e tecniche di indagine per la comprensione del fatto artistico e del rapporto fra autore ed opera. Ha influenzato anche la creazione letteraria, in quanto ha permesso una consapevolezza dei fatti psichici che ha dilatato enormemente il campo e le tecniche di rappresentazione.

Altri componenti

La spiritualità decadentistica presenta due aspetti fondamentali: la consapevolezza che la realtà della vita sia un mistero che la ragione non potrà mai spiegare e la scoperta di una nuova dimensione della psiche, l’ inconscio, sede degli istinti naturali, ove è possibile attingere il senso della realtà vera, ma solo mediante l’ intuizione, che consiste in una  improvvisa folgorazione dello spirito. Ne conseguono il ripudio di ogni fiducia nella scienza e la convinzione che solo la poesia, mediante l’ esplorazione dell’ inconscio, può svelare il mistero della vita. La poesia, quindi, viene assunta come strumento di conoscenza. Si crea così un canone fondamentale del decadentismo: arte = conoscenza.
Questa attribuzione di nuovi fini alla poesia comporta necessariamente la sperimentazione di nuovi mezzi, di nuove tecniche espressive: schematizzando, possiamo dire che un testo esemplare per i fini è la Lettera del veggente di Rimbaud, per i mezzi è l’ Arte poetica di Verlaine. Crollano così la rima, l’ eloquenza, il parnassiano impegno del verso-bassorilievo e la poesia accoglie suggestioni dalle altri parti (la musica specialmente).

Da quanto si è detto, risulta evidente la complessità degli aspetti del decadentismo: questo termine non ha più una accezione negativa, spregiativa, ma via via ha assunto il valore di una definizione storica. Oggi, serve a definire gli atteggiamenti, la sensibilità, i moduli di rappresentazione di tutt’ una epoca.

DECADENTISMO ITALIANO

 

Il Decadentismo penetra e si sviluppa in Italia molto lentamente, con il ritardo di circa un quarantennio rispetto alle più significative manifestazioni del Decadentismo europeo. Affiora confusamente nelle prime esperienze innovatrici degli Scapigliati, fra il 1860 ed il 1880; lo troviamo più o meno mescolato ad elementi culturali tradizionali nelle opere di Pascoli e D’Annunzio; si avverte più chiaramente in Pirandello, nei crepuscolari, nei futuristi e, in modo più deciso, nei poeti ermetici fioriti tra le due guerre mondiali.
Inoltre, esso assume aspetti diversi in rapporto alla personalità di ciascun artista:

  • Nel Pascoli, assume l’ aspetto simbolistico e vittimistico;
  • In D’Annunzio l’ aspetto estetizzante, superomistico e sensualistico;
  • In Pirandello l’ aspetto dialettico, polemico, demolitore delle ipocrisie e dei luoghi comuni;
  • In Italo Svevo l' aspetto apatico e rinunciatario;
  • Nei poeti crepuscolari l'aspetto smarrito ed estenuato;
  • Nei poeti futuristi l'aspetto vitalistico ed attivistico;
  • Nei poeti ermetici l'aspetto simbolistico;
  • Negli scrittori neorealisti del secondo dopoguerra, infine, riscontriamo la contaminazione di elementi decadenti con elementi realistici.

3.1     Contesto storico

Un grandissimo ruolo sulla dominazione del Decadentismo in Italia ebbe la situazione politica e il contesto storico, in generale.
La nuova realtà politica era drammatica: il tentativo di risolvere la terribile crisi interna e la “questione sociale” con la politica coloniale di conquista di un impero in Africa si rivelò vano dopo il disastro di Adua (1896) in cui morirono più di cinquemila soldati.
Inoltre, nel 1900, un attentato anarchico contro il re Umberto I era la dimostrazione più evidente dell’ acutizzarsi dell’ inquitudine sociale. La nuova generazione, non avendo più fede nella capacità della ragione a risolvere i problemi più scottanti, volle rompere ogni forma di solidarietà con le classi subalterne, rinunciare all’ osservazione concreta della realtà, sostituendola con la speculazione astratta in cui posto centrale occupavano gli impulsi del cuore, gli slanci della passione e la vita dell’ inconscio.
Sul finire dell’ Ottocento, dunque, l’Italia visse anni di profonda crisi in cui si intrecciarono vari stati d’animo, tutti più o meno generati da turbamento ed angoscia.
Questa condizione di “incertezza” che caratterizzò la vita intellettuale italiana ed europea si espresse nei modi più vari e con motivi diversissimi, ma riconducibili tutti alla civiltà che si suole chiamare del “Decadentismo”.

Esponenti del Decadentismo italiano

 

Fra i decadenti italiani possiamo annoverare, ciascuno col proprio “mito”, il D’Annunzio (superuomo, esteta), il Pascoli (fanciullino) ed il Fogazzaro (santo). Ma gli autori che rivelarono una più profonda consapevolezza della crisi esistenziale del proprio tempo furono Luigi Pirandello ed Italo Svevo.
Va però precisato che tutte le tendenze poetiche dei primi decenni del Novecento, dal crepuscolarismo al futurismo, dalla poesia pura alla poesia ermetica, germogliano e vivono nell’ area della sensibilità decadente.

Aspetti del Decadentismo italiano

 

Vedremo qui le varie posizioni che il Decadentismo assume in Italia (sono approssimative).
La posizione pascoliana si lega ai motivi più autentici del Decadentismo e appare oggi come l’espressione poetica più profonda e più felice, in Italia, di tale movimento. Pascoli è smarrito di fronte al mistero cosmico, al dolore umano (lui stesso aveva perso quasi tutta la sua famiglia), deluso nelle speranze laiche. Così, tenta di carpire le cose che corrispondono ai suoi sentimenti, rinnovando simultaneamente il linguaggio e le strutture poetiche secondo moduli decadentistici.
C’è, poi, la posizione dannunziana, che si esplica però in differenti atteggiamenti. Con il personaggio di Andrea Sperelli si avvicina al clima di A Ritroso e di Il Ritratto di Dorian Gray; in primo luogo, si trova in pieno estetismo. Dopo, però, la lettura di Nietzsche, il senso decadentista dannunziano diventa mito del superuomo, idoleggiamento della vita ferina, attivismo. E questo non solo sul piano della produzione artistica, ma anche su quello pratico e politico insieme.
La posizione di Guido Gozzano e dei crepuscolari è contraria all’ attivismo dannunziano e più vicina all’ intimismo pascoliano. Consapevole della sua solitudine, della sua condizione di sradicato, il poeta crepuscolare è incapace di accogliere ed accettare i miti dannunziani. Si rifugia allora nel vagheggiamento di un mondo di piccole, umili cose, di sonnolente abitudini provinciali. Ma è un’ evasione ambigua perchè il poeta crepuscolare sa che gli manca il necessario candore per aderire a quel mondo: lo accarezza e nel contempo lo ironizza.
Le posizioni, tuttavia, che più profondamente si richiamano al Decadentismo – senso di crisi, dissolversi delle antiche certezze – sono quelle di Luigi Pirandello e di Italo Svevo. Il Pirandello esercitò i più importanti influssi su tutta la produzione letteraria italiana del Novecento e anche sul teatro mondiale. Il Svevo adottò nuove tecniche narrative e nella fusione tra lucida introspezione e rappresentazione dell’ “inettitudine” a vivere, si lega alle esperienze maggiori (Proust, Joyce ecc.) del Decadentismo.
Riconducibile, in ultima analisi, al Decadentismo è il pullulare delle avanguardie, cioè di movimenti che pur grande diversità di poetiche, mirano alla sperimentazione di nuove tecniche espressive. Esse, muovendo tutte da premesse irrazionalistiche, segnino una radicale frattura col passato e siano voce e testimonianza della consapevolezza della crisi.
Anche quel complesso movimento poetico, detto piuttosto genericamente ermetismo, è inseribile nell’ area del Decadentismo: sia perchè riprende canoni delle poetiche decadenti che abbiamo esaminate (Mallarmè soprattutto), sia perchè in gran parte centrato sul motivo della solitudine, dell’ angoscia esistenziale di chiara origine decadente.
Discorso a parte merita la neo-avanguardia, che in questi ultimi dieci anni ha ripreso posizioni e tecniche delle avanguardie storiche.

EPILOGO

 

Da quello che si è detto, si nota che il Decadentismo italiano è la conseguenza del Decadentismo europeo, anche se ritardata. Questa lentezza con cui il Decadentismo fu fatto conoscere e diffondere in Italia è dovuta:

  1. alla tenacia della tradizione culturale italiana da poco rinverdita dal Carducci;
  2. all’ opposizione condotta dal Croce contro il Decadentismo, considerato come la fabbrica del vuoto ed espressione di quella irrazionalità, istupidimento, bestialità e disumanità che “travagliano il mondo intero e che ha celebrato la sua orgia sanguinosa nell’ ultima guerra”;
  3. al senso di misura e di equilibrio dello spirito nazionale.

 

5.      BIBLIOGRAFIA

Manacorda Giuliano, Storia della letteratura italiana. L’ Ottocento e il Novecento, Roma, Newton e Compton editori, 1995.
Pazzaglia Mario, Letteratura italiana, vol. IV, Il Novecento, Testi e critica con lineamenti di storia letteraria, Bologna, Zanichelli, 2000.
Ρόζα, Αλμπέρτο Αζόρ, Ιστορία της Ιταλικής Λογοτεχνίας, Eισαγωγή – επιμέλεια: Φοίβος Γκικόπουλος, Θεσσαλονίκη, Εκδόσεις Παρατηρητής, 1998.
Ζurula Mariella, Antologia della letteratura italiana, Perugia edizioni.
Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Milano, Principato editore Milano.

 

 

 

Fonte: http://web.tiscali.it/lucasanna/italiano/erg_decadentismo.doc

Sito web da visitare: http://web.tiscali.it/lucasanna/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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