Letteratura Giovanni Pascoli analisi testi

Letteratura Giovanni Pascoli analisi testi

 

 

 

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Letteratura Giovanni Pascoli analisi testi

ORFANO

PARAFRASI

Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. A

Lentamente la neve cade.

Senti: una zana dondola piano piano. B

Ascolta: una culla lentamente dondola.

Un bimbo piange, il piccol dito in bocca; A

un bambino piange e tiene il ditino in bocca;

Canta una vecchia, il mento sulla mano. B

Anta un’anziana, poggia il mento sulla sua mano.

La vecchia canta: intorno al tuo lettino C

Un’anziana canta: intorno alla tua culla

C’è rose e gigli, tutto un bel giardino. C

C’è un bel giardino con rose e gigli.

Nei bel giardino il bimbo si addormenta D

In questo giardino il bambino dorme tranquillo.

La neve fiocca lenta, lenta, lenta. D

La neve cadde lentamente.

ROSSO=chiasmo
VERDE=anafora

Caratteristiche formali dominanti nella poesia:

    • Versi: 2 strofe composte da 8 versi endecasillabi.
    • Rime: il ritmo della poesia è sicuramente generato dalla costruzione delle rime, che si articolano in rime alternate nella prima strofa (AB AB) e baciate nella seconda (CC DD).

Ciò permette, a livello ritmico, la creazione di una sorta di “ninna nanna”, la quale evoca un luogo immaginario (un bel giardino) che ritroviamo anche nella poesia “Fides” in cui regnano i gigli, anch’essi ricorrenti in altre opere, come per esempio in quella intitolata “I gigli”.
· Timbro: sia per quanto riguarda il primo che l’ultimo verso, si può notare in entrambi dapprima la costruzione di un chiasmo (lenta la neve fiocca – la neve fiocca lenta) e successivamente di un’anafora (fiocca, fiocca, fiocca – lenta, lenta, lenta) che attribuisce un ritmo costante alla caduta della neve.
Questa costruzione dona un forte valore semantico a questi versi, poiché il ritmo così scandito sembra voglia concorrere a trasportare il lettore in un clima di pace e tranquillità, quasi a distogliere l’attenzione alla primaria impressione di tragicità che il titolo impone.
Inoltre tutta la poesia è basata prevalentemente su campi uditivi come per esempio il rumore della culla, il pianto del bimbo e la cantilena dell’anziana e non quindi visivi.
· Stile: in questa opera Giovanni Pascoli utilizza un registro linguistico molto semplice.
Infatti utilizza un lessico, la cui semplicità espressiva è forse l’elemento essenziale che permette al lettore di percepire ciò che l’autore mediante questa opera vuole farci comprendere.
L’autore pone però questa poesia su due livelli, costruendo in questo modo: un significato primario; e il significato secondario, in cui è custodita l’intenzione comunicativa del poeta.
· Figure retoriche: la sua avversione nei confronti del mondo esterno è riprodotta all’interno di “Orfano” dalla forte contrapposizione tra il dentro protettivo (cioè la casa) e il fuori, un deserto bianco ma freddo.
Tale contrapposizione è resa dalla particolare circolarità di questa poesia, la quale inizia e si chiude con la stessa immagine.
Per quanto riguarda le figure retoriche d’ordine in questa poesia Giovanni Pascoli inserisce un iperbato (canta una vecchia).
Intenzione comunicativa:
In questa opera il Pascoli vuole esprimere la tragedia e l’illusione che tutto sia bello per il bimbo, il quale però solo apparentemente è cullato da calorosi sentimenti materni. In realtà infatti quest’ultimo è orfano e quindi (secondo il Pascoli) la sua vita sarà solamente destinata ad essere una vita fredda e avara di sentimenti.

Problematiche affrontate:
i temi più ricorrenti sono sicuramente l’illusione, la solitudine, l’infelicità, la libertà e i ricordi del passato. Queste tematiche hanno ispirato anche altre poesie di Giovanni Pascoli come: FIDES,
Più precisamente cerca di descrivere, attraverso le sue poesie, i suoi sentimenti ed il suo pensiero nei confronti del mondo. Infatti la sua struttura poetica, la scelta del lessico da utilizzare e dei contenti delle sue opere, non mostrano di certo una situazione interiore del poeta positiva, anzi, mostrano l’esatto opposto.
Collegamento con la poetica dell’autore:
con la stesura di questa poesia si percepisce chiaramente che Giovanni Pascoli è un poeta di matrice decadente.
Infatti in numerose delle sue opere si comprende la volontà di distaccarsi dal mondo che lo circonda, dalla realtà quotidiana; ed è proprio per tale ragione che si estranea da tutto il mondo esterno sentendosi poi solo e abbandonato, proprio come un orfanello. Inoltre, come per tutti i poeti decadenti, Giovanni Pascoli si rende conto della progressiva perdita della funzione sociale del poeta, però non trova, né cerca una soluzione a questo problema; anzi si isola totalmente dalla società che lo circonda. Si considera anche, come scrive nel suo “Fanciullino” superiore rispetto a tutti gli altri, proprio perché lui riesce a percepire ciò che le persone comuni non riescono a comprendere.

Novembre

 

Gèmmea l’aria, il sole così chiaro
Che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro senti nel cuore…

 

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

 

Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate fredda dei morti.

 

    Giovanni Pascoli

 

PARAFRASI:

L’aria è limpida e trasparente come una gemma, il sole è così splendente e luminoso
che ti sembra di vedere gli albicocchi fioriti e di sentire nel cuore l’odorino amaro del biancospino…
Ma il biancospino è ormai secco e i rami spogli delle piante segnano il cielo sereno con il loro intreccio contorto e scuro. Nel cielo non ci sono più gli uccelli e il terreno risuona sotto il piede come se fosse vuoto.
Tutt’intorno è silenzio, e si sente soltanto, dai giardini e dagli orti lontani, il cadere delle foglie secche ad ogni ventata. È l’estate fredda dei morti.


LIVELLO TEMATICO:

Nella  prima  quartina  il  poeta  descrive  un  paesaggio  primaverile,  frutto  di  una  sua
illusione (l’aria è limpida, il sole è chiaro e gli albicocchi sono fioriti), mentre nella seconda  quartina  vi  è  la  descrizione  del  “vero”  paesaggio  autunnale  con  immagini
che contrastano quelle precedenti (il biancospino secco, le piante spoglie e il terreno gelato).
Negli ultimi quattro versi, infine, viene descritto un paesaggio “morto” e qui si può trovare il significato della poesia: TUTTO E’ PRECARIO, non muore solo la natura
ma anche l’uomo come suggerisce la parola “morti” con cui si chiude la poesia.
La poesia è costruita con sensazioni visive e uditive attraverso le quali si realizza la tecnica “impressionistica” di Pascoli.

LIVELLO SINTATTICO:

La poesia è formata da periodi abbastanza lunghi, dove prevale la coordinazione.
Nel primo verso della prima strofa il poeta adotta uno stile nominale con ellissi del verbo per dare maggior risalto alle immagini.

LIVELLO LESSICALE:

Pascoli  utilizza  un  linguaggio  semplice  ma  molto  preciso,  talora  raffinato  (  es.
gemmea l’aria) per descrivere il paesaggio , prima per quello “primaverile” e poi per quello autunnale. Non si limita quindi a dire semplicemente: piante, alberi… ma usa
termini precisi come biancospino e prunalbo.
Spesso  gli  aggettivi  sono  posizionati  prima  del  nome  al  quale  si  riferiscono  per colpire maggiormente il lettore (es. gemmea l’aria, secco è il pruno, stecchite piante, nere trame, vuoto il cielo…)
In  ogni  strofa  possiamo  trovare  alcune  “parole  chiave”;  nella  prima  strofa  sono: “gemmea” e “sole”, nella seconda: “secche”, “stecchite” e “vuoto”,  infine nella terza troviamo: “silenzio”, “cader” e “morti”.

LIVELLO METRICO-RITMICO:

Questa poesia è formata da tre quartine, ciascuna composta da tre endecasillabi e da
un quinario,
Le rime sono alterne (ABAB).
Il ritmo è spezzato dalla fitta punteggiatura (specialmente nell’ultima strofa) e dagli enjambement,   che   si   trovano   nei   versi   3-4,   8-9,   11-12.   Le   parole   coinvolte nell’enjambement  acquistano  un  particolare  rilievo.  Quello  finale,  in  particolare, (estate   fredda)   spezza   il   ritmo   ed   evidenzia   i   due   termini   che   costituiscono l’immagine più significativa della poesia.
I puntini di sospensione collocati dal poeta alla fine della prima strofa rafforzano la suggestione della primavera, smentita poi nei versi successivi.

LIVELLO FONETICO:

La prima strofa, dove sono presenti numerose allitterazioni della lettera ”L” (l’aria, il
sole, gli albicocchi in fiore…), è caratterizzata da suoni chiari.
Nella  seconda  quartina  si  può,  invece,  trovare  l’allitterazione  della  lettera  “S” (secche, stecchite, segnano il sereno…), e nella terza quella della lettera “R” (intorno,
da giardini ed orti, cader fragile) che evocano le foglie secche e il loro cadere.
Al  verso  sette  sono  presenti  i  suoni  “u”  e  “o”,  cupi,  lugubri,  come  il  paesaggio descritto.
Per suggerire il silenzio Pascoli ha inserito nell’ultima strofa una fitta punteggiatura.
All’interno  della  poesia  vi  sono  inoltre  consonanze  (come  ad  es.  chiaro,  fiore)  e assonanze (ad es. sole, fiore).

LIVELLO DELLE FIGURE RETORICHE:

Ai  versi  11-12  si  trova  un  ossimoro  (estate  fredda)  figura  retorica  del  significato, consistente nell’associazione  di due parole           antitetiche, sottolineato anche dall’enjambement.

 

 

LAVANDARE


Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

Nel campo che è per metà arato per metà no
c’è un aratro senza buoi che sembra
dimenticato, in mezzo alla nebbia.

E scandito dalla riva del fiume si sente
il rumore delle lavandaie che lavano i panni,
sbattendoli, e lunghe cantilene:

Il vento soffia e ai rami cadono le foglie,
e tu non sei ancora tornato!
da quando sei partito sono rimasta
come un aratro abbandonato in mezzo al campo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CARATTERISTICHE FORMALI
a)     Versi: Due terzine di endecasillabi seguite da una quartina, anch’essa di endecasillabi.
b)      Rime: Nelle terzine le rime sono incatenate (aba cbc) e nella quartina alternate (dede) con rima imperfetta (frasca/rimasta), ci sono anche due rime interne (sciabordare – lavandare; dimenticato – cadenzato)
c)      Le figure di timbro sono: allitterazione in f/s in soffia frasca, alterazione in r (resta, pare), anafora (mezzo/aratro), onomatopea in sciabordare, parola che di per sé ha valore onomatopeico.
d)     Il lessico usato è semplice, nel titolo è presente addirittura un termine dialettale (lavandaie). La poesia è circolare perchè si inizia con l’aratro e si termina sempre con esso.
e)     Le figure retoriche d’ordine sono: chiasmo (vento soffia/ nevica la frasca), iperbato(e cadenzato…viene). Le figure retoriche di significato sono:similitudine (come l’aratro in mezzo alla maggese) e metafora (nevica la frasca = le foglie cadono come neve dagli alberi) un chiasmo (in “tonfi spessi e lunghe cantilene”), e una sinestesia (in “tonfi spessi”) metafora (nevica la frasca)
I campi semantici sono:
di colore: grigio e nero del campo (mancanza del lavoro dell’uomo)
di significato: l’aratro rappresenta la solitudine contrastata dal rumore del lavandare, che rompe l’illusione del silenzio
percettivo: sonorità forti (rumore cadenzato, tonfi spessi, lunghe cantilene)
Dopo una lettura molto attenta della poesia si può dire che è composta da percezioni sensoriali, con cui Pascoli ha creato una contrapposizione tra la prima strofa in cui si ha una percezione visiva, nella descrizione dell’aratro abbandonato in mezzo al campo, mentre nella seconda strofa si presenta una percezione uditiva, per via delle lavandaie che cantano, perciò si può dire che prima  mostra la solitudine dal lato visivo; nell’ultima strofa, sceglie di contrapporre il lato uditivo a quello visivo all’interno dello stesso verso, facendo sentire il soffio del vento e facendo vedere le foglie che cadono.

 

INTENZIONE COMUNICATIVA
In questa poesia mentre il significato primario tratta di una grigia giornata delle lavandaie, che attendono il ritorno dell’uomo amato, il significato secondario allude all’incompletezza, all’infelicità dell’essere soli e all’impossibilità di rimanere tali (tutti hanno bisogno di una persona vicina).
Lo scenario è la campagna autunnale con i suoi tristi colori e con gli echi della fatica umana: su tale scenario il poeta proietta il suo stato d'animo, smarrito e malinconico. Gli oggetti quotidiani si caricano di significati particolari: l'immagine dell'aratro in mezzo al campo,immagine con cui si apre e si chiude la lirica,diviene SIMBOLO di abbandono e di tristezza. C'è nella poesia un senso di desolazione con cui il poeta esprime la pena del proprio cuore.
PROBLEMATICHE AFFRONTATE
Possiamo dire che Pascoli in questa poesia affronta la problematica della solitudine e della speranza nell’attesa del ritorno di persone care, la cui attesa non è altro che una sofferenza.
COLLEGAMENTO CON LA POETICA DELL’AUTORE
Troviamo in Pascoli l’aspetto principale del Decadentismo, ovvero la visione della realtà espressa in maniera particolare e soprattutto Pascoli come gli altri artisti decadenti si considera superiore alla gente comune poichè il poeta è colui che sa ascoltare ed esprimere quella parte dell’animo che rimane un fanciullo e, come un fanciullo egli sa cogliere la gioia e la malinconia degli eventi, sa temperare l’allegrezza e addolcire il dolore. Il fanciullino è quello che alla luce sogna o sembra di sognare ricordando cose non vedute mai; è colui che parla agli animali, agli alberi, ai sassi, alle nuvole che scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose, che piange e ride senza perché.
ANALISI
Il quadro è costituito da tre elementi che sono collocati fuori dallo spazio e dal tempo e assumono il valore assoluto di simboli della condizione esistenziale dell’uomo.
Nella prima terzina il poeta descrive un aratro diverso dal consueto, poiché privo di buoi, fermo in mezzo ad un campo arato a metà, che sembra dimenticato da tutti in mezzo alla nebbia. In essa prevalgono le sensazioni visive.
Nella seconda terzina il poeta mette in risalto i suoni caratteristici di questo scenario. Ciò che si sente è il lungo sciabordare delle lavandaie e i tonfi frequenti dei panni nell'acqua accompagnati da lunghe cantilene. Quindi, alle sensazioni visive si sostituiscono quelle uditive. Questa seconda strofa delinia un’altra scena che si affianca alla precedente ma che è del tutto autonoma rispetto ad essa, come dimostra la congiunzione coordinante e con cui si apre il periodo.
Nella quartina vengono esaminati contemporaneamente suoni ed immagini. Al rumore dell'acqua, ai tonfi frequenti e alle lunghe cantilene si aggiunge il vento che soffia, lo scenario, inoltre, è arricchito dalla caduta delle foglie simili a fiocchi di neve. E mentre il tempo scorre inesorabilmente si avverte la sensazione di qualcuno che ha abbandonato la propria moglie proprio come i contadini hanno abbandonato l'aratro in mezzo al campo. L’aratro, quindi, ricompare alla fine del componimento, racchiudendolo in una struttura circolare, e diviene il simbolo dell’abbandono e della solitudine.

Come gli altri madrigali di << L’ultima passeggiata>>, è un quadretto di vita rustica, di vita semplice. Ciò è ulteriormente sottolineato anche dal titolo “lavandare”, che si riferisce ad un’azione quotidiana svolta in un ambiente semplice.
Dal punto di vista fonico, assumono un’importanza particolare le parole onomatopeiche come “cadenzato, sciabordare, tonfi spessi, cantilene” che rischiarano nella nostra mente l’intera scena. Un altro rilievo particolare è assunto dalle rime interne “ scibordare, lavandare” e dai fonemi R ed S “gora, sciabordare, lavandare, spessi” che imprimono un ritmo cadenzato ai versi. Nell’ultima strofa, il poeta adotta, invece della rima, un’assonanza “frasca-rimasta” e una struttura sintattica lineare nella quale ogni frase coincide con la misura del verso. Tutto ciò è stato fatto per riprodurre le forme del canto popolare e, quindi, per dare un’impressione di monotona semplicità.
Per quanto riguarda la retorica, al verso vv. 7 è presente un’analogia molto ardita “nevica la frasca”, che ci dà l’idea delle foglie che cadono dagli alberi come fiocchi di vene. Un po’ più in giù, ai vv . 9/10 è presente una similitudine, in cui la donna abbandonata è paragonata all’aratro in mezzo al campo deserto. Ad ogni fine verso è presente l’enjambement che dà un ritmo particolare all’intero componimento.
A livello lessicale, la sintassi è molto semplice e lineare; ci sono espressioni della lingua più usuale e non soltanto nella seconda terzina col canto delle lavandaie, bensì anche negli altri versi, nell’analogia e nella similitudine. Quindi, a differenza di “Arano” in cui vi sono termini attinti anche da un linguaggi classicheggiante, qui il Pascoli se ne discosta a favore di un linguaggio semplice che riprende e rappresenta la realtà quotidiana.

 

   X AGOSTO

PARAFRASI

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

San Lorenzo, io lo so perché un così gran numero
di stelle nell’aria serena
s’incendia e cade, perché un così gran pianto
risplende nel cielo.

Una rondine ritornava al suo nido:
l’uccisero: cadde tra rovi spinosi:
ella aveva un insetto nel becco:
la cena per i suoi rondinini.

Ora è là, morta, come se fosse in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e i suoi rondinini sono nell’ombra, che attendono,
e pigolano sempre più piano.

Anche un uomo tornava alla sua casa:
lo uccisero: disse: Perdono;
e nei suoi occhi sbarrati restò un grido:
portava con sé due bambole per le figlie...

Ora là, nella solitaria casa,
lo aspettano, aspettano invano:
egli, immobile, stupefatto mostra
le bambole al cielo lontano.

E tu cielo, dall’alto dei mondi
sereni, che sei infinito, immortale
inondi con un pianto di stelle
quest’atomo opaco del male!

 

CARATTERISTICHE DOMINANTI DELLA POESIA:
COMPONIMENTO METRICO : La poesia è composta da sei quartine in cui si alternano endecasillabi e novenari piani in rime alternata. (ABAB CDCD…)
FIGURE RETORICHE D’ORDINE DI SIGNIFICATO : metonimia (il suo nido che pigola)e (al suo nido), similitudine (come in croce) personificazione del Cielo; parallelismo tra la rondine e il padre
FIGURE RETORICHE D’ORDINE: anafora ( ora è la, ora è là; aspettano aspettano), Ritornava una rondine al tetto = iperbato,  
Nella prima strofa : troviamo nei primi due versi una consonanza della lettera L e un’assonanza tra le parole “arde e cade”. Nel primo verso invece troviamo un enjambement.
Nella seconda strofa : contrariamente troviamo in tutta la strofa una consonanza della lettera "R" e nel secondo verso si ha una cesura ad " uccisero".
Nella terza strofa: Nel primo verso si ha un enjambement
Nella quarta strofa: Nel secondo verso ci sono due cesure e una rima interna (mondi/inondi).
In tutta la poesia si ha un climax ascendente ed è circolare. 
Titolo: Dall’analisi delle poesie pascoliane, per quanto riguarda la funzione del titolo, c’e una forte prevalenza di titoli con fine informativo attraverso i quali il poeta fornisce informazioni riguardanti il tema della poesia stessa. Si può notare anche l’uso non raro di titoli a scopo interpretativo, mediante i quali il Pascoli agevola al lettore la comprensione di ciò che la poesia vuole comunicare.
In questo caso il titolo è informativo e dà il tema
Ambientazione: L’ambientazione è il passato con particolare riferimento alla morte del padre
INTENZIONE COMUNICATIVA
Questa poesia rievoca uno degli eventi più dolorosi della vita di Pascoli. Infatti il giorno di San Lorenzo, ovvero il 10 agosto Pascoli, ricorda la morte del padre assassinato mentre tornava a casa. Attraverso essa il poeta, infatti, vuole comunicare al lettore la sua tristezza per la mancanza del padre assassinato e la accentua mettendo a confronto una rondine abbattuta col cibo nel becco per i suoi rondinini e il padre che ritornava a casa portando due bambole alle figlie, in modo tale da sottolineare l’ingiustizia e il male che prevalgono su questa terra .
Il nido e la casa, per di più svolgono il ruolo di metafora degli unici rapporti d'amore possibili in un mondo d'insidie e di contrasti.
A partecipare a questa tragica situazione vi è, non solo Pascoli in persona, ma anche il Cielo che con, appunto, la notte di San Lorenzo famosa per il fenomeno delle stelle cadenti, raffigura il pianto.
Successivamente la figura del cielo si contrappone a quella della terra. Il cielo è infinito, immortale, immenso, mentre la terra non è altro che un piccolo atomo di dolore.

In conclusione, secondo Pascoli, il cielo di fronte a questo triste fatto invade la terra con un pianto di stelle.
Secondo me, emergono in questa poesia i tre grandi temi di Pascoli su cui, incentrava la sua poesia: il simbolo del nido, la sofferenza e il mistero del male.
Il nido che intendeva Pascoli era il nucleo familiare, la protezione dei conoscenti più stretti dove ogni uomo può rifugiarsi. Nella poesia il nido è evidenziato bene perché, oltre al padre che tornava alla propria casa, c’è un paragone con una rondine che torna al suo “nido” ; ma entrambi sono aspettati invano dai familiari: questi versi sono, secondo me molto autobiografici perché descrivono una sensazione che lui ha provato veramente. Subentra in questo tema, anche l’amore familiare, la tenerezza e la gioia di un padre che torna a casa con doni, ma per Pascoli, quella sera, c'è stata una mancanza, una delusione, che si riflette sul suo senso di giustizia e nel mistero del male.
PROBLEMATICA AFFRONTATA
I temi che prevalgono in tutte queste poesie sono in primo luogo:
- la morte in parallelo alla forte sofferenza;
- il sentimento di tristezza nei confronti del presente .
Detto ciò, dopo aver quindi, analizzato alcune poesie del Pascoli, possiamo affermare che nella maggior parte dei casi il poeta esprime un profondo desiderio di morte in parallelo alla voglia di rincontrare i suoi cari e di sentirsi per la prima volta finalmente un po’ felice. Infatti come afferma in numerose sue opere, egli non lo è mai stato, e vorrebbe per questo ripararsi dal mondo che lo circonda per aspettare in piena tranquillità la sua pace eterna. Quindi si può dire, che fa riferimento ai ricordi del passato,e soprattutto delle sofferenze e delle pene dell’infanzia. Con questa poesia il poeta vuole trasmettere la sua sofferenza per la morte del padre, evento improvviso, passato, lontano, ma forte ricordo che spinge il poeta a rimanere ancora legato all’illusione di rivedere il genitore un giorno ritornare a casa (sottolineata dall’anafora di “aspettano” e dall’enumerazione per asindeto, la quale crea un’atmosfera di attesa) e, quindi, a non rassegnarsi alla sua perdita. La rassegnazione, infatti, è sostituita dalla necessità del poeta di trovare un colpevole.
COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE
Leggendo le altre poesie ho notato che molte parlano della morte del padre di Pascoli, L'ASSIUOLO, ma una in particolare NOTTE DI NEVE mi ha colpito molto. Leggendo il titolo di questa poesia mi sono chiesta: Come si può associare l’immagine di una notte magica, in cui la neve dolcemente cade, al tema della morte? In apparenza tale paragone sembra insensato, ma per Pascoli, invece, non lo è. Egli, ancora una volta, attraverso la poesia “Notte di neve” (titolo interpretativo), ha voluto esprimere se stesso trovando nella realtà che lo circonda un chiaro esempio della sua sofferenza e del suo desiderio di pace eterna, che può essere esaudito soltanto attraverso l’arrivo della morte tanto attesa. Come si può notare, il bisogno del poeta di “liberarsi” dal proprio dolore e di trovare finalmente la serenità è evidenziato dalla parola chiave “pace”, la cui ripetizione (anafora) nel penultimo verso appare come un grido d’aiuto, che rompe il silenzio della notte. Inoltre, Pascoli “gioca” molto con le associazioni allo scopo di caricare di significato la poesia. Egli, infatti, attraverso l’espressione “bianca oscurità” (ossimoro), sottolinea la contrapposizione e, nello stesso tempo, la somiglianza tra la neve candida e il buio. La prima, di fatto, è vista come un “chiarore ampio e fugace” che esprime la tranquillità, la quiete tanto ricercata dal poeta, mentre l’oscurità (e il “cielo nero”) nasconde agli occhi di quest’ultimo la serenità, mostrandogli, però, l’unica possibilità per porre fine al suo tormento: la morte. Lo stesso discorso vale per l’antitesi (e, anche, personificazione e chiasmo) tra “grida la campana” e “l’ombra tace”. Il grido, infatti, sottolinea la necessità del poeta di trovare la pace, mentre il silenzio richiama l’atmosfera che si crea al momento della morte. Infine, si può affermare che “Notte di neve” è un chiaro esempio di come, si possa trasmettere ciò che è nascosto nel profondo dell’anima.

 

 Giovanni Pascoli
Nebbia            
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli,
d'aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
dell'orto,
la mura ch'ha piene le crepe
di valerïane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
Che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, quest'orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
Analisi testuale
Schema metrico:
5 strofe di 6 versi ciascuna: 3 novenari + 1 ternario + 1 novenario + 1 senario. Rime: ABCBCA. Tutti i senari rimano tra loro.
Figure di ripetizione:

  • Il primo verso di ogni strofa è sempre lo stesso: «Nascondi le cose lontane». Inoltre questa formula viene ripresa in altri versi: troviamo nascondimi al v. 8 e poi nascondile al v. 26.
  • Il 2^ e il 3^ verso formano una lieve anafora con la ripetizione del pronome «TU» seguito da due nomi, entrambi quasi sinonimi (Tu nebbia... Tu fumo...).
  • Anche la formula: « ch'io veda soltanto » è ripetuta più volte, con leggere varianti: la troviamo al v. 9, poi ai vv. 15-16, di nuovo al v. 21 ed infine al v. 27.
  • Al v. 26 abbiamo un esempio molto bello di figura etimologica e insieme di allitterazione: «involale al volo».

Lo spazio:

  • La lontananza: è piena di cose che vanno tenute nascoste (vv. 1, 7, 13, 19 e 25), di cose morte (v. 8), che fanno piangere (v. 14), che «vogliono ch'ami e che vada» (v. 20). Per il poeta, quello che è lontano è dunque negativo, è qualcosa che deve essere represso, dimenticato, perché fa soffrire e, cosa interessantissima, perché costringe ad amare e «andare», ad uscire dal nido, cioè a vivere. Il poeta esprime la sua paura di fronte all'ignoto del mondo esterno.
  • La vicinanza: è composta da poche, essenziali presenze: una siepe (v. 9) e un muro (v. 11) che svolgono il ruolo di delimitare lo spazio ristretto intorno all'IO, due peschi e due meli (v. 15), una strada bianca (vv. 21-22), un cipresso (v. 27), un orto (v. 29) e un cane (v. 30), simbolo per eccellenza della fedeltà, dell'amicizia, della sicurezza. Questo piccolo mondo è lo spazio dell'IO, lo spazio privato e soprattutto protetto in cui rinchiudersi per evitare «le cose lontane», l'ignoto e la negatività del mondo esterno. Il «qui» del v. 30, che riassume in sé tutto il mondo vicino, è messo particolarmente in rilievo dal fatto che è posto ad inizio del verso, e che è rinforzato dal successivo «questo».

Altri temi importanti:

  • Tra lo spazio vicino e quello lontano si trova la nebbia, che svolge un ruolo importantissimo perché è ciò che permette di separare questi due mondi, e quindi di assicurare al poeta la serenità. La nebbia svolge il suo ruolo protettivo grazie alla sua capacità di nascondere le cose, e quindi di rispondere al desiderio del poeta, più volte espresso, di non vedere (vedi la costante ripetizione del tema «Ch'io veda soltanto»).
  • La morte: riguardo alla morte il poeta prova dei sentimenti contraddittori. Da un lato per lui quello che è morto va celato e rimosso, perché triste e doloroso (vv. 6-7 e 13-14); ma dall'altro egli si sente legato ad essa perché sa che è l'ultimo, inevitabile rifugio dell'uomo. In altre parole, se è vero che la morte è triste e dolorosa perché racchiude un passato da dimenticare (le cose lontane), è altrettanto vero che essa è l'unica prospettiva indolore per l'uomo affranto, nella misura in cui gli offre un sonno, un riposo eterno. Il poeta sa che un giorno dovrà morire pure lui (dovrà fare «quel bianco di strada [...] tra stanco don don di campane» - vv. 21-24), e questa è la sola prospettiva che vuole intravedere per il proprio futuro («Ch'io veda là solo quel bianco di strada» - vv. 21-22). Ad accentuare questo aspetto positivo della morte come di un sonno eterno ed indolore abbiamo, nell'ultimo verso, la figura del cane fedele che sonnecchia. L'idea della stanchezza, del sonno e della morte si trovano così ad essere intimamente legate.
  • La natura: che sia vegetale, animale o minerale, ha un ruolo protettivo per il poeta, e tiene lontana la visione del pianto, del mondo esterno, violento e ostile. Così, la siepe, l'orto e i quattro alberi riempiono di dolcezza il nero pane del poeta, cioè la sua vita quotidiana; il cane fedele offre un immagine insieme di pace, affetto e protezione; la nebbia è un fenomeno meteorologico positivo; e, allo stesso modo, i «lampi notturni» e i «crolli d'aeree frane» della prima strofa, pur nelle loro sembianze violente, non toccano affatto il poeta, che ne trae unicamente una visione suggestiva.

Osservazioni conclusive:

  • Le frequenti figure di ripetizione, la presenza di ritornelli sono una costante nella poesia di Pascoli, e gli danno un ritmo cantilenante. Spesso leggendo queste poesie si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad una canzone, o più precisamente ad una nenia, dolcemente recitata. Questo loro aspetto musicale (che ne rende spesso difficile la lettura ad alta voce) rispecchia perfettamente il tipo di contenuto che veicolano: il poeta malinconico esprime un forte bisogno d'affetto e di protezione, quasi come se fosse un bambino, e la poesia, col suo ritmo cantilenante, fa le veci di una figura materna, simbolo per eccellenza di amore e protezione.
  • Il fatto che la poesia si sviluppi sulla base di una contrapposizione tra mondo esterno e mondo privato, e che il primo sia connotato negativamente, mentre il secondo positivamente, è un'altra costante in Pascoli. Ciò si ricollega al bisogno di affetto e protezione, per cui, proprio come un bambino, il poeta sente la necessità di rinchiudersi in un nido e sfuggire ai pericoli della vita, rifiutando persino di "andare" ed "amare" («Nascondi le cose lontane che vogliono ch'ami e che vada!» - vv. 19-20).
  • Diretta conseguenza delle osservazioni precedenti, troviamo espresso in questa poesia il rifiuto, forse inconsapevole, di crescere, di diventare adulto, attraverso la parola di un IO-bambino. Al di là della sua apparente semplicità e ingenuità, la poesia di Pascoli nasce dall'esigenza dolorosa e lacerante di dar voce a sentimenti intimi e remoti, di regredire verso un passato prenatale.
  • La poesia è espressione di un IO poetico molto forte, la cui presenza è dominante. Questo ruolo dominante è accentuato dal fatto che, in tutta la poesia, non si parla mai degli uomini: le uniche presenze ammesse fanno parte del mondo naturale.
  • Le descrizioni del piccolo mondo chiuso in cui si trova il poeta si caratterizzano per un forte determinismo: il muro non è coperto da un generico rampicante, ma dalle valerïane (v. 12), gli alberi nell'orto non sono soltanto specificati in numero (due..., due...), ma anche in genere (peschi e meli) (v. 15). Questa estrema precisione nella denotazione dovrebbe creare un effetto assolutamente realistico dell'ambiente descritto. In realtà queste descrizioni, poiché sono inquadrate in uno sfondo imprecisato e indeterminato (dove siamo? in che periodo? ecc.) e introdotte da una prima strofa dal contenuto altrettanto sfocato (la nebbia, il fumo, le aeree frane), accentuano l'aspetto simbolico della poesia.

    


 SCALPITIO
Si sente un galoppo lontano A
la . . . ?), B
che viene, che corre nel piano A
con tremula rapidità. B
 Un piano deserto, infinito; C
tutto ampio, tutt’arido, eguale: D
qualche ombra d’uccello smarrito, C
che scivola simile a strale: D
non altro. Essi fuggono via   E
da qualche remoto sfacelo;  F
ma quale, ma dove egli sia,  E 
non sa né la terra né il cielo. F
Si sente un galoppo lontano G
più forte, H
che viene, che corre nel piano: G
la Morte! la Morte! la Morte! H

 

 

PARAFRASI
Si ode un galoppo lontano
(è là…?),
che sopraggiunge, che corre nel piano
con tremante sveltezza.
Un piano deserto,illimitato;
ampio, secco ed  uguale per tutta la sua estensione:
si vede solo qualche ombra di un uccello che si è
perso, il quale sfugge come una freccia.
Nient’altro. Essi fuggono via
Da qualche lontana rovina
Ma quale e il posto in cui essa si trovi
Non è conosciuto né dalla terra né dal cielo.
Si ode un galoppo lontano
Il rumore del quale diviene man mano più intenso
Un galoppo che sopraggiunge, che corre nel piano:
La morte!La Morte! La Morte!


CARATTERISTICHE FORMALI:

  • Struttura metrica: 11 versi novenari, 1 verso bisillabo (è là…?), 1 verso trisillabo (più forte) ; 16 versi totali suddivisi in 4 quartine.
  • Struttura rimica: ABAB, ovvero Rima alternata
  • Figure timbriche:

Allitterazione per consonanza in S,L,R; allitterazione per assonanza in O
Anafora: si sente (1° e 13° verso); che viene, che corre (3° e 15° verso) ; piano (3° e 5° verso) e la morte
Onomatopea non pura: un galoppo
Figure retoriche:
DI SIGNIFICATO: similitudine:…che scivola simile (come) a strale
D’ORDINE: Anastrofe: non sa né la terra né il cielo (normale ordine sintattico= la terra e il cielo non sanno)

  • Periodo: in prevalenza si possono registrare frasi paratarriche in cui quindi non si rileva una costruzione complessa del periodo. L’unica difficoltà (anche se essa non comporta problemi di comprensione del periodo stesso) deriva dalla presenza di un’anastrofe in cui viene spezzato il normale ordine sintattico del periodo.
  • Lessico: si può rilevare il lessico tipico delle opere pascoliane, il quale è rappresentato da un registro linguistico che si avvale in prevalenza di termini popolari e in cui si può notare qualche caso disparato di utilizzo di vocaboli arcaici ( in questo caso potremmo definire tali i termini “strale” e “sfacelo”)
  • CAMPI SEMANTICI IN ANTITESI:
  • SONORO viene reso attraverso l’utilizzo di vocaboli, aggettivi e forme verbali che forniscono al sistema di percezione sensoriale uditivo del lettore più attento un input di rimando sonoro: così i termini “galoppo”, “rapidità”,gli aggettivi “tremula”, “forte” e le forme verbali “corre” e “viene” vogliono trasmettere nel lettore una sensazione di ansia non controllabile e  progressivamente sempre maggiore.
  • VISIVO: il campo semantico visivo si connota per la sua desolazione (arido, deserto ecc)

INTENZIONE COMUNICATIVA
Tra le poche righe di questa poesia , si nasconde una “più che pascoliana” intenzione comunicativa: l’inevitabile ed incombente sopraggiungere della morte, destino a cui ogni essere vivente si deve piegare e che ha nelle sue mani l’ingiusto potere di travolgere tutto al suo passaggio. (SIGNIFICATO SECONDARIO)
Il fattore che più stupisce è il modo in cui il Pascoli ci trasmette ciò perché se ci si attende un messaggio esplicito, ci si sbaglia di grosso.
Ma d’altra parte il Pascoli è un decadente e anche per lui il linguaggio analogico diventa lo strumento principe della conoscenza.
Il rumore di un galoppo lontano in un piano desertico ed infinito in cui si può avvertire solo la presenza di qualche uccello smarrito proveniente da qualche remota rovina sconosciuta sia al cielo che alla terra. Tutti gli animali fuggono davanti a questa sconosciuta minaccia. L'ambientazione non è realistica ma surreale e quindi simbolica,
Tutto qui. E il Pascoli, come al solito, lascia a noi il compito di  decodificare  ed arrivare al “nocciolo della questione”.
E così dietro una semplice e solo apparente descrizione di un ambiente naturale (SIGNIFICATO PRIMARIO), si nasconde un messaggio complesso che apre le porte ad una visione certamente pessimistica della vita.
Ma conoscendo il Pascoli, questo al contrario non stupisce.
PROBLEMATICA TRATTATA:
La morte.
E’ questa la problematica che domina la poesia “Scalpitio” e che  rappresenta uno dei temi prevalenti nella poetica del Pascoli.
Perché proprio la morte?
Prima di tutto perché il nostro poeta ha “a che fare” con questa sin da quelli che sarebbero dovuti essere gli anni migliori e più spensierati della sua esistenza ma che tali non si sono rilevati a causa del suo inaspettato ed amaro sopraggiungere, con il quale ha condannato il poeta ad una vita di dolori,di ricordi  e ha lasciato un solco profondo nel suo animo tanto da influenzare il suo carattere e la sua arte poetica.
Infatti  il Pascoli alla ancora troppo tenera età di dodici anni perde il padre per mano di un assassino mai identificato e per tanto il delitto rimane impunito; poco dopo gli moriranno anche la madre, una sorella e due fratelli.
Quindi il tema della morte, la quale viene in qualche modo definita dal Pascoli come un qualcosa che tiene in mano il destino di ogni essere umano e percepita, non come una semplice privazione della vita, ma come un inevitabile passaggio in un mondo misterioso al di là del nostro, non può fare altro che insidiare il tormentato io pascoliano.
Non a caso il tema della morte è presente in molte sue opere, ma ad essa vengono attribuite di volta in volta funzioni diverse:
COLLEGAMENTI CON ALTRE POESIE

  • La morte può incarnare l’unica possibilità per porre fine al suo tormento interiore, può rappresentare un’illusione e  la fine della sua infelicità a favore del desiderio di pace.
  • In questo contesto possiamo anche citare un ulteriore opera poetica:  “Nebbia”. Attraverso questa il poeta vuole comunicare al lettore la necessità di dimenticare i ricordi lontani e dolorosi, di rinchiudersi in un mondo privo di sentimenti nell’attesa che arrivi la morte la quale, oltre ad essere la parola chiave e il tema della poesia, sul piano comunicativo rappresenta il desiderato momento di pace eterna. Questo bisogno impellente di abbandonare tutto ciò che è causa di pene è sottolineata dal fatto che il poeta personifica la nebbia e la supplica attraverso l’espressione “nascondi le cose lontane”.
  • Ma la morte entra a fare parte della poesia pascoliana anche come mero elemento che gli ha distrutto la vita perché gli ha strappato via gli affetti a lui più cari e di conseguenza come causa della sua sofferenza e del tormento dei ricordi. Un esempio palese di questo ruolo della morte è la poesia X AGOSTO.  Attraverso essa l’autore vuole trasmettere il suo dolore per la morte del padre, la quale è certo un evento passato e lontano ma allo stesso tempo un forte ricordo che spinge il poeta a rimanere  ancorato all’utopica illusione di rivedere il genitore un giorno tornare a casa. Il titolo X Agosto è certamente interpretativo per tale intenzione comunicativa poiché il Pascoli trova nella pioggia di stelle cadenti, l’immagine più rappresentativa del suo sentimento interiore e della speranza che il desiderio di poter riabbracciare il padre si avveri.

Accade infatti spesso che il Pascoli si esprima attraverso la natura o la descrizione comunque di ambienti esterni (come accade nella stessa “scalpitio”). Gli elementi naturali costituiscono un altro dei temi prevalenti nella poetica del Pascoli perché per lui la natura stessa è “madre dolcissima” e ad essa viene attribuita una forte funzione simbolica.
Naturalmente la poetica del Pascoli non è solo pervasa dal tema della morte e della natura ma è molto di più, quel di più che a mio parere rappresenta la parte più “affascinante” dell’arte pascoliana.
COLLEGAMENTO CON L’ IDEOLOGIA DEL PASCOLI
Basta solo dire che il Pascoli è un decadente. E come tutti i colleghi decadenti condanna il ruolo della scienza come risolutrice delle problematiche sociali, mette da parte la rigida razionalità dei criteri positivisti antecedenti il decadentismo, portando alla luce quel mondo prima celato, il mondo dell’ignoto, dell’infinito, la condizione umana con la sua angoscia esistenziale derivante dal dominio dei valori idilliaci e il fine della vita. Inoltre, con l’affermarsi della società di massa, egli, come tutti gli intellettuali decadenti, trova il suo tormento: in quella società in cui i parametri di scelta, non solo a livello artistico, sono guidati esclusivamente dagli stimoli dell’utile e del consumo, il Pascoli, come il Baudelaire in Francia, si sente a disagio, si sente un emarginato e per tali motivi si rifiuta di dialogare con quella nuova realtà che lo circonda e che lo condanna.
Infatti, non a caso, il Pascoli è anche uno spirito solitario: la sua ribellione a quella realtà ingiusta, che non solo dal punto ideologico, gli ha provocato nient’altro che pene  e malessere interiore (collaborano a ciò anche infatti le dolorose vicende personali che travolgono la sua vita) viene manifestata con un autoisolamento perché preferisce, per quanto possibile, non “avere nulla a che fare” con quel mondo che non gli si addice. Infatti un altro dei temi prevalenti nella poetica pascoliana è propria la solitudine.
E a conseguenza di ciò nasce il mito  tradizionalmente pascoliano del “Nido familiare”, unico rifugio nel quale si possa trovare una sorta di difesa da questo male diffuso ed incontrastabile.
Purtroppo, per il poeta, la protezione del nido familiare, che rappresenta un altro tema prevalente della poetica del Pascoli, è quasi definibile utopico perché in fondo egli non ha mai avuto completamente  la possibilità di crescere tra gli affetti familiari e per questo motivo così ora fortemente desiderati.
Tutto ciò concorre a fare del Pascoli un innovatore, certo anche nella forma esteriore, ma più che altro nella sostanza e nei messaggi che egli ci ha trasmesso attraverso la sua invidiabile poetica decadente.

 

 

 

 

 

Analisi del contenuto "L'ora di Barga"

 

La poesia, la numero 41, fu scritta nel dicembre del 1900 e pubblicata nella I edizione dell'opera del 1903.

 

Testo della poesia

 

Al mio cantuccio, donde non sento se non le reste brusir del grano,
il suon dell'ore viene col vento dal non veduto borgo montano:
suono che uguale, che blando cade,
come una voce che persuade.

Tu dici, E' l'ora; tu dici, E' tardi, voce che cadi blanda dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo,
cose ch'han molti secoli o un anno
o un'ora, e quelle nubi che vanno.

Lasciami immoto qui rimanere fra tanto moto d'ale e di fronde;
e udire il gallo che da un podere chiama, e da un altro l'altro risponde, e, quando altrove l'anima è fissa,
gli strilli d'una cincia che rissa.

 

E suona ancora l'ora, e mi manda prima un suo grido di meraviglia tinnulo, e quindi con la sua blanda voce di prima parla e consiglia,
e grave grave grave m'incuora:
mi dice, E' tardi; mi dice, E' l'ora.

Tu vuoi che pensi dunque al ritorno, voce che cadi blanda dal cielo!
Ma bello è questo poco di giorno che mi traluce come da un velo! Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.

Lascia che guardi dentro il mio cuore, lascia ch'io viva del mio passato;
se c'è sul bronco sempre quel fiore, s'io trovi un bacio che non ho dato! Nel mio cantuccio d'ombra romita lascia ch'io pianga su la mia vita!

E suona ancora l'ora, e mi squilla due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla, mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! E l'ora! Si, ritorniamo
dove sono quelli ch'amano ed amo.


Parafrasi della poesia

 

Nel mio cantuccio da dove non sento
se non il fruscio dei filamenti del grano
il suono delle ore viene col vento dal borgo non visto:
suono che viene monotono e blando come la voce di mia madre.

 

Tu, voce blanda e piacevole, mi dici è l'ora! mi dici è tardi!
Ma lascia che ancora io guardi un altro po’ l'albero, il ragno, gli insetti e i fiori,
e le cose che vivono da molti anni o da un anno
o da un'ora e anche le nubi che passano nel cielo.

 

Lasciami qui fermo a guardare
fra tanto movimento di uccelli e di foglie;
e lasciami udire il gallo che da un podere
chiama e da un altro podere un altro gallo risponde,
e lasciami udire gli strilli di una cincia che si azzuffa
quando la mia anima guarda attentamente verso qualcosa.

 

E l'ora suona ancora e mi manda
un primo suono di meraviglia stridulo
e quindi con un altro suono blando la voce mi parla e mi consiglia
e mi incoraggia in modo serio e mi dice: è tardi! è l'ora!

 

Tu, voce, vuoi che io pensi al ritorno, voce che cadi carezzevole dal cielo!
Ma lascia che io guardi ancora questo tramonto di giorno che mi arriva con una luce velata!
Lo so che è l'ora, lo so che è tardi
ma lascia che io guardi un altro po’.

 

Lascia che guardi dentro il mio cuore lascia che io riviva il mio passato;
e lascia che io guardi se sopra quel tronco c'è un fiore, lascia che io trovi un bacio che non ho dato!
Nel mio cantuccio pieno di ombra solitaria lascia che io pianga sulla mia vita passata!

 

L'ora suona ancora e mi squilla
due volte con grido quasi di rimprovero ma poi ritornata blanda e carezzevole,
mi persuade nel mio cantuccio:
e io mi dico è tardi! è l'ora! Si ritorniamo
dove sono quelli che mi amano e che io amo.

 

Il tema della poesia

 

Il tema della poesia è la voce dell'orologio che personifica la voce della madre, che giunge al poeta attraverso il battito dei quarti e delle ore dell'orologio della torre di Barga. Il poeta, immerso nella solitudine della natura, e fermo a guardare la bellezza
del  campo  di  grano,  vorrebbe  resistere  al  richiamo  della  madre  perchè  vuole  e vorrebbe  contemplare  ancora  un  altro  po’  la  luce  del  giorno  residua  e  la  ricchezza della natura: gli alberi, gli insetti e i fiori. Ma quando la voce della madre diventa più stridula, quasi un rimprovero, allora il poeta decide di rientrare a casa tra coloro che
lo amano e che lui ama.

 

Il messaggio della poesia

 

Il messaggio della poesia è il fatto che il poeta non regredisce più all'infanzia, come aveva     fattonella poesia                "La mia sera", ma rimuove il passato e accetta semplicemente il presente della sua vita.

 

La tesi della poesia

 

La tesi della poesia è la consapevolezza del poeta di rimuovere il passato doloroso e
di accettare il presente per quello che; benchè scrutandosi all'interno si accorge che non ha realizzato nessun amore, ma trova sempre la sua poesia e alla fine si convince
di rientrare a casa a partecipare alla vita attiva della famiglia.
Analisi della forma

Metrica

La poesia è composta da sette strofe di sestine a quinari doppi a rime alternate.

Il linguaggio della poesia

 

Il linguaggio della poesia è ricchissimo di figure retoriche come la personificazione,
le allitterazioni, le enjambement e il simbolo.

 

Il tono emotivo

Il tono emotivo è malinconico, in quanto egli si rende conto che la sua vita trascorsa è abbastanza  vuota  ma  ricca  di  poesia,  e  alla  fine  accetta  il  consiglio  della  madre  e rientra nella sua famiglia.

La bellezza della poesia

La  bellezza  della  poesia  è  dovuta  alla  limpidezza  e  alla  chiarezza  dei  versi,  alla ricchezza delle figure retoriche e alla ricercatezza dei giochi linguistici e retorici che
si susseguono in tutta la poesia.

 

 

 

 

 

 

 

Analisi del contenuto "Il gelsomino notturno"

 

La poesia, la numero 36, fu scritta nel luglio del 1901 e pubblicata nella I edizione dell'opera del 1903.

Testo della poesia

E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari.

 

Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia. Sotto l'ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia.

 

Dai calici aperti si esala l'odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse.

 

Un'ape tradiva sussurra trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle.

 

Per tutta la notte s'esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s'è spento...

 

E' l'alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l'urna molle e segreta, non so che felicità nuova.

 

Parafrasi della poesia

 

I gelsomini notturni aprono le corolle all'imbrunire quando penso ai miei cari morti. Le farfalle notturne appaiono
in mezzo ai viburni.

 

I gridi degli uccellini tacciono da qualche ora
soltanto là in quella casa si sente qualche mormorio. Gli uccelli dormono sotto le ali
come gli occhi dormono sotto le palpebre.
L'odore (dei gelsomini) simile a quello delle fragole,
si diffonde dai calici aperti.
Un lume splende al pian terreno. L'erba nasce sopra le tombe.

 

Un'ape tardiva arriva al suo alveare e gira poichè trova le cellette già occupate.
La costellazione delle Pleiadi và per il cielo con il suo scintillio di stelle.

 

L'olezzo dei gelsomini passa con il vento
e si diffonde per tutta la notte. Il lume passa per la scala
brilla al primo piano: si spegne...

 

E' l'alba, i petali si richiudono un poco sciupati. Non so
quale felicità nuova matura
dentro l'ovario umido e nascosto.

 

Il tema della poesia

 

Il tema della poesia è la felicità che si prova nel dare la vita a un essere nuovo. Il poeta  rappresenta  la  fecondazione  dei  novelli  sposi  attraverso  la  fecondazione  dei gelsomini che sono impollinati dagli insetti. Il poeta fa una lunga similitudine tra la fecondazione umana e quella dei fiori: come all'imbrunire i fiori aprono i calici per ricevere il polline, così la donna apre il grembo per ricevere il seme. In natura tutto tace e anche nella casa dove il lume passa dal pian terreno al primo piano.

 

Il messaggio della poesia

 

Il  messaggio  della  poesia  è  l'augurio  che  il  poeta  rivolge  al  suo  amico  Gabriele
Briganti e alla sua sposina che si sposano; già il suo amico ha fatto sapere al poeta
che  il  primo  figlio  che  avranno  avrà  il  nome  Dante  Gabriele  Giovanni.  

La tesi della poesia

 

La tesi della poesia è l'immaginazione della felicità che si prova quando due esseri umani si accoppiano per dare la vita ad un nuovo figlio.
Analisi della forma

 

Metrica

 

Sei strofe composte da quartine di una coppia di novenari

 

Il linguaggio della poesia

 

Il  linguaggio  della  poesia  è  notevolissimo  perchè  costruito  su  moltissime  figure retoriche e su un linguaggio simbolico e analogico.

 

Il tono emotivo

 

Il tono emotivo è di stupore, di ammirazione e di curiosità.

 

La bellezza della poesia

 

La bellezza della poesia è data dalla costruzione simbolica delle immagini, costruite
per asindeto. La poesia esprime la gioia degli sposi con linguaggio allusivo, che dice
e  non  dice.  Infine  il  poeta  esprime  la  sua  curiosità  del  fatto  sessuale  che  per  lui rimane qualcosa di sconosciuto e di sofferente.

 

Fonte: http://www.mlbianchi.altervista.org/pascoli_analisi.doc

Sito web da visitare: http://www.mlbianchi.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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