Letteratura Ugo Foscolo principali opere

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Letteratura Ugo Foscolo principali opere

Ugo Foscolo
(1778-1827)
Nasce il 26 febbraio 1778 a ZAKINTHOS (Zante).
Nel 1788 dopo la morte del padre si trasferisce a Venezia con la famiglia. Basa la sua formazione su studi letterari classici e moderni, nonché su letture filosofiche e si fa notare come precoce talento poetico.
Giovane molto impulsivo animato da forti sentimenti democratici attira l’attenzione della polizia; per sfuggire ai primi arresti si trasferisce a Milano dove conosce Parini e Monti.

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Nel 1797 si trasferisce a Bologna. Si arruola nella Guardia Nazionale combattendo al fianco di Napoleone e compone l’ode a Bonaparte Liberatore. La firma del trattato di Campoformio con cui Venezia viene ceduta all’Austria, gli apre gli occhi sui limiti della politica napoleonica.
Lavora alla stesura del romanzo autobiografico “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”, pubblicato nel 1802, scrive la “Notizia intorno a Didimo Chierico”. Compone le Odi, i Sonetti. In qualità di capitano dell’esercito va in Francia, nel 1806 torna in Italia e compone i Sopolcri, pubblicati nel 1807. Nel 1808 fu nominato professore di eloquenza all’Università di Pavia, dove tenne l’orazione inaugurale “Dell’origine e dell’ufficio della letteratura” ma poche lezioni a causa della soppressione della cattedra.
Nel 1812, dopo vari viaggi, torna a Firenze dove frequenta i salotti della contessa D’Albany. Nel ’13 riceve l’invito dagli austriaci a dirigere un giornale “La biblioteca italiana”. Rifiuta l’opportunità sceglie l’esilio volontario in Svizzera.
Ammalato, poverissimo e materialmente isolato, muore il 10 settembre 1827, in uno squallido sobborgo di Londra, assistito dalla figlia.

FOSCOLO - IL RUOLO DELL’EROE

Ne “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” troviamo il prototipo dell’eroe romantico che soffre e si comporta secondo criteri sentimentali. L’eroe romantico è la novità letteraria dell’800, si contrappone all’eroe classico che combatte per la religione.
Il romanzo è modellato sui “Dolori del giovane Werther” di Wolfgang Goethe. Le affinità sono evidenti: entrambe le opere hanno una struttura epistolare; in entrambe domina il tema di una passione fatale; sia Jacopo che Werther rappresentano il tipo dell’eroe sentimentale e generoso, connotato dal fallimento e dall’isolamento, ma capace di elevarsi al di sopra del mondo. Nel Werther non c’è il tema patriottico che è invece presente in Foscolo unito al tema sentimentale. Werther non deve combattere contro la società ostile, ma soffre per amore. Ortis è un personaggio romantico condannato all’inazione è sradicato dalla realtà crede fermamente nei suoi ideali e per questi pronto a rinunciare a tutto. L’eroe e la società sono collocati su due piani diversi: la società agisce secondo il criterio dell’utile mentre Ortis secondo quello sentimentale.
Jacopo, come Foscolo, subisce la delusione storica dovuta al fallimento degli ideali di patria, di eroismo, di virtù e di amore. Il suicidio rappresenta la protesta di chi con la morte reagisce ad ogni forma di dittatura e alla realtà ostile; non è quindi un gesto di rinuncia e di resa di fronte alle avversità, ma un gesto dimostrativo. Durante il periodo risorgimentale Ortis rappresentò per i giovani patrioti una figura esemplare e anche Mazzini ne risentì l’influsso.
Il suicidio era già stato concepito da Goethe come un sentimento di distruzione appartenente ad alcuni individui che in particolari momenti della vita se ne sentono irrimediabilmente attratti in quanto viene a mancare in loro la capacità di sopportare le sofferenze.
Per Ortis il suicidio non arriva improvviso, ma già dalle prime pagine del romanzo si intravede il suo destino di sconfitta. Ortis non è soltanto un giovane amante infelice, ma un patriota tradito nei suoi ideali. Il suicidio non è provocato solo dalla delusione d’amore, ma anche dalla delusione politica susseguente all’abbandono di Venezia agli austriaci. Ortis, angosciato di fronte allo spettacolo della patria schiava dello straniero, è pessimista sulla natura umana e sulla società in genere.
L’Ortis è quindi il manifesto della ribellione al dispotismo napoleonico ed alla morale dei benpensanti: la ribellione di un giovane intellettuale isolato, che non cerca collaborazione in alcuna classe sociale.
Se si considerano le sue relazioni con gli altri personaggi del romanzo, possiamo dedurre una costante: egli è “innamorato impotente della propria città”. Infatti dal punto di vista politico si vede sottrarre la patria in seguito al trattato di Campoformio e nell’ambito sentimentale gli è sottratta Teresa. Antagonisti dell’eroe-Ortis sono due figure autoritarie, il Signor T*** e Napoleone, dalle caratteristiche ambivalenti, ottimi e crudeli, che il protagonista non può interamente odiare. Solidale è invece la madre, confinata, però, in un ruolo inattivo. L’impossibilità di agire conduce Ortis a rivolgere l’azione contro se stesso, il suicidio.
Nel sonetto A Zacinto , nel quale il poeta sviluppa il tema dell’esilio, canta la patria ideale, esprime il nuovo concetto romantico dell’eroe, grande per la forza e la dignità con cui sa sopportare le ingiurie della sventura, gli oltraggi della vita: la condanna al finito, che si oppone allo slancio infinito dell’io. Nasce la poesia dei “vinti” soccombenti e tuttavia superiori al destino. La sensibilità è quindi romantica: parla di una vicenda dolorosa, Foscolo definisce se stesso in relazione e contrapposizione con Ulisse.
Dal paragone emerge l’eroe romantico che ha il fato avverso e l’eroe classico che ha il destino amico. Omero cantò l’esilio di Ulisse e il suo ritorno, Foscolo canta invece il suo esilio e il suo non ritorno.
Nel carme “Dei Sepolcri” Foscolo riflette sul tema della tomba. Rendere le tombe tutte uguali sembrava al poeta un’offfesa ai meriti. Da un lato dice che non è importante la tomba, ma poi si accorge che anche nella morte gli uomini forti devono essere ricordati: ci sono degli uomini che combattono per affermare dei valori.
Quindi la tomba serve per conservare il ricordo degli uomini forti che costituisce un esempio per i posteri. Anche quando la tomba sarà distrutta, resteranno le azioni degli uomini esaltate dalla poesia. Foscolo capisce che la storia ha un suo divenire, va verso la civiltà grazie agli uomini meritevoli per il loro contributo nella società.
La tomba non ha solo un valore privato, ma è importante per un popolo come esempio di civiltà: suscita i sentimenti migliori.
Le tombe dei grandi incitano a emulare le imprese, ad affermare nel mondo quegli ideali di verità, bellezza, libertà, giustizia per i quali essi lottarono. Ogni popolo trova nelle tombe dei propri uomini illustri l’espressione più alta delle proprie tradizioni, della propria civiltà e un incitamento a continuarle.
Questo carme è sorretto da uno spirito energico e attivo di rivalsa, da uno spirito non domato, in virtù del quale il poeta è tratto a rivolgersi con commozione e fiducia alle glorie del passato, traendo da esse speranza per l’avvenire e travalicando così le angustie e le miserie dell’età contemporanea.
La successiva incarnazione di Foscolo è quella di Didimo Chierico, che rappresenta il poeta negli anni maturi, quando capisce che l’arte aiuta a vivere. Didimo più che vivere discorre e sentenzia sul mondo, sugli uomini, sulla letteratura.
Lo stile non ha più l’accento passionale dell’Ortis, ma è pacato, condensato in massime venate d’umorismo.
Didimo è lontano dagli eroici e appassionanti furori ortisiani. E’ l’Ortis che si rivela più disingannato che rinsavito. Foscolo attribuisce a questo personaggio il carattere di colui che tiene nascoste le passioni o le lascia appena trasparire come “calore di fiamma lontana”.
Con Jacopo e Didimo il poeta fissò due esempi di comportamento

 

LE PRINCIPALI OPERE

EDIPPO (1795-96) E’ la prima tragedia che sarà ritrovata e pubblicata nel 1979 nell’archivio di Silvio Pellico e attendibilmente attribuita a Foscolo.
TIESTE (1797) E’ da considerarsi un’opera giovanile di ispirazione alfieriana in cui la figura del protagonista è stata irrimediabilmente colpita negli affetti e nell’amor di patria.
A BONAPARTE LIBERATORE (1797) E’ un’ode dedicata a Napoleone, personaggio da lui stimato particolarmente, che mette in evidenza spiriti di libertà.
A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO (1800) Tale ode è stata pubblicata nel 1802 insieme ad 8 sonetti nel “Nuovo giornale dei letterati” di Pisa. E’ un inno alla bellezza e alla leggiadria di ascendenza pariniana e montiana, ricca di quadri mitologici dove spicca la poetica del “sublime”.
ALL’AMICA RISANATA (1802) E’ un’ode dedicata ad Antonietta Fagnani Arese. La celebrazione della bellezza consolatrice si trasforma in esaltazione della poesia eternatrice.
ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS (1802) E’ un romanzo epistolare, la vicenda è una duplice tragedia: è privata perché descrive un amore irrealizzabile ed è pubblica per la patria venduta. Infatti il protagonista è un esiliato innamorato e corrisposto da Teresa la quale si sposa con Odoardo provocando il suicidio di Ortis.
POESIE (1803) E’ un volume che comprende dodici sonetti e le due odi, già pubblicate precedentemente, che erano considerate da Foscolo stesso quanto di meglio avesse composto fino a quel momento.
DEI SEPOLCRI (1806-07) E’ un carme che vuole dimostrare che i sepolcri sono utili dal punto di vista affettivo, civile e simbolico. All’inizio si precisa l’inutilità delle tombe per chi ascolta la voce della ragione, ma l’autore afferma che agli spiriti magnanimi “l’urne de’ forti” ispirano azioni generose.
DELL’ORIGINE E DELL’UFFICIO DELLA LETTERATURA (1809) E’ uno scritto di critica letteraria tra i più mediati e impegnativi dove Foscolo prende in considerazione la natura del linguaggio, l’uso sociale della parola, la funzione etico-politica che i letterati possono svolgere, il problema del pubblico medio-borghese a cui dovrebbe indirizzarsi una intelligente produzione narrativa.
AJACE (1811) Tragedia di argomento classico che identifica Napoleone col personaggio di Agamennone, esprime allusioni antifrancesi.
LE GRAZIE (1812-13) E’ un inno con una serie di frammenti lirici che celebrano il mondo ideale e sereno dell’armonia, dell’arte e della bellezza in contrasto con lo squallore e la crudeltà della storia.
RICCIARDA (1812-13) E’ l’ultima tragedia che in un primo momento fu censurata e successivamente rappresentata a Bologna dove riscosse un certo successo.
NOTIZIE INTORNO A DIDIMO CHIERICO (1812-13) Fu premessa alla produzione del “Viaggio sentimentale di Yorik” di Laurence Sterne e descrive un personaggio autobiografico, sereno, pacato, ironico e distaccato che rappresenta l’altra faccia del “romantico” e cupo Foscolo-Jacopo Ortis.

LA POETICA

Foscolo assegnava alla poesia il compito di eternare e tramandare nei secoli il ricordo dei più alti valori umani. La poesia è creatrice di valori, di nuovi ideali e di civiltà; si ispira alla realtà e tende ad intensificare la vita.
Nell’orazione sul tema “Dell’origine e dell’ufficio della letteratura” Foscolo si preoccupa di scoprire la funzione etico-politica che spetta ai letterati. Dal discorso emerge una funzione dell’arte piuttosto contemplativa che non combattiva.Foscolo sostiene perciò:
“Ufficio dunque delle arti letterarie dev’essere e di rianimare il sentimento e l’uso delle passioni, e di abbellire le opinioni giovevoli alla civile concordia, e di snudare con generoso coraggio l’abuso e la deformità di tante altre che, adulando l’arbitrio de’ pochi o la licenza della moltitudine, roderebbero i nodi sociali e abbandonerebbero gli Stati al terror del carnefice, alla congiura degli arditi, alle gare cruente degli ambiziosi e alla invasione degli stranieri”.

Il letterato deve quindi smorzare le passioni al fine di raggiungere l’equilibrio tra potenti e deboli.
Il poeta parte da premesse sensistiche e materialistiche, che culminano nella constatazione del nulla eterno e dell’impossibilità per l’uomo di conoscere la realtà delle cose, il perché dell’esistenza. Assume importanza il ruolo delle illusioni, di quei valori (patria, bellezza, amore, gloria, affetti familiari) che hanno una funzione consolatrice.
Foscolo attribuisce alla poesia la facoltà di “creare” miti: in virtù della poesia l’uomo “tenta di mirare oltre il velo che ravvolge il creato(…) crea le deità del bello, del vero, del giusto e le adora”.
L’autore si inserisce in un’atmosfera densa di cambiamenti politici e culturali. Registra in se stesso la crisi dell’illuminismo, dovuta alla delusione storica e al fallimento della ragione, e anticipa le tematiche romantiche.
Foscolo, a differenza degli illuministi, non concepisce il ruolo dell’intellettuale come quello dello “scienziato” che mette al servizio della società il proprio bagaglio culturale. Egli ritiene infatti che compito dell’intellettuale è quello di rappresentare la coscienza collettiva in quanto il pensiero scientifico e razionale non rispecchia l’animo umano.
La poesia può solamente esaltare i grandi valori della civiltà, ma non può riscattarla: Foscolo ha una visione negativa della storia in cui prevalgono le iniquità dei rapporti sociali e con la poesia tenta di sovrapporsi a questi valori.
Rappresenta il nuovo modello di intellettuale che concepisce il lavoro letterario come impegno politico ed analizza la realtà con l’illusione di poterla cambiare.

 

Fonte: http://www.storiadilioni.it/angolo%20dello%20studente/TEMI%20SVOLTI/UGO%20FOSCOLO.doc

Sito web da visitare: http://www.storiadilioni.it/

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