Letteratura Ugo Foscolo vita e personalità

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Letteratura Ugo Foscolo vita e personalità

UGO FOSCOLO

La vita e la personalità
La vita e l’opera di Ugo Foscolo si svolgono all’insegna della contraddizione: dentro la vita, dentro l’opera, tra l’una e l’altra. Foscolo è infatti caratterizzato da una personalità contraddittoria, divisa tra razionalità e irrazionalità. La produzione poetica da lui approvata è assai ridotta: un carme, due odi e dodici sonetti. Con lui abbiamo una nuova condizione dell’intellettuale: Foscolo diventa scrittore di professione, vive cioè grazie al suo lavoro. Nonostante ciò Foscolo resta tuttavia un letterato sostanzialmente tradizionale (per formazione, cultura, ideologia, aspirazioni). Egli conserva un margine di non vendibilità, così che l’intellettuale conserva (o crede di conservare) u margine di indipendenza e di autenticità assolute.
Ugo Foscolo nasce il 6 febbraio 1778 a Zante, un’isola dello Ionio allora appartenente alla Repubblica Veneta. In realtà il suo nome di battesimo era Nicolò, ma lui lo volle cambiare. L’origine greca della madre influì sul gusto classico di Foscolo. L’infanzia passa a Spalato, Zante (dalla zia) e a Venezia (dalla madre). Durante l’adolescenza ha la prima formazione culturale e le prime prove letterarie, che sviluppano già un attaccamento al gusto classico.
Egli si impegna anche nel campo politico in favore della causa della Francia rivoluzionaria dopo la discesa di Napoleone in Italia (’96) e per questo deve lasciare la città di Venezia. Ma la cessione di Venezia agli Austriaci con il Trattato di Campoformio è la grande delusione della vita di Foscolo, le cui posizioni ideologiche – politiche piegano sempre più verso il pessimismo. Si sposta poi a Milano (amicizia con Vincenzo Monti) e poi a Bologna, dove inizia la stampa delle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Partecipa attivamente anche alla difesa della Repubblica Cisalpina, diventando anche comandante. Nel frattempo, scrive odi a persone da lui amate (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, All’amica risanata), ultima le Ultime lettere di Jacopo Ortis e, tra il 1802 e 1803, pubblica varie edizioni delle poesie: dodici sonetti e due odi. Poi si sposta in Francia, dove da una relazione con una profuga inglese (Sophia Hamilton) nasce sua figlia Mary, chiamata poi dal poeta Floriana. Nel 1806 ritorna in Italia, ma il suo atteggiamento franco e risoluto, quando non spavaldo e litigioso, verso i francesi e i letterati più affermati gli procura un numero sempre maggiore di nemici (tra cui lo stesso Monti); Foscolo passa da una polemica all’altra, alternando i toni della satira a quelli delle accuse dirette. successivamente si trasferisce a Firenze (dove scrive Le Grazie). Il Regno Italico passa poi sotto il dominio austriaco, e non volendo giurare fedeltà al nuovo potere, fugge in esilio (30 marzo 1815). Va in Svizzera, Germania ed infine in Inghilterra, dove si apre l’ultima fase dell’esistenza foscoliana, segnata da incalzante miseria e da frustrazioni e amarezze.  Vengono in luce i due aspetti della personalità foscoliana: l’alacrità del lavoro, la dignità della vita, il rispetto dei propri ideali da un lato; la ricerca di lusso e la prodigalità, il temperamento polemico, la passionalità incoerente e rovinosa dall’altro. Dal settembre 1816 fissa la sua residenza a Londra, dove nonostante l’instancabile attività di scrittore vive in miseria (in carcere per debiti) e con una saluta che peggiora sempre più, e soccorso anche dalla figlia Floriana (trasferitosi da lui nel 1821) Foscolo muore di idropisia il 10 settembre 1827. Sepolto prima al cimitero di Chiswick,  iresti di Foscolo vennero trasportati nel ‘71 in Santa Croce a Firenze, accanto a quelli di altri grandi italiani.

 

Le idee: letteratura e società

Dall’Illuminismo Foscolo deriva una visione laica e immanente della storia e della società, nonché una solida prospettiva materialistica. Ma se l’Illuminismo concepiva l’intellettuale come uno “scienziato” al servizio della società, Foscolo lo vede non come un operatore sociale ma una coscienza collettiva.
Il giovane Foscolo assegna alla natura primitiva il valore più alto, e non all’intervento tecnico e scientifico della civiltà. Si arriva così ad una radicalità ideologica che sfocia nella tensione distruttiva dell’Ortis; egli rifiuta il progresso scientifico. Egli ha una concezione pessimistica della storia e da alla poesia una funzione molto importante: universalizzare i valori parziali della classe dirigente e legittimarne il dominio umanisticamente; la poesia deve essere interprete dei valori nobili e deve avere la forza capace di renderli, da parziali, ad universali. tuttavia a Foscolo i ceti dominanti gli risultarono inadeguati a questa funzione di trasformare i valori particolari in valori generali. Per questo fu aspra la sua critica verso il potere reale e verso la poesia in ascesa. Per lui la letteratura non deve essere una successione più o meno casuale di episodi, valutabili  sulla base di questa o quella retorica o poetica; e diventa un fenomeno calato nelle diverse condizioni storiche e nelle diverse esperienze umane e culturali: giudicabile perciò solamente attraverso l’attenzione a tali dati.

 

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis, ovvero il mito della giovinezza
La composizione impegnò a lungo l’autore: tra i primi abbozzi e l’edizione definitiva corrono oltre vent’anni. Ciò spiega anche alcune disuguaglianze di ispirazione e di registro.
La prima edizione uscì verso la fine del ’98 a Bologna, ed era formata da 45 lettere. L’impegno militare costrinse Foscolo a interrompere la stesura, completata a sua insaputa da Angelo Sassoli per interessamento dell’editore. Successivamente uscirono varie edizioni, con la definitiva uscita nel 1817 a Londra.
Le Ultime lettere di Jacopo Ortis sono costituite da una raccolta ordinata delle lettere indirizzate da Jacopo all’amico Lorenzo Alderani fra l’11 ottobre 1797 e il 25 marzo 1799; vi sono anche alcune lettere indirizzate all’amata Teresa e ad altri. Lorenzo presenta le lettere con tenui interventi di cerniera fra il mittente e il lettore, assumendo fra l’altro la funzione di narrare ciò che Jacopo non avrebbe evidentemente potuto, il suicidio. La vicenda prende inizio con il Trattato di Campoformio, e quindi da una delusione politica causata dal suo attaccamento a Napoleone. Jacopo fugge così sui Colli Euganei, dove si innamora di Teresa e ne riamato. Il padre di lei vuole però darla in moglie al mediocre ma ricco Odoardo, e Teresa è ferma nell’obbedienza. Jacopo allora si allontana da Teresa viaggiando per l’Italia, le cui tappe più importanti furono Milano e Ventimiglia. Tornando ai Colli Euganei, dopo aver appreso delle avvenute nozze di Teresa, la incontra per l’ultima volta strappandole un bacio; quindi si pugnala al cuore.
Il romanzo rimanda ai grandi modelli europei di romanzo epistolare, dalla Nouvelle Héloise di Rousseau al Werther di Goethe, e soprattutto al secondo per quanto riguarda la vicenda. Ma Foscolo da anche un taglio autobiografico all’Ortis, proiettando il proprio carattere impetuoso e passionale, nonché le proprie specifiche esperienze, politiche e sentimentali, al personaggio principale. Nell’Ortis è venuta meno ogni fiducia positiva nei valori civili e nella storia, vista come territorio dominato dal caso e dall’irrazionalità. Sui valori che il protagonista persegue ostinatamente grava senza scampo il senso della vanità e la mancanza di significato. soprattutto per il taglio molto soggettivo del racconto possiamo dare al testo una lettura preromantica, anche se sono molti gli elementi di distacco di Foscolo dal Romanticismo (su tutti rifiuto dei miti della Provvidenza e del progresso). Nel suicidio Jacopo brucia definitivamente gli ultimi baluardi che lo difendevano dalla vera realtà, cioè le illusioni. Le illusioni presenti nel romanzo sono soprattutto due, e fra loro correlate: l’amore e la poesia. Alla prima corrisponde il personaggio di Teresa, portatrice angelica di una bellezza incontaminata e sempre sfuggente, ma portatrice anche di un amore impossibile. Alla poesia spetterebbe il compito di unificare i contrasti interiori del soggetto, di purificare le passioni; di trasmettere infine un senso di equilibrio, di armonia e di durata capace di vincere le oscure forze che regolano la vita umana e il suo consumarsi. Ma Jacopo si accorge di non essere portato per la poesia che non può dagli riscatto.
L’impossibilità di Jacopo a uscire dalla giovinezza corrisponde a un rifiuto radicale della realtà storica ed esistenziale. Il suo suicidio segna il futuro di Foscolo: il mito della giovinezza lascia il posto a miti di rinuncia, di distacco, di perdita – il mito dell’esilio, il mito della tomba. La sintassi è percorsa dalle emozioni del narratore – protagonista, e con continue esclamazioni, reticenze, interrogazioni, incisi coinvolge maggiormente il lettore.
Werther – Carlotta – Alberto
Jacopo – Teresa – Odoardo  … caratteristiche:
1) protagonista è narratore: forte coinvolgimento, tono personale
2) scarto cronologico minimo tra tempo della azione di Jacopo e tempo della narrazione – valutazione emotiva della storia
3) destinatario – Lorenzo Alderani – lettore capace di sensibilità e di eroismo – opera per Italia di inizio ‘800.

Lorenzo Alderani al Lettore

“Al lettore.
Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta, e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime che ora mi si vieta si spargere sulla sua sepoltura. E tu o Lettore, se uno non sei di coloro che esigono dagli altri quell’eroismo di cui non sono eglino stessi capaci, darai spero la tua compassione al giovane infelice del quale potrai forse trarre esempio e conforto.
Lorenzo Alderani”

“Il sacrifico della patria è consumato…”

Questa è la prima lettera del romanzo. Jacopo si rivolge all’amico Lorenzo mentre con il Trattato di Campoformio Napoleone cedeva la Repubblica Veneta all’Austria. Abbiamo quindi il crollo dell’illusione politica che trascina tutte le altre. Jacopo ha lasciato la nativa Venezia, su consiglio della madre, per ritirarsi sui Colli Euganei e sfuggire così le persecuzioni che contro di lui metteranno prevedibilmente in opera gli austriaci. Il tono è già molto pessimista, e c’è già il richiamo al tema della morte e del suicidio.

L’amore per Teresa

Uno dei numerosi brani in cui Jacopo parla dell’amore per Teresa. Descrivendo con un misto di sacralità e di morbosità il sonno della donna amata, Jacopo mostra qui bene la prevalente natura lirica e descrittiva dell’opera. All’inizio abbiamo la descrizione di Teresa addormentata su un divano, e la sua è una visione quasi angelica. Ma per non addolorarla, decide di scappare. Allora invoca Dio, chiedendo il perché di questa sofferenza, perché non può amare Teresa e non può essere felice e vivere in eterno con Teresa stessa.

“Le passioni sono effetto delle illusioni”

  1. Jacopo dice che dopo il bacio fatto a Teresa tutto gli sembra più bello, più armonioso, più piacevole soprattutto la natura. Se non ci fosse l’Amore, sulla terra dominerebbe il caos, gli animali nemici tra loro, il sole un fuoco malefico e il Mondo un pianto continuo. Egli sogna le muse in riva al lago, in una atmosfera paradisiaca. Poi assegna un alto valore alle Illusioni, senza le quali la vita sarebbe solo noia e dolore; le illusioni corrispondono ad una religione laica per Foscolo, attraverso l’Amore, la Bellezza e la Poesia.
  2. in questo seconda lettera (25 maggio 1798) la tempesta della passione è descritta attraverso la natura. La natura in effetti corrisponde e partecipa quasi al tormento che percuote il suo animo. Così inizia una lunga descrizione della natura che lo circonda mentre egli corre, e questa stessa natura sembra assecondarlo nel suo stato d’animo. Egli arriva alla conclusione che “le nostre passioni non sono, in fine del conto, che gli effetti delle nostre illusioni. Seguita a fare ragionamenti sulla natura, sulla sua condizione, ma è felice perché sa di essere amato, sa che sulla sua tomba una fanciulla verserà le sue lagrime. Per Foscolo la tomba è l’ultima cosa, non esiste un aldilà.

La sepoltura lacrimata

1) Inizialmente ricorda una scena da fanciullo, quando assieme al padre e agli anziani del paese andava a piantare e coltivare. Questo lo proietta nel futuro, quando lui sarà vecchio e i nipotini suoi e di Teresa lo scherniranno affezionamene, e quando un vecchio lo pregherà sulla sua tomba…ma poi ritorna alla realtà, e cioè che lui patria non ha: “O illusioni! e chi non ha patria, come può dire: lascerò qua o là le mie ceneri?”
2) In questa seconda lettera Foscolo fa un’ampia riflessione sulla sepoltura, dicendo che se qualcuno verrà a lacrimare sulla sua tomba, la morte sarà meno dura (“…il suo gemito vince il silenzio e l’oscurità della morte”). Ma calandosi nella realtà, si accorge che difficilmente avverrà, Teresa non verrà a versare i suoi pianti sulla sua tomba, anche se lui è ciò che spera. Ma l’ultima immagine è molto pessimista: “Lorenzo, rispondi soltanto: Era uomo, e infelice”.

 

Le lettera da Ventimiglia (19 – 20 febbraio 1799)

In questa lettera vive un radicale pessimismo sia sulla condizione esistenziale degli uomini sia sulla situazione politica dell’epoca, in particolare dell’Italia. Ogni cosa vive sulla distruzione della precedente. All’inizio della lettera c’è la descrizione della natura che rispecchia l’animo di Jacopo: muto e triste. il paesaggio è tipicamente romantico (cupo, ombroso, rupi, burroni). Egli critica gli Italiani che troppo spesso guardano alle glorie passate, ma queste non servono a nulla e anzi sono motivo di vergogna. Del passato rimangono infatti solo le tombe dei grandi, ed inutile il passato se c’è la debolezza politica attuale. L’universo si controbilancia (la morte di uno mi da la vita di un altro e viceversa). La nostra grandezza deriva dalla caduta di molti popoli sotto i Romani, così come Alessandro conquistò e distrusse molti popoli, così come Roma conquistò l’Italia e i suoi vari stati, come l’Europa conquistò l’America. Come dice Foscolo “la terra è una foresta di belve”. I governi impongono giustizia ma loro per primi l’hanno violata. Gli uomini hanno creato gli dei, e la Chiesa ne ha poi vestito i panni. La sola virtù è la compassione. Verso la fine abbiamo anche imprecazioni contro la natura: perché ci ha dato la ragione se non riusciamo a trovare i rimedi contro le calamità? Perché dunque lui fugge? Allora decide di tornare nella sua patria dove potrà essere udito l’ultimo suo lamento (idea di suicidio), ma spera anche che il suo spirito sarà confortato dai sospiri della ragazza amata che “gli interessi degli uomini e il mio destino feroce mi hanno strappata dal petto”.

“Io moro incontaminato”

All’inizio abbiamo dolci ricordi dei luoghi felici da lui visitati, delle passeggiate assieme all’amata Teresa. Il ricordo si sposta poi alla sera del 13 maggio, sera del primo bacio tra Jacopo e Teresa, sera che dice gli è sempre rimasta impressa nella mente, e da quel momento nessuna donna è stata degna di un suo sguardo, perché lui amava solo lei. Teresa è vista come una figura angelica, e lui ripete di averla amata, e di amarla tutt’ora. Ma ora i due si separeranno per sempre, perché lui ha scelto di morire, a causa dei suoi sentimenti e del suo amore per Teresa; lui “muore incontaminato, padrone di sé stesso”, mentre alla fine rivolgendosi direttamente a Teresa la discolpa totalmente per la sua morte.

 

Le Odi
Le due odi corrispondono a fasi diverse dell’esperienza poetica foscoliana. La più antica (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, composta tra la fine del ’99 e poco dopo) si ricollega al gusto galante arcadico. Più intensa e personale è invece l’ode All’amica risanata, composta nel 1802 per Antonietta Fagnani Arese, amante del poeta. Qui la bellezza della donna sprigiona, pur attraverso la nivea compostezza neoclassica, un indefinito turbamento sensuale. In questa ode alla bellezza della donna corrisponde la bellezza della poesia, che della prima è specchio (o coscienza) e opportunità di durata.

All’amica risanata
Ode composta da sedici strofe si sei versi ciascuno, 5 settenari e un endecasillabo, con rime secondo lo schema abacdD. L’amica ritornata sana, va con la sua bellezza in mezzo agli altri, ma nessuno deve dirle che la bellezza decade. All’inizio c’è una similitudine: come Venere sorge dal mare, tu ti risollevi dal letto con la tua bellezza, sola consolatrice degli uomini. Le Ore e le Grazie sono invidiose, per cui dicono a lei che la bellezza è fugace, ma la bellezza può anche essere resa immortale (come la donna naturalmente) grazie alla poesia. Per dimostrare ciò porta degli esempi: Artemide (dea greca della morte, prima era comune mortale), la guerriera Bellona ed infine la stessa Venere, venerata all’inizio dell’ode e qui rapportata anche alla sua stessa donna amata.

Alla sera (1802 – 1803)
La sera, immagine della morte e del nulla, riesce a trasmette al poeta un senso di distanza dal presente, negativamente connotato, e a placare le sue tempeste interiori. È un sonetto con rime alternate sia nelle quartine che nelle terzine. abbiamo anche qui la presenza di un tema romantico (l’inquietudine), la descrizione dell’estate (la sera arriva tardi) e dell’inverno (la sera arriva presto). Mentre verso la fine del sonetto se ne va la quotidianità e le preoccupazioni.

A Zacinto (1802 – 1803)
Il tema è quello tipicamente foscoliano dell’esilio, qui spostato alla rievocazione mitica della propria isola natale 8da cui il titolo vulgato, non d’autore, A Zacinto). Il senso generale del testo è questo: Zacinto si specchia in quel mare dal quale nacque la dea Venere, che illuminò le isole greche del suo sorriso, inducendo Omero a cantarne la bellezze a raccontare il viaggio di Ulisse, che infine riuscì a ritornare nella amata isola Itaca; diversamente da lui, il poeta sa che il ritorno a Zacinto gli sarà impossibile, dato che sarà sepolto in terra straniera, così che alla sua isola natale può rivolgere solamente la sua poesia. Zacinto è: 1)la sua patria; 2)sacra; 3)feconda (natura e luminosa). la bellezza compensa la sepoltura illacrimata.

Struttura e contenuto Dei sepolcri
I Sepolcri possono essere definiti sia un carme (genere di poesia impegnata e solenne), sia una epistola in versi in quanto ha un destinatario (il poeta Pindemonte) ma anche u poemetto filosofico, anche se manca la componente narrativa. I caratteri innovativi dei Sepolcri sono l’intento filosofico, cioè il procedere per argomentazioni, e la forte carica attualizzante (frequenti rapporti tra passato e presente). I Sepolcri sono costituiti da 295 endecasillabi sciolti, e il testo può essere diviso in quattro parti. Prima parte: si affronta qui il tema dell’utilità delle tombe, che da un punto di vista materialistico sarebbe inutili, ma da un punto di vista morale esse sono molto importanti perché il ricordo di una persona per bene permette al morto di restare ancora in vita, almeno nella memoria delle persone più a lui care. E qui troviamo anche una critica per la sepoltura del poeta Parini, che è sepolto in una fossa comune forse assieme a ladri e assassini e non gli si può dare il giusto merito per la sua virtù. Seconda parte: vengono analizzati i vari culti dei morti e il senso della civiltà. Egli afferma che il culto cattolico è sbagliato perché incute timore, mentre quello antico greco – classico è corretto perché permette un dialogo tra vivi e morti. Ma degno di lode è anche il modello inglese che presenta i camposanti simili a giardini, mentre critica l’Italia per il suo disinteressamento a questo problema e si augura un repentino cambiamento. Terza parte: in questa sezione vengono esaltate le tombe esemplari (esempi di virtù e stimolo a seguirli) dei grandi, e più specificatamente l’esempio di Santa Croce, da cui deve partire il riscatto italiano perché è una memoria del passato. e abbiamo qui un esempio del passato, Vittorio Alfieri, che proprio a Santa Croce si recava spesso. Abbiamo inoltre un esempio sul senso e l’importanza della morte: i Greci che in difesa della loro patria e senza paura della morte combatterono con eroismo la battaglia di Maratona. Quarta parte: si analizza il valore morale della morte, con l’esempio delle armi di Achille (portate dal mare sulla tomba di Ajace). La morte compensa dunque le ingiustizie della vita. Una funzione centrale è assegnata alla poesia, il cui compito è appunto quello di celebrare le virtù presenti e antiche e di conservarne il ricordo anche dopo che i segni materiali da esse lasciati sono stati dispersi dal tempo. Per dimostrare ciò riporta nuovamente un esempio del mondo classico: Troia è caduta distrutta dai Greci, ma grazie ad Omero il suo ricordo, ed in particolare di Ettore, è ancora vivo e sulla tomba di Ettore stesso si piangono quei valori fondamentali anche per la civiltà attuale.

La poesia è composta da endecasillabi. Il carme è del 1806. Il carme è argomentativo: è male che le tombe siano lontane dal corpo perché possono ricordare imprese eroiche o persone amate. La terra è sacra se al corpo è associata una pietra ed un nome, e qualcuno pone un fiore ed un pianto. La vita potrebbe essere eterna se ci fossero i ricordi dati da un luogo e da un nome sulla tomba. La morte vince l’uomo, la tomba vince la morte, il tempo vince la tomba, la poesia vince il tempo. Da quando uomo ha conosciuto la civiltà ha avuto il culto dei sepolcri. esempio della chiesa di Santa Croce a Firenze (Machiavelli, Galileo, Michelangelo). Firenze è beata per la presenza di questi importanti letterati e per la bellezza. Dante e Petrarca respirarono l’aria benestante di Firenze, ed è ancora più beata perché conserva il ricordo dei pochi eroi italiani. Alfieri era adirato contro gli dei della patria e non trovava consolazione tra gli esseri viventi, così si recava spesso a Santa Croce. Parla di Elettra. Paragone forzato tra Ettore e Foscolo stesso.

 

• Foscolo con il riferimento al mondo classico non implica l’imitazione di un modello perfetto e definitivo, ma al contrario impone una responsabilizzazione del presente, intesa anche quale coscienza della modernità. Il classicismo è visto come attualizzazione del passato: Foscolo prende episodi del passato che producono significato nel presente, li mette a confronto.
• Solo chi è considerato degno dai posteri può essere eterno. il sepolcro è l’incarnazione della memoria, nella tomba si identifica la memoria concreta del passato, la civiltà. La poesia rende eterni, i grandi valori classici possono aiutare alla creazione di nuovi valori; è il compito di Foscolo: far rinascere nuovi valori per il riscatto dell’Italia.
• Anche Foscolo si sente quasi morto. Anche la sua è una vita raminga, si compara a Parini, spera di avere una degna sepoltura e i posteri lo apprezzino come poeta. La morte gli renda giustizia così come ad Ulisse (vita raminga) ed a Aiace. grazie ai valori del passato la civiltà crescerà. Omero: identità nazionale. Foscolo: sentimenti di patria e virtù civili.

 

Le Grazie, la bellezza sopra le rovine
L’elaborazione fu lunga (tra il 1812 – 13). Voleva creare un testo con tre inni distinti ma correlati (Venere, Vesta, Pallade). C’è pessimismo sul presente, incompiuto perché dopo il ritorno a Milano nuova fuga in SVI e ING. Primo inno: a Venere, la Grecia e l’origine della bellezza e della civiltà nella Grecia classica. Secondo inno: Da Grecia a Italia, il Rinascimento italiano e la bellezza perduta; equilibrio e armonia valori perduti da imitare. Terzo inno: fuga delle Grazie e trionfo della barbarie. Poesia e bellezza importanti anche se messe da parte. Non c’è ordine, difficile trovare una linea logica, più facile vari frammenti con tema centrale. endecasillabi sciolti, no rima, musicalità avvolgente e rallentata. Utopia estetica foscoliana: mondo irrealizzabile dove c’è solo il bello.

Il velo delle grazie
Foscolo vuole ispirarsi al Canova e fare una scultura alle Grazie. Giovinezza passa col tempo, fuit du temps, il velo con le sue immagini (guerriero e prigionieri, scena di amor materno…) è immortale.

 

Fonte: http://ducaserale.altervista.org/italiano/UGO_FOSCOLO13.doc

Sito web da visitare: http://ducaserale.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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