Ugo Foscolo vita

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Ugo Foscolo vita

Ugo Foscolo nacque a Zante, una delle isole ionie allora appartenenti alla repubblica veneta, il 6 febbraio 1778. Il padre fu Andrea, medico; la madre, Diamantina Spathis.
Morto Andrea nel 1781, la famiglia del Foscolo si ritrovò in ristrettezze economiche per soddisfare i creditori del defunto, quindi Diamantina si recò a Venezia, dove il marito aveva lasciato in sospeso alcuni affari. Ugo e gli altri fratelli la raggiunsero verso il 1792, stabilendosi in una povera casa del sestiere di Castello. Foscolo fu ben presto fu introdotto nel salotto della bellissima Isabella Teotochi Albrizzi, che diventò sua amante: in quell'ambiente conobbe i letterati più insigni che a quel tempo arrivavano a Venezia, come Ippolito Pindemonte e Melchiorre Cesarotti.
Nel 1797 fu rappresentata la prima tragedia foscoliana, il “Tieste”.

Quando gli eserciti del Bonaparte proclamarono la libertà d'Italia e minacciarono di invadere l'antica repubblica, il giovane poeta si mostrò entusiasta di tali cambiamenti: ciò lo costrinse però a rifugiarsi a Bologna nella Cispadana, dove si arruolò come volontario: qui scrisse l’ode “Bonaparte liberatore”. Quando si fondò in Venezia una municipalità provvisoria, Foscolo volle ritornarvi impegnandosi, nei pochi mesi di vita che ebbe la costituzione repubblicana, come segretario.
Il trattato di Campoformio, in seguito al quale Venezia era ceduta all'Austria, fu per il giovane poeta una profondissima delusione: di lì nacque in lui quella diffidenza verso il Bonaparte e la democrazia francese. Capì dunque che l'Italia non avrebbe dovuto attendere la sua risurrezione dall’esterno, piuttosto da sè e dalle sue energie. 

Dunque si spostò a Milano, dove divenne redattore del Monitore italiano, cogliendo l’occasione per denunciare ogni sopruso cui assisteva.
Nell'aprile del 1798 il Monitore, troppo libero e italiano, fu soppresso: allora Foscolo si recò a Bologna, dove fece stampare senza  pubblicarla, la prima parte delle "Ultime lettere di Jacopo Ortis". Ma, alla notizia che gli Austro-russi invadevano l'Italia, Foscolo riprese il servizio militare. Intanto l’editore di Bologna, per fretta di pubblicare l’Ortis, ne affidò la prosecuzione a un giornalista, e lo diffuse nel '99, seppur incontrando difficoltà con la censura austriaca.

Nel novembre del 1800 si recò a Firenze, dove conobbe la giovane Isabella Roncioni, di cui s’innamorò, ma che era destinata sposa ad un marchese fiorentino, seppur lei non lo amasse. Foscolo sentì allora il bisogno di continuare l'Ortis, disconoscendo l’opera continuata a sua insaputa.
Nell'ottobre del 1802 il romanzo fu pubblicato intero a Milano, costituendo uno dei più notevoli avvenimenti letterari del periodo. Nel contempo Foscolo continuava il suo impegno politico scrivendo una "Orazione a Bonaparte" pubblicata nel gennaio 1802, per il Congresso di Lione, durante il quale la Repubblica Cisalpina fu chiamata Italiana ed ebbe come presidente il Buonaparte. A questi anni risale pure la traduzione della "Chioma di Berenice", confermando la sua attenzione per la cultura classica. Nel 1803 il Foscolo raccolse i suoi versi, rifiutando tutti gli altri precedentemente divulgati e realizzando tre edizioni di cui l'ultima, la più ricca, intitolata "Poesie", comprendente 12 sonetti più l'ode alla Pallavicini, e l'altra "All'amica risanata".

Prese parte alla spedizione che il Bonaparte preparava contro l'Inghilterra: nell'aprile del 1804 il Foscolo partì, confinato a Valenciennes, al comando delle reclute e degli invalidi. A Valenciennes il Foscolo conobbe Fanny Emeryth, da cui ebbe una figlia, Floriana. 
Ma poco più in là l'imperatore sospese l'impresa contro l'Inghilterra, volendo prepararsi alla campagna contro l'Austria, del 1805, e il Foscolo fu destinato a Boulogne, dove tradusse il "Viaggio sentimentale" di Sterne. 
Nel gennaio 1806, passando da Parigi dove ritrovò il giovane Manzoni, già conosciuto a Milano che lo accolse con freddezza, ritornò a Venezia, rivedendo la madre, la sorella, l'Isabella Albrizzi Teotochi. A Verona rivide il Pindemonte, che gli lesse saggi della versione dell'Odissea, e forse anche il primo canto di un suo poema sui Cimiteri, che stimolarono la composizione dei Sepolcri foscoliani. 
A seguito della dispensa dagli obblighi militari Foscolo potè dedicarsi alla composizione, e alla ripresa della traduzione dell'Iliade. Nell’aprile del 1807 pubblicò i "Sepolcri" e l'"Esperimento di traduzione dell'Iliade", contenente una lettera dedicatoria al Monti. Specie tra i giovani, i Sepolcri destarono un'eco di universale ammirazione.

Nel 1808 ottenne la cattedra di eloquenza all'università di Pavia.
S’impegnò dunque nella scrittura dell'"Ajace", rappresentata alla Scala nel 1811, che fu però preda delle ostilità dei suoi nemici, e a Venezia fu anche censurata per le allusioni a Napoleone.
Ma l'ambiente fiorentino fu favorevole quanto mai alla produzione del poeta, il quale riprese e rielaborò il "Viaggio sentimentale" di Sterne nel 1813, lavorò alla "Ricciarda", rappresentata a Bologna nel 1813, e verseggiò il carme delle "Grazie"
La rotta di Lipsia (1814) significava la dissoluzione di quel regno d'Italia, che al Foscolo pareva ormai regno italiano: tornò dunque a Milano, al fine di combattere per la patria. Dopo l'abdicazione dell'Imperatore, il Foscolo caldeggiò il partito che voleva l'indipendenza del Regno.
Ma gli Austriaci ritornarono e Foscolo decise di dedicarsi esclusivamente alla letteratura convinto che l'Italia, inerme, non poteva più nulla.
Perciò rifiutò un’importante proposta di fondare un periodico filo-austriaco, partendo nascostamente il 30 marzo 1815 da Milano per l'esilio, dal quale non sarebbe più tornato. Girovagò per la Svizzera, a Lugano, a Roveredo nei Grigioni, a Coira, a San Gallo, a Zurigo: conduceva una vita poverissima.
Decise allora di andare in Inghilterra, dove lo scrittore antinapoleonico non poteva non essere accolto onoratamente: l'11 settembre era a Londra. Ben presto però le ristrettezze economiche lo costrinsero al lavoro di traduttore e saggista, sebbene non amasse lavorare a scopo di lucro: infatti i suoi debiti andavano aumentando, e a ciò si aggiunse il dolore per la morte della madre i1 24 maggio 1817. Si ritirò dunque a Kensington, lavorando per alcuni periodici nella scrittura di articoli riguardo la letteratura italiana, e ottenendo così un riscontro economico maggiore.
Nel 1822 Ugo ritrovò la sua figliola naturale, Floriana, che aveva ricevuto dalla madre, sposatasi, una consistente somma di danaro: tale somma fu investita nella costruzione di una sontuosa villa chiamata Digamma-Cottage. Parve a Foscolo l’occasione per ristabilirsi, ma presto le spese per tale abitazione lo sommersero di debiti, per cui, nonostante gli sforzi per raccogliere qualche cifra con i suoi scritti, ricevette un mandato di arresto da parte dei creditori nel 1824. Cambiò in seguito anche nome per sfuggire ai creditori, riducendosi ormai in uno stato umiliante: eppure, in quelle strettezze estreme, condusse uno dei suoi migliori lavori critici, ossia il "Discorso sul testo della Divina Commedia" (1825). 
Pensò un'ultima volta di ritornare a Zante, in un momento in cui anche la salute gli veniva meno: era ammalato di idropisia, ma cercava di resistere nel lavoro e nonostante tutto furono rari i lamenti nelle lettere di questi miserrimi anni. Morì la sera del 10 settembre 1827
 Un biglietto destinato alla figlia mostra che, anche presso l'agonia, lo stringeva la preoccupazione economica, ed era lieto di aver soddisfatto i suoi debiti. Il 18 settembre fu sepolto nel cimitero di Chiswick: cinque soli amici ve l'accompagnarono. Fu aperta una sottoscrizione per la tomba del poeta, ma poiché non fruttò molto, fu uno degli amici a provvedervi. Nel 1871 le reliquie del poeta furono trasferite a Firenze, nel tempio delle glorie italiane, da lui esaltato con versi immortali: in Santa Croce. Floriana morì pochi anni dopo il padre, i cui manoscritti passarono alla biblioteca Labronica a Livorno.

 

Fonte: http://www.artigianelli.org/wordpress/wp-content/uploads/2013/10/Ugo-Foscolo-BIOGRAFIA.docx

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