Sovrappeso, obesità, disordini alimentari

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Sovrappeso, obesità, disordini alimentari

 Tutto quello che dobbiamo sapere su Sovrappeso, obesità, disordini alimentari: Una sfida da cogliere per guadagnare salute nel 21° secolo”

Il rapporto OCSE: “obesità ed economia della prevenzione: obiettivo salute.”

  1. Il rapporto OCSE del 2011, analizza dimensioni e caratteristiche del fenomeno dell’obesità, affermando che si tratta di una vera e propria epidemia a livello globale, tale da definirla Globesity. Inoltre analizza i rispettivi ruoli di Stato e Mercato nel contrastare l’epidemia e gli effetti dei programmi di prevenzione.

L’Obesità sta diventando il nemico pubblico numero uno

  1. Un vero e proprio pericolo per la salute della popolazione nella maggior parte dei paesi OCSE.
  2. Una persona gravemente obesa perde 8-10 anni di vita rispetto ad una persona normopeso.
  3. Ogni 15 kg. di peso in eccesso, il rischio di morte prematura aumenta del 30%.
  4. In dieci paesi europei, recenti ricerche multiscopo, hanno dimostrato che l’obesità dimezza la probabilità di vivere una normale vita attiva.
  5. L’obesità è costosa ed impone oneri sempre maggiori ai sistemi sanitari sia per il trattamento della patologia in sé, che per le patologie correlate o derivanti.
  6. La spesa sanitaria per una persona obesa è superiore del 25% a quella per una persona con peso normale ed i costi crescono in maniera esponenziale con l’aumentare dei chili di troppo.
  7. Nella maggior parte dei paesi OCSE l’obesità è responsabile di circa l’1-3% della spesa sanitaria totale ( 5-10% negli Stati Uniti). Con l’aumento delle malattie legate all’obesità, i costi indicati saliranno rapidamente nei prossimi anni.

 

L’epidemia di obesità: passato e futuro

  1. Fino al 1980 meno di 1 persona su 10 era obesa. Da allora i tassi sono raddoppiati.
  2. Nei paesi OCSE 1 persona su 2 è attualmente sovrappeso od obesa.
  3. Proiezioni OCSE indicano che entro 10 anni, più di 2 persone su 3, saranno in sovrappeso in paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, l’Inghilterra.

Dal 18° secolo ai giorni nostri

  1. Uomini e donne negli attuali pesi OCSE sono cresciuti costantemente in altezza e peso a partire dal diciottesimo secolo, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli d’istruzione.

Questi cambimenti hanno avuto effetti ampiamente positivi sulla salute e sull’aspettativa di vita delle generazioni passate, ma oggi un numero allarmante di noi ha passato la soglia oltre la quale ulteriori aumenti di peso diventano un rischio per la nostra salute e vita.

Chi è obeso? Qual è l’impatto sociale dell’obesità?

  1. Le donne sono più spesso obese rispetto agli uomini, ma nella maggior parte dei paesi OCSE i tassi di obesità sono cresciuti più rapidamente negli uomini.
  2. L’obesità è più comune tra le persone con bassi livelli di istruzione e reddito.
  3. Disuguaglianze sociali fra i bambini (maschi e femmine)  sono state rilevate in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, come fattori incidenti nell’aumento dell’obesità infantile. I bambini con almeno un genitore obeso, hanno una probabilità 3-4 volte maggiore di essere obesi. La causa è in parte genetica, ma i bambini acquisiscono lo stile di vita dei genitori (dieta poco salutare e vita sedentaria).

Obesità, Cattiva salute, Prospettive Occupazionali

  1. Per molti obesi, una cattiva salute va di pari passo con modeste prospettive occupazionali.
  2. I datori di lavoro preferiscono candidati non obesi a quelli obesi, in parte perché si attendono una maggiore produttività, non sono disposti a molti giorni di assenza dal lavoro, in generale perchè richiedono più spesso sussidi ed indennità di invalidità.
  3. Tutto ciò contribuisce a creare un netto divario tra obesi e non obesi nei tassi di occupazione e nelle retribuzioni. Le persone obese guadagnano fino al 18% in meno di quelle di peso normale. Sommando i costi dell’assistenza sanitaria alle perdite di produttività, l’obesità ha un costo complessivo che supera l’1% del PIL negli USA.

Cosa ha trasformato l’Obesità in epidemia?

  1. Non esiste una causa unica ed identificabile. Una serie di cambiamenti, probabilmente innocui, se presi individualmente, hanno contribuito a generare effetti catastrofici nel corso del tempo.
  2. L’aumento dell’offerta di prodotti alimentari, insieme ad una costante innovazione tecnologica nella produzione di alimenti e all’uso sempre più sofisticato di tecniche promozionali, hanno abbassato drasticamente l’attenzione a come  e  a quanto si mangia.
  3. Contemporaneamente, cambiamenti negli stili di vita e di lavoro, fanno si che sempre meno persone preparino e consumino pasti tradizionali a partire da ingredienti freschi. Mentra attività fisica, minimale, più stress e precarietà, più ore lavorative, più mense scolastiche poco attente, bibite analcooliche dolcificate e prodotti light  ingannevoli, sono stati tutti fattori che hanno direttamente o indirettamente contribuito all’epidemia di obesità.

Anche alcune politiche pubbliche
hanno la loro responsabilità

  1. Alcune politiche pubbliche  hanno involontariamente alimentato l’epidemia. Ad esempio, sussidi agricoli, politiche fiscali che modificano il prezzo degli alimenti, politiche dei trasporti che hanno incoraggiato sempre di più l’uso dell’auto privata, politiche di sviluppo urbano che incoraggiano il pendolarismo e favoriscono la creazione di quartieri dormitorio, senza negozi di frutta e verdure, ma con molti fast food e con pochi parchi gioco e impianti sportivi hanno fatto la loro parte.

Stato e Mercato per promuovere un migliore stile di vita

  1. I governi possono favorire cambiamenti di stile di vita rendendo disponibili nuove alternative salutari o facilitando l’accesso a quelle già esistenti. Oppure possono usare diverse forme di persuasione, informazione, educazione per rendere più attraenti le opzioni salutari e più consapevoli i cittadini. Questo approccio di moral suasion può essere lungo nel tempo e più difficile da realizzare.
  2. Un approccio più cogente, basato sull’imposizione di regole o sull’uso di misure fiscali, può risultare più trasparente, anche se colpisce indistintamente tutti i consumatori . La Francia recentemente ha provveduto all’aumento dell’accisa sul  prezzo delle bevande analcooliche dolcificate, gistificandola come misura di lotta all’obesità dei giovani adolescenti francesi, non sono mancate opinioni a favore e contro, ma il governo francese non ha  recesso, e ha dato corso a veri e propri programmi di prevenzione dell’obesità in età adolescenziale.

Indagine sulle politiche adottate
nei paesi OCSE

  1. Una recente indagine, maggio 2010 Eurostat, indica che i paesi UE ed OCSE stanno intensificando gli sforzi per incoraggiare un’alimentazione sana ed un attivo stile di vita.
  2. La maggior parte dei paesi promuove iniziative rivolte ai bambini ed agli adolescenti in età scolare, come l’introduzione di menu, sani, nel sistema delle mense scolastiche, dei distributori automatici.
  3. Si attivano programmi di educazione alimentare e di miglioramento delle strutture per praticare attività fisica.
  4. Molti governi diffondono inoltre linee guida nazionali sulla nutrizione, messaggi di promozione della salute, incoraggiando l’uso della bicicletta o gli spostamenti a piedi anche nel tempo libero.

I ministri della salute della UE riunitisi a Parigi nell’ottobre 2010, hanno messo a punto alcune linee di comportamento comune, per attivare anche il settore privato e i datori di lavoro, affinchè industrie alimentari, farmaceutiche, dello sport possano con protocolli d’intesa contribuire ad incentivare stili di vita più salutari. 

  1. In particolare ci si è concentrati sulla necessità di riformulare alcuni alimenti per ridurre ed evitare ingredienti dannosi (grassi saturi e aggiunta di sale, zuccheri ecc.). La Danimarca ha già legiferato in tal senso, con la tassa sugli alimenti ricchi di grassi, che  ha portato nelle casse dello Stato circa 280 milioni di euro. Così pure la Francia sulle bevande edulcorate, con circa 210 milioni di euro di entrate e l’Ungheria sui cibi grassi con circa 90 milioni di entrate, altri paesi si apprestano a legiferare come l’Inghilterra e la Polonia. Molte altre nazioni europee hanno inasprito le accise su bevande alcooliche e aperativi analcoolici edulcorati.
  2. Riduzione delle porzioni divenute eccessive ed offerta di alternative salutari.
  3. Riduzione della pubblicità, in particolare di quella rivolta a gruppi vulnerabili, come i bambini e migliore informazione sugli elementi nutrizionali e gli apporti calorici degli alimenti.
  4. Lotta alle pubblicità ingannevoli delle diete dimagranti e fai da te, nonché all’acquisto via internet di pillole miracolose o sostanze proteiche  perdi peso.

 

La prevenzione è efficace? A quale costo?

  1. Interventi per prevenire l’obesità e le sue conseguenze, dall’educazione sanitaria alla promozione della salute alimentare, alla regolamentazione dei comportamenti delle istituzioni pubbliche e private (scuole, uffici pubblici, industrie alimentari, datori di lavoro per i tempi pausa, macchinette distributrici di alimenti e bevande, ecc.) sono tutti strumenti adeguati, ma non sufficienti.
  2. Medici di medicina generale, specialisti della nutrizione e delle malattie metaboliche, dietisti, ricercatori e docenti di scienza della nutrizione e dei comportamenti alimentari possono essere la falange d’attacco, a partire dal livello territoriale, per sconfiggere la sfida del 21° secolo: la lotta all’obesità e al sovrappeso con tutte le conseguenze patologiche correlate che il fenomeno comporta.   

L’investimento migliore

  1. Combinare diversi interventi in una strategia di prevenzione, cura e riabilitazione  che copra diverse fasce d’età e gruppi a rischio,  può fornire una soluzione efficace  a costi sostenibili, garantendo un guadagno di salute molto superiore rispetto a singoli interventi.
  2. E’ stato calcolato che se da quel 5% di spesa sanitaria che i paesi OCSE spendono in prevenzione, l’1,3% fosse dedicato alla prevenzione e lotta all’obesità in sinergia con gli altri servizi curativi e di riabilitazione dei diversi sistemi sanitari, questa trategia eviterebbe ogni anno 155.000 morti per malattie croniche in Giappone, 75.000 in Italia, 70.000 in Inghilterra, 55.000 in Messico e 40.000 in Canada. L’incidenza delle malattie croniche diminuirebbe, riducendo la disabilità e migliorando la qualità della vita.
  3. Dissuasione , attraverso tasse di scopo all’uso di cibo non salutare, possono contribuire all’ottimizzazione delle sinergie da mettere in campo, che chiama in causa la responsabilità individuale dei comportamenti lesivi della propria salute  e la responsabilità di sistema nei confronti di tutta la popolazione in termini di costi efficacia.

Prevenzione, cure appropriate, riabilitazione, rieducazione alimentare

  1. Questa strategia aggiunge anni di vita in buona salute, riducendo i costi di assistenza sanitaria.
  2. Le strategie valutate dall’OCSE possono portare ad una riduzione della spesa sanitaria nell’ordine dell’1%.
  3. Ma l’obiettivo primario è migliorare la salute e l’aspettativa di vita degli obesi e dei soggetti a rischio e lo studio dell’OCSE dimostra che questo obiettivo è possibile e  a portata di mano.

Un futuro più in forma?

  1. Così come non esiste una causa unica dell’epidemia di obesità, non esiste neppure una cura miracolosa.
  2. Venti anni fa, Geoffrey Rose, notissimo epidemiologo inglese, stimò che riducendo il peso medio della popolazione di appena l’1,25% (meno di 900 grammi per una persona di 70 kg.) il numero di persone obese sarebbe diminuito di un quarto.
  3. Purtroppo nessuna delle strategie , prese singolarmente, è in grado di raggiungere anche un pur piccolo risultato.
  4. Una strategia vincente per produrre cambiamenti deve sfruttare i punti di forza di approcci complementari.

Strategie pubbliche, come le campagne di informazione e promozione di stili di vita salutari, devono essere accompagnate da strategie mirate a soggetti a rischio, attraverso i medici di famiglia e gli specialisti in scienza della nutrizione.
La cura del sovrappeso o dell’obesità deve essere affrontata con equipe multidisciplinari a seconda della storia clinica e individuale del soggetto trattato, in apposite strutture, dove accanto a medici esperti nelle diverse discipline, esista la tecnologia adatta, sia per la diagnostica che per l’interventistica più appropriate, fino al counseling psicoterapetico o ai gruppi di auto- aiuto laddove ve ne sia bisogno.
La soluzione da perseguire richiede un approccio multi-stakeholder.

  1. I Governi e le istituzioni pubbliche devono mantenere le leve di indirizzo e controllo delle iniziative di prevenzione, il monitoraggio e la sorveglianza del fenomeno obesità e allo stesso tempo incoraggiare l’impegno e le iniziative del settore pubblico e  privato perché si raggiunga il massimo dei risultati possibili con la sinergia e cooperazione tra gli attori deputati al perseguimento degli obiettivi di salute della popolazione. Ma anche l’intervento dissuasivo attraverso tasse di scopo può fare la sua parte, soprattuto se inquadrato in una strategia complessiva.
  2. Non ci si può accontentare delle sia pur importantissime giornate mondiali, europee e nazionali di lotta all’obesità, se non si imposta una strategia comune sul terreno della prevenzione cura e riabilitazione del fenomeno. Un fallimento imporrebbe pesantissimi oneri alle generazioni future e questo è un problema eticamente rilevante.

Tassi di obesità nell’area OCSE e nelle principali economie

 

Sovrappeso infantile negli stati OCSE e nei paesi associati

 

Come stiamo in Italia? Sistemi di rilevazione e sorveglianza

  1. In Italia, nel 2009, secondo l’ISTAT, rilevazione annuale su gli aspetti della vita quotidiana, l’obesità riguardava l’11,1% dei maschi ed il 9,2% delle femmine.
  2. La percentuale di soggetti obesi è più elevata nel Sud e nelle isole, 11,1%. Nel Nord e nel Centro Italia, le percentuali si equivalgono, 9,7% e 9,6%. La prevalenza negli adulti cresce con l’età fino alla fascia 65-74 anni, in cui si hanno i valori più elevati, 15,6%.
  3. Il progetto PASSI del Ministero della salute, in collaborazione con le ASL e l’ISS conferma i dati Istat .
  4. OKKIO alla salute, sistema di monitoraggio dell’ISS in età infantile, fornisce dati sullo stato ponderale dei bambini delle scuole primarie( 6-10 anni).
  5. Nel 2010 sono stati resi noti i dati del progetto sui rischi comportamentali in età 6-17 anni promosso dal Ministero della salute, Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie, coordinato dall’ ISS; la prevalenza di sovrappeso e obesità è risultata rispettivamente pari al 23% e all’11%, in età tra i 6 ed i 17 anni.

 
Nel 2011, Ministero della salute ha predisposto un intero quaderno della salute, dedicato  alla appropriatezza clinica, strutturale,  tecnologica ed operativa per la prevenzione, diagnosi e terapia dell’obesità e del diabete mellito.
Quaderno della salute per la lotta all’obesità

  1. Per la problematica dell’obesità il concetto di assistenza dedicata presso centri specializzati ed organizzati in rete, non è mai stato riportato a livello di provvedimenti legislativi nazionali o regionali, ma solo come atti di indirizzo in alcune Regioni, per la messa a fuoco del percorso assistenziale per questa tipologia di pazienti, a differenza del diabete per il quale esiste la legge 115 dell’87 che rappresenta una conquista civile e giuridica.
  2. Ciò riflette, probabilmente, criticità storiche legate alla gestione del paziente obeso, infatti, l’obesità non è mai stata considerata una vera e propria entità patologica e conseguentemente non è mai stata delineata la figura dell’esperto nella cura dell’obesità.
  3. Il percorso assistenziale più frequente è quello del medico di medicina generale o dello specialista che invia il paziente per una visita dietologica, inoltre l’assenza di precisi modelli assistenziali ha favorito la presenza di “realtà monovalenti”, dedicate all’utilizzo prevalente, quando non esclusivo, di una delle varie opzioni terapeutiche, contribuendo per questa strada, insieme alle oggettive difficoltà di trattamento dell’obesità, al proliferare di sedicenti centri dimagranti che tanto danno fanno e continuano a fare .
  4.  Il quaderno indica al contrario modelli di gestione globale del paziente affetto da grande obesità in aree/strutture dedicate da parte di equipes multidisciplinari specializzate, la concentrazione dell’assistenza in relazione alla diversa criticità del paziente, in centri di eccellenza con l’invio dei pazienti ai centri periferici in relazione alla prosecuzione/integrazione del percorso terapeutico/ riabilitativo, secondo la strutturazione HUB and Spoke che costiusce l’esperienza più avanzata a livello europeo.
  5. Ci sono tutte le indicazioni, validate dai massimi esperti della materia del nostro paese, per affrontare con determinazione il problema dell’obesità, del sovrappeso dei disordini alimentari e delle patologie correlate per evitare danni e cronicità sulla salute che ormai hanno costi rilevanti per se stessi e per la collettività.

Il ministro della Salute Balduzzi sta affrontando, in accordo con le Regioni, la definizione di una tassa di scopo sui cibi ad alto contenuto di grassi, soprattutto tenendo conto dell’incidenza del tasso di obesità e sovrappeso, per l’età infantile e adolescenziale che è il vero problema italiano nel contesto europeo, ed anche una tassa di scopo su superalcoolici, succhi e bevande gassate, bibite. Si dovrebbe partire subito con il nuovo Patto per la salute,per far fronte ad un problema che in Italia riguarda 6.5000.000 persone ed il 12,3% di bambini di cui il 23,6% sono in sovrappeso. La tassazione di scopo sulle bibite dovrebbe prevedere 50 centesimi al litro sui superalcoolici e 2,5 centesimi per ogni lattina di soft drink. Entrerebbero così circa 270 milioni di euro. E’ una strada giusta da perseguire con determinazione,  assieme ad una adeguata strategia della presa in carico a livello territoriale, da parte di un modello di cure primarie e lotta alla cronicità di alcune patologie , che mi pare stia prendendo corpo nei tavoli tecnici di confronto Ministero Associazioni professionali e di categoria.
Pensare ad una tassa di scopo, la proposi a luglio 2011, assieme a quella sul fumo, a proposito dei costi del SSN, guardando a cosa succede negli altri paesi europei,  giustamente non per fare cassa,o per avanzare odiose forme di copayment, ma per investire in primo luogo nella salute presente e futura, ridurre i costi correlati ad alcune cronicità, ma anche come incentivo alla produzione e consumo di cibi salutari a partire da frutta e verdure, contemperando ed equibrando l’incidenza dell’IVA sui prodotti alimentari e favorendo le forme imprenditoriali di produzione e consumo di cibi salutari, insomma una sinergia efficace di politiche della salute in tutte le politiche, da quelle alimentari e di trasformazione, sino a quelle di trasporto pubblico, di rivisitazione urbanistica, di tempo libero e sport. E’ interessante a questo proposito il sondaggio promosso dalla COLDIRETTI dal quale si evince che 8 italiani su dieci si dicono favorevoli all’introduzione di una tassa di scopo sullo junk food, per favorire prodotti alimentari più sani e per sviluppare investimenti verso produzioni più salutari ed imprese che favoriscano l’uso e i servizi a favore del consumo associato di prodotti alimentari salubri. E’ da mettere nel conto la protesta di alcune categorie di produttori che vedono il pericolo per le loro linee di prodotti, che vanno dalle merendine alle bevande analcooliche zuccherate, ma ci si può sempre sedere ad un tavolo comune e concordare tempi e metodi in grado di trovare forme incentivanti ad una nuova produzione e sviluppo e al tempo stesso evitare inasprimenti fiscali dei regimi IVA, se si lavora per un obiettivo comune.
Non tasse per far cassa, ma tassa di scopo per la crescita di salute e di un nuovo sviluppo economico per il paese , che ne ha un tremendo ed urgente bisogno. Un paese che ha il vantaggio di essere la culla della dieta mediterranea e che è tra i paesi più longevi al mondo, ha il dovere di ridurre lo spread tra longevità e cronicità, di cui l’obesità e le patologie correlate sono una variabile determinante dei costi umani, economici e di salute.
Di tutto questo discuteremo venerdi 20 aprile alla Casa Bonus Pastor a Roma, nel convegno promosso dall’associazione  CULTURA CONTEMPORANEA EUROPEA, FEDERSALUTE, LIONS ROMA PANTHEON, ISTITUTO NAZIONALE PER LA DIETA MEDITERRANEA, con  docenti di scienza della nutrizione dell’Università di Tor Vergata, dell’Istituto nazionale per la dieta mediterranea e  Nutrigenomica a cui sono state invitate tutte le istituzioni pubbliche responsabili della materia, in cui sono relatore per il quadro europeo di ricerca.

 

Fonte: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato8219913.doc

Sito web da visitare: http://www.quotidianosanita.it/

Autore del testo: Grazia Labate, ricercatore in economia sanitaria

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