Capillari e regolazione della pressione

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Capillari e regolazione della pressione

REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE E CAPILLARI

La regolazione omeostatica del sistema vascolare serve a mantenere un flusso sanguigno  adeguato al cervello e al cuore. Ci deve essere anche una appropriata distribuzione del flusso ai restanti tessuti secondo la loro richiesta metabolica di ossigeno e nutrienti. La pressione arteriosa dipende da diversi parametri. Quando parliamo di pressione, generalmente parliamo di pressione arteriosa centrale. Centrale vuol dire la pressione del sangue che fluisce all’interno delle grosse arterie centrali, in particolare l’aorta. Tale pressione è quella alla quale il sangue comincia a viaggiare. La spinta fondamentale che viene data al sangue nel suo percorso, è data dalla pressione arteriosa media. In particolare la pressione arteriosa è fondamentale affinché vengano irrorati tutti gli organi. Il mantenimento di una adeguata pressione è fondamentale per l’irrorazione del cervello che non può essere interrotta. Il blocco del flusso sanguigno a livello del cervello, anche per poco tempo, provoca danni irreversibili. Una pressione arteriosa adeguata deve quindi essere mantenuta per irrorare i vari organi. Una pressione arteriosa eccessiva o alta, causa problemi. Essa può causare un potenziale danneggiamento di vasi sanguigni, in particolare di capillari. Una pressione eccessiva all’interno dei capillari può provocare la loro rottura. Se questo è un danno trascurabile a certi livelli dell’organismo, non lo è per il cervello dato che causerebbe un ictus. La rottura di un capillare del cervello quindi può causare grossi danni all’organo. La pressione arteriosa media deve quindi essere mantenuta entro certi limiti adeguati. A causa dell’importanza del mantenimento di un adeguato flusso ematico cerebrale e cardiaco, il sistema nervoso centrale coordina il controllo riflesso della pressione arteriosa. I centri di integrazione del controllo nervoso si trovano nel midollo allungato.   La pressione arteriosa media dipende da vari fattori. Uno di questi è il volume ematico ovvero la quantità di sangue. Più sangue è in circolo, maggiore è la pressione arteriosa. Un altro fattore è la gittata cardiaca oltre alla resistenza al sistema del flusso sanguigno che dipende principalmente dalle arteriole. Un ulteriore fattore è la distribuzione relativa del sangue tra vasi arteriosi e venosi. Le vene sono vasi sanguigni a bassa pressione. Questa bassa pressione fa si che spesso, quando il sangue refluo arriva a vene di calibro medio, in particolare vene di arti e tronco, questo sangue abbassa la pressione per effetto della forza di gravità che lo fa accumulare nelle vene. Una situazione del genere è normalmente impedita dal fatto che il flusso del sangue dal tronco al cuore è aiutato dal movimento muscolare. La pressione del sangue è bassa ed appena sufficiente (o insufficiente) per portare il sangue al cuore. Il movimento del sangue al cuore è aiutato quindi dalla contrazione dei muscoli che spingono il sangue verso l’alto. Il sangue non ritorna indietro nelle vene dato che queste ultime sono dotate di valvole simili a quelle che abbiamo visto ad esempio a livello del passaggio tra ventricoli ed arterie, le valvole semilunari. Ovviamente queste non sono uguali alle valvole semilunari ma hanno anche loro due lembi che si chiudono impedendo il flusso retrogrado del sangue. In questo modo la spinta data dal movimento dei muscoli e dal blocco del reflusso del sangue spinge piano piano il sangue verso il cuore. Questo impedisce al sangue di ristagnare nelle vene, impedendo un adeguato riempimento ventricolare. Quando una persona sta ferma per lungo tempo in posizione eretta, il sangue non viene aiutato a tornare al cuore accumulandosi nel rene. Questo fa si che ci sia un riempimento ventricolare insufficiente che causa una caduta di pressione. Questo abbassamento di pressione determina una bassa irrorazione del cervello che causa svenimento. Gli unici vasi che possono attivamente far variare la pressione arteriosa sono le arteriole che contraendosi e rilasciandosi consentono una variazione nella resistenza del sistema circolatorio. Le modificazioni del flusso verso i singoli tessuti sono possibili perché le arteriole del nostro organismo sono disposte in parallelo; questo significa che tutte ricevono contemporaneamente sangue dall’aorta. Il flusso totale del sangue che passa in tutte le arteriole è sempre uguale alla gittata cardiaca, tuttavia, il flusso che attraversa le singole arteriole dipende dalla loro resistenza: più è elevata la resistenza dell’arteriola, tanto minore sarà il flusso di sangue che l’attraversa. Le vene invece non hanno un meccanismo attivo della regolazione della pressione ma solo un meccanismo indiretto visto prima. Per quanto riguarda il volume ematico, esso è determinato dal bilancio tra perdita ed assunzione di liquidi regolata dal rene. Per quanto riguarda la gittata cardiaca, essa è invece determinata dalla frequenza cardiaca per il volume di eiezione.
Vediamo cosa succede quando la pressione arteriosa aumenta. Gli ingressi sensoriali che raggiungono il centro di controllo cardiovascolare provengono da vari recettori sensoriali periferici. Meccanorecettori sensibili all’allungamento, i barocettori, sono localizzati nella parete dell’arteria carotidea e dell’aorta, dove monitorano la pressione del flusso diretto all’encefalo (carotidei) e al corpo (aortici). I barocettori carotidei e aortici sono recettori di tensione tonicamente attivi che scaricano continuamente, anche a valori pressori normali. La principale via riflessa per il controllo omeostatico della pressione è il riflesso barocettivo. Quando la pressione aumenta nella arterie determina uno stiramento  della membrana dei barocettori, e la frequenza di scarica dei recettori aumenta; se la pressione diminuisce, la frequenza di scarica diminuisce. I potenziali di azione dai barocettori raggiungono il centro di controllo cardiovascolare tramite neuroni sensoriali. Il centro di controllo cardiovascolare integra le informazioni sensoriali ed innesca una risposta appropriata. La risposta del riflesso barocettivo è molto rapida: le modificazioni della gittata cardiaca e delle resistenze periferiche avvengono entro due battiti cardiaci dallo stimolo. L’informazione efferente dal centro di controllo cardiovascolare viene trasportata dai neuroni autonomi. L’aumento dell’attività simpatica aumenta il ritmo del nodo SA, abbrevia il tempo di conduzione del nodo AV e aumenta la forza di contrazione del miocardio. L’aumento dell’attività parasimpatica rallenta la frequenza cardiaca, ma non ha effetti significativi sulla contrazione ventricolare. La resistenza periferica viene controllata dai neuroni simpatici: un aumento della scarica simpatica determina vasocostrizione. I barocettori aumentano le proprie frequenze di scarica quando la pressione aumenta, attivando il centro di controllo cardiovascolare. In risposta, il centro di controllo cardiovascolare aumenta l’attività parasimpatica e diminuisce quella simpatica per rallentare il ritmo cardiaco. Quando la frequenza cardiaca diminuisce, la gittata cardiaca diminuisce. La diminuzione dell’attività simpatica determina la vasodilatazione delle arteriole. La combinazione di gittata cardiaca ridotta e calo delle resistenze periferiche diminuisce la pressione arteriosa media. I barocettori sono caratterizzati dall’avere dei canali ionici che sono sensibili allo stiramento. Essi hanno dei meccanismi di generazione di segnali elettrici che, una volta stirata la MP, quando sale la pressione delle due arterie centrali, trasmettono il segnale a dei neuroni sensoriali che arrivano a livello del sistema nervoso centrale ed in particolare nel centro di controllo del sistema cardiovascolare al di sopra del midollo spinale. Qui questi segnali, portati da neuroni afferenti sensoriali, vengono integrati e processati. L’organismo avvia quindi una risposta per ristabilire i valori normali di pressione tramite l’attività del sistema nervoso simpatico e parasimpatico. L’attivazione del sistema nervoso simpatico ha diversi effetti sull’attività cardiaca, in particolare tende ad aumentare la forza delle contrazioni del cuore e tende ad aumentare anche la frequenza cardiaca. Quando la pressione è alta, l’attività del sistema nervoso simpatico dovrà essere repressa in modo tale da indurre una gittata cardiaca minore di quella che avevamo in precedenza. Anche la frequenza dovrà essere diminuita. Questa attività è mediata dai recettori detti β1 che vengono attivati dal rilascio di norepinefrina. Abbiamo visto, parlando del cuore, che l’attività del simpatico avviene attraverso recettori β adrenergici, ma, abbiamo anche recettori α che sono legati a vari effettori, e in particolare alla fosfolipasi C che stimola l’idrolisi di IP3 o IP2 stimolando l’aumento intracellulare del calcio che causa la contrazione del muscolo liscio arteriolare.
Il sistema nervoso simpatico generalmente induce la contrazione della muscolatura liscia delle arteriole e tende quindi a far aumentare la pressione. Se stringiamo le arteriole avremo un aumento di pressione ma, in questo caso, la diminuzione dell’attività del simpatico porta ad una minore vasocostrizione delle arteriole. Le arteriole si dilatano ed il sangue fluisce meglio attraverso loro, diminuendo la pressione arteriosa. In caso di aumento di pressione, la repressione del sistema simpatico porta al rallentamento della forza di contrazione del miocardio ventricolare ed al rallentamento della frequenza cardiaca oltre alla dilatazione delle pareti delle arteriole.
Il parasimpatico viene attivato in concomitanza con la repressione del sistema nervoso simpatico. Il sistema nervoso parasimpatico però funziona prevalentemente sulle cellule autoritmiche rallentando la frequenza cardiaca del nodo senoatriale e, quindi, diminuendo la pressione. Gli effetti del simpatico avvengono tramite il rilascio acetilcolina che si lega a recettori muscarinici. L’effetto principale del parasimpatico è quello della riduzione della frequenza cardiaca. Il controllo del calibro delle arteriole è principalmente sotto il controllo del sistema nervoso simpatico. Generalmente la durata del potenziale di azione di una cellula cardiaca rimane fissa ma, quando aumenta la frequenza cardiaca, viene ridotto il periodo di diastole e, quindi, se la frequenza cardiaca aumenta oltre un certo limite, c’è il rischio che non ci sia più rifornimento adeguato di sangue per il cuore. E’ chiaro che, quando la pressione arteriosa invece si abbassa eccessivamente, entreranno in gioco meccanismi speculari a quelli visti. Verranno portati segnali al sistema nervoso centrale che stimoleranno il sistema nervoso simpatico, mentre reprimeranno il parasimpatico. In ultima analisi quindi la pressione arteriosa aumenterà grazie all’aumento della contrazione del miocardio ventricolare, all’aumento della frequenza cardiaca e alla vasocostrizione delle arteriole.
Quando il sangue raggiunge i capillari si ha scambio di sostanze tra plasma e cellule. I capillari possiedono le pareti più sottili tra tutti i vasi, ed hanno pori che permettono ad acqua e gas e alla maggior parte dei soluti disciolti di passare liberamente. Le proteine e le cellule ematiche non passano a causa delle loro dimensioni. Le molecole si spostano dal sangue verso lo spazio interstiziale principalmente per diffusione, oltre che per un processo di filtrazione agevolata dalla pressione idraulica del sangue che spinge il liquido fuori dai pori dei capillari. La densità capillare in un determinato tessuto è direttamente proporzionale all’attività metabolica cellulare. I tessuti con attività metabolica più elevata richiedono una maggiore quantità di ossigeno e nutrienti, perciò hanno più capillari per unità di area. Nell’organismo ci sono due tipi di capillari. Il più diffuso è il capillare continuo, le cui cellule endoteliali sono unite strettamente Alcune molecole attraversano l’endotelio passano nei pori mentre altre molecole, come alcune proteine, sono trasportate in vescicole per transcitosi. La superficie delle cellule endoteliali che si affaccia sul liquido interstiziale presenta numerose cavità che si trasformano in vescicole per la transcitosi. Capillari continui con giunzioni serrate formano la barriera ematoencefalica, cioè il sistema di capillari selettivi che si trovano a livello celebrale e che proteggono il tessuto nervoso dalle tossine circolanti. I capillari fenestrati, presentano grandi pori che permettono a grandi volumi di liquido di pasare rapidamente dal plasma al liquido interstiziale. Si trovano a livello renale ed intestinale dove sono associati ad epitelio di trasporto. La bassa velocità di flusso nei capillari è utile per permettere ai processi di diffusione di raggiungere l’equilibrio. Il principale fattore che determina la velocità di flusso non è il diametro di un singolo capillare, ma l’area della sezione traversa totale di tutti i capillari Se sommiamo le aree delle sezioni traverse di tutti i capillari, esse ricoprono un’area molto più grande rispetto alle aree traverse totali di tutte le arterie e vene messe assieme: dato che l’area traversa totale è così ampia, la velocità del flusso sarà bassa. La maggior parte degli scambi tra plasma e liquido interstiziale si ha per diffusione semplice, sia attraverso i pori della parete capillare che attraverso le cellule dell’endotelio. La velocità di diffusione per i soluti permeabili è determinata essenzialmente dal gradiente di concentrazione tra plasma e liquido interstiziale. Ossigeno ed anidride carbonica diffondono liberamente attraverso l’endotelio, raggiungendo l’equilibrio con il liquido interstiziale e le cellule tissutali nell’intervallo di tempo in cui il sangue raggiunge l’estremità venosa dei capillari. Un capillare ha una estremità arteriosa ed una estremità venosa. Nei capillari fenestrati si verifica che a livello dell’estremità arteriosa c’è una filtrazione netta di liquido con soluti dall’interno al mezzo extracellulare. C’è un flusso netto di materiale in uscita. Nell’estremità venosa si verifica invece esattamente l’opposto, il flusso di soluti e solvente avviene dall’esterno all’interno del capillare. Mentre l’acqua viene reinternalizzata quasi totalmente, non tutti gli stessi soluti che sono passati all’inizio vengono reinternalizzati. Il glucosio può, ad esempio, diffondere liberamente da zone a concentrazione più alta a zone a concentrazione più bassa, arrivando in prossimità delle cellule del tessuto secondo gradiente. Al tempo stesso i materiali di rifiuto delle cellule fanno il percorso inverso.
Una terza orma di scambio capillare è il flusso netto di liquidi in entrata e in uscita dai capillari. Il flusso netto di liquidi è il movimento di massa d’acqua e soluti tra il sangue e il liquido interstiziale a causa della pressione osmotica o idraulica. Se la direzione del flusso è orientata verso l’esterno dei capillari, il movimento del liquido è detto filtrazione, se la direzione del flusso è verso l’interno dei capillari il processo è detto assorbimento. La maggior parte dei capillari mostra un passaggio dalla filtrazione netta a livello dell’estremità arteriosa verso l’assorbimento netto a livello dell’estremità venosa. Due forze regolano il flusso netto a livello dei capillari. Una è costituita dalla pressione idraulica, la pressione laterale esercitata dal flusso che spinge fuori il liquido attraverso i pori dei capillari. Il secondo fattore è la pressione osmotica. La principale differenza nei soluti tra plasma e liquido interstiziale è rappresentata dalle proteine, presenti nel plasma e quasi assenti nel liquido interstiziale. La pressione osmotica dovuta alla presenza di queste proteine è detta pressione colloido-osmotica. Questa non equivale alla pressione osmotica totale, ma è una misura della pressione generata dalle proteine. Poiché è maggiore nel plasma che nel liquido interstiziale, il movimento osmotico dell’acqua è diretto dal liquido interstiziale ai capillari. L’endotelio capillare è liberamente permeabile agli altri soluti plasmatici, che non contribuiscono al gradiente osmotico. La pressione colloido-osmotica è considerata constante lungo tutto il capillare. La pressione idraulica capillare diminuisce lungo il capillare a causa dalle perdita di energia determinata dall’attrito I valori medi della pressione idraulica sono 32 mm di Hg a livello dell’estremità arteriosa e 15 mm di Hg a livello di quella venosa. La pressione idraulica del liquido interstiziale è molto bassa, praticamente zero. Ciò significa che il movimento di acqua determinato dalla pressione idraulica è diretto all’esterno dei capillari, con un valore massimo che decresce spostandosi dall’estremità arteriosa a quella venosa Le differenze tra le forze opposte della pressione colloido-osmotica e della pressione idraulica determina il movimento netto di liquidi e soluti attraverso i capillari. A livello dell’estremità arteriosa si ha filtrazione netta, a livello dell’estremità venosa si ha assorbimento netto. Di solito la filtrazione è superiore all’assorbimento, con un flusso netto di liquidi e soluti in uscita dal capillare verso il liquido interstiziale.   Le varie specie ioniche possono muoversi. Il contributo degli ioni è però minimo od inesistente dato che la composizione ionica del plasma e del liquido interstiziale è identica. Dato che la concentrazione ionica è identica nei due comparti, lo spostamento di specie ioniche non determina variazioni di pressione osmotica. Al centro di tutto ci stanno quindi le proteine che determinano la differenza di pressione colloide osmotica.
Nel rene la filtrazione glomerulare avviene sempre in base a questo principio ma con la differenza che abbiamo una filtrazione netta di sangue che crea un ultrafiltrato. Questa ultrafiltrazione non c’è in un capillare standard in cui quello che viene allontanato, viene in seguito riassorbito. Nel rene non avviene questo perché nei capillari glomerulari la pressione idraulica è molto maggior rispetto ai capillari sistemici, e, quindi, il punto di equilibrio tra le due pressioni non viene raggiunto. La pressione idrostatica sarà quindi sempre maggiore di quella colloide osmotica. In questo caso avremo una filtrazione netta di solventi e soluti senza riassorbimento.
Vediamo come vengono eliminate le proteine attraverso i vasi linfatici. I vasi linfatici sono vasi a fondo cieco molto permeabili. Le proteine che restano nel mezzo interstiziale possono entrare nei vasi linfatici tornado alla circolazione. Il liquido viene spinto tramite contrazioni peristaltiche della muscolatura liscia. Valvole impediscono il reflusso del liquido linfatico. Il liquido sale per capillarità ed il vaso linfatico si contrae senza reflusso a causa della presenza di valvole che si chiudono ad aumento di pressione. La contrazione sistematica della muscolatura liscia drena l’eccesso di liquidi e riporta il tutto all’interno della circolazione a livello della vena cava inferiore in prossimità del cuore. Quando la perdita di proteine è particolarmente accentuata, i vasi linfatici non possono drenare le proteine e, la pressione colloide osmotica delle proteine che rimangono nel liquido interstiziale, richiama acqua causando edema.           

 

Fonte: http://sommofabio.altervista.org/ANNO2/Fisiologia/Fisiolgia-Mauro15-Regolazione_pressione_Capillari.doc

Sito web da visitare: http://sommofabio.altervista.org

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