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PATOLOGIA VASCOLARE VENOSA

La trombosi venosa profonda è una malattia molto importante perché è una condizione molto frequente soprattutto nei pz. oncologici, i quali presentano molti fattori di rischio per questa malattia.

ANATOMIA ARTI INFERIORI (luc.14)
La TVP interessa soprattutto le vene degli arti inferiori:

  • distretto superficiale (grande e piccola safena)
  • distretto profondo (vena femorale, poplitea, tibiale): queste vene accompagnano il decorso delle arterie.

Però la TVP può interessare anche le vene iliache e altri plessi che sono nella piccola pelvi e che vengono interessati in patologie dei pz. ginecologici, ortopedici, urologici.

  • I due sistemi superficiali e profondo comunicano tra di loro con le vene perforanti o comunicanti, questo è importante perché una patologia a livello profondo si ripercuote a livello superficiale.

CENNI DI ANATOMIA
Le vene hanno una parete sottile e sopportano pressioni basse (< 15-20 mmHg), non hanno parete elastica e muscolare come le arterie, quindi il ritorno venoso non avviene attraverso la parete. L’endotelio ha varie funzioni (luc.19):

  • attivazione da plasminogeno a plasmina,
  • sintesi prostacicline,
  • sintesi eparan solfato,
  • sintesi trombomodulina,
  • sintesi inibitore dell’attivazione piastrinica,
  • sintesi fattore di Von Willebrand,
  • produzione ossido nitrico e prostaciclina.

L’endotelio è importante nella genesi della trombosi e nell’insorgenza dei processi coagulativi.

Luc. 16: descrizione grande vena safena: decorre dal malleolo alla vena femorale nella quale si getta sotto il legamento inguinale.
Luc. 17: descrizione piccola vena safena: decorre tra i due gemelli, più lateralmente e più posteriormente, e si butta nella vena poplitea.
Le due vene comunicano tra di loro intensamente con sistemi collaterali.

PATOLOGIA DELLE VENE SUPERFICIALI
Le vene superficiali sono interessate da varici.
Fattori di rischio:

  1. Sesso:  donna – nell’uomo è molto meno presente rapporto 6:1
  2. Malattia professionale: che richiede la stazione eretta prolungata in ambiente caldo (es.stiratrici)
  3. Fattori ormonali: gravidanza e uso di anticoncezionali orali
  4. Obesità e soprappeso
  5. Familiarità
  6. Traumi (Causa rara)

E’ una patologia benigna, non aggressiva, comporta soprattutto problemi estetici, ci possono comunque essere anche problemi emodinamici importanti.

RITORNO VENOSO: come avviene? (luc.20)

  • Pompa muscolare: i muscoli attorno alle vene, contraendosi durante la deambulazione, spremono i vasi. Infatti noi camminiamo su una spugna di vasi che si svuotano quando si contraggono i muscoli e ciò facilita il ritorno venoso verso il centro. (luc.22)
  • Apparato valvolare: le vene hanno valvole che consentono il passaggio del sangue dalla periferia al centro: frammentano la colonna ematica in più parti e riducono la pressione idrostatica su tutta la vena.
  • Contrazione del ventricolo sx (vis a tergo): infatti nei pz. con insufficienza cardiaca aumenta la stasi periferica.
  • Dinamica diaframmatica (vis a fronte): l’attività diaframmatica riduce la pressione endotoracica e aumenta il gradiente  pressorio dalla periferia al centro.

Pressione dei capillari venosi : 10-15 mmHg.
Pressione dell’atrio dx: 0-5 mmHg.
Infatti il miglior monitoraggio della volemia è la misurazione della pressione venosa centrale, che ci indica se somministrare liquidi al pz.
(Vedi fig. Luc 21 e 23).

Vena varicosa: è una vena dilatata, serpiginosa, dovuta alla stasi e al danno valvolare. Le valvole infatti sono sfiancate e alterate e la colonna idrostatica pesa sui territori sottostanti.
Fisiopatologia ed evoluzione:
La stasi venosa determina un’alterazione all’endotelio capillare: incominciano a uscire dai vasi i globuli rossi, i globuli banchi, la mast-cellule, le cellule con sostanze vasoattive e può uscire anche liquido. A lungo andare compare edema da stasi a livello perimalleolare, soprattutto la sera. La mattina invece le gambe sono sgonfie (luc. 26 – foto di un edema imponente con dermatite).
Quando le cellule secernano sostanze vasoattive e irritanti si possono formare ulcere varicose (vedi fig. luc. 36, 37, 38, 46). L’arto è cianotico, l’ulcera è dolorosa e a rischio di sovrainfezione. Oggi sono meno frequenti.

SINTOMATOLOGIA
La donna si reca dal medico per motivi estetici, oppure ha dolore soprattutto la sera, senso di peso e crampi di notte.

SEMEIOLOGIA
Manovra di Schwartz: si danno piccoli impulsi a monte della vena e si cerca di apprezzare a valle il flusso trasmesso in caso di incontinenza valvolare.
Manovra di Rima-Trendelemburg: solleviamo l’arto al pz sdraiato, applichiamo il laccio alla coscia, poi facciamo alzare il pz. Quando si toglie il laccio, se la vena si riempie velocemente, significa che c’è incontinenza valvolare. (luc. 44)
Esame di Perthes: serve per valutare l’incontinenza dell’apparato perforante, dove il sangue viene drenato dalle vene superficiali (safene) a quelle profonde (femorale, ecc).
Le vene varicose possono essere secondarie a patologie profonde (es. TVP, e in questo caso sono dette varici post tromboflebitiche) oppure si formano per incontinenza delle perforanti. L’esame di Perthes, infatti, consiste nel mettere il laccio come nella manovra di Rima-Trendelemburg, però facendo camminare successivamente il pz rapidamente avanti e indietro, così la pompa muscolare si contrae ma il sangue non può uscire dalla vena profonda per l’insufficienza venosa della perforante e allora prende la strada superficiale.(luc.18 e 45)
Oggi si fa l’ecocolordoppler.

 

 

TERAPIA
Norme igienico-comportamentali: camminare, stare poco in piedi, non usare tacchi, non usare calze che stringono, fare docce fredde la sera sulla parte interessata, riposare con un cuscino sotto le gambe, usare calze elastiche.
Molte volte però le vene varicose devono essere operate, quando ci sono ulcere che non guariscono e quando le norme igienico-comportamentali danno scarsi risultati.
Intervento: safenectomia, si asporta la grande vena safena con uno streeping (luc. 47). Si introduce un lungo filo guida che viene legato alla vena e poi la strappa. Se c’è incontinenza delle perforanti si legano pure queste. Molte volte concomitano capillari e piccole teleangectasie, in questi casi il chirurgo completa l’intervento con l’iniezione di sostanze sclerosanti (luc. 48).

FLEBITE: (luc. 28)
è un’infiammazione della vena dovuta ad un trauma o da sovrainfezione su un’ulcera venosa. Ci sono alcune flebiti pericolose perché sono segni paraneoplastici e che di solito sono migranti, es. compaiono prima al polpaccio di dx e poi a quello di sx. Insorgono in corso di carcinoma al pancreas o intestino.

TROMBOSI  VENOSA PROFONDA
E’ frequente e molte volte misconosciuta.
Ricordiamo la triade di Wirckoff: (luc. 29)

  • Alterazione dell’endotelio vascolare (es. trauma o anche introduzione di un catetere venoso).
  • Stasi: rallentamento del circolo.
  • Aumento dell’adesività piastrinica.

La causa più frequente e più importante della TVP è la stasi.

SEDE D’INSORGENZA: (luc. 30 e 31)
Compare soprattutto a livello delle valvole dove c’è maggior stasi.
38% a livello tibiale e popliteo,
55% a livello femorale,
7% a livello dell’asse iliaco-femorale-cava.


CAUSE:
La stasi è la più importante, i pz a rischio sono:

  • Pz ospedalizzati (allettati).
  • Pz allettati operati che rimangono a letto alcuni giorni, pz ortopedici, urologici, ginecologici…ecc. Questi pz di solito subiscono interventi sul bacino dove ci sono plessi venosi pericolosi per la TVP.
  • Pz neoplastici che spesso sono allettati. Inoltre i tumori solidi producono sostanze procoagulanti (attivatori del plasminogeno, fattori X e V della coagulazione…). Infatti nell’ultimo convegno della società italiana di oncologia medica è stata fatta proposta di sottoporre i pz portatori di cancro a terapia antitrombotica.

SINTOMI TVP: (luc. 32)

  • Dolore: molte volte manca, infatti è tipico della tromboflebite.

Nella trombosi c’è il trombo.
Nella flebite c’è l’infiammazione della parete.
Nella tromboflebite c’è sia il trombo che l’infiammazione della parete.
La maggior parte delle volte i pz hanno trombosi venosa senza dolore.

  • Aumento della temperatura: l’arto è caldo, al contrario di ciò che accade nell’insufficienza arteriosa.
  • Edema: può arrivare fino alla coscia.
  • Tensione della cute.
  • Segno di Homan: evocazione del dolore allo schiacciamento del polpaccio.
  • Segno di Bauer: evocazione del dolore alla retroflessione del piede.

             
COMPLICANZE: (luc. 35)

  • Trombosi ischemica (prima foto in alto a dx): è rara ed è legata al fatto che la stasi limita l’apporto arterioso.
  • Sdr post-trombotica (seconda foto): è più frequente ed è dovuta all’insorgenza di insufficienza valvolare. Le gambe hanno discheratosi, ulcere e sono gonfie.
  • Embolia polmonare (angiopneumografia – foto in basso): i trombi si staccano e vanno in vena cava, atrio dx, ventricolo dx e arteria polmonare.

EMBOLIA POLMONARE
La mortalità negli anni ’70 era molto elevata perché non esistevano farmaci e manovre preventive; oggi è molto diminuita.
(luc. 41 e 42)

MANOVRE PREVENTIVE:

  • La più importante è fare in modo che i pazienti stiano poco a letto ed infatti oggi si fanno alzare subito, solitamente 1 o 2 giorni dopo l’intervento. Es. un intervento di ernia negli anni ’70 comportava 7 giorni a letto, oggi il paziente torna a casa il pomeriggio stesso.
  • Adottare interventi chirurgici meno invasivi.
  • Usare manovre contenitive e di elastocompressione pre, intra e post-operatoria che favoriscano il ritorno venoso (calze e collant elastici).
  • Farmacoprevenzione: uso di farmaci antiaggreganti ma non anticoagulanti. I farmaci migliori devono infatti ridurre l’aggregazione piastrinica, nei limiti consentiti, perché il paziente è comunque sottoposto ad intervento chirurgico.

Farmaci antiaggreganti:

  • Aspirina: potente antiaggregante che tuttavia fa sanguinare molto il pz. Per questo motivo non si usa in profilassi e bisogna sospenderla 5 o 6 gg prima dell’intervento.
  • Anticoagulanti orali (cumadin/warfarin): anche questi scoagulano troppo e quindi non si usano in profilassi.
  • Eparina:
    • Eparina sodica o non frazionata: viene usata per endovena, ma è troppo potente per la profilassi.
    • Nella prevenzione antitrombotica si usa l’eparina calcica, sottocute, oppure l’eparina a basso peso molecolare che ha potere antiaggregante ma non anticoagulante e riduce la TVP.

Nonostante tutto ci sono pz che sviluppano ugualmente la TVP per fattori congeniti, neoplasie ecc.
Spesso sono tante piccole embolie miliari; è difficile che giunga all’osservanza del clinico un’embolia polmonare massiva.

SINTOMI EMBOLIA POLMONARE:

  • DISPNEA.
  • DOLORE (sintomo riflesso): da non sottovalutare mai il dolore intercostale.
  • TOSSE:secca, irritativa e stizzosa, associata a volte ad emoftoe.
  • Altri sintomi dell’apparato respiratorio: rantoli, broncospasmi riflessi, simili a sintomi asmatici.

DIAGNOSI:
EMOGAS-ANALISI:

  • IPOSSIA.
  • IPOCAPNIA, non c’è ipercapnia perché il pz compie frequenti scambi respiratori e la CO2 scambia 40 volte meglio dell’O2.
  • ALCALOSI.
  • SATURAZIONE O2 <92. I valori normali sono 97-98. C’è un calo perché viene meno una quota di polmone, c’è uno shunt artero-venoso.

ESAMI DELLA COAGULAZIONE:
D-Dimero, molto elevato nelle TVP.
Fibrinogeno.

ECG:
Nell’embolia massiva l’atrio e il ventricolo dx si dilatano: compare l’onda P polmonare, onda P molto aumentata.
Nelle embolie anche non massive compaiono alterazioni del QRS, blocchi di branca ecc… che non c’erano prima dell’evento trombotico.

RX TORACE:
Molto difficile da interpretare, perché la zona di ridotta perfusione si nota quando è massiva. Inoltre spesso questo esame è fatto di notte e al letto del pz, quindi non è molto preciso.

TAC SPIRALE CON MDC:
Permette di vedere anche i vasi molto piccoli. E’ un esame veloce. Nelle linee guida, secondo alcuni autori è l’esame standard, secondo altri no.

SCINTIGRAFIA:
Ci permette di vedere le zone ipoperfuse, però la zona può essere ipoperfusa per tanti motivi, es. polmonite.


ANGIOPNEUMOGRAFIA:
E’ un esame che si può fare anche se era più frequente un tempo: si introduce un mezzo di contrasto dentro l’arteria polmonare o nel circolo venoso. Il vantaggio di questa metodica è poter fare una terapia trombolitica, sempre che ci sia stata una diagnosi precoce, perché i trombolitici funzionano entro 12-24 ore dall’evento trombotico (trombolisi selettiva).

TERAPIA:

  • Trombolisi: i tromboltici più usati sono urokinasi e l’attivatore del plasminogeno (EDTA).
  • Eparina sodica: di solito si fa dopo trombolisi, si iniettano in vena da 20 a 30000 unità nelle 24 ore a secondo del peso del pz. L’infusione deve essere continua con pompe/siringhe perché ha una emivita estremamente breve.

Mentre il trombolitico  scioglie il trombo l’eparina bocca il processo trombogenico. In alternativa all’eparina sodica si può usare l’eparina a basso peso molecolare, con una dose maggiore.
Come monitoriamo l’attività dell’eparina?
L’eparina allunga di 2 o 3 volte il tempo di sanguinamento, l’aPTT.
Questi pz. devono essere messi in terapia intensiva perché bisogna valutare costantemente i parametri vitali, la situazione cardiaca e respiratoria, la coagulazione, ecc.

Passata la fase acuta per dimettere il pz (dopo 6/7 gg) bisogna sostituire l’eparina con anticoagulanti orali, questa terapia andrà protratta per almeno 6 mesi.
Per incominciare a funzionare i dicumarolici richiedono tre gg. Quindi la sospensione dell’eparina non deve essere brusca e per tre gg si devono somministrare entrambi i farmaci.
Come monitoriamo l’attività degli anticoagulanti orali?
Controllando costantemente il tempo di Quick, infatti gli anticoagulanti orali agiscono sul PT.

  • Non è detto che queste terapie e manovre evitino l’embolia polmonare. Nei pz. che continuano a sviluppare l’embolia polmonare si può introdurre a livello della vena cava inf.  il filtro cavale.

Attraverso la vena giugulare interna dx si introduce un catetere, arrivati nella cava inf. si apre questo ombrellino, il filtro cavale, per evitare il passaggio dei trombi più grossi.

  • Esiste anche una terapia chirurgica nelle forme massive, si tratta di un intervento di tromboectomia che viene effettuato in circolazione extracorporea: si incide l’arteria polmonare e si aspira il trombo.

Se fatta tempestivamente dà ottimi risultati, però richiede una diagnosi immediata e disponibilità della cardiochirurgia.
Il prof. ricorda il prof. Stefanini che negli anni ‘60 aveva una equipe pronta 24 ore su 24 ad intervenire nelle tromboembolie  polmonari eseguendo gli interventi  senza la circolazione extracorporea.

 

Fonte: http://digidownload.libero.it/sbobinaz/ChirurgiaGenerale07-03.doc

Sito web da visitare: http://digidownload.libero.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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