Sepsi e shock settico

Sepsi e shock settico

 

 

 

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Sepsi e shock settico

Le sepsi è da considerare una sindrome clinica scatenata da un processo infettivo e provocata da una abnorme risposta infiammatoria dell’organismo. Nell'ambito della sepsi é possibile identificare degli stadi successivi a severità progressivamente crescente che sono  da considerare momenti evolutivi di un unico processo fisiopatologico.
Nell’affrontare l’argomento delle sepsi è bene per prima cosa chiarire il significato di alcuni termini e di alcune sigle che vengono modernamente utilizzati, in quanto (soprattutto da parte di autori di lingua inglese) è esistita una notevole confusione nella terminologia e termini come sepsi, sindrome settica, setticemia e batteriemia sono stati spesso utilizzati come sinonimi creando non poche incomprensioni.

BATTERIEMIA  con questo termine  si indica la presenza di batteri  nel sangue; in rapporto alla sua entità ma anche alla risposta dell'organismo può aversi o o no sintomatologia clinica; é definita da un criterio esclusivamente microbiologico ed é documentabile per mezzo dell'emocoltura. 
Secondo un criterio temporale le batteriemie possono essere classificate in:
- batteriemia transitoria: dura da minuti ad ore e si verifica in seguito a:
a) manovre odontostomatologiche (50%), urologiche (30%), gastroenterologiche, ginecologiche o dopo manipolazione di tessuti infetti (ascessi e foruncoli); di solito non ha importanza patogena, tuttavia può essere responsabile di localizzazioni secondarie (endocardio, articolazioni, ossa,meningi ecc.)  soprattutto quando esistono condizioni favorenti l'impianto dei microrganismi in queste sedi.
b) all’inizio di processi infettivi ben definiti: polmonite pneumococcica, meningite meningococcica, cellulite streptococcica, osteomielite; anche in questi casi il quadro clinico é dominato dall'infezione primaria localizzata a meno di evoluzione sepsigena vera e propria.
-batteriemia intermittente : si tratta di batteriemia ricorrente e transitoria che classicamente è associata ad infezioni suppurative localizzate in spazi chiusi (e non drenati), spesso alla base vi è un'ostruzione intermittente (al livello delle vie biliari o urogenitali) ad esempio: ascessi intra-addominali pionefrosi, colecistiti suppurative ecc.; questi casi  si esprimono clinicamente con picchi febbrili (febbre settico-piemica). Batteriemia intermittente può essre causata da una manipolazione intermittente di un'area infetta e talvolta può aversi anche durante infezioni focali quali polmonite e osteomielite.
-batteriemia continua: è caratteristica dell’endocardite infettiva e delle altre infezioni endovascolari (tromboflebiti suppurative, aneurismi micotici) e si ha anche nelle fasi iniziali della brucellosi e della febbre tifoide.
-batteriemia da diretta inoculazione in circolo del microrganismo: per inoculazione di materiale contaminato (batteriemie degli eroinomani, da  contaminazione di preparati per infusione ev, per infezione di cateteri endoarteriosi o endovenosi).
Le batteriemie possono anche essere classificate, in base all’eziologia, come unimicrobiche o polimicrobiche (6-18%) e il termine “break-through bacteriemia” è stato usato per descrivere quelle forme che si hanno in pazienti che fanno terapia appropriata per il microrganismo isolato.

SIRS o sindrome da risposta infiammatoria sistemica, può essere scatenata da cause diverse (infezioni, traumi, pancreatite etc), quando é il risultato di un processo infettivo si configura la sepsi. Per parlare di SIRS devono essere presenti almeno due dei seguenti parametri:

  • Temperatura superiore a 38°C o inferiore a 36°C
  • Frequenza cardiaca maggiore di 90 battiti/min.
  • Frequenza respiratoria   "       di 20 atti/ min.
  • G.B. maggiori di 12.000/mm3 o inferiori a 4.000/mm3 o più di 100 forme immature (band form)/mm3.

SEPSI: SIRS + segni clinici suggestivi di un'infezione anche se l'emocoltura é negativa (come lo è spesso o perchè già iniziato un trattamento antibiotico empirico per un'infezione clinicamente sospetta o perchè la sepsi è stata scatenata dalla liberazione in circolo di tossine).
SEPSI SEVERA O "SEPSIS SYNDROME" (shock imminente):
Sepsi + disfunzioni di uno (es. ARDS) o più organi, alterazioni da ipoperfusione (acidosi lattica, oliguria inferiore a 0,5ml/Kg/h, alterazioni acute del sensorio, CID ecc.), ipotensione (P sistolica inferiore a 90 mmHg o riduzione di almeno 40 mmHg rispetto alla P sistolica iniziale) responsiva all'espansione della volemia e ai farmaci (dosi di dopamina inferiori a 5 mg/Kg/min).
SHOCK SETTICO REFRATTARIO:
Rispetto al quadro precedente l'ipotensione non risponde all'espansione della volemia e ai farmaci (o responsivo a dosi di dopamina superiori a 6mg/Kg/min).

ARDS (adult respiratory distress syndrome):
Si colloca nell'ambito della SIRS scatenata da infezioni (sepsi e shock settico)  o da processi non infettivi (pancreatiti, necrosi tissutali estese, deficit di perfusione); quando non é conseguenza di una lesione polmonare primitiva (da inalazione o da trauma per es.) si considera una manifestazione precoce della disfunzione che colpisce vari organi a seguito del persistere della risposta infiammatoria. Si tratta di un'improvvisa e progressiva condizione di edema polmonare di origine non cardiaca ( edema polmonare da aumentata permeabilità), che si instaura in seguito a lesioni cellulari dei capillari polmonari che diventano permeabili cosicché un liquido ricco di proteine abbandona i capillari e invade gli spazi interstiziali e gli alveoli. E' caratterizzata da dispnea grave, ridotta compliance polmonare, ipossiemia refrattaria all'inalazione di ossigeno (in fase conclamata), ipercapnia, alcalosi respiratoria, incremento dello shunt intrapolmonare ed evidenza Rx di infiltrazione polmonare diffusa.
L'ARDS può restare una manifestazione isolata o può associarsi alla disfunzione di altri organi ( MODS).
MODS: Multiple organ dysfunction syndrome, può essere considerata equivalente alla MOF
MOF: Multiple organ failure. L’insufficienza multipla d'organo, intesa come progressiva perdita funzionale di due o più apparati, rappresenta la principale causa di morte di pazienti adulti ricoverati in terapia intensiva. La rilevanza e le caratteristiche peculiari della MOF in età pediatrica sono ancora quasi sconosciute, perché poco studiate. La MOF presenta quattro stadi clinicamente distinti:
1) iniziale episodio di shock
2) periodo di rianimazione attiva
3) fase di stabile ipermetabolismo (che può durare anche 7-10 gg e durante la quale compaiono le manifestazioni di danno polmonare acuto)
4) stadio dell’insufficienza epatica e renale
Nella sindrome classica il paziente in stato di shock (stadio 1°) viene rianimato (stadio 2°) e sembra  riprendersi, dopo qualche giorno però si ha la subdola comparsa di un corteo sintomatologico caratterizzato da modesta febbre, tachicardia, dispnea e segni di confusione mentale; la dispnea peggiora ed é necessario ricorrere alla intubazione e alla ventilazione assistita. Il paziente presenta quindi un circolo ipercinetico (indice cardiaco superiore a 4,5l/min/m, resistenze venose periferiche (RVP) inferiori a 600 dyne/sec/m)e uno stato di ipermetabolismo (iperglicemia, iperlattacidemia, velocità di utilizzo dell'ossigeno (VO2), superiore a 180 ml/min/m2 , azoto ureico urinario superiore a 15 g/die, iperazotemia e bassi livelli delle proteine di sintesi epatica quali l'albumina, la trasferrina, la proteina legante il retinolo) in assenza di qualunque apporto alimentare e in queste condizioni si stabilizza (stadio 3°). Dopo 7-10gg la bilirubina oltrepassa i 3mg/dl e comincia a crescere progressivamente seguita dopo poco tempo dalla creatininemia. Tra la 14° giornata e la 21° l’insufficienza renale peggiora sino al punto di dover ricorrere alla dialisi. La morte in genere sopraggiunge tra il 21° e il 28° giorno dall'esordio.
Dal punto di vista patogenetico il primum movens della MOF sembra essere il danno polmonare, l'alterato rapporto perfusione-ventilazione e la conseguente ipossigenazione del sangue arterioso; probabilmente quale risposta sistemica a tale condizione si realizza la vasodilatazione sistemica con calo delle RVP, e da qui l'aumento delle amine vasoattive, causa dell'elevata portata cardiaca e dell'ipermetabolismo. La condizione di ipermetabolismo comporta un aumentato consumo di O2, incremento della portata cardiaca e notevole dispendio energetico. L'eccessiva richiesta energetica viene soddisfatta prevalentemente dagli amminoacidi ricavati dalla muscolatura scheletrica sino ad una atrofia della stesse con aumento dell'eliminazione urinaria di azoto. L'ulteriore evoluzione della sindrome é caratterizzata da episodi infettivi e dalla sepsi che, o come causa o come conseguenza della sindrome, contribuisce in modo determinante al danno cellulare parenchimale sottostante all'insufficienza d'organo.

 

EZIOLOGIA:
L'eziologia e l'epidemiologia della sepsi hanno subito rilevanti modifiche negli ultimi decenni. Fino agli anni '50 la maggior parte delle sepsi era dovuta a microrganismi Gram positivi e fra questi predominavano: S. pneumoniae, S. viridans e S. aureus, mentre le forme da Gram negativi erano rare. A partire dagli anni 50 le sepsi da Gram negativi sono progressivamente aumentate soprattutto in ambiente ospedaliero dove rappresentano una minaccia gravissima per i pazienti affetti da malattie che comportano uno stato di immuno-depressione (leucemie, linfomi, neoplasie solide, cirrosi, diabete mellito ecc.).
Ai Gram negativi si sono recentemente  venuti aggiungendo gli anaerobi che hanno un ruolo importante nelle infezioni post-chirurgiche (soprattutto dopo interventi di chirurgia addominale e ostetrico-ginecologica).
Tale situazione epidemiologica é in continua evoluzione probabilmente anche in rapporto all'impiego di antibiotici attivi nei confronti dei Gram negativi, al più ampio ricorso ai cateteri venosi a permanenza e all'applicazione di tecniche chirurgiche (in particolare di cardio e neuro-chirurgia) un tempo limitate a pochi centri specializzati.
Tutto ciò ha portato ad una notevole riaccresciuta importanza dello S. aureus e all'affermazione, quale agente di sepsi nosocomiali, dello S. epidermidis e di altre specie coagulasi-negative (multi-R in generale e meticillino-R in particolare). Tra i Gram positivi seguono in ordine di frequenza decrescente lo S. pneumoniae e lo S. viridans causa del 22% e 16% rispettivamente delle sepsi insorgenti nel territorio (é nulla la loro importanza in ambiente ospedaliero). Tra le altre specie microbiche Gram positive che si riscontrano con frequenza nettamente inferiore è da ricordare l'Enterococcus fecalis, responsabile di sepsi soprattutto dopo manovre endoscopiche in campo urologico e dopo interventi di chirurgia addominale.
Le sepsi da Gram negativi costituiscono tuttora un drammatico problema ospedaliero e tra gli agenti patogeni predomina l'E. coli responsabile del 30 50% delle sepsi da Gram negativi in toto e l'unica specie Gram negativa causa del 25% delle setticemie extra-ospedaliere. Questa elevata incidenza si spiega tenendo conto che il punto di partenza di molte sepsi é l'apparato urinario dove il patogeno dominante é appunto E.coli. Tra i Gram negativi seguono K. pneumoniae, Proteus spp, Enterobacter spp, Pseudomonas spp.
Nel 10 15% dei casi l'eziologia é polimicrobica con sepsi miste che vedono in causa microrganismi Gram negativi e positivi e talora anche batteri anaerobi.
Nell'ambito dei Gram negativi importanza notevole hanno in età pediatrica N. meningitidis e l'Haemophilus influenzae tipo b (HiB) ( sotto i 2 anni).
L'incidenza delle sepsi da anaerobi attualmente oscilla tra il 5% e il 15%. Circa la metà delle batteriemie anaerobiche insorge in soggetti sottoposti ad interventi sul grosso intestino o sull'apparato genitale femminile. Le specie microbiche in causa sono rappresentate sia da microrganismi anaerobi Gram negativi del genere Bacteroides (specialmente B. fragilis) e Fusobacterium, sia da anaerobi Gram positivi dei generi Clostridium, Peptococcus e Peptostreptococcus. Da ricordare ai fini della terapia é che nella maggior parte dei casi le infezioni da anaerobi sono infezioni miste da aerobi ( per lo più Gram negativi) e da anaerobi.
Agenti eziologici delle sepsi neonatali ad esordio precoce sono: E. coli, Streptococchi emolitici di gruppo B o D, enterobatteri, Klebsiella, L. monocytogenes e più raramente lo Stafilococco aureo. Le forme ad esordio più tardivo hanno quali altri possibili agenti, oltre quelli visti prima, l'Hib e, con una frequenza maggiore rispetto alle forme ad esordio precoce, S. aureus. L'infezione nosocomiale da S.epidermidis é un problema crescente per i bambini prematuri e in particolare per quelli che ricevono infusioni di liquidi attraverso cateteri venosi.
Un cenno a parte merita l'Haemophilus influenzae, coccobacillo Gram negativo pleiomorfo, capsulato (esistono sei tipi capsulati antigenicamente distinti (tipi a-f), o non capsulato (ceppi non tipizzabili). Le infezioni invasive nei lattanti e nei piccoli bambini sono causate da ceppi capsulati quasi sempre di tipo b (HibB). Fa eccezione la sepsi neonatale che può essere causata da microrganismi non capsulati. Il 2-8% delle sepsi neonatali sono sostenute da H. influenzae con probabile trasmissione in utero e  mortalità  maggiore del 50%. Nelle forme ad esordio più tardivo la modalità di trasmissione é probabilmente attraverso contatto diretto o inalazione di goccioline emesse con le secrezioni del tratto respiratorio contenenti il microrganismo.
La fascia d'età a rischio di infezioni invasive da Hib é quella tra 0 e 2 anni  e ciò perché il PRP, il principale fattore di virulenza dell'Hib, come tutti gli Ag di natura polisaccaridica, é scarsamente immunogeno, non induce memoria immunologica ed evoca una risposta di tipo timo-indipendente (perché, in quanto non riconosciuto e processato dai macrofagi, non stimola i Th) con conseguente produzione molto elevata di IgM e molto scarsa di IgG2; ma i bambini tra 0 e 2 anni hanno difficoltà a montare una risposta di questo tipo e sono quindi più a rischio di andare incontro ad infezioni invasive.
La vaccinazione é indicata proprio in questa fascia d'età a rischio in cui il livello anticorpale é molto basso; dopo i 6 anni la popolazione italiana é coperta dagli Ab acquisiti non solo in seguito all'esposizione naturale all'Hib, ma anche in seguito ad esposizione a microrgnismi che inducono la formazione di Ab cross-reagenti (E.coli K100). La vaccinazione, efficace a partire dai 2 mesi, si esegue coniugando l'Ag polisaccaridico ad un carrier proteico cosi' da trasformare la risposta da timo-indipendente a timo-dipendente molto più efficiente.

Tab. Agenti eziologici delle sepsi

                                                        GRAM POSITIVI                   GRAM NEGATIVI


Neonati con sepsi esordita entro 5 gg di vita.
  • Streptococco emolitico di gruppo B o D
  • S. aureus (raro)
  • S. epidermidis (prematuri)

L. monocytogenes

  • E. coli
  • Klebsiella sp.
  • Enterobacter sp.

 

Neonati con sepsi ad esordio tardivo (oltre il 5°giorno di vita)

come sopra
+
S. aureus (frequente)     

come sopra
+
Hib

Bambino non immuno-compromesso

  • S. pneumoniae
  • S. aureus
  • S. pyogenes
  • Hib

Neisseria meningitidis

Paziente sottoposto a manovre endoscopiche o ad interventi chirurgici

 -Anaerobi  (Clostridium, Peptococcus, Peptostreptococcus sp.)

-Anaerobi  (Bacterioides fragilis, Fusobacterium)

Splenectomizzati

-S. pneumoniae

-Hib
-N. meningitidis

Soggetti neutropenici (meno di 500 neutrofili/mm)

-Streptococchi
-S. epidermidis
-S. aureus

-E. coli
-Klebsiella
-Pseudomonas aeruginosa

 
PATOGENESI:
La sepsi presuppone l'esistenza di un focolaio primitivo localizzato in qualsiasi parte dell'organismo (focolaio sepsigeno o porta d'ingresso),  a volte manifesto, ma in qualche caso anche occulto, da cui i microrganismi diffondono nel sangue circolante. Gli agenti patogeni si riproducono attivamente in corrispondenza del focolaio primitivo ed invadono il torrente circolatorio in gittate successive. Va ricordato che la diagnosi di sepsi é fondata sulla sindrome clinica e prescinde dalla positività emocolturale; inoltre la moltiplicazione dei microrganismi nel sangue non é un evento abituale, né tanto meno, necessario.
Le vie urinarie e biliari, il tubo gastro-enterico e le sedi di cateterismo ed endoscopia rappresentano le più frequenti porte d'ingresso dei germi nel circolo ematico. Pervenuti nel torrente circolatorio, i microrganismi possono impiantarsi in siti diversi, originando cosi' focolai metastatici ( la cui sede é influenzata dal tipo di patogeno in causa e dal suo particolare tropismo).
I diversi agenti eziologici della sepsi, passati in circolo, esplicano i loro effetti lesivi nei vari distretti dell'organismo sia in modo diretto, sia (soprattutto) indirettamente attivando la risposta dell'ospite cosi' che le manifestazioni cliniche della sepsi possono considerarsi il risultato dell'interazione tra i prodotti microbici e i mediatori dell'ospite.
I fattori microbici più importanti sono il LPS dei Gram negativi (in particolare la componente lipidica A), il mucopolisaccaride di superfice dei Gram positivi, Ag virali ( Dengue) e fungini ( mannani), il lipoarabinomannano dei micobatteri, la TSST-1 dello Stafilococco ed altri.
Diversi sono invece i mediatori dell'ospite, liberati in risposta allo stimolo infettivo e implicati nella patogenesi della sepsi e dello shock settico; tra questi i metaboliti attivi del complemento ( C5a), le chinine, i fattori del sistema della coagulazione, citochine, TNF alfa, PAF, IL-1, enzimi e sostanze ossidanti prodotte dai PMN, peptidi vasoattivi e prodotti del metabolismo dell'acido arachidonico ( PG, Tx, leucotrieni). 

Principali effetti dell'LPS e degli altri componenti dei microrganismi:

Per effetto dell'LPS si ha:                                                              conseguenze sono:


Attivazione del complemento per
via classica e per via alternativa

-Liberazione di frammenti vasoattivi (C5a), istamina, bradichinina.

Attivazione diretta del fattore XII di Hageman

- Attivazione del sistema callicreina-bradichinine e conseguente vasodilatazione e aumento della permeabilità capillare
-Attivazione del sistema intrinseco della coagulazione

Attivazione dei macrofagi e rilascio di TNF alfa

-Attivazione, aggregazione e adesione dei leucociti all'endotelio
-Aumentata espressione di molecole di adesione sulle cellule endoteliali
-Aumentata permeabilità vasale
-Aumentato catabolismo proteico
-Febbre

Attivazione di fosfolipasi di membrana e produzione di ac. arachidonico e suoi metaboliti:

-TxA e leucotrieni aumentano la permeabilità vasale
-PG hanno azione pro-infiammatoria

Attivazione dei PMN

-Degranulazione e liberazione di ossigeno e proteasi

Alterazione funzionale e anatomica delle cellule endoteliali

- Rilascio di mediatori controregolatori e mediatori che amplificano il danno ( vedi testo)

Principali effetti delle citochine liberate in corso di sepsi e shock settico

 

IL-1: -Aumenta la sensibilità cellulare al TNF alfa
-Promuove l'attivazione e l'accumulo dei PMN
- Induce l'espressione di molecole di adesione ( ELAM1 e ICAM1)
IL-2: -E' necessaria per la proliferazione delle cellule T attivate
- Riduce la P.A., le R vascolari periferiche e la frazione di eiezione
-Aumenta l'output cardiaco
-Promuove il rilascio di TNF alfa e di INF gamma
IL-4: -Promuove l'adesione dei leucociti alle cellule endoteliali
-Agisce sinergicamente con TNF alfa e IL-1
IL-6: -Interagisce sinergicamente con IL-1 e TNF alfa
- Promuove l'attivazione e l'accumulo dei PMN
- Elevati livelli di IL-6 sono predittivi di morte in corso di sepsi
IL-8: -E' un fattore chemiotattico per neutrofili e linfociti e induce infiltrazione tissutale
di entrambi.
TNF alfa: è la citochina a più potente azione pro-infiammatoria. Causa:

  • Febbre e mobilizzazione dei leucociti;
  • Sul cuore: tachicardia, ipotensione, depressione miocardica, aumentata permeabilità capillare;
  • Sul SNC: anoressia, febbre, cefalea;
  • Sul metabolismo: acidosi, aumentato catabolismo sino alla cachessia, aumentata produzione di ormoni dello stress;
  • Sul sangue: inibizione dell’eritropoiesi e della mielopoiesi, leucopenia, CID;
  • Sul rene: necrosi corticale.

Non é ancora perfettamente chiaro perché solo una parte dei pazienti con batteriemia vada incontro a sepsi e quali siano i fattori responsabili dell'evoluzione del quadro fisiopatologico. Probabilmente l'innesco della cascata settica dipende da tutta una serie di fattori legati all'ospite quali la contemporanea, o meno,  presenza di altri mediatori, la presenza o assenza di macrofagi e PMN attivati in circolo, le condizioni cliniche del paziente prima della sepsi, la durata della sua malattia e in ultimo, non per importanza, le condizioni dell'endotelio. L'endotelio infatti gioca un ruolo molto importante non essendo solamente il bersaglio dei mediatori endogeni (e ciò si manifesta clinicamente con la comparsa di lesioni vasculitiche), ma avendo la capacità esso stesso di produrre altri mediatori (TNF alfa, IL-1, IL-6, PAF, PGI, NO ed endotelina-1) alcuni dei quali contribuiscono all'amplificazione del danno e alla evoluzione verso la sepsis syndrome, altri invece hanno effetto di feed-back e per questo possono essre in grado di ristabilire l'omeostasi.
È da ricordare che l'LPS si lega a proteine plasmatiche come la LBP ( LPS binding protein) e l'Ag CD14, presente su monociti e macrofagi, é un recettore per il complesso LPS-LPB che vi si lega e viene interiorizzato; una frazione del CD14 solubile lega tale complesso e ne media l'ingresso nelle cellule endoteliali che vengono cosi' attivate.
Tornando ai mediatori endoteliali, tra quelli che fungono da controregolatori è da ricordare l'ossido nitrico (NO) ( prima detto EDRF: endotelium derived relaxing factor), una molecola a basso p.m., con emivita molto breve ( 6 sec.) che nelle fasi iniziali dello shock svolge un ruolo importante perché mantiene il flusso di sangue nei visceri e nel microcircolo contrastando l'effetto vasocostrittivo di trombossani e di endotelina 1 (potente vasocostrittore prodotto dalle cellule endoteliali) e previene la stasi e la trombosi microvascolare bloccando l'aggregazione piastrinica e l'adesione dei leucociti. Nelle fasi più avanzate dello shock, a seguito  della continua stimolazione dell'endotelio da parte dei vari mediatori, si ha un' aumentata ed eccessiva produzione di NO che svolge un ruolo dannoso contribuendo all'ipotensione refrattaria e alla vasoplegia, sembra anche avere effetti citotossici responsabili del danno tissutale e del insufficienza d'organo ( recenti studi in vitro hanno dimostrato il suo effetto proinfiammatorio in seguito al rilascio di citochine dai fagociti), e in vitro é stata dimostrata una sua azione depressiva sul miocardio ( anche se l'inibizione dell'enzima che sintetizza l'NO in vivo non ha dato alcun miglioramento della funzione miocardica).
L'NO potenzia l'azione della prostaciclina, altro controregolatore prodotto dalle cellule endoteliali, che é un potente, ma labile, inibitore dell'attivazione piastrinica oltrecché un potente vasodilatatore.
Il PAF ( fattore attivante le piastrine) é invece un mediatore endoteliale ( prodotto anche da macrofagi, neutrofili e piastrine) che contribuisce al danno d'organo in modo rilevante perché causa vasocostrizione, aumento della permeabilità vasale, aggregazione piastrinica con un'azione cento volte più potente dell'istamina; é responsabile anche dell'amplificazione catalitica del rilascio delle citochine.
E' chiaro quindi che il progressivo coinvolgimento di distretti  endoteliali sempre più estesi comporterà un'amplificazione del processo con ripercussioni sul circolo e sul miocardio che esiteranno nelle alterazioni di vari organi (sepsi sindrome o shock imminente) con l'instaurarsi di un circolo vizioso che, se non prontamente interrotto, porta al quadro dello shock refrattario.
Lo shock settico (o vasogenico) o si associa ad una anormale distribuzione del flusso sanguigno per azione dell'endotossina che induce una dilatazione arteriolare acuta, un aumento della capacitanza venosa e  una riduzione del volume intravascolare secondaria all'aumentata permeabilità capillare. In questa fase iperdinamica iniziale (nei bambini meno comune che negli adulti) detta fase dello shock caldo, la cute é calda, asciutta e arrossata perché a fronte del calo delle resistenze vascolari periferiche (RVP) si ha un aumento dell'output cardiaco sicché il paziente rimane ben perfuso. La fase iniziale é seguita da un rapido scompenso perché la vasodilatazione periferica e la concomitante aumentata vasopermeabilità (entrambe effetto dell'azione dei mediatori flogistici dell'ospite) sono responsabili della diminuzione del volume di sangue circolante e quindi del ridotto ritorno venoso al cuore, cuore che di per se' é depresso nella sua funzione di pompa per effetto sempre dell'endotossina.
D'altra parte la depressione dell'attività contrattile del cuore da parte dell'endotossina e altri mediatori dell'ospite ( TNF) é testimoniata da un output cardiaco che sin dalle prime fasi é aumentato ma non ai livelli attesi data la riduzione delle RVP.
Si ha quindi il trapasso alla seconda fase dello shock, fase dello shock freddo, in cui si ha riduzione dell'output cardiaco ( per deficit della funzione contrattile e per ridotto ritorno venoso al cuore) e vasocostrizione periferica come effetto simpatico compensatorio.
Sebbene la prima fase sia raramente visibile nei bambini, essa, quando presente, risponde bene all'infusione di sostanze capaci di espandere il volume intravascolare. Col progredire della patologia, la somministrazione di fluidi deve essere rapidamente associata a farmaci che abbassino le resistenze periferiche (alfa-mimetici), mentre la funzione cardiaca deve essere sostenuta con agenti inotropi (beta1). ( vedi dopo nel trattamento).
In corso di shock si verifica un rilasciamento paralitico degli sfinteri preposti alle vie di comunicazione tra arteriole e venule, ossia l'apertura degli shunts artero-venosi, per cui il sangue distolto in gran parte dai capillari, non potrebbe adeguatamente perfondere i tessuti. Di conseguenza sarebbe spiegabile l'ipossia dei tessuti, anche qualora fosse normale la concentrazione di ossigeno nel sangue arterioso. In tal modo si spiegherebbe come un'alta portata e quindi un iperafflusso alla rete periferica possa coesistere con un diminuito consumo di ossigeno, essendo normale la concentrazione nel sangue arterioso. Di conseguenza un eccesso di ossigeno refluo nel sangue venoso si osserva nello shock settico iperdinamico, dove la differenza tra le due concentrazioni di ossigeno, l'arteriosa e la venosa, é tanto più bassa quanto maggiore é la portata.
La scarsa perfusione e ossigenazione dei parenchimi in corso di shock comporta la loro sofferenza e il passaggio del metabolismo cellulare  da aerobico ad anaerobico con produzione di acido lattico e acidosi metabolica; a quest'ultima contribuisce anche la ridotta rimozione del lattato da parte del fegato e dei reni. Il livello della lattacidemia é un marker di severità della malattia e per questo va monitorato attentamente.
La disfunzione epatica in corso di shock é la causa dell'ittero colestatico.
L'ARDS contribuisce all'ipossia.
La necrosi tubulare acuta renale, conseguenza della ipoperfusione renale causa l'insufficenza renale ( si ha calo dell'output urinario e ritenzione di acqua e sali).
La CID, possibile complicanza della sepsi, é caratterizzata da eventi emorragici e microtrombotici che si instaurano in seguito all'attivazione generalizzata del processo emocoagulativo che comporta consumo dei fattori della coagulazione e delle piastrine e secondaria risposta iperfibrinolitica. Nella patogenesi della CID in corso di sepsi un ruolo importante é svolto dall'endotossina dei Gram negativi che causa un danno endoteliale diffuso e conseguente attivazione piastrinica ed emocoagulativa soprattutto attraverso la via intrinseca; l'LPS provoca anche la liberazione di sostanze procoagulanti contenute nei granulociti. All'attivazione della cascata emocoagulativa segue l'attivazione della fibrinolisi e ciò comporta ulteriore consumo proteolitico dei fattori emocoagulativi ( soprattutto 5°, 8° e fibrinogeno) aggravando la diatesi emorragica. La diagnosi di CID é semplice nelle forme acute e conclamate; va monitorata la situazione emostatica del paziente (con il dosaggio di PT, PTT, fibrinogeno, FDP e piastrine).


 

QUADRO CLINICO:
Il quadro clinico della sepsi presenta per lo più un esordio brusco, caratterizzato da febbre elevata, brividi, prostrazione, polipnea, tachicardia e talvolta sintomi relativi al focolaio iniziale di infezione. In assenza di provvedimenti terapeutici il quadro clinico della sepsi evolve verso quello dello shock. All'inizio, nella fase dello shock caldo, di più rara osservazione nei bambini, la pressione arteriosa é normale, il polso é ampio e scoccante, la diuresi é normale e le estremità sono calde dato il calo delle R.V.P.. L'evoluzione verso lo shock freddo o ipodinamico é contrassegnata da ipotensione marcata, polso piccolo, molle e frequente, toni cardiaci deboli e ovattati, soffi funzionali, ritmo di galoppo, oliguria (da ipoperfusione renale), cute fredda, cianotica e con macchie livide per il ridotto afflusso ematico data la vasocostrizione periferica riflessa. Si instaura quindi progressivamente un quadro caratterizzato da stato confusionale o coma (encefalopatia da ipoperfusione cerebrale), cianosi periferica, anuria, polmone da shock con ipossiemia grave ed eventuali manifestazioni proprie della CID: emorragie gastro-intestinali, ematuria, emorragie del S.N.C. sino alla porpora fulminante che si presenta sotto forma di infarti emorragici a macchie della cute e dei tessuti sottocutanei. Frequente é l'ittero.

 

È da ricordare infine l'utilità, ai fini della diagnosi precoce, di dosare i livelli plasmatici di TNF alfa e IL-6 nei neonati con sospetta sepsi; diversi studiosi hanno infatti riscontrato un incremento di queste citochine già nelle prime fasi della sepsi. Concentrazioni di TNF alfa > 70 pg/ml e di IL-6 > 500 pg/ml sono segni precoci di sepsi neonatale; elevati livelli di TNF alfa aumentano la probabilità di essere di fronte ad una sepsi di 12 volte, bassi livelli invece, riducono tale probabilità  di 3,5 volte; quando i livelli di entrambe le citochine (TNF e IL-6) sono elevati, la presenza di sepsi neonatale é quasi certa.

STADI DELLO SHOCK VASOGENICO O SETTICO

Precoce- iperdinamico  (Shock caldo)                            Tardivo- cardiogeno (Shock freddo)
(di rara osservazione nel bambino)

                                                     Esame obiettivo

Tachicardia                                                                                  Tachicardia
Tachipnea                                                                                     Depressione respiratoria
Febbre                                                                                          Ipotermia
Estremità calde                                                                            Estremità  fredde                                                                  
Pressione arteriosa normale o elevata                                         Ipotensione
Polso ampio                                                                                 Polso piccolo
Indice cardiaco elevato                                                                Indice cardiaco ridotto
Riduzione RVP                                                                          Aumento delle RVP
Diuresi normale o poliuria                                                           Oliguria
Lieve confusione mentale, allucinazioni                                     Letargia o coma

                                                               Laboratorio

Ipossiemia                                                                                    Ipossiemia
Alcalosi respiratoria                                                                    Acidosi respiratoria
Acidosi metabolica                                                                     Acidosi metabolica
Iperglicemia                                                                                Ipoglicemia
Lievi anomalie della coagulazione                                              Coagulopatia marcata
Lattacidemia normale o poco aumentata                                     Iperlattacidemia

 

Ai sintomi e segni sempre presenti sopra descritti possono associarsene altri a livello cutaneo, assai caratteristici e in alcuni casi patognomonici di talune forme eziologiche.  
Per esempio la sepsi meningococcica si caratterizza per la comparsa, praticamente in contemporanea o dopo poche ore dalla comparsa degli altri sintomi, di un'eruzione cutanea petecchiale  che esordisce al tronco o agli arti e nell'arco di alcune ore nelle forme più gravi  può progredire verso una porpora fulminante. Si distinguono pertanto due diffrenti forme cliniche di sepsi meningococcica:1) sepsi emorragica acuta 2) sepsi emorragica iperacuta. Nella prima le manifestazioni emorragiche sono più manifeste che nella seconda, le condizioni cliniche generali invece sono meno gravi. Il paziente presenta febbre, brividi, artralgie e uno stato di malessere generale; compaiono quindi le prime manifestazioni emorragiche: nelle forme più lievi si ha solamente qualche petecchia e piccola soffusione emorragica, nelle forme gravi gli elementi petecchiali sono numerosi e si associano ad ecchimosi e ad aree di soffusione emorragica estese e confluenti, inizialmente di colore rosso-vinoso poi grigio-nerastre che vanno incontro a necrosi con formazione di escara e quindi di ulcerazioni a fondo granuleggiante (porpora emorragica gangrenosa). La sintomatologia meningea é presente nel 50-60% dei casi. L’assenza di un coinvolgimento meningeo è un fattore prognostico negativo.
La sepsi meningococcica iperacuta esordisce nella stessa maniera (febbre, brividi, vomito, cefalea, elementi petecchiali al tronco e agli arti ) ma nell'arco di poche ore si instaura uno stato di profonda prostrazione e collasso periferico. Nei casi ad evoluzione fulminante le manifestazioni emorragiche sono scarse, la temperatura cutanea si abbassa rapidamente e la cute pallida e fredda marezzata da chiazze ipostatiche si ricopre di sudore viscido (shock freddo).
I meningococchi esplicano la loro azione lesiva diretta al livello del circolo vasale periferico e il danno da loro prodotto interessa tutti gli organi anche se sotto il profilo clinico dominano il quadro le manifestazioni emorragiche cutanee. La colorazione di Gram, eseguita sul materiale ottenuto per scarificazione di una di tali lesioni, può permettere di riconoscere i tipici diplococchi Gram negativi e quindi permette di porre diagnosi.

Le sepsi sostenute da P. aeruginosanei pazienti neutropenici possono accompagnarsi alla comparsa di lesioni cutanee, ovali o rotondeggianti, con margine eritematoso e indurato, il cui centro può ulcerarsi, definite con il termine di ectima gangrenoso. Proteasi e/o esotossine del microrganismo in causa sono responsabili del danno tissutale.
Le sepsi da candida possono manifestarsi con noduli cutanei rilevati, isolati, di colore rosso chiaro; l'agobiopsia di queste lesioni dimostrerà la presenza del fungo.
L'ittero ad esordio improvviso, se non vi é un'ostruzione acuta delle vie biliari, soprattutto nel paziente compromesso o in quello con una ferita infetta, può suggerire una sepsi da clostridi con emolisi.

Sepsi da stafilococco

La sepsi stafilococcica può essere primaria, se si sviluppa in assenza  di un evidente focolaio infettivo periferico, o secondaria se si instaura in presenza di  infezioni  cutanee, mucose, uterine o di focolai osteo-articolari, dentari, otitici e sinusitici. Nei pz ospedalizzati l'infezione é spesso a partenza dai cateteri venosi e dagli apparecchi per l'assistenza respiratoria. Al quadro clinico della sepsi si associano spesso i segni clinici dei focolai suppurativi metastatici: al livello cutaneo (elementi vescicolo-pustolosi), polmonare, uro-genitale, osteo-articolare e cardiaco.
L'evoluzione verso lo stato di shock in corso di sepsi stafilococcica può avvenire secondo diverse modalità:
1) Con lo stesso meccanismo con cui si instaura la sepsi da Gram negativi; il complesso ac. teicoico-peptidoglicano esplica gli stessi effetti dell'LPS.
2) Focolai di infezione stafilococcica localizzati nel miocardio o sull'endocardio valvolare possono provocare shock cardiogeno (per es. per rottura improvvisa di uno o più lembi valvolari aortici).
3) Per produzione di una tossina responsabile della sindrome da shock tossico.

Sindrome da shock tossico
E' una sindrome causata da stafilococchi produttori di una tossina inizialmente identificata come enterotossina F e succesivamente indicata, per la dimostrata incapacità di provocare vomito, come "tossina dello shock tossico" (TST). Tale sindrome per la prima volta é stata descritta in bambini e adolescenti, successivamente é stata osservata in giovani donne durante il ciclo mestruale ed é stata messa in relazione con l'uso di tamponi vaginali.
La TST  viene assorbita attraverso le mucose o dal tessuto sottocutaneo in corrispondenza delle sedi di colonizzazione o dei focolai di infezione stafilococcica (ascessi cutanei e sottocutanei, ferite chirurgiche, aree di ustione, infezioni cutanee al di sotto di apparecchi gessati, linfoadeniti, ascessi peritonsillari, sinusiti ; particolarmente a rischio sono i tamponamenti nasali dopo intervento chirurgico). Esercita la sua azione sistemica sia danneggiando direttamente i tessuti sia, secondo alcuni autori, esaltando gli effetti di endotossine di Gram negativi e attivando proteasi stafilococciche. Molto importante é lo stato immunitario dell'ospite: la mancanza di una specifica immunità alla TST e la risposta dell'ospite con produzione di IL-1 e TNF alfa.
L'esordio della sindrome é brusco con febbre, brividi, malessere, cefalea, dolori muscolari, astenia, vomito, diarrea, dolori addominali, lipotimia o sincope da ortostatismo. Dopo 24-48 hh compaiono eritema diffuso (al quale consegue in fase più avanzata una desquamazione a larghe falde soprattutto all'estremità degli arti), diarrea acquosa profusa, contrazione della diuresi, cianosi ed edema della estremità. Per azione diretta della tossina sul S.N.C. o per l'edema cerebrale che si instaura, si sviluppano sonnolenza, stato confusionale, irritabilità, agitazione e occasionalmente allucinazioni. Completano poi il reperto obiettivo tachicardia, tachipnea, ipotensione arteriosa marcata, iperemia congiuntivale, arrossamento ed edema di tutte le mucose (ulcerazioni orali, glossite, lingua a fragola; nei casi "mestruali" edema e ulcerazioni della mucosa cervico-vaginale).
I reperti di laboratorio sono  espressione dello stato di shock e del deficit funzionale di molti organi. La letalità é tra il 5 e il 10%dei casi.
La diagnosi si fa sulla base di: a) dati clinici
b) individuazione di focolai di infezione da stafilococco aureo
c) dimostrazione della capacità del ceppo isolato di elaborare la tossina
d) dimostrazione dello sviluppo di Ab anti TST nel siero di convalescente.
La terapia si fonda sull'uso di antibiotici anti-stafilococcici resistenti alle beta-lattamasi (nafcillina o oxacillina) anche se, data la patogenesi della sindrome, l'utilità della terapia antibiotica é relativa tranne che nei pochi casi con batteriemia o batteriuria; é utile invece la disponibilità di un Ab monoclonale umano anti-TST e di vaccini antitossici specifici.

Sindrome da shock tossico da Strptococcus pyogenes

E' una rara sindrome di particolare gravità clinica causata da streptococchi produttori di tossine eritrogeniche o pirogene (di più frequente isolamento é la tossina eritrogenica di gruppo A) e cosi' definita in analogia alle forme da stafilococco. Si può manifestare come complicanza di sepsi, infezioni localizzate, gravi infezioni dei tessuti molli (in genere fascite necrotizzante) o varicella.
Dal punto di vista clinico é difficile la differenziazione dalla forma stafilococcica; la compromissione cutanea con eritrodermia e desquamazione e la lingua a fragola sono più rare nelle forme streptococciche nelle quali si ha più spesso batteriemia.
La diagnosi prevede:

  • l'isolamento di streptococco beta-emolitico di gruppo A da sedi normalmente sterili (sangue, liquor, pleura, peritoneo) e non (faringe, espettorato, cute) 
  • la presenza di grave ipotensione associata ad almeno 2 dei seguenti segni clinici:
  • insufficenza renale
  • alterazione della coagulazione
  • epatopatia (incremento di bilirubina o transaminasi)

 

ESAMI DI LABORATORIO:
I reperti di laboratorio sono ampiamente variabili a seconda della fase della malattia e dipendono principalmente dalla presenza o meno di shock e danno d'organo. Abitualmente all'esame emocromo-citometrico si riscontra spiccata leucocitosi neutrofila, ma occasionalmente può aversi leucopenia e il suo riscontro all'esordio può essere un segno prognostico sfavorevole. Qualche volta possono osservarsi reazioni leucemoidi con più di 50.000 G.B. 
La piastrinopenia quando é rilevante (sotto 50.000/mm) rappresenta la manifestazione di una CID e in questo caso si associa all'allungamento del tempo di protrombina (PT) e del tempo di tromboplastina parziale (PTT), a bassi livelli di fibrinogeno ed elevati di PDF. Utile é lo striscio di sangue periferico per la messa in evidenza di G.R. frammentati (ad elmetto, schistociti) nonché delle forme immature dei G.B. (band form). La reticolocitosi é elevata. L'emoglobina e l'ematocrito, che possono essere apparentemente normali in caso di marcato calo del volume intravascolare, devono essere misurati frequentemente.
Utile il monitoraggio della diuresi nonché l'esame delle urine che va eseguito per la ricerca eventuale di ematuria, proteinuria e segni di infezione.
L'incremento della creatininemia e dell'urea sono espressione del danno renale. L'incremento della bilirubina, della fosfatasi alcalina e delle transaminasi 2-3 volte la norma, sono reperti frequenti e non hanno particolare valore prognostico negativo.
L'albumina plasmatica può scendere a 15-20 g/l oltre le 24 ore e ciò può essere procato sia dall'aumentata permeabilità capillare sia dalla scarsa nutrizione del soggetto nelle sepsi protratte.
Spesso i lipidi sierici sono elevati.
L'emogasanalisi (EGA) arteriosa é utile per monitorare l'andamento dell'acidosi; nelle fasi iniziali della sepsi si ha alcalosi respiratoria e all'EGA  si ha aumento del pH e una riduzione della pressione (P) parziale di anidride carbonica. In seguito alla comparsa dello shock si sviluppa acidosi metabolica con elevate concentrazioni di lattato ( sino a 3-5 volte la norma); la lattacidemia é un marker di severità della malattia e un parametro utile nel monotoraggio della risposta alla terapia.
Utile la determinazione della VES, ma soprattutto della PCR entrambe sempre elevate. Più recentemente si é visto che alti livelli sierici di TNF alfa e di IL-6  sono indici prognostici sfavorevoli essendo associati ad alti tassi di mortalità, è utile quindi la loro determinazione. L'emocoltura va sempre eseguita per evidenziare un'eventuale batteriemia. Utili anche gli esami colturali da tampone rettale, aspirato ipofaringeo e tampone faringeo e urine. In caso di sospetta sepsi neonatale vanno eseguite le indagini sierologiche per gli agenti TORCH e, anche in assenza di segni meningei, é consigliabile l'esame del liquor cefalorachidiano per escludere il coinvolgimento meningeo.
L'Rx del torace deve sempre essere eseguito: opacità polmonari diffuse sono predittive di ARDS.
ECG ed ecocardiografia consentono di valutare la funzionalità cardiaca.

TRATTAMENTO

TERAPIA ANTIBIOTICA
Il bambino con sepsi ad eziologia ancora sconosciuta deve essere trattato subito con una terapia antibiotica empirica a largo spettro cosi' da coprire tutti i potenziali patogeni. L'ideale sarebbe iniziare il trattamento dopo aver preso almeno un campione di sangue per l'emocoltura che va eseguita (e ripetuta, se necessario, da tre a sei volte), possibilmente durante l'ascesa della temperatura ed al suo acme, ma va tentata anche nei periodi di apiressia perché questa condizione non esclude la presenza di batteriemia.  
Il trattamento empirico si fa con: ampicillina 300-400 mg/Kg in 4 somministrazioni e.v.(é attiva sui germi Gram positivi compreso S. fecalis e Lysteria monocytogenes*, e su alcuni Gram negativi come Hib, E.coli, Salmonella spp e Shigella spp) associata a gentamicina e.v. 5 mg/Kg in 2 somministrazioni nella prima settimana di vita e a 7,5 mg/Kg/die in tre somministrazioni dopo la prima settimana di vita (attiva su cocchi e bacilli Gram positivi, ma soprattutto sui batteri Gram negativi); oppure a una cefalosporina di 3° generazione che cosi' come l'aminoglicoside é attiva sui Gram negativi (cefotaxime a 100 mg/Kg/die in due somministrazioni nella prima settimana di vita, a 150mg/Kg/die in tre somministrazioni dopo la prima settimana di vita sino ad un massimo di 200mg/Kg/die nelle infezioni molto gravi; oppure ceftriaxone a 50-100 mg/Kg/die in unica somministrazione).
La terapia antibiotica mirata va iniziata dopo il risultato dell'emocoltura e dell'antibiogramma.
Terapia delle sepsi da Gram positivi
-Sepsi da Streptococco di gruppo B (agente eziologico di sepsi neonatali precoci): la terapia  va fatta con penicillina G o con ampicillina; la prima alla dose di 250.000-400.000 U/Kg/die ev in tre somministrazioni nei lattanti al di sotto dei 7 gg di vita e a 400.000 U/Kg/die ev in quattro somministrazioni nei lattanti con più di 7 gg di vita; la seconda alla dose di 300-400mg/Kg/die in quattro somministrazioni. La durata del trattamento deve essere guidata dalla risposta clinica e batteriologica.
-Sepsi da Staphylococcus aureus: quasi tutti i ceppi oggi sono penicillino-resistenti mentre una percentuale variabile di ceppi di isolamento ospedaliero é anche meticillino-resistente; i ceppi sensibili alla meticillina si trattano con questo antibiotico alla dose di 100- 200mg/Kg/die in tre somministrazioni; i ceppi meticillino-resistenti con i glicopeptidi: vancomicina e teicoplanina; la prima ev a 20-40 mg/Kg/die in due tre somministrazioni nel periodo neonatale  eccetto che per i neonati di basso peso alla nascita (sotto i 1000 g) per i quali una monosomministrazione giornaliera o ogni 18 ore può essere appropriata nella prima settimana di vita; oltre il periodo neonatale in età pediatrica la dose consigliata é di 40-60mg/Kg/die in quattro somministrazioni; la teicoplanina si dà nel seguente modo: le prime tre dosi a 10mg/Kg a 12 ore di distanza, poi si continua con 6mg/Kg/die in unica somministrazione giornaliera. È da ricordare che la vancomicina é ototossica (in meno dell'1% dei casi) e nefro-tossica (nel 5% dei casi e nel 22% dei casi se associata all'aminoglicoside).
-Sepsi da S. epidermidis: é il patogeno più importante nei reparti di cardiochirurgia, chirurgia vascolare e neurochirurgia sia per la sua spiccata multi-resistenza in generale che per la sua meticillino-resistenza in particolare. La terapia va fatta con teicoplanina o vancomicina più gentamicina.
-Sepsi da S. pneumoniae e S. viridans: sono microrganismi spiccatamente sensibili alla penicillina e che per tanto vanno trattati con penicillina G alla dose di 2.000.000 U.I. x 4/die.
-Sepsi da E. fecalis: agente di sepsi soprattutto dopo manovre endoscopiche in campo urologico e dopo interventi di chirurgia addominale, in particolare sul colon; gli antibiotici attivi verso questo germe sono pochi (ampicillia-ac.clavulanico, piperacillina-tazobactam e i glicopeptidi) e la sensibilità del germe é in ogni caso modesta. In terapia si utilizzano le associazioni ampicillina + gentamicina oppure teicoplanina + gentamicina (anche qui al posto della teicoplanina può essere somministrata la vancomicina con i limiti della maggiore tossicità diretta).
Terapia delle sepsi da Gram negativi: in linea generale, la terapia delle sepsi da Gram negativi si avvale delle cefalosporine di 3° e 4° generazione, dei carbapenemici (imipenem 100-120 mg/Kg/die in 4 somministrazioni ev, non va superata questa posologia per evitare effetti collaterali a carico del S.N.C.; meropenem 100 mg/Kg/die in 4 somministrazioni), delle ureido-penicilline combinate con un inibitore suicida delle beta-lattamasi (piperacillina-tazobactam, ticarcillina-clavulanato), dei fluorochinoloni (ciprofloxacina, in genere poco impiegato nei bambini), ed infine degli aminoglicosidi che rappresentano dei farmaci fondamentali (amikacina alla dose di 10-15 mg/kg/die in due somministrazioni im.)
Sepsi da Hib:si tratta con cefalosporine di 3°generazione (ceftriaxone, cefotaxime) o con ampicillina e CAF (50mg/Kg in 4 somministrazioni); l'ampicillina da sola non é indicata per la terapia iniziale, dato che, a seconda della zona geografica, il 12-40% degli Hib isolati é produttore di beta-lattamasi e, perciò, resistente all'ampicillina; si preferiscono le cefalosporine di 3° generazione al CAF, prima adoperato come farmaco di prima scelta, per evitare i casi di  resistenza al farmaco (resistenza che comunque al Dic. del 93 era rara negli USA).
-Sepsi da E. coli: si trattano con cefalosporine di 3° generazione.
-Sepsi da Pseudomonas :all'aminoglicoside va associata una cefalosporina di 3° generazione anti-pseudomonas es. ceftazidime ev alla dose di 125-150 mg/Kg/die in tre somministrazioni (é l'unica cefalosporina ad azione anti-Pseudomonas il cui uso sia stato approvato nei bambini) oppure si associa un betalattamico anti-pseudomonas (ticarcillina, piperacillina)  oppure ancora l'imipenem o l'aztreonam (100-120 mg/Kg/die in 4 somministrazioni ev).
-Sepsi meningococcica va trattata con Penicillina G per e.v. ad alte dosi di 400.000 U/Kg ogni 4-6 ore; ceftriaxone e cefotaxime sono alternative accettabili; nei pazienti allergici alla penicillina é indicato il CAF (e lo stesso nelle aree geografiche in cui é stata segnalata una resistenza in vitro alla penicillina).
I contatti familiari e scolastici di bambini con sepsi meningococcica devono essere tenuti in osservazione e profilassata entro 24 ore dall'individuazione del caso primario; il farmaco di scelta é la rifampicina alla dose di 10mg/Kg (massimo 600mg) ogni 12 ore, per un totale di quattro dosi nell'arco di due giorni.
*Le cefalosporine, anche le più nuove, non sono attive contro la Listeria. Per i pazienti allergici alla penicillina l'alternativa é il trimetropim-sulfametoxazolo ev.
Terapia delle sepsi da anaerobi: la penicillina é estremamente attiva verso tutte le specie anaerobie con l'importante eccezione di B. fragilis, che rappresenta però l'agente patogeno più frequentemente in causa. Il cefoxitin  é una cefalosporina di  2°generazione molto attiva verso la maggioranza dei batteri Gram negativi anaerobi ma é penalizzata dal riscontro di un notevole numero di ceppi resistenti. Il CAF é notevolmente efficace verso molte specie Gram negative anaerobie ma meno nei confronti di quelle Gram positive ed il suo uso é inoltre limitato dalla potenziale mielotossicità. Per questa ragione la scelta cade frequentemente sulla clindamicina (40mg/Kg/die in 4 somministrazioni ev), attiva anche verso parecchi aerobi Gram positivi, o sul metronidazolo (30mg/Kg/die in 4 somministrazioni ev) che é, al contrario, attivo esclusivamente nei confronti degli anaerobi. Alternative valide sono oggi offerte dai carbapenemici (imipenem e meropenem).

TRATTAMENTO DELLO SHOCK SETTICO
Di fronte ad un paziente in stato di shock occorre come prima cosa accertarsi che le vie aeree siano pervie e quindi (dopo una eventuale rapida aspirazione delle secrezioni e pulizia del cavo orale) somministrare ossigeno a 3-6 l/min. con cannula, mascherina ecc. e quindi stabilire se é necessaria la sua intubazione e ventilazione meccanica; (indicazioni alla intubazione sono: a) tensione arteriosa di O2 inferiore a 50 mmHg; b) tensione arteriosa di CO2 superiore a 50 mmHg; c) acidosi metabolica severa; d) incapacità di salvaguardare la pervietà delle vie aeree; e) edema polmonare grave o distress respiratorio severo che richiedono pressione positiva di fine espirazione). E' indispensabile controllare continuamente la perfusione monitorando la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, l'ECG, la temperatura corporea, il tempo di riempimento capillare, la diuresi (mediante cateterismo vescicale), l'equilibrio acido-base e lo stato di vigilanza.
Va iniziata quindi la terapia idrica. Nella fase precoce o iperdinamica dello shock (rara nei bambini), si ha riduzione del post-carico (da ipovolemia relativa per una rete vasale di eccessiva ampiezza) e bisogna quindi somministrare liquidi: soluzioni cristalloidi quali NaCl  0,9% o Ringer lattato che permettono di aumentare il pre-carico; soluzioni colloidali come albumina al 5% per migliorare la pressione colloido-osmotica; se l'Hb é meno di 10g/dl o Ht  meno del 30% si deve praticare l'emotrasfusione. La terapia infusionale con soluzioni cristalloidi  va somministrata a 10-20ml/Kg in 10 min. Se si ha un miglioramento la P.A. e la perfusione periferica aumenteranno e la diuresi riprenderà. Andrà allora fatta una rivalutazione frequente continuando l'infusione. Se invece non si ha miglioramento bisogna ripetere l'infusione con soluzioni cristalloidi a 10-20ml/Kg in 10 min. ed iniziare albumina al 5% per aumentare la pressione colloido-osmotica e valutare lo stato clinico del paziente; se anche in questo caso non si ha alcun miglioramento si ripete l'infusione a 10ml/Kg in 10 min. e si continua l'infusione a 5-10ml/Kg e si comincia a considerare l'utilizzo di farmaci vasoattivi.  Il monitoraggio della pressione venosa centrale durante la terapia infusionale é molto importante* perché  permette di riportare il volume circolante fino al giusto limite per un corretto riempimento del cuore. Nelle fasi successive, quando la gittata cardiaca é diminuita** e le resistenze sistemiche sono aumentate*** in risposta all'ipossiemia e all'acidosi, é particolarmente indicato l'uso di isoproterenolo ( 0.1-1mg/Kg/min.), perché abbassa le resistenze periferiche e ha un effetto inotropo positivo determinando un aumento della portata cardiaca. Spesso per ottenere il massimo effetto terapeutico, bisogna usare più agenti pressori contemporaneamente, l'associazione più usata é quella tra la dopamina a basse dosi (0.5-3 mg/Kg/min.), attiva nel mantenere la perfusione renale grazie alla sua capacità di dilatare il letto vascolare renale e quello splancnico, e la dobutamina (5-15 mg/Kg/min.), la dobutamina incrementa la contrattilità del miocardio e riduce le resistenze periferiche aumentando così la gittata cardiaca e la perfusione tissutale non modificando la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. è  controindicato sia l'uso di sostanze adrenergiche alfastimolanti (noradrenalina, metaraminolo, sinefrina ecc.) che aumentano le resistenze periferiche e il lavoro del cuore, mentre lasciano invariate la contrattilità del miocardio, l'irrorazione periferica e la gittata sistolica.
Devono essere corretti gli squilibri elettrolitici e dell'equilibrio acido-base, poiché peggiorano la ventilazione, deprimono il miocardio, predispongono alle aritmie e alterano la risposta alle catecolamine. L'acidosi va corretta se il pH scende sotto il valore di 7,15. Se la causa é metabolica si somministrano 1-2 mEq/Kg di bicarbonato di sodio e.v. in 5 min. Il pH va corretto e portato a valori non superiori a 7,25-7,30. Vanno eseguiti frequenti controlli emogasanalitici. La quantità di HCO3- in mEq da somministrare per via endovenosa, si calcola moltiplicando il peso in Kg per l'eccesso di basi per 0,3.
L'ipocalcemia si manifesta con una riduzione del calcio ionizzato e si associa ad una ridotta perfusione tissutale. L'ipocalcemia deprime la funzione miocardica, come pure l'ipofosforemia. Vanno somministrati 10-20 mg/Kg (0.1-0.2 ml/Kg) di CaCl2 al 10% e.v. lentamente, meglio attraverso un catetere venoso centrale; nello stesso tempo va monitorata la fosforemia e, se la potassiemia é normale, trattare un eventuale deficit con 5-10 mg/Kg di KPO4 lentamente. Se il fosforo é elevato bisogna infondere calcio.
In corso di shock é importante monitorare la diuresi collocando un catetere a permanenza in vescica, fino a quando le condizioni circolatorie non siano nettamente migliorate e il flusso urinario non sia ritornato alla quantità oraria normale di 0.5-0.75 cc/Kg/h. L'oliguria é un reperto frequente ed é secondaria ad un'insufficenza prerenale o a una necrosi tubulare acuta. In aggiunta alla terapia con liquidi per favorire la diuresi si può scegliere tra:
1) Mannitolo 0.25-1 g/Kg/dose ogni 4-6 ore e.v.
2) Furosemide 1 mg/Kg/dose e.v., fino a un massimo di 6 mg/Kg/dose ogni 2-6 ore se necessario.
3) Dopamina a basse dosi ( 0.5-3 ug/Kg/min. e.v. in infusione continua).

L'uso di corticosteroidi é controverso; tuttavia un dato certo é che i cortisonici (metilprednisolone alla dose di 30-50 mg/Kg/dose e.v.; idrocortisone 50 mg/Kg/ dose e.v.) servono ad attenuare le pericolose reazioni di carattere iperergico alle tossine; l'effetto antishock del cortisone é da imputare alla sua azione di stabilizzazione delle membrane lisosomiali; secondo taluni però il loro uso andrebbe limitato ai casi in cui vi è un coinvolgimento meningeo, una insufficienza surrenalica acuta e nelle forme gravi di febbre tifoide.
Il naloxone è un antagonista degli oppiacei ed è in genere utilizzato come antidoto nella depressione respiratoria indotta da questi ultimi; si lega ai recettori per le  endorfine (che in corso di shock sono prodotte a partire dalla prooppiomelanocortina). Favorisce l’aumento della pressione arteriosa in corso di shock settico agendo con meccanismi non perfettamente conosciuti (aumento del tono adrenergico e riduzione del parasimpatico); se somministrato precocemente, sembra migliorare i parametri emodinamici. E' consigliato da taluni un bolo iniziale ad alto dosaggio (0.03 mg/Kg) seguito da un'infusione continua di 0.03 mg/Kg/h (negli adulti: 0.4 mg/Kg/h), ma a tutt’oggi non vi sono pareri unanimi sulla loro reale utilità nella terapia dello shock settico.
Il trattamento della CID prevede la somministrazione di fattori plasmatici e di piastrine; a tale scopo é necessario infondere sangue o plasma freschi (il primo in presenza di anemizzazione). Il plasma fresco é più utile del semplice fibrinogeno in quanto contiene gli altri fattori della coagulazione, gli inibitori fisiologici ed ha evidente azione sulla volemia; si somministra alla dose di 10-15 ml/Kg/dose in vena. Anche concentrati piastrinici, crioprecipitati contenenti fibrinogeno e fattore 8° e concentrati di AT3a debbono essere impiegati se non si ottengono risultati soddisfacenti con la somministrazione di plasma fresco; il crioprecipitato va somministrato alla dose di 1 busta/3Kg nei neonati; nei bambini più grandi: 1 busta/5Kg. Le piastrine vanno somministrate alle seguenti dosi: 1 concentrato di piastrine/5-6Kg o 0,2U/Kg; nei neonati invece 10ml/Kg. La vitamina K si da ai neonati alla dose di 1-2 mg/dose in vena lentamente; ai bambini e agli adulti 5-10 mg/dose in vena.
L'eparina é indicata in presenza di estesa trombosi o di emorragia in corso che non può essere controllata con la reintegrazione di fattori di coagulazione e di piastrine; in questo quadro clinico, l'intento della terapia con eparina é di bloccare un ulteriore consumo di fattori della coagulazione. L'eparina dovrebbe essere somministrata proprio all'inizio della CID associata a meningococcemia a causa del frequente verificarsi di trombosi fulminanti e di necrosi tissutale. L'eparina viene somministrata preferibilmente mediante infusione continua goccia a goccia in vena (10-15 unità/Kg/ora; in caso di porpora fulminante si devono somministrare dosi maggiori: 20-25 unità/Kg/ora); se si utilizza l'infusione in bolo, somministrare 4 volte la dose oraria ogni quattro ore in vena.
La terapia con fattori plasmatici e concentrato di piastrine deve essere continuata in seguito all'inizio della terapia con eparina al fine di minimizzare il rischio di emorragia. L'efficacia della terapia con eparina viene monitorata misurando il livello di fibrinogeno ed, in seguito, le piastrine controllando l'aumento e il ritorno ai valori normali.


Note in fondo pagina
* La misurazione della pressione venosa centrale si fa mediante cateterismo della vena cava superiore o di un tronco anonimo, poiché in tali sedi la pressione é equiparabile a quella dell'atrio dx. In condizioni di shock una PVC bassa o normale ( 0-6 cm H2O) depone per l'ipovolemia e rappresenta un'indicazione sicura all'infusione. Valori elevati ( 15 e più cm d'H2O) sono indicativi di una insufficenza cardiaca per cui le trasfusioni diventano pericolose nonostante lo shock.
** La portata cardiaca si misura abitualmente con il metodo colorimetrico: un colorante (cardiogreen) viene iniettato nella vena cava superiore mediante catetere e in tempi successivi si determina la curva di emodiluizione nel sangue di un'arteria periferica.
*** Le resistenze sistemiche vengono calcolate secondo la seguente formula: P.A. media - P.V.C. (mmHg) x 1332 x 60/portata cardiaca ( cc/min.). Le resistenze sistemiche ( v.n. 1500-2000 dine/sec. cm) aumentano quanto più diminuisce la portata.

TERAPIE IN CORSO DI SPERIMENTAZIONE:
1) Antisieri policlonali contro il lipide A: neutralizzerebbero l'endotossina in vivo proteggendo i paziente contro lo shock endotossinico.
2) Ab monoclonali anti-TNF: il loro uso sembra che abbia una certa efficacia nel migliorare la risposta dei pz in stato di shock conclamato, mentre l'utilizzo di tale presidio terapeutico nelle fasi precoci (sepsi e sindrome settica) sembra essere inefficace o addirittura dannoso.
Si stanno oggi studiando agenti che interferiscono con le azioni delle interleuchine come:
3) Antagonista ricombinante per recettori IL-1 (IL-1Ra): valutazioni preliminari in trials ancora in corso hanno mostrato che la somministrazione di IL-1Ra diminuisce il tasso di letalità.
4) Anti-PAF
5) Pentossifilina (derivato della metilxantina): inibisce la produzione di TNF da parte dei neutrofili ed evita la loro degranulazione; usato insieme agli steroidi sembrerebbe ridurre la produzione di TNF e l'attivazione dei polimorfonucleati con effetto additivo o sinergico.
6) Ab anti-adesione leucociti-endotelio: l'adesione dei leucociti all'endotelio é un passaggio fondamentale della cascata infiammatoria della sepsi. Gli Ab monoclonali anti-CD18 nei modelli sperimentali sembrano migliorare le alterazioni emodinamiche e ridurre i tassi di mortalità.
7) Inibitori della cicloosssigenasi: come l'ibuprofene o l'indometacina che, nei modelli sperimentali, sembrano ridurre i sintomi di accompagnamento della SIRS ma non riducono i livelli di TNF e IL-8.

 

 

Fonte: http://www.ailmi-onlus.it/Appunti%20studenti/SEPSI-appunti.doc

Sito web da visitare: http://www.ailmi-onlus.it

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