Sistema arterioso

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COME È STRUTTURATO IL SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO?
Per secoli le conoscenze sul sistema cardiocircolatorio, sul cuore, sulle vie arteriose e venose, sul sangue e sulle loro funzioni sono state vaghe e, soprattutto, mischiate a credenze popolari e religiose. I Romani e i Greci ritenevano che il cuore fosse la sede dello spirito, gli Egizi lo consideravano il centro delle emozioni e dell'intelletto, mentre per i Cinesi lo era della felicità. Anche oggi, a dispetto di conoscenze fisiologiche molto avanzate, continuiamo a usare la metafora del cuore per riferirci alle nostre emozioni: basti pensare a espressioni di uso comune come "ti dono il mio cuore" o "cuori infranti".
Fu solo agli inizi del XVII secolo che William Harvey, un medico inglese laureatosi in medicina in Italia all'università di Padova e divenuto - di ritorno in Inghilterra - medico di corte del re Giacomo I e successivamente di Carlo I, condusse una serie di ricerche rigorose sul cuore e sulle sue funzioni. Egli, fra l'altro, calcolò la quantità di sangue che scorre nel corpo umano, descrisse la funzione di pompa del cuore (che fino ad allora era stato considerato alla stregua di serbatoio per il sangue) e intuì che arterie e vene erano una sorta di condotti per far circolare il sangue nell'organismo.
Oggi è noto che il sistema cardiocircolatorio è strutturato in modo da potere rifornire i tessuti periferici del nostro corpo di sostanze nutrienti e di ossigeno e, nel contempo, liberarlo dalle scorie che produce con i processi metabolici. Inoltre, il corpo riversa nel sangue una serie di sostanze, fra cui gli ormoni che svolgono la funzione di segnalatori, per far comunicare organi distanti e regolare importanti processi biologici. Componenti essenziali del sistema cardiocircolatorio sono il cuore, i vasi - venosi e arteriosi - e il sangue. Alle funzioni del circolo partecipano, inoltre, altri importanti organi come milza, polmoni, fegato e reni. Ciascuno di essi svolge il proprio importante compito con la collaborazione della circolazione sanguigna. Fegato e reni, per esempio, liberano il corpo dalle sostanze tossiche che vi si accumulano e che il sangue vi ha trasportato dopo averle "spazzate" dagli altri distretti del nostro organismo. La milza provvede a distruggere i globuli rossi che sono "invecchiati". Questa stretta interconnessione di funzioni fra alcuni organi e il circolo comporta il loro coinvolgimento quando tutto il sistema cardiovascolare stenta a funzionare.
Ecco perché, in patologie che interessano prevalentemente il cuore e il circolo, compaiono sintomi provocati da danni ad altri organi, come fegato, reni e polmoni.

 

COSA SI INTENDE CON L'ESPRESSIONE "SCOMPENSO CARDIACO"?
Il cuore funziona come una pompa e, come tale, deve generare forza sufficiente a spingere il sangue nelle arterie. In alcune situazioni cliniche questa potenza di spinta viene a mancare, perché il cuore si "indebolisce" oppure la periferia aumenta le richieste o fa "resistenza", il che costringe il cuore a pompare con maggior forza. Questi fattori, presi singolarmente o nel loro insieme, sono in grado di provocare il cosiddetto scompenso cardiaco, che compare quando il cuore non lavora così efficientemente come dovrebbe e non è in grado di pompare sangue nel corpo.
In altre parole, i termini "scompenso cardiaco" o "insufficienza cardiaca" stanno a indicare che la pompa del cuore non è in grado di soddisfare le esigenze di rifornire il corpo con sangue ricco di ossigeno, sia durante l'esercizio sia durante il riposo.
È vero che anche gli antichi romani e greci conoscevano lo scompenso cardiaco?
Già nel V secolo a.C. i Greci conoscevano l'idropisia (dalla radice greca "hydor", che significa acqua), cioè l'accumulo di liquido nei tessuti sottocutanei, nella pleura o nell'addome, che è una delle manifestazioni dello scompenso. Ippocrate, il famoso medico greco, aveva proposto per questa malattia una terapia a base di vino bianco. Anche Galeno, un altro illustre esponente della medicina greca, decantò le proprietà diuretiche del vino bianco tre secoli dopo Ippocrate. Si dovette però attendere quasi 1800 anni perché si ponessero le basi scientifiche per la comprensione della malattia.
Fu Giovan Battista Morgagni (1682-1771), famoso medico e anatomista italiano, che descrisse agli inizi del '700 la relazione fra ingrandimento del cuore, debolezza della fibra muscolare e riduzione della capacità di espellere il sangue con la contrazione cardiaca, con il conseguente accumulo all'interno dei ventricoli o degli atri.
Nessuna definizione di scompenso cardiaco (SC) è comunque del tutto soddisfacente. Lo scompenso cardiaco congestizio (SCC) si sviluppa quando il volume plasmatico aumenta e liquidi si accumulano nei polmoni, negli organi addominali (specialmente fegato) e a livello dei tessuti periferici.

CLASSIFICAZIONE ED EZIOLOGIA
In molte forme di cardiopatia, le manifestazioni cliniche dello SC possono riflettere una compromissione del ventricolo sinistro o del ventricolo destro.
L’insufficienza del ventricolo sinistro (VS) si sviluppa caratteristicamente nella malattia coronarica, nell’ipertensione, nella maggior parte delle cardiomiopatie e nei difetti congeniti (p. es., il difetto del setto interventricolare o il dotto arterioso pervio, in caso di shunt ampi).
L’insufficienza del ventricolo destro (VD) è più comunemente causata da una precedente insufficienza del VS (che aumenta la pressione venosa e comporta l’insorgenza di ipertensione arteriosa polmonare) e dall’insufficienza tricuspidale. Altre cause possibili sono la stenosi mitralica, l’ipertensione polmonare primitiva, l’embolia polmonare ripetuta, la stenosi dell’arteria o della valvola polmonare e l’infarto del VD. Il sovraccarico di volume e l’aumento della pressione venosa sistemica possono anche svilupparsi nella policitemia o nel caso di trasfusioni ripetute, nell’insufficienza renale acuta con iperidratazione o nell’ostruzione di una delle vene cave che simula uno SC. In queste condizioni, la funzione miocardica può essere normale.
Lo SC si manifesta con una disfunzione sistolica o diastolica o entrambe. Sono comuni anomalie sistoliche e diastoliche associate.
Nella disfunzione sistolica (primariamente un problema di disfunzione contrattile del ventricolo), il cuore non riesce ad assicurare ai tessuti una gittata circolatoria adeguata. Si ha una grande varietà di difetti nell’utilizzo delle riserve di energia, nell’apporto dei substrati energetici, nelle funzioni elettrofisiologiche e nell’interazione fra gli elementi contrattili: queste alterazioni sembrano riflettere anomalie nella modulazione intracellulare del Ca++ e nella produzione di AMP ciclico. La disfunzione sistolica ha diverse cause: le più comuni sono la coronaropatia, l’ipertensione e la cardiomiopatia dilatativa congestizia. Esistono molte cause note e probabilmente molte cause sconosciute della miocardiopatia dilatativa. Sono stati identificati più di 20 tipi di virus come agenti causali. Sostanze tossiche che danneggiano il cuore comprendono l’alcol, vari solventi organici, alcuni chemioterapici (p. es., la doxorubicina), i b-bloccanti, i calcioantagonisti e i farmaci antiaritmici.
La disfunzione diastolica (resistenza al riempimento ventricolare non facilmente quantificabile al letto del paziente) è responsabile del 20-40% del casi di SC. È generalmente associata a un aumento del tempo di rilasciamento del ventricolo, misurato durante la fase di rilasciamento isovolumetrico (tempo fra la chiusura della valvola aortica e l’apertura della valvola mitrale, momento in cui la pressione ventricolare si riduce rapidamente). La resistenza al riempimento (rigidità o "stiffness" del ventricolo) è direttamente proporzionale alla pressione diastolica del ventricolo; questa resistenza aumenta con l’età e probabilmente riflette la perdita di miociti e l’aumento della quota di collagene interstiziale. Si presume che la disfunzione diastolica sia predominante nella cardiomiopatia ipertrofica, in tutti i casi di ipertrofia ventricolare sinistra significativa (p. es., ipertensione, fase avanzata della stenosi aortica) e nell’infiltrazione del miocardio da parte di sostanza amiloide.
Lo scompenso ad alta gittata è una forma di SC associato a una GC persistentemente elevata e può alla fine provocare una disfunzione ventricolare. Condizioni associate con una GC elevata comprendono l’anemia, il beriberi, la tireotossicosi, la gravidanza, la malattia di Paget in fase avanzata e le fistole arterovenose. Nelle condizioni caratterizzate da un’elevata GC può svilupparsi uno SCC, che è spesso reversibile se si tratta la malattia di base. La GC è elevata in diverse forme di cirrosi, ma la comparsa di congestione riflette meccanismi epatici e cardiaci di ritenzione dei liquidi.

 

FISIOPATOLOGIA DELLO SCOMPENSO CARDIACO.

Il sangue viene espulso dal cuore, ad ogni gettata, in quantità fisiologica di 60-70 cc, cioè, per una frequenza di 70 battiti al minuto, di litri 5 al minuto (portata), equilibrando la frazione che giunge al cuore (pre-carico) con quella che ne esce, ad ogni fase sistolica del ventricolo sinistro (post-carico).
Il pre-carico è in relazione alla quantità di sangue trattenuta nel letto di capacitanza venosa, a sua volta correlato col tono venulare, mentre il post-carico , correlato alle resistenze opposte allo svuotamento del ventricolo sinistro, espressione quindi dello “sforzo di parete” del ventricolo stesso, diminuisce in relazione diretta con la dilatazione del sistema artericolare e, ovviamente, aumenta per una vasocostrizione del sistema stesso. Quando il pre-carico, cioè praticamente il riempimento diastolico, si incrementa, conseguentemente aumentano gettata e portata nell’ambito del post-carico; si ricompone così l’equilibrio, ma a spese di un aumentato di lavoro del cuore; è quanto avviene, in via fisiologica, nella fatica, sempre tuttavia a spese di un iperconsumo energetico. Questo dà ragione, con trasferimento in campo patologico, di quanto la fatica aggravi le condizioni funzionali del cuore e richieda di variare in senso di rafforzamento l’energia contrattile, o inotropismo, e la disponibilità alla distensione delle cavità cardiache (compliance). In questi ultimi tempi si tende a valorizzare, forse più che la contrazione sistolica del ventricolo, la capacità di dilatarsi del ventricolo stesso, cioè la sua rilassanza in occasione del riempimento diastolico. La sopportazione dinamica di un super-lavoro, è condizionato tra l’altro dall’apporto e dal consumo di O2, fruito dal sistema arterioso coronario. Se si supera il limite di sopportazione dinamica, diminuisce il post-carico e conseguentemente deve diminuire anche il pre-carico in funzione dell’obbligato equilibrio tra la fase di pre-carico e quella di post-carico. L’inotropismo, cioè la capacità contrattile della fibra muscolare è determinato dalla cosiddetta “legge di Starling” per cui un allungamento, o stiramento, delle miocellule ne accresce l’efficienza di contrazione; nello spazio del patologico è importante la limitazione del “fino a un certo punto”, in quanto la legge di Starling perde valore e la fibra muscolare troppo cimentata dall’allungamento non sopporta più lo sforzo. L’inotropismo è condizionato dall’apporto di O2, da fattori intrinseci alla miocellula stessa (costituzione, allenamento, condizioni patologiche ecc.), dall’entità del riempimento diastolico, dalla frequenza dei sistoli, dal tono del simpatico e dall’effetto catecolaminico ad esso correlato.
Elemento importante nella dinamica fisiologica e patologica della funzione di pompa del cuore è la frequenza delle contrazioni, modulata dal nodo del seno o, in alcune condizioni patologiche, da altri centri ritmogeni, frequenza che, fino a un certo punto, è fattore di maggiore rendimento in quanto la portata cardiaca è ovviamente determinata dalla get­tata moltiplicata per la frequenza; ma quando la frequenza è tanto alta da ostacolare il ri­empimento diastolico, ne risentono negati­vamente la frazione di eiezione e, se la fre­quenza non può sopperire adeguatamente; la portata; anche fisiologicamente, se di fisiolo­gia si può parlare in questi casi-limite, una frequenza oltre ai 150 turba gravemente la di­namica cardiaca.
È poi evidente come in questi casi interferi­scano meccanismi di coordinamento pre­carico/post-carico, il volume totale di sangue circolante, la sua distribuzione tra il settore centrale e quello periferico, il tono arteriolare e venulare, la spremitura muscolare e, come già si è accennato, la distensibilità delle pareti ventricolari. Ognuno degli elementi conside­rati, isolatamente o, tanto più frequentemen­te, in associazione e reciproca interferenza, può entrare nella patogenesi dello scompenso cardiaco, a creare cioè condizioni in cui la portata si fa inadeguata. In queste condizioni emerge, quale fondamentale conseguenza di insufficienza circolatoria, la ipoperfusione tes­suta/e, periferica o globale. Quando una cavi­tà cardiaca non si svuota adeguatamente, aumentano le pressioni a monte; intervengo­no cioè la congestione polmonare a monte della cavità sinistra e la congestione sistemica a monte delle cavità destre.
Una componente morbosa miocardica, cioè una insufficienza miocardica, è quasi sempre concomitante; questa si può verificare o per perdita di tessuto contrattile o per rifornimen­to in 02 insufficiente rispetto al fabbisogno dettato dalla malattia o per un eccessivo lavo­ro richiesto al cuore in esigenza di portate elevate (ipertireosi, anemie croniche gravi ecc.) o per un eventuale sovraccarico di volu­me sostenuto da vizi valvolari comportanti gravi rigurgiti o, più frequentemente, per un associarsi ed un sovrapporsi di motivazioni; in tutte le condizioni su accennate, la ipoossia miocardica incide ovviamente in senso peg­giorativo.
Le cavità sinistre sono più facilmente al centro dello scompenso, in quanto più impe­gnate nel superlavoro del cuore, sia per l’iper­tensione arteriosa che per la frequenza di vizi valvolari e/o per una più facile condizione ipoossica, dato lo spessore delle pareti. Le ca­vità destre sono invece maggiormente impe­gnate in funzione della dinamica dell’attività polmonare. Agli inizi dello scompenso è pos­sibile distinguere una prevalente insufficienza nell’ambito destro o sinistro, tanto da giusti­ficare la distinzione e la dizione di scompenso destro e sinistro; ma in prosieguo di tempi e di eventi, quando il rapporto tra riempimento diastolico, transito di sangue attraverso il let­to polmonare e eiezione ventricolare sinistra entrano in crisi, lo scompenso perde ogni ca­rattere di settorialità e si fa globale.
L’ipertrofla del miocardio, concentrica se il sovraccarico è di pressione, dilatativa se è di volume, può contribuire a mantenere un compenso, tuttavia labile e precario, non fos­s’altro che per le maggiori e sempre più eleva­te richieste in 02 del miocardio ipertrofico. L’epicentro degli eventi patogeni si sposta sempre più verso l’ipoperfusione tessutale si­stemica, a sua volta generatrice di rimbalzi patologici a più direzioni in un intrico pato­geno di circoli viziosi.
Se lo scompenso è prevalentemente sini­stro, almeno nelle sue motivazioni di base, è il circolo a monte, cioè quello polmonare, il primo ad accusare la congestione venosa: e­dema polmonare acuto con brusca essudazione alveolare e acuta insufficienza respiratoria in condizioni di impegno bruscamente insorgen­te, congestione polmonare cronica e stasi polmonare quando i tempi dello scompenso sono più lenti e progressivi. Se lo scompenso è prevalentemente destro, ne risente, sempre a monte, il circolo venoso sistemico, con conge­stione e turgori venosi, edemi sottocutanei fi­no allo stato anasarcatico, versamenti sierosi trasudatizi, epatomegalia ed altri elementi pa­tologici, dominio descrittivo della patologia speciale medica. Già abbiamo detto come con il progredire e l’accavallarsi degli elementi pa­tologici e patogeni, lo scompenso si fa globale; ad esso, oltre agli elementi di congestione pas­siva in ambito polmonare e sistemico, si può accompagnare lo shock cardiogeno, di cui è
talvolta premonitore l’edema polmonare, in­evitabile quanto più la pompa cardiaca non assicura il minimo indispensabile per l’effi­cienza.
Diversa dinamica fisiopatologica presenta il cosiddetto scompenso ad alta gittata in cui non è l’inefficienza di pompa il motivo deter­minante, ma piuttosto l’esigenza di maggior lavoro da causa extra-cardiaca; esempi signi­ficativi vengono presentati dall’ipertireosi, già descritta nella sua richiesta di ipermetaboli­smo, e dall’etilismo cronico, dove ad una va­sodilatazione venosa che rende deficitario il precarico e quindi compromette la portata, si aggiunge, quale momento tossico esogeno, e indirettamente endogeno, la cosiddetta car­diopatia alcolica.

 

 

 

Bibliografia

 

 

Pontieri Giuseppe M., Patologia generale, Piccin, Nuova Libraria, 2000
Stevens Alan, Lowe James, Patologia, CEA, 2001
Tavazzi Luigi, Opasich Cristina, Lo scompenso cardiaco, Pacini, 2001
Sito internet: www.medicina.it
Sito internet: www.salutelink.com
Sito internet: www.university.it

Fonte: http://tesinetemi.altervista.org/alterpages/files/loscompensocardiaco2.doc

Sito web da visitare: http://tesinetemi.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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