Le canzoni della Radio 1930 - 1940

Le canzoni della Radio 1930 - 1940

 

 

 

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Le canzoni della Radio 1930 - 1940

CITTA’ DI TORINO                    Biblioteche Civiche Torinesi

LE CANZONI
DELLA RADIO
1930 - 1940
 



per ricantare insieme
e far conoscere i motivi
e le emozioni degli
adolescenti di quegli anni …

a cura dle Vos grise ‘n libertà
Renzo Belletti, fisarmonica e arrangiamenti
Mario Governato, regia e immagini

 

MARTEDÌ 15 MARZO 2006 ore 17:00
BIBIOTECA CIVICA ALBERTO GEISSER
Corso Casale, 5 (Parco Michelotti)


 


Vivere, per cantare con voi “oltre la gioventù” alla Geisser, il 15 marzo ore 17

Ritorniamo volentieri alla Geisser con le vos grise e ancora una volta con le canzoni della Radio, quelle degli anni 1930 - 40. A novembre del 2004 avevamo cantato l’immediato dopoguerra con In cerca di te, o come dice il ritornello della canzone Solo me ne vo per la città.
A1 fondo del fascicolo troverete un foglio che parla dle vos grise `n libertà, cole ch’ as treuvo a canté ntël cheur dël Borgh dël fum, partend da svarià quarté dla Sità e fin-a da quàich pais d’antorn. Dopo,le notizie dei nostri due musicisti: Lorenzo Belletti (fisarmonica) che ha curato la rielaborazione musicale, Mario Governato (chitarra) che è l’ideatore di questa iniziativa ed ha fornito spartiti e manifesti per l’esposizione.
Per rendervi un po’ più comprensibile com’era quel periodo della canzone, bisogna sapere che il 1930 è l’anno in cui la Rivista soppianta l’Operetta, avendo come ingredienti il nudo femminile e l’imitazione dell’America moderna e disinibita, l’ansia del lusso e di quelle comodità che hanno il potere di far sognare tutti coloro che non le hanno. Se volete un esempio basta leggere il testo di Mille lire al mese che tra poco canteremo insieme.
Il 1930 è un anno importante per la canzone. Prima di tutto perché è l’anno di nascita del cinema sonoro e perché la nostra prima pellicola sarà un film musicale costruito attorno alla famosissima, La canzone dell’amore, interpreti Dria Pola e Camillo Pilotto. Così lo segnalò uno slogan pubblicitario dell’epoca: « Un’apoteosi d’amore in tre lingue », perché il film fu girato in versione italiana, tedesca e francese.
Ancora un riferimento al 1930: per la prima volta l’E.I.A.R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) trasmette musica da ballo in diretta (sull’esempio della Bbc), ed è l’orchestra di Angelo Cinico Angelini che dalla Sala Gay di Torino (dal nome del proprietario, il cavalier Gay, maestro di danza) viene collegata. Ogni tanto i suoni dell’orchestra erano interrotti dal ritornello cantato da un giovane il quale, per farsi ascoltare fino in fondo alla sala, sì aiutava secondo la moda americana con un megafono di latta. Era un modo nuovo di interpretare una canzone e Vittorio Belleli fu il pioniere di questo stile in Italia. E’ proprio così! Non esistevano i microfoni.
Questo decennio (30-40)è giudicato dagli esperti - tra cui Mario Governato - il periodo d’oro della canzone all’italiana. Come dire che i più famosi maestri della canzone, per esemplificare ne cito due fra i più grandi, Cesare Andrea Bixio (Parlami d’amore Mariù e Vivere) e Vittorio Mascheroni (Tango della gelosia e Bombolo) ci regalarono dei veri e propri capolavori.
Governato ha illustrato questi dieci anni della nostra canzone - il decennio più denso e più ricco - in ben quattro puntate della sua “Storia della Canzone Italiana”, comprendendo in esse circa 600 canzoni. Oggi per evidenti necessità di programma ne citeremo 40 di queste canzoni e ne canteremo 18, i brani più significativi e rappresentativi di quell’epoca.
E’ utile fare cenno agli studi sulla canzone ed il costume, e riferire qualche giudizio sugli scopi che il regime fascista si proponeva di raggiungere o i guai da evitare nella produzione canora. In questo campo occorre tener presente le capacità di Mussolini, giornalista di mestiere già affermato nel 1912 come direttore del quotidiano socialista Avanti! Con Il Popolo d’Italia, da lui successivamente fondato, curerà la propaganda riguardante i giornali, la radio, il cinema e tutte le manifestazioni in genere. Era fiero di seguire personalmente promovendo o censurando.


Un tema prediletto dai parolieri di quegli anni era “la campagna” legato al clima della “battaglia del grano” (nel 1933 il raccolto aveva superato gli 81 milioni di quintali, rendendo nulla la necessità dell’importazione). Però il costo dell’auto-produzione di grano, superò di circa tre volte il prezzo del grano importato. Coltivare nei “fazzoletti di terra” di montagna costava troppo.
Le canzoni di questo tipo, come anche molti film dell’epoca, esprimevano sentimenti nostalgici ed elogiativi nei confronti della campagna, cioè, quello che cominciava ad apparire a molti come un paradiso perduto. Forse era anche una istintiva reazione allo accelerato inurbarsi che si era diffuso non solo da noi ma in tutta Europa.
Prototipo di queste canzoni è Reginella campagnola, un fox caratteristico nato nel 1938 con il titolo di “Fior della Maiella”. Seguiranno altre come Paesanella, Fiorin fiorello, Se vuoi goder la vita, Campane... Quest’ultima espone bene il giudizio sintetizzato da Gianni Borgna nella sua Storia della canzone italiana: “La campagna equivaleva sempre all’«alba», all’«aurora», alla salute fisica, mentale e morale; la città alla lussuria, alla delusione, alla perdizione, alle insidie della notte”. Altro esempio di contrasto con la modernità è Paesanella che “non porta le ciglia rivolte all’insù”, e non vuol essere chiamata né Mary e neanche Mariù.

Per afferrare meglio la situazione giova ricordare che il fascismo al suo nascere fu finanziato dagli agrari e trovò il suo maggior appoggio tra i contadini, rafforzando così una sorta di alleanza di fatto con la chiesa. Gli operai delle città avevano ancora nel cuore il sindacato ed il socialismo!
Altro tema caldo della metà degli anni trenta fu quello della guerra che esplose in occasione dell’impresa etiopica 1935-36. Così Vittorio Emanuele III oltre ad essere Re d’Italia divenne Imperatore d’Etiopia. Ricordo alcuni titoli di quella propaganda di Regime: Faccetta nera, Sul lago Tana, Carovane del Tigrai e Ti saluto (vado in Abissinia) scritta anch’essa nel 1935.
Altro filone di un certo peso è quello del «non-senso» e cioè quei testi che non dovevano far pensare o stuzzicare il sociale intanto che si preparavano le guerre. Si pensi solo a E’ arrivato l’ambasciatore, od a Quel motivetto che mi piace tanto, canzoni che ricordiamo ancora bene.
Ricordo infine che noi vos grise non abbiamo nulla di particolare da esibire se non la nostra passione per il canto che cerchiamo di trasmettere. Cantare in gruppo con voi è il nostro scopo, e solo così potrete tornare a casa soddisfatti. Assistere al canto può essere interessante e divertire,
ma tirar fuori la voce, aggiunge a chi vi partecipa, una intima soddisfazione che lascia il segno.
Ecco ora l’elenco delle canzoni che saranno eseguite e cantate insieme al pubblico:

titolo                anno      tempo            autori


1) Tango della gelosia

1930

tango

V. Mascheroni e P. Mendes

2) Campane

1930

tango

E. Di Lazzaro e B. Cherubini

3) Parlami d’amore Mariù

1932

valzer

C. A. Bixio e E. Neri

4) Bombolo

1932

rumba grottesca

V. Mascheroni e Marf (Mario Bonavita)

5) Signorinella

1932

allegro moderato

N. Valente e L. Bovio

6) Signora fortuna

1934

allegretto

A. Fragna e B. Cherubini

7) Paesanella

1935

valzer

O. Rossi e Pinki (Giuseppe Perotti)

8) Non ti scordar di me

1935

valzer lento

E. De Curtis e D. Furnò

9) Vivere

1936

fox-trot

C. A. Bixio

10) Piemontesina

1936

valzer

G. Raimondo e E. Frati

11) Tornerai

1937

slow

D. Olivíeri e N. Rastelli

12) Reginella campagnola

1938

ritmo allegro

E. Di Lazzaro e C. Bruno

13) Fiorin Fiorello

1938

ritmo allegro

V. Mascheroni e P. Mendes

14) Mille lire al mese

1939

fox-trot

C.e S. Innocenzi e A. Sopranzi

15) Maramao perché sei morto

1939

fox-trot

M. Consiglio e M. Panzeri

16) C’è una chiesetta

1940

slow

G. Rampoldi e E. Cantoni

17) Silenzioso slow

1940

slow

G. D’Anzi e A. Bracchi

18) Pippo Pippo non lo sa

1940

fox-trot

K. Gorni, M. Panzeri e N. Rastelli

Ecco le vos grise che cantano oggi: Mario Bignardi, Franca Bovi, Daniela e Sandro Brosio, Giuseppe Ferrero, Tarcisio Festa, Anna Griseri, Luciana Grosso, Maria Carla Naretto, Renato Nozza, Carla Prete, Hilda e Michele Ponte, Gian Enrico Ferraris. Michele Ponte e Gian Enrico Ferraris - che presenterà le canzoni - hanno curato la stesura di questo fascicolo.
L’amico Renzo Belletti, che ci accompagna alla fisarmonica, ha curato la rielaborazione musicale e le voci. L’ideatore e chitarrista è Mario Governato. Franco Colombino ha preparato le diapositive.
Torino, 9 gennaio 2006
Gian Enrico Ferraris


TANGO DELLA GELOSIA

Versi di P. MENDES                                                                    Musica di V. MASCHERONI
Quando negli occhi tuoi belli / io leggo l’amore,
sento balzare nel petto, / di gioia il mio cuore!
Ma poi ripenso che tu, / libera ormai non sei più…
Penso al signore il tuo sposo che aspetta laggiù.
No! non è la gelosia …
ma è la passione mia!
Quando ti guardano gli altri, io fremo, perché,
la tua bellezza la voglio soltanto per me!
No! Non è la gelosia
so che tu sei sempre mia…
Ciò che mi strugge non so io neppure cos’è!
Ma non temere: non sono geloso di te!
Quando mi porgi ridendo / le labbra procaci,
sento il tuo corpo divino / tremar ai miei baci…
Ma poi ripenso che qui, / lui, può baciarti ogni dì…
E forse, mentre ti bacia tu tremi così?! …
No! non è la gelosia …
ma è la passione mia!
Quando ti bacio la bocca io fremo perché
so che quei baci rubati non sono per me!
Si! quest’è la gelosia!
Tu, ormai non sei più mia!
Va da chi un nome t’ha dato e ti chiama con se…
Non ingannare chi è stato …. più onesto di te!

 

 

 

Un grande successo di Vittorio Mascheroni e Peppino Mendes (1930).
Del maestro Mascheroni ricordiamo anche le seguenti canzoni: Adagio Biagio, Tre son le cose che voglio da te, Il mio e il tuo, Stramilano, Madonna bruna, Sono tre parole, Lodovico, Ziki Paki, Passeggiando per Milano, Ti voglio baciar, Addormentarmi così, La luna si veste d’argento, ecc.
Il brano in oggetto divenne talmente celebre e conosciuto che ancora oggi è eseguito nelle sale da ballo dai complessi di ballo liscio.

EDITORE: Carisch S.p.A. - Milano

CAMPANE (tango)

Versi di B. CHERUBINI                                                                 Musica di E. DI LAZZARO
Muore lontano il sole sui campi in fiore,
e lo saluta il canto del mietitore;
che ritorna al casolare, dove brilla un focolare,
dove una testina bianca, la sua fronte bacerà,
mentre nell’aria il vespro risuonerà …
Campane, che suonate ogni sera …
Campane, come dolce preghiera;
quel suono par che dica alle genti:
“Non invidiate le alcove dorate della città”
Campane, ripetete a costoro
che la terra dei campi
vale più di un tesoro! …
Cantano i bimbi e suona la cattedrale,
in ogni casa è un albero di Natale …
Ma v’è un nido triste ancora, dove un bimbo piange e implora,
ha la mamma sua piangente, e in America è il papà …
sente quel suono e invoca con ansietà:
“Campane, non suonate stasera …
Campane, c’è la mamma che spera
e dorme, sogna il babbo lontano…
No, non suonate se no la destate, lo cercherà.
Campane, è felice ogni cuore …
voglio solo la mamma
che è più bella di un fiore! …

 

 

 

 

È questa una delle canzoni cosiddette agresti che proclama, come il regime usava dire, che la terra dei campi vale più di un tesoro.
Era uno dei temi ricorrenti della propaganda governativa di allora (1931).
Di Lazzaro è l’autore di molte canzoni di questo tipo. In Campane la melodia si avvicina alla ricchezza emotiva dell’espressione melodrammatica.

EDITORE: Casa Editrice Musicale C. A. Bixio - Milano

PARLAMI D’AMORE MARIÙ (canzone valzer)

Versi di E. NERI                                                                                      Musica di C. A. BIXIO
Come sei bella più bella stasera … Mariù:
splende un sorriso di stella negli occhi tuoi blu!
Anche se avverso il destino domani sarà,
oggi ti sono vicino perché sospirar?
Non pensar!
Parlami d’amore Mariù:
tutta la mia vita sei tu!
Gli occhi tuoi belli brillano
fiamme di sogno scintillano,
dimmi che illusione non è;
dimmi che sei tutta per me!
Qui sul tuo cuor non soffro più:
parlami d’amore Mariù!
So che una bella e maliarda sirena sei tu;
so che si perde chi guarda quegli occhi tuoi blu!
Ma che m’importa se il mondo si burla di me?
Meglio nel gorgo profondo ma sempre con te!
Si, con te!
Parlami d’amore Mariù:
tutta la mia vita sei tu!
Gli occhi tuoi belli brillano
fiamme di sogno scintillano,
dimmi che illusione non è;
dimmi che sei tutta per me!
Qui sul tuo cuor non soffro più:
parlami d’amore Mariù!

 

Siamo nel 1932: questo valzer fu cantato con enorme successo da Vittorio De Sica nel film, di Mario Camerini, GLI UOMINI CHE MASCALZONI; per un decina di anni ancora De Sica dovrà cantare una canzone nei film che interpreterà.
Una curiosità: nel film il tempo musicale è un 2/4. E così lo ballano gli interpreti mentre De Sica canta. Evidentemente, in quegli anni, il valzer lento (3/4), tempo originale del brano, era considerato inadatto per far ballare due proletari in un’osteria, sulla musica di un piano a manovelle, sia pure sul lago.

EDITORE: Edizioni Musicali Stefano Pittaluga - Torino

BOMBOLO (rumba grottesca)

Versi di MARF                                                                             Musica di V. MASCHERONI
Era il più ammirato nei saloni / per le strane dimensioni,
si credeva l’uomo più elegante, / più galante / nel suo dir;
sempre tutto quanto impomatato, / ricercato / nel vestir.
E portava un abito a quadretti, / i baffetti di Charlot.
Era alto così, / era grosso così, / lo chiamavan Bombolo.
si provò di ballar, / cominciò a traballar,
fece un capitombolo:
ruzzolò di qua, / rimbalzò di là / come fa una palla.
Per destin fatal / cadde in un canal / ma rimase a galla…
Pei suoi piccoli piè, / pel suo grande gilè
lo chiamavan Bombolo
e pensavano “ahimè” / chissà mai cosa c’é
sotto quel gilè.
Poi ne combinò da sbalordire / quando volle dimagrire.
Un dottore gli ordinò per cura: / acqua pura, / niente più.
Lui, per far la cura più intensiva, / ne inghiottiva / tutto il dì.
E così, nel mentre si curava / si gonfiava sempre più.
Era alto così, era grosso così ecc.
finale………….(fisarmonica)
Un bel dì però, / il perché non so, / guadagnò un milione.
Tanto si gonfiò / e si emozionò, / che scoppiò il pallone.
La Questura indagò, / quando in pezzi trovò
l’elegante Bombolo.
Dopo un lungo sermon, / dichiarò in conclusion
“l’ammazzò il milion!“

 

 

 

 

BOMBOLO è una rumba grottesca di Vittorio Mascheroni e Marf (Mario Bonavita) del 1932.
Una canzone allegra ricca di umorismo che diventò, in quel tempo, una presa in giro rivolta ad uno sgraziato personaggio di rilievo del fascismo: Guido Bufferini-Guidi.

EDITORE: Edizioni Carisch - Milano

SIGNORINELLA (tango)

Versi di L. BOVIO                                                                                Musica di N. VALENTE
Signorinella pallida, / dolce dirimpettaia del quinto piano,
non v’è una notte ch’io non sogni Napoli,
e son vent’anni che ne sto lontano.
Al mio paese nevica; / il campanile della chiesa è bianco.
Tutta la legna è diventata cenere,
io ho sempre freddo, e sono triste e stanco.
Amore mio, / non ti ricordi che nel dirmi “addio”,
mi mettesti all’occhiello una “pansé”?
Poi mi dicesti con la voce tremula:
”Non ti scordar di me!”.
Bei tempi di baldoria! / Dolce felicità fatta di niente.
Brindisi coi bicchieri colmi d’acqua
al nostro amore povero e innocente.
Negli occhi tuoi passavano / una speranza, un sogno, una carezza;
avevi un nome che non si dimentica:
un nome lungo e breve: Giovinezza!
Il mio piccino, / in un mio vecchio libro di latino,
ha trovato, indovina: una “pansé”
perché negli occhi mi tremò una lacrima?
Chi sa… chi sa perché!
E gli anni e i giorni passano / eguali, grigi, con monotonia.
Le nostre foglie più non rinverdiscono.
Signorinella, che malinconia!
Tu, innamorata e pallida, / più non ricami accanto al tuo telaio;
io, qui son diventato il “buon don Cesare“
porto il mantello a ruota. E fo il notaio.
Lenta e lontana, / mentre ti penso suona la campana
della piccola chiesa del Gesù…
E nevica… vedessi come nevica!
Ma tu… dove sei, tu?

N.B.: segue commento alla canzone sul retro del foglio

EDITORE: F. Bidoni - Napoli


SIGNORINELLA
È questo uno dei brani più importanti di quest’epoca (1932) ed è il capolavoro delle canzoni in lingua di Libero Bovio.
Fu una canzone controcorrente all’epoca ma ancora valida oggi, destinata a rimanere a lungo nel costume italiano. Patetica, gentile, pervasa di nostalgia e malinconia, priva di quella disperazione che impregna altre canzoni del tempo.
Fu un successo personale del cantante Carlo Buti (Firenze 1902 – 1963) che è considerato il primo vero divo della nostra canzone, con una grande popolarità che andò oltre i nostri confini, specie tra i nostri emigranti. A Buenos Aires, addirittura, intitolarono una strada al suo nome.
Raccolse agli inizi degli anni ’30 l’eredità dei Pasquariello, dei Franzi, dei Gabré … e fu più fortunato di loro, perché il suo periodo di attività coincise con l’avvento del cinema sonoro, con un crescente ascolto della radio e con il miglioramento tecnico della registrazione fonografica. Pare abbia inciso 5 mila facciate a 78 giri … (il 3° vol. del Dizionario della Canzone Italiana indica addirittura 10 mila facciate).


SIGNORA FORTUNA (tango)

Versi di B. CHERUBINI                                                                        Musica di A. FRAGNA
C’è una strada chiamata “Destino” che porta in collina…
C’è sul colle una casa argentata dal chiaro di luna…
Chi va in cerca d’amore ci trova una fata divina
ch’è Signora del bene e del male e si chiama “Fortuna”.
“Bella, / le dissi in pianto
tu che fai tante grazie, una soltanto…
dammi l’amore di una bimba bruna…”
Quella volta / m’hai chiuso la porta,
signora Fortuna… / Oh! Signora Fortuna…
Ed avevo una bella casetta di sogni e d’amore…
Ed avevo un amore di bimba dagli occhi di mare…
Ma un’ondata di vento ha distrutto la casa e l mio cuore…
T’ho pregato, Signora Fortuna, davanti all’altare:
“Bella, / se mi vuoi bene,
falla tornar ch’io muoio dalle pene…
Non ho più amore… non ho più nessuna…”
Ed ancora / m’hai chiuso la porta,
Signora Fortuna… / Oh! Signora Fortuna…
Ma stanotte, guidato dal cuore e da un raggio di luna,
ho ripreso la strada più antica ch’è sempre più buona…
C’era un’ombra tremante, la chioma più bianca che bruna…
e m’ha detto in un bacio: “Son mamma che mai t’abbandona…”
Mamma… / fortuna mia…
Questa è la miglior grazia che ci sia
perché di mamma ce n’è solo una…
Questa volta / puoi chiuder la porta,
Signora Fortuna…. / Oh! Signora Fortuna….

SIGNORA FORTUNA fu presentata per la prima volta alla festa di San Giovanni in romanesco da Gabré, celebre cantante dell’epoca, fu poi cantata in lingua da molti artisti alla Radio e nei teatri di tutta Italia. È una delle gemme musicali dell’epoca (1934) e divenne celeberrima la versione in lingua. L’autore della musica è Armando Fragna (Napoli 16/12/1898 – Livorno 15/8/1972). Direttore d’orchestra e compositore, esordì giovanissimo dirigendo orchestre di molte compagnie teatrali, fu fertilissimo compositore e realizzò per il cinema molte colonne sonore e canzoni. Lavorò in Radio con la sua orchestra per tanti anni e lo incontreremo ancora spesso nella nostra esposizione.

EDITORE: Casa Editrice Musicale C. A. Bixio - Milano


PAESANELLA (valzer)

Versi di PINKI                                                                               Musica di OLDRATI ROSSI
Come sbocciano i prati smaglianti di fior,
quando maggio / brilla al sole;
anche tu sei sbocciata tra il vivo splendor
nel villaggio / dell’amor.
Mentre i cuori salutano il sorger del dì
cantano al vento così:
Quando scendi dai tuoi monti, / PAESANELLA!
ti sorridono le fonti, / PAESANELLA!
Ogni sguardo ti accompagna
perché sei bella.
Sognano i cuor un tuo bacio d’amor, / PAESANELLA!
Non ti chiamano “Mary” e neppure “Mariù”,
ma il tuo nome / è Maria.
Tu non porti le ciglia rivolte all’insù;
ma il tuo sguardo / val di più.
E la sera nell’ombra di un raggio lunar
è così dolce cantar:
Quando scendi dai tuoi monti, / PAESANELLA!
ti sorridono le fonti, / PAESANELLA!
Anche il sole che ti indora
dice: “Sei bella!”
Sognano i cuor un tuo bacio d’amor, / PAESANELLA!
finalino:
Sognano i cuori un tuo bacio d’amor, / PAESANELLA...!

 

 

 

Questo brano, un valzer di Oldrati Rossi e Pinki (Giuseppe Perotti), del 1935 è molto indicato per essere cantato in compagnia.
Esalta la vita sui monti, con i prati smaglianti di fior, di una ragazza, una paesanella; per sottolineare la sua italianità le dicono: Non ti chiamano “Mary”, neppure “Mariù”, ma il tuo nome è Maria … tu non porti le ciglia all’insù … e poi ancora: Anche il sole t’indora, dice “Sei bella”; sognano i cuori un tuo bacio d’amore … Paesanella.

EDITORE: Ritmi e Canzoni - Milano


NON TI SCORDAR DI ME (valzer lento)

Versi di D. FURNÒ                                                                             Musica di E. DE CURTIS
Partirono le rondini
dal mio paese freddo e senza sole,
cercando primavere di viole,
nidi d’amore e di felicità.
La mia piccola rondine partì
senza lasciarmi un bacio,
senza un addio partì…
Non ti scordar di me,
la vita mia legata è a te.
Io t’amo sempre più,
nel sogno mio rimani tu.
Non ti scordar di me,
la vita mia legata è a te.
C’è sempre un nido
nel mio cuor per te…
Non ti scordar di me.
Non ti scordar di me,
la vita mia legata è a te.
Io t’amo sempre più,
nel sogno mio rimani tu.
Non ti scordar di me,
la vita mia legata è a te.
C’è sempre un nido
nel mio cuor per te…
Non ti scordar di me.

 

 

 

 

Canzone valzer di Ernesto De Curtis e Domenico Furnò.
Fu lanciata, nel 1935 con altre, da Beniamino Gigli nel film omonimo diretto da Augusto Genina.

EDITORE: Suvini Zerboni - Milano


VIVERE (fox – trot)

Versi e musica di C. A. BIXIO
Oggi, che magnifica giornata
che giornata di felicità
la mia bella donna s’è n’è andata,
m’ha lasciato alfine in libertà…
Son padrone ancor della mia vita
e goderla voglio sempre più…
Ella m’ha giurato nel partir…
che non sarebbe ritornata mai più …
Vivere senza malinconia / vivere senza più gelosia,
senza rimpianti / senza mai più conoscere cos’è l’amore…
Cogliere il più bel fiore / goder la vita e far tacere il cuore.
Vivere sempre così giocondo / ridere delle follie del mondo.
Vivere oltre la gioventù
perché la vita è bella
e la voglio vivere sempre più!
Spesso la commedia dell’amore
la tua donna recitar ti fa.
Tu diventi allora il prim’attore
e ripeti quello che vorrà.
Sul terz’atto scende giù la tela
finalmente torna la realtà
e la sua commedia dell’amore
in una farsa trasformata sarà.
Vivere senza malinconia ecc.
finalino:
Vivere oltre la gioventù
perché la vita è bella
e la voglio vivere sempre più!

 

Fu cantata dal celebre tenore Tito Schipa nel film omonimo di Guido Brignone interpretato da Caterina Boratto e dallo stesso Schipa.
Questa canzone, del 1936, ottenne grande successo e ancora oggi è eseguita dai tenori nei concerti.

EDITORE: Casa Editrice Musicale C. A. Bixio - Milano


PIEMONTESINA (valzer)

Versi di E. FRATI                                                                             Musica di G. RAIMONDO
Addio bei giorni passati,
mia piccola amica / ti devo lasciar,
gli studi son già terminati / abbiamo finito così di sognar.
Lontano andrò, dove, non so, / parto col pianto nel cuor,
dammi l’ultimo bacio d’amor.
Non ti potrò scordare / piemontesina bella
sarai la sola stella / che brillerà per me.
Ricordi quelle sere / passate al Valentino
col biondo studentino / che ti stringeva sul cuor.
Totina il tuo allegro studente
di un giorno lontano / è adesso dottor;
io curo la povera gente, / ma pure non riesco a guarire il mio cuor.
La gioventù non torna più, / quanti ricordi d’amor,
a Torino ho lasciato il mio cuor!
Non ti potrò scordare / piemontesina bella
sarai la sola stella / che brillerà per me.
Ricordi quelle sere / passate al Valentino
col biondo studentino / che ti stringeva sul cuor.
Non ti potrò scordare / piemontesina bella
sarai la sola stella / che brillerà per me.
Ricordi quelle sere / passate al Valentino
col biondo studentino / che ti stringeva sul cuor.

 

 

 

 

 

Questa canzone valzer, squisitamente torinese, è di Giovanni Raimondo (piemontese di Diano d’Alba) e Ennio Frati.
Fu lanciata nel 1936 da Silvana Fioresi e Gianni Di Palma; si ispira alla storia di Dorina e Mario interpreti della commedia ADDIO GIOVINEZZA di Nino Oxilia e Sandro Camasio che racconta la vicenda di studenti e sartine nella Torino del primo ‘900.

EDITORE: Edizioni Musicali G. Raimondo - Milano

TORNERAI (slow)

Versi di N. RASTELLI                                                                          Musica di D. OLIVIERI
Tu sai che t’amo: / non ho che te
mi stai lontano: / dimmi perché?
La nostalgia / non senti in cuor?
Non ti ricordi di me?
Questa mia vita / non può durar,
tu sei fuggita / devi tornar:
questo mio cuor / ti vuole ancor.
Tornerai / da me
perché l’unico sogno sei / del mio cuor.
Tornerai / tu perché
senza i tuoi baci languidi / non vivrò.
Ho qui dentro ognor
la tua voce che dice / tremando “amor”.
Tornerò / perché tuo è il mio cuor.
Se tu ritorni / da me doman
i nostri giorni / risplenderan.
È la perduta / felicità
nel nostro cuor canterà.
Tu mi baciavi / con folle ardor
se tu m’amavi / con tutto il cuor
non puoi mentir, / è certo, un dì…
Tornerai / da me
perché l’unico sogno sei / del mio cuor.
Tornerai / tu perché
senza i tuoi baci languidi / non vivrò.
Ho qui dentro ognor
la tua voce che dice / tremando “amor”
tornerò / perché tuo è il mio cuor.
Tornerò / perché tuo è il mio cuor.
Stupendo brano lanciato nel 1937 dal Trio Lescano che lo tenne sempre in programma. Classico esempio di compromesso fra le esigenze ritmiche moderne e ricordi operistici (si sente l’inizio del coro a bocca chiusa della Butterfly).
Ebbe successo in tutto il mondo e fu cantato da grandi cantanti quali Beniamino Gigli, Frank Sinatra, Bing Crosby, Tino Rossi. Tornò di gran moda in tempo di guerra, quando le ragazze la sospiravano ai fidanzati che partivano per il fronte e i soldati la ripetevano marciando.

EDITORE: Edizioni Leopardi - Milano


REGINELLA CAMPAGNOLA (ritmo allegro)

Versi di C. BRUNO – E. DI LAZZARO                                         Musica di E. DI LAZZARO
All’alba quando spunta il sole
la nell’Abruzzo tutto d’or…
Le prosperose campagnole
discendono le valli in fior…
Intermezzo musicale
O campagnola bella
tu sei la Reginella
negli occhi tuoi c’è il sole
c’è il colore delle viole
delle valli tutte in fior!…
Se canti la tua voce
è un’armonia di pace
che si diffonde e dice:
”Se vuoi vivere felice
devi vivere quassù!”
Quand’è la festa del paesello
con la sua cesta se ne va…
Trotterellando l’asinello
la porta verso la città.
Intermezzo musicale
O campagnola bella … ecc.
Ma poi la sera al tramontare
con le sue amiche se ne va…
È tutta intenta a raccontare
quel che ha veduto là in città.
Intermezzo musicale
O campagnola bella … ecc.

 

 

ATTENZIONE: cantiamo solo le prime 2 strofe e i relativi ritornelli.
Un altro celebre brano del 1938 di stile agreste dove si esalta la vita dei campi che conclude con: Se vuoi vivere felice devi vivere quassù !!!

EDITORE: E. Di Lazzaro - Milano


FIORIN FIORELLO (ritmo allegro)

Versi di P. MENDES                                                                    Musica di V. MASCHERONI
Oggi tutto il cielo è in festa,
più ridente brilla il sole
e non so perché
vedo intorno a me
tutte rose e viole!
Il mio cuore è innamorato…
non lo posso più frenare…
io non so cos’è
c’è qualcosa in me
che mi fa cantare!
Fiorin fiorello, / l’amore è bello / vicino a te!
mi fa sognare, / mi fa tremare, / chissà perché:
Fior di margherita, / cos’é mai la vita
se non c’é l’amore / che il nostro cuore / fa palpitar?
Fior di verbena, / se qualche pena / l’amor ci da….
fa come il vento… / che in un momento / poi passa e va!
ma quando tu sei con me, / io son felice perché…
Fiorin fiorello, / l’amore è bello / vicino a te!
Cosa importa se in amore,
la canzone è sempre quella
la cantò il papà,
la cantò mammà,
nell’età più bella!
Oggi so che mi vuoi bene …
Tu lo sai che t’amo tanto …
Poi doman chissà,
tutto finirà / ma per oggi canto!
Fiorin fiorello … ecc.
finalino:
ma quando tu sei con me, / io son felice perché…
Fiorin fiorello, / l’amore è bello / vicino a te!

 

Stupendo motivetto del 1938 esaltante la vita agreste, fresco e orecchiabile; è uno dei motivi italiani ancora suonati e cantati oggi. Fra i tanti interpreti: Tina Allori e Claudio Villa.

EDITORE: Mascheroni Edizioni Musicali S.p.A. - Milano


MILLE LIRE AL MESE (fox-trot)

Versi di S. INNOCENZI – A. SOPRANZI                                       Musica di C. INNOCENZI
Che disperazione,
che delusione dover campar,
sempre in disdetta,
sempre in bolletta!
Ma se un posticino
domani cara io troverò,
di gemme d’oro
ti coprirò!
Se potessi avere / mille lire al mese
senza esagerare, sarei certo di trovare
tutta la felicità!
Un modesto impiego, / io non ho pretese,
voglio lavorare per poter al fin trovare
tutta la tranquillità!
Una casettina in periferia,
una mogliettina
giovane e carina, tale e quale come te.
Se potessi avere / mille lire al mese,
farei tante spese, comprerei fra tante cose
le più belle che vuoi tu!
Ho sognato ancora,
stanotte amore, l’eredità
d’uno zio lontano,
americano!
Ma se questo sogno
non si avverasse, come farò…
Il ritornello
ricanterò!
Se potessi avere mille lire al mese ecc.

 

Canzone simbolo di un’epoca, siamo nel 1939, testimonia le aspirazioni piccolo borghesi di un popolo che comincia ad essere preso da desideri consumistici.
Venne inserito nella colonna sonora del film omonimo diretto da Max Neufeld e interpretato da Alida Valli, Umberto Melnati, Osvaldo Valenti e Renato Cialente.

EDITORE: Edizioni Musicali Marletta - Roma


MARAMAO PERCHÉ SEI MORTO? (fox-trot)

Versi di M. PANZERI                                            Musica di M. CONSIGLIO – M. PANZERI
Quando tutto tace, e su nel ciel la luna appar,
col mio più dolce e caro miao,
chiamo maramao.
Vedo tutti i mici sopra i tetti passeggiar,
ma pure loro senza te
sono tristi, come me.
Maramao, perché sei morto?
Pane e vin non ti mancava,
l’insalata era nell’orto,
e una casa avevi tu.
Le micine innamorate
fanno ancor per te le fusa,
ma la porta è sempre chiusa,
e tu non rispondi più.
Maramao… Maramao….
Fanno i mici in coro
Maramao… Maramao…
miao – miao – miao – miao – miao
Maramao perché sei morto?
pane e vin non ti mancava,
l’insalata era nell’orto,
e una casa avevi tu.
Anche la nonnina triste e sola al focolar,
seguita sempre a brontolar
e non vuol filar.
L’ultimo gomitolo con cui giocavi tu
sul suo grembiule bianco e blu
non si muove proprio più.
Maramao perché sei morto ? ecc.

Questa spiritosa canzone, del 1939, deriva da una antica ballata siciliana dedicata al bandito Ciucciarello (Regno di Napoli, prima metà del secolo XVI):
Perché sei morto Ciucciarello se il pane e il vino non mancava e se l’insalata cresceva nell’orto?”. Canzone riferita ad un personaggio immaginario, che poi negli anni difficili della guerra venne ad avere un significato tragicomico.

EDITORE: Edizioni s. a. Melody - Milano


C’É UNA CHIESETTA (slow)

Versi di E. CANTONI                                                                                   Musica di G. RAMPOLDI
Bimba, t’ho sognata tanto;
credi penso solo a te.
Presso la chiesetta
ora ci vedremo
e con me per sempre ti terrò.
C’é una chiesetta, amor,
nascosta in mezzo ai fior,
dove m’hai dato un bacio a primavera,
ricordi quella sera ancor?
T’aspetterò laggiù
sotto le stelle d’or
ti stringerò più forte sul mio cuore
e non ti lascerò mai più.
Si schiuderanno le rose
mentre tu verrai da me
canterà il vento le cose
più belle, per te….
C’é una chiesetta, amor,
nascosta in mezzo ai fior,
t’aspetterò laggiù sotto le stelle
e non ti lascerò mai più.
Guarda: già la prima stella
brilla tremula nel ciel.
Presso la chiesetta
è nato il nostro amor
qui unirem per sempre i nostri cuor.
C’è una chiesetta, amor , ecc.

 

 

Questo brano fu adottato da Angelini come introduzione ai suoi programmi radiofonici dal 1940. Prima il brano introduttivo era Dove e quando, brano americano sostituito a causa delle istanze autarchiche del regime.

EDITORE: G. Rampoldi – Como


SILENZIOSO SLOW (slow)

Versi di Alfredo Bracchi                                                                             Musica di Giovanni D’Anzi
Ho scritto una canzone
più leggera di un sospir
e la canto con il cuore
perché tu la possa udir.
In questa serenata
senza ritmi né frastuon
c’è la febbre del mio amore
che sospira di passion…
Abbassa la tua radio per favor
se vuoi sentire i battiti del mio cuore.
Le cose belle che ti voglio dir
tu sola – amore mio –
dovrai sentir.
Le mie parole tanto appassionate
son timide carezze profumate…
Abbassa la tua radio per favor
perché io son geloso del mio amor…
Mi pare di star solo
cuore a cuor vicino a te
e ti vedo sorridente
fiduciosa in braccio a me.
E mentre la mia voce
ti sospira amore amor
io ti sogno abbandonata
dolcemente sul mio cuor…
Abbassa la tua radio per favor ecc.

 

 

 

Questa canzone divenne subito celebre ed è rimasta, con poche altre, simbolo di un’epoca (1940). Fu lanciata dalla cantante bolognese Norma Bruni che aveva una voce di contralto profonda e sensuale.

EDITORE: Edizioni Curci - Milano


PIPPO NON LO SA (fox-trot)

Versi di M. PANZERI – N. RASTELLI                                                  Musica di G. KRAMER
Ma Pippo Pippo non lo sa
che quando passa ride tutta la città,
ma le sartine
dalle vetrine
gli fan mille mossettine.
Ma lui con grande serietà
saluta tutti fa un inchino e se ne và,
si crede bello
come un apollo
e saltella come un pollo.
Sopra il cappotto
porta la giacca
e sopra il gilè
la camicia,
sopra le scarpe
porta le calze,
non ha un botton
e con le stringhe
tiene sù i calzon.
Ma Pippo Pippo non lo sa ecc.
finalino: (da ripetere 2 volte)
Ma Pippo Pippo non lo sa
che quando passa ride tutta la città
si crede bello
come un apollo
e saltella come un pollo.

 

Siamo ormai entrati nell’era dello swing italiano di cui Kramer (autore, direttore d’orchestra, fisarmonicista sublime che si era diplomato in contrabbasso a Milano, ma iniziato da bambino alla fisarmonica dal padre, (il maestro Gallo) è stato il più grande rappresentante.
Questa canzone del 1940 è una riuscitissima presa in giro degli elegantoni che si credono impeccabili. L’immagine è ancora più divertente se la riportiamo alla moda maschile dell’epoca che consigliava al gagà giacche corte e pantaloni scampanati con risvolto molto stretto.

EDITORE: Edizioni s.a Melody - Milano


Il nome «Vos Grise» nasce da una benevola quanto ironica autodefinizione

Le vos grise `n libertà, a canto ‘nsema da eut ani ant ël Borgh dël fum.
Esse sono un insieme di persone che si è formato per successive aggregazioni, in modo spontaneo e forse potremmo dire quasi per caso? Con amici avevo già provato presso la piòla di Alfredo di via Sant’Ottavio e poi alla Società operaia d’ambo i sessi di corso Casale, più nota come la De Amicis.
Poi là non c’era posto e qui altre difficoltà, mentre un viso non del tutto sconosciuto mi apparve dal Caffè Oropa. Mi sono informato e mi sono proposto e lì cantiamo da anni. Cantate appassionate già prima di cena, peui anciove al verd con ij tomin ed ancora altre canzoni.
Abbiamo un multiforme repertorio di vecchie canzoni popolari Piemontesi, canzoni popolari di altre Regioni, canzoni tradizionali da Osteria e Gita collettiva in treno…, canzoni della Protesta sociale e della Liberazione dai nazi-fascisti, le Canzoni della Radio e quelle ancora precedenti del Caffè-concerto. La stessa composizione del canzoniere rivela quanto ci stia bene cantare, di volta in volta, canzoni d’amore o da osteria, di pura evasione o canzoni di protesta ed altre nei dialetti presenti fra le vos grise.
Altri canti popolari sono stati ricostruiti ed annotati sul posto, di sera in sera, interrogando la memoria dei presenti (un recupero di vecchi motivi). Al primo nucleo di persone con prevalenza di piemontesi, ne sono seguite altre con radici sparse in tutta la penisola ed altre chitarre si sono aggiunte alla mia.
Il nostro canzoniere, già riformato due volte, è il frutto dell’apporto di persone con gusti e sensibilità diverse ma che hanno tutte una gran voglia di cantare. Nel ‘99 ci siamo arricchiti del Repertorio Internazionale per il nuovo millennio di Luigi e Luisa, più tardi del canzoniere Napoletano di Tarcisio e poi le apprezzate canzoni di Renato. Coste a son le cansson dla nòstra piòla, così abbiamo ridefinito quel piccolo caffè di periferia che ci ospita.


Noi - vos grise `n libertà - non abbiamo nulla di particolare da esibire se non la nostra passione per il canto, ed infatti se qualcuno ci chiama è per far cantare il pubblico così come presso la Biblioteca Civica Geisser e anche al punto prestito libri Gabriele D’Annunzio di via Saccarelli.

Cantiamo soprattutto vecchie canzoni che raccontano la vita, le fatiche e le speranze di chi ci ha preceduto, e conoscerle è un po’ visitare le nostre radici non solo canterine. Non parlo certo di radici come vincolo al passato, ma quali canali di linfa vitale che fanno sbocciare nuovi germogli.
Cantiamo volentieri le antiche canzoni che amano la giustizia ed il lavoro, le canzoni patriottiche e della liberazione dai repubblichini e dai nazisti occupanti. Il nostro antifascismo, prima ancora di corrispondere ad una scelta politica o di classe, deriva da un’ansia di ribellione contro le ingiustizie e la mancanza di rispetto verso le persone, tutte! Esistono tradizioni popolari che regalano il brivido della speranza e dell’utopia nei ricchi filoni antecedenti la dittatura mussoliniana.
Conoscere le proprie radici pare necessario per poter offrire agli altri la ricchezza del proprio mondo e così contribuire alla costruzione del mondo di tutti. Credo sia un rendere più solida la nostra persona e farla capace di resistere non solo a colpi di vento ma anche alle bufere. Inoltre questa conoscenza, fa recuperare dal passato idee e sentimenti e fa scoprire emozioni vive ancora oggi.
°°°°°
Cantare, diverte e fa bene alla salute – oserei dire cambia la vita – mentre assistere al canto diverte soltanto. Un po’ di chitarra e si forma il gruppetto, poi una organizzazione semplice ma ferma e con un po’ di dedizione si può durare anche otto anni. Desidero sottolineare l’importanza del canto nella nostra vita quotidiana, ma sto parlando del canto praticato, del tirar fuori la voce, dello “sgolarsi”.
È noto che il canto corale - anche, o forse specie quello senza pretese come il nostro - favorisce l’unione e la formazione stessa del gruppo, in quanto permette la partecipazione di ognuno. In certi momenti sembra avere la capacità di penetrare nei cuori e, grazie a certe canzoni, di commuovere visibilmente. Esso aiuta più delle parole ad esprimere i sentimenti e per qualcuno ha la virtù di dilatare la parola e di arricchirla di significati più vasti e profondi.


In una società che celebra solo la fretta e il successo – e perciò dissipa la vita – il canto riesce a dare una sensazione di quiete, come se ci trasportasse altrove. Si può ben dire che è uno strumento per la formazione del gruppo ed un alleato efficace per far nascere la relazione.

Non sono certamente scoperte di oggi, perché sappiamo che nel medioevo certi spiriti religiosi inventarono il pellegrinaggio – canto e cammino – per combattere la depressione. A questo proposito ricordo una meta ancor oggi famosa: Santyago de Compostela. Si era capito e poi constatato che 1’atto stesso del viaggiare a piedi, contribuisce a creare una sensazione di benessere fisico e mentale.
°°°°°
Per meglio spiegare la nostra passione per il canto popolare e farne percepire l’importanza giova far conoscere un piccolo stralcio di testimonianza dal passato, quella di alcuni ottuagenari del basso Canavese, ascoltati trent’anni fa da Amerigo Vigliermo, direttore del coro Bajolese ed insigne studioso delle tradizioni popolari piemontesi, canavesane in particolare.


“Cantavamo perché ci sentivamo amici… il cantare ci sollevava dai fastidi, dalla fatica, ci dava la sensazione di essere più liberi, liberi dalla fatica e da ogni altra imposizione…” “Cantavamo perché eravamo contenti, avevamo nel cuore una contentezza che non so spiegare… eppure la vita era molto dura, durissima,… in primavera o d’estate era un gioco rubarsi il motivo da un cantone all’altro… in un momento la notte era piena di voci e canti…”
da Canti e tradizioni popolari, indagine sul canadese, A. Vigliermo, Priuli & Verlucca Ivrea 1974, pag. 450

Dopo queste brevi considerazioni si può dedurre che la natura umana è tale che il cantare insieme aiuta la vita perché fa nascere la relazione? E della relazione “con 1’altro” abbiamo pur sempre bisogno. Figuratevi quando si canta in un ambiente piccolo come il nostro dove si può cogliere lo sguardo del vicino.
°°°°°


Le vos grise `n libertà a s’ancontro na vòlta al mèis për canté `nsema.

Nonostante vi sia in alcuni una certa ritrosia ad “esportare” le nostre cantate –al di là della partecipazione ad una pubblica istituzione qual è la Biblioteca Geisser  –nel 2004 e nel 2005 abbiamo risposto di sì all’invito a promuovere il canto presso alcune associazioni e centri di incontro per anziani. Il G.E.T. (Gruppo Escursionistico Torinese); i pensionati di alcune parrocchie della città (S. Alfonso, Santissimo Nome di Maria, S. M. Goretti, e altre); l’Associazione Donne Ebree Italiane per la festa del Purim; il gruppo donne della CGIL di via Oropa per 1’8 marzo; il centro culturale “La forgia” di Caselle; l’associazione Calabro – Piemontese di Torino ed in agosto alla Pro-loco di Ulzio.
La partecipazione del pubblico si attua distribuendo preventivamente i testi delle canzoni.
Ecco come siamo soliti incominciare:
guardé che blëssa tra tanti amis / ëd canté ‘nsema biont, brun e gris / përchè canté fa bin al cheur / përchè canté a l’è già ‘n boneur (Sl’aria dël sonador ambulant)


Infine sempre in tema di promozione del canto popolare e della lingua piemontese il sottoscritto – che ha nel quartiere figlie-insegnanti e nipoti-allievi – interviene da anni con chitarra presso la Scuola Materna Municipale di via Varallo e la Scuola Elementare Leone Fontana di via Buniva in Vanchiglia.                       Nostro distintivo la gratuità.

Prima di chiudere qualche riga per cercare di spiegare il nome. Vos grise dal colore dei capelli, perché pensando in quel torinese di periferia di cinquant’anni fa, certe vos as dirìo pitòst bleuve che grise. An libertà per ribadire quanto già detto, che non siamo un coro che nessuno dirige, non facciamo prove..., cantiamo perché ci fa bene e lo facciamo sapere quando capita. Tra le vos grise, na desèn-a su për giù – sono lo zoccolo duro – e peui chi va e chi ven fin-a che a-i na sta.

 

Turin, ondes ‘d novembre dël 2005
Gian Enrico Ferraris

Lorenzo Belletti

Lorenzo Belletti nasce a Torino il 3 dicembre 1945.
Nella prima età scolare (inizio anni ‘50), sviluppa il suo interesse per la musica partecipando a esibizioni corali di voci bianche presso la parrocchia del borgo "Madonna di Campagna" e frequentando un corso di fisarmonica tenuto dal M° P. Berta. Poco più tardi entra a far parte della Banda Ordin e Fracass di Torino che si esibisce principalmente nelle manifestazioni folkloristiche con partecipazioni ai carnevali di Torino, Ivrea, Chivasso, Borgomanero, ecc. Lo strumento suonato in banda è il flicorno baritono (bombardino). Per un ragazzo che si sta avvicinando con passione al jazz, il passaggio dal bombardino al trombone acoulisse è quasi automatico e quest’ultimo diverrà il suo strumento definitivo.
Le prime esibizioni pubbliche col trombone avvengono nei primi anni ‘70 col gruppo rock Gli Edoardiani nelle sale da ballo piemontesi sulla scia del successo di bands americane quali i Chicago che impiegavano appunto la sezione fiati in aggiunta ai classici strumenti rock. Contemporaneamente fonda la corale Monviso a voci miste - repertorio popolare - con alcune esibizioni pubbliche (Teatro Massaia, Circolo Ufficiali, ecc.).
Nel 1974 entra a far parte della Jazz Studio Orchestra nella sezione tromboni dove milita per circa 12 anni con parecchi concerti, alcuni dei quali di prestigio, per esempio il Memorial Macario negli anni ‘80. Il contatto con i migliori musicisti jazz piemontesi, che a turno militano in questa Big Band, accresce in modo significativo le capacità di Lorenzo, anche se manterrà per motivi familiari e di lavoro una stretta connotazione dilettantistica, destinando alla musica solo i ritagli di tempo.
Partecipa ad alcuni Seminari di musica jazz a Siena, dove si esibisce nella Big Band di Siena Jazz nel gran concerto finale in Piazza del Campo.
Successivamente, negli anni ‘90, per avere più spazi espressivi, lascia le big band per suonare in vari quintetti, l’ultimo dei Belletti Quintet si esibisce attualmente, se pure saltuariamente in alcuni locali piemontesi.
L’interesse per il canto corale e la tradizione popolare non è tuttavia venuto meno, e nel 2002 Lorenzo accetta la guida del coro Rocciavré di Bruino in sostegno al M° Bonino.
Oltre alla direzione si dedica. con impegno e soddisfazione all’armo-nizzazione per coro sia maschile che misto; le sue armonizzazioni sono eseguite oltre che dal Rocciavré anche da altri complessi corali piemontesi e liguri.


Mario Governato

Torinese classe 1930, diploma in chimica, per trent’anni tecnico alla Olivetti di Ivrea.
Nel primo periodo della vita adulta dopo lo studio del contrabbasso - qualche anno - passò alla chitarra studiando con Cesare Corrado, uno dei migliori jazzisti del primo dopoguerra.
Iniziò poi, data la forte richiesta del mercato, a suonare nelle orchestrine da sala da ballo dei locali della città: Lutrario, Gay, Nirvana, Serenella, Fortino, Hollywood, ecc.
Ebbe pure una esperienza nel cinema lavorando alla Fert al tempo del produttore Venturini. Lavorò come comparsa e generico ma anche come elettricista e poi come addetto macchina da presa (sostituzione obbiettivi, misurazione delle luci e niente di più).
Nel 1958 fu assunto alla Olivetti e tutto il resta fu lasciato...
Ma il collezionismo no, infatti dopo la numismatica., la paleontologia, la mineralogia è approdato nel 1970 alle cartoline illustrate su Torino. Vi sono ben cinque libri pubblicati su questo argomento che lo vedono coautore.

  1. Mille saluti da Torino
  2. Mille ricordi da Torino
  3. Pubblicità in cartolina a Torino
  4. Tranvie intercomunali a Torino
  5. Alberghi * Ristoranti * Caffè * Negozi della vecchia Torino.

Nello stessa periodo è sorta in lui la passione per gli spartiti originali d’epoca. In tre decenni ne ha collezionati circa cinquemila, di canzoni italiane dal 1800 al 1958.
Da questa copiosa collezione sono nati due studi: La canzone nel cinema italiano 1930 - 1958, e Storia della canzone italiana dalle origini al 1958. Trasformati in libro saranno di prossima pubblicazione.
Questo secondo lavoro sulla canzone italiana, che cita 2.500 canzoni con diapositive e registrazioni d’epoca, è formulata in dodici capitoli comprendenti ciascuno un certo periodo. Proprio da uno di questi - il sesto - è stata tratta in forma notevolmente ridotta, l’odierna presentazione con il titolo:
Le canzoni della Radio 1930 - 1940.

 

Fonte: http://www.smgoretti.it/testi_attivita/gsd/incontriculturali/2005/canzoniradio1945-1950.doc

Sito web da visitare: http://www.smgoretti.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Le canzoni della Radio 1930 - 1940

 

 

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