Shostakovic

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Shostakovic

Sotto i Soviet: Prokof'ev e Shostakovic
Prima della guerra '14-'18, quando Rachmaninov e Scriabin erano sulla cresta dell'onda in Russia, c'era uno studente al Conservatorio di San Pietroburgo che si chiamava Sergej Prokof'ev. Era un giovanotto testardo, di pessimo carattere, sgarbato, ma di talento innegabile. Alcuni lo dicevano addirittura un genio. Era nato a Soncovka, in Ucraina, il 23 aprile 1891. A sei anni era un disinvolto pianista e a nove tentò di comporre un'opera. Entrato al Conservatorio a tredici anni, non passò inosservato, anche per l'aspetto. Aveva una testa tonda piantata su un collo esile, una pelle rosea che diventava facilmente rossa quando si arrabbiava (e gli capitava spesso), occhi azzurri molto penetranti, labbra grosse e sporgenti. Portava con sé quattro opere, una sinfonia, due sonate e altre composizioni per piano. Ebbe come insegnanti, tra gli altri, Rimskij-Korsakov, Nikolaj Čerepnin e Anatol Liadov. « Non faccio vedere le mie composizioni a Liadov » diceva « perché probabilmente mi caccerebbe. » Studiò piano con Annette Essipov. Era stata una delle tante mogli del famoso insegnante Theodore Leschetizkij, che aveva avuto come allievi pianisti illustri, tra cui Paderewskij, Schnabel, Gabrilowič e Friedman; e anche la Essipov era annoverata tra i migliori pianisti del tempo.
Prokof'ev turbava un poco la Essipov. Del resto, turbava tutti. Era come il re Gama della Principessa Ida, sempre pronto a dare risposte sferzanti, con una risatina irritante e uno sguardo malizioso che diventò celebre. Non era capace di temporeggiare, di sopportare gli sciocchi. Doveva dire sempre per filo e per segno quello che pensava, e ancora studente si alienava i superiori con gli aspri giudizi sulla loro musica o sui metodi di insegnamento. (Sarebbe rimasto cosí per tutta la vita, uno da prendere con le molle. Se qualcuno gli era antipatico, non si frenava. Tipica fu la risposta data a un ammiratore che lo inondò di elogi e gli strinse la mano dicendo: « Che infinito piacere conoscervi! ». Prokof'ev gli voltò le spalle, brontolando: « Io invece non provo nessun piacere ».)
Appartenendo alla nuova razza degli anti-romantici in un Conservatorio fedele alla tradizione romantica, compose musica che faceva rabbrividire i venerandi insegnanti. La Suggestion diabolique (1909) e il Concerto per piano n. 1 (1911), composti entrambi quando era al Conservatorio, misero in allarme tutto l'istituto, e fu denunciato come « estremista di sinistra ». Al piano era un gelido demonio, che emetteva fredde dissonanze (o per lo meno quelle che ai suoi tempi apparivano tali) e ritmi irresistibili con un controllo e un distacco assoluti. Non aveva niente della tradizione che si rifaceva a Chopin e a Liszt. Il piano, diceva sempre, era uno strumento a percussione e come tale andava suonato. In ogni modo, la musica di Liszt e di Chopin non gli piaceva, e non perdeva occasione per irridere ai due compositori. « Dicono che non si può dare un concerto senza un po' di Chopin? Dimostrerò che se ne può fare benissimo a meno. » Non c'è da stupirsi se la Essipov lo definí « molto dotato ma piuttosto incivile ». Nondimeno vinse il premio Rubinstein per il piano nel 1914 e senza rinunciare ai suoi principi. Invece di suonare il concerto classico prescritto, volle a tutti i costi suonarne uno suo, il n. i in re bemolle. Ci furono malumori ma non si sa come riuscí a fare quello che voleva. Una delle migliori descrizioni che ci restano di Prokof'ev in azione da giovane è del compositore Vernon Duke, che a quei tempi si chiamava Vladimir Dukelskij e aveva appena deciso di dedicarsi alla musica. La madre lo portò a un concerto del vincitore della medaglia d'oro. Dirigeva Reinhold Glière:
Glière si inchinò e subito riapparve con un giovanotto alto dall'aspetto incredibile. Aveva capelli biondi chiarissimi, quasi bianchi, testa piccola, bocca grande, labbra molto grosse ... (Lo avevano soprannominato « il negro bianco ») e braccia lunghissime, che lasciava ciondolare goffamente e che terminavano con due poderose manone da pugile. Indossava un frac di un'eleganza abbagliante, un panciotto di taglio impeccabile, e calzava scarpini neri lucidissimi. La strana goffaggine con la quale attraversò il palcoscenico non faceva presagire quello che sarebbe accaduto in seguito; dopo essersi seduto e avere sistemato lo sgabello con un guizzo improvviso, Prokof'ev si abbandonò a una incredibile esibizione muscolare, suonando il piano in un modo completamente nuovo. A quei tempi si usava suonare con la grazia languorosa, da serra, di uno Scriabin o con i tintinnii di arpa e di celesta degli impressionisti post-debussyani. La musica di quel giovanotto e il suo modo di eseguirla mi fecero tornare in mente la mia unica, disgraziata esperienza di giocatore di calcio: energia inesauribile e atletica gioia di vivere. Non c'è da meravigliarsi se le prime quattro note del concerto, spesso ripetute, furono poi soprannominate « po cherepoo » (« picchiato in testa »), che era proprio l'intenzione di Prokof'ev ... Ci fu un applauso frenetico, e non meno di sei cesti di fiori furono offerti a Prokof'ev, accolto con divertito stupore. Si inchinò goffamente, toccando quasi le ginocchia con la testa e rialzandosi di colpo.
Venne la rivoluzione russa e Prokof'ev parti per gli Stati Uniti via Giappone. Lo accompagnavano alcune delle sue piú importanti composizioni. La rivoluzione lo indusse a lasciare il paese, ma il 1917 fu anche, per lui, anno di grande creatività. Vide molte delle Visions fugitives per piano, il Concerto per violino in re maggiore e la Sinfonia classica, tutte opere rimaste tra le sue piú popolari. La Sinfonia classica era un jeu d'esprit. « Pensai che se Haydn fosse vissuto in questo secolo avrebbe conservato il suo stile di scrittura pur assorbendo certe cose della musica nuova. Mi proposi di scrivere una sinfonia che avesse appunto questo stile. » La Classica fu anche la prima opera in cui non entrasse il piano. « Mi ero proposto di dimostrare che il materiale tematico elaborato fuori del piano è migliore.
Negli Stati Uniti Prokof'ev fu molto discusso, ammirato da alcuni, ma in generale non fu apprezzato. Il suo modo di suonare - duro, spezzettato, percussivo - era qualcosa di assolutamente nuovo, come del resto la sua musica. « Il pianista bolscevico » lo chiamavano. Oppure: « Dita d'acciaio, bicipiti d'acciaio, tricipiti d'acciaio: è un trust dell'acciaio sonoro ». A chi era abituato alle sinuosità romantiche dei discepoli di Liszt e di Leschetizkij, la sua tecnica sembrava venefica. Niente paesaggi romantici ma pistoni, scatti metallici, macchinari di un'epoca nuova. L'America non piacque a Prokof'ev, e lui non piacque all'America, specialmente dopo il fiasco dell'opera L'amore delle tre melarance messa in scena dall'Opera di Chicago. Prokof'ev disse cose dure degli Stati Uniti:
Passeggiavo nell'enorme parco al centro di New York e, alzando lo sguardo verso i grattacieli che lo costeggiano, pensavo con ira alle meravigliose orchestre americane che trascuravano la mia musica; ai critici che ripetevano per la centesima volta « Beethoven è un grande compositore », abbaiando violentemente contro le novità; ai manager che organizzavano lunghe tournées per artisti che ripetevano cinquanta volte lo stesso programma trito e ritrito.
Disgustato, se ne andò a Parigi e vi piantò le tende. Diaghilev si interessò a lui e gli commissionò due balletti, Le pas d'acier (1925) e L'enfant prodigue (1929). Prokof'ev lavorò all'opera L'angelo di fuoco, fini il terzo concerto per piano, diede parecchi concerti e diventò uno dei compositori più discussi di quel periodo. Sotto certi aspetti, era il solo di cui valesse la pena di discutere. Le sue cose non venivano date spesso come avrebbe voluto; ciò nondimeno fece molto chiasso negli anni venti e mise in agitazione un sacco di gente. Quelli che si agitavano avevano buoni motivi per farlo; l'istinto non li ingannava. Prokof'ev infatti era davvero un compositore dell'età dell'acciaio, e la sua musica rifletteva il nuovo anti-romanticismo. In un periodo in cui te teorie molto avanzate di Schönberg non erano capite e avevano poco seguito, in un periodo in cui Stravinskij si era « ritirato » nel neoclassicismo dopo le eruzioni colossali di Petruška e del Sacre du printemps, Prokof'ev era per molti l'esemplare musicista dell'èra nuova, inauguratasi con la fine della prima guerra mondiale e con la rivoluzione russa. Si poteva disprezzare la sua musica, si poteva odiarla, deriderla, ma non ignorarla.
Oggi possiamo renderci conto che Prokof'ev componeva senza uscire dalle strutture tradizionali. Generalmente si serviva di forme del diciannovesimo secolo; e la sua musica, nonostante l'accumulo di dissonanze, era pur sempre tonale. Ha una possente personalità, e molte qualità che la distinguono da quella di altri compositori. Tra queste ci sono anche la celerità, l'impeto, la sicurezza e un incredibile atletismo. Prokof'ev non fu compositore profondo, ma nelle sue espressioni migliori la sua scrittura agile, chiara, precisa ha notevoli qualità tonificanti. Prokof'ev, quando voleva, sapeva inventare belle melodie. Tuttavia non è la melodia la sua caratteristica principale. Portò un attacco duro, appassionato, sferzante alle convenzioni romantiche. Se alla lunga la sua musica non si dimostrò rivoluzionaria come molti la credettero, essa rimase potente e vigorosa, sopravvivendo a molta altra musica di quel tempo.
Mentre Prokof'ev era a Parigi, in Russia sorgeva un nuovo astro. Dmitrij Shostakovic, nato a Pietroburgo il 25 settembre 1906, fu il primo grande figlio musicale della rivoluzione. Come Prokof'ev, era stato ammesso al Conservatorio a tredici anni.
Lí aveva studiato con Maximilian Steinberg ed era stato incoraggiato da Glazunov. Magro, serio, occhialuto, nervoso, timido, gran fumatore, impressionava tutti con il suo talento. Diplomando del Conservatorio, nel 1925, compose la Prima Sinfonia, che presentata al pubblico l'anno dopo confermò tutte le buone cose che erano state predette di lui. Si tratta di un'opera notevole, per essere di un ragazzo di diciannove anni: una sinfonia di ampio respiro, piena di brio e di insostenibile gioia di vivere, d'ironia e di elementi parodistici, con un saporito contenuto melodico e una orchestrazione ricca di sonorità. 5ostakovié si affermò subito come compositore importante. Alla Prima Sinfonia, segui una serie di composizioni che confermarono la prima impressione. Ci fu l'opera satirica Il naso (1928) dal racconto di Gogol; e in un interludio, orchestrato per strumenti a percussione, Shostakovic dimostrò di non essere da meno dei colleghi occidentali. Poi venne un concerto per piano, un po' saccente, dal quale si vide che avrebbe potuto seguire le orme dei Sei, se lo avesse voluto. C'era anche il balletto L'età dell'oro (1930), che fece diventare famosa la polca. Shostakovic compose inoltre un paio di sinfonie basate sulla storia russa recente. Una si intitolava Ottobre (1927) e l'altra Primo maggio (1931). Nel 1932 fini un'opera che si chiamava Lady Macbeth di Mzensk, in una sorta di stile verista russo, storia di adulterio e assassinio espressa in una musica di possenti dissonanze.
L'opera cacciò nei guai l'autore, perché la nuova direzione politica non vide di buon occhio né la morale né il linguaggio musicale di questa Lady Macbeth. Al principio degli anni venti era stato incoraggiato lo sperimentalismo in tutte le arti. Il teatro, capeggiato da talenti creativi come Vsevolod Meyerhold, Vladimir Mayakovskij e Nikolaj Okhlopokov, stava distruggendo tutte le tradizioni. Sergej Eisenstein apriva nuovi orizzonti al cinema. Nella pittura e nella scultura il modernismo diventò lo stile ufficiale e si andarono affermando i costruttivisti capeggiati da Naum Gabo. I creatori usciti dalla rivoluzione credevano in buona fede che l'arte e la rivoluzione avessero gli stessi obiettivi e marciassero insieme. Come disse l'artista Kasimir Malevié « il cubismo e il futurismo erano le forme d'arte rivoluzionarie che preannunciavano la rivoluzione nella vita politica ed economica del 1917 ». Ma al 1930 tutta la scala dei valori era cambiata. Per uno dei tanti paradossi della storia, la Russia rivoluzionaria cominciò a produrre arte di una banalità e di una uniformità d'espressione che rappresentavano l'antitesi della rivoluzione.
In parte, il cambiamento era espressione dell'indole piccolo-borghese di Stalin. Ma piú ancora, rappresentava la dottrina ufficiale sovietica quale derivava dalle parole di Lenin, e le parole di Lenin non si discutevano. I filosofi dell'estetica sovietica e i burocrati partirono dal principio leninista che « l'arte appartiene al popolo ». L'arte diventò perciò un veicolo di propaganda: nacque il realismo socialista. Nelle dittature, si finisce sempre col liberarsi dell'arte piú o meno allo stesso modo. Cambia soltanto la terminologia. Mentre Hitler avrebbe bandito l'avanguardia col pretesto che rappresentava il decadentismo culturale del bolscevismo, Stalin la bandi dichiarando che rappresentava il decadente formalismo dei paesi imperialisti e capitalisti. La musica audace ebbe l'ostracismo. I compositori non potevano scriverla, il pubblico non poteva ascoltarla. Tutta la musica dodecafonica. Bartók e Hindemith, tutto Stravinskij da Petruška in poi (non ne rimaneva perciò quasi niente), tutto ciò che sapeva lontanamente di astrattismo fu bandito. Il paese fu chiuso. Non furono ammesse pubblicazioni straniere, le trasmissioni radio dall'estero furono boicottate e disturbate. I compositori sovietici non avevano modo di sapere che cosa stava succedendo nel resto del mondo. Una grigia coltre di conformismo calò sull'arte, la letteratura e la musica; e i critici - tutti portavoce ufficiali della dottrina governativa - elaborarono un gergo misterioso con cui la musica veniva giudicata non per i meriti intrinsechi ma per la purezza dottrinaria. Yuri Keldish, nella Storia della musica sovietica, definí la musica di Stravinskij « essenza reazionaria del modernismo come fine antipopolare nell'arte, che riflette l'ideologia decadente della borghesia imperialista ». Tutti i critici russi scrivevano in questo modo. L'accusa piú temuta era quella di « formalismo ». Nessuno sapeva esattamente che cosa significasse: si sapeva soltanto che il compositore accusato di formalismo faceva bene a cambiar strada. In generale, il formalismo, in fatto di musica, era tutto quanto appariva moderno o dissonante, tutto quanto era « pessimistico », tutto quanto non rifletteva gli ideali eroici dei lavoratori sovietici. « Formalismo » disse Prokof'ev « è il nome che si dà alla musica che non si capisce al primo ascolto. »
A quel tempo Prokof'ev era tornato in Russia. Nel 1927 aveva fatto una visita al suo paese, accolto con entusiasmo; nel 1932 ci ritornò per sempre. Stravinskij, nelle Memorie e commentari dichiarò senza mezzi termini che il ritorno di Prokof'ev in Russia era stato « un sacrificio alla dea della prostituzione, e nient'altro. Non aveva avuto, per diverse stagioni, successo negli Stati Uniti o in Europa, mentre la visita in Russia era stata un trionfo. Quando lo vidi per l'ultima volta a New York nel 1937, era molto sfiduciato per quanto riguardava il suo destino materiale e artistico in Francia. Era politicamente ingenuo, in ogni modo, e non aveva imparato niente dall'esempio del suo buon amico Miaskovskij. Ritornò in Russia e quando finalmente capi qual era la sua posizione laggiú era troppo tardi ». Nikolaj Miaskovskij (1881-1950) fu un prolifico compositore di sinfonie (ne scrisse ventisette), e un eminente maestro che si adeguò alla volontà dei capi politici.
In un primo momento, Prokof'ev fu soddisfattissimo della decisione presa. Era celebre e onorato, aveva molto da fare, e fino al 1937 gli fu permesso di lasciare il paese per tournées di concerti all'estero. All'amico Vernon Duke confidò che era contento:
... Rivolsi a Sergej una domanda difficile che mi assillava. Volevo sapere come poteva vivere e lavorare nell'atmosfera del totalitarismo sovietico. Rimase zitto per un poco e poi disse tranquillamente, gravemente: « Ecco come la penso: a me non importa niente della politica, io sono un compositore e basta. Ogni governo che mi lasci scrivere in pace, che pubblichi tutto quello che compongo prima ancora che l'inchiostro sia asciugato e che esegua ogni nota che esce dalla mia penna mi va benissimo. In Europa noi tutti dobbiamo andare a caccia di esecuzioni, dobbiamo fare la corte ai direttori dei teatri e ai maestri; in Russia sono loro che vengono da me, e io non faccio a tempo a soddisfare tutte le loro richieste. Inoltre, ho un comodo appartamento a Mosca, una dacia deliziosa in campagna e una macchina nuovissima. I miei figli frequentano una buona scuola inglese, a Mosca ... ».
Ma Prokof'ev non poteva essere davvero soddisfatto, con le limitazioni che cominciavano a legare le mani ai musicisti russi. Il primo a essere colpito fu Shostakovic, e il suo antagonista fu Stalin in persona. L'ira del dittatore fu provocata da una rappresentazione della Lady Macbeth di Mzensk, a Mosca, nel 1936. Pare che Stalin uscisse furibondo dal teatro dopo il primo atto, livido di rabbia contro la musica « degenerata ». Immediatamente postulò tre principi per l'opera sovietica: i soggetti dovevano avere un tema socialista; il linguaggio musicale doveva essere « realistico », e cioè senza dissonanze e basato sui canti popolari russi; e la trama doveva essere « positiva », doveva avere cioè lieto fine con l'esaltazione dello stato. Con questi postulati, Shostakovic fu attaccato sulla “Prava”. La cosa era grave. Un musicista sovietico ufficialmente disapprovato poteva perdere il posto e vedersi chiuse tutte le vie della pubblicazione e della esecuzione. Poteva anche perdere l'appartamento e certi privilegi come la dacia e la macchina. Ai tempi di Stalin, poteva anche finire in prigione. Shostakovic si riabilitò nel 1937 con la Quinta Sinfonia. Ma sotto ogni punto di vista, come compositore era rovinato. Non avrebbe mai piú scritto con la foga, la vivacità e la modernità di cui aveva dato prova nella Prima Sinfonia, nel Naso, in Lady Macbeth e nel Concerto per piano. Avrebbe scritto invece soltanto musica sicura, costruita su vecchie formule, che imitava la maniera di Prokof'ev. Negli anni trenta e quaranta, con Shostakovic in piena ritirata, Prokof'ev sarebbe rimasto la forza dominante della musica sovietica. Le sue idee armoniche e le sue idiosincrasie melodiche sarebbero echeggiate nella musica di tutti i compositori sovietici importanti del tempo: Shostakovic, Dmitrij Kabalevskij, Aram Khačaturian, Tikhon Khrennikov. Componevano tutti del Prokof'ev annacquato. Anche Prokof'ev componeva del Prokof'ev annacquato. Erano tutti portavoce dello stato e della sua propaganda: tutti, tranne Prokof'ev che era abbastanza grosso e abbastanza ostinato per limitarsi a comporre e basta. E compose. Scrisse musiche per film, e tra queste le piú popolari sono quelle del Tenente Kije (1934) e di Aleksandr Nevskij (1939). Finí il Concerto per violino n. 2 (1935), Pierino e il lupo (1936), e la musica da balletto per Romeo e Giulietta (1935). Furono tutti grossi successi internazionali. Un'opera, Semyon Kotko (1939) non funzionò. Un'altra, Fidanzamento in un monastero (1931), adattamento dalla Duenna di Sheridan, ebbe poche repliche soltanto. La guerra vide una serie di opere importanti: l'opera-fiume Guerra e pace, la Sonata per pianoforte n. 7, il Quartetto d'archi n. 2, la Sonata in re per flauto (violino), il balletto Cenerentola e la Quinta Sinfonia. Erano chiaramente opere di un maestro, un po' diverse da quelle del periodo francese e americano. Conservavano tutte le caratteristiche ritmiche melodiche e armoniche di Prokof'ev, ma erano meno moderne, meno figlie dell'« età dell'acciaio ». Emotivamente, era un tipo di musica piú accomodante, piú vicina ai principi del realismo socialista.
Ma neppure un compositore cosí famoso e rispettato a livello internazionale fu immune da critiche: nel 1948 subí un fiero colpo. Prokof'ev e tutti i piú importanti compositori sovietici del tempo furono attaccati dal regime. L'evento che provocò l'esplosione fu la prima rappresentazione dell'opera di Vano Muradeli Grande amicizia, il 7 novembre 1947. Fu accusata dai critici di essere storicamente e ideologicamente sbagliata « con musica inespressiva, povera, non armoniosa, pasticciata ... confusa e discordante, basata su continue dissonanze e combinazioni di suoni che straziano l'orecchio ». Tre mesi dopo si riuní il Comitato centrale del Partito Comunista, nel quale furono attaccati Muradeli, Prokof'ev, 9ostakovic, Khačaturian, Miaskovskij, Vissarion Shebalin e altri. Il Comitato centrale pubblicò un risoluzione in cui accusava tutti costoro di formalismo, di « tendenze antidemocratiche estranee al popolo sovietico e ai suoi gusti artistici », e di scrivere musica « che ricorda fortemente lo spirito della musica borghese modernista contemporanea d'Europa e di America ». La diatriba del Comitato centrale continuava una pagina dopo l'altra. Anche i critici furono attaccati: « La critica musicale ha cessato di esprimere l'opinione della società sovietica ». Il documento conteneva una minaccia, dichiarando che quella musica non poteva « essere piú tollerata », e concludeva con un programma di quattro punti:
1. Condannare il movimento formalistico nella musica sovietica come antinazionale e tendente alla liquidazione della musica.
2. Raccomandare al Dipartimento di propaganda e agitazione del Comitato centrale e al Comitato delle belle arti di correggere la situazione nella musica sovietica, di liquidare i difetti messi in evidenza nella presente risoluzione del Comitato centrale e assicurare lo sviluppo della musica sovietica in direzione realistica.
3. Invitare i compositori sovietici a realizzare in pieno le alte aspirazioni del popolo sovietico per l'arte musicale, a spazzare dalla loro strada tutto quello che indebolisce la nostra musica e ne ostacola lo sviluppo, e ad assicurare uno sforzo creativo che faccia progredire la cultura musicale sovietica in modo da portare alla creazione, in tutti i campi della musica, di opere di elevata qualità, degne del popolo sovietico.
4. Approvare le misure organizzative degli organi competenti del partito e dei soviet intese a migliorare la situazione musicale.
Questo succedeva il 10 febbraio 1948. Dal 17 al 26 febbraio ci fu a Mosca una assemblea dei musicisti sovietici alla quale Andrei A. Zhdanov, portavoce del Politburo per l'ideologia culturale, illustrò certi punti del Comitato centrale. Khrennikov calcò la mano, attaccando i colleghi e accusandoli di formalismo. In particolare, additò l'Ottava e Nona Sinfonia, e la Seconda Sonata per piano di Shostakovic, Guerra e pace, la Sesta Sonata per piano e altri brani per piano di Prokof'ev come esempio di opere formaliste. Disse che i compositori sovietici dovevano « rifiutare come immondizia inutile e nociva tutte le reliquie del formalismo borghese nell'arte musicale ». (Presto Khrennikov diventò un potente personaggio della burocrazia musicale sovietica.) Uno alla volta, i compositori attaccati si alzarono e fecero l'autocritica. Muradeli: « Come è potuto accadere che io non sia riuscito a introdurre un solo canto popolare nello spartito della mia opera? ... Io ho davanti a me un compito ben preciso, capire perfettamente e inequivocabilmente la gravità dei miei errori creativi, e correggerli con onestà ideologica nel mio lavoro futuro ». Shostakovic: « Sono profondamente grato per ... tutte le critiche contenute nella risoluzione ... Lavorerò con ancora piú grande determinazione alla rappresentazione musicale delle immagini dell'eroico popolo sovietico ». Khačaturian: « Com'è potuto accadere che io sia arrivato al formalismo nella mia arte? ... Voglio ammonire quei compagni che come me speravano che la loro musica, che non è capita dal popolo oggi, potesse essere capita domani dalle future generazioni. È una teoria fatale. Nel nostro paese milioni di persone, l'intera nazione sovietica, sono adesso arbitri della musica. Che cosa può esserci di piú alto e di piú nobile che scrivere musica comprensibile per il nostro popolo e dare gioia a milioni di persone con l'arte creativa? ». Prokof'ev: « La risoluzione ... ha separato il tessuto corrotto nella produzione creativa dei compositori dalla parte sana ... La risoluzione è particolarmente importante perché dimostra che il movimento formalista è estraneo al popolo sovietico ... ». Tutti i compositori firmarono una lettera a Stalin, ringraziandolo di averli sculacciati pubblicamente: « Siamo enormemente grati al Comitato centrale del Partito Comunista (Bolscevico) e personalmente a voi, caro compagno Stalin, per la critica severa ma profondamente giusta dello stato presente della musica sovietica ... Faremo ogni sforzo per applicare la nostra conoscenza e la nostra maestria artistica per produrre vivida musica realistica che rifletta la vita e le lotte del popolo sovietico... ».
Non c'è da stupirsi se quel po' di idee personali residue furono stroncate dopo la risoluzione del 1948. Se le abili puerilità di Guerra e pace di Prokof'ev erano condannate in quanto formalistiche, che altro restava ai compositori sovietici oltre che orchestrare canti popolari? Segui un periodo di assoluto conformismo. La musica russa, come la pittura, non ebbe niente da offrire al mondo. Anche i compositori migliori dell'Unione Sovietica, Prokof'ev e Shostakovic, erano ridotti a sfornare incolori e indiscussi spartiti privi di qualsiasi peso artistico, equivalente musicale dei quadretti rurali sfornati dai pittori. Shostakovic si dette alla musica da camera. scrisse altre sinfonie e colonne sonore. Prokof'ev compose cose rifritte, come il balletto Il fiore di pietra nel 1948, il Concerto n. 2 per violoncello nel 1950 (poi riveduto come Sinfonia concertante per violoncello e orchestra) e la Sinfonia n. 7 nell'ultimo suo anno di vita. Morì a Mosca il 5 marzo 1953, lo stesso giorno di Stalin.
Prokof'ev lasciò un gruppo di opere che non hanno perduto niente in fatto di popolarità. È uno dei compositori del ventesimo secolo piú eseguiti. Due dei cinque Concerti per piano, entrambi i Concerti per violino, la Quinta Sinfonia, parecchia musica per piano (specialmente la terza e la settima Sonata) e almeno tre balletti di una certa importanza - l'Enfant prodigue, Romeo e Giulietta e Cenerentola - si sentono continuamente. Può darsi che una gran parte della sua musica finisca un giorno col morire. Spesso, nelle prime opere, mise in evidenza l'effetto a scapito della sostanza; mentre nelle ultime fu costretto a comporre una musica dimessa e insignificante che è in realtà cinica. Opere come la Sonata n. 7 per pianoforte, la Sonata per violino in re maggiore, o il Concerto per violino in sol minore non possono durare. La sua gamma di sentimenti era limitata e spesso, come nell'Angelo di fuoco, si propose deliberatamente di far colpo. Una volta esaurito l'effetto, non resta molto. Ma nelle sue cose migliori colpi un nervo scoperto del secolo.
Una politica artistica piú liberale fu faticosamente avviata dopo la morte di Stalin.
Il secondo Congresso dei compositori dell'URSS, nel 1957, chiese addirittura una maggiore libertà. Ma Nikita Chruščëv, salito al potere nel 1958, non rinnegò la causa del realismo socialista. Tuttavia, sotto di lui, ci fu un decreto del partito, nel 1958, che riabilitò Muradeli e gli altri che erano stati attaccati nel 1948. Riapparve la Lady Macbeth di Mzensk di Sostakovié con qualche ritocco e un titolo nuovo, Katerina Ismailova, e se ne ricavò addirittura un film. Shostakovic acquistò un pochino piú di fiducia nell'èra post-staliniana e compose una sinfonia - la tredicesima - basata su cinque poesie di Evgenij Evtusenko. Una di queste poesie, « Babi Yar », trattava del massacro degli ebrei a Kiev durante la seconda guerra mondiale. Si seppe che Chruscèv disapprovava l'argomento, e la prima esecuzione del 1962 fu un brutto giorno. Non ci furono rappresentanti del governo, benché si trattasse del prodotto della collaborazione di due astri della cultura dell'Unione Sovietica. La disapprovazione ufficiale fu espressa in maniera non ufficiale: dopo una sola recita la sinfonia scomparve dai programmi. Fu data di nuovo l'anno dopo, rivista. Ma già nella prima versione era musica del realismo socialista, esempio di musica propagandistica. È stata eseguita poche volte, dentro e fuori l'URSS.
Solo quando Chruščëv fu spodestato da Aleksej Kossighin e Leonid Breznev, nel 1964, si ebbe un certo allentamento nel settore dell'arte. Si cessò di disturbare le trasmissioni radio dall'estero, e gli studiosi e i giovani compositori non solo poterono ascoltare l'ultimissima musica d'avanguardia trasmessa in altri paesi ma addirittura registrarla. Una decina di compositori cominciarono a scrivere una sorta di musica seriale, lavorando senza manuali e cercando di ottenere il maggior numero di informazioni possibili dai musicisti stranieri in visita nell'Unione Sovietica. Si senti di nuovo la musica di Stravinskij e di Bartók, e la nuova generazione di compositori cominciò a imitare Le sacre du printemps e la Musica per archi, percussione e celesta invece di Prokof'ev e Shostakovic. Ma dopo i fatti di Praga del 1968 c'è stato un nuovo colpo di freno nell'Unione Sovietica e una repressione della libertà artistica. Ancora una volta è colata la cortina ed è ricominciato il boicottaggio alle trasmissioni radio straniere. Il futuro della musica nell'Unione Sovietica appare di nuovo grigio. Finché non ci sarà un nuovo, grosso rivolgimento o riorientamento del pensiero, estetico e politico, l'Unione Sovietica non riprenderà a produrre musica che abbia qualche possibilità di sopravvivenza.
Harold C. Schonberg (da I GRANDI MUSICISTI, traduzione di Vittorio Di Giuro, ed. Mondadori, 1972)

 

Fonte: http://www.resmusica.it/doc/Sotto%20i%20Soviet.doc

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